JELLYGOAT

Il lyric video di “My Song”, dall’album “Eat The Leech” (The Jack Music Records).

Il lyric video di “My Song”, dall’album “Eat The Leech” (The Jack Music Records).

Unru / Tongue – Split

Intimhölle Regression e Omega Male sono le due facce di una stessa medaglia, oltre che l’esibizione convincente di due band delle quali credo proprio sentiremo parlare anche in futuro, stante una comune efficace espressione che le porta a raggiungere lo stesso risultato percorrendo strade decisamemte diverse.

Non è insolito che uno split album accomuni band provenienti da una stessa nazione e, ovviamente, dedite ad uno stesso genere.

In questo caso si va anche oltre, visto che sia gli Unru che i Tongue provengono da Bielefeld, città della Vestfalia nota soprattutto ai calciofili più accaniti, visto che la locale squadra di calcio dell’Arminia ha militato spesso in Bundensliga.
Per entrambi i gruppi, simili anche in uno stato di servizio con un full length all’attivo nell’arco di una carriera ancora abbastanza fresca, lo stile esibito è il black metal, anche se non troppo canonico, essendo quello degli Unru oscillante tra pulsioni sperimentali e sfuriate quasi punk crust, mentre l’interpretazione dei Tongue sembra trarre ispirazione dalle lande d’oltreoceano e possiede comunque una maggiore vena atmosferica e, nel contempo, una più marcata ortodossia.
Ecco quindi emergere gli scostamenti tra le due band, che è poi ciò che arricchisce e rende ancor più interessante questo split album: Intimhölle Regression e Omega Male sono le due facce di una stessa medaglia, oltre che l’esibizione convincente di due band delle quali credo proprio sentiremo parlare anche in futuro, stante una comune efficace espressione che le porta a raggiungere lo stesso risultato percorrendo strade decisamemte diverse.

Tracklist:
Side A – U
1. Unru – Intimhölle Regression
Side B – T
2. Tongue – Omega Male

Line up:
UNRU
H. Unknown
A. Unknown
S. Unknown
T. Unknown

TONGUE
B. Bass (2014-present)
W. Drums (2014-present)
See also: Negativvm, ex-Stench of Styx
T. Guitars, Vocals (2014-present)
J. Guitars, Vocals (2014-present)

UNRU – Facebook

TONGUE – Facebook

Atrium Noctis – Aeterni

Aeterni non è un brutto lavoro e i fans del genere troveranno tra le trame sinfoniche, le accelerazioni estreme e le sfumature gothic/folk, più di uno spunto sufficiente per non spegnere il lettore dopo un paio di brani, ma è indubbio che dopo quindici anni di attività e al quarto lavoro, era sicuramente legittimo aspettarsi un album meno derivativo, prodotto meglio e con qualche idea in più.

Credevo di trovarmi al cospetto di un debutto ascoltando Aeterni, ultimo lavoro degli Atrium Noctis: songwriting scolastico, atmosfere alla Dimmu Borgir/Cradle Of Filth senza la violenta blasfemia insita nel sound delle due icone del genere, e un tocco gothic death che ricorda i connazionali Crematory, il tutto già sentito centinaia di volte.

Aeterni non è un brutto lavoro e i fans del genere troveranno tra le trame sinfoniche, le accelerazioni estreme e le sfumature gothic/folk, più di uno spunto sufficiente per non spegnere il lettore dopo un paio di brani, ma è indubbio che dopo quindici anni di attività e al quarto lavoro, era sicuramente legittimo aspettarsi un album meno derivativo, prodotto meglio e con qualche idea in più.
Invece il gruppo tedesco si presenta con un lavoro ispirato dalla nona sinfonia del compositore Antonin Dvorak e ad altre opere classiche, un concept ambizioso ma non sfruttato a dovere.
Le tastiere, ovviamente, svolgono un ruolo da protagonista nel sound del gruppo, il problema è che la produzione non valorizza il suono bombastico dei tasti d’avorio, le ritmiche furiose del black non incidono e la voce in screaming, pur cercando di risultare il più malvagia possibile, non rende giustizia alle atmosfere horror diaboliche classiche del genere; meglio allora quando, a seguire le evoluzioni strumentali è la voce femminile, operistica e capace di creare la giusta atmosfera.
La parte folk varia leggermente il sound del gruppo e sembra di entrare nel classico villaggio della Foresta Nera dove gli abitanti sono tenuti in ostaggio da streghe e folletti, che dal margine del bosco attendono il passaggio di anime da rubare e corpi per banchettare (se vi viene in mente il film Hansel & Gretel Cacciatori di Streghe, avete centrato il bersaglio).
Tra le tracce dell’album segnalo Leviathan, symphonic black metal song alla Dimmu Borgir, e Die Nacht Des Falken, dalle buone trame folk, il resto raggiunge la sufficienza con le unghie e con i denti.

