Antichrist – Sinful Birth

L’album ha il pregio di non annoiare, investendo l’ascoltatore con una tempesta estrema dall’impatto di un uragano sulla costa, mentre le raggelanti note su cui si basa Sinful Birth si insinuano in noi come virus infetti e mortali.

Il maligno questa volta preferisce usare il thrash metal per divulgare il suo verbo tramite il quintetto svedese Antichrist.

Il gruppo nordico licenzia tramite la I Hate il suo secondo lavoro , successore dell’ormai lontano Forbidden World, uscito sei anni fa: thrash metal old school, estremizzato da furia distruttrice di stampo black è il sound offerto da questi devoti al signore oscuro e portatori di violenza, morte e male in musica.
Venom, Possessed e primi Slayer, irrobustiti da cattiveria ed attitudine black metal alla primi Darkthrone ed il gioco è fatto: un gioco mortale e pericolosissimo, un assalto ed un’aggressione al bene e a tutte le sue forme, mentre l’odio vince e la presa di potere da parte delle forze oscure è vicina.
Nel suo genere l’album funziona, l’assalto senza compromessi e l’impatto sono da gruppo che nel male ci sguazza, la velocità è da infarto e le atmosfere gelide creano momenti di puro disfacimento concettuale e sonoro.
Poi, tra violenza, velocità e perfidia, si arriva al momento clou di questo lavoro, lo strumentale Chernobyl 1986, dieci minuti di angosciante e violenta colonna sonora del disastro nucleare più devastante della storia, raccontato tramite il metal estremo degli Antichrist.
E’ indubbio che un brano del genere da solo alzi il livello di un album che dalla sua ha il merito di non annoiare, investendo l’ascoltatore con una tempesta estrema dall’impatto di un uragano sulla costa, mentre le raggelanti note su cui si basa Sinful Birth si insinuano in noi come virus infetti e mortali.

TRACKLIST
1.Instruments of Sadism
2.Savage Mutilations
3.The Entity
4.Under the Cross
5.The Black Pharaoh
6.Sinful Birth
7.Burned Beyond Recognition
8.Chernobyl 1986
9.Fall of the Temple of Solomon

LINE-UP
Sven Nilsson – Drums
Filip Runesson – Guitars
Steken – Vocals
Gabriel Forslund – Guitars
Gobbe Henningsson – Bass

ANTICHRIST – Facebook

STEVEN WILSON

Il video di Permanating, dall’album To The Bone, in uscita ad agosto (Caroline).

“To The Bone” esce il 18 agosto su Caroline, distribuzione Universal

LIVE IN ITALIA:
09.02.2018 Milano, Teatro Degli Arcimboldi
10.02.2018 Roma, Atlantico
Info: http://www.vertigo.co.it/
facebook.com/vertigo.co.it

Ahead of the release of his much-anticipated album To The Bone, Steven Wilson has released a video for the track Permanating.

Permanating is a piano driven, sun-soaked pop song that extols the virtues of nostalgia as escapism. The Permanating video picks up the music’s baton and runs with it, bringing in a troupe of dancers from the Bollywood Company to create a glorious Technicolor blast of summer sun.

Steven Wilson: “I’m very proud of the video for Permanating. As soon as I wrote this song I had it in mind that Bollywood dancing would be the perfect accompaniment, such a joyous form of dance for what is probably the most joyous pop song I have ever come up with. I hope it will put a smile on your face as it does for me.”

Permanating was directed by Andrew Morgan for Electric Light Studios.

To The Bone is released on 18th August 2017 on Caroline International. Quotes from early reviews:

“An inimitable rabbit-hole of psychedelia” Planet Rock, 5*
“A lush and ambitious piece of progressive pop music” Uncut

Abyssphere – На пути к забвению

L’operato degli Abyssphere possiede un suo intrinseco valore che dovrebbe spingere gli appassionati di gothic doom a dare una possibilità a На пути к забвению, un album che consente di passare un’ora abbondante in compagnia di musica moderatamente malinconica e di buona fruibilità.

Quarto full length per i russi Abyssphere, band che in poco più di un decennio di attività ha all’attivo anche diverse uscite di minutaggio ridotto, tra ep e singoli assortiti.

Quest’ultima opera della band di San Pietroburgo non lesina certo sulla durata dei contenuti, andando a superare l’ora e mezza di durata anche grazie all’inserimento nella tracklist di una cover (Only for the Weak degli In Flames) e di due versioni rielaborate di brani già editi.
Resta comunque notevole lo sforzo compositivo degli Abyssphere, i quali, con На пути к забвению si confermano eleganti ed efficaci esponenti di un gothic doom melodico inattaccabile per forma e valido anche per contenuti,  anche se forse al tutto manca quel picco emotivo costituito da uno o più brani capaci di segnare in maniera più decisa il lavoro.
Infatti, l’album scorre via molto bene, senza tediare affatto l’ascoltatore in quanto impeccabile negli arrangiamenti e sempre arricchito di una vena melodica di qualità,  ma se si fa eccezione per l’ottimo trittico centrale Carthago Delenda Est, Сияние e Марафон, i momenti in grado di fornire un autentico trasporto emotivo non sono moltissimi.
Per di più, il ricorso alla lingua madre mostra inevitabilmente la corda nei passaggi in clean, dove la musicalità dell’idioma e la sua comprensione sono ben più importanti rispetto a quanto non avvenga con il growl, nonostante la rimarchevole prestazione del bravo Konstantin Tsygankov, in alternanza al più corrosivo incedere del suo contraltare Alexander Yakovlev .
Per il resto, morbidi assoli chitarristici ed un’atmosfera complessivamente avvolgente rendono На пути к забвению un buonissimo disco che, purtroppo, anche a causa delle suddette caratteristiche, potrebbe faticare non poco nel trovare sbocchi importanti al di fuori dei territori dell ex-URSS.
L’operato degli Abyssphere, in particolare nella persona di un valido compositore come il già citato Tsygankov, possiede un suo intrinseco valore che dovrebbe spingere gli appassionati di gothic doom a dare una possibilità a На пути к забвению, un album che consente di passare senz’altro un’ora abbondante in compagnia di musica moderatamente malinconica e di buona fruibilità.

