Jaw Bones – Wrongs On A Right Turn

Quarantacinque minuti in pieno deserto, anche se le sfumature psichedeliche sono ridotte al lumicino in favore di soluzioni melodiche dirette e sostenute, questo sì, dalle ormai irrinunciabili ritmiche groove.

Stoner rock, e grunge, due dei generi che più hanno condizionato il mercato negli amati/odiati anni novanta, sono indubbiamente fonti inesauribili di influenze d ispirazioni per il novanta per cento delle rock band del nuovo millennio.

L’invasione del nuovo stoner che guarda al southern da una parte ed al grunge dall’altra, per trovare strade alternative alla solita formula, non ha risparmiato la vecchia Europa, ed in particolare i paesi che si affacciano sul mediterraneo, tradizionalmente più “americani” dei metallici stati centro/nord europei.
Da Salonicco arrivano i Jaw Bones, al primo full length licenziato dalla Sliptrick, con un concentrato di esplosivo stoner metal dalle sfumature grunge ed alternative.
Quarantacinque minuti in pieno deserto, anche se le sfumature psichedeliche sono ridotte al lumicino in favore di soluzioni melodiche dirette e sostenute, questo sì, dalle ormai irrinunciabili ritmiche groove.
on voce urlata ed un’attitudine che non nasconde una certa vena hardcore, i Jaw Bones si sono costruiti il loro muro sonoro di pietra stonerizzata e pesante, metal/rock diretto, forse leggermente monocorde, ma perfetto per sbattere capocciate a destra e a manca sotto il palco di qualche festival estivo.
Da segnalare, tra i brani, Communication, The Ride To Nowhere e la conclusiva Song Of The Nightingale, il brano più ricercato dell’album, valorizzato da sfumature che rimandano ai Tool e che chiudono con un’atmosfera progressiva Wrongs On A Right Turn.

Tracklist
01. Communication
02. Disciple
03. Ego Tripper
04. Don’t Bring Me Down
05. Fear
06. Sugar Daddy
07. The Ride to Nowhere
08. Should Know Better
09. Song of the Nightingale

Line-up
George Cobas – Vocals
Jelly Nano – Guitar
Bill – Guitar
Michael Tzoumas – Bass
Vangelis – Drums

JAW BONES – Facebook

ORIGIN

Il video di Infinitesimal To The Infinite, dall’album Unparalleled Universe (Agonia Records)

Il video di Infinitesimal To The Infinite, dall’album Unparalleled Universe (Agonia Records)

Enzo And The Glory Ensemble – In The Name Of The Son

Mettete da parte antipatici luoghi comuni e fate entrare della grande musica a casa vostra.

Il secondo lavoro di Enzo And The Glory Ensemble è un’opera che non sfigura certo tra le migliori uscite di quest’anno, almeno tra le metal opera, trattandosi di un suggestivo concept dalle tematiche cristiane e successore del già bellissimo primo album, In The Name Of The Father, uscito un paio di anni fa.

In The Name Of The Son esce quest’anno tramite la Rockshots per portare la parola del Signore ai metallari dai gusti sinfonici e progressivi, non facendo mancare un’ottima grinta power, epici chorus ed una serie di preghiere in musica dedicate questa volta, al secondo membro della santissima Trinità.
Valorizzato da una serie di illustri ospiti del panorama metal internazionale, tra cui Marty Friedman, Kobi Farhi (Ophaned Land), Ralf Scheepers (Primal Fear), Mark Zonder (Fates Warning), Gary Wehrkamp & Brian Ashland(Shadow Gallery) e con la partecipazione del coro congolese Weza Moza Gospel Choir, l’album è un bellissimo e toccante atto di devozione religiosa, esposta come solo un musicista metal potrebbe fare, regalando atmosfere da colonna sonora, toccanti ballate e cavalcate heavy/power sostenute dalla parte sinfonica, presenza costante nel sound di Enzo Donnarumma.
Ed è così che dopo tanto metal estremo e musica del diavolo, ci immergiamo in questo atto di fede che il musicista nostrano trasforma in una metal opera affascinante, colma di momenti di grande intensità e come detto impreziosita dall’intervento dei tanti ospiti.
Le molte atmosfere di musica tradizionale delle terre dove la più grande storia mai raccontata ha avuto il suo svolgimento porta inevitabilmente al sound degli Orphaned Land, reso ancora più teatrale e sinfonico, mentre l’heavy power è protagonista delle fughe metalliche ed i Saviour Machine meno oscuri aleggiano in diversi momenti di un’opera che se ha in Magnificat il suo momento più alto (liricamente parlando), non manca di stupire con la sua eccitante amalgama tra metal e musica popolare, classica e sinfonica (The Tower Of Babel ricorda non poco le atmosfere di Jesus Christ Superstar in versione metal).
Isaiah 53 è una power metal song arrembante, The Trial una mini suite oscura e cinematografica, esemplificativa della varietà di sfumature in uso, mentre Te Deum ci travolge con i suoi cori, le splendide aperture sinfoniche e l’energia metallica usata a profusione.
L’opera è stata prodotta dal musicista nostrano con l’aiuto di Gary Wehrkamp e masterizzato da Simone Mularoni (una garanzia di qualità) quindi mettete da parte antipatici luoghi comuni e fate entrare della grande musica a casa vostra.

Tracklist

1.Waiting for the Son
2.The Tower of Babel
3.Luke 1:28
4.Psalm 8
5.Glory to God
6.Psalm 133
7.Magnificat
8.Isaiah 53
9.Matthew 11:25
10.The Trial
11.Eternal Rest
12.Te Deum
13.If Not You

Line-up
Enzo Donnarumma – Vocals, Guitars.

