PRISTINE

Il video di Bootie Call, dall’album Reboot

Il video di Bootie Call, dall’album Reboot

PRISTINE – ecco i dettagli del nuovo album

La band rock norvegese PRISTINE, guidata dalla cantante Heidi Solheim, pubblicherà il quarto album in studio “Ninja” il 23 giugno su Nuclear Blast.

Heidi Solheim dichiara “Siamo estremamente eccitati all’idea di condividere la nostra nuova musica con fan vecchi e nuovi! La musica contenuta su ‘Ninja’ è il risultato di un 2016 molto divertente ed avventuroso, durante il quale abbiamo incontrato persone fantastiche. L’ispirazione è il nostro carburante creativo. Speriamo che vi piaccia il disco. Ci vediamo in tour!”.

www.pristine.no
www.facebook.com/pristineband
www.nuclearblast.de/pristine

Dark Phantom – Nation of Dogs

Pensate al sound di Slayer e Testament più death oriented, ricamati dalla musica popolare che dà al tutto un tocco progressivo, ed avrete in mano la musica degli iracheni Dark Phantom.

Oltre alla soddisfazione nel trattare le opere di gruppi che nell’ambiente metallico sono delle icone, il bello di operare all’interno di una webzine è l’incontro con entità provenienti da paesi, in teoria, al di fuori della consueta scena musicale, soprattutto se parliamo di Iraq e l’abbiniamo al metal.

Così, solo come ascoltatore non avrei mai potuto conoscere i Dark Phantom, ed invece eccomi a raccontare a voi il primo full length di questo gruppo proveniente da Kirkuk, non proprio il luogo ideale per dei ragazzi con la passione del metal, il talento per suonarlo e il sicuro potenziale per imporsi.
Nella loro carriera troviamo un primo ep nel 2013 (Beta) e il debutto sulla lunga distanza dopo tre anni, ben spesi direi, visto la qualità di Nation Of Dogs, un album di thrash metal con atmosfere a tratti prese in prestito dalla musica popolare della loro terra per un risultato molto interessante.
Mezz’ora basta e avanza per il gruppo, che convince su tutta la linea dal thrash che si alimenta di death metal nel growl profondo del singer Mir, mentre le soluzioni arabeggianti più marcate nella title track e nella splendida Judgement Call, non fanno che lasciare una sensazione di maturità e personalità elevatissima da parte del combo.
Pensate al sound di Slayer e Testament più death oriented, ricamati dalla musica popolare che dà al tutto un tocco progressivo, ed avrete in mano la musica degli iracheni Dark Phantom: la band poi ci inserisce cavalcate di thrash metal old school e ne escono dieci brani che hanno il pregio di non risultare prolissi, sempre impostati come terribili fendenti, vari nella struttura, sorprendenti per la già ottima amalgama tra le influenze, e non così facile da proporre con una tale intensità.
Nation Of Dogs non vive del riflesso dei due brani menzionati ma risulta un ottimo lavoro nel suo insieme, con almeno altre due tracce che centrano il bersaglio, le devastanti O!Holocaust, una marcia metallica dal coro in clean arabeggiante e la conclusiva State Of War.
Solo complimenti per il gruppo iracheno e, anche se si può sempre far di meglio, il loro debutto si può già definire un album di culto, in bocca al lupo da MetalEyes.

TRACKLIST
1.Dark Ages
2.New Gospel
3.Nation of Dogs
4.Judgment Call
5.Unholy Alliance
6.O! Holocaust
7.Atomosphere
8.Confess
9.On the Brink of Terror
10.State of War

LINE-UP
MIR – vocalas
MURAD – Guitar
REBEEN – Guitar
MAHMOOD – Drums
SERMET – Bass

DARK PHANTOM – Facebook

Hteththemeth – Best Worst Case Scenario

Best Worst Case Scenario è un album che ha le carte in regola per trovare molti estimatori anche nel resto d’Europa, trattandosi di un’opera sorprendente per versatilità e creatività.

Hteththemeth è un progetto musicale che ha mosso i suoi primi passi alla fine del secolo scorso, per volere di Läo Kreegan and Jamm Klirk.

