Shibalba – Psychostasis-Death Of Khat

L’operato dei Shibalba è strettamente consigliato a chi condivide con i tre musicisti la fascinazione esercitata dall’aura mistica delle discipline orientali.

Può stupire il fatto che un’opera come questo Psychostasis-Death Of Khat dei Shibalba sia stata pubblicata da una label come la Agonia Records che, normalmente, è dedita a generi estremi come black o death, visto che qui siamo in presenza invece di un’ambient dark trance, meditativa e sciamanica (citando letteralmente la scheda di presentazione).

L’apparente scollamento trova una sua spiegazione nel dato che due dei tre musicisti coinvolti nel progetto sono attivi da anni nell’ambito del black metal, trattandosi di Acherontas V.Priest, leader degli ellenici Acherontas, e Karl NE/Nachzehrer, che ha guidato fino allo scorso anno gli ormai disciolti svedesi Nåstrond; ai due si aggiunge il meno conosciuto Aldra-Al-Melekh.
Del resto non è neppure così infrequente l’incursione di musicisti dal background estremo in territori sperimentali, così come abbastanza spesso i risultati sono più che soddisfacenti; quella degli Shibalba è una proposta ovviamente rivolta ad un’audience differente da quella canonicamente dedita al metal o comunque, dotata di una grande disponibilità ad accogliere istanze sperimentali.
Psychostasis-Death Of Khat è fondamentalmente un prolungato (forse troppo) flusso sonoro nel quale rumore dronico, campane tibetane e invocazioni assortite si sovrappongono, offrendo a tratti momenti notevoli (l’acustica Reanimation of Akh che va a lambire la forma canzone e la minacciosa Opening the Shadow Box) ma restando quasi costantemente nell’alveo di un’ambient pesantemente ammantata di un’aura meditativa, strettamente connessa con la visione del mondo tipica delle filosofie orientali.
L’operato dei Shibalba, pertanto, è strettamente consigliato a chi condivide con i tre musicisti la fascinazione esercitata dall’aura mistica di tali discipline.

Tracklist:
1. Phychostasis-Death of Khat
2. Ihag Mthong
3. Kaoshikii Mahayana
4. Aether Ananda Aiwass
5. Naljorpa
6. Reanimation of Akh
7. Five Points of Desire
8. Orgasmic Inebriation
9. Opening the Shadow Box
10. Svarna Khecari Mudra

Line-up:
Acherontas V.Priest
Aldra-Al-Melekh
Karl NE/Nachzehrer

SHIBALBA – Facebook

VUUR

Il video del nuovo singolo ‘My Champion – Berlin’, dall’album ‘In This Moment We Are Free – Cities’ in uscita a ottobre (inside Out).

Il video del nuovo singolo ‘My Champion – Berlin’, dall’album ‘In This Moment We Are Free – Cities’, in uscita a ottobre (InsideOutMusic).

Witherfall – Nocturnes And Requiems

Nocturnes And Requiems è un album bellissimo e toccante che si inserisce di prepotenza tra le migliori prove di questo 2017 in senso assoluto, dimostrando che cosa il metal abbia ancora in serbo per noi fortunati consumatori di quella che di fatto è la musica più bella e sorprendente che ci sia.

Creato e manipolato in regime di autoproduzione e solo ora arrivato alle grinfie della Century Media, Nocturnes And Requiems è il primo lavoro di questi straordinari musicisti che con il monicker Witherfall hanno dato vita ad uno dei dischi più belli dell’anno, almeno per chi ama il metallo oscuro e progressivo statunitense.

Una storia da raccontare, quella del gruppo californiano, con musicisti della scena coinvolti in band come White Wizzard, Midnight Right, Iced Earth, Into Eternity e Circle II To Circle, insieme per dar vita a questo progetto che esce postumo all’indomani della morte del batterista Adam Sagan, risultando così il suo testamento musicale.
Raggiunti da Anthony Crawford al basso, il vocalist Joseph Michael ed il chitarrista Jake Dreyer, assieme a Sagan, hanno dato vita ad un album stupendo, tecnicamente ineccepibile, progressivo ma allo stesso tempo estremo e ricco di emozionanti, oscure e tragiche atmosfere.
Accompagnato da una bellissima copertina old school, per chi non conoscesse i musicisti impegnati si potrebbe addirittura pensare ad un’opera death metal, ma così non è: Nocturnes And Requiems è invece il disco definitivo di quello che si intende per thrash metal progressivo statunitense, una perfetta e suggestiva commistione del meglio di Nevermore, Symphony X, con una spiccata teatralità ed un’oscurità che è sinonimo del genere suonato negli U.S.A., senza dimenticare gli insegnamenti del maestro Jon Oliva.
Il tutto gira alla perfezione, con i talentuosi musicisti impegnati a conferire al sali e scendi progressivo un’anima che brucia di rabbiose o melanconiche emozioni, sotto l’effetto delle travolgenti Portrait, Sacrifice, il capolavoro End Of Time e la conclusiva Nobody Sleeps Here: un progressive metal duro come una roccia e drammatico, con un talento spropositato della band per il neoclassicismo che si evince da solos spettacolari e acustici che raggiungono l’apice nelle suggestive parti spagnoleggianti.
Nocturnes And Requiems è un album bellissimo e toccante che si inserisce di prepotenza tra le migliori prove di questo 2017 in senso assoluto, dimostrando che cosa il metal abbia ancora in serbo per noi fortunati consumatori di quella che di fatto è la musica più bella e sorprendente che ci sia.

Tracklist
01. Portrait
02. What We Are Dying For
03. Act II
04. Sacrifice
05. The Great Awakening
06. End Of Time
07. Finale
08. Nobody Sleeps Here Anymore

Line-up
Joseph Michael – lead/harmony vocals/keyboard
Jake Dreyer – lead/rhythm and acoustic guitars
Adam Sagan – percussion/background vocals
Anthony Crawford – bass

WITHERFALL – Facebook

Mesmur – S

S è un’opera magnifica, che si propone come la migliore per distacco del 2017 in ambito funeral.

