Apophis – Under A Godless Moon

Cibich, al contrario di molti suoi colleghi, non si incarta in inutili giochini tecnici ma punta tutto sulle emozioni che la sua musica elargisce a piene mani, confermandosi figlio di una generazione di musicisti che con le loro opere stanno regalando nuova linfa ai lavori strumentali.

Apophis è il dio serpente, divinità che incarna il male e le tenebre nelle credenze dell’antico Egitto, terra e popolo che con divinità poco raccomandabili avevano a che fare abitualmente.

Portatori di guerre, pestilenze e terribili maledizioni, gli dei egizi sono stati ampiamente menzionati nell’ormai lunga storia del metal con gruppi che ci hanno scritto un’intera discografia, un solo album o semplicemente si sono ispirati per il monicker.
Gli Apophis di cui vi parliamo sono australiani, una one man band di cui si conosce pochissimo se non il nome del polistrumentista autore di questo piccolo gioiello estremo, Aidan Cibich che, oltre a suonare tutti gli strumenti si è prodotto, masterizzato e mixato l’intero album, intitolato Under A Godless Moon.
Presentato come un’opera melodic death metal con atmosferiche parti doom, l’album risulta interamente strumentale, suonato e prodotto benissimo e composto da un lotto di brani che, se al doom schiacciano l’occhiolino in pochissime occasioni, ci travolgono con una serie tempeste sonore estreme, dove la sei corde è assoluta protagonista, meravigliosa compagna del musicista australiano che da par suo la fa suonare e cantare come una sirena persa nelle acque del Nilo.
Poche atmosfere, dunque, e tanto death metal melodico, squisitamente thrash in qualche passaggio ma debitore della scena scandinava e il pensiero non può che andare al nostro Hitwood, progetto death strumentale del polistrumentista italiano Antonio Boccellari a cui Cibich si avvicina non poco, mantenendo solo un approccio più estremo ed oscuro.
Un paio sono i brani atmosferici (Chaos Under Cimmerian Skies e Ad Absolutum Finem), il resto è un ottimo e alquanto tempestoso melodic death che trova la sua naturale valorizzazione strumentale tra le trame di tracce davvero belle come Watchtowers Of Anubis, la title track e The Kinslayer, anche se l’album merita di essere apprezzato nella sua interezza.
Cibich, al contrario di molti suoi colleghi, non si incarta in inutili giochini tecnici ma punta tutto sulle emozioni che la sua musica elargisce a piene mani, confermandosi figlio di una generazione di musicisti che con le loro opere stanno regalando nuova linfa ai lavori strumentali.

Tracklist
1.Chaos Under Cimmerian Skies
2.Cyclopean Rage
3.Monarchs Throne
4.The Kinslayer
5.Fountains Of Crimson
6.Ad Absolutum Finem
7.Empyreal
8.Watchtowers Of Anubis
9.Firestorm Of Luna
10.Under A Godless Moon

Line-up
Aidan Cibich

APOPHIS – Facebook

Alcest – Souvenirs D’Un Autre Mond

Questa opera è davvero ciò che dice il titolo, ricordi di un altro mondo, e il disco è la narrazione folclorica di questo mondo che è dentro di noi.

Sono passati dieci anni dalla data di pubblicazione di questo flusso onirico messo in musica, di un disco che ha sparigliato tutte le carte, di uno dei dischi preferiti da molti, come Pitchfork che lo ha inserito nella classifica dei migliori dischi di shoegaze di sempre.