Risale al 1999, infatti, l’unico full length realizzato dal gruppo fino al 2016, anche se di fatto l’album di cui parleremo ora, Best Worst Case Scenario, ha iniziato a prendere vita nel 2000 per essere poi progressivamente completato e rifinito solo in questo decennio, quando Kreegan, perso per strada l’iniziale compagno di avventura, si è attorniato di un gruppo di validi e giovani musicisti.
Ciò ha consentito alla band rumena di farsi un nome in patria, suonando con una certa continuità dal vivo e partecipando con successo a diversi contest di prestigio (ultimo dei quali quello che ha consentito loro di salire sul palco di Wacken l’anno scorso).
Best Worst Case Scenario è un album che ha le carte in regola per trovare molti estimatori anche nel resto d’Europa, trattandosi di un’opera sorprendente per versatilità e creatività, in quanto spazia senza smarrirsi tra generi che, a tratti, si potrebbero considerare antitetici.
Il lavoro assume le sembianze di un concept, che è poi la soluzione più logica per giustificare i costanti cambi di tempo, stile ed umore che lo permeano: se la base del sound può essere ricondotta al prog metal, l’introduzione repentina di umori blues, soprattutto, spesso spariglia le carte senza che il tutto finisca per apparire frammentario.
Il racconto, così come la genesi della band ed il suo stesso impronunciabile monicker,  pare sia stato ispirato da un sogno fatto da Kreegan e verte sulle diverse fasi di un’esistenza che, progressivamente, da un’apparente perfezione giunge infine alla rovina: è sempre difficile interpretare tutto quanto abbia natura onirica, di certo però aiuta non poco ad immergersi nel clima del lavoro l’ottimo art work, visionario quanto la musica in esso contenuta.
Best Worst Case Scenario possiede così tutti i crismi per una messa in scena teatrale, che corrisponde  a quella proposta sia su disco sia dal vivo da Kreegan, che non è un vocalist con doti fuori dal comune ma riesce, comunque, a conferire il giusto pathos alla propria interpretazione: volendo fare un parallelismo un po’ azzardato si potrebbe considerare il vocalist di Brasov una sorta di Jon Oliva rumeno, sia fisicamente, sia per la timbrica da crooner che utilizza soprattutto nelle parti blues.
E sicuramente i Savatage, o ancor più forse la Transiberian Orchestra, appaiono quali naturali punti di riferimento iniziali per gli Hteththemeth, anche se l’album trova un accostamento ancor più logico ed attuale con il magnifico Maestro degli israeliani Winterhorde, sia pure collocandosi ancora un gradino sotto rispetto ad un simile capolavoro.
Una prima parte notevole, ma per certi versi più lineare, nella quale spiccano le ampie melodie di Light Truths e il prog metal nervoso di They Will Not Believe What I Will Say, viene letteralmente sovvertita da The Romantic Side of Paris, brano che in avvio sembra provenire da Cafè Bleu degli Style Council (ma cantato dal Mountain King invece che da Paul Weller) per poi trasformarsi in un torrido blues, nel quale un profondo segno viene lasciato da un hammond assassino, il tutto replicato poi dalla delirante Olga’s Little Secret, nella quale la commistione linguistica tra il rumeno e l’inglese si rivela del tutto vincente.
You Are My Last Girlfriend è il brano di punta dell’album, essendo dotato di spunti melodici difficili da rimuovere dalla mente, con tanto di splendido assolo di chitarra finale; da qui in poi l’album parrebbe riprendere un andamento più “normalmente progressivo” che viene nuovamente rivoltato da una I Get and I Give but I Never Forget and I Never Forgive all’interno della quale scorrono diverse sfumature musicali di ogni tipo senza che tutto ciò, incredibilmente, possa apparire illogico.
La bravura degli Hteththemeth è, paradossalmente, proprio quelle di preparare fin da subito l’ascoltatore al procedere caleidoscopico dell’album, facendo sì che ogni cambiamento di “scenario” (migliore o peggiore che sia, parafrasandone il titolo) non appaia qualcosa di inatteso, bensì di assolutamente naturale e strettamente connaturato ad un racconto delirante.
In definitiva, Best Worst Case Scenario si rivela un lavoro convincente dalla prima all’ultima nota: la “unhuman music” (come la ama definire Kreegan) viene eseguita dalla band con notevole perizia, andando ad aggiungere una nuova freccia all’arco di una scena metal rumena sempre più vivace. Considerando che gli Hteththemth hanno finalizzato solo oggi un lavoro che aveva preso vita praticamente all’inizio del secolo, prendendo slancio dai buoni riscontri ottenuti in patria potrebbero essere spinti, in un prossimo futuro, a produrre nuovo materiale altrettanto interessante: sicuramente, chi non ama complicarsi la vita mettendo paletti ovunque, troverà di che divertirsi con questo stimolante album.