Attendevo da tempo un nome nuovo che andasse ad arricchire con la propria presenza la scena funeral doom, stante il prolungato fermo negli ultimi anni di gran parte delle band storiche.

I Mesmur giungono a colmare questo momentaneo vuoto con un’opera monumentale come S, non solo confermando quanto di buono avevano già fatto con l’omonimo album d’esordio ma addirittura perfezionando e focalizzando al meglio le caratteristiche del genere.
Il questo d’ora di Singularity profuma già di capolavoro, con il funeral che ascende alle vette sulle quali stanno assise band come Esoteric, Evoken, Ea, Mournful Congregation, Monolithe e Worship, dalle quali i Mesmur attingono il meglio per tessere il loro dolente disegno musicale.
Il fondatore e compositore principale della band, lo statunitense Jeremy Lewis, con il suo lavoro alla chitarra e alle tastiere delinea un incedere sofferto ma carico di emotività, almeno nella traccia d’apertura e nell’altrettanto lunga e successiva Exile: qui la sei corde produce un lamento lancinante prima che il growl dell’australiano Chris G, vocalist anche degli ottimi Orphans Of Dusk, prenda il sopravvento scaraventando il sound in un abisso di oscurità.
Il gruppo è completato da una coppia ritmica decisamente incisiva ed altrettanto dinamica (se rapportata al genere, ovviamente) formata dal batterista John Devos (assieme a Lewis nei blacksters DallaNebbia) e dal bassista italiano Michele Mura (ex Lightless Moor): un’internazionalità che conferma per i Mesmur lo status di progetto (almeno per ora) esclusivamente da studio (del resto anche nel precedente album il basso era affidato ad un musicista residente nel vecchio continente, nella persona del norvegese Aslak Karlsen Hauglid).
Distension, terza traccia che viaggia sempre sul quarto d’ora abbondante di durata, mostra maggiori dissonanze e, se possibile, si trascina in maniera ancor più sofferta rispetto ai precedenti brani, ritrovando uno struggente barlume melodico nella sua part finale.
S = k ln Ω chiude questo splendido lavoro con sei minuti strumentali in cui l’ambient drone iniziale si stempera in note intrise di una malinconia cosmica, tratto preponderante di un’opera magnifica che si propone come la migliore per distacco del 2017 in ambito funeral, salvo auspicabili smentite in questi ultimi mesi.

Tracklist:
1. Singularity
2. Exile
3. Distension
4. S = k ln Ω

Line up:
Jeremy Lewis – Guitars/Synth
John Devos – Drums
Michele Mura – Bass
Chris G – Vocals

MESMUR – Facebook

Infestus – Dressed Of Darkness

Ep che si spera sia un’anticipazione per l’eventuale full length dei vampiri venezuelani Infestus, gruppo che segue la scia di sangue lasciata da Moonspell e Cradle Of Filth.

Ci inoltriamo in luoghi oscuri e pericolosi con Dressed Of Darkness, promo ep dei gothic metallers venezuelani Infestus, quintetto che succhia sangue nelle notti latine dal 1997, ma che ad oggi ha rilasciato solo un demo prima che questi quattro brani più intro arrivassero a portare virus e morte tra gli umani.

L’ep funziona, così come le atmosfere create dal combo vampirico, oscure, maligne e gotiche, melodiche il giusto per risultare un ottimo ibrido tra gothic, heavy e black metal.
In poche parole le atmosfere delle varie My Mourning Charlotte (davvero bella) e The Shadow Of The Vampire sono riconducibili ai maestri Moonspell, che in passato devono aver abusato dei colli e del sangue dei musicisti sudamericani, visto la devozione nei  loro confronti che si sprigiona dal sound del gruppo; anche i Cradle Of Filth appaiono tra le influenze principali, con qualche attimo di furia black/gothic specialmente nella conclusiva Blood Matriarch, altro brano decisamente riuscito.
Dressed Of Darkness, nel suo seguire perfettamente le gesta musicali dei gruppi citati non delude: le atmosfere sono ben congegnate, l’effetto orrorifico è assicurato e l’ep potrebbe rivelarsi una piacevole sorpresa per le anime notturne devote a dischi fondamentali come Wolfheart e The Principle of Evil Made Flesh.
Un full length degli Infestus potrebbe rappresentare un piacevole ritorno al passato per molti amanti del metal estremo a sfondo horror gotico, nel frattempo accontentiamoci di questo gustoso antipasto.

Tracklist
1. Vampírica
2. My Mournful Charlotte
3. The Shadow Of The Vampire
4. Lobizon
5. Blood Matriarch

Line-up
Raul Garcia – vocals
Felipe Foti – guitars
Hector Perez – guitars
Antonio Gonzales bass
Carlos Azuaje – drums

INFESTUS – Facebook

Radio Moscow – New Beginnings

Tornano dopo tre anni i Radio Moscow e lo fanno con New Beginnings, che conferma il loro valore rafforzandone la solida posizione ai vertici del genere.

Ho ancora negli occhi e soprattutto nelle orecchie la sensazionale performance che i Radio Moscow regalarono agli astanti in quel di Varazze (cittadina rivierasca ligure) nell’estate del 2015 in occasione del Riviera Summer Fest.