Tracklist:
1. Двери
2. Прозрение
3. Один во тьме
4. Carthago Delenda Est
5. Сияние
6. Марафон
7. Пыль
8. К забвению
9. Вирус
10. Горизонт
11. Меридиан
12. Конец долгой ночи
13. У врат забвения
14. Only for the Weak (In Flames cover)
15. Чёрный океан 2.0
16. Солнце 2.0

Line-up:
Alexander Mikhailov – Guitars, Songwriting (track 8)
Konstantin Tsygankov – Vocals (clean), Guitars, Keyboards, Bass, Songwriting
Alexander Yakovlev – Vocals (harsh), Programming, Lyrics
Evgeniy Nosov – Drums

ABYSSPHERE – Facebook

Overkhaos – Beware Of Truth

Un debutto al di sopra di ogni aspettativa, del quale basta solo dire che tra le sue trame si trova tutto ciò che anima lo spirito musicale di capisaldi del genere come Symphony X, Nevermore ed Iced Earth.

Prima di dispensare elogi ad un’altra ottima realtà made in Italy,  permettetemi di fare i complimenti all’ennesima label che ci regala grande musica metallica dall’anima progressiva, la Rockshots Records, che dopo l’ultimo lavoro degli Hidden Lapse  ci delizia con un altro gioiellino in arrivo dalla Puglia, intitolato Beware Of Truth, full length di debutto per i notevoli Overkhaos.

Nato quattro anni fa con il monicker Imperium, il gruppo dopo un paio di avvicendamenti nella line up, vira dall’heavy metal classico ad un più raffinato progressive metal dalle forti connotazioni heavy/thrash e ne esce questo bellissimo album, incentrato su una storia che prende spunto dalla società in cui viviamo, in mano a politici e lobbies che si arricchiscono sulla pelle dei comuni cittadini, ormai impoveriti e spogliati di qualsiasi briciolo di dignità.
Si parte da qui per stupire con la colonna sonora di una storia non troppo originale (ma non è poi colpa della band se certe storture sono divenute ormai un vissuto quotidiano) per la verità, ma che incide non poco quando il gruppo parte in quarta e vola sulle ali di un power metal progressivo e dannatamente trainante.
Mimmo D’Oronzo è il singer, interpretativo, vero animale metallico che ricorda Warrel Dane, la punta d’acciaio di una freccia scagliata mirando al cuore degli appassionati da un’arco che si fregia di musicisti sopra la media come Davide Giancane e Giuliano Zarcone alle chitarre e la sezione ritmica composta da Anna Digiovanni al basso e Andrea Mariani alla batteria, mentre il sangue sgorga copioso dalla ferita mortale che gli Overkhaos hanno aperto nel nostro petto.
Beware Of Truth è heavy/thrash metal in stato di grazia che, elegantemente vestito di abiti progressivi, ci scaraventa al muro, con la schiena che scalfisce il cemento e le ossa che scricchiolano sotto i colpi inferti da queste dieci bordate che formano quasi un’ora di musica a tratti entusiasmante.
Khaos, The Lie You Need, Die Catsaw!, Anna’s Song sono forse le migliori tra queste, ma potrei nominarle tutte all’interno di un debutto al di sopra di ogni aspettativa, del quale basta solo dire che tra le sue trame si trova tutto ciò che anima lo spirito musicale di capisaldi del genere come Symphony X, Nevermore ed Iced Earth.

Tracklist
01 Prelude
02 Silent Death
03 Solar Starvation
04 Khaos
05 The Lie you Need
06 Crumbling
07 White Light
08 Die Catsaw!
09 Anna’s Song
10 Deadline

Line-up
Mimmo D’Oronzo – voce
Davide Giancane – chitarra
Giuliano Zarcone – chitarra
Anna Digiovanni – basso
Andrea Mariani – batteria

OVERKHAOS – Facebook

Infinitas – Civitas Interitus

Civitas Interitus è un lavoro piacevole, a tratti suggestivo, in altri più indicato per svuotare boccali di birra scura in qualche festa sperduta tra le vallate elvetiche: un album per divertirsi e, perché no, anche sognare.

Interessante progetto in arrivo dai monti della vicina Svizzera quello degli Infinitas, i quali danno alle stampe il loro primo full length.

La band, dalle forti connotazioni medievali, prende spunto da gruppi storici come gli Skyclad e debutta con Civitas Interitus, album dal sound che amalgama thrash, folk, reminiscenze power e qualche accenno estremom, dando vita ad un incalzante e a tratti epica storia fuori dal tempo.
Si potrebbe sintetizzare (come fa il gruppo stesso) in melodic thrash metal la musica che compone l’album, chiaramentedi matrice old school, su cui la cantante Andrea con buon impatto e interessanti soluzioni si destreggia con risultati che vanno aldilà delle aspettative.
Aggressiva e melodica, ma pur sempre d’impatto metal, la voce accompagna questi dieci brani, tra le foreste ed i castelli persi nelle Alpi in un tempo indefinito, se non per le ambientazioni epico folkloristiche che non solo accompagnano i brani più aggressivi (Alastor e Samael) ma creano atmosfere suadenti e pregne di sfumature tradizionali in tracce come la bellissima Amon, perla folk/thrash metal di questo lavoro.
Civitas Interitus è un lavoro piacevole, a tratti suggestivo, in altri più indicato per svuotare boccali di birra scura in qualche festa sperduta tra le vallate elvetiche: un album per divertirsi e, perché no, anche sognare.

Tracklist
1.The Die Is Cast
2.Alastor
3.Samael
4.Labartu
5.Aku Aku
6.Skylla
7.Rudra
8.Morrigan
9.Amon
10.A New Hope

Line-up
Andrea Böll – Vocals, Percussion
Laura Kalchofner – e-Recorder, Background Vocals
Pauli Betschart – Bass, Background Vocals
Pirmin Betschart – Drums, Vocals, Percussion, Clarinette
Selv Martone – Guitar, Virtual Instruments

INFINITAS – Facebook

FS Projekt – Kredo Tvoyo

FS Projekt è l’espressione di un buon talento musicale che sicuramente merita un’esposizione adeguata al suo valore, poi come sempre sarà il pubblico a decretarne le fortune.

