ONYDIA

Il video di A New Safe Path, brano che farà parte dell’album in uscita nel 2018 (Revalve Records).

Il video di A New Safe Path, brano che farà parte dell’album in uscita nel 2018 (Revalve Records).

Cradle Of Filth – Cryptoriana-The Seductiveness of Decay

Piacciano o meno a prescindere, questa volta i Cradle Of Filth hanno messo sul piatto argomenti a sufficienza per tacitare i detrattori per partito preso, riproponendosi al meglio nella loro veste di legittimi progenitori del symphonic metal estremo, gotico e romantico.

I Cradle Of Filth appartengono a quel novero di band che, ad ogni nuova uscita, vengono “simpaticamente” attese con i fucili puntati da parte di appassionati ed addetti ai lavori.

Del resto, anche negli anni del massimo fulgore, quelli corrispondenti ai primi quattro album, la divisione tra chi li amava e chi li odiava era netta e a questo ha sempre contribuito la presenza di un leader scomodo come Dani Filth, personaggio abbastanza sopra le righe e vocalist che non è mai stato apprezzato in maniera unanime per il suo caratteristico screaming “paperinesco”.
Ormai è passato quasi un quarto di secolo da quando il folletto britannico e la sua band impressero una svolta gotica e grandguignolesca al black metal, con un album sorprendente come The Principle Of Evil Made Flesh e successivamente con il capolavoro Dusk And Her Embrace. Gli album che seguirono, Cruelty And theBeast e Midian, si mantennero su un buon livello per poi veder scemare progressivamente la qualità, sia pure ancora con qualche sussulto, fino ad arrivare alle opere di questo decennio che hanno fornito decisi segnali di ripresa confermati pienamente da questo ottimo Cryptoriana – The Seductiveness of Decay.
Del resto il grafico qualitativo dei Cradle Of Filth non è dissimile da quello di illustri connazionali come Paradise Lost e My Dying Bride: una prima manciata di dischi eccellenti, un calo più o meno evidente ma generalizzato nella fase centrale della carriera ed un nuovo impulso creativo negli anni ‘10, con un ultimo album all’altezza dei fasti del passato.
Con Cryptoriana, i Cradle Of Filth ritornano ad esplorare quell’immaginario vittoriano che hanno sempre adorato, ammantandolo di un’aura gotica ovviamente esasperata ma confinata entro i limiti del buon gusto, il tutto poggiato su un tappeto sonoro thrash/black intriso delle consuete aperture sinfoniche e di azzeccate melodie, arricchite per di più da un efficace lavoro solista della chitarra.
Nonostante una persistente verbosità, il vocalist pare aver stemperato definitivamente il suo screaming abbinandolo ad un efficace growl, sorretto in diversi momenti dalla voce di Lindsay Schoolcraft: d’altra parte se, l’eccessiva “volatilità” della line-up è stato uno dei problemi che Dani ha sempre dovuto affrontare nel corso degli anni, non si può fare a meno di notare come per la prima volta la formazione sia rimasta immutata tra un full length e l’altro, con Richard Shaw e Marek “Ashok” Šmerda confermati alle chitarre, Daniel Firth al basso ed il tentacolare Martin “Marthus” Škaroupka alla batteria (oltre che alle tastiere in studio).
Forse è un caso, fatto sta che i tasselli spesso dispersi qua e là che hanno costituito il sound dei Cradle Of Filth per gran parte del nuovo millennio, paiono essere andati tutti al loro posto, come testimonia ampiamente un brano del livello di Heartbreak and Seance , anticipato giustamente come singolo e caratterizzato da linee melodiche di rara efficacia; Wester Vespertine si snoda furiosa ed incalzante, pur se punteggiata da parti corali, mentre The Seductiveness of Decay è l’altro picco del lavoro, con il suo tipico sviluppo colmo di cambi di tempo ma infiorettato da un ciclico assolo maideniano che ci si ritrova tra capo e collo senza alcun preavviso ma con un effetto trascinante.
L’ottima You Will Know the Lion by His Claw e Death and the Maiden chiudono il lavoro nella sua versione standard, mentre quella in digipack e in doppio vinile offrono anche due bonus track, tra le quali va segnalata la cover di Alison Hell degli Annihilator.
Piacciano o meno a prescindere, questa volta i Cradle Of Filth hanno messo sul piatto argomenti a sufficienza per tacitare i detrattori per partito preso, riproponendosi al meglio nella loro veste di legittimi progenitori del symphonic metal estremo, gotico e romantico.

Tracklist:
1. Exquisite Torments Await
2. Heartbreak and Seance
3. Achingly Beautiful
4. Wester Vespertine
5. The Seductiveness of Decay
6. Vengeful Spirit
7. You Will Know the Lion by His Claw
8. Death and the Maiden
9. The Night At Catafalque Manor
10. Alison Hell

Line up:
Dani Filth – Vocals
Marthus – Drums, Keyboards
Daniel Firth – Bass
Rich Shaw – Guitars
Ashok – Guitars
Lindsay Schoolcraft – Vocals (female), Keyboards

CRADLE OF FILTH – Facebook

Haemorrhage – We Are The Gore

Un bombardamento sonoro imperdibile per gli amanti di un genere che, quando è suonato a questi livelli, non lascia scampo.