Tracklist
1.Datura Noir
2.Zerberons Erwachen
3.AD
4.Leviathan
5.AD II
6.Die Nacht des Falken
7.ADE

Line-up
Hein – Vocals
Hydra Gorgonia – Keyboards
Sturm – Guitars
Thyratus – Guitars
Rhadamanthys – Guitars
Kalliope – Vocals

ATRIUM NOCTIS – Facebook

https://youtu.be/kbgWeA4_2O4

Diraxy – The Great Escape

The Great Escape non è assolutamente un album facile, la carne al fuoco è tanta e i brani hanno bisogno di tempo per essere compresi a fondo, quindi il consiglio è di dedicargli un po’ di tempo: gli amanti del progressive metal dal taglio moderno avranno di che sfamarsi con il ricco piatto musicale preparato dai Diraxy.

I Diraxy sono una band milanese nata nel 2013 , con un primo lavoro all’attivo autoprodotto dal titolo The Vagrant che li porta all’attenzione di FIL1933 Group, label per la quale esce  questo nuovo album intitolato The Great Escape.

Il sestetto lombardo propone un progressive metal moderno, anche se non mancano parti che strizzano l’occhio al prog tradizionale, ed altre che si avvicinano ad un approccio estremo: buona tecnica, cantato femminile che viene accompagnato in alcuni casi da un rabbioso growl, il tutto per quasi un’ora di musica dall’impatto sufficiente per garantirsi un posto nel panorama del metallo progressivo.
The Great Escape è un concept ispirato dalla vera storia di Jinan Badel, raccontata nel libro “Jinan, esclave de Daech” di Thierry Oberlé, reporter per Le Figaro, e dalla stessa Jinan Badel, che la band a sua volta racconta tra sfuriate metalliche, atmosfere più intimiste e suggestivi cambi di atmosfera.
Overture è l’intro che accompagna l’ascoltatore all’entrata del mondo musicale dei Diraxy e lo fa con uno strumentale dai rimandi settantiani, per poi lasciare a Hideout il compito di inoltrarsi nel bel mezzo delle atmosfere create dal gruppo, che alterna rock progressivo, post metal ed accelerazioni di stampo power/heavy.
Esempio di questo alternarsi sono Melek Taus , le ottime trame di Shelter ed i ricami progressivi di Monsters, con la singer Fede che si destreggia con autorevolezza tra questa ragnatela di note.
The Great Escape non è assolutamente un album facile, la carne al fuoco è tanta e i brani hanno bisogno di tempo per essere compresi a fondo, quindi il consiglio è di dedicargli un po’ di tempo: gli amanti del progressive metal dal taglio moderno avranno di che sfamarsi con il ricco piatto musicale preparato dai Diraxy.

Tracklist
1.Overture
2.Naschi
3.Hideout
4.Fooling Gravity
5.Melek Taus
6.Shelter
7.Shamal
8.Monsters
9.The Great Escape
10.Lie To Me
11.The Way Out

Line-up
Dario – Keyboards/Vocals
Fede – Vocals
Marco – Guitars
Dani – Guitars
Arro – Bass
Paolo – Drums

DIRAXY – Facebook

KLOGR

Il video di “Technocracy” feat. Art Cruz (Prong), dall’album “Keystone”.

Il video di “Technocracy” feat. Art Cruz (Prong), dall’album “Keystone”.

Priest – New Flesh

I Priest spaziano per tutto lo spettro dell’elettronica più cupa e marziale, possiedono grandi aperture melodiche e in alcuni frangenti sono autori di un pop eccezionale.

I Priest sono davvero una sorpresa perché ci si sarebbe aspettati una cosa molto differente, anche per il fatto che sono coinvolti personaggi che fino ad ora hanno fatto esperienze diverse rispetto a questo disco.

Sul gruppo in sé non è dato sapere molto, solo che sono svedesi, indossano maschere sadomaso e che fanno un synth pop con sconfinamenti nell’ebm e nella dance tout court. Il loro debutto è estremamente piacevole e coinvolgente, con un suono elettronico molto ritmato con fortissime influenze ebm, come si diceva prima, una voce molto particolare e una forte fisicità del suono. Gli amanti dell’ebm qui troveranno un suono che gli piacerà ma anche molta più varietà rispetto al solito. I Priest spaziano per tutto lo spettro dell’elettronica più cupa e marziale, possiedono grandi aperture melodiche e in alcuni frangenti sono autori di un pop eccezionale. Il disco è stato prodotto dall’ex Ghost Alha, e vede anche una partecipazione dell’altro ex Ghost Airghoul, e tutto il disco è pervaso da quel senso di satanica lussuria vittoriana che troviamo anche nei lavori del famoso gruppo svedese. New Flesh scorre benissimo, possiede un fascino ed una forza notevole, come un qualcosa del quale si sa che è male, ma anche terribilmente affascinante. Il disco ha uno scorrimento piacevole e quando si congiunge carnalmente con il pop sono davvero bei momenti. Si poterebbero prendere come punti cardinali i Depeche Mode, ma si passa anche da tutta la tradizione ebm, in special modo quella del Nord Europa, per arrivare ad una sintesi originale, lasciva e decadente. In questo album la sconfitta è data per sicura, ma si trova godimento nelle tenebre, e in musica come questa che è davvero di eccellente qualità.

Tracklist
1 – The Pit
2 – Vaudeville
3 – History in Black
4 – Populist
5 – The Cross
6 – Private Eye
7 – Nightmare Hotel
8 – Virus
9 – Call My Name
10 – Reloader

PRIEST – Facebook

Ceased – Resurrection Of The Flesh

I Ceased si rivelano davvero bravi nel conferire al proprio sound umori diversi, a seconda delle sensazioni descritte attraverso testi diretti ma tutt’altro che scontati.

Resurrection Of The Flesh, il primo full length dei tedeschi Ceased arriva dopo una serie di singoli che sono confluiti nell’album, essendo peraltro legati tra loro da un valido concept lirico.

La band di Karlsruhe sviscera in maniera piuttosto profonda il rapporto del’uomo con la morte che va a cozzare con il desiderio di una vita eterna, andando ad alimentare le varie credenze religiose e tutto quanto ne consegue: il mezzo musicale per descrivere tutto ciò è un death doom piuttosto melodico e di buona fattura, con una Black Room che apre di fatto il lavoro andando a lambire sonorità non distanti dai Forgotten Tomb, mente con Virus Of The World il sound si fa molto più cupo e privo di luminosità.
Cambiano le cose, in tal senso, nella parte centrale grazie a due brani più rallentati e dolenti come Emptiness e Resurrection Of The Flesh , decisamente attraenti ne loro sviluppo melodico affidato ad una chitarra solista lineare ma molto efficace, mentre le conclusive Before The Law e Meaningless Words riprendono un ritmo più incalzante, esprimendo in maniera credibile la disillusione e la rabbia verso le molte esistenze sprecate nel percorrere una strada piena di speranza al termine della quale c’è solo un portone chiuso a doppia mandata.
I Ceased si rivelano davvero bravi nel conferire al proprio sound umori diversi, a seconda delle sensazioni descritte attraverso testi diretti ma tutt’altro che scontati, anche se, alla luce dei risultati ottenuti, fossi in loro spingerei maggiormente in futuro verso quella vena maggiormente evocativa che dimostrano d’avere ampiamente nelle corde.

Tracklist:
01. I – Denial
02. Black Room
03. Virus Of The World
04. II – Depression
05. Emptiness
06. Resurrection Of The Flesh
07. III – Acceptance
08. Before The Law
09. Meaningless Words

Line-up:
N – vocals
D – guitar
Y – guitar
E – bass

CEASED – Facebook

SINSAENUM

Il lyric video di “Dead Soul”, dall’album ‘Ashes’.in uscita a novembre (earMUSIC).

Il lyric video di “Dead Soul”, dall’album ‘Ashes’, in uscita a novembre (earMUSIC).

Fading Azalea – Maze Of Melancholy

Maze of Melancholy è un esordio discografico autoprodotto che, anche per una produzione deficitaria, non rende giustizia alla musica scritta dalla musicista di Goteborg.

I Fading Azalea sono un duo svedese capitanato dalla polistrumentista Olivia (voci, synth e chitarre), aiutata dal batterista Kristoffer Surtr Jonassen e da Rafael Basso, special guest al microfono in due brani, In the Name of Justice e Where I Belong.

Maze of Melancholy è un esordio discografico autoprodotto che, anche per una produzione deficitaria, non rende giustizia alla musica scritta dalla musicista di Goteborg.
L’album, in generale, è un discreto lavoro di symphonic metal come non ne mancano sicuro sul mercato, specialmente underground, ma diciamo che probabilmente la proposta dei Fading Azalea è ancora troppo legata ad una dimensione amatoriale per cercare di trovare consensi fuori dalla loro nicchia di fans, specialmente in una scena mondiale piena fino al collasso di proposte del genere.
Inutile negarlo, per il genere suonato un lavoro più curato in studio diventa importantissimo per valorizzare le parti classiche unite al metal dai rimandi melodic death, caratteristica che manca completamente a questo lavoro che ha in qualche episodio qua e là delle impennate che, con gli artigli, scavalcano il muro della sufficienza in un giudizio globale che inevitabilmente non può non tenere conto dei difetti esposti.
La durata che supera l’ora non gioca a mio avviso alla resa di Maze Of Melancholy, che si trascina fino al termine tra le pur buone trame di Surface, Dying Paradise e Burning To Ashes, mentre si pecca di inesperienza lasciando l’ottima Where I Belong a chiudere un lavoro alquanto faticoso nell’ascolto totale.
Peccato perché alcune idee, pur evidenziando un legame strettissimo con i soliti nomi di punta del genere, potevano essere sviluppate meglio ed aiutate con un lavoro più curato in sala d’incisione.

Tracklist
1.Rêverie funeste
2.In the Name of Justice
3.Heart of Darkness
4.Flames of Death
5.Surface
6.Time to Realize
7.Dying Paradise
8.Fall of the Mask
9.Here I Am Again
10.I Lost My Way
11.Burning to Ashes
12.L’ombre derrière l’âme
13.Where I Belong

Line-up
Olivia – Vocals, Synths, Guitars
Kristoffer Surtr Jonassen – Drums

FADING AZALEA – Facebook

Obese – Anamnesis

Una delle tante sensazioni suscitate da questo disco è il piacere di ascoltate qualcosa di veramente originale che troppo spesso ci viene negato da un’eccessiva standardizzazione.

Gli Obese sono un gruppo di blues, solo che il loro blues è pesantissimo e tocca tanti altri generi.

Il secondo disco degli olandesi Obese riesce a migliorare il primo e già ottimo Kali Yuga, uscito su Argonauta Records nel 2015. Gli Obese sono un gruppo di una potenza incredibile, riescono a rendere fisica la loro musica, dandole un peso specifico che va in tutte le direzioni, le canzoni si sviluppano in maniere inconsuete, si accomodano dentro di noi come un liquido che occupa un solido. Anamnesis è un disco che non si ascoltava da tempo nell’ambito della musica pesante, proprio perché è un assalto totale e improntato al groove, scavallando il discorso dei generi. Un grande contributo è stato sicuramente portato dal nuovo cantante Vladimir Stevic, che ha una voce da misurare in megatoni, tanta è la sua potenza ed ampiezza. Le canzoni sono battaglie di note e distorsioni, e si viene sballottati come dentro ad un bidone che cade giù da un dirupo. Ci sono momenti in cui, come in una strada immersa nella nebbia, non si sa cosa venga dopo, ma ciò che segue è sempre qualcosa di bellissimo. Una delle tante sensazioni suscitate da questo disco è il piacere di ascoltate qualcosa di veramente originale che troppo spesso ci viene negato da un’eccessiva standardizzazione. Anche la produzione fa una parte importante perché riesce a cogliere al meglio questo suono fortemente originale ed abrasivo. Psichedelia, blues, stoner, psot metal, rock, e tanto tantissimo altro, ma soprattutto un qualcosa di fortemente strutturato e nuovo. Un disco che è un’esperienza sonora vera e propria.

Tracklist
1. Agony
2. Dunderhead
3. Mother Nurture
4. Anthropoid
5. Human Abstract
6. Ymir
7. Behexed
8. Psychic Secretion

OBESE – Facebook

Tarja – From Spirits and Ghosts (Score for a Dark Christmas)

Torna Tarja con un album di cover dedicato ad alcuni canti natalizi in una versione dark e malinconica che rispecchia il lato più triste delle festività natalizie, quello delle persone sole e sfortunate.

Torna Tarja Turunen, la divina tra le cantanti dal taglio operistico che si sono affacciate ormai da un po’ di anni sul panorama metal internazionale.

La splendida vocalist finlandese è sicuramente la più famosa e probabilmente la più brava almeno, quando la sua voce intona note classiche ed il suo fascino riempie di sfumature raffinate ed eleganti il mondo che le gira intorno, dalla musica all’aspetto visivo.
L’avevamo lasciata lo scorso anno con il metallico The Shadow Self, lavoro sulla lunga distanza che metteva in primo piano l’anima più grintosa della musica prodotta da quando, nel lontano 2005, lasciò i Nightwish al loro destino.
Tanto successo continua ad avere il gruppo di Tuomas Holopainen, ma altrettante soddisfazioni regala la carriera solista alla Turunen, con un contratto ben saldo con la major earMusic, ottimi musicisti che gravitano intorno alla cantante, compositrice ed autrice ed il suo entourage.
Questa volta, con il solo aiuto dell’orchestra, la cantante finlandese coverizza undici brani a sfondo natalizio, sottoponendo queste canzoni ad una trasformazione in oscure ballate orchestrali con le quali la Turunen esplora il lato nostalgico e melanconico delle festività natalizie, quello delle persone sole, ancora più disperate nel mezzo dell’atmosfera gioiosa del periodo.
Ne esce un album dall’approccio dark ed intimista, che la musica prodotta dall’orchestra accentua nella sua vena tristemente romantica e molto simile per impatto ad una colonna sonora.
Ed infatti l’album è stato prodotto dalla stessa Tarja assieme al compositore di colonne sonore e vincitore di Emmy Jim Dooley ed il produttore inglese Tim Palmer, già al lavoro con Pearl Jam, U2 e David Bowie: questo spiegamento di talenti ha prodotto un’opera suggestiva, perfettamente in grado di regalare emozioni anche se gli ascolti di chi si approccia all’album sono sicuramente più duri.
Oltre all’inedito Together, sono proprio i brani più conosciuti come Amazing Grace, O Tannenbaum, What Child Is This e la conclusiva We Wish You A Merry Christmas che ne escono stravolti dall’atmosfera dark/melanconica ad essi conferita, con la Turunen calata perfettamente in un angelo dark dalla splendida ugola.
Un’opera che risulta imperdibile per i fans della soprano finlandese, ormai non solo protagonista nella scena metal internazionale, ma artista completa e conosciuta anche a chi non ascolta abitualmente musica metal.

Tracklist
01. O Come, O Come, Emmanuel
02. Together
03. We Three Kings
04. Deck The Halls
05. Pie Jesu
06. Amazing Grace
07. O Tannenbaum
08. Have Yourself A Merry Little Christmas
09. God Rest Ye
10. Feliz Navidad
11. What Child Is This
12. We Wish You A Merry Christmas

Line-up
Tarja – Vocals

TARJA – Facebook

Solbrud – Vemod

Vemod si rivela uno degli album più convincenti dell’anno: rabbioso, intenso, ossessivo ma anche capace di far riflettere, in sintesi, difficile far meglio di così.

Vemod è il terzo full length dei Solbrud, band danese autrice ad un black metal decisamente di buona fattura.

Nonostante la contiguità geografica e linguistica con la Norvegia, dalla patria di Amleto non è certo uscita una quantità industriarle di gruppi dediti al genere, per cui questo quartetto proveniente dalla capitale costituisce a suo modo una piacevole anomalia.
I Solbrud interpretano il black con una vena al contempo algida ed atmosferica, e tutto sommato paiono volgere lo sguardo molto più ad ovest, verso le coste canadesi e statunitensi piuttosto che puntare alle vicine lande scandinave: così momenti più rarefatti di matrice ambient si alternano a repentine sfuriate dal notevole impulso melodico, come avviene emblematicamente nell’opener Det sidste lys.
Vemod consta di quattro lunghi brani che assieme raggiungono i cinquanta minuti di durata, il che rende impegnativo l’ascolto ma nel contempo consente ai Solbrud di sviluppare con più calma e meno frenesia la propria idea di black metal, che diviene poi decisamente esemplare per oscurità nei primi martellanti sei minuti di Forfald.
Indubbiamente la band danese segue uno schema consolidato e fruttuoso, affidando al tremolo delle chitarre il compito di delineare melodie che si stagliano sulla furia dei blast beat, interrompendo il tutto con passaggi più riflessivi che, alla fine, hanno la funzione di sospendere ad arte il flusso emotivo per poi incrementarne ulteriormente l’impatto al momento della ripresa.
Del resto funziona così anche per Menneskeværk e Besat af mørke, e quello che può apparire scontato e ripetitivo è in realtà la maniera ideale di veicolare al meglio, da parte dei Solbrud, la loro condivisibile visione apocalittica concernente il destino dell’umanità.
Vemod si rivela così uno degli album più convincenti dell’anno: rabbioso, intenso, ossessivo ma anche capace di far riflettere, in sintesi, difficile far meglio di così.

Tracklist:
1. Det sidste lys
2. Forfald
3. Menneskeværk
4. Besat af mørke

Line-up:
Tobias Pedersen – Bass
Troels Pedersen – Drums
Adrian Utzon Dietz – Guitars
Ole Pedersen Luk – Vocals, Guitars

SOLBRUD – Facebook

Fecalizer – Back From The Dead: The Wonder (S)hits

Un gruppo di culto, impegnato in un massacro senza soluzione di continuità, con le influenze che appaiono talmente ovvie da rendere superfluo menzionarle ed un approccio al genere davvero bestiale e selvaggio.

Amanti del metal estremo e del grind/brutal in particolare sedetevi comodi, e fatevi travolgere da questo album che racconta i primi quattordici anni di danni ai padiglioni auricolari che il trio messicano dei Fecalizer ha provocato nei fans di tutto il mondo.

I Fecalizer sono una realtà ormai consolidata di una scena estrema messicana che tramuta in musica l’ambiente selvaggio e violento delle metropoli del Centro America continuando la tradizione nel genere iniziata con gli storici Brujeria e Disgorge.
Magari meno conosciutoi ai fans più distratti, il trio di estremisti metallici ha una già lunga discografia composta da ep e split (come in uso nel genere) e soli due full length, Zombie Mankind Extermination, licenziato nel 2014, e l’ultimo Gore Galore dello scorso anno.
Back From The Dead: The Wonder (S)hits, raccoglie il meglio della discografia del gruppo, ventitré brani di brutal death metal unito da una sottile cordicella con il grind, che formano un’ora in compagnia di zombie famelici, atmosfere gore e tanto sano cannibalismo in un delirio da film splatter di serie z, assolutamente imperdibile per gli amanti del genere.
Ariel Blaster (batteria), Mr. Bogdan Nowak (chitarra) e Necro Cannibal (basso, voce) ci invitano al banchetto, un gustoso pasto composto da carne umana, mentre loro picchiano sugli strumenti come forsennati contribuendo non poco a questa orgia cannibale chiamata Fecalizer.
Un gruppo di culto, impegnato in un massacro senza soluzione di continuità, con le influenze che appaiono talmente ovvie da rendere superfluo menzionarle ed un approccio al genere davvero bestiale e selvaggio; una raccolta che diventa irrinunciabile per chi non conosce ancora il gruppo messicano, aspettando che il nuovo album di inediti prosegua nella carneficina che i Fecalizer hanno attuato in questi anni nella scena brutal death metal.

