AFTER DUSK

Il lyric video di “Pyroclastic Flow (Honeydoom)”, dall’album “The Character Of Physical Law”.

Il lyric video di “Pyroclastic Flow (Honeydoom)”, dall’album “The Character Of Physical Law”.

Jag Panzer – The Deviant Chord

The Deviant Chord è un lavoro riuscito a base di puro metal statunitense e regge il confronto con gli album passati del gruppo, sorprendendo in positivo con una manciata di brani potenti e melodici.

Gli anni passano, i primi anni ottanta sono ormai solo un ricordo di giovinezza per molti di noi, ma il metal classico continua a mietere vittime, magari non come in passato ma con il vigore dei tempi migliori.

Lo storico gruppo del Colorado è una delle realtà nate negli anni d’oro del metal classico, ed oggi arriva con il nuovo album a toccare la doppia cifra per quanto riguarda i lavori ufficiali di una discografia neanche troppo ampia ma che, specialmente tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo millennio, ha avuto il suo massimo splendore con una manciata di album che hanno marchiato a fuoco il nome dei Jag Panzer come una tra i più importanti d’oltreoceano, almeno nel genere suonato.
La band torna con The Deviant Chord, un lavoro che più classico non si può, pregno di quella drammatica oscurità che aleggia sul genere suonato negli States, valorizzato dallo stato di grazia della coppia d’asce Tafolla/Briody, da una prova tutta grinta ed esperienza di Conklin al microfono e dalla sezione ritmica (Rikard Stjernquist alle pelli e John Tetley al basso) che accompagna i tre fuoriclasse con un’anima progressiva impressa ai molti cambi di tempo che sono la parte nobile del sound, insieme a qualche solo dal sapore neoclassico.
La copertina ricorda temi sci-fi (in verità bruttina) e il sound non perde un colpo, arcigno ma nobile, foriero di tempeste heavy/power e solcato da un’anima prog che si veste di nero per andare incontro ai colleghi che con i Jag Panzer hanno fatto la storia del genere.
The Deviant Chord è un lavoro riuscito a base di puro metal statunitense e regge il confronto con gli album passati del gruppo, sorprendendo in positivo con una manciata di brani potenti e melodici come Born Of The Flame, la title track, la progressiva Divine Intervention e l’inarrestabile Salacious Behavior.
Complimenti a questi cinque veterani  dell’heavy metal americano, tornati in forma come in passato con questo ultimo lavoro.

Tracklist
1.Born Of The Flame
2.Far Beyond All Fear
3.The Deviant Chord
4.Blacklist
5.Foggy Dew
6.Divine Intervention
7.Long Awaited Kiss
8.Salacious Behavior
9.Fire Of Our Spirit
10.Dare

Line-up
Harry Conklin – vocals
Mark Briody – guitars
Joey Tafolla – guitars
John Tetley – bass
Rikard Stjernquist – drums

JAG PANZER – Facebook

Vulture – The Guillotine

Nel genere, The Guillotine si difende bene e il metal suonato dal gruppo convince con soluzioni che ricordano i primi passi dei gruppi storici della scena power/speed tedesca, con i Judas Priest a fare da imprescindibili tutori.

Band nuova ma sound vecchio, per gli amanti dell’heavy metal old school, arrivano i tedeschi Vulture, quattro musicisti in trip per lo speed metal anni ottanta.

Heavy, speed, oggi ci siamo abituati ad usare una marea di aggettivi per descrivere quello che altro non è che heavy metal, veloce, diretto e senza compromessi.
La produzione segue il trademark dell’album, con la voce che rimane ovattata ed in secondo piano rispetto alle ritmiche, e le sei corde che partono sgommando per chissà quali mete, tra cavalcate e solos che tagliano come lame appena affilate.
Il quartetto è attivo da un paio d’anni ed ora entra nel roster della High Roller Records ad infoltire l’esercito di gruppi dediti al metal old school.
Nel genere, The Guillotine si difende bene e il metal suonato dal gruppo convince con soluzioni che ricordano i primi passi dei gruppi storici della scena power/speed tedesca, con i Judas Priest a fare da imprescindibili tutori.
L’opener Vendetta, da cui è tratto un video, apre le ostilità e The Guillotine non si ferma più tra ritmiche straordinariamente veloci, ottimi solos e tanta attitudine vecchia scuola, assolutamente perfetta per sollucherare l’appetito degli amanti dei suoni underground anni ottanta.
Stiamo parlando di un lavoro dignitoso ma assolutamente per appassionati del genere, quindi si astenga chi stravede per il decennio d’oro del metal classico.

Tracklist
1. Vendetta
2. Clashing Iron
3. Triumph Of The Guillotine
4. Electric Ecstasy
5. Adrian’s Cradle
6. (This Night Belongs) To The Dead
7. Paraphiliac
8. Cry For Death

Line-up
L. Steeler – Vocals
M. Outlaw – Guitars
S. Genozider – Guitars & Drums
A. Axetinctor – Bass

VULTURE – Facebook

Corpus Diavolis – Atra Lumen

L’operato dei Corpus Diavolis si rivela soddisfacente ma la loro integrità concettuale non basta per elevare Atra Lumen ad un livello di eccellenza, relegandolo allo status di lavoro apprezzabile ma non imprescindibile.

Terzo full length per i marsigliesi Corpus Diavolis, esponenti della vivace scuola black metal transalpina.

