Il lyric video di “Conquer the Illusions”, dall’album “Deception”, in uscita a novembre (Wormholedeath).
WORSTENEMY
Il lyric video di “Conquer the Illusions”, dall’album “Deception”, in uscita a novembre (Wormholedeath).
Il lyric video di “Conquer the Illusions”, dall’album “Deception”, in uscita a novembre (Wormholedeath).
Il lyric video di “Conquer the Illusions”, dall’album “Deception”, in uscita a novembre (Wormholedeath).
Questi buoni otto brani si sviluppano su tempi medi riproposti con una certa regolarità e dal livello complessivo confortante, mancando però di un brano trainante capace di agganciare con decisione un audience sommersa da un’offerta ampia per gamma e, sostanzialmente, anche per qualità.
Tematiche lovecraftiane abbinate al black metal: niente di nuovo o sorprendente, ma sempre qualcosa di piacevolmente familiare per chi ama queste sonorità e, nel contempo, conosce a menadito le opere del solitario di Providence.
I Crafteon provengono da Denver e sono al loro primo passo discografico con questo full length intitolato Cosmic Reawakening, un lavoro decisamente gradevole nel suo insieme, anche se privo di quei particolari guizzi capaci di farlo emergere con decisione.
Ben suonato e prodotto, l’album del gruppo del Colorado mantiene sempre lungo il suo incedere uno stretto legame con il black scandinavo più melodico e dalle venature heavy, che emergono dalle progressioni chitarristiche.
Questi buoni otto brani si sviluppano su tempi medi riproposti con una certa regolarità e dal livello complessivo confortante, mancando però di un brano trainante capace di agganciare con decisione un audience sommersa da un’offerta ampia per gamma e, sostanzialmente, anche per qualità.
Brani intitolati Dagon o The Colour Out of Space finiscono comunque per possedere una loro indubbia attrattiva, e questo buon black epico e a tratti accattivante potrebbe intercettare i favori di più di un estimatore, magari attratto proprio dagli espliciti riferimenti lirici agli immortali racconti di H.P. Lovecraft.
Tracklist:
1. The Outsider
2. What the Moon Brings
3. The Temple
4. Dagon
5. The Colour Out of Space
6. The White Ship
7. From Beyond
8. The Whisperer in the Darkness
Line up:
Lord Mordiggian – Vocals (lead), Guitars (rhythm)
Rhagorthua – Drums
Ithaqua – Bass, Vocals (backing)
Fthaggua – Guitars (lead), Vocals (backing)
Il video di “Graveyard”, dall’album “Eufobia” (Wizard LTD.).
Il video di “Graveyard”, dall’album “Eufobia” (Wizard LTD.).
Gli Xanthochroid sono sempre capaci di coinvolgere, qualunque sia il filone stilistico prescelto, dall’alto della dote più unica che rara che hanno nell’infondere la propria musica di un pathos cinematografico, consentendo all’ascoltatore di immergersi del tutto nel loro mondo immaginario per ottenerne visioni nitide e quanto mai reali.
Dopo aver ascoltato qualche mese fa la prima parte dell’atteso ritorno degli Xanthochroid, risale alla metà di ottobre l’uscita del secondo capitolo di Of Erthe and Axen.
Come preannunciato dalla band, il sound in quest’occasione riacquista quella magniloquenza sinfonica e, di pari passo, la robustezza metallica che erano state parzialmente sacrificate nel precedente episodio a favore di una comunque efficace vena folk.
In, effetti dopo la puntuale evocatività dell’intro, con Of Aching, Empty Pain la band californiana fa una sorta di riassunto musicale del proprio repertorio, piazzando il classico brano che mescola con brillantezza unica accenni di ritmiche black metal ad ampie aperture melodiche, richiamando anche il tema portante che costituisce il trait d’union della sua discografia.
Con Of Gods Bereft of Grace si entra in un territorio maggiormente inedito, grazie ad un andamento cangiante all’interno del quale trovano posto davvero tutte le pulsioni dei nostri, rassicurando ampiamente chi poteva temere un inaridimento della vena compositiva di Sam Meador.
Gli Xanthochroid sono sempre capaci di coinvolgere, qualunque sia il filone stilistico prescelto, dall’alto della dote più unica che rara che hanno nell’infondere la propria musica di un pathos cinematografico, consentendo all’ascoltatore di immergersi del tutto nel loro mondo immaginario per ottenerne visioni nitide e quanto mai reali.
