DEVANGELIC

Il lyric video di “Of Maggots And Disease”, dall’album “Phlegethon” in uscita a ottobre (Comatose Music).

Il lyric video di “Of Maggots And Disease”, dall’album “Phlegethon” in uscita a ottobre (Comatose Music).

Moonscape – Entity

Entity è un’opera incentrata su un melodic death metal sulle orme del blasonato Crimson, capolavoro degli Edge Of Sanity e che, senza raggiungere quelle vette qualitative, risulta un buon ascolto per gli amanti del genere.

Il sottoscritto quando sente parlare di Edge Of Sanity alza il collo e le orecchie diventano antenne per captare ogni nota che fuoriesce dall’opera in questione, se poi la foto promozionale ritrae il protagonista con una maglietta di quel gruppo, le attese si moltiplicano.

Fortunatamente i Moonscape, progetto solista del musicista norvegese Håvard Lunde, non deludono le aspettative che un nome scomodo come quello della creatura di Dan Swanö inevitabilmente provoca, risultando un’opera estrema interessante.
Entity offre quindi un death metal progressivo e melodico sulla scia del capolavoro Crimson, l’ album più famoso dei Sanity, e viene addirittura presentato in due versioni: quella tradizionale, divisa in nove brani distinti e quella alla “Crimson”, che tradotto significa una sola traccia intitolata Entity della durata di quaranta minuti, nella quale Lunde ed i suoi ospiti si dilettano in questa nuova proposta, influenzata non solo però dalla mente del geniale svedese.
Infatti, echi delle prime opere del Lucassen menestrello sotto il monicker Ayreon, sono le varianti in un approccio death melodico che attraversa il tappeto musicale su cui poggia la struttura dall’opera, mentre il prog non manca di nobilitare partiture che dall’estremo passano con disinvoltura al rock, colorato di nero ma aperto a soluzioni che sanno di arcobaleni progressivi: Entity è in buona sostanza una lunga jam suonata e composta da un ottimo musicista che omaggia al meglio quello che è evidentemente il proprio principale punto di riferimento.
Questo costituisce pregio e difetto per questo lavoro targato Moonscape, che se lascia ottime sensazioni perdendo qualcosa in personalità, inconveniente al quale Lunde saprà sicuramente rimediare in futuro: il presente invece si chiama Entity e si merita un ascolto.

Tracklist
1.Disconsolation (The Hidden Threat)
2.A Farewell To Reality
3.Into The Ethereal shadows
4.Abandonment
5.Under Absent Clouds
6.A Stolen Prayer
7.A Crack In The Clouds
8.The Bargaining
9.Entity

Line-up
Håvard Lunde

Guests:
Jim Brunaud (The Gaemeth Project) as “Father” – lead vocals
Matthew Brown (Arkhane) as “Man” – lead vocals and chants
Kent Are Sommerseth (Unspoken, Varulv) as “Demon” – lead vocals
David Russell – piano
Leviathan (ex- Unspoken, Kvesta) – lead guitars
Andreas Jonsson (ex- Spiral Architect) – lead guitars
Diego Palma (LordDivine) – keyboards
Simen Ådnøy Ellingsen (Shamblemaths) – acoustic and clean lead guitars
Jon Hunt – keyboards • John Kiernan – lead guitars
Alex Campbell (Seek Irony) – lead guitars
Noah Watts – lead guitars
Sean Winter – tenor saxophone
Justin Hombach (AeoS) – lead guitars

MOONSCAPE – Facebook

Grand Delusion – Supreme Machine

Supreme Machine è un lavoro sufficiente, nel quale non manca qualche difetto ma che nel suo insieme può sicuramente dire la sua, specialmente al cospetto degli amanti dei suoni doom/stoner e vintage

Da poco entrati nelle grazie della Minotauro, gli hard rockers svedesi Grand Delusion tornano con un nuovo lavoro intitolato Supreme Machine.

Hard rock stonerizzato e vintage è quello che ci propina il quartetto scandinavo, attivo dal 2011 e con alle spalle un ep di debutto seguito dal primo lavoro sulla lunga distanza uscito un paio di anni fa (The Last Ray of the Dying Sun).
La band di Umeå bada al sodo e spara sei cannonate heavy/doom/stoner metal senza risparmiarsi, con le chitarre che urlano riffoni metallici e le ritmiche che, senza mai affondare completamente negli abissi del doom, si fanno grosse di mid tempo heavy stoner.
Non mancano accenni alla psichedelia (Trail Of The Seven Scorpions) e quel tocco desertico tanto cool di questi tempi a mietere vittime tra gli amanti del genere.
La declamatoria Imperator si piazza sul gradino più alto del podio nelle preferenze del sottoscritto, mentre avrei lasciato l’onore di aprire l’album ad un brano più convincente che non la debole Just Revolution, ma sono dettagli, mentre a seguire l’atmosfera soffocante di Infinite ci pensa la conclusiva Ghost Of The Widow McCain, brano che attinge sia a Black Sabbath che ai Pink Floyd.
Supreme Machine è un lavoro sufficiente, nel quale non manca qualche difetto ma che nel suo insieme può sicuramente dire la sua, specialmente al cospetto degli amanti dei suoni doom/stoner e vintage, ai quali è rivolto l’invito ad ascoltare questi rockers svedesi e la loro musica.