In origine Souvenirs D’Un Autre Mond dovevca essere un breve progetto solista di Neige, chitarrista dei Peste Noire e dei Forgotten Woods, ma questo disco ha cambiato tutto, e ora Alcest è un nome consolidato nel metal altro.
Questa opera rielaborava in maniera molto personale sonorità che fino a quel momento si erano incontrate solo sporadicamente, come il post black metal, che è uno sviluppo del black metal, uno sfruttare alcune sue caratteristiche per portare avanti una musica di più ampio respiro. Lo shoegaze è un grande protagonista di questo disco, quel muro del suono che porta a galla il nostro subconscio e che qui si sposa benissimo con sfuriate black metal. La voce di Neige è un sogno nel sogno, come se qualcuno ci parlasse nell’orecchio durante il sonno. Come nelle opere maggiori delle arti, c’è un ribaltamento fra realtà e sogno, i piani si capovolgono e veniamo catturati da un’altra dimensione, nella quale il dolore e la gioia sono puri e un senso di leggerezza permea tutto. L’immaginario di questo disco è fortemente francese, infatti i cari significati sono occulti e le canzoni sono brevi romanzi di cose che nell’esagono sono molto sentite.
Come ristampa ci saranno varie sorprese sia per l’edizione in cd che per quella in vinile, come la copertina originale della prima stampa su lp, un libretto sull’anniversario, foto inedite, commenti di Andy Julia, il fotografo che è praticamente un membro del gruppo, e di Aaron Weaver dei Wolves In The Throne Room per testimoniare l’enorme influenza di questo disco.
Soprattutto ci sarà questo capolavoro che ci fa tornare bambini, un disco profondamente diverso e quasi perfetto, in grado di scatenare tempeste di emozioni, e che chiede solo di toglierci le zavorre e di chiudere gli occhi, perché questa opera è davvero ciò che dice il titolo, ricordi di un altro mondo, e il disco è la narrazione folclorica di questo mondo che è dentro di noi.

Tracklist
1. Printemps Émeraude
2. Souvenirs d’un autre monde
3. Les Iris
4. Ciel Errant
5. Sur l’autre rive je t’attendrai
6. Tir Nan Og

Line-up
Neige : guitars/bass, synths and vocals
Winterhalter : drums

ALCEST – Facebook

Sorrow Plagues – Homecoming

Homecoming è un lavoro che non mostra cedimenti e riesce a mantenere sempre un invidiabile equilibrio tra le diverse componenti del sound.

Sorrow Plagues è il nome del progetto solista di David Lovejoy, musicista inglese che ha iniziato questa sua avventura nel 2014, pubblicando diversi ep e singoli fino ad approdare all’esordio su lunga distanza l’anno scorso, per giungere infine a questo suo secondo full length intitolato Homecoming.

L’ambito entro il quale si muove il ragazzo britannico è un black atmosferico con spiccata propensione verso lo shoegaze: una soluzione che abbiamo già incontrato più volte ma che si rivela sempre gradevole ed opportuna, in special modo se esibita con il buon talento e la sensibilità che contraddistinguono questo album.
La malinconia di fondo che pervade il lavoro è percepibile anche dai titoli dei brani che non lasciano molto spazio all’immaginazione: David si dimostra anche un musicista a tutto tondo, esibendo un buon gusto dal punto di vista tastieristico ed un bel tocco chitarristico, mentre come da copione nel genere la voce viene un po’ sopraffatta dagli strumenti a livello di produzione.
Continuo a pensare che questa soluzione stilistica abbia un senso solo quando proviene dai bassifondi dell’underground musicale, come avviene appunto in questo caso, rivelandosi frutto di un’espressione spontanea, fresca e ricca di spunti eccellenti, ben lontana dai tentativi di rendere più fruibile, con solo il risultato di farlo apparire artefatto, un sottogenere che per finalità e tematiche dovrebbe posizionarsi esattamente agli antipodi di ogni tentazione commerciale (ogni riferimento agli ultimi Ghost Bath è del tutto voluto …).
Del resto David fa propri gli insegnamenti del maestro Neige e ne sviluppa in maniera competente e spesso emozionante le coordinate tipiche, grazie ad ariose ed ampie aperture melodiche che vengono sporcate solo da uno screaming di stampo DSBM.
Homecoming è un lavoro che non mostra cedimenti e riesce a mantenere sempre un invidiabile equilibrio tra le diverse componenti del sound, trovando il suo picco ideale nella più lunga e magnifica Disillusioned ed il suggello con una title track che vede anche l’utilizzo di parti di sax, a testimoniare la volontà di Lovejoy di non rendere troppo monodimensionale la proposta.
Al momento il nostro ha chiamato a sé altri musicisti per poter offrire anche dal vivo la propria musica: una scelta condivisibile e che, spesso, consente ai titolari di one man band di ampliare ulteriormente i propri orizzonti con ricadute ovviamente positive anche sull’approccio compositivo; già così, comunque, i Sorrow Plagues si dimostrano una delle migliori espressioni odierne dello shoegaze abbinato al black atmosferico.