Anche se a noi italiani un simile monicker potrebbe far pensare ad una band dopolavoristica messa in piedi da un gruppo di ferrovieri, FS Projekt è in realtà frutto del talento musicale del moscovita Sergei Fomin (conosciuto anche come Efes o, appunto, FS).

Il musicista ci ha contattato per sottoporci tutto il materiale composto fin dal 2013, anno di partenza del progetto, che consta di due EP e quattro singoli, ultimo dei quali Kredo Tvoyo, risalente ai primi giorni del 2017.
Quindi utilizziamo il pretesto di parlare di quest’ultima uscita per scoprire anche la musica prodotta in precedenza, per un fatturato totale di una decina di brani a base di un solido e melodico power metal cantato in lingua madre dal bravo vocalist Oleg Mishin.
Efes, nella realizzazione delle canzoni si è fatto aiutare da un manipolo di colleghi dal buon pedigree e dalle sicure doti tecniche, il che rende davvero interessante questo excursus nella ancor breve storia degli FS Projekt, che prende il via con l’ep di tre brani Rozhdeniye Maga, in grado di fotografare in maniera piuttosto nitida la buona caratura di un heavy power dalle tematiche fantasy e ricco di spunti melodici di un certo pregio.
Il percorso prosegue con i due singoli Za Khladny Gory e Elfiyskiy Marsh, traccia ricca di cristallini spunti acustici e contraddistinta da un chorus decisamente arioso.
Con il secondo ep Garpiya il sound sembra irrobustirsi, avvicinandosi ancor più a livello di sonorità e certo power di matrice tedesca, senza però smarrire quella discreta peculiarità accentuata dalle liriche in russo, le quali rivestono il tipico ruolo di arma a doppio taglio, visto che a livello di scorrevolezza non ci può essere paragone con il più classico idioma anglofono.
E si arriva infine, agli ultimi due singoli: Iskusstvo Voiny, uscito circa un anno fa, dove per la prima volta fanno la loro apparizione vocalizzi in stile harsh, ed il già citato e più recente Kredo Tvoyo, intriso in maniera decisa di umori folk che, a mio avviso, si rivelano un vero e proprio valore aggiunto, indicando in qualche modo un’ideale strada da seguire con maggiore continuità in futuro.
Evidentemente il bravo Efes, giunto a questo punto, ha ritenuto fosse il caso di provare a farsi conoscere anche al di fuori dai patri confini, cercando magari di cogliere qualche opportunità che si dovesse concretizzare a livello di contratto discografico o di supporto promozionale.
FS Projekt è comunque l’espressione di un buon talento musicale che sicuramente merita un’esposizione adeguata al suo valore, poi come sempre sarà il pubblico a decretarne le fortune.

01 Rozhdeniye Maga – Rozhdeniye Maga
02 Rozhdeniye Maga – Lyod
03 Rozhdeniye Maga – Fingolfin
04 Za Khladny Gory
05 Elfiyskiy Marsh
06 Garpiya – Garpiya
07 Garpiya – Six Strings
08 Garpiya – Crimson Sail
09 Iskusstvo Voiny
10 Kredo Tvoyo

Line up:
Efes – music, lyrics, arrangements, guitars, bass, castanets, vocals, production, keyboard sound design

FS PROJEKT – Facebook

ALICE COOPER

Il lyric video di “Paranormal”

Alice Cooper sta per tornare! A due settimane esatte dalla release del nuovo album “Paranormal” il re dello shock rock ha reso disponibile il lyric video della titletrack che andrà ad aprire il nuovo album di inediti. Il brano è disponibile sul canale youtube ufficiale di earMUSIC e a questo link:

“Paranormal” è attualmente disponibile come instant grat con i preorder dell’album su iTunes e su Spotify.

L’album “Paranormal” sarà pubblicato il 28 luglio 2017 su earMUSIC.

MaidaVale – Tales Of The Wicked West

Le quattro sacerdotesse di Fårösund, senza cercare di stupire a tutti i costi, svolgono il compito prefissato nel migliore dei modi, ed il loro album ne esce alla grande, vintage fino al midollo, suggestivo e pregno di atmosfere stregate dal blues e dalla psichedelia-

Ora che i suoni vintage, nel metal e nell’hard rock, sono la nuova via per piacere agli ascoltatori, i gruppi dediti a queste sonorità spuntano come i funghi, un male se pensiamo ad un ennesima inflazione del mercato, un bene per i fans dei suoni nati nella seconda metà del secolo scorso.

Nell’ underground non mancano nuove realtà che arrivano all’esordio prendendo come esempio le nuove new sensation dell’hard rock dai rimandi blues e psichedelici come i Blues Pills.
Dalla Svezia (e non è un caso, visto la tradizione per i suoni settantiani nel paese scandinavo) arrivano dunque le MaidaVale, gruppo tutto al femminile che tramite la Sign Records esordisce con Tales Of The Wicked West, bellissimo esempio di hard rock psichedelico e blues, ipnotico come una danza sotto la luna splendente sui boschi delle foreste nordiche.
Le quattro sacerdotesse di Fårösund, senza cercare di stupire a tutti i costi, svolgono il compito prefissato nel migliore dei modi, ed il loro album ne esce alla grande, vintage fino al midollo, suggestivo e pregno di atmosfere stregate dal blues e dalla psichedelia, con quel tocco sabbathiano che avvicina il sound agli hard rockers dai gusti vintage.
Blues e psichedelia sono un binomio più pericoloso di quello che si possa pensare, esaltato dalla voce di Matilda Roth in (If You Want The Smoke) Be The Fire o Restless Wanderer, con una Find What You Love And Let It Kill You che trasforma il verde della natura svedese nel color sabbia del deserto americano, in un trip che la voce femminile accentua facendo sognare dentro ad un caleidoscopio di musica rock sopra le righe.
Finirà questo fiume in piena che porta a valle tanta musica vintage e come sempre rimarranno solo i migliori, e le MaidaVale sono candidate a restare, non perdetevele.