Il trio di rockers capitanati dal chitarrista Parker Griggs, musicista eccezionale e songwriter sopra le righe,  prese per mano quelli che ebbero ebbe la fortuna di fermarsi ad ascoltare, per portarli direttamente nel mondo del rock psichedelico e dell’hard rock dai rimandi agli anni settanta.
La mia recensione del bellissimo Magical Dirt non si fece attendere sulle pagine di InYourEyes, mentre il gruppo dell’Iowa continuava a calcare palchi e l’attesa tra il precedente lavoro e questo nuovo album fu inframezzata da Live! In California che immortalava la band sul palco nel corso dello scorso anno.
Tornano quindi dopo tre anni i Radio Moscow e lo fanno con New Beginnings, che conferma il loro valore rafforzandone la solida posizione ai vertici del genere.
La title track ci dà il benvenuto nell’arcobaleno psichedelico che la sei corde di Griggs disegna nel cielo, uno spettacolo di suoni rock, la pura essenza di quello che il genere dall’arrivo sulla terra di Jimi Hendrix ha donato ai suoi seguaci, inebriati di riff e sostanza illegali, trasportati oggi in altre dimensioni dalle atmosfere che i Radio Moscow riescono a creare.
Con chitarra, basso e batteria, niente di più e niente di meno, e la stoffa nel suonare un genere sempre in bilico tra il già sentito ed il capolavoro, i Radio Moscow partiti nel 2003, quando il rock vintage era roba per pochi intimi, continuano la loro missione nel divulgare il verbo psichedelico, sporcato di blues acido, southern e hard rock hendrixiano, mentre i Led Zeppelin e i Black Sabbath prendono a braccetto lo spirito del grande chitarrista e lo lasciano entrare nel corpo indemoniato di Parker Griggs, assoluto dominatore di questo prezioso scrigno di colori, note e forme.
Una jam lunga quaranta minuti, questo in conclusione risulta il nuovo album del gruppo statunitense, una scatola musicale psichedelica da cui estrarre ogni singola nota.

Tracklist
01. New Beginning
02. Deceiver
03. Woodrose Morning
04. Driftin’
05. No One Knows Where They’ve Been
06. Last To Know
07. New Skin
08. Pacing
09. Pick Up The Pieces
10. Dreams

Line-up
Parker Griggs – guitars, vocals
Anthony Meier – bass
Paul Marrone – drums and percussion

RADIO MOSCOW – Facebook

Exhumed – Death Revenge

Copertina old school, atmosfere da horror di serie b e tanto impatto fanno sì che l’album sia un gradito ritorno per il gruppo californiano, in palla e devastante sia nelle ritmiche che nei non pochi solos, con le chitarre torturate dalle mani di Bud Burke e Matt Harvey.

Un’altra band storica della scena death metal mondiale torna con un album di inediti tramite la Relapse, gli Exhumed.

Dopo averci regalato la re-release del primo album (Gore Metal: A Necrospective 1998-2015), uscita un paio di anni fa, il gruppo statunitense torna dunque con un lavoro composto da tracce inedite quattro anni dopo Necrocracy.
Gli Exhumed, pur non trovando mai la notorietà di altri gruppi della scena, suonano metal estremo dai primi anni novanta e i loro primi album erano dei tributi alla loro maggiore influenza, i Carcass dei primi lavori, con Slaughtercult a fare da punto fermo di una discografia immensa tra ep e split album e con otto full length licenziati, compreso questo ottimo Death Revenge.
Matt Harvey e compagni non deludono le attese degli amanti della band, sempre in bilico tra death metal old school e grind e con una forte componente brutal, che si evince in questo ultimo lavoro.
Death Revenge è un album vario, che alterna con maestria e tutta l’esperienza accumulata dai musicisti le varie componenti che formano il mondo del death metal, scaraventando contro un muro a colpi di ripartenze brutali, scariche grind e death metal d’alta scuola.
Copertina old school, atmosfere da horror di serie b e tanto impatto fanno sì che l’album sia un gradito ritorno per il gruppo californiano, in palla e devastante sia nelle ritmiche che nei non pochi solos, con le chitarre torturate dalle mani di Bud Burke e Matt Harvey.
Mike Hamilton e Ross Sewage vanno a costruire un muro ritmico impressionate e vario, mentre Death Revenge non lascia respiro con una serie di mitragliate estreme dal massacro assicurato.
Defenders Of The Graves (un titolo, un programma), Night Work, la sontuosa The Anatomy Act Of 1832, sette minuti di death metal a tratti esaltante, sono i brani cardine di un album riuscito e che dà una nuova giovinezza allo storico gruppo statunitense: consigliarne l’acquisto è il minimo.

Tracklist
1.Death Revenge Overture
2.Defenders of the Grave
3.Lifeless
4.Dead End
5.Night Work
6.Unspeakable
7.Gravemakers of Edinburgh
8.The Harrowing
9.A Funeral Party
10.The Anatomy Act of 1832
11.Incarnadined Hands
12.Death Revenge
13.Death Revenge Underture
14.A Lesson In Violence

Line-up
Bud Burke – lead guitar, vocals
Matt Harvey – vocals, guitar
Mike Hamilton – drums
Ross Sewage, bass, vocals

EXHUMED – Facebook

Svipdagr – To Torment the Men

To Torment the Men è un lavoro appannaggio di chi ama il black metal a prescindere, anche se va detto che i momenti di interesse superano ampiamente quelli che potrebbero lasciare perplessi anche gli ascoltatori più avvezzi al genere.

Etichetta :
Anno : 2017
Titolo (autore + titolo) :
Con gli Svipdagr si piomba in un interpretazione del black metal che più old school di così credo sia difficile immaginare.

