The Danger – The Danger

Hard & heavy senza compromessi, e si parte per le lunghe strade della riviera romagnola tra tra Motorhead e piadine, lambrusco e whisky.

Torna con il monicker leggermente cambiato la band nata sulle coste dell’adriatico (Bellaria) e conosciuta come The Danger Zone, con al microfono lo storico ex singer dei Vanexa, Marco Spinelli.

Attiva dal 1998 e con tre album all’attivo con il vecchio monicker, la band torna quindi sotto il nome The Danger ed un nuovo lavoro omonimo.
L’album è licenziato dalla band in doppia versione, la prima cantata come da tradizione in italiano e una seconda in inglese per avvicinarsi al mercato estero.
The Danger è un buon album di rock’n’roll ipervitaminizzato o se preferite di hard & heavy sfrontato, dal taglio punk e dai testi irrisori ma che si allontanano dalle tematiche porno del precedente lavoro uscito nel 2011.
Come si diceva, hard & heavy senza compromessi, un’attitudine da rockers navigati, come d’altronde sono, e si parte per le lunghe strade della riviera romagnola tra birra, ragazze e tanta musica rock, tra Motorhead e piadine, lambrusco e whisky.
L’album è composto da undici inni dedicati alla vita on the road ed al lyfe style da rockers duri e puri, mentre i testi scanzonati e ironici sono accompagnati dalla tecnica invidiabile della quale si possono vantare questi cinque ragazzacci del rock’n’roll che, oltre al citato vocalist, portano i nomi di Giorgio Crociati (chitarra), Denis Bedetti (chitarra), Stefano Vasini (batteria) e Nicola Sbrighi (basso).
Un album di rock duro, piacevole e godibile dall’inizio alla fine con due o tre canzoni che formano il cuore pulsante di canzoni come il super inno Metallari, L’amore No e la punkeggiante Cattivo Esempio.
Ho trovato che la proposta di una versione in inglese dell’album sia stata buona idea, trattandosi come è di un idioma molto più adatto alla musica suonata, fornendo un’ulteriore spinta a brani esplosivi ed esaltando anche la prestazione di Spinelli.
Questione di gusti, ovviamente, ma visto che vi troverete al cospetto delle due versioni , a voi la scelta e buon ascolto.

Tracklist
1.The Danger
2.Metallari
3.Scemo
4.Il Libeccio (il mio bar)
5.Rock ‘n’ Roll
6.L’Amore No
7.Bla Bla Bla
8.Alpornononsicomanda
9.California
10.Cattivo Esempio
11.Adrenalina (strumentale)

Line-up
Marco Spinelli (Spino) – Vocals
Denis Bedetti (Asiai) – Guitars
Giorgio Crociati (Jail) – Guitars
Nicola Sbrighi (Sbergi) – Bass
Stefano Vasini (Pelo) – Drums

THE DANGER – Facebook

Prophets Of Rage – Prophets Of Rage

Qui ci sono appunti di viaggio, canzoni che scorrono bene, sicuramente il concerto sarà carino, viste le capacità istrioniche di tutti loro, ma sembra un’occasione sprecata per poter spostare gli equilibri ancora una volta, dando una nuova veste alla rabbia che monta quotidianamente.

I Prophets Of Rage sono il gruppo che gli amanti della congiunzione carnale fra rap e metal avrebbero sempre voluto ascoltare, essendo composti dai Rage Against The Machine con unico escluso Zack De La Rocha (lo potete incontrare di sicuro quando i Lakers giocano in casa), B–Real dei Cypress Hill e Dj Lord e Chuck D dei Public Enemy.

Viste le premesse di questo super gruppo ci si aspettava un super disco, anche se il precedente ep The Party’s Over aveva fatto capire che c’era ancora bisogno di calibrare le forze. Prophets Of Rage è un buon disco, regge bene l’impatto ed è stato composto e costruito per essere suonato dal vivo, anche perché il concerto è ormai l’unica fonte di introito per un musicista. La struttura musicale fondamentale è quella dei RATM, anche perché in pratica chi suona gli strumenti in questo gruppo viene da lì, con Tom Morello che conduce le danze, essendo il vero deus ex machina del gruppo. Quindi compare il funk nella costruzione della canzone, con quel saliscendi tipico della band; buono è anche l’apporto della parte hip hop, e una delle cose migliori del disco è la sapiente regia di Dj Lord dei Public Enemy, uno dei meno conosciuti ma maggiormente bilanciati dj del mondo. Tutto funziona al meglio, ma l’impressione è che ci sia limitati a fare un compitinom seppur buono e al di sopra della media, ma ci si sarebbe aspettato qualcosa di diverso dall’unione di tali titani. Prophets Of Rage sembra quasi un disco dei Rage Against The Machine, senza certe asperità e ruvidezze che li avevano resi famosi, con tutti gli altri come ospiti. Questa gente ha creato pietre miliari nei loro generi inventando stili e musiche che hanno influenzato moltissime band; qui ci sono appunti di viaggio, canzoni che scorrono bene, sicuramente il concerto sarà carino, viste le capacità istrioniche di tutti loro, ma sembra un’occasione sprecata di poter spostare gli equilibri ancora una volta, dando una nuova veste alla rabbia che monta quotidianamente. Bene, ma si poteva fare decisamente meglio.

Tracklist
1. Radical Eyes
2. Unf–k the World
3. Legalize Me
4. Living on the 110
5. The Counteroffensive
6. Hail to the Chief
7. Take Me Higher
8. Strength in Numbers
9. Fired a Shot
10. Who Owns Who
11. Hands Up
12. Smashit

Line-up
Tom Morello – Guitar
Tim Commerford – Bass
Brad Wilk – Drums
Chuck D – Voice
B-Real – Voice
DJ Lord – Turntables

PROPHETS OF RAGE – Facebook

D.O.G. Disciples Of God – Unleashed

Un album che in meno di mezzora spara otto missili thrash, lambiti da un’anima rock’n’roll ed irrobustiti da potenti iniezioni groove metal alla Pantera, ed il tutto funziona, senza far gridare la miracolo, ma funziona.

