Ingurgitating Oblivion – Vision Wallows in Symphonies of Light

Terzo lavoro su lunga distanza per questa band tedesca che innesta su una solida base di brutal death estremamente tecnico dissonanze sperimentali che spingono il sound su territori vicini al free jazz.

Terzo lavoro su lunga distanza per questa band tedesca che innesta su una solida base di brutal death estremamente tecnico dissonanze sperimentali che spingono il sound su territori vicini al free jazz.

Indubbiamente, da questo quadro iniziale non ci si può che attendere un album complesso, dall’ascolto tutt’altro che semplice anche per chi ha familiarità con band tipo Gorguts o Suffocation, e il buon Florian Engelke, fondatore del gruppo agli albori del secolo, non fa nulla per agevolare il tutto, strutturando Vision Wallows in Symphonies of Light su quattro brani per un totale di circa cinquanta minuti, con il secondo delirante A Mote Constitutes What to Me Is Not All, and Eternally All, Is Nothing che da solo supera addirittura i venti.
Ovviamente parliamo di musica offerta a chi ha orecchie ed apertura mentale per intendere, ma questo non significa affatto che bisogna puntare il dito versi chi non dovesse trovarsi in sintonia con l’operato degli Ingurgitating Oblivion: non e affatto banale assorbire le trame contorte e sature dei berlinesi quando sfogano le proprie pulsioni estreme, così come non lo è quando divengono trame liquide condotte da xilofoni o fughe pianistiche riconducibili al jazz più sperimentale.
Tale aspetto inevitabilmente costituisce un carattere di preponderante peculiarità, finendo per spostare l’asticella della difficoltà di fruizione molto più in alto, aprendo però un fronte interessante per chi, magari, ha sempre ritenuto il death una forma musicale appannaggio di bruti privi di tecnica e talento.
Detto della prima traccia, che non deroga più di tanto dalla ferocia espositiva del metal estremo, e della già citata monumentale seconda, che si pone come ideale spartiacque tra chi continuerà ad ascoltare con interesse il lavoro e chi invece deporrà anzitempo le armi, appare senz’altro più indicato a scopo esemplificativo l’ascolto della title track proprio perché, in alcuni frangenti, le due anime vanno ancor più ad intrecciarsi dando vita ad un ibrido a tratti irresistibile.
Ottima anche A Devourer of Flitting Shades Who Dwells in Rays of Light, dallo sviluppo pressoché invertito rispetto alle altre tracce, dato che le eleganti evoluzioni strumentali occupano la parte iniziale del brano fin quasi al suo epilogo, prima di riconsegnarsi alla furia del death che va a porre, in maniera coerentemente brutale, la pietra tombale sull’opera.
Vision Wallows in Symphonies of Light è un lavoro di grande spessore tecnico e compositivo che non può e non deve finire nel calderone dei dischi in cui la sperimentazione assume una stucchevole preponderanza, e immagino che, oltre agli estimatori delle band già citate nelle prime righe, anche chi ha i Nile tra i propri gruppi di riferimento possa trovare la giusta soddisfazione nell’ascolto.

Tracklist:
1. Amid the Offal, Abide with Me
2. A Mote Constitutes What to Me Is Not All, and Eternally All, Is Nothing
3. Vision Wallows in Symphonies of Light
4. A Devourer of Flitting Shades Who Dwells in Rays of Light

Line up:
Florian Engelke – Guitars, Vocals
Adrian Bojarowski – Bass, Vocals, Synths
Paul Wielan – Drums

INGURGITATING OBLIVION – Facebook

Astarium – Epoch Of Tyrants

Circa 25 uscite nell’arco di una decina d’anni costituiscono un fatturato che ormai non sorprende neppure più di tanto, specialmente quando ne è autore un singolo musicista che può dare sfogo alle proprie pulsioni compositive senza doversi confrontare con altre teste pensanti.

