SATYRICON

Il lyric video di Deep calleth upon Deep, dall’album omonimo in uscita a settembre (Napalm Records).

Le leggende del black metal SATYRICON pubblicheranno il loro attesissimo nono album ‘Deep calleth upon Deep’ il 22 settembre su Napalm Records. Il disco sarà disponibile in digitale, CD digipack e vinile gatefold ed è pre-ordinabile QUI.

Oggi l’iconico duo guidato dal visionario Satyr pubblica il lyric video e il singolo della title track.
Satyr dichiara: “Non è stato facile scegliere una canzone che rappresentasse questo disco, poiché sono molto diverse le une dalle altre. Le considero tutte come un gruppo di individui con personalità forti e uniche e insieme danno vita all’album ‘Deep calleth upon Deep’.

La title track è l’unica canzone che ho composto con la baritona e la chitarra normale. Mi sembrava che ci fosse bisogno di una tonalità più bassa per potenziare il groove nelle parti più pesanti. Ci sono anche mellotron, violoncello, violino e i cori del cantante classico Håkon Kornstad, là dove il violoncello sostiene la chitarra baritona, il violino e i cori danno ampiezza e ariosità al suono. Consideratela una sorta di viaggio, suonatela ad alto volume, chiudete gli occhi e incamminatevi nella foresta. Questo è ciò che faccio io”.

Il singolo ‘Deep calleth upon Deep’ è disponibile in digitale oppure streaming: http://radi.al/DeepCallethUponDeep

Registrato a Oslo (Norvegia) e Vancouver (Canada) a inizio 2017 e mixato con il rinomato guru Mike Fraser (che aveva già lavorato sull’album del 2006 dei SATYRICON, ‘Now, Diabolical’), ‘Deep Calleth Upon Deep’ non è solo una nuova collezione di canzoni di una delle più longeve e credibili band di musica estrema: esso rappresenta una completa reinvenzione e un’era nuova di zecca nella storia dei SATYRICON. Deep Calleth Upon Deep’ è una profonda dichiarazione inerente l’essenza della musica dei SATYRICON e del valore eterno dell’arte stessa.

I SATYRICON sono sempre stati un’eccellente live band. Le loro evocative esibizioni sono diventate eventi speciali tanto che la loro frequenza si adatta al nuovo modus operandi del gruppo di Oslo. La band sarà presto in tour in Europa per presentare ‘Deep Calleth Upon Deep’. L’unica data italiana è fissata il 7 ottobre a Zona Roveri, Bologna.
Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/1123721917739336

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Beastcraft – The Infernal Gospels Of Primitive Devil Worship

I Beastcraft ci salutano con The Beast Descends, sorta di addio in salsa luciferina, freddo e glaciale come una cupa foresta scandinava dove si trova la porta per l’inferno.

Il black metal primigenio vive in questa che sarà l’ultima uscita marchiata Beastcraft, creatura demoniaca e blasfema nata nel 2003 per volere di Sorath e Alastor, quest’ultimo scomparso nel 2012.

Sorath ha dato alle stampe questo notevole esempio di black metal maligno ed efferato, composto da brani scritti quando ancora Alastor non era sceso negli inferi, magari come tributo o più semplicemente per fare in modo che queste nove perle nere non andassero perse.
The Infernal Gospels Of Primitive Devil Worship ci conduce nel mondo sonoro del duo norvegese, una delle band più sottovalutate del panorama estremo di stampo black: lo si evince  ascoltando queste gemme oscure e blasfeme, brani diretti e pregni di insani blast beat e splendidi e decadenti muri di black cadenzato e declamatorio, cavalcate atmosfericamente infernali rese perfettamente malvage da una produzione che si rifà alle prime messe nere anni novanta (Demonic Perversion e Deathcraft And Necromancy)
Un pezzo di storia del black metal norvegese, magari commercialmente parlando in ritardo di qualche anno (nel 2003 la fase true aveva ceduto il passo alle velleità sinfoniche ed atmosferiche): i Beastcraft ci salutano con The Beast Descends, sorta di addio in salsa luciferina, freddo e glaciale come una cupa foresta scandinava dove si trova la porta per l’inferno.
L’album è completato da un DVD contenente rare esibizioni live e in studio, rivelandosi un gioiellino per gli amanti del gruppo e del true norwegian black metal.