Walk With Me, O Winged Mother riporta l’opera a toni più rarefatti, con l’intervento di una Ali Meador utilizzata stavolta con parsimonia, questo almeno per qualche minuto prima che il brano monti dal punto di vista sinfonico sino a raggiungere picchi di grande solennità.
Gli ultimi venti minuti del lavoro esibiscono, come d’abitudine per i ragazzi di Lake Forest, un crescendo emotivo che va di pari passo con l’enfasi melodica, e se in Through Chains That Drag Us Downward meraviglia sempre la padronanza con la quale i nostri alternano umori e timbri vocali senza mai perdere il filo del discordo, con Toward Truth and Reconciliation il sound trova la sua maestosa sublimazione accompagnandoci, tra un brivido e l’altro, ad un finale davvero degno della soundtrack di un film dai connotati epici.
Se Blessed Be With Boils stupiva per il suo essere l’epifania di un talento più unico che raro, questa doppia fatica non delude le attese, confermando appieno il valore di una band che, nel proprio segmento stilistico, ha a mio avviso già superato i propri maestri; volendo cercare il pelo nell’uovo, gli unici minimi dubbi permangono relativamente all’eccessiva dilatazione dei tempi intercorsi tra un full length e l’altro (anche se parzialmente compensata dagli oltre novanta minuti complessivi di Of Erthe and Axen) e alla capacità in futuro di svincolarsi dai temi lirici e musicali della saga di Thanos and Ereptor senza smarrire l’ispirazione (come accadde invece ai Virgin Steele successivamente all’epopea chiusa da “The House Of Atreus – Act 2”).
L’ancora giovane età di Meadow, Earl e Vallefuoco ed il talento cristallino esibito ad ogni uscita sono elementi che consente ragionevolmente di escludere il pericolo di un appannamento a breve termine, per cui non ci resta che godere a lungo e per intero di questo splendido lavoro, per il quale vale davvero la pena di dedicare un’ora e mezza del proprio tempo.
Tracklist:
1. Reveal Your Shape, O Formless One
2. Of Aching, Empty Pain
3. Of Gods Bereft of Grace
4. Of Strength and the Lust for Power
5. Walk With Me, O Winged Mother
6. Through Caverns Old and Yawning
7. Through Chains That Drag Us Downward
8. Toward Truth and Reconciliation
Line-up:
Sam Meador – Vocals, Keyboards, Guitars (acoustic)
Matthew Earl- Drums, Flute, Vocals (backing)
Brent Vallefuoco – Guitars (lead)
Ali Meador – Vocals
Beyond The Sun, forte di un notevole impatto, si basa molto sui riff roboanti e su una buona impronta vocale dalle reminiscenze hard’n’heavy e dove non arrivano le due principali componenti, ci pensa l’hammond a riempire di atmosfere evocative la musica dei Woodhawk.
Hard rock ispirato dai classici monsters settantiani è quello che ci offrono gli Woodhawk, trio proveniente da Calgary.
Potente come il boato di un tuono perso sulle montagne dove osano le aquile e nascono leggende di dei, eroi e spade, il terzetto composto da Turner Midzain (chitarra e voce), Mike Badmington (basso e voce) e Kevin Nelson (batteria) si autoproduce questo buon lavoro, pervaso da una forte sentore stoner, ormai nel dna dei gruppi dediti al genere, anche se la band non manca di colorare il sound di arcobaleni psichedelici e sabbathiani.
Beyond The Sun, forte di un notevole impatto, si basa molto sui riff roboanti e su una buona impronta vocale dalle reminiscenze hard’n’heavy e dove non arrivano le due principali componenti, ci pensa l’hammond a riempire di atmosfere evocative la musica dei Woodhawk: i brani godono di una naturale freschezza ed un impatto diretto che non lascia scampo, andando subito al sodo e valorizzando la componente heavy metal.
Le lame delle spade sono incandescenti quando i fabbri degli dei della montagna cominciano a martellare sull’acciaio creando mortali armi fiammeggianti, e i musicisti canadesi immortalano sullo spartito le atmosfere roventi delle caverne dove il lavoro non si ferma mai, con una serie di brani evocativi, metallici, dai potenti mid tempo ed impreziositi da chitarre heavy metal, portando il sound del gruppo dagli anni settanta al decennio successivo.