E se l’album dell’anno, parlando di death metal estremo dai rimandi grind, arrivasse dalla vecchia Europa?

Forse molti non avevano fatto i conti con gli storici gore grinders spagnoli Haemorrhage che, sul finire dell’anno e quasi in zona Cesarini, mettono la palla in fondo al sacco con un colpo da maestro, mettendo una seria ipoteca sulla palma delle migliori torture in musica di questo 2017.
Infermieri e medici di un ospedale dove la gente non guarisce, ma lascia questo mondo sotto atroci sofferenze, fanno la ola all’ascolto di questa bomba sonora dal titolo We Are The Gore: una dichiarazione di intenti, un devastante tributo ai primi Carcass, valorizzato da una produzione esplosiva e da un songwriting che nel genere lascia di sale.
Sotto i ferri finiscono povere vittime inconsapevoli del sadico rito Haemorrhage, dal 1992 a sezionare corpi umani (vivi ovviamente) nell’ospedale più macabro del mondo dove le sale operatorie non sono altro che asettici covi dove i nostri massacrano a colpi di grind death metal dalla forza brutale, suonato divinamente e pregno di tutta la sadica malignità di un gruppo di serial killer sotto le mentite spogli di paramedici.
Mastering curato da Brad Boatright (Obituary, Nails, Skinless) e via con la lezione di anatomia firmata Haemorrhage, tra velocità al limite, cambi di tempo, blast beat e solos che tagliano la carne come affilati bisturi, o lacerano come seghetti per amputare, mentre il sangue abbonda, le urla sono puro e disperato dolore e la mezzora passa esaltante tra trombe d’aria brutali che devastano senza pietà.
Il singolo e video della title track anticipa questo bombardamento sonoro imperdibile per gli amanti di un genere che, quando è suonato a questi livelli, non lascia scampo.

Tracklist
1.Nauseating Employments
2.Gore Gourmet
3.We Are the Gore
4.Transporting Cadavers
5.Bathed in Bile
6.The Cremator’s Song
7.Medical Maniacs
8.Forensick Squad
9.Gynecrologist
10.Miss Phlebotomy
11.C.S.C. (Crime Scene Cleaners)
12.Prosector’s Revenge
13.Organ Trader
14.Intravenous Molestation of the Obstructionist Arteries (O-Pus VII)
15.Artifacts of the Autopsy

Line-up
Luisma – guitar, vocals
Ana – guitar
Lugubrious – vocals
Ramon – bass
Erik – drums

HAEMORRHAGE – Facebook

Essence of Datum – Nevermore

Nevermore continuerà a far discutere riguardo al prog metal, ma è indubbio che la band bielorussa ci sappia fare, grazie ad un sound duro come la roccia ma ricamato da tecnica e melodia.

Il prog metal è musica a 360° che dovrebbe tenere a distanza detrattori e quant’altro, ma che purtroppo è sempre motivo di discussione tra chi ama il genere e chi invece lo indica come esibizione tecnica fine a se stessa e poco emozionante: come sempre la verità sta nel mezzo e in ogni parte del mondo continuano a venire alla luce ottime realtà.

Erede del progressive rock, figlio ribelle della corrente settantiana a cui è comunque ed assolutamente legato, il metallo progressivo del nuovo millennio si è trasformato in un Kraken dai mille tentacoli, diventando un mostro che fagocita generi per risputarli, trasformati in musica per tutti i gusti, dal sound intimista ed emozionale delle nuove leve, alla tecnica sopraffina ma aggressiva dei gruppi dai rimandi metallici.
Gli Essence Of Datum si incontrano tra le strade di Minsk, capitale della Bielorussia, e il loro metal progressivo lascia buone impressioni non solo per l’ottima tecnica, ma per il feeling che riesce a crearsi con l’ascoltatore, non così banale quando si parla di lavori strumentali.
Nevermore è il secondo album, a distanza di quattro anni dal debutto Event Horizon, ed esplora il genere in molte delle sue sfaccettature, accontentando un po’ tutti gli abituali ascoltatori di musica progressiva.
Pochi attimi lasciati alla mera tecnica e tanta musica che riempie lo spazio, tra atmosfere melanconiche, partenze a razzo verso lidi neoclassici e aperture al rock progressivo tradizionale, il tutto legato da una matrice metal che raggiunge picchi estremi prima di tornare a respirare l’aria intimista delle proposte moderne.
Nevermore continuerà a far discutere riguardo al prog metal, ma è indubbio che la band bielorussa ci sappia fare, grazie ad un sound duro come la roccia ma ricamato da tecnica e melodia, ed è assolutamente consigliato a chi dei suoni progressivi ne ha fatto l’ascolto primario.

Tracklist
1.Satellites
2.Animal
3.Hexadecimal
4.Siberia
5.Aurorae (Australis | Borealis)
6.Blodørn
7.Thorns
8.Omens

Line-up
Dmitry Ramanouski – guitars
Alex Melnikau – bass
Pavel Vilchytski – drums

ESSENCE OF DATUM – Facebook