TRACKLIST
01. (If You Want the Smoke) Be The Fire
02. Colour Blind
03. The Greatest Story Ever Told
04. Truth/Lies 05. Dirty War
06. Restless Wanderer
07. Standby Swing
08. Wish I’d Been Born At Sea
09. Find What You Love And Let It Kill You

LINE-UP
Johanna Hansson – Drums
Matilda Roth – Vocals
Linn Johannesson – Bass
Sofia Ström – Guitar

MAIDAVALE – Facebook

THRESHOLD

Il primo singolo, l’epica ‘Lost In Translation’, dall’album “Legends Of The Shires”, in uscita a settembre (Nuclear Blast).

Le icone inglesi del progressive THRESHOLD hanno annunciato il loro nuovo album “Legends Of The Shires”, in uscita l’8 settembre su Nuclear Blast.

Oggi la band ha pubblicato il primo singolo, l’epica ‘Lost In Translation’, un brano super-prog di oltre dieci minuti!

Richard West dei THRESHOLD dichiara:
“Abbiamo fatto un album mostruoso, quindi abbiamo pensato di dover pubblicare un singolo mostruoso! Questo brano epico mette in luce i molteplici aspetti del nostro suono ed è un fantastico preludio del nostro album”.

“Legends Of The Shires” è l’undicesimo lavoro in studio e il primo album doppio della band. Esso vede anche il ritorno di Glynn Morgan alla voce.

L’artwork è stato realizzato dall’artista russa Elena Dudina. Richard West commenta:
“Amo quando una copertina ti comunica che tipo di disco stai per comprare. Questa sembra davvero ‘progressive’ e mi ricorda alcuni album prog del XX secolo”.

La tracklist di “Legends Of The Shires” è la seguente:
CD 1:
1. The Shire (Part 1) 2:03
2. Small Dark Lines 5:24
3. The Man Who Saw Through Time 11:51
4. Trust The Process 8:44
5. Stars And Satellites 7:20
6. On The Edge 5:20

CD 2:
7. The Shire (Part 2) 5:24
8. Snowblind 7:03
9. Subliminal Freeways 4:51
10. State Of Independence 3:37
11. Superior Machine 5:01
12. The Shire (Part 3) 1:22
13. Lost In Translation 10:20
14. Swallowed 3:54

I pre-ordini sono attivi:
http://nblast.de/ThresholdLOTSNB
http://nblast.de/ThresholdDigital

THRESHOLD
Steve Anderson – Basso
Karl Groom – Chitarra
Glynn Morgan – Voce
Richard West – Tastiere
Johanne James – Batteria

www.thresh.net
www.facebook.com/threshold
www.nuclearblast.de/threshold

AMON AMARTH

Il video di “The Way Of Vikings”, dall’ultimo album Jomsviking.

Dopo aver pubblicato gli incredibili video di “First Kill” (https://youtu.be/qw5G6fF-wqQ) e “At Dawn’s First Light” (https://youtu.be/h6-krHfdmGg) lo scorso anno, gli Amon Amarth offrono ora una nuova chicca dall’ultimo album Jomsviking, “The Way Of Vikings”, diretto da Grupa 13

Dal 14 luglio gli Amon Amarth si sono imbarcati nel tour estivo con tappa in Italia il 7 agosto!

Amon Amarth tour dates
July 14 – Gavle, Sweden – Gefle Metal Festival
July 16 – Chicago, USA – Chicago Open Air
July 25 – Tolmin, Slovenia – Metaldays Festival
July 27 – Tel Aviv, Israel – Theatre Club
July 29 – Istanbul, Turkey – Rock Off Festival
Aug. 2 – Vienna, Austria – Jolly Roger Festival
Aug. 4 – Kostrzyn nad Odra, Poland – Przystanek Woodstock
Aug. 5 – Wacken, Germany – Wacken Open Air
Aug. 6 – Colmar, France – Foire Aux Vins
Aug. 7 – Majano (Udine), Italy – City Festival
Aug. 9 – Villena, Spain – Leyendas Del Rock
Aug. 11 – Derbyshire, UK – Bloodstock Open Air
Aug. 12 – Leeuwarden, Netherlands – Into The Grave
Aug. 13 – Kortrijk, Belgium – Alcatraz Festival
Aug. 17 – Dinkelsbuhl, Germany – Summer Breeze
Aug. 18 – Moravsky Krumlov, Czech Republic – Rock Heart Festival
Aug. 19 – Zvolen, Slovakia – More Than Fest
Aug. 21 – Pratteln, Switzerland – Earshaker Day
Aug. 23 – Budapest, Hungary – Barba Negra Open Air Show
Aug. 25 – Giessen, Germany – Kultursommer
Aug. 26 – Sulingen, Germany – Reload Festival
Aug. 28 – Kiev, Russia – Sentrum
Aug. 29 – Minsk, Russia – Re:Public
Aug. 30 – St. Petersburg, Russia – A2
Aug. 31 – Krasnodar, Russia – Arena Hall
Sept. 2 – Yekaterinburg, Russia – Tele Club
Sept. 4 – Samara, Russia – Zvezda
Sept. 5 – Moscow, Russia – Yotaspace

Dark Avenger – The Beloved Bones : Hell

Suoni di nobile metallo heavy/power ed un approccio magniloquente ed oscuro fanno di questo album un autentico masterpiece, incollando l’ascoltatore dalla prima all’ultima nota alle cuffie, con il rischio che prendano fuoco sotto tonnellate di riff e solos ed una vena progressiva stupefacente.

Ne è passata acqua sotto i ponti da quando, nel lontano 1995 i brasiliani Dark Avenger debuttavano con il primo, omonimo album.