ENZO DONNARUMMA – Facebook

Tuna De Tierra – Tuna De Tierra

Le canzoni si protraggono mediamente molto di più rispetto alle durate tradizionali, ma qui il tempo è un concetto davvero relativo e superfluo, bisogna immergersi in queste musiche desertiche senza fretta o cognizione dell’esterno.

Dalla sempre musicalmente fertile Napoli arrivano i Tuna De Tierra con il loro stoner rock desertico, piacevole e psichedelico.

Il loro suono è un’ambientazione sonora di un tramonto nel deserto, o l’esatta descrizione di un viaggio lisergico, con molti riferimenti ai maestri del genere quali sono i Kyuss, i quali hanno asfaltato le strade desertiche per poterle farle percorrere ad altri. Tutto il resto è però opera dei Tuna De Tierra, che hanno un tocco di classe superiore nella loro musica, un gusto quasi bizantino per la perfetta unione tra accordi di chitarra e sezione ritmica, con una voce ipnotica che parla al nostro subconscio. Musica pesante eppure molto eterea e dolce, un ritorno a qualcosa di atavico che vive dentro di noi e che quotidianamente seppelliamo sotto tonnellate di merda. I Tuna De Tierra fanno fondamentalmente musica da meditazione, ci si perde in questo suono pieno di vita e di segreti da scoprire. Il gruppo nasce dalla lunga amicizia fra Alessio De Cicco, alle chitarre e voce, e Luciano Marra al basso, agli albori con Jonathan Maurano alla batteria, poi sostituito da Marco Mancaniello. Il loro esordio discografico è stato l’ep del 2015 EPisode I: Pilot, che già aveva in nuce molto di ciò che possiamo ascoltare qui. Da quell’ep i Tuna De Tierra sono cresciuti dando un maggiore respiro alle loro composizioni, ampliando maggiormente il loro spettro compositivo, trovando sempre soluzioni diverse per i loro suoni. Le canzoni si protraggono mediamente molto di più rispetto alle durate tradizionali, ma qui il tempo è un concetto davvero relativo e superfluo, bisogna immergersi in queste musiche desertiche senza fretta o cognizione dell’esterno. Questa è musica fatta per il piacere di esplorare, e per il piacere del musicista e dell’ascoltatore. Il deserto c’è anche a Napoli, ed è un gran bel deserto.

Tracklist
1.Slow Burn
2.Morning Demon
3.Out of Time
4.Long Sabbath’s Day
5.Raise of the Lights
6.Mountain
7.Laguna

Line-up
Alessio De Cicco – guitar and vocals
Luciano Mirra – bass
Marco Mancaniello – drums

TUNA DE TIERRA – Facebook

Moribundo – Raíz Amarga

Raíz Amarga è un’ottima opera che inserisce di diritto i Moribundo tra i nomi da tenere in considerazione anche nel prossimo futuro in ambito death doom.

Di norma non è che la lingua spagnola associata al rock e al metal mi entusiasmi più di tanto, ma credo che ciò dipenda soprattutto dall’allegria sudata e plastificata della sonorità latino/americane che ci deturpano l’udito in ogni dove, dai supermercati alle autoradio dei troppi “minus-habens” che la sparano a palla lungo le strade delle nostre città; va anche detto che, oltre agli storici Heroes Del Silencio, i trasgressivi Brujeria ed i brillanti Mago De Oz non sono poi molti altri quelli che hanno realmente lasciato il segno esprimendosi nell’idioma ispanico.

I Moribundo, non fosse altro che per il genere suonato, non hanno alcuna chance di sfiorare la popolarità raggiunta questi gruppi, ma trovo che la lingua castigliana si addica invece alla perfezione al loro ottimo death doom melodico: il duo, composto dal polistrumentista Evilead, conosciuto in quest’ambito in quanto membro dei Nangilima e live session con i Famishgod, e dal vocalist Luis Miguel Merino, appartenente alla band death thrashVanagloria , maneggia la materia con grande disinvoltura offrendo oltre mezz’ora di sonorità dolenti e malinconiche ad infiorettare i testi drammatici composti da Mortvs Vyrr.
Le influenze sono disparate ma restano comunque nel solco di una scena iberica che, oltre alle citate band nelle quali è coinvolto Evilead, vede tra le sue punte di diamante Evadne, Helevorn, Autumnal, In Loving Memory e Dantalion: troviamo così due brani melodicamente ineccepibili come Vida ed Antithesis, entrambi dal notevole impatto emotivo enfatizzato da una robusta ma comunicativa interpretazione vocale da parte di Merino, mentre le altre due tracce Suicidio Ilustrado e Luz esibiscono in parte una minore intensità, forse per un andamento meno lineare dovuto a cambi di ritmo e ad interventi pianistici gradevoli ma che finiscono per spezzare, in qualche modo, la tensione creata nella parte iniziale dell’album.
Niente che vada comunque a compromettere la bontà del lavoro nel suo insieme: Raíz Amarga è un’ottima opera che inserisce di diritto i Moribundo tra i nomi da tenere in considerazione anche nel prossimo futuro.

Tracklist:
01. Vida
02. Antitesis
03. Suicidio Ilustrado
04. Luz (Ciego Color)

Line up:
Evilead – All instruments
Luis Miguel Merino – Vocals
Mortvs Vyrr – Lyrics

MORIBUNDO – Facebook