Ancora ottimo metal in arrivo dagli Stati Uniti tramite l’attivissima Roxx Records, label specializzata in metal a sfondo cristiano.

Sempre poco conosciuto, il christian metal abbraccia non solo l’heavy metal tradizionale ed il power, ma sconfina molte volte in altri sottogeneri, l’importante è essere cristiani convinti e seguire la parola di Dio, il resto va da sé.
Questa scelta non inficia il valore dei prodotti, molto spesso di buon livello e noi, che per prima cosa siamo interessati alla musica, non possiamo che rallegrarcene avendo la possibilità di potervene parlare.
I D.O.G. (Disciples Of God) sono la nuova proposta della label statunitense, un super gruppo composto da vecchie volpi della scena come Terry Russell (Holy Soldier), Larry Farkas (Vengeance Rising) e Scott Strickland (Neon Cross): il bello viene quando, premendo il tasto play del vostro lettore, vi ritroverete al cospetto di un gruppo dal sound diretto, sporco, dal buon groove ma anche da ottime sferzate thrash metal vecchia scuola.
Motorhead vs primi Metallica, ci raccontano i tipi della Roxx, e non ci vanno poi molto distanti, specialmente riguardo ai quattro cavalieri di Frisco, quelli giovani, arrabbiati e senza compromessi.
Unleashed è un album che in meno di mezzora spara otto missili thrash, lambiti da un’anima rock’n’roll ed irrobustiti da potenti iniezioni groove metal alla Pantera, ed il tutto funziona, senza far gridare al miracolo, ma funziona: l’album così ci ricorda, per mezzo di bombe come No One Rides For Free, Seeking Your Face e l’irresistibile Armageddon, di come anche al Signore piace l’heavy metal, e di come suoi paladini armati di fede e strumenti sappiano suonarlo con ottimo feeling ed impatto.
Un’altra band da annoverare tra le migliori novità del rooster della Roxx Records, senza dubbio meritevole di un ascolto.

Tracklist
1. No One Rides For Free
2. Seeking Your Face
3. Pay The Piper
4. Into Thin Air
5. Aliens and Strangers
6. Armageddon
7. Life or Death
8. Hey You

Line-up
Terry Russell
Larry Farkas
Scott Strickland

D.O.G. – Facebook

Gerda/ Lleroy – Volumorama #4

Volumorama come al solito è sempre un’avanguardia del rumore, un vorticare di idee che saranno pure per pochi ma sono davvero un piacere per il cervello e per le orecchie di chi vuole un qualcosa che non sia omologato e fatto con passione e qualità.

Nuovo episodio per la serie Volumorama – Esplosioni di Underground Italiano – della Bloody Sound Fucktory, una delle etichette più innovative e di alta qualità del sottobosco italiano.

Questo è il primo Volumorama del 2017 ed è tutto marchigiano, rabbia e distorsione con un pezzo per uno dai Gerda di Jesi e dai Lleroy, jesini pure loro, ma trapiantati a Bologna. I Gerda con la loro traccia Vipera fanno sentire a che punto è la loro incredibile parabola musicale, una delle più interessanti del panorama italiano, con un emocore molto modificato e di difficile classificazione, ma di grande soddisfazione e profondità. I Gerda non sono mai ovvi, stupiscono sempre e riescono ad elaborare un suono sempre in movimento, mutante e potente, un percorso che non è ancora finito e riserverà grandi sorprese. I Lleroy sono un combo di hardcore moderno, che forse non è nemmeno definibile hardcore, ma mudcore come fanno loro, insomma bisogna sentirli per farsi un’idea. E l’ascolto di questo duo da l’idea di cosa sia il rumore fuori dallo schema, e Siluro li rappresenta molto bene. Inoltre i Lleroy sono usciti pochi mesi fa con Dissipatio Hc, un gran bel disco in free download sul loro bandcamp, e più di così cosa potrebbero fare?  Volumorama come al solito è sempre un’avanguardia del rumore, un vorticare di idee che saranno pure per pochi ma sono davvero un piacere per il cervello e per le orecchie di chi vuole un qualcosa che non sia omologato e fatto con passione e qualità.

Tracklist
01. Gerda – Vipera
02. Llleroy – Siluro

BLOODY SOUND FACTORY – Facebook

Old Night – Pale Cold Irrelevance

Questo disco d’esordio degli Old Night si presenta come una delle più belle sorprese dell’anno in ambito doom.

Questo disco d’esordio degli Old Night si presenta come una delle più belle sorprese dell’anno in ambito doom.

La band istriana, guidata da Luka Petrović, membro di una band storica della scena croata come gli Ashes You Leave, imprime da subito la propria interpretazione del genere, con l’intento piuttosto evidente di proporre un doom tradizionale ma con ampie sfumature che riportano al grunge più evocativo, e in primis agli Alice in Chains
Autori di una prova superba su tutta la linea, gli Old Night si avvalgono della notevole prestazione vocale di Matej Hanžek, raro esempio di equilibrio laddove molti eccedono in tonalità troppo stentoree oppure scelgono soluzioni opinabili.
Il substrato sonoro è robusto e rallentato come da copione ma la differenza viene fatta appunto da quella componente che trasporta i ragazzi di Rjieka direttamente all’estremo nord della West Coast senza che il tutto appaia affatto forzato e derivativo.
Pale Cold Irrelevance cresce con gli ascolti oltre che con lo scorrere della tracklist, avviandosi con brani più vicini al doom classico, pur se parzialmente intrisi di una componente alternative, per poi approdare ad una seconda metà davvero splendida, con una Architects of Doom degna dei miglior brani cadenzati degli Alice In Chains, per arrivare alle conclusive Something is Broken e Contemptus Mundi, quest’ultima splendente gioiello che si avvale di uno dei tanti ottimi assoli di Bojan Frlan, fotografando al meglio il talento e la maturità di questi ragazzi croati.
Da non sottovalutare neppure una evocativa Thieves of Innocence, altra testimonianza di una rara freschezza nella scrittura, nonostante le sonorità esibite affondino saldamente le loro radici nei fertili anni novanta; Pale Cold Irrelevance si colloca senza dubbio tra i migliori esordi di quest’anno, presentandoci nella maniera più sfolgorante una nuova band come gli Old Night, in grado di emozionare riproponendo in maniera personale sonorità immortali, in barba ai molti che frettolosamente le ritengono già archiviate.