Dopo sei anni, precisamente nel 2001, Tales Of Avalon: The Terror consegnò il gruppo di Brasilia all’immortalità grazie ad una prova non solo clamorosa a livello tecnico, ma soprattutto benedetta da un songwriting superlativo.
Sedici anni sono una vita musicalmente parlando e i Dark Avenger, dopo averci provato con la seconda parte del concept che li ha resi famosi tra gli amanti dei suoni heavy/power (Tales Of Avalon: The Lament) nel 2013, tornano con una nuova storia ed un bellissimo e quanto mai devastante lavoro, The Beloved Bones : Hell.
E, in effetti, la band scatena un autentico inferno di suoni metallici, con una serie di brani che si candidano come uno dei più riusciti esempi del genere in questo 2017.
Il full length è stato registrato, mixato e prodotto dal chitarrista Glauber Oliveira e masterizzato da Tony Lindgren presso i Fascination Studios, un’ulteriore garanzia di qualità, e licenziato dalla Rockshot Records .
Suoni di nobile metallo heavy/power ed un approccio magniloquente ed oscuro fanno di questo album un autentico masterpiece, incollando l’ascoltatore dalla prima all’ultima nota alle cuffie, con il rischio che prendano fuoco sotto tonnellate di riff e solos ed una vena progressiva stupefacente.
Siamo tornati ai livelli che la band raggiunse all’alba del nuovo millennio, con un Mário Linhares letteralmente indemoniato dietro al microfono ed i suoi compari che sembrano suonare tra le fiamme di qualche girone infernale, diabolici ed assolutamente imprevedibili nelle intricate trame di brani spettacolari.
Il metal classico nella sua forma più dura, aggressiva, ma allo stesso tempo raffinata ed elegante con brani che formano una mastodontica opera che si avvicina pericolosamente alla perfezione, questo è The Beloved Bones: Hell.
Inutile, come sempre in questi casi, un track by track che nulla aggiunge a quanto scritto (Smile Back To Me, King For A Moment, Parasite e Purple Letter sono tracce che nel genere trovano pochi confronti): i Dark Avenger sono tornati con l’album della vita, quello che conferma dopo così tanti anni tutto tutto il bene detto dagli addetti ai lavori ai tempi dell’uscita del secondo bellissimo lavoro.

Tracklist
1.The Beloved Bones
2.Smile Back to Me
3.King for a Moment
4.This Loathsome Carcass
5.Parasite
6.Breaking Up, Again
7.Empowerment
8.Nihil Mind
9.Purple Letter
10.Sola Mors Liberat
11.When Shadow Falls

Line-up
Gustavo Magalhães – Bass
Hugo Santiago – Guitars
Mário Linhares – Vocals
Anderson Soares – Drums
Glauber Oliveira – Guitars

DARK AVENGER – Facebook

Eva Can’t – Gravatum

Ascoltando Gravatum più volte con il giusto approccio, memorizzandone i passaggi e lasciandosi compenetrare dalla potenza lirica e drammatica del racconto, si arriverà al punto di non poterne più fare a meno, come è tipico delle opere musicali di livello superiore.

Gli Eva Can’t sono un band bolognese formatasi agli albori del decennio e guidata da Simone Lanzoni, ovvero il clean vocalist protagonista degli ultimi due magnifici album degli In Tormentata Quiete.

Già questo dato potrebbe, da solo, attrarre l’attenzione di molti tra i possibili appassionati smarriti nel labirinto formato dai sottogeneri del metal e del rock e dal relativo flusso oceanico di uscite, ma è bene dire da subito che, con Gravatum, gli Eva Can’t ci hanno omaggiato di un vero e proprio capolavoro di arte musicale, capace di trasportare ai giorni nostri il potenziale evocativo e poetico che fu il tratto distintivo del progressive italiano degli anni ’70, uno dei movimenti musicali più significativi e peculiari nella storia moderna delle sette note, a detta non solo del sottoscritto, ma anche di commentatori ben più quotati e credibili.
Il fatto che il gruppo felsineo sia approdato a questi lidi, pur essendo formato sostanzialmente da musicisti dal robusto background metal, non deve sorprendere, visto che i prodromi di tutto questo sono riscontrabili in un percorso evolutivo che, partendo dall’heavy del debutto L’enigma delle ombre, si è poi snodato senza porsi particolari limiti di stile o di genere.
Quello che sicuramente non è mai cambiata, costituendo uno dei tratti distintivi della band, è la cura nella stesura dei testi, sempre ispirati, dal grande afflato poetico e pervasi da un costate contrasto tra lo smarrimento di fronte alla caducità dell’esistenza e la consapevolezza di quanto questa rappresenti dopotutto un regalo, benché gran parte dell’umanità non ne abbia colto né il senso né, soprattutto, il valore.
In Gravatum, gli Eva Can’t non lesinano comunque sull’espressione di un’amarezza di fondo ben esplicitata da un concept che racconta gli ultimi istanti dell’uomo sulla Terra, in un turbinio inesauribile di emozioni in cui le liriche non rivestono un ruolo affatto marginale, ma appaiono fondamentali esattamente quanto un struttura musicale che, come detto, si muove da una base prog rock per sconfinare nel folk (La Ronda di Ossa), senza dimenticare le radici metal che emergono soprattutto nella splendida title track.
Ma l’album è nient’altro che un percorso emotivo regalatoci da Lanzoni e dai suoi altrettanto bravi compagni d’avventura fin dalla prima ora (Luigi Iacovitti alla chitarra, Andrea Maurizzi al basso e Diego Molina alla batteria), nel corso del quale ci si imbatte in ogni istante in attimi di cristallina bellezza, in una forma d’arte talmente evoluta e perfetta in grado di commuovere lasciando un segno indelebile.
Sfido anche i meno sensibili a non provare qualche brivido quando Simone Lanzoni intona Terra su un toccante tappeto pianistico, un connubio che riporterà chi ha già qualche capello bianco ai momenti perduti nel tempo e ritenuti irripetibili del miglior Banco del Mutuo Soccorso, anche se chiaramente il vocalist non ha nulla in comune stilisticamente con il compianto Di Giacomo, se non una stessa intensità interpretativa ed un’espressività che non vengono mai meno, neppure nelle parti recitate o nei rari passaggi in growl.
In poco più di un’ora gli Eva Can’t rielaborano con grande competenza il meglio della tradizione rock/metal italiana, ammantando il tutto di un’aura poetica in grado di fare la differenza, con il suggello dei sedici minuti di straordinaria varietà e profondità della conclusiva Pittori Del Fulgido Astratto.
Se i tolemaici ascoltatori odierni del progressive avessero ancora orecchie per sentire, con la band bolognese avrebbero trovato finalmente un moderno punto di riferimento e qualcuno degno senza alcun dubbio di soppiantare diversi gruppi storici che, con tutto il dovuto rispetto ed altrettanta riconoscenza, negli ultimi decenni hanno vissuto solo della luce riflessa del proprio illustre passato; purtroppo (anche se spero di sbagliarmi) a gratificare della giusta attenzione un album di tale spessore saranno i soliti e deprecati “metallari” dalla mentalità più aperta, quelli che le emozioni le ricercano anche nel presente,  senza condizionamenti o pregiudizi di sorta.
Comunque sia, ascoltando Gravatum più volte con il giusto approccio, memorizzandone i passaggi e lasciandosi compenetrare dalla potenza lirica e drammatica del racconto, si arriverà al punto di non poterne più fare a meno, come è tipico delle opere musicali di livello superiore.