L’appartenenza a tale scena non è solo un dato geografico, perché nel nuovo secolo abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare una maniera di interpretare il genere in maniera obliqua, sovente spiccatamente sperimentale, sicuramente mai banale.
I Corpus Diavolis si inseriscono di diritto in tale contesto con il loro sound aspro e per lo più essenziale, volto a sottolineare quell’oscurità che ne è parte fondante non solo nel titolo.
Meno dissonante rispetto a quello di altri connazionali, il black offerto da questi marsigliesi si fa talvolta più rallentato arrivando a lambire il doom: difficile trovare qui un brano trainante, perché il tutto nel complesso è caratterizzato da una certa uniformità, mancando sia di particolari picchi sia di evidenti cali qualitativi, ma dovendo proprio scegliere credo che Signs Of End Times costituisca l’episodio più significativo, tra atmosfere cariche di tensione, brusche accelerazioni ed un finale di maestosa ed oscura solennità.
La registrazione affidata a Greg Chandler è il segnale forte e chiaro che non è stato lasciato nulla di intentato per rendere quest’album inattaccabile a livello di suoni e il risultato in tal senso è del tutto garantito, ma quello che manca ad Atra Lumen è una maggiore capacità di penetrazione, ostacolata da un approccio complessivo piuttosto algido che ne rende difficile l’assimilazione.
In definitiva l’operato dei Corpus Diavolis si rivela soddisfacente ma la loro integrità concettuale non basta per elevare Atra Lumen ad un livello di eccellenza, relegandolo allo status di lavoro apprezzabile ma non imprescindibile.

Tracklist:
1. Revelations Before Dawn
2. The Ardent Jewel of His Presence
3. L’Oeil Unique
4. Signs Of End Times
5. Wine of The Beast
6. Flesh to Flesh
7. Thy Glorification
8. Sick Waters

Line up:
Analyser – Guitars
Lord Khaos – Guitars
Daemonicreator – Vocals
IX – Drums

CORPUS DIAVOLIS – Facebook

The Father Of Serpents – Age Of Damnation

Cercando di mettere contemporaneamente sul piatto gli influssi provenienti soprattutto da Moonspell, My Dying Bride e Paradise Lost, i The Father Of Serpents riescono senza dubbio nella non facile impresa e, laddove viene sacrificata in parte la freschezza della proposta, si riceve in cambio un’interpretazione pulita e ricca di buoni spunti melodici.

Gothic death doom di buona fattura è quello che ci arriva da Belgrado grazie ai The Father Of Serpents.

Cercando di mettere contemporaneamente sul piatto gli influssi provenienti soprattutto da giganti del genere come Moonspell, My Dying Bride e Paradise Lost, i nostri riescono senza dubbio nella non facile impresa e laddove viene sacrificata in parte la freschezza della proposta si riceve in cambio un’interpretazione pulita e ricca di buoni spunti melodici.
In effetti, l’unica critica attribuibile alla band serba è proprio quella di sembrare ogni tanto una congrega di bravissimi assemblatori delle intuizioni altrui, sensazione che prende piede, per esempio, fin dal secondo brano The Flesh Altar, con il suo riff portante simile a quello di Lesbian Show dei Nightfall, e che si protrae sino al termine, con l’appassionato più esperto che si diletterà nel rinvenire passaggi che rievocano, in maniera comunque mai troppo marcata, il meglio offerto dal genere negli ultimi vent’anni.
Detto ciò, veniamo ai lati positivi, che poi sono nettamente prevalenti su qualsiasi altra considerazione: i The Father Of Serpents, con Age Of Damnation mettono assieme un’opera dal notevole spessore qualitativo, con una decina di brani caratterizzati da un invidiabile equilibrio tra ruvidezza e melodia, esprimendo un gothic doom spesso elegante nel quale l’utilizzo appropriato del violino (ad opera di Pavle Sovilj, che si occupa anche delle clean vocals) conferisce in più di un frangente un decisivo tocco malinconico.
Il sestetto slavo fornisce una prova priva di sbavature, i suoni sono ottimi così come gli arrangiamenti, l’uso della doppia voce risulta inattaccabile (l’ottimo growl è opera di Tamerlan, il quale però ha da poco abbandonato la band) e si fatica davvero a trovare un brano che non sia all’altezza della situazione, con menzione d’obbligo per la notevole Tainted Blood e non solo per la citazione dantesca (“lasciate ogni speranza voi che entrate”, declamata con una dizione invero rivedibile).
Questo quadro complessivo ci suggerisce che Age Of Damnation è un album rimarchevole, prodotto da una band dal sicuro potenziale che deve fare, però, solo un piccolo sforzo per imprimere un marchio personale alla propria musica, pena la permanenza nel confortevole limbo delle realtà di buon livello ma nulla più.

Tracklist:
1. The Walls of No Salvation
2. The Flesh Altar
3. Tale of Prophet
4. The Grave for Universe
5. Tainted Blood
6. The Afterlife Symphony
7. The Quiet Ones
8. The God Will Weep for You
9. The Last Encore
10. Viral

Line-up:
Tamerlan – Vocals (growls/screams/narrations)
Pavle Sovilj – Vocals (clean) & Violin
Igor Lončar – Guitars
Željko Zec – Guitars
Milan Šuput – Bass
Aleksandar Maksimović – Drums

THE FATHER OF SERPENTS – Facebook