Tracklist:
1. The Last Child of Doom
2. Mother of all Sorrows
3. Thieves of Innocence
4. Architects of Doom
5. Something is Broken
6. Contemptus Mundi

Line up:
Matej Hanžek – Vocals (lead), Guitar
Luka Petrović – Bass, Vocals
Nikola Jovanovic – Drums
Bojan Frlan – Guitars (lead)
Ivan Hanžek – Guitars (lead), Vocals

OLD NIGHT – Facebook

Magia Nera – L’Ultima Danza Di Ophelia

L’Ultima Danza di Ophelia è un bellissimo viaggio nella cultura e nelle leggende del dark rock nazionale, un tuffo nelle trame oscure e mistiche di cui la nostra penisola è ammantata da nord a sud.

Letteratura, cinema, pittura e soprattutto musica: gran parte dell’arte italiana porta inevitabilmente a parlare di leggende mistiche ed occulte e non è la prima volta che, per raccontarvi la storia di una band o di un album, partiamo dalla propensione per questi oscuri argomenti che da sempre contraddistingue la nostra penisola.

Magia Nera, un monicker che, dopo tutta la musica passata negli ultimi quarant’anni. porta a pensare ad un gruppo estremo: invece lo storico quintetto proveniente dalla provincia spezzina suona hard rock, a tratti psichedelico, ma vicino al sound dei maggiori gruppi britannici a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, primi fra tutti gli Uriah Heep ai quali viene dedicata la cover dell’immortale Gypsy, opener del debutto Very ‘Eavy Very ‘Umble.
Una storia praticamente finita prima di iniziare quella dei Magia Nera, spentasi prima di incidere l’album d’esordio e partire in tour con i New Trolls, e ora tornata a risplendere grazie alla reunion del gruppo al completo, con il solo ingresso del tastierista Andrea Foce e la registrazione di questo disco, rimasto in attesa d’essere terminato per lunghi decenni.
L’Ultima Danza di Ophelia è un bellissimo viaggio nella cultura e nelle leggende del dark rock nazionale, un tuffo nelle trame oscure e mistiche di cui, come detto, la nostra penisola è ammantata da nord a sud, e la colonna delle sonora delle poesie dark  raccontate dal cantastorie Emilio Farro non può non essere rock duro dal taglio dark progressive, con grintose sfumature che, appunto, riportano alla storica band britannica: un sound che ritrova nuova linfa anche grazie alla chitarra di Bruno Cencetti, ai tasti d’avorio di Andrea Foce, al basso di Lello Accardo e alle pelli percosse da Pino Fontana.
Nell’oscurità di un maniero, tra le colline che dividono la Liguria dalla Toscana, si celebra questo vecchio rito sabbatico con l’inizio dedicato ad Ophelia, seguita dal riff della splendida ed oscura Il Passo Del Lupo, La Strega Del Lago (in quota Uriah Heep) ed il canto di LaTredicesima Luna.
Il cuore del disco è lasciato a Dieci movimenti in cinque tracce, suite che porta alla conclusiva cover di Gypsy, chiusura di quest’opera d’altri tempi, affascinante ed imperdibile per tutti gli amanti del genere.
L’Ultima Danza di Ophelia non poteva rimanere nell’oscuro limbo al quale sembrava ormai destinata, e bene hanno fatto gli storici musicisti liguri a dargli finalmente una vita discografica.

Tracklist
1.Ophelia
2.Il passo del lupo
3.La strega del lago
4.La tredicesima luna
5.Suite: Dieci movimenti in cinque tracce
– Traccia uno: Movimento uno
– Traccia due: Movimenti due, tre, quattro
– Traccia tre: Movimenti cinque, sei
– Traccia quattro: Movimenti sette, otto
– Traccia cinque: Movimenti nove, dieci
6.Gypsy (Huriah Heep) bonus track

Line-up
Emilio Farro: Vocals
Pino Fontana: Drums
Lello Accardo: Bass
Andrea Foce: Keyboards
Bruno Cencetti: Electric Guitar

DIECHOTOMY

Il lyric video di “Nyctophobia”, dall’album di debutto “Diechotomy” uscito ad Agosto.

Il lyric video di “Nyctophobia”, dall’album di debutto “Diechotomy” uscito ad Agosto.

GOTR FEST

Anno dopo anno si presenta una ricorrenza importante in casa Grind On The Road: l’appuntamento con il GOTR FEST. L’undicesima edizione del festival hardcore, grind e metal si svolgerà sabato 21 ottobre al Wavedi Misano Adriatico (RN): sul palco Bologna Violenta, Buffalo Grillz, Viscera///, Noise Trail Immersion, Paperoga, Hell Brood.
Di seguito tutti i dettagli:

1 DAY OF HARDCORE, GRIND & METAL FESTIVAL
info/booking/distro
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RUNNING ORDER:
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| BOLOGNA VIOLENTA
| BUFFALO GRILLZ
| VISCERA ///
| NOISE TRAIL IMMERSION
| PAPEROGA
| HELL BROOD
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music selection HARDCORE.PUNK.METAL.ALTERNATIVE a 360°
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ESPOSIZIONI & DISTRO: (info/booking/distro)
DROWN WITHIN RECORDS
STRX
Insonnia Lunare Records
Hypershape Records
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Circolo Atmosfear – Via Conca n°4, Misano Adriatico (RN)
DOVE SIAMO

VIDEOTEASER: https://www.youtube.com/watch?v=we0HiRTz7QE&feature=youtu.be
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CRIS // GOTR BOOKING & PR COMPANY
http://grindontheroad.com/
https://www.facebook.com/GrindontheroadWebzine

Klogr – Keystone

Il gruppo mantiene un attitudine live anche su disco: Keystone così si rivela un album dall’impatto diretto e bisogna arrivare alla nona traccia prima che la tempesta alternative metal fatta sfogare dalla band trovi un minimo di pace.

Torna sul mercato il gruppo alternative metal/rock nazionale che meglio ha fatto in questi ultimi anni.

Sono passati ormai due anni da quando la band di Gabriele “Rusty” Rustichelli licenziava l’ep Make Your Stand, con incluso un dvd che immortalava il gruppo sul palco del Live Club Di Trezzo nel 2014 e confermava, specialmente a chi aveva solo sentito parlare dei Klogr, l’enorme potenziale che il quartetto si portava appresso.
Vero è che la band ha continuato a solcare palchi in giro per il mondo accompagnando nomi storici come i Prong di Tommy Victor, trovando comunque il tempo di registrare la chiave di volta, il viaggio musicale che il gruppo nostrano ci invita ad intraprendere per giungere alla comprensione di ciò che tiene insieme l’equilibrio del mondo.
Keystone si nobilita di questo difficile e serioso concept per espanderlo su un alternative metal altamente melodico, ma che non manca di una componente thrash e con la voce del leader ad alternare sapientemente un cantato dal piglio melodico e un altro più rabbioso ed in linea con l’anima metallica del gruppo.
Come ormai da tradizione i Klogr non risparmiano ritornelli accattivanti, molte volte in contrasto con la forza espressiva della musica che raggiunge lidi di potenza ben oltre le classiche ripartenze dei gruppi alternative, amalgamando thrash metal classico e moderno e inserendolo in un contesto che spinge la musica verso gli Alter Bridge.
Ecco in due parole la chiave di volta per comprendere la musica dei Klogr, che si rivelano degli Alter Bridge induriti e trasformati in una macchina metal da iniezioni metalliche e da qualche passaggio alla Prong.
Il gruppo mantiene un attitudine live anche su disco: Keystone così si rivela un album dall’impatto diretto e bisogna arrivare alla nona traccia (Dark Tides), prima che la tempesta alternative metal fatta sfogare dalla band trovi un minimo di pace.
Prison Of Light, la devastante Technocracy, Pride Before The Fall, l’inizio a tutta velocità thrash di Enigmatic Smile sono i momenti più intensi di Keystone, album riuscito che rappresenta une ottimo ritorno per i Klogr.

Tracklist
1.Sleeping Through The Seasons
2.Prison Of Light
3.Technocracy
4.The Echoes Of Sin
5.Pride Before The Fall
6.Something’s In The Air
7.Drag You Back
8.Sirens’ Song
9.Dark Tides
10.Silent Witness
11.Enigmatic Smile
12.The Wall Of Illusion

Line-up
Gabriele “Rusty” Rustichelli – Vocals, Guitar
Pietro Quilichini – Guitars
Maicol Morgotti – Drums
Roberto Galli – Bass

KLOGR – Facebook

Holy Soldier – Last Train (reissue)

Last Train fa parte degli ultimi colpi di coda del glam metal, un album assolutamente da fare vostro se ancora oggi non potete fare a meno di Motley Crue, Warrant, Cinderella e degli eroi del Sunset.

Una chicca per gli amanti del metal/rock che risplendeva nelle notti dell’allora capitale della nostra musica preferita, Los Angeles, la Roxx Records, label specializzata in christian metal, ristampa il bellissimo album dei glamsters Holy Soldier, Last Train, uscito originariamente nel 1992, quando ormai il genere tendeva a lasciare il campo in favore dei suoni che giungevano dalla piovosa Seattle.

Nato nel 1985, il gruppo giunse al suo capolavoro alla seconda prova, dopo il debutto omonimo del 1990, e  Last Train fu l’ultimo treno anche per il vocalist Steven Patrick, un duro colpo per il gruppo che un paio d’ anni dopo si ripresentò sul mercato con Eric Wayne al microfono ed un album (l’ultimo Promise Man) che schiacciava l’occhiolino alle sonorità grunge e che faceva perdere al gruppo fans e fascino.
Ma veniamo a Last Train, album spumeggiante picco di questa notevole band che già aveva raggiunto un buon successo con il disco precedente, ma che con questo lavoro metteva la quinta e sverniciava un bel po’ di gruppi più famosi, specialmente nel vecchio continente: glam metal, quel tocco di hard rock sporcato di blues (alla Cinderella del primo, splendido Night Songs) incastonato in un lotto di brani uno più bello dell’altro, peccato solo per l’uscita tardiva ed ormai in pieno calo di consensi per il genere.
Forti della bellissima voce del singer, gli Holy Soldier facevano parte della corrente White Metal, in una cultura rock dove le buone intenzioni erano lasciate dentro le case dei fans ed il cristianesimo non aveva certo molto feeling con trucchi, pailettes e vite bruciate sul Sunset Boulevard.
Parlando di musica, Last Train rimane un gran bel lavoro, tra grinta patinata, semi ballad e rocciose hard rock songs come le splendide Crazy, Hallow’s Eve, la cover degli Stones Gimme Shelter ed il rock, sparato a duecento all’ora sulla collina che domina la città degli angeli, dal titolo Dead End Drive.
Last Train fa parte degli ultimi colpi di coda del glam metal, un album assolutamente da fare vostro se ancora oggi non potete fare a meno di Motley Crue, Warrant, Cinderella e degli eroi del Sunset.

Tracklist
1.Virtue & Vice
2.Crazy
3.Hallows Eve
4.Gimme Shelter (The Rolling Stones cover)
5.Love Is on the Way
6.Dead End Drive
7.Tuesday Mourning
8.Fairweather Friend
9.Last Train

Line-up
Andy Robbins – Bass, Vocals
Terry Russell – Drums, Vocals
Jamie Cramer – Guitars, Vocals
Steven Patrick – Vocals
Scott Soderstrom – Guitars

HOLY SOLDIER – Facebook

MoE / Gerda – Karaoke

Questo split è quanto di meglio possa offrire l’underground in quanto a rumore e sentimenti, distorsioni e amore per musica che è oltre la musica e si va scontrare con la vita, e con quello che c’è là fuori.