Tracklist
1. L’Alba Ci Rubò Il Silenzio
2. Apostasia Della Rovina
3. La Ronda Di Ossa
4. Oceano
5. Terra
6. Gravatum
7. Pittori Del Fulgido Astratto

Line-up:
Simone Lanzoni: guitars, vocals
Diego Molina: drums
Luigi Iacovitti: guitars
Andrea Maurizzi: bass

Guests:
keyboards by Andrea Roda
lead guitar on “Oceano” by Andrea Mosconi

EVA CAN’T – Facebook

Bone Man – III

Il modo particolare di approcciarsi al rock dei tedeschi Bone Man deriva dagli ultimi anni del secolo scorso e viene investito da un attitudine psichedelica, decollando e rimanendo in quota per tutta la durata di III.

Ci si può perdere anche nelle foreste della Germania, specialmente se veniamo rapiti dal sound di questo ottimo sesto lavoro dei Bone Man, trio che dell’ hard rock fa il suo credo, psichedelico e dai rimandi novantiani.

Infatti, il modo particolare di approcciarsi al rock dei tedeschi deriva dagli ultimi anni del secolo scorso e viene investito da un attitudine psichedelica, decollando e rimanendo in quota per tutta la durata di III.
Il trio picchia non poco, il rock graffiante dei primi Soundgarden viene stonato da tonnellate di mood psichedelico senza mai perdere la forma canzone, dunque dimenticatevi lunghe jam, care ai gruppi underground odierni (in linea con l’attitudine old school tanto cool in questi anni): tra lo spartito di III si respira rock, nascosto sotto una coltre di watt, ma dall’ottimo appeal.
Con These Days Are Gone, Wreck Under The Sea e il suo mood oscuro, Incognito con il basso che pulsa sotto l’effetto di allucinati rimandi ottantiani, e la furia stoner di Zeitgeist, si continua a girare intorno ad una radura con la brutta sensazione di esserci già passati più volte, mentre la fredda notte incalza e la speranza di tornare sulla retta via diventa una mera illusione.
Avvicinatevi con cautela a III, ma fatelo, non ve ne pentirete.

TRACKLIST
1.Pollyanna
2.Zeitgeist
3.These Days Are Gone
4.Cold Echo
5.False Ambition
6.Wreck Under The Sea
7.Incognito
8.Years Of Sorrow

LINE-UP
Marian Klein – Guitar
Arne Doepper – Bass
Dennis “Ötzi” Oelze – Drums

BONE MAN – Facebook

The Mustangs – Just Passing Through

Just Passing Through, nuovo album dei The Mustangs, è un viaggio tra le anime del blues contemporaneo degno dei più grandi interpreti americani e del Regno Unito.

Si vola sulle ali del blues con il nuovo album di una band britannica molto apprezzata nella scena, i The Mustangs.

Attivo dal 2001, il gruppo proveniente dall’Hampshire arriva quest’anno al traguardo della doppia cifra in quanto a lavori pubblicati, confermando tutto il valore espresso fino ad oggi e l’ottima reputazione che si è costruito negli anni tra gli amanti del genere e gli addetti ai lavori.
Blues rock d’autore, dunque, anche per questo nuovo Just Passing Through, licenziato dalla Trapeze Music con cui la band collabora da tempo: l’album è formato da un lotto di brani che seguono la tradizione del british blues, alternandolo con bellissimi camei d’ oltreoceano, quindi nella musica del gruppo inglese si rincorrono le due principali anime del genere, che si incontrano e si allontanano come amanti brucianti di passione.
E’ questa la caratteristica principale del sound dei The Mustangs, che confezionano un lavoro vario e piacevole,con la chitarra di Adam Norsworthy a ricamare armonie campestri ed il profumo dell’erba bagnata dalle pioggia del nord si mescola con quello del fieno nelle pianure a sud del nuovo continente.
L’album parte con il freno a mano tirato e i primi brani, fin da Hiding From the Rain, risultano attraversati da un mood cantautorale, con il sound a scivolare sulla chitarra del leader, ma da Just The Way It Is il sole fa capolino tra le nuvole, la temperatura si alza non poco tra le armonie di Because It’s Time ed i cori a cappella di Cry No More e la febbre che si alza nella Saturday Night dei The Mustangs.
Il blues della passionale e sanguigna Save My Soul e la straordinaria From Somewhere To Nowhere alzano non poco il valore di questo lavoro che, come suggerisce la copertina, è un viaggio tra le anime del blues contemporaneo degno dei più grandi interpreti americani e del Regno Unito.

Tracklist
1.One Way Ticket
2.Hiding From The Rain
3.Fingerprints
4.Beautiful Sleeper
5.Just The Way It Is
6.Because it’s Time
7.Cry No More
8.Saturday Night
9.What Lies Within
10.Vinegar Fly
11.Save My Soul
12.From Somewhere To Nowhere
13.How Short

Line-up
Adam Norsworthy – Lead Guitar, Vocals
Derek Kingaby – Blues Harp
Jon Bartley – Drums, Backing Vocals
Ben McKeown -Bass, Backing Vocals

THE MUSTANGS – Facebook

Theatres Des Vampires

I Theatres Des Vampires hanno pubblicato il video di ‘Resurrection Mary’, brano tratto dal nuovo album della band ‘Candyland’.