Tracklist
1. Aapenbaring
2. Demonic Perversion
3. Deathcraft And Necromancy
4. The Fall Of The Impotent God
5. Her Highness Of Hell
6. Reborn Beyond The Grave
7. Waging War On The Heavens
8. The Devil’s Triumph
9. The Beast Descends

Line-up
Alastor – Guitar, bass
Sorath – Vocals, drums

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Descrizione Breve

Autore
Alberto Centenari

Voto
78

Astarium – Drum-Ghoul

La perfezione sta altrove, ma qui non si può fare a meno di apprezzare la voglia di creare qualcosa di differente, soprattutto con scelte che possono anche apparire discutibili ma che, alla fine, rendono il tutto personale ed intrigante, specie se applicate come in questo caso a sonorità più orrorifiche che sinfoniche.

Ho avuto occasione nelle scorse settimane di parlare della one man band siberiana Astarium, prima con l’ep Epoch Of Tyrants e poi con lo split assieme a Burnt e Scolopendra Cingulata.

Vista l’iperproduttivita di SiN, l’uomo che sta dietro a tutto questo, per evitare di esser nuovamente sorpassato dall’attualità mi precipito a scrivere due righe anche su quello che, per ora, sembra essere l’ultimo parto dell’instancabile musicista di Novosibirsk, il full length Drum-Ghoul.
Se nelle precedenti occasioni avevo apprezzato la genuinità dell’operato da parte del nostro, ritenendo nel contempo un po’ troppo scolastico il risultato dal punto di vista prettamente musicale, devo dire che quelli che nella precedente occasione mi apparivano come insanabili difetti, questa volta acquisiscono una loro funzione essenziale.
La chiave di volta è il suono delle tastiere, che in un ambito dichiaratamente orrorifico come quello di Drum-Ghoul, con il loro timbro minimale, a tratti vicino a quello delle mitiche tastierine Bontempi (i miei connazionali meno giovani capiranno di cosa sto parlando), si rivelano più funzionali alla creazione di un’atmosfera profondamente malata e nel contempo surreale.
La lunghissima opener Hill Of Scape-Gallows (oltre un quarto d’ora di durata) funge da prova del nove per l’ascoltatore: chi riesce ad arrivare senza fatica alla sua fine, da qual momento in poi potrà godersi un lavoro strambo quanto si vuole, ma decisamente affascinante; la voce continua ad essere uno screaming piuttosto piatto alternato ad un growl effettato ma, tutto sommato, contribuisce a creare quell’alone straniante che ha comunque nel suono della tastiere il suo principale artefice.
Dread Asylum è piuttosto gobliniana nel suo snodarsi melodico, e in fondo pensare a quest’album come un’ipotetica soundtrack di un film horror è un’ipotesi tutt’altro che peregrina, mentre Hospitality Of Demon si snoda in maniera più canonica mantenendo comunque le caratteristiche sonore delle altre tracce, con Pernicious Elixir a chiudere le macabre danze con il suo reiterato giro di tastiera, preludio di un finale che si stempera con uno pseudo-violino.
La perfezione sta altrove, ma qui non si può fare a meno di apprezzare la voglia di creare qualcosa di differente, soprattutto con scelte che possono anche apparire discutibili ma che, alla fine, rendono il tutto personale ed intrigante, specie se applicate come in questo caso a sonorità più orrorifiche che sinfoniche.
SiN è portatore di una concezione della musica lontana diversi anni luce lontana da qualsiasi parvenza di commercialità, e solo anche per questo si merita un certo credito, al di là di tutte le altre considerazioni.

Tracklist:
01. Hill Of Scape-Gallows
02. Dread Asylum
03. Hospitality Of Demon
04. Pernicious Elixir
Line up:
SiN – All instruments, Vocals

ASTARIUM – Facebook

Die Apokalyptischen Reiter – Der Rote Reiter

Der Rote Reiter è un lavoro brillante, forse leggermente prolisso ma ricco comunque di un novero di canzoni di grande spessore e all’insegna di una creatività che non si è andata affatto spegnendo nel corso del tempo.

I Die Apokalyptischen Reiter arrivano al loro decimo full length, un traguardo ragguardevole per una band dalla storia ultraventennale, tanto più se all’insegna dell’anticonvenzionalità unita ad un elevato livello medio.