Ci sono amicizie che nascono con la musica e poi vanno ben oltre, dovute al comune sentire che poi si fa sentimento.

I MoE sono un trio norvegese che ha fatto del noise ,del rumore e del situazionismo la propria ragion d’essere, e nel loro genere sono molto bravi, fra i migliori. I Gerda invece sono italiani, vengono da Jesi e sono molto bravi nel fare emocore violento e distorto, e anche nel noise se la cavano. Entrambi i gruppi sono due gioie che vengono dal sottobosco musicale di chi ci crede per davvero, non cavalca le mode e fa tutto per passione. Se poi possiedi anche un bel talento è ancora più bello. Forse un’altra definizione di questi gruppi potrebbe essere diversamente hardcore, perché l’attitudine è quella, do it yourself e fallo con rabbia, ma con creatività. I due gruppi si conoscono e stimano da dieci anni, hanno suonato assieme e il tutto è partito dal rumore finito nell’atmosfera, ed è poi ridisceso sotto forma di rumore. I Gerda interpretato un canzone dei MoE, e i norvegesi hanno rifatto un pezzo degli italiani. È molto interessante sentire le strutture sonore che si incrociano e che seguono pulsando fortissimo altri canali. I MoE fanno diventare i Gerda un qualcosa di più lento e catartico, quasi un emo noise, molto originale e graffiante, andando un po’ oltre il loro canone. Invece i MoE come al solito rivoltano tutto e lo vomitano in maniera violenta e pazzesca, come se dei dipinti surrealisti prendessero vita e vi picchiassero, surrealità e schiaffoni. Questo split è quanto di meglio possa offrire l’underground in quanto a rumore e sentimenti, distorsioni e amore per musica che è oltre la musica, e si va scontrare con la vita, e con quello che c’è là fuori. Ma dentro vi garantiamo che siamo come questo split, Karaoke.

Tracklist
side A – Fucked Up Voice
composed by Gerda, performed by MoE

side B – Mucosa
composed by MoE, performed by Gerda

GERDA – Facebook

MOE – Facebook

The Wake – Earth’s Necropolis

Il black metal offerto in questo esordio intitolato Earth’s Necropolis è connotato da un grande equilibrio tra furia ritmica e melodia, il che rende ogni traccia meritevole di ascolto.

The Wake è il nome di questa nuova band formata da due soli musicisti, uno rumeno e l’altro tedesco, celati dietro gli pseudonimi V e XII.

Indipendentemente da chi siano effettivamente i due, appare subito evidente che si tratta di elementi sicuramente esperti e comunque a proprio agio con la materia: infatti il black metal offerto in questo esordio intitolato Earth’s Necropolis è connotato da un grande equilibrio tra furia ritmica e melodia, il che rende ogni traccia meritevole di ascolto.
A livello stilistico ci si trova comunque in lidi tipicamente scandinavi, in quanto non sembrano prevalere in maniera netta le componenti tipiche né della consolidata scena tedesca né di quella emergente rumena
Il black dei The Wake ha un notevole impatto e non è scevro di una sua aura drammatica, grazie ad un bel lavoro chitarristico di XII, che delinea armonicamente il sound a cui fa da contraltare lo screaming di V, la cui provenienza dalla band hardcore di Costanza Protest Urban si evince non solo nello stile vocale ma anche da alcune sfuriate tipiche (Lost Painting), anche se di fatto il lato compositivo è appannaggio del chitarrista/bassista di nazionalità tedesca, facente parte peraltro di una band di buona notorietà come i Night In Gales.
Indubbiamente, il gusto melodico che è un tratto dominante della band madre è stato ampiamente trasferito ai The Wake, associandolo con naturalezza e sapienza alla componente black e portando a risultati di un certo spessore, rappresentati da brani azzeccati e trascinanti come Ship Of Hope, Earth’s Necropolis e la magnifica Trial Against Humanity, con gli ultimi due rinforzati dalle ospitate vocali di Michael Pilat e Costin Chioreanu, rinomato grafico oltre che leader degli ottimi Bloodway.
In definitiva, Earth’s Necropolis è un altro album da non perdere per chi desidera ascoltare sonorità riconducibili ai primi Dissection e successiva genia svedese, il tutto reso peraltro con un gusto piuttosto personale.

Tracklist:
1. Proem”
2. Isolated Illusion
3. Lost Painting
4. Cadavers
5. Ship Of Hope [featuring Joshua Kabe Ashworth]
6. The Painter Of Voices
7. Earth’s Necropolis [featuring Michael Pilat]
8. Trial Against Humanity [featuring Costin-Alexandru Chioreanu]
9. Closure

Line-up:
V – screams, voices, lyrics
XII – guitars, bass, programming

THE WAKE – Facebook

EMBRYO

Il video di The Same Difference, dall’album A Step Beyond Divinity in uscita a novembre (Art Gates Records).

Il video di The Same Difference, dall’album A Step Beyond Divinity in uscita a novembre (Art Gates Records).

EXARSIS

Il video di “General Guardiance”, dall’album “New War Order”, in uscita ad ottobre.

Il video di “General Guardiance”, dall’album “New War Order”, in uscita ad ottobre.

Josh Todd & The Conflict – Year Of The Tiger

Secondo album solista per Todd e secondo capitolo personale di un musicista che non molla la presa e continua a sfoggiare una forza sorprendente.

E’ dunque arrivato l’anno della tigre, almeno è quello che giura Josh Todd, cantante dei rockers statunitensi Buckcherry, qui alle prese con un album di esplosivo hard rock sotto il monicker di Josh Todd & The Conflict, con il quale dimostra d’essere un musicista che non molla la presa continuando a sfoggiare una forza sorprendente.