I Theatres Des Vampires hanno pubblicato il video di ‘Resurrection Mary’, brano tratto dal nuovo album della band ‘Candyland’.

Il disco si ispira ad alcuni fatti avvenuti all’interno dell’ospedale psichiatrico di Pennhurst, in Pennsylvania, all’interno del quale esisteva una stanza dai muri colorati e le sbarre alle finestre che i pazienti descrivevano come un inferno in terra e dove adulti e bambini con gravi problemi mentali sono stati nascosti all’opinione pubblica per decenni. ‘Candyland’ era appunto il nome di quella stanza.
Sentimenti ossessivi e di estremo disagio si intrecciano alle atmosfere magnetiche del disco, un disco dal sound violento e sensuale allo stesso tempo, come da tradizione per la band.

‘Candyland’ include la presenza in veste di ospite speciale di Fernando Ribeiro dei Moonspell.

Prologue Of A New Generation – Mindtrip

Buona la prima per i Prologue Of A New Generation, in virtù di una prova di sicuro spessore dal punto di vista tecnico ed esecutivo.

Nei confronti di quello che si può definire, a grandi linee, prog/djent/core è necessario un approccio privo di condizionamenti o pregiudizi di sorta, come possono essere sia quello di considerare degni esponenti del genere solo pochi e selezionati gruppi stranieri, sia il ritenere il tutto una sterile e spesso cervellotica esibizione di tecnicismo fine a sé stesso.

Quindi faccio subito outing: partendo dai più estremi Meshuggah per arrivare ai più morbidi TesseracT, e comprendendo tutto quanto sta nel mezzo, simili sonorità non sono mai state nelle mie corde, spesso ritenendole per lo più un qualcosa di cui fruire in maniera omeopatica, pena l’insorgere di un potentissimo mal di testa a partire dal decimo minuto di martellamenti ritmici e dissonanti.
In prima battuta tale effetto è stato garantito anche da questo album d’esordio dei trentini Prologue Of A New Generation, testimoni ineccepibili di gran parte degli stilemi sonori che hanno fatto la fortuna di band come Periphery, Northlane e Monuments, citate nelle note di presentazione a cura della dinamica label Antigony.
Devo ammettere, però, che i ripetuti accolti, come spesso avviene finiscono per rendere un minimo di giustizia anche nei confronti di chi non aveva affatto convinto al primo impatto: i Prologue Of A New Generation non reinventano nulla di particolare, in un genere nel quale non ci sono neppure così tanti margini di sviluppo, ma la loro bravura si manifesta nella capacità di rendere meno scontati gli schemi compositivi, specialmente nei brani in cui sono i chorus melodici a fare la differenza, come avviene nelle ottime Introspective, Shive, Neverbloom e, sourattutto The Perfection Exists, dove il break che giunge poco prima dei due minuti è, in assoluto, uno dei passaggi più significativi dell’album. A favore del quintetto trentino va detto anche come lo schema che prevede l’apertura melodica inframmezzare le sfuriate più robuste non è poi neppure così scontata, aggiungendovi che il buon Mirko Antoniazzi si sgola senza risparmiarsi, ricordandosi di utilizzare, oltre ad un’appropriata voce pulita, anche un buon growl in alternativa alle urla di matrice core, mentre i suoi compagni ci danno dentro davvero come se non ci fosse un domani, assecondando tutte le aspettative di chi ha familiarità con il genere.
Probabilmente anche la durata ragionevole (circa mezz’ora) fa sì che una bella tranvata come Mindtrip possa venire accolta con misurato favore pure da chi abitualmente si nutre di ben altre sonorità, e questo non è assolutamente un risultato di poco conto; buona la prima, quindi, per i Prologue Of A New Generation, in virtù di una prova di sicuro spessore dal punto di vista tecnico ed esecutivo.

Tracklist:
1.Roots And Bones
2.Black Hands
3.Introspective
4.Mindtrip
5.Karmic Law
6.The Perfection Exists
7.Neverbloom
8.Shiva
9.Skyburial/Jhator

Line-up:
Mirko Antoniazzi (Voce)
Cris Merz (Chitarra)
Nico Tommasi (Chitarra)
Dionis Platon (Basso)
Filippo Tonini (Batteria)

PROLOGUE OF A NEW GENERATION – Facebook

Wo Fat – Midnight Cometh

La potenza sprigionata dagli strumenti rimane inalterata per tutto il tempo che il meteorite impiega per arrivare alla fatale esplosione sulla Terra, anche quando l’atmosfera si colora di nero ed escono dallo spartito sfumature dark/blues davvero suggestive.

Arrivano su MetalEyes gli inossidabili Wo Fat, trio stoner/psych/doom statunitense attivo da più di una decina d’anni e con una nutrita discografia alle spalle che conta, oltre ad una manciata di lavori minori, cinque full length che precedono l’ultimo pezzo di granito intitolato Midnight Cometh.

Licenziato dalla Ripple Music, l’album vede la band texana alle prese con un sound diretto e dall’impatto di un meteorite in caduta sul pianeta, una lenta ed inesorabile discesa senza freni, aspettando il devastante impatto al suolo e la conseguente devastazione.
Kent Stump e compagni ci investono con sei jam dove il doom/stonerizzato incontra acide divagazioni psichedeliche e blues portato all’estremo, in un vortice di musica pesantissima e dagli effetti collaterali pari ad un’overdose di funghi dalla natura ambigua.
Ma il bello del sound degli Wo Fat sta nel non perdere mai un grammo in impatto, con la potenza sprigionata dagli strumenti che rimane inalterata per tutto il tempo che il meteorite impiega per arrivare alla fatale esplosione sulla Terra, anche quando l’atmosfera si colora di nero ed escono dallo spartito sfumature dark/blues davvero suggestive (Of Smoke And Fog).
Midnight Cometh è straordinario nel saper entrare nella testa dell’ascoltatore al primo colpo, frutto di un songwriting di altissimo livello che porta il trio di Dallas a giocarsi le sue carte con i gruppi più importanti del genere.
In There’s Somethin Sinister in the Wind troviamo dieci minuti di hard rock/stoner doom eccellenti, che entrano aggressivi dentro la nostra testa come un flash, mentre la già citata Of Smoke And Fog e la conclusiva debordante e mastodontica Nightcomer mettono al muro le nostre ultime ed ormai inutili resistenze.