The High Priest, Magnetic North, Quest For Clarity sono le canzoni più suggestive di questo buon lavoro che nulla aggiunge e nulla toglie alle tante opere uscite in questo periodo, ma che si fa ascoltare con piacere.
Tracklist
1. Beyond The Sun
2. The High Priest
3. Living In The Sand
4. Magnetic North
5. Lawless
6. Quest For Clarity
7. A New Hope
8. Forsee The Future
9. Chrononaut
Line-up
Turner Midzain – Guitar, Vocals
Mike Badmington – Bass, Vocals
Kevin Nelson – Drums
Come l’uomo primitivo, i tre del Colorado seguono l’istinto e non fanno alcun calcolo di convenienza, e ciò fa loro onore, però l’adesione senza mediazioni a questo stile musicale passa per forza di cose attraverso un proposta più sintetica, pena l’inevitabile accantonamento da parte della maggioranza dei potenziali fruitori.
Tra tanti monicker improbabili o che, comunque, ben poco centrano con l’offerta musicale delle varie band, quelle dei Primitive Man incarna alla perfezione i turpi intenti di questi tre figuri provenienti da Denver.
La band ha esordito nel 2013 con un monolite intitolato Scorn, con il quale hanno subito esibito la loro intransigente interpretazione dello sludge, esasperandone al massimo l’impatto e rifuggendo ogni minima tentazione pseudomelodica, lasciando spazio ad una sequela di riff rallentati e distorti all’jnverosimile sovrastati da urla belluine.
Nel lasso di tempo intercorso fino all’uscita di questo nuovo macigno intitolato Caustica, in nostri hanno fatto uscire anche un ep ed una serie di split album; quest’ultimo formato, probabilmente, si addice in maniera particolare alla proposta dei Primitive Man, perché quasi un’ora e venti di misantropica incomunicabilità (tale è la durata della più recente fatica) mette a dura prova anche il più ben disposto degli ascoltatori.
Diciamo che un mezz’oretta di feroce tetragonia può essere anche gradita, stante il suo effetto straniante ed assieme catartico (nelle giornate no, ascoltare a volume insensato un brano come Disfigured è pur sempre meglio che uscire di casa e dare una testata al primo che si incontra per strada), mentre allungandosi a dismisura la distanza, la pressoché totale mancanza di variazioni sul tema, fatti salvi i brevi intermezzi rumoristici, rende davvero un impresa l’ascolto integrale di Caustic.
Come l’uomo primitivo, i tre del Colorado seguono l’istinto e non fanno alcun calcolo di convenienza, e ciò fa loro onore, però l’adesione senza mediazioni a questo stile musicale passa per forza di cose attraverso un proposta più sintetica, pena l’inevitabile accantonamento da parte della maggioranza dei potenziali fruitori.
Tracklist:
1. My Will
2. Victim
3. Caustic
4. Commerce
5. Tepid
6. Ash
7. Sterility
8. Sugar Hole
9. The Weight
10. Disfigured
11. Inevitable
12. Absolutes
Line-up:
JPC – Bass
ELM – Vocals, Guitars
JDL – Drums
Eyes On The Prize è un buon lavoro dal sound che unisce doom metal ed alternative in un unica proposta.
I Jupiter Zeus sono un’alternative metal band australiana e Eyes On The Prize è il loro terzo lavoro dopo l’ep di debutto Green Mosquito uscito nel 2011 ed il full length licenziato nel 2014 ed intitolato On Earth.
Tornano, quindi, dopo tre anni con questa raccolta di sei brani in formato ep a ribadire la bontà della propria proposta, un metal alternativo che spazia tra possenti mid tempo doom, schitarrate elettriche di matrice heavy ed una forte epicità che non tradisce il monicker.
Atmosfere dal piglio potente ed evocativo si scontrano dunque con un’anima moderna ed è per questo che la musica prodotta dal quartetto si può considerare alternativa, anche se rimane forte l’impressione di essere al cospetto di una medaglia con due facce distinte che alternano l’approccio a seconda del punto di vista dal quale la si guarda.