Tracklist
1. The Night He Came Home (Intro)
2. Anal Massacre
3. Fecalizer
4. Empire State Of Grind
5. Mortal Cumbath
6. Eat My Shit Mother Fucker
7. We Are Going To Eat You
8. Gore Galore
9. Let The Zombies Rule The World
10. Walking Cadavers Catastrophy
11. The Walking Dead Invasion
12. Living Dead Domination
13. Gangbang In Fecal City
14. Fuck Humanity
15. Morturom Demonto
16. Brutal Revenge
17. Dr. Cannibal
18. The House Of The Dead
19. BxRxAxIxNxSx
20. Born In Shit
21. Stench Coprophagy
22. When The Zombies Takes The Earth
23. Apocalyptic Friday

Line-up
Ariel Blaster – Drums
Mr. Bogdan Nowak – Guitars
Necro Cannibal – Vocals & Bass

FECALIZER – Facebook

Blues Pills – Lady In Gold Live In Paris

Live CD e DVD per i Blues Pills, immortalati sul palco del Le Trianon di Parigi a supporto dell’acclamato Lady In Gold uscito lo scorso anno.

I Blues Pills non sono certamente nuovi ad uscite live e la loro carriera, che vede all’attivo solo due lavori sulla lunga distanza( il debutto omonimo uscito nel 2014 e l’ottimo Lady In Gold dello scorso anno), viene ora arricchita da questa nuova uscita , la quarta dopo Live At Rockpalast (2014), Live At The Freak Valley Festival e Blues Pills Live (2015).

La novità sta nel supporto DVD che per Lady In Gold Live In Paris accompagna l’uscita in CD e LP dell’ennesima opera live del gruppo capitanato dall’affascinante musa Elin Larsson.
Registrato il 30 ottobre 2016 a Le Trianon di Parigi, il concerto immortala la band nel momento più importante della sua ancora breve apparizione nel mondo della musica rock con la seconda uscita per il colosso Nuclear Blast, un album che ha avuto ottimi consensi conquistandosi le preferenze dei fans dell’hard rock.
Sempre di rock vintage si tratta, psichedelico, pregno di blues che dal vivo risulta ovviamente più ruvido e selvaggio, e quel tocco soul che ricama qualche brano dell’ultimo lavoro.
La tracklist ha nelle tracce dell’ultimo lavoro il suo punto di forza, anche se non sfigurano certo quelle del primo album, più hard rock rispetto al suo fortunato successore, come High Class Woman e Devil Man due delle canzoni più belle scritte dalla band fino ad oggi.
I musicisti assecondano la straordinaria voce della Larsson (dal vivo più ruvida e convincente) con una buona prova d’insieme creando, come a tratti si evince in studio, un’atmosfera da jam settantiana e psichedelica che risulta il punto di forza dei Blues Pills.
Il supporto video conferma le ottime impressioni lasciate dall’ascolto del CD con un dettaglio che, a mio parere, va evidenziato: scordatevi le sirene hard blues perdenti e tossiche alla Janis Joplin, perché la cantante svedese ci regala un’interpretazione tra lustrini e paillettes e, bravissima e bellissima, si rivela l’opposto dei suoi compagni, calati, anche nel look, nell’atmosfera freak dell’opera.
Lady In Gold Live In Paris è per i fans dei Blues Pills un acquisto obbligato proprio perché, come già scritto, immortala la band nel suo momento migliore.

Tracklist
1. Lady In Gold
2. Little Boy Preacher
3. Bad Talkers
4. Won’t Go Back
5. Black Smoke
6. Bliss
7. Little Sun
8. Elements And Things
9. You Gotta Try
10. High Class Woman
11. Ain’t No Change
12. Devil Man
13. I Felt a Change
14. Rejection
15. Gone So Long

Line-up
André Kvarnström – Drums
Zack Anderson – Bass
Elin Larsson – Vocals
Dorian Sorriaux – Guitar

BLUES PILLS – Facebook

Kawir – Exilasmos

L’impasto sonoro è qualcosa che solo i Kawir propongono, e provoca un grande coinvolgimento, mostrando come la via ellenica al black metal sia ancora molto vitale e fertile, anche perché con il retroterra storico greco il materiale non manca di certo

Settimo disco per uno dei pilastri greci del black metal, i Kawir.

