In Human Form – Opening of the Eye by the Death of the I

Quella degli In Human Form è un’espressione musicale oggettivamente elevata quanto ambiziosa, ma rivolta inevitabilmente ad un’audience molto ristretta, che corrisponde appunto a chi apprezza in toto tutto quanto sia sperimentale ed avanguardista.

Gli americani In Human Form appartengono a quella categoria di band che, indubbiamente, non hanno tra le loro priorità quella di suonare musica accattivante allo scopo di ricevere consensi immediati.

Il progressive black offerto dal gruppo del Massachusetts è quanto di più ostico e dissonante sia possibile immaginare e non stupisce più di tanto, quindi, il fatto che sia finito nell’orbita di un’etichetta come la I,Voidhanger.
Patrick Dupras, con il suo screaming aspro, strepita le proprie liriche su un’impalcatura musicale nella quale solo apparentemente ogni strumento sembra andare per proprio conto ma, in realtà, appare evidente che cosi non è, anche se in più di un passaggio sembra di cogliere le stimmate di un’improvvisazione che tale resta a livello di fruibilità, per quanto evoluta.
La stessa struttura dell’album, con tre tracce della durata media attorno al quarto d’ora, inframmezzate da altrettanti brevi iintermezzi strumentali, conferma, semmai ce ne fosse stato bisogno, la volontà di lasciar fluire senza alcun limite un’ispirazione obliqua che, oggettivamente, se respinge al mittente ogni tentativo di approccio benevolo all’opera, pare aprirsi leggermente non dico ad una forma canzone, che resta un idea lontana anni luce dall’immaginario degli In Human Form, almeno a passaggi che vengono resi meno criptici da lampi melodici.
Sia Zenith Thesis, Abbadon Hypothesis che Through an Obstructionist’s Eye, infatti, sono ampie dimostrazioni di quanto i nostri abbiano la capacità di rendere meno ostica la loro proposta in ogni frangente, ma facendolo perfidamente in maniera ben più che sporadica: nel primo troviamo passaggi meditati assieme a sfuriate di stampo black più canoniche, ma è chiaro che, comunque, il sound resta inquieto e cangiante anche se in questo frangente sembra aprirsi più di un varco nelle spesse recinzioni sonore erette dalla band, mentre nel secondo, posto in chiusura dell’album, trova posto persino un bell’assolo di chitarra, strumento che nell’arco del lavoro viene offerto con un’impronta per lo più jazzistica.
Per quanto mi riguarda, nel lavoro ho riscontrato in eguale misura passaggi davvero eccellenti assieme altri eccessivamente cervellotici e, contrariamente a quanto affermo solitamente, qui la voce appare sovente un elemento di disturbo piuttosto che un completamento del lavoro strumentale.
Quella degli In Human Form è un’espressione musicale oggettivamente elevata quanto ambiziosa, ma rivolta inevitabilmente ad un’audience molto ristretta, che corrisponde appunto a chi apprezza in toto tutto quanto sia sperimentale ed avanguardista, caratteristiche che certo non fanno difetto a Opening of the Eye by the Death of the I.

Tracklist:
1. Le Délire des Négations
2. All is Occulted by Swathes of Ego
3. Apollyon Synopsis
4. Zenith Thesis, Abbadon Hypothesis
5. Ghosts Alike
6. Through an Obstructionist’s Eye

Line up:
Nicholas Clark – Guitars, bass guitar, alto saxophone, keyes, backup vocals
Rich Dixon – Drums, percussion, guitars
Patrick Dupras – Vocals, lyrics

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Hitwood – Detriti

Il viaggio di Hitwood continua e ad ogni passo la sua musica si trasforma, completandosi senza perdere la sua personale visione di un metal moderno che si fa estremo, pur lasciando alle melodie la loro fondamentale importanza.

A distanza di un mese circa , torniamo a parlarvi di una nuova uscita targata Hitwood, la creatura musicale creata dalla mente del polistrumentista Antonio Boccellari.