Peraltro il trio, nonostante le apparenze del tutto scandinave, e in realtà composto da musicisti spagnoli tra i quali troviamo, con il nome Funedëim, quel Pako Daimler che abbiamo già abbastanza apprezzato sia con i death doomsters Famishgod sia negli Itnuveth.
Proprio questi ultimi sono rappresentati per due terzi negli Svipdagr visto che, assieme al già citato Funedëim, troviamo il chitarrista bassista Volundr con il solo drummer Thanatos a differenziare le line up delle due band.
Il black metal offerto in questo secondo full length intitolato To Torment the Men è quanto mai naif in ogni sua espressione, sia compositiva sia esecutiva, passando per la produzione: il tutto viene proposto in maniera minimale e scarna, con uno screaming che fa sembrare uno come Dani Filth un maestro di bel canto.
Da tutto ciò se ne potrebbe dedurre che l’album sia quantomeno trascurabile: probabilmente lo è per chi abbina la parola musica al virtuosismo tecnico e alla maniacale pulizia dei suoni, non per chi ricerca sensazioni diverse che possono essere veicolate in maniera più diretta e spontanea pur se imperfetta.
Qui gli otto brani portanti, intervallati da quasi altrettanti episodi di ambient orrorifica, possiedono linee melodiche notevoli e si rivelano spesso trascinanti nella loro asciutta linearità.
Decisamente obsoleto se vogliamo, ma di una purezza di intenti raramente riscontrabile, questo secondo parto a nome Svipdagr dovrebbe far breccia in chi apprezza il genere nella sua veste originaria, anche se ritengo che uno screaming meno gracchiante ne avrebbe elevato non poco il livello.
Detto questo, credo sia inutile ribadire che To Torment the Men sia un lavoro appannaggio di chi ama il black metal a prescindere, anche se va detto che, a mio parere, i momenti di interesse superano ampiamente quelli che potrebbero lasciare perplessi anche gli ascoltatori più avvezzi al genere.

Tracklist:
1. Everything
2. The Grace of God
3. Comes from Beyond
4. To Torment the Men
5. Takes Form
6. June 2nd 1348
7. The Famished Shadows
8. Unfinished Spirit
9. Dead Path
10. Under the Underworld
11. The Suffering Turns
12. Traveling in Depth Naked
13. Hell Dark Workshop
14. Your Misery
15. Across the Time

Line up:
Thanatos – Drums
Volundr – Guitars, Bass
Funedëim – Vocals, Guitars

SVIPDAGR – Facebook

Skognatt – Ancient Wisdom

Alla luce della bontà del sound offerto in due tracce come Ancient Wisdom e Xibalba, è maturo il momento per puntare alla pubblicazione di un lavoro a nome Skognatt dal minutaggio più consistente.

Skognatt è il progetto solista di Danijel Zambo, musicista tedesco molto attivo come compositore sia a proprio nome sia anche in ambito pubblicitario e cinematografico; il suo background comunque resta quello metal, ambito al quale si è dedicato negli ultimi anni anche con un’altra sua one man ban deominata Derailed.

In quel caso la materia trattata era un doom/post metal mentre, invece, in Ancient Wisdom , secondo ep come Skognatt, Zambo si dedica ad un black metal atmosferico e, almeno nel caso di questo ep, dai toni piuttosto soffusi.
Le due tracce presentate sono entrambe molto belle, ma in effetti il black metal risiede per lo più in qualche accelerazione e nello screaming del musicista di Augsburg, visto che l’utilizzo prevalente della chitarra acustica e le atmosfere evocative riportano addirittura ai primi Tiamat: niente male, considerando che tra tutti i vari influssi che le band odierne cercano di assorbire dal passato questo non è certo uno dei più saccheggiati.
Danijel Zambo si dimostra un compositore di vaglia, riuscendo peraltro a districarsi con disinvoltura tra album di metal, dai tratti comunque pesanti, ed una ricca produzione solista che svaria dall’elettronica all’industrial fino a più recenti puntate nel trip hop; una versatilità che, comunque non impdisace al nostro di mettere sul piatto un lavoro di metallica qualità, seppur molto breve.
Si può concludere dicendo che, alla luce della bontà del sound offerto in due tracce come Ancient Wisdom e Xibalba, è maturo il momento per puntare alla pubblicazione di un lavoro a nome Skognatt dal minutaggio più consistente.

Tracklist:
01.Ancient wisdom
02.Xibalba

SKOGNATT – Facebook

Usnea – Portals into Futility

Magnifico disco degli statunitensi che raggiungono il loro apice creativo: funeral, sludge e death fusi in modo magistrale.

A tre anni da un ottimo lavoro come Random Cosmic Violence la band statunitense di Portland si ripresenta con una magnifica opera, sempre su Relapse Records.

La band raggiunge, forse, il suo apice creativo, mantenendo il proprio trademark improntato su un suono dove si mescolano funeral-doom, death, sludge e aromi black: gli Usnea non sono i primi a cimentarvisi, ma  lo fanno con grande passione e importante conoscenza della materia; il songwriting è di alto livello e la capacità della band di creare suggestive atmosfere e melodie sempre su una base molto heavy, li fanno primeggiare. I cinque brani, tutti di lungo minutaggio, com’è giusto per il genere proposto, non sono particolarmente complessi ma sono ricchi di idee compositive sempre adeguate e la band si permette di suggerire la lettura di alcune opere distopiche e sci-fi, per meglio metabolizzare la struttura dei brani: ad esempio il brano Demon haunted world, disperato, cupo e opprimente è legato strettamente all’ omonimo libro di Carl Sagan del 1996. Altri scrittori noti e importanti come Frank Herbert (Dune) e Philip Dick (Valis) rappresentano suggestioni importanti per addentrarsi in cangianti brani come Pyrrhic Victory e A crown of desolation: nel primo la pesantezza del suono, l’alternarsi di vocals in scream e growl e l’atmosfera disperata si sfalda lentamente, nella parte centrale, in note cosmiche dove oscure dimensioni creano incubi in cui si smarrisce la memoria di sé. Nel brano finale A crown of desolation, mostro di abbondanti sedici minuti, si sublima la profondità emotiva della band, la devastante disperazione prende il sopravvento e un “io” travolto da minacce arcane perde completamente la speranza di ritrovare fragili equilibri; le vocals urlate, sgraziate accompagnate da un oscuro coro delineano scenari in cui la mente si spegne ed esplode come un nero cristallo impazzito.
Veramente un lavoro magnifico da assaporare lentamente, nota per nota, lasciandosi coinvolgere dalla notevole arte degli Usnea.

Tracklist
1. Eidolons and the Increate
2. Lathe of Heaven
3. Demon Haunted World
4. Pyrrhic Victory
5. A Crown of Desolation

Line-up
Joel Williams Bass, Vocals
Zeke Rogers Drums
Johnny Lovingood Guitars
Justin Cory Guitars, Vocals, Piano

USNEA – Facebook

TDW & Dreamwalkers Inc. – The Antithetic Affiliation

Metal d’autore che ci investe con tutta la sua forza progressiva, tra le trame di brani lunghi ma scorrevolissimi pur nel loro intricato sviluppo.

Il bello del mondo musicale che gira intorno al rock e al metal è che, quando pensi di aver già sentito tutto, arriva l’opera che va a toccare corde che credevi sopite o magari stimolate solo in presenza di musica destinata all’olimpo.

In questo vasto e sorprendente mondo non bisogna mai dare nulla per scontato, quindi ecco che nell’ultimo periodo di questo 2017 che va a concludersi, si presentano uno dietro l’altro lavori di spessore come questo splendida opera progressiva intitolata The Antithetic Affiliation degli olandesi TDW.
La band, nata da un’idea del musicista Tom De Wit e che in sede live prende il nome di Dreamwalker Inc., arriva al settimo album in una quindicina d’anni, un lavoro suddiviso in due cd denominati The Idealist e The Cynic.
Ottanta minuti circa di musica progressive non lasciano dubbi sul talento del musicista olandese e della sua band, aiutato da una serie di ospiti della scena internazionale tra cui il nostro Tommy Talamanca, mente dei fondamentali Sadist, qui alle prese con un solo in Lest We Forget, brano conclusivo della seconda parte.
Anche se non viene nominato sul promo in nostro possesso, Aryen Lucassen e le ultime opere di Ayreon sono il più facile dei confronti con questo mastodontico lavoro, che non lascia spazio alla noia e ci investe con una serie di cambi d’atmosfera che rendono la proposta dei TDW varia e perfettamente in grado di confrontarsi con le icone del progressive dai rimandi metallici e rock, tradizionali, ma aperti a soluzioni anche estreme pur di non lasciare indifferenti gli ascoltatori e, non a cas,o è proprio Lest We Forget a ergersi a sunto compositivo dell’album con i suoi venti minuti abbondanti di durata.
Metal d’autore quindi, una musica totale che ci investe con tutta la sua forza progressiva, tra le trame di brani lunghi ma scorrevolissimi pur ne loro intricato sviluppo (The More We Remember, le due parti di Monolith): ovviamente in un’opera del genere le influenze ed i passaggi più significativi vedono la presenza occulta di nomi storici del genere, passando dai Pink Floyd ai Dream Theater, dai Green Carnation ai Pain Of Salvation con una facilità disarmante.
The Antithetic Affiliation è un altro album che si giocherà il podio tra le migliori uscite dell’anno e noi non possiamo fare nulla di diverso se non raccomandarne l’ascolto.

Tracklist – The Idealist
1.The More We Remember
2.Anthem
3.Lovesong
4.Monolith – The Ascent

Tracklist – The Cynic
1.Monolith – The Descent
2.Aphrodisia
3.Dirge
4.Lest We Forget

Line-up
Tom de Wit – Vocals, Synths, Guitars
Lennert Kemper – Guitars, Vocals
Vincent Reuling – Synths, Vocals
Hanna van Gorcum – Violins, Treble Vielle, Vocals
Norbert Veenbrink – Guitars
Joey Klerkx – Guitars, Vocals
Peter den Bakker – Bass
Kenneth Martens – Drums

Cailyn Erlandsson – Lead Vocals on Dirge
Radina Dimcheva – Lead Vocals on Aphrodisia & The More We Remember
Martine Mussies – Cello on Dirge & Aphrodisia
Dave Mola – Guitar solos on Aphrodisia
Sophie Zaaijer – Violins & Viola on Anthem
Sascha Blach – Demonic Vocals on Lest We Forget
Tommy Talamanca – Guitar Solos on Lest We Forget
Mendel bij de Leij – Guitar Solos on Lest We Forget
Frank Schiphorst – Guitar Solos on Lest We Forget
Thomas Cochrane – Trumpet & Trombone on Lest We Forget
Nienke van der Kamp – Oboe on Lest We Forget & The More We Remember
Bob Wijtsma – Guitar Solos on The More We Remember

TDW – Facebook

Zornheym – Where Hatred Dwells And Darkness Reigns

L’oscurità, l’insanità mentale, l’orrore che diviene un’esperienza traumatica dietro le terribili sbarre di una cella, una gabbia asettica che aliena la mente già posseduta dal demone della pazzia: tradotto in musica il tutto si sviluppa in un black metal sinfonico atmosferico, annichilente, avvincente ed orchestrato a meraviglia.

L’oscurità, l’insanità mentale, l’orrore che diviene un’esperienza traumatica dietro le terribili sbarre di una cella, una gabbia asettica che aliena la mente già posseduta dal demone della pazzia: tradotto in musica il tutto si sviluppa in un black metal sinfonico atmosferico, annichilente, avvincente ed orchestrato a meraviglia da Zorn e i suoi Zornheym.