E’ questo il caso del siberiano SiN , l’iperattivo titolare del progetto Astarium, che con questo Epoch Of Tyrants si rende autore di un buon black metal atmosferico e dalle tematiche guerresche, ricco di spunti interessanti ma non privo neppure di difetti.
In qualche modo questi due aspetti tendono ad annullarsi rendendo così il lavoro gradevole ma non imprescindibile: se, infatti, diverse intuizioni melodiche ed un buon gusto per gli arrangiamenti si palesano con frequenza nel corso dell’ep, non si può fare a meno di notare che un uso della voce approssimativo ed un suono di tastiera in certi tratti troppo plastificato finiscano per affossare, a tratti, quanto di buono viene messo in campo da SiN.
Un peccato, visto che il musicista di Novosibirsk affronta la materia con buona padronanza, svariando tra sfumature atmosferiche, sinfoniche e folk, anche se il tutto appare a volte assemblato in maniera forzata; Epoch Of Tyrants rimane comunque un lavoro ben al di sopra della sufficienza, alla luce anche di episodi di notevole spessore come l’epico strumentale Of Valour and Sword e la successiva e drammatica Bloodshed Must Goes On!
Continuo a pensare che, ad eccezione di rarissimi casi, gli stakanovisti delle sette note siano personaggi degni della massima stima, perché dalla lor iperproduttività non può che trasparire una passione smisurata per la musica, ma nel contempo appare inevitabile una dispersione energie che, meglio canalizzate, potrebbero fornire risultati ben superiori, sia dal punto di vista della cura dei particolari sia dello stesso songwriting.
Ovviamente, nel tempo di ricevere dalla lontana Siberia la copia di Epoch Of Tyrants, ascoltarlo e scrivere due righe di commento, il buon SiN non è certo rimasto con le mani in mano, sicché sono già da un po’ in circolazione uno split album con i Burnt e gli Scolopendra Cingulata ed un nuovo full length, Drum-Ghoul, dei quali si parlerà prossimamente.
In attesa di scoprire cosa né è scaturito, dare un ascolto a questo Ep non è affatto tempo sprecato, fermo restando che di margini per fare ancora meglio ce ne sono molti.

Tracklist:
1. Bloody Surf
2. SS (Satanic Squadron)
3. Passion of War
4. Bone Crushers
5. Of Valour and Sword
6. Bloodshed Must Goes On!
7. In Twilight of the Gods
8. Heroic Saga

Line up:
SiN – All instruments, Vocals

ASTARIUM – Facebook

High Spirits – Escape!

Il progetto High Spirits nasce per tributare l’hard rock classico, quindi UFO e Thin Lizzy sono ancora le maggiori fonti di ispirazione di Black che ci regala un piccolo gioiellino, in attesa del ritorno sulla lunga distanza.

Torna Chris Black, musicista americano impegnato in molti progetti tra cui Pharaoh e Nachtmystium, con il gruppo attraverso il quale dà sfogo alla sua anima rock, gli High Spirits.

Fino al precedente Motivator il gruppo era di fatto in mano al solo Black, il quale suonava tutti gli strumenti, ora invece è stato raggiunto da altri quattro musicisti (Scott, Mike, Bob, Ian) per quella che sembrerebbe una rock band a tutti gli effetti.
Escape! è il secondo mini cd uscito quest’anno e segue Night Rock, risalente a qualche mese fa.  tornando a far parlare di questa ottima rock band di Chicago, dedita all’hard rock tradizionale, influenzato dall’ala britannica negli anni a cavallo tra il decennio settantiano e quello successivo.
Il gruppo si disimpegna al meglio sulle ali di una title track che parte veloce, serrata e senza freni, mentre è già ora del chorus da cantare sotto al palco, a muso duro rivendicando l’appartenenza alla grande famiglia del rock.
Melodie e watt, con un hard rock che si fregia di un ottimo lavoro chitarristico nella superba Stagefright, mentre in poco più di due minuti Fells Like Rock And Roll ci scaraventa al muro con una forza dirompente presa in prestito da Motorhead ed UFO.
Le influenze rimangono classiche, d’altronde il progetto nasce per tributare l’hard rock classico, quindi UFO e Thin Lizzy sono ancora le maggiori fonti di ispirazione di Black (Lonely Nights, ultimo ruggito per questo lavoro) che ci regala un piccolo gioiellino in attesa del ritorno sulla lunga distanza.

Tracklist
1.Escape!
2.Stagefright
3.Fells Like Rock And Roll
4.Lonely Nights

Line-up
Chris
Scott
Mike
Bob
Ian

HIGH SPIRITS – Facebook

The Minerva Conduct – The Minerva Conduct

The Minerva Conduct non ha bisogno di parole, esprime emozioni in musica dalla prima all’ultima nota, inerpicandosi su spartiti di vorticosa musica metallica dalle mille sfumature e colori.