Archiviato il primo full length When Youngness … Fly Away … uscito lo scorso anno ed il precedente ep di cui ci siamo occupati (As A Season Bloom), Hitwood torna a descrivere in musica i suoi sogni che prima di Detriti erano lasciati alla sola musica.
Questa volta l’influenza melodic death di estrazione scandinava è ancora più marcata rispetto ai suoi predecessori, soprattutto per l’ausilio delle voci che sono le protagoniste della musica creata per l’occasione dal bravissimo musicista lombardo.
Dietro al microfono troviamo dunque due ottimi singer. Carlos Timaure al growl ed Eveline Schmidiger, protagonista con growl e clean vocals.
Inutile negare che, con l’inserimento delle voci la musica di Hitwood lascia il mondo della musica strumentale, bellissima ma molto limitata nelle preferenze degli ascoltatori, per raggiungere sicuramente un’audience più ampia.
Rimane un death metal melodico sui generis quello di Boccellari, sempre molto intimista ed atmosferico, ma indubbiamente più completo ed estremo ora che il growl fa il bello e cattivo tempo sulla maggioranza dei brani.
A parte l’intro As Far As I Can Remember e lo strumentale More Winters To Face…, vicino al precedente lavoro come atmosfere e sound, i brani di Detriti risultano sempre molto melodici ma anche più diretti, come la splendida My Path To Nowhere, canzone che ci riporta in pieni anni novanta ed ai lavori di In Flames (padrini del sound Hitwood), Dark Tranquillity ed ai paladini del suono melodico nel metal estremo.
Years Of Sadness conferma l’ottima scelta di Boccellari, dall’alto di un brano robusto valorizzato da un tappeto di cori, che enfatizza la componente sognante del concept degli Hitwood, mentre Chromatic lascia campo al lato più estremo del sound e Venus Of My Dreams ci porta alla fine di questo ottimo lavoro, lasciandoci con le trame epico melodiche classiche dei gruppi provenienti dal profondo nord.
Il viaggio di Hitwood continua e ad ogni passo la sua musica si trasforma, completandosi senza perdere la sua personale visione di un metal moderno che si fa estremo, pur lasciando alle melodie la loro fondamentale importanza.

Tracklist
1.As Far As I Can Remember
2.My Path To Nowhere
3.Years Of Sadness
4.More Winters To Face…
5.Chromatic
6.Venus Of My Dreams

Line-up
Antonio Boccellari – guitars, bass, drums

Guest :
Carlos Timaure – growl vocals
Eveline Schmidiger – growl/clean vocals

HITWOOD – Facebook

MASTRIBES

I Mastribes rilasciano il loro nuovo singolo dal titolo “Body Talk”.

Dopo mesi di assenza, cambio line up e tanta stressante attesa, i Mastribes rilasciano finalmente il loro nuovo singolo dal titolo “Body Talk”; brano che lo scorso lunedì, oltre ad essere distribuito su tutte le piattaforme digitali, è stato messo in anteprima perfino su Youporn, una delle case pornografiche più famose al mondo.
Se avete dunque apprezzato alcune chicche del loro primo album, come la ormai famosa “Shake Boom Tequila” o “She’s Got The Look”, tenetevi forte perché la nuova perla di casa Mastribes sarà il vostro avversario più difficile!
“Siamo entrati in studio con una demo malconcia e tante idee per la testa, ma nonostante tutto c’era tantissima adrenalina nell’aria.
Eravamo tutti consapevoli del fatto che provenivamo da background musicali diversi… chi dall’Hardcore, chi dal Southern e chi dallo Sleaze o Glam Rock, quindi fondere le nostre attitudini stilistiche, anche se per chiunque sarebbe stato impensabile, ha giovato molto alla canzone.” spiega il frontman Michael Flame.

“Il brano era in cantiere da quasi due anni e non vi nascondo che ha subito una marea di modifiche, oltre a quelle che poi avremmo definitivamente apportato in studio.
Pensate che nella demo originale, prima dell’assolo, c’erano addirittura una ventina di secondi dedicati ad un cantato rap, cosa che poi abbiamo bocciato per non far allungare di troppo il pezzo. Probabilmente è stata una buona scelta o forse no…
Oggi il pubblico “rock” è molto strano e spesso categorizza obbligatoriamente delle band in un determinato genere musicale, imponendo di conseguenza alle stesse band di servire la solita minestra ai propri fans per poter vendere.
Credo che tutto ciò sia frutto di una tremenda chiusura mentale e di un incapacità di stare al passo con i tempi, ma logicamente è solo un mio parere.
Con i Mastribes ormai ho deciso di non impormi nessun tipo di limite e non mi importa del giudizio altrui.
Adoro il Rock e suoi derivati, ma il mondo musicale è così variopinto che sarebbe un vero peccato costringersi a girare sempre intorno ad un unico genere”

Alla chitarra inoltre troviamo “Max Power”, che, per chi non lo conoscesse, è uno dei cinque membri dei Red Riot; anche loro band della scena napoletana, con all’attivo un EP “Fight” e una marea di concerti condivisi con band di spessore e con gli stessi Mastribes.

“Non ho mai avuto dubbi su chi scegliere in caso di future collaborazioni, i Red Riot sono dei ragazzi che ho sempre stimato, rispettato e seguito fin dalle prime volte che condividemmo il palco insieme.
Tra l’altro ne abbiamo passate talmente tante che credo non si possa neanche più parlare di un semplice rapporto tra band.
Ogni passo o traguardo positivo di uno è motivo di gioia per l’altro, poiché ormai è una montagna che abbiamo deciso di scalare insieme e siamo tremendamente determinati a raggiungerne la vetta.”

Aspettiamoci dunque di tutto da questo nuovo singolo e auguriamo il meglio per i nostri Mastribes che a quanto pare hanno ancora tante sorprese in serbo per noi.

Amazon: https://www.amazon.it/Body-Talk-Explicit/dp/B074DBB8FR/ref=sr_1_1?s=music&ie=UTF8&qid=1502719071&sr=8-1&keywords=body+talk+mastribes

I Mastribes nascono nel novembre del 2014 dall’incontro di quattro musicisti, provenienti da Napoli e provincia: Michael Flame (voce), Cristian Iorio (chitarra), Cosimo Castorini (basso) e Umberto Viro (batteria). La band si dedica dai primi istanti alla composizione di inediti, lasciandosi influenzare dal rock in ogni sua forma e, parallelamente all’intensa attività live, pubblica il 12 ottobre 2015 il primo singolo “Shake Boom Tequila”, accompagnato da un EP contenente altri due brani “Pussy Crusher” e “Everything”.
Dalla sua nascita la band ha avuto modo di calcare diversi palchi, partecipando a rassegne come il Rocka in Musica e il Volcano Rock Fest, avendo l’onore di suonare con gruppi e artisti del calibro dei DGM, Teodasia e Pino Scotto.
Nei mesi successivi all’uscita del primo EP, la band continua il lavoro in studio ultimando i brani che compongono il primo full lenght. Il 22 luglio 2016 viene pubblicato il secondo singolo “She’s Got The Look”, mentre il 12 ottobre 2016 viene rilasciato il singolo “Rock N’ Roll”. Il primo album della band viene pubblicato per Volcano Records il 21 ottobre 2016 e si intitola “Blast”.

Dopo un tour devastante, che li ha portati a calcare palchi in compagnia di artisti come Warrior Soul e Marco Mendoza, nell’aprile 2017 tre quarti della band molla ed avviene l’immediato cambio line up con consecutivo distacco dalla Volcano.
L’attuale formazione consiste in Francesco Sacco (basso), Vincenzo Mussolino (chitarra), Enrico Esposito (batteria) e Michael Flame (voce ed ultimo membro della formazione originale).
Il tutto porta al rilascio, in data 31 Luglio 2017, di un nuovo singolo “Body Talk”, il quale viene prima messo in anteprima, accompagnato da un lyric video, su YouPorn per poi essere distribuito su tutti i digital stores e Youtube.

Execration – Return to the Void

Un riuscito blend tra innovazione e tradizione in ambito Death da parte di una band con capacità non comuni.

Quarto full length per quest’ottimo quartetto norvegese attivo dal 2007 con il demo “Language of the dead”: ora, dopo aver portato a compimento pieno il loro stile, gli Execration escono per la prima volta con la Metal Blade.