Where Hatred Dwells And Darkness Reigns è un debutto, licenziato dalla Non Serviam Records che, legate le cinghie alla sedia, vi trascinerà nel reparto psichiatrico più diabolico del mondo, dove i demoni si nutrono della sanità mentale degli uomini per poi scaraventarli in un incubo eterno.
Visioni infernali, aberrazioni umane raccontate con l’ausilio di orchestrazioni sinistre, che si alleano con dosi violentissime di metallo estremo, black metal scandinavo devastante e melodico, dalle sfumature classiche (specialmente nei solos) e dalle voci che passano da pulite allo scream, sottolineando disperazione ed estrema pazzia.
Aiutati da Sverker Widgren (Demonical, Diabolical, October Tide), protagonista di un ottimo lavoro alla console, il quintetto svedese ci regala una quarantina di minuti rinchiusi in questo mondo parallelo dove da anni sono rinchiusi aberranti figure ormai prive di umanità e totalmente corrotte dalla malattia, mentre la musica vola per poi inabissarsi nelle pozze di sangue lasciate da vene strappate con le unghie e con i denti sotto il bombardamento di brani come l’opener The Opposed, la devastante The Silent God, la terrificante Trifecta Of Horrors e la conclusiva, spettacolare Hestia.
Per gli amanti dei suoni estremi dalle suggestive trame orchestrali, in linea con quanto già espresso dagli ultimi Dimmu Borgir , Where Hatred Dwells And Darkness Reigns è un lavoro assolutamente consigliato.

Tracklist
1. The Opposed
2. Subjugation Of The Cellist
3. A Silent God
4. Prologue To A Hypnosis
5. Trifecta Of Horrors
6. And The Darkness Came Swiftly
7. Whom The Nights Brings
8. Decessit Vita Patris
9. Hestia

Line-up
Bendler – Vocals
Zorn – Lead Guitars
Scucca – Guitars
Angst – Drums
TBA – Bass

ZORNHEYM – Facebook

Nephilim’s Howl – Through The Marrow Of Human Suffering

I Nephilim’s Howl risultano credibili nel proporre ognuna delle diverse sfumature stilistiche immesse nell’album, dimostrando una buona varietà compositiva e nel contempo chiarezza di intenti su come sviluppare la propria idea di black doom.

Dal sempre ricco scrigno della I,Voidhanger ecco sbucare una nuova gemma intitolata Through The Marrow Of Human Suffering, opera prima dei finlandesi Nephilm’s Howl.

Il trio presenta un black doom che, se assimila per forza di cose le linee guida basilari fornite dai seminali Bathory, si sposta maggiormente verso un’interpretazione più aspra e nel contempo evocativa in stile Primordial. La splendida seconda traccia, Of Ordeals And Triumph, è abbastanza emblematica in tal senso, andando a lambire in maniera convinta le sonorità tipiche della band irlandese.
Questo accostamento serve sostanzialmente ad inquadrare il sound offerto dai Nephilim’s Howl, perché poi ogni entità dotata di un minimo di personalità fa storia a sé, immettendo nel proprio sound elementi di discontinuità rispetto ai propri modelli: i nostri, infatti, prendendo la mossa dalle basi citate, si muovono obliquamente tra pulsioni post metal (Hate Revelations) o sludge (Against The Worlds That Bind Us), per poi far confluire il tutto in una traccia più complessa ma dannatamente intrigante come la conclusiva Through The Marrow Of Human Suffering I, II & III.
L’album si snoda inizialmente esibendo il proprio lato più intenso ed epico per poi progressivamente incupirsi fino, appunto, ad un finale dagli accenni talvolta claustrofobici: il bello è che i Nephilim’s Howl risultano credibili nell’esibizione di ognuna di queste sfumature, dimostrando una buona varietà compositiva e nel contempo chiarezza di intenti su come sviluppare la propria idea di black doom.
L’interpretazione vocale di Reavhan è efficace in ogni sua veste mentre VJR tesse con sapienza tutte le trame strumentali ben coadiuvato dal lavoro percussivo di AEK, e tutto questo rende Through The Marrow Of Human Suffering un album ineccepibile sotto ogni aspetto, capace di offrire peraltro spunti stilistici molto meno inflazionati di altri: direi che gli elementi per tenere nella dovuta considerazione questo debutto dei Nephilim’s Howl ci sono davvero tutti.

Tracklist:
1. Void Reflections I – Remembrance
2. Of Ordeals And Triumph
3. Hate Revelations
4. Against The Worlds That Bind Us
5. Through The Marrow Of Human Suffering I, II & III

Line-up:
Reavhan – Vocals
AEK – Drums & percussions
VJR – Guitars, bass & synth

NEPHILIM’S HOWL – Facebook

ÆRA – Of Forsworn Vows

Of Forsworn Vows è un’ep già sicuramente esaustivo riguardo alle potenzialità di un nome nuovo come gli ÆRA,  in possesso di tutti crismi per ritagliarsi una posizione di riguardo nella scena black metal.

Buon ep d’esordio per il duo cileno/statunitense ÆRA.

Il musicista sudamericano Ulf Kveldulfsson propone un black metal atmosferico e dalle propensioni viking/pagan sul quale si poggiano le vocals abrasive di Tzel Vae, autore anche dei testi.
Questo primo assaggio che esce in CD per l’etichetta italiana De Tenebrarum Principio (dopo essere stato pubblicato in cassetta in edizione limitata) ci offre una realtà in grado di interpretare con buon piglio e spunti interessanti il genere nelle sue sembianze tipicamente scandinave.
Non so se quello del polistrumentista cileno sia un nickname oppure derivi effettivamente da discendenze nordeuropee, fatto sta che, comunque sia, in entrambi i casi  le sue generalità non appaiono affatto fuori luogo, alla luce dell’ortodossia e la padronanza con la quale viene affrontata la materia.
I tre brani, mediamente sui sette minuti di durata, sono abbastanza esaustivi riguardo alla capacità del duo di esprimere il meglio di un genere esibito con un piglio decisamente diretto, senza divagazioni e focalizzato con buona continuità sulla produzione di atmosfere epiche e solenni: Of Forsworn Vows è un’ep già sicuramente esaustivo riguardo alle potenzialità di un nome nuovo come gli ÆRA,  in possesso di tutti crismi per ritagliarsi una posizione di riguardo nella scena: in tal senso, l’inevitabile prova del nove sarà costituita da un’eventuale prossimo full length sulla cui bontà mi sento già fin d’ora di scommettere.

Tracklist:
1. The Kvlt ov Dream
2. Owls Not What They Seem
3. Thoughts Like Silver Bullets
4. Symmetric Kakophony
5. Leviathan
6. Dunwich Shaman
7. Wanderlvst
8. Valley Ov The Past Lives
9. Her Cosmic Song

Line up:
Tzel Vae – Vocals, Lyrics
Ulf Kveldulfsson – All instruments, Songwriting

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Giacomo Voli – Prigionieri Liberi

Con un sound raffinato ed elegante come ci ha abituato in tutte le opere che lo hanno visto protagonista, Giacomo Voli si dimostra talento sopraffino anche tra le note più leggere di Prigionieri Liberi.

Nuova proposta solista del talentuoso Giacomo Voli, con un passato a cantare una buona fetta della storia del rock, una fortunata apparizione a The Voice Of Italy nel 2014 dove ha ottenuto il secondo posto e, soprattutto, le ottime prove con i Teodasia ed i Rhapsody Of Fire.

Voli non si annoia di certo e continua a cantare metal o, come in questo caso rock, con il suo secondo lavoro solista, dopo l’ottimo Ancora Nell’Ombra uscito un paio di anni fa.
Questo nuovo album intitolato Prigionieri Liberi lo ha visto collaborare con Daniela Ridolfi per la scrittura dei testi, mentre l’opera è stata finanziata grazie a MusicRider.
Cantato in lingua madre e suonato da una manciata di musicisti del panorama metal/rock nazionale, Prigionieri Liberi conferma il talento del cantante nostrano, soprattutto con il rock melodico, comunque pregno di soluzioni metalliche negli arrangiamenti chitarristici, tra rabbia ed una via di fuga dalla prigionia, mentre si fa spasmodica la ricerca della felicità, espressa da brani emozionanti ed interpretati con trasporto da un Voli che, a tratti, lasciati i panni del vocalist metal, si trasforma nel Francesco Renga dei primi Timoria, specialmente nelle due bellissime canzoni Non Ci Pensi Mai e Il Libro Dell’Aassenza.
In Prigionieri Liberi troviamo rock italiano, musica d’autore che si nutre di melodie così come dell’elettricità di frustate hard rock, con il vocalist che, accompagnato da preparatissimi musicisti, sfoggia una performance splendida, con vette emotive davvero alte, come nella bellissima cover di Ti Sento dei Matia Bazar.
Con un sound raffinato ed elegante come ci ha abituato in tutte le opere che lo hanno visto protagonista, Giacomo Voli si dimostra talento sopraffino anche tra le note più leggere di Prigionieri Liberi.

Tracklist
1.Esasperante
2.Segni di Tregua
3.Non ci Pensi Mai
4.L’Ultimo Frame
5.Prigionieri Liberi
6.Templi Moderni
7.Ti Sento
8.Il Libro dell’Assenza

Line-up
Giacomo Voli – Voce, cori, composizione e arrangiamenti, produttore.
Riccardo Bacchi – Chitarre
Federico Festa – Basso
Demis Castellari – Batteria
Mattia Rubizzi – Elettronica e tastiere
Daniela Ridolfi – Testi

GIACOMO VOLI – Facebook

Corpus Christii – Delusion

Delusion non è solo un lavoro con lo sguardo rivolto al passato, perché il malessere ed il disincanto sono oggi ancor più di allora compagni non graditi dell’umanità, e i Corpus Christii veicolano al meglio tali sentimenti senza trincerarsi dietro produzioni minimali o esecuzioni strumentali approssimative.

Con i Corpus Christii ritorniamo nel fertile sottobosco del black metal portoghese, incontrandone una delle due espressioni più longeve.

Nocturnus Horrendus, al secolo Alexander Mota, è uno dei personaggi di spicco della scena, muovendo i primi passi con i Corpus Christii addirittura già nel secolo scorso, oltre ad essere attivo in altre band tra le quali vanno citati senz’altro i Morte Incandescente.
Delusion è l’ottavo full length per questo suo progetto, nel corso del quale è stato accompagnati da diversi musicisti e che vede oggi quale suo partner J. Goat; a livello stilistico il black che viene qui offerto non presenta particolari peculiarità puntando tutti sull’ortodossia e sull’impatto, facendo propri i modelli scandinavi e restituendone gli spunti in maniera piuttosto fedele.
Proprio questo dato, che a molti potrà apparire un punto debole, è semmai l’aspetto fondamentale che giustifica ampiamente una tale scelta stilistica: quello dei Corpus Christii è IL black metal, cupo, misantropico, incompromissorio e privo di concessioni melodiche o atmosferiche, come forse non si suona nemmeno più nelle lande dove il genere è nato.
Proprio la scena portoghese, come abbiamo già avuto modo di constatare direttamente parlando di una serie di uscite davvero convincenti, in tal senso si può considerare la più degna continuatrice, almeno a livello attitudinale, di quel movimento che all’inizio degli anni ’90 cambiò non poco il modo di intendere e vivere il metal estremo.
Delusion non è però solo un lavoro con lo sguardo rivolto al passato, perché il malessere ed il disincanto sono oggi ancor più di allora compagni non graditi dell’umanità, e Nocturnus Horrendus veicola al meglio tali sentimenti senza trincerarsi dietro produzioni minimali o esecuzioni strumentali approssimative; qui tutto è reso in maniera intelligibile ed adeguata ai tempi, facendo pervenire anche ai più duri d’orecchi un messaggio forte e chiaro: il black metal è sempre vivo e vegeto, e anche chi lo detesta dovrà necessariamente farci i conti per molto tempo ancora.