In Year Of The Tiger il famoso cantante americano si è fatto aiutare dal chitarrista e suo compagno nei Buckcherry Stevie D, che ha anche co-prodotto il disco insieme a Eric Kretz (Stone Temple Pilots), mentre la sezione ritmica è stata affidata a Greg Cash (basso) e Sean Winchester (batteria).
Nessuna grossa sorpresa, Todd continua a graffiare da par suo su un sound molto più hard rock rispetto a quello della band madre, e urla indiavolato come al solito la sua voglia di rock al mondo dimostrandosi come sempre all’altezza della situazione.
Che Todd sia un animale (in questo caso, una tigre) selvaggio lasciato libero di sbranare a colpi di rock’n’roll ipervitaminizzato tutto sesso e whisky che brucia nella gola è confermato da questa raccolta di brani che in poco più di mezzora, sanno scaricare adrenalina a fiumi, ma non disdegnano di affondare i colpi con le classiche ballate perdenti come chi con il rock ci ha bruciato una vita, tradito, perduto, ma poi puntualmente tornato più forte e deciso di prima, nutrito di rabbia positiva ma devastante come nella roboante title track e in The Conflict, vere esplosioni di musica del diavolo lasciata tra le mani di questi insani guerrieri.
Se volete ancora confronti con la band che ha reso famoso il singer americano, direi che questo lavoro porta in sé un po’ di quella carica che aveva un album come Time Bomb, anche se meno leggero e sfrontato e come già accennato più rabbioso, heavy e moderno.
La voglia c’è sempre, il talento pure: lunga vita professionale a Josh Todd.

Tracklist
1.Year Of The Tiger
2.Inside
3.Fucked Up
4.Rain
5.Good Enough
6.The Conflict
7.Story Of My Life
8.Erotic City
9.Push It
10.Atomic
11.Rain

Line-up
Josh Todd – Vocals
Steve Dacanay – Guitars
Sean Winchester – Drums
Gregg Cash – Bass

JOSH TODD AND THE CONFLICT – Facebook

Bluedawn – Edge Of Chaos

Un album nato da un’arcobaleno di tonalità che dal nero si spostano al grigio, teatrale ed affascinante: Edge Of Chaos è un lavoro riuscito, magari di nicchia, ma in grado di intrattenere le anime dalla sensibilità dark che popolano le notti del nuovo millennio.

Misteri, leggende, storie tramadate per secoli in una città che fu repubblica e crocevia di razze, ombre che le strette strade dei vicoli trasformano in oscure creature che ci inseguono fino al mare.

Una Genova alternativa fuori dagli sguardi superficiali dei turisti o di chi vive la città senza fermarsi un attimo a condividerne l’anima e la sua totale devozione alla musica rock, fin dai tempi dell’esplosione progressiva negli anni settanta, dei cantautori e del sottobosco musicale che ha dato i natali a straordinarie realtà metal.
In questo contesto si colloca la Black Widow Records e di conseguenza i Bluedawn, band heavy/prog doom metal capitanata dal bassista e cantante Enrico Lanciaprima, attiva dal 2009 ed arrivata con questo Edge Of Chaos al terzo capitolo di una discografia che si completa con il primo album omonimo e Cycle Of Pain, licenziato quattro anni fa.
Con l’aiuto di una serie di ospit,i tra cui spicca Freddy Delirio (Death SS), la band genovese esplora in lungo e in largo il mondo oscuro del doom/dark progressivo, ed Edge Of Chaos risulta così un lavoro affascinante anche se pesante e dipinto di nero, cantato a due voci da Lanciaprima e da Monica Santo, interprete perfettamente calata nel sound disperatamente oscuro e malato dell’album.
E sin dalle prime note dell’intro The Presence la tensione e la soffocante atmosfera dell’album sono ben evidenziate, con un’aura occulta ed evocativa a permeare tutti i brani dell’opera che sono valorizzati dai vari ospiti e da un uso molto suggestivo delle voci, uno dei punti di forza di un brano come Dancing On The Edge Of Chaos.
Il sax di Roberto Nunzio Trabona conferisce ad alcune tracce un tocco crimsoniano e l’anima progressiva del gruppo si fa tremendamente mistica ed occulta, con accenni atmosferici a Devil Doll ed al dark rock dei Fields Of The Nephilim, mentre la parte elettronica spinge la splendida The Serpent’s Tongue verso il podio virtuale all’interno della tracklist di Edge Of Chaos.
Sofferto, pesante ma tutt’altro di ascolto farraginoso, il pregio di questo lavoro è proprio quello di tenere l’ascoltatore con le cuffie ben salde alle orecchie: le sorprese del primo passaggio nel lettore diventano conferme dello stato di salute dei Bluedawn che, al terzo album, centrano il bersaglio, come confermato dalla notevole Baal’s Demise, nella quale tornano protagonista il sax, e di conseguenza, le sfumature crimsoniane.
Un album nato da un’arcobaleno di tonalità che dal nero si spostano al grigio, teatrale ed affascinante: Edge Of Chaos è un lavoro riuscito, magari di nicchia, ma in grado di intrattenere le anime dalla sensibilità dark che popolano le notti del nuovo millennio.

Tracklist
1.The Presence
2.Sex (Under A Shell)
3.The Perfect me
4.Serpent’s Tongue
5.Dancing On The Edge Of Chaos
6.Wandering Mist
7.Black Trees
8.Burst Of Life
9.Sorrows Of The Moon
10.Baal’s demise
11.Unwanted Love

Line-up
Monica Santo – Vocals
Enrico Lanciaprima – Bass, Vocals
Andrea “Marty” Martino – Guitars
Andrea Di Martino – Drums

James Maximilian Jason – Keyboards, Synth, Vocals
Caesar Remain – Guitars
Roberto Nunzio trabona – Saxophone
Marcella Di Marco – Vocals
Freddy delirio – Keyboard, Synth
Matteo Ricci – Guitars

BLUE DAWN – Facebook

HALLATAR

Il metal è un mondo fantastico, l’unico dove si conciliano sangue e amore, forse perché noi metallari abbiamo una sensibilità molto forte, e ciò è testimoniato da questa intervista nella quale Juha Ravio, già nei Swallow The Sun e Trees Of Eternity, e fondatore degli Hallatar che hanno appena pubblicato lo splendido No Stars Upon The Bridge, ci parla del suo disco e della morte della sua amata Aleah Stanbridge, primo motore di tutto ciò.