Probabilmente l’effetto sorpresa che rendeva irrinunciabili lavori come Samurai e Riders Of The Storm è venuto un po’ meno, complice anche un progressivo indurimento del sound che ha portato i nostri in più di un frangente ad avvicinare stilisticamente i connazionali Rammstein, dai quali comunque divergono per un approccio più scanzonato e in generale più rock oriented.
In ogni caso Der Rote Reiter è un lavoro brillante, forse leggermente prolisso ma ricco comunque di un novero di canzoni di grande spessore e contraddistinto da una creatività che non si è andata affatto spegnendo nel corso del tempo.
Come per le migliori band, quello che fa la differenza è un’impronta personale che resta a prescindere dal diverso approccio che si può riscontrare prendendo in esame i singoli album, e questo viene confermato fin dalle prime note di Wir sind zurück, brano DAR al 100%, furiosamente melodico ed accattivante, mentre la più violenta ed anche cupa title track rappresenta uno dei corrispettivi più metallici del lavoro.
Con Auf und nieder si torna a quelle melodie chitarristiche vagamente folk che fungono da prologo ad una struttura fortemente orecchiabile ed esibiscono in maniera più esplicita il trademark della band, che poi si lascia andare ad un’altra traccia fortemente rammsteiniana come Hört mich an, dove comunque sia l’utilizzo della chitarra in fase solista e la grande versatilità vocale di Fuchs mantengono il sound a distanza di sicurezza da quello tipico del gruppo berlinese.
Del resto se, in The Great Experience of Ecstasy, l’ingannevole punk hardcore iniziale prelude ad un finale altamente evocativo, con la magnifica Herz In Flamme si finisce addirittura dalle parti del death melodico, mentre la solennità del chorus all’interno del disturbato incedere di Ich nehm dir deine Welt prelude alla chiusura rappresentata dalla gradevole ballata Ich werd bleiben.
I Die Apokalyptischen Reiter fanno parte di quella categoria di band che non lasciano indifferenti, nel bene o nel male: personalmente, oltre ad amare in maniera illogica l’idioma tedesco applicato al rock ed al metal (pur non capendone una parola) ho sempre apprezzato questo bizzarro combo, considerandolo quale portatore di un’espressione fresca ed originale e, sicuramente, Der Rote Reiter non mi farà recedere da tale giudizio.

Tracklist:
1. Wir sind zurück
2. Der rote Reiter
3. Auf und nieder
4. Folgt uns
5. Hört mich an
6. The Great Experience of Ecstasy
7. Franz Weiss
8. Die Freiheit ist eine Pflicht
9. Herz in Flammen
10. Brüder auf Leben und Tod
11. Ich bin weg
12. Ich nehm dir deine Welt
13. Ich werd bleiben

Line up:
Volk-Man – Bass
Dr. Pest – Keyboards
Fuchs – Vocals, Guitars
Sir G. – Drums
Ady – Guitars

DIE APOKALYPTISCHEN REITER – Facebook

Uber Scheizer – King Of Rock

King Of Rock, del polistrumentista bolognese Giuseppe Lentini alias Uber Scheizer, risulta un tributo ai re dell’hard rock classico tra gli anni settanta ed il dorato (per il genere) decennio successivo.

Musicista attivo nell’area bolognese da un bel po’ di anni, Giuseppe Lentini è stato in passato il cantante dei rockers Overlord Rockstar II, in seguito ha collaborato con diverse band della scena underground cittadina ed il suo eclettismo lo ha portato a comporre musica elettronica come one man band.

Usando il monicker Uber Sheizer ha lavorato su questo progetto, assemblando brani composti nel corso degli anni, trasformandoli di fatto in un album hard rock dal titolo King Of Rock.
E l’opera risulta proprio un tributo ai re dell’hard rock classico tra gli anni settanta ed il dorato (per il genere) decennio successivo, aiutato solo da Giacomo Grassi nel brano Fire In The Night e suonando tutti gli strumenti.
Anche Uber Sheizer è dunque l’ennesima one man band. con il polistrumentista nostrano che se la cava con tutti gli strumenti e (cosa più importante) con il songwriting.
King Of Rock è un album piacevole, prodotto con quel tocco vintage che lo posiziona tra le uscite di una trentina d’anni fa, tra tasti d’avorio purpleiani, ritmiche hard rock di scuola tradizionale (UFO e primi Judas Priest);
poco incisiva la voce, ma è un dettaglio, perché l’album vive di chitarre graffianti e buone melodie neanche troppo nascoste tra riff pesanti e metallici di scuola classica.
L’opener 40 Miles A Day, Fire In The Night e la title track sono gli episodi migliori, ma è tutto King Of Rock che funziona, riportando al periodo della gioventù molti rockers con ormai troppi capelli bianchi.

Tracklist
1. 40 Miles A Day
2. King Of Rock
3. I Want You Forever
4. Fire In The Night
5. Hell Is Your Way
6. Beginning Again
7. I Am The Night
8. Now
9. More Metal Than Metal
10. Lay On The Floor

Line-up
Giuseppe Lentini: Vocals, Guitars, Bass, Drums, Keyboards

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