Tracklist:
1. The Curse Within Time
2. Chamber Soul
3. Become the Wolf
4. I See, I Become
5. Facing Concrete Mountains
6. Seeker of All
7. I Am the Night
8. Near the End
9. Carrier of Black Holes

Line up:
Nocturnus Horrendus – Guitars, Bass, Vocals, Lyrics
J. Goat – Guitars, Bass

CORPUS CHRISTII – Facebook

Tankard – Schwarz-Weiß wie Schnee (Eagles & Tankards)

Dichiarazione d’amore per il football ed in particolare per l’Eintracht Frankfurt Club da parte degli storici Tankard, qui in veste di super tifosi.

Football e metal: due passioni molte volte comuni nella vita di una persona, completamente rapita dalla musica per tutta la settimana per poi trasformarsi in un tifoso sfegatato nel fine settimana.

In Italia, Regno Unito, Spagna e Germania, ma ormai in tutta la vecchia Europa, la passione per il calcio, grazie anche ai canali satellitari e alle nuove regole delle coppe europee, hanno avvicinato i tifosi anche ai campionati fuori dai confini nazionali, con i nomi delle squadre e le loro vicissitudini che sono diventate famigliari, tanto da parlarne in egual misura alle vicende del proprio campionato.
Con gli storici thrashers tedeschi Tankard, freschi di uscita del nuovo album da noi puntualmente recensito e con la title track (One Foot In The Grave) che fa bella mostra di sé anche in questo ep, si diventa tifosi dell’Eintracht Frankfurt Club, storica compagine da sempre protagonista dei campionati professionistici tedeschi e delle coppe europee.
Schwarz-Weiß wie Schnee è una nuova versione dell’ep uscito nel 2006 ed inno della squadra che Gerre e compagni hanno avuto l’onore di suonare prima del calcio d’inizio della finale di coppa contro il Borussia Dortmund, all’Olympic Stadium di Berlino.
Un inno che profuma di pub prima e dopo la partita il sabato pomeriggio, epica dichiarazione d’amore metallica alla squadra del cuore.
Nell’ep è inserita la vecchia versione oltre alla title track del nuovo lavoro, lasciando che (Empty) Tankard, nella versione live del 2016, ci dia l’appuntamento per una nuova release targata Tankard.
Un ep simpatico, ma chiaramente dedicato ai fans della band e della loro squadra del cuore, anche se il video è da pelle d’oca e consigliato a tutti gli appassionati che nel weekend riempono le gradinate degli stadi di tutto il vecchio continente.

Tracklist
1. Schwarz-weiß wie Schnee (Studioversion 2017)
2. Forza SGE
3. Schwarz-weiß wie Schnee (1999er Version)
4. One Foot in The Grave
5. A Girl Called Cerveza
6. (Empty) Tankard (live, 2016)

Line-up
Gerre – Vocals
Andy Gutjahr – Guitars
Frank Thorwarth – Bass
Olaf Zissel – Drums

TANKARD – Facebook

I, Forlorn – My Kingdom Eclipsed

Il death doom offerto in My Kingdom Eclipsed è focalizzato al 100% al richiamo di impulsi emotivi ammantati di malinconia ma non di drammaticità o disperazione, il tutto grazie ad un sempre solido impianto esecutivo che demanda soprattutto alla chitarra solista il compito di delineare le migliori melodie.

Il primo full length del progetto solista denominato I, Forlorn, dietro al quale troviamo il musicista olandese Jurre Timmer, si propone come uno dei debutti su lunga distanza più riusciti in ambito death doom melodico negli ultimi tempi.

My Kingdom Eclipsed è un album nel quale viene sviluppato al meglio il potenziale atmosferico ed evocativo del genere, e ciò avviene attraverso un’interpretazione magistrale sia a livello vocale che strumentale, in aggiunta a doti compositive di primo livello.
Timmer, che in quest’occasione si firma con il nickname I, non è uno sconosciuto nell’ambiente, in quanto attivo già da qualche anno con un altro progetto solista denominato Algos, mentre dalle nostri parti ha collaborato in veste di vocalist alla riuscita del primo album de Il Vuoto, ma non c’è dubbio che quanto fatto con il monicker I, Forlorn lo ponga ancor di più all’attenzione generale.
Il death doom offerto in My Kingdom Eclipsed, pur con qualche sconfinamento nel funeral, è focalizzato al 100% al richiamo di impulsi emotivi ammantati di malinconia ma non di drammaticità o disperazione, il tutto grazie ad un sempre solido impianto esecutivo che demanda soprattutto alla chitarra solista il compito di delineare le migliori melodie.
Chiaramente I, Forlorn non apre un nuovo fronte nel genere ma raccoglie il meglio delle istanze già espresse in passato da Saturnus, Officium Triste, Doom Vs. e When Nothing Remains, mettendo sul piatto un’ora abbondante di musica dolente e coinvolgente che trova il suo picco, come è giusto che sia, nella title track, un monumento di depressiva bellezza che si sublima in un finale davvero toccante.
My Kingdom Eclipsed è un album inattaccabile per qualità e potenziale evocativo, composto da una musicista come Jurre Timmer dotato di quella innata sensibilità che è poi la dote in comune con la fascia di ascoltatori ai quali la sua opera è rivolta.

Tracklist:
1. Behind the Sun
2. House of Glass
3. My Kingdom Eclipsed
4. Hysteria
5. Spiral’s End
6. Through Her Eyes
7. The Fragile Beast
8. Embers

Line up:
I – All instruments, Vocals

I, FORLORN – Facebook