Funziona tutto, è bene ribadirlo, i brani portano con loro tempeste metalliche, potenti tuoni doom metal e fulmini alternativi, il growl in alcuni casi estremizza l’atmosfera come se Zeus in persona intervenisse ad aiutare la band di Perth, ed il sound rimane potente ed evocativo fino alla fine.
La title track, Saviour With Destruction ed Arise sono i brani migliori di un album comunque tutto da ascoltare, specialmente se tra le vostre preferenze trovano posto allo stesso tavolo Black Sabbath e Soundgarden, Trouble ed Alice In Chains.
Tracklist
1.Eyes on the Prize
2.Saviour With Destruction
3.Read It and Weep
4.Midnight Renegade
5.Arise
6.Broken Plates
Line-up
Aaron Smith – Drums
Simon Staltari – Guitar/Vocals
Jeremy Graham – Bass
Michael Lawson – Lead Guitar
https://youtu.be/IHzYJaZeSak
I due brani offerti sono notevoli mazzate di death tecnico, ottimamente prodotto ed eseguito da un nucleo di musicisti della scena metal tricolore di comprovata esperienza.
Primo assaggio per questo notevole progetto denominato Xenofaction, ideato da Flavio Cardozo (già bassista degli Hideous Divinity).
I due brani offerti sono notevoli mazzate di death tecnico, ottimamente prodotto ed eseguito da un nucleo di musicisti della scena metal tricolore di comprovata esperienza ; le ritmiche geometriche ed asciutte riportano anche a certo industrial e, sicuramente, questo primo passo targato Xenofaction colpisce proprio per impatto e precisione.
In occasione di un futuro lavoro su lunga distanza potrebbero essere auspicabili, però, più frequenti variazioni sul tema, allo scopo di spezzare quella tetragonia che nel genere rappresenta anche una virtù, calzando alla perfezione alle tematiche cyber punk del progetto, ma che rischia di rendere il tutto, alla lunga, eccessivamente monolitico.
E-Ra e The Empyrean Vanquishment sono brani che comunque fanno decisamente ben sperare: nel frattempo Cardozo si è messo alla ricerca di membri stabili che possano dare agli Xenofaction una configurazione da band vera e propria più che da progetto di matrice solista, un passo questo che di solito è destinato ad avere solo benefici effetti, sia per quanto riguarda l’interazione tra i vari musicisti all’interno del processo compositivo, sia per la concreta possibilità di offrire la propria musica anche dal vivo.
Tracklist:
1.E-Ra
2. The Empyrean Vanquishment
Line-up
Marco Mastrobuono – Rhythm Guitar
Flavio M. Cardozo – Basso
Stefano Borciani – Vocals
Maurizio Montagna – Batteria
Edoardo Casini – Lead Guitars
Ottimo debutto dei progsters brasiliani Freaky Jelly che con Reverse regalano l’ennesimo ottimi lavoro di quest’anno in campo metal progressivo tradizionale.
Reflections, un lungo brano strumentale funge da intro e benvenuto per questo primo lavoro dei progsters brasiliani Freaky Jelly, dal monicker bruttino ma fautori di ottimo prog metal che, in questi ultimi tempi, si può certo definire tradizionale in quanto debitore nei confronti di Dream Theater, Rush e tutti quei gruppi che hanno metallizzato il progressive rock dei dinosauri settantiani.
Reverse arriva dopo quattro anni dalla nascita del gruppo, un’opera imponente della durata di settantuno minuti, senz’altro non originale (è meglio precisarlo subito) ma sicuramente di altissima qualità.
Una splendida voce a metà strada tra James La Brie e Andrè Matos, ex sirena dei connazionali Angra, tecnica sopraffina ed un songwriting notevole, fanno di Reverse, licenziato da una label come la Rockshots, divenuta in poco tempo una garanzia di qualità per i suoni progressivi, un album che si rivela una clamorosa sorpresa.
Prog metal di alto livello, atmosfere che passano da tecnicissime parti power progressive, con la sezione ritmica a prendere il palcoscenico con potenti accelerazioni e cambi di tempo mozzafiato (Mauricio Grosso – batteria – e Rafel De Paula – basso) e la chitarra (Andre Faustino) che, insieme alle tastiere (Julio Vince), ricama melodie di celestiale metallo progressivo che ricorda ora la band di John Petrucci, ora andando ancora più nel passato i Rush e gli Yes sotto le mentite spoglie del bellissimo Anderson/Bruford/Wakeman/Howe.