TRACKLIST
01. There’s Somethin Sinister in the Wind
02. Riffborn
03. Of Smoke and Fog
04. Le Dilemme de Detenu
05. Three Minutes to Midnight
06. Nightcomer

LINE-UP
Michael Walter – Drums
Kent Stump – Guitars, Vocals
Zack Busby – Bass

WO FAT – Facebook

Suicide Forest – Descend Into Despair

Come da ragione sociale e titolo dell’album, la materia qui trattata è un depressive black dal buon impatto melodico ed atmosferico e contaminato da una altrettanto gradita componente ambient.

Suicide Forest è il progetto solista dello statunitense A. Kruger, che con Descend Into Despair giunge alla sua prima prova su lunga distanza, di fatto costituita, però, dall’unione edita in cassetta dalla Folkvangr di due precedenti ep.

Come da ragione sociale e titolo dell’album, la materia qui trattata è un depressive black dal buon impatto melodico ed atmosferico e contaminato da una altrettanto gradita componente ambient.
Niente di nuovo all’ombra delle cripte, quindi, ma sicuramente un’interpretazione della materia credibile ed efficace, caratterizzata dalla consueta produzione lo-fi ma che comunque mantiene le urla disperate di Kruger al di sopra della linea di galleggiamento, mentre gli strumenti sottolineano impietosi il dolore e l’impotenza di una vita sulla via del definitivo disfacimento.
Proprio il buon gusto melodico rende quest’album sicuramente meritevole di attenzione, e tutto sommato la prova vocale neppure troppo esasperata (a parte qualche ululato sparso qua e là) favorisce l’assimilazione di un’opera che, essenzialmente, consta di tre lunghi brani, The Embrace of Solitude, This Silence (picco dell’opera con le sue atmosfere più drammatiche punteggiate anche dal pianoforte) e Woods of Indifference, attorniati da altri cinque più brevi episodi di ambient atmosferica.
Suicide Forest si rivela così un altro nome da mettere in evidenza da parte di chi ama queste sonorità, in virtù di buone doti di scrittura ed un approccio neppure troppo soffocante; peraltro va detto che Kruger, a differenza di gran parte dei suoi corrispettivi, non si sottrae alle esibizioni dal vivo costituendo all’uopo una vera e propria band, e questa è senz’altro un’ulteriore nota di merito anche se, ovviamente, ne potranno godere solo gli appassionati d’oltreoceano.

Tracklist:
1. A Declaration of Misanthropy
2. The Embrace of Solitude
3. This Silence
4. A Sobering Reflection
5. Not for a lack of trying…
6. Woods of Indifference
7. The Pain of Existence
8. Sea of Glass

Line-up:
A. Kruger: All Instruments, vocals, lyrics, mixing and mastering

SUICIDE FOREST – Facebook

Gentle Knife – Clock Unwound

Undici musicisti impegnati in quasi un’ora di sublime musica che spazia a 360° nella musica contemporanea, creando uno splendido esempio di musica progressiva.

Nei paesi scandinavi si suonano metal e rock in tutte le loro forme, dal rock ‘n’ roll al metal estremo, con tradizioni ormai consolidate non solo nel death e nel black metal, ma anche nell’hard & heavy e nel progressive, generi che hanno sempre trovato terreno fertile in quelle terre.

Seguendo la tradizione del progressive classico, i norvegesi Gentle Knife tornano con un nuovo album dopo gli ottimi riscontri ottenuti dal loro primo ed omonimo lavoro uscito un paio d’anni fa.
Il gruppo, che ad oggi vede impegnati undici musicisti, una vera e propria orchestra rock, torna dunque con un’altra bellissima opera progressiva, prendendo spunto ed ispirazione dalla tradizione settantiana, ma tenendo più di un piede in questi primi anni del nuovo millennio.
Una musica cangiante, pregna di atmosfere soffuse, elegantemente rock come hanno insegnato i gruppi storici, ma che non disdegna sfumature moderne, intimiste e malinconiche tipiche dei migliori interpreti odierni.
Le note sprigionate dai Gentle Knife sono come l’acqua di un torrente nel mezzo della foresta norvegese, limpida e fluida nel suo scorrere tra le rocce, giocando con l’angusto letto come gli strumenti con lo spartito, a tratti spumeggianti ed elettrici, in altri melliflui e raffinati.
Poesia in musica come nelle migliori proposte del genere, l’album accoglie ed abbraccia una marea di idee e generi, passando dal progressive rock  ad attimi in cui le jam portano il gruppo su territori jazz e fusion, ad altri dove le trame intimiste creano un alone malinconico attorno al sound creato per Clock Unwonud.
Difficile trovare un brano che non abbia spunti fuori dal comune, anche se le mie preferite sono l’eccellente ed ariosa Smother e la crimsoniana Resignation, sunto del credo musicale dei Gentle Knife.
Undici musicisti impegnati in quasi un’ora di sublime musica che spazia a 360° nella musica contemporanea, creando uno splendido esempio di musica progressiva: quando il genere raggiunge certi livelli, rimane il punto più alto di un certo modo di intendere il rock.

Tracklist
1.Prelude: Incipit
2.Clock Unwound
3.Fade Away
4.Smother
5.Plans Askew
6.Resignation

Line-up
Astraea Antal – flutes, woodwinds and visuals
Pål Bjørseth – keyboards, vocals, trumpet
Odd Grønvold – basses
Thomas Hylland Eriksen – sax and woodwinds
Veronika Hørven Jensen – vocals
Håkon Kavli – vocals, guitars
Eivind Lorentzen – guitars and synths
Charlotte Valstad Nielsen – sax
Ove Christian Owe – guitars
Ole Martin Svendsen – drums, percussion
Brian M. Talgo – samples, words, vocals, visions and artwork

GENTLE KNIFE – Facebook