ME Può la musica essere una maniera per lenire il dolore di una perdita?

La musica è una cosa che può causare o togliere il dolore. Dopotutto tutta la musica è il migliore antidolorifico esistente, è la cura per l’anima.

ME La musica metal è una forma d’arte?

Assolutamente. La musica metal è una delle più potenti forme artistiche al mondo. Non ci sono molte altre forme di arte che possano essere così tenebrose, oscure, meravigliose ed ispiranti contemporaneamente come il metal. Può generare emozioni profondissime sia nell’ascoltarlo che nel leggere i testi.

ME Come è nato il disco?

Ho scritto l’album degli Hallatar in una settimana, e non ho cambiato quasi nulla in seguito.
Ho trovato un sacco di testi e poesie inedite di Aleah (Aleah Stanbridge, la compagna mancata recentemente, nda), e ho scritto le canzoni intorno a questi componimenti. In seguito ho chiesto ai miei amici Tomi Joutsen e Gas Lipstick di suonare nel disco e lo abbiamo registrato.

ME La morte della tua amata come ha cambiato la tua visione del mondo?

Ha cambiato ben di più della mia personale visione del mondo. Non ho frequentato né parlato granché con le persone per un anno e mezzo, tutto ciò mi ha spinto a non affrontare le persone. Vivo nella foresta profonda con i miei gatti e i miei cavalli e trovo la mia pace da qui.

ME Quali sono le tue fonti di ispirazione?

La natura del nord e le quattro stagioni sono le cose che mi ispirano maggiormente, e lo hanno sempre fatto. Anche la musica pensante, come Type O Negative, Duran Duran, Iron Maiden, Rush e i Marillion.

ME Per quale motivo la Finlandia ama così visceralmente il metal?

In realtà non saprei. Forse una delle ragioni è che quando siamo bambini i nostri genitori ci suonano e cantano filastrocche molto oscure e macabre. Esse sono molto metal.

ME Grazie mille per il tuo tempo e per la tua musica

Grazie a te per il supporto.

Metal is a fantastic world, the only one where blood and love are mixed, perhaps because we metallers have a very strong feeling, and this is evidenced by this interview, where Juha Ravio, already in Swallow The Sun and more, founder of Hallatar who just published the beautiful No Stars Upon The Bridge, tells us about his record and the death of his beloved Aleah Stanbridge, the first engine of all this.

ME Can music be a painkiller?

Music is the thing that can cause a lot of pain or it can heal the pain. But after all music is the best painkiller of them all, its the cure for the soul.

ME Metal music is a form of art?

Absolutely. Metal music can be one of the most powerful forms of art in this world. There is not many forms of art that can be such dark, painful, beautiful and uplifting at the same time than metal music. It can release deepest emotions by listening the music and reading the lyrics.

ME How is born the album?

I wrote the Hallatar album in one week and I didnt change anything on it afterwards. I found a lot of Aleah’s unreleased lyrics and poems and wrote the songs around them. Than I asked my friends Tomi Joutsen and Gas
Lipstick to play on the album and we recorded it together.

ME The death of your beloved how has changed your vision of the world?

It has changed much more the world inside me than my vision of the surrounding world. I have not seen people or talked much to anyone in a year and a half now, all of this has made me even more not wanting to face the people. I live in the deep woods with my cats and horses and find my peace from there.

ME What are your inspirations?

Nordic nature and the four seasons are the most inspiring things for me, always have been. Music wise it has always been Type O Negative, Duran Duran, Iron Maiden, Rush and Marillion.

ME Why Finland loves so much the metal music?

I really don’t know. But maybe one of the reason is that when we are children our parents play and sing us very dark and gloomy Finnish children bed time songs. They are very metal in many ways for sure.

ME Thank you very much for your time, and for your music.

Thank you for the support Massimo. All the best to you.

71TonMan – Earthwreck

Chiaramente sconsigliato a chi nella musica ricerca ricami e svenevolezze assortite, questo monolite firmato 71TonMan è esattamente ciò che si vorrebbe sempre ascoltare da una band sludge.

Il secondo full length dei polacchi 71TonMan è uno di quei lavori la cui pesantezza potrebbe far crollare il pavimento sul quale sta appoggiato il mobiletto con lo stereo e le casse.

Del resto, la band di Wroclaw tiene fede al proprio monicker, per cui queste 71 tonnellate di sludge doom si riversano come una cascata di fango sull’ascoltatore, seppellendolo definitivamente a colpi di riff densi e rallentati come da copione.
Non è solo pachidermico il sound dei nostri, però: benché una certa ossessività stia alla base della proposta, sottotraccia si celano linee che attribuiscono una precisa definizione ai diversi brani, anche se la resistenza uditiva viene messa a dura prova da quest’ora scarsa di sludge d’autore.
Messa così, a qualcuno potrebbe sembrare che Earthwreck sia essenzialmente un susseguirsi di riff senza arte né parte: invece qui di arte musicale ce n’è da vendere, perché non è affatto banale far coincidere una potenza di fuoco inarrestabile ad una (sempre relativa, naturalmente) fruibilità di fondo.
Chiaramente sconsigliato a chi nella musica ricerca ricami e svenevolezze assortite, questo monolite firmato 71TonMan per quanto mi riguarda è esattamente ciò che vorrei sempre ascoltare da una band sludge: forza, compattezza e idee chiare, che consentono di piazzare, dopo quasi venti minuti di randellate inferte senza soluzione di continuità, un arioso assolo di chitarra, oppure spingersi a lambire il funeral nella seconda parte di brani come Phobia e Torment, senza che il tutto vada ad attenuare o travalicare il senso di un impatto di rara efficacia.
Earthwreck è molto vicino ad un ipotetico stato dell’arte dello sludge, nel suo versante più vicino al death doom e al funeral piuttosto che a quello dello stoner e della psichedelia e, francamente, credo sia davvero molto difficile rendere questo genere in maniera più efficace.