Tracklist:
1. The Prophecy
2. They Will Not Believe What I Will Say
3. Light Lies
4. Light Truths
5. Happy to Be Sad
6. The Romantic Side of Paris
7. Best Worst Case Scenario
8. Olga’s Little Secret
9. You Are My Last Girlfriend
10. The Calm Before the End
11. I’m in Hate
12. I Get and I Give but I Never Forget and I Never Forgive
13. The Romantic Side of Perish
14. They Will Not Believe What I Have Done
15. Epiclogue

Line up:
Lao Kreegan – Vocals
Robert Cotoros – Guitars, Vocals (backing)
Costea Codrut – Drums
Lucian Popa – Guitars
Vlad Andrei Onescu – Keyboards
Koldr – Bass

HTETHTHMETH – Facebook

Hybrid Sheep – Hail To The Beast

Un buon lavoro che unisce la tradizione death melodica con il più moderno metalcore, mantenendo una violenza estrema di fondo che entrerà nei cuori anche dei deathsters dagli ascolti classici.

Death metal melodico con qualche spunto core e soprattutto una carica niente male, in poche parole ecco Hail To The Beast, nuovo lavoro del quintetto francese degli Hybrid Sheep.

Nato quasi una decina di anni fa, il gruppo transalpino proprone il suo secondo full length, di corta durata (poco più di mezzora) e che spara ad altezza d’uomo una serie di cannonate niente male: prodotto a meraviglia, Hail To The Beast non si fa mancare nulla, dalla doppia voce (growl e scream) a ritmiche che alternano la potenza del metalcore con più veloci approcci death metal che le sei corde, molro melodiche, avvicinano a quanto fatto in Scandinavia nel dopo Clayman.
Poi il quintetto transalpino non manca di imprimere la sua personalità che vive di influenze moderne e, aiutato da una buona tecnica, si fa apprezzare con un lavoro urgente, senza compromessi e diretto: un muro sonoro in cui la melodia è fondamentale per la riuscita di brani spaccaossa come Towards Ruins And Oblivion, The World Eater, il death thrash da distruzione totale di Premature Burial e la conclusiva Into The Lion’s Den.
Un buon lavoro che unisce la tradizione death melodica con il più moderno metalcore, mantenendo una violenza estrema di fondo che entrerà nei cuori anche dei deathsters dagli ascolti classici.

1.Warface
2.Towards Ruin and Oblivion
3.Following Blind Leaders
4.The World Eater
5.The Last Breath of a Dying Earth
6.Premature Burial
7.Hail to the Beast
8.Harvest of Humans
9.Into the Lion’s Den

LINE-UP
Arnaud – Vocals
Alex – Guitar
Andre – Guitar
Max – Bass
Jordan – Drums

HYBRID SHEEP – Facebook

D8 Dimension- ProGr 0

Sarebbe davvero semplicistico e fuorviante catalogare i D8 Dimension come un gruppo di industrial metal, perché qui possiamo trovare qualcosa di molto più importante dei generi, le idee.

Sarebbe davvero semplicistico e fuorviante catalogare i D8 Dimension come un gruppo di industrial metal, perché qui possiamo trovare qualcosa di molto più importante dei generi, le idee.

Gli italiani D8 Dimension ne hanno parecchie di idee, e le hanno messe in musica con questo disco che è particolare ed ha la grande attrattiva di trasportarci in molti mondi diversi. Il loro suono è un felicissimo connubio di metal moderno, industrial, nu metal, un tocco di ebm qui e là, e tante ottime melodie metal originali. ProGr 0 ha ha avuto una gestazione di tre anni, e non è tanto per la quantità di tempo ma per la qualità, poiché nel concepire questo disco sono venuti fuori anche problemi fa i componenti del gruppo. Ciò è normalissimo se si considera che in un insieme di persone che fanno musica ci sono più probabilità che sorgano conflitti, ma se poi producono dischi così, evviva i conflitti fra musicisti, anticamera della fertilità musicale. Post apocalisse o prima dell’apocalisse, cioè oggi, il mondo descritto in maniera molto efficace dai D8 Dimension è un qualcosa che ci è molto vicino, tecnologia fuori controllo, vite allo sbando, e gli alieni che sarebbero molto contenti di passarci sopra. I D8 Dimension descrivono tutto ciò con naturalezza ed un suono che riconduce ai Nine Inch Nails meno noiosi (è difficilissimo ma loro ci riescono) e a quel bel misto di metal ed elettronica che aveva un sacco di potenzialità ma forse gli attori sbagliati, rendendo il meglio di questo genere. ProGr 0 arriva dopo un demo del 2010 e Octocura del 2013, ed è uno di quei dischi che viene difficile da descrivere e molto più facile e piacevole da ascoltare. Melodie altre in bilico fra elettronica e metal, tra estinzione e felice malinconia, per un lavoro notevole e davvero bello, che se venisse da oltreoceano sarebbe idolatrato, e qui invece abbiamo gruppi come i D8 Dimension che si autoproducono e sono bravissimi: aiutiamoli.