Tracklist
1. Just Revolution
2. Mangrove Blues
3. Trail of the Seven Scorpions
4. Imperator
5. Infinite
6. Ghost of the Widow Mccain

Line-up
Mikael Olsson – Bass, Keyboards, Vocals (backing)
Magnus Rehnman – Drums
Per Clevfors – Guitars
Björn Wahlberg – Guitars, Vocals

GRAND DELUSION – Facebook

Gloomy Grim – Fuck the World, War Is War!

La compilation fotografa un progetto che vent’anni fa era ancora in embrione, con diverse idee valide ma ancora da sviluppare e suoni rivedibili, rivelandosi appetibile solo per i fans accaniti dei Gloomy Grim.

Battendo il ferro reso caldo dal ritorno con un nuovo full length a otto anni dal precedente, avvenuto lo scorso anno con The Age Of Aquarius, i Gloomy Grim pubblicano, via Symbol of Domination/Murdher, questa compilation contenente i due primi demo editi dalla band finlandese.

All’epoca Fuck the World, Kill the Jehova! (1996) e Friendship Is Friendship, War Is War! (1997) erano il frutto del lavoro solista di Agathon, il quale in seguito, pur mantenendone salde le redini, ha reso la sua creatura un band vera e propria.
I Gloomy Grim hanno sempre proposto un symphonic black metal dai tratti orrorifici e dagli esiti alterni ma nel complesso piuttosto interessante: quanto proposto in questa occasione altro non è che la fotografia di un progetto ancora in embrione, con diverse idee valide ma ancora da sviluppare e suoni rivedibili, soprattutto per quelli di tastiera piuttosto plastificati.
Tra gli otto brani offerti appaiono decisamente migliori i tre conclusivi, ovvero quelli corrispondenti al secondo demo, denotando come è naturale che sia un certo progresso rispetto a quello prodotto l’anno prima ma, evidentemente, una riproposizione pari pari di musica composta e incisa vent’anni fa risulta meno efficace e meno utile rispetto a quanto avrebbe potuto rappresentarne la sua riedizione ex novo.
Massimo rispetto per Agathon ed il suo lungo percorso artistico, e per la Symnbol Of Domination, etichetta ucraina che quasi sempre porta alla luce interessanti realtà sommerse dell’underground metal, ma questa uscita può risultare appetibile solo per quelli che ritengono i Gloomy Grim una band fondamentale (immagino che non siano moltissimi), mentre per tutti gli altri direi che si può tranquillamente passare oltre.

Tracklist:
01. Temple Of Agathon
02. Written In Blood
03. Pope Of The Black Arts
04. Asylum
05. Outro
06. War / Ashes
07. Blood
08. Reign

Line-up:
Agathon

GLOOMY GRIM – Facebook

Celesterre – The Wild

Il sound dei Celesterre convince soprattutto nei momenti in cui il sound si fa più epico ed evocativo, un po’ meno negli altri frangenti: resta comunque apprezzabile l’approccio non convenzionale della band olandese, che ha il merito di provare a svincolarsi dagli schemi consolidati.

Primo full length per questa band olandese denominata Celesterre, che si cimenta con un heavy doom dai tratti epici uscendo parzialmente dagli schemi stilistici più cupi ed estremi ai quali ci hanno abituato la Naturmacht e la sua sub-label Rain Without End.

Il sound della band di Den Haag è abbastanza arioso, pur conservando la cadenza tipica del classic doom, complice anche un’interpretazione sentita e stentorea del cantante/chitarrista/bassista Wouter Klinkenberg e di una serie non così scontata di assoli dallo splendido impatto melodico.
The Wild è un album strano, nel senso che il più delle volte sembra intraprendere strade imprevedibili per poi riportarsi in un alveo più tradizionale, lasciando però sempre la sensazione che queste divagazioni siano funzionali nel rendere più efficace il cammino all’interno dei sentieri sicuri e conosciuti.
Complessivamente il lavoro gode di una prima parte davvero brillante, grazie ad un pugno di brani intensi, melodici e venati di un’epicità che costituisce un deciso valore aggiunto: in Burst Into Life e Ramfight At Sundown, soprattutto, tali schemi compositivi vengono eseguiti in maniera brillante, mentre la più pacata ed acustica Endure The Cold è una piacevole oasi prima che l’istrionica (e forse un po’ fuori contesto) title track inauguri una fase del lavoro meno ispirata, pur mantenendosi su livelli più che accettabili, fino alla conclusiva e nuovamente efficace A Celebration Of Decay.
Di collocazione non semplice ma sicuramente dotato di una sua impronta personale, il sound dei Celesterre convince soprattutto nei momenti in cui il sound si fa più epico ed evocativo, un po’ meno negli altri frangenti: resta comunque apprezzabile l’approccio non convenzionale della band olandese, che ha il merito di provare a svincolarsi dagli schemi consolidati dimostrando una vis compositiva foriera di sviluppi interessanti nel presente e, ancor più, in futuro.

Tracklist:
1. Burst Into Life
2. Instinct
3. Ramfight At Sundown
4. Endure The Cold
5. The Wild
6. Hunger
7. The Pecking Order
8. A Celebration Of Decay

Line up:
Tim Zuidema – Drums
M. – Vocals (female)
Wouter Klinkenberg – Vocals, Guitars, Bass
Floris Kerkhoff – Guitars

CELESTERRE – Facebook