Tracklist:
1. Departure
2. Disillusioned
3. Isolated
4. Irreversible
5. Relinquish
6. Homecoming

Line up:
David Lovejoy – All Instruments

SORROW PLAGUES – Facebook

HEATHEN BEAST

Il video di Reliance is the secret of my energy, Jio Mere Lal!, dall’album $cam (Transcending Obscurity)

Il video di Reliance is the secret of my energy, Jio Mere Lal!, dall’album $cam (Transcending Obscurity)

Ace Frehley – Anomaly-Deluxe

Il Frehley solista non si discosta poi granché dal sound dei Kiss, se non per una più marcata vena heavy, spostando il sound dal rock’n’roll ipervitaminizzato e melodico del gruppo mascherato ad sound più duro e diretto, crudo ed americano fino al midollo.

Qui si fa la storia dell’hard rock americano,  perché potremmo metterci a discutere per giorni su quanto possano piacere i Kiss, ma è indubbio che i volti mascherati più famosi del rock abbiano avuto un’importanza assoluta sul rock duro mondiale.

Il loro più famoso chitarrista solista, membro originale con la maschera dello Spaceman e sul palco con la band fino al 1981, all’uscita del controverso Music From The Elder, e poi tornato nel gruppo nella seconda metà degli anni novanta in tempo per registrare con i suoi vecchi compagni il bellissimo Kiss Unplugged ed il dignitoso Psycho Circus, ha avuto una carriera in proprio di tutto rispetto con l’esperienza Frehley’s Comet, durata solo un paio d’anni e tre album, un’infinità di collaborazioni in veste di ospite e otto uscite a nome Ace Frehley tra le quali questo ottimo Anomaly risulta il quinto album di inediti, uscito originariamente nel 2009.
Anomaly Deluxe esce rimasterizzato e con l’aggiunta di tre bonus track tra cui due brani (Hard For Me e Pain In The Neck) scritti per i Kiss e mai pubblicati.
Il Frehley solista non si discosta poi granché dal sound dei Kiss, se non per una più marcata vena heavy, spostando il sound dal rock’n’roll ipervitaminizzato e melodico del gruppo mascherato ad sound più duro e diretto, crudo ed americano fino al midollo.
Continuando sulla strada del paragone con la band madre direi che Anomaly (non me ne voglia il buon Ace) si avvicina di più al periodo senza maschere di Simmons e Stanley, inserendo nel sound di brani come Outer Space, Too Many Faces o Sister quegli elementi ritmici grassi tipici del rock poi sviluppatosi negli anni novanta.
Il rock’n’roll è ben rappresentato dall’irresistibile verve di Fox The Run (il brano più Kiss oriented di tutto l’album), mentre la voce di Ace risulta vera, regalando ai brani quell’atmosfera da musicista condannato ad una vita per il rock (e non solo).
Da applausi sono le due ballad, l’elettrica Change The World e l’acustica A Little Below The Angels, dove Ace duetta con un coro di bambini e profuma di cieli lavati dalla tempesta nei deserti del nuovo continente.
Bene ha fatto la Steamhammer/SPV ha dare un’altra chance a questo bellissimo lavoro di un artista che è parte essenziale della storia del rock.

Tracklist
1. Foxy & Free
2. Outer Space
3. Pain In The Neck
4. Fox On The Run
5. Genghis Khan
6. Too Many Faces
7. Change The World
8. Space Bear
9. A Little Below The Angels
10. Sister
11. It’s A Great Life
12. Fractured Quantum
13. Hard For Me (previously unreleased)
14. Pain In The Neck (slower version, previously unreleased)
15. The Return Of Space Bear (first time on CD)

Line-up
Ace Frehley – Guitars, Lead Vocals, Bass
Anthony Esposito – Bass
Anton Fig – Drums
Derrek Hawkin – Guitars
Scot Coogan – Drums
Marti Frederiksen – Keyboards, Guitars

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