Il suono, attraverso una lenta evoluzione in tre album usciti con cadenza triennale, è pienamente death nella forma ma con strutture particolarmente elaborate, lavorate su un suono di chitarra che inserisce dissonanze e crea atmosfere molto particolari; niente di ostico e sperimentale, ma un’opera di qualità dove il mix tra tradizione e innovazione crea brani dall’andamento sempre stimolante ed imprevedibile.
Il songwriting è di alto livello, i brani sono trascinanti ergendo un muro sonoro che ha la capacità di variare grazie all’incessante incrociarsi delle due chitarre; fino dall’opener Eternal Recurrence l’energia non manca, il growl intenso e intellegibile da quel “quid” in più che cerca di differenziare con coraggio il suono di questi artisti, le strutture elaborate sono ben studiate (Hammers of Vulcan) e i due chitarristi si lanciano in digressioni che mantengono sempre alto il livello di attenzione, senza annoiare mai, lambendo territori trash senza mai creare tecnicismi fini a sé stessi. Non ci sono filler e anche i due brevi intermezzi (Blood Moon Eclipse e Through the Oculus) sono piacevoli e fanno tirare il fiato prima dei successivi massacri; le atmosfere sinistre e dissonanti di Cephalic Transmissions danno un ulteriore tocco di imprevedibilità e personalità ai norvegesi.
La splendida title track suggella un disco pienamente riuscito e come al solito sta a noi, con ripetuti ascolti, dargli la giusta attenzione sperando di poter ascoltare live nelle nostre terre gli Execration.

Tracklist
1. Eternal Recurrence
2. Hammers of Vulcan 3. Nekrocosm
4. Cephalic Transmissions
5. Blood Moon Eclipse
6. Unicursal Horrorscope
7. Through the Oculus
8. Return to the Void
9. Det uransakelige dyp

Line-up
Cato Syversrud Drums
Jørgen Maristuen Guitars, Vocals
Chris Johansen Guitars, Vocals
Jonas Helgemo Bass

EXECRATION – Facebook

Alpha Tiger – Alpha Tiger

Un album che alla lunga non riesce a decollare, facendo perdere un po’ d’attenzione all’ascoltatore, in affanno verso il traguardo dell’ultimo brano: da un gruppo al terzo album per una label così importante ci si aspetta sicuramente di più.

Nuovo album e nuovo cantante (Benjamin Jaino al posto di Stephan Dietrich) per i giovani metallers tedeschi Alpha Tiger, gruppo su cui punta non poco la Steamhammer/SPV.

Il sound proposto dal quintetto si allontana non poco dal classico heavy/power dei gruppi connazionali per un approccio più classico e old school.
Heavy metal quindi, potenziato ma non distante dai gruppi ottantiani, con un uso invece settantiano dei tasti d’avorio, chitarre che si rincorrono in solos taglienti ed una sezione ritmica presente ma non invadente, puntuale ma che rimane stabilmente su tempi medi.
Manca il classico brano che alza le antenne all’ascoltatore e Alpha Tiger come i suoi predecessori (Man Or Machine del 2011 e Beneath The Surface uscito nel 2013) risulta un buon lavoro, pur non avendo quei due o tre brani che fanno la differenza ed alzano l’adrenalina, rimanendo livellato su una qualità sufficiente per non sfigurare nell’immenso mondo dell’heavy metal ma nulla più.
L’album parte bene, Comatose e Feather In The Wind rompono gli indugi e ci introducono nel cuore del lavoro, che perde qualche colpo con il passare dei minuti, per tornare a far male con l’ottimo hard & heavy di Vice e soprattutto con Welcome To The Devil’s Town.
Il nuovo singer si conferma come un buon acquisto per il gruppo, mentre si continua a salire e scendere tra tracce più riuscite ad altre che prendono la strada della monotonia.
E questo è il difetto più grosso di Alpha Tiger, quello d’essere un album che alla lunga non riesce a decollare, facendo perdere un po’ d’attenzione all’ascoltatore, in affanno verso il traguardo dell’ultimo brano: da un gruppo al terzo album per una label così importante ci si aspetta sicuramente di più.

Tracklist
1. Road To Vega
2. Comatose
3. Feather In The Wind
4. Singularity
5. Aurora
6. To Wear A Crown
7. Vice
8. Welcome To Devil’s Town
9. My Dear Old Friend
10. If The Sun Refused To Shine
11. The Last Encore

Line-up
Peter Langforth – guitars
Benjamin Jaino – vocals
Alexander Backasch – guitars
Dirk Frei – bass
David Schleif – drums

ALPHA TIGER – Facebook