Questo gruppo faceva parte di quella nidiata satanica che la Grecia aveva partorito tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta, con nomi come Rotting Christ, Varatrhon e Necromantia, gruppi che insieme ai Kawir hanno aperto una nuova ed importantissima via ellenica e mediterranea al black metal, molto diversa da quello scandinavo tanto da apparire in certi casi una cosa totalmente a sé. I Kawir di quella ondata hanno rappresentato e rappresentano tuttora la parte più pagana ed ellenica, e questo disco è una celebrazione delle gesta e delle vite di personaggi del pantheon greco come Edipo, Agamennone, e Tantalo fra gli altri. Il suono dei Kawir è un misto di black e di pagan metal, cantato con un growl molto preciso e di grande effetto. Il gruppo viaggia ad alte velocità, e la radice del suono sta in giri di chitarra black non iper veloci ma sostenuti, negli intarsi della parte ritmica e nel gran lavoro di tastiere e di strumenti tipici greci. L’impasto sonoro è qualcosa che solo i Kawir propongono, e provoca un grande coinvolgimento, mostrando come la via ellenica al black metal sia ancora molto vitale e fertile, anche perché con il retroterra storico greco il materiale non manca di certo. Il livello qualitativo dei dischi di questa band rimane molto alto, forse non al livello di innovazione che avevano i loro lavori degli anni novanta, ma Exilasmos si rivela bilanciato e coinvolgente, fatto da un gruppo che ha la completa padronanza dei propri mezzi e li usa al meglio. Exilasmos in greco antico significa placare la rabbia degli dei, e le storie qui narrate sono piene di paradigmi mitici che vanno bene anche per i nostri tempi.

Tracklist
01 Lykaon
02 Oedipus
03 Tantalus
04 Thyestia Deipna
05 Agamemnon
06 Orestes

Line-up
Therthonax – rhythm and lead guitars
Melanaegis – rhythm, lead guitars, solos, and 12-string acoustic guitar
Porphyrion – vocals
Echetleos – bass
Hyperion – drums and ercussions
Pandion – bagpipes, wind instruments, and psaltere
Aristomache – keyboards

KAWIR – Facebook

Auditory Armory – Dark Matter

Alternative metal e dark gothic rock si mescolano tra le trame di questo Dark Matter, album che prova a richiamare fans sia dal dark/gothic sound che dall’alternative più oscuro dalle reminiscenze statunitensi, senza impressionare granché.

Presentati al pubblico come una prog metal band moderna, gli Auditory Armory licenziano il loro secondo lavoro nel quale di musica progressiva non ce n’è neanche l’ombra.

Il gruppo proveniente dalla Florida si muove nel mondo del metal/rock alternativo, magari dalle tinte leggermente dark ma pur sempre moderne e in linea con il sound in auge nel nuovo millennio; poi d’incanto l’atmosfera si fa metallica, classica oserei dire, e un brano come A Path Unknown è sconvolto da una cavalcata maideniana per nulla scontata, non ci fosse la voce della singer ad appiattire il tutto.
April Rose non avrebbe neppure una brutta voce, ma sinceramente la sua prestazione in brani come la steeliana Love You To Death lascia alquanto a desiderare per la mancanza di pathos nell’interpretazione di un brano invece lascivo, sensuale e dark nella sua versione originale.
Alternative metal e dark gothic rock si mescolano tra le trame di questo Dark Matter, album che prova a richiamare fans sia dal dark/gothic sound che dall’alternative più oscuro dalle reminiscenze statunitensi, senza impressionare granché, se non per una certa convinzione esibita dalla band: un lavoro del genere probabilmente avrebbe reso maggiormente con un cantante dalle tonalità profonde e più espressive della pur volenterosa artista statunitense.
Oltre a A Path Unknown, brano di punta a livello qualitativo di Dark Matter, il resto del lotto si muove tra il metal ed il dark/rock alternativo senza lasciare particolari in chi, apprezzando tali sonorità, troverà sicuramente di meglio, per esempio, nel nostro paese.

Tracklist
01. Transcendence
02. Tyrant
03. The Light That Was Lost
04. Cry Little Sister
05. A Path Unknown
06. Love You to Death
07. Dark Matter

Line-up
April Rose – Vocals, Guitar
Oscar Garcia – Drums
Dennis Burns – Guitar
Justice Maynard – Bass

AUDITORY ARMORY – Facebook