TRACKLIST
01 – -39°C
02 – My Feast
03 – Matryoshka
04 – X: Bigger Boat
05 – Rollformer Gospel
06 – Astrokiller
07 – Anamnesis
08 – Industrial II
09 – Les Fleurs
10 – Y: Salt On Carthage

LINE-UP
Tepe – Voce
Alu.X – Synth/Samples + Basso
Tyo Crayon – Chitarra
Mik – Chitarra
Michael Mammoli – Batteria

DO DIMENSION – Facebook

Nightrage – The Venomous

Una multinazionale del death melodico che non tradisce neanche questa volta, anzi ci consegna un album a tratti esaltante, tra ritmiche thrash, solos melodici e chorus si stampano in testa al primo giro di giostra.

Benedetto (o maledetto) death metal melodico, quando credi che ormai solo l’underground possa regalare qualche ottima sorpresa, mentre le band storiche continuano a sfornare lavori discreti ma lontani anni luce dai sfavillanti album degli anni novanta, ecco che arriva a far cadere ogni certezza il nuovo lavoro dei Nightrage, gruppo greco/svedese che può tranquillamente essere inserito tra le band portanti del genere , almeno della seconda ondata (quella che portò il sound nato nella penisola scandinava nel nuovo millennio).

Perché The Venomous è davvero un gran bel disco, a metà strada tra il vecchio ed ormai classico sound ed un approccio leggermente più moderno, magari meno calcato che nel precedente album (The Puritan, uscito un paio di anni fa) e che porta la musica del gruppo a camminare perfettamente in bilico tra il death melodico classico dei primi In Flames e quello più moderno e thrash dei Soilwork.
Aggiungete un songwriting ispirato ed una prova sontuosa del buon Marios Iliopoulos alla sei corde, ed avrete uno degli album più riusciti in campo death melodico dell’ultimo anno solare.
I Nightrage hanno visto nel corso degli anni un via vai di musicisti del calibro di Tomas “Tompa” Lindberg e Gus G, altri che si sono dati il cambio dall’alba del nuovo millennio per tutti questi anni e per sette album, sempre diretti da Iliopoulos e dal bassista Anders Hammer .
Una multinazionale del death melodico che non tradisce neanche questa volta, anzi ci consegna un album a tratti esaltante, tra ritmiche thrash, solos melodici e chorus si stampano in testa al primo giro di giostra, ed un’atmosfera che, per chi ha vissuto gli anni d’oro del genere, risulta un ritorno al meglio che può offrire questo sound.
C’è poco da fare, il death metal melodico suonato a questi livelli rimane uno dei generi più esaltanti degli ultimi trent’anni, magari non sarà più una novità, ma brani come la title track, In Abhorrence, From Ashes Into Stone o Trail Of Ghosts riescono nell’impresa di farci tornare, almeno per una cinquantina di minuti, in quel di Göteborg, quando un album del genere era accolto come un regalo di Odino dai fans e dagli addetti ai lavori.

TRACKLIST
1. The Venomous
2. Metamorphosis/Day Of Wrath
3. In Abhorrence
4. Affliction
5. Catharsis
6. Bemoan
7. The Blood
8. From Ashes Into Stone
9. Trail Of Ghosts
10. Disturbia
11. Desolation And Dismay
12. Denial Of The Soul

LINE-UP
Marios Iliopoulos – Guitars
Anders Hammer – Bass
Ronnie Nyman – Vocals
Lawrence Dinamarca – Drums
Magnus Söderman – Guitars

http://www.facebook.com/nightrage/?ref=mf