Tracklist:
01. Lifeless
02. Negative
03. Phobia
04. Zero
05. Torment
06. Spiral

Line up:
K.K. vocals
M.Z. guitar
T.G.guitar
J.W. bass
J.K drums

71TONMAN – Facebook

Goatpenis – Anesthetic Vapor

Il suono dei Goatpenis è incessante, monolitico e tempestoso, eppure hanno un grandissimo senso della melodia, infatti riescono a costruire le canzoni con un andamento molto ondulato e non soltanto nella direzione della velocità, dando una struttura forte alle loro canzoni.

Venticinque anni di onorata carriera di massacri e olocausti sonori per i black metallers brasilani Goatpenis, e la storia continua.

Questo Anesthetic Vapor è sicuramente uno dei dischi migliori della loro già ottima carriera, cominciata nell’ormai lontano 1993, quando il Brasile vomitava gruppi come i Sarcofago ed altri, aprendo la strada a tanti gruppi sudamericani che poi avrebbero seguito la strada asfaltata da questi pionieri. In questo sesto album per i Goatpenis non c’è nessun cedimento, ma anzi si alza il livello di violenza in questa guerra. Il loro black metal veloce e saturo raggiunge apici molto alti, fondendosi con il death metal, che è un’altra caratteristica molto importante del loro suono. La produzione è molto accurata, non è assolutamente lo fi e permette di gustare al meglio questo suono davvero potente e magniloquente, che si potrebbe definire “war black death metal”. I Goatpenis mostrano la razza umana per quello che è, una distesa di cadaveri che fanno altri cadaveri, un sacco di carne morta e non molto di più. Questi brasiliani parlano di morte e sangue in maniera non casuale, sanno leggere tra le pieghe e la piaghe della storia. Il loro suono è incessante, monolitico e tempestoso, eppure hanno un grandissimo senso della melodia, infatti riescono a costruire le canzoni con un andamento molto ondulato e non soltanto nella direzione della velocità, dando una struttura forte alle loro canzoni. Anesthetic Vapor è un disco che farà felici i loro fans, ma è un gran disco per tutti, e continua la storia dei ragazzi di Santa Catalina.

Tracklist
01 Intro – Tambours Géants
02 Anesthetic Vapors
03 Humanatomy Grinder Chatter Studie
04 Machiavelli Reputation – Chapter
05 Excrementory Genocide
06 Carnivorous Ability
07 Krieg Und Frieden
08 Front Toward Enemy
09 Hallucinatory Sirens
10 Oppressive Ferric Noise
11 Pleasant Atrocities March

Line-up
Sabbaoth – Bass / Vocals
Virrugus Apocalli – Guitars

GOATPENIS – Facebook

Descrizione Breve

Autore
Massimo Argo

Voto
75

Devangelic – Phlegethon

L’inferno in musica viene descritto con l’aiuto del death metal estremo e brutale: Phlegethon è tutto questo e non risparmia nessuno, con ritmiche incalzanti ed una fluidità compositiva.

Dalla scena estrema romana, nido di mostruose creature metalliche brutali, ne abbiamo parlato in abbondanza in passato facendovi partecipi di molte delle opere uscite dalle menti di Corpsefucking Art, Degenerhate (tra le altre) ed appunto Devangelic.

Il passato per questa congrega di brutali musicisti si chiamava Resurrection Denied, ottimo esordio targato 2014, seguito dall’ep Deprecating the Scriptures l’anno dopo, mentre il presente è Phlegethon, nuovo lavoro licenziato dalla Comatose Music ed incentrato su un viaggio immaginario tra gli elementi più oscuri e brutali della Divina Commedia del sommo poeta Dante Alighieri.
L’inferno di Dante ben si adatta all’atmosfera da tregenda che il gruppo conferisce al proprio sound, una tempesta di suoni maligni accompagnati da un growl animalesco o, in questo caso, luciferino, profondo e più adatto per descrivere l’ambiente demoniaco che viene descritto da musica e testi.
L’inferno in musica viene descritto con l’aiuto del death metal estremo e brutale: Phlegethon è tutto questo e non risparmia nessuno, con ritmiche incalzanti ed una fluidità compositiva, già evidenziata nel primo lavoro, che è esemplificativo del livello raggiunto dai quattro deathsters capitolini.
Non ci si annoia con i Devangelic, anche se la proposta è ovviamente più indicata agli amanti del genere (e non potrebbe essere altrimenti), trattandosi di puro brutal death metal ispirato dalla scena statunitense con tanto di cover, nella versione digipack,  di He Who Sleeps tratta dal mastodontico Gateways to Annihilation dei Morbid Angel.
Ottima conferma e album da annoverare tra le migliori uscite tricolori nel genere, Phlegethon non deluderà gli amanti del brutal death metal, i quali avranno di che crogiolarsi tra gli inferi in questo ultimo scorcio d’anno.

Tracklist
1. Plagued By Obscurity
2. Mutilation Above Salvation
3. Of Maggots And Disease
4. Malus Invictus
5. Abominated Impurity Of The Oppressed
6. Condemned To Dismemberment
7. Wretched Incantations
8. Manifestation Of Agony
9. Decaying Suffering
10.Asphyxiation Upon Phlegethon
—-
11.He Who Sleeps (Morbid Angel cover)
12.Abominated Impurity Of The Oppressed (Promo 2016)

Line-up
Paolo Chiti – Vocals
Mario Di Giambattista – Guitars
Damiano Bracci – Bass
Marco Coghe – Drums

DEVANGELIC – Facebook