L’ultima frontiera per la musica hard & heavy si chiama India non ci sono dubbi.

Molti di voi storceranno ancora il naso leggendo questa mia affermazione, ma l’elevata qualità dei gruppi in tutti i vari generi ed l’ottimo lavoro di label come la Transcending Obscurity non fanno che confermare questo trend, che nell’underground è già avviato da qualche anno e, anche per questo, abbiamo sempre sempre dato molto spazio ai suoni provenienti dai paesi asiatici, cercando nel nostro piccolo di far conoscere più band possibili ai nostri lettori.
Demonic Resurrection, Albatross, Reptilian Death, Gutslit, Animals As leaders, Entheos: unite queste straordinarie band ed avrete i The Minerva Conduct, quartetto di Mumbai formato da membri dei gruppi citati, che non contenti della musica di alto livello proposta hanno creato questo splendido lavoro interamente strumentale, suggestivo ed emozionante, pur rimanendo nei canoni di un metal progressivo dove si sente ancora forte la componente estrema, come estremo è la realtà in cui si vive nel loro lontano paese.
Vita difficile, arte che esplode in tutta la sua drammatica bellezza, The Minerva Conduct non ha bisogno di parole, esprime emozioni in musica dalla prima all’ultima nota, inerpicandosi su spartiti di vorticosa musica metallica dalle mille sfumature e colori.
Quasi cinquanta minuti non sono pochi per un’opera del genere, eppure la musica forma un collante tra sé  e l’ascoltatore a cui si riesce a staccarsi solo alla fine, mentre l’opener Vile ci da il benvenuto nel mondo dei The Minerva Conduct.
Prateek Rajagopal , Nishith Hegde, Ashwin Shriyan e Navene Koperweis oltre ad essere maestri del proprio strumento, sanno come regalare emozioni, il loro caldo abbraccio progressivo viaggia sui binari estremi, ma non solo, toccando vette altissime con Metatonia, Appetence e la devastante Unearth.
Difficile fare paragoni, bisogna sedersi ed ascoltare quanta straordinaria bellezza esce dalle note di questo lavoro, da esibire come risposta a chi ancora sostiene che progmetal sia sinonimo di fredda tecnica.

Tracklist
1.Vile
2.Desertion
3.Metanoia
4.Trip Seq
5.Appetence
6.Exultant
7.Unearth
8.Grand Arcane

Line-up
Prateek Rajagopal – Guitars, Composer
Nishith Hegde – Lead Guitar
Ashwin Shriyan – Bass
Navene Koperweis – Drums

THE MINERVA CONDUCT – Facebook

KADAVAR

Il primo singolo e video tratto da “Rough Times”, in uscita a fine settembre (Nuclear Blast).

I rocker berlinesi KADAVAR hanno pubblicato il primo singolo tratto dall’attesissimo album in studio “Rough Times”.

Il vinile 7” di ‘Die Baby Die’ contenente la cover dei BEATLES ‘Helter Skelter’ è disponibile in diverse versioni:
• Yellow Vinyl: http://nblast.de/DieBabyDieLPYellow
• Clear Vinyl: http://nblast.de/DieBabyDieLPClear
• Bi-Coloured Vinyl: http://nblast.de/DieBabyDieLPBiColor
• Black Vinyl: http://nblast.de/DieBabyDieLPBlack
• iTunes, AmazonMP3, GooglePlay, Nuclear Blast FLAC: http://nblast.de/DieBabyDieDownload
• Spotify Playlist: http://nblast.de/SpotifyNovelties

I pre-ordini di “Rough Times” e del nuovo merchandise sono attivi qui: http://nblast.de/KadavarTimes

Il cantante e chitarrista Lupus dichiara: “Ho sempre voluto fare un video nello stile delle vecchie VHS. Ho esposto la mia idea a Milan della band ROTOR e l’abbiamo girato in un solo giorno al Felsenkeller di Lipsia. Come potete vedere, ci siamo divertiti moltissimo e credo che si adatti alla canzone molto bene”.

“Rough Times” verrà pubblicato il 29 settembre su Nuclear Blast.

www.kadavar.com
www.facebook.com/kadavarofficial
www.nuclearblast.de/kadavar