C’è tanta musica in Reverse, splendidamente interpretata da un gruppo che consolida la tradizione brasiliana nei suoni metal (dall’heavy, al power e al progressive) e ci sorprende con una serie di brani tutti sopra ai cinque minuti nei quali spiccano le trame delle suite Highest Ground, di Saints And Sinners e di Wake Up, cuore pulsante di questo bellissimo lavoro.
Una sorpresa giunta alla fine di un anno che ha regalato nel genere ottime conferme e notevoli sorprese, alla faccia di chi storce il naso quando si parla di suoni progressivi.
Tracklist
1. Reflections
2. Highest Ground
3. Alicia S Garden
4. Nothing To Feel
5. Saints And Sinners
6. Hardest Part Of Goodbye
7. Illusions
8. Wake Up
9. Morning Glory
Line-up
Ricardo DeStefano – Vocals
Andre Faustino – Guitars
Mauricio Grosso – Drums
Rafel de Paula – Bass
Julio Vince – Keyboards
Il lyric video “Fly Or Fall”, dall’album “Lost Hopes | Broken Mirrors”, in uscita a novembre (The Jack Music Records).
Il lyric video “Fly Or Fall”, dall’album “Lost Hopes | Broken Mirrors”, in uscita a novembre (The Jack Music Records).
In Cenobitorium l’ambient assume una forma minacciosa e disturbante, materializzando di fatto quella sensazione di disagio derivante dall’incombere di una qualche avversità.
Aprirsi a sonorità come quelle offerte da questo progetto denominato Cordis Cincti Serpente dovrebbe essere normale per chi predilige le forme musicali più oscure e meno convenzionali.
In Cenobitorium l’ambient assume una forma minacciosa e disturbante, materializzando di fatto quella sensazione di disagio derivante dall’incombere di una qualche avversità.
Chi sta dietro a questo progetto non si è risparmiato nel creare e reperire suoni che restano in sottofondo rispetto a quelli quotidiani, quasi a voler creare una sorta di parallelismo tra un mondo emerso brulicante di effimera vita ed uno sommerso nei cui anfratti si celano entità in procinto di risvegliarsi da un sonno durato eoni (in fondo il bello di simili ascolti è proprio quello di ricevere degli input diversi a seconda della sensibilità del singolo).
Volendo esemplificare, le coordinate di Cenobitorium rimandano ai lavori meno “rumorosi” della Cold Meat Industry, la cui pesante eredità è stata raccolta da diverse etichette, tra le quali l’italiana Industrial Ölocaust Recordings che sta offrendo uscite di un certo spessore.
La descrizione delle tre lunghe tracce sarebbe superflua quanto stucchevole, ma va citato doverosamente il rischio di erosione psichica derivante dall’ascolto prolungato della prima parte di Cenobitorium, con le sue malevole campanelle che si sovrappongono a sinistri scricchiolii e versi distorti provenienti da chissà quale forma di vita.
Se qualcuno fosse incuriosito da questa sommaria descrizione sappia che l’opera è reperibile in formato cassetta, in numero limitato, presso il sito della Industrial Ölocaust Recordings (http://cardinium.com/product/ior-tk-x/)
Tracklist:
Side A
Cenobitorium I
Cenobitorum II
Side B
Cenobitorium III
Hit Mania Death sa tanto di States, di quei viali ricoperti in autunno dalle foglie che, nel giorno dei morti vengono spazzate dai piedi che strisciano verso le vostre case mentre il punk rock dei Ramones gira senza fermarsi sul vostro piatto ed il cd dei Murderdolls aspetta il suo turno sullo scaffale.
One, two, three, four… rock’n’roll, anzi rock/punk/metal/hard’n’roll, irriverente, totalmente pazzoide, schizzato come una belle figliola che la notte di Halloween si accorge che il tipo incontrato al party è più morto che vivo, anzi, è proprio un morto vivente, ciondolante ed affamato e cerca disperatamente di accanirsi sulla sua carne con mire bel lontane da quelle sessuali.
Con i Superhorror, con un Fuck in meno nel monicker ma ancora più voglia di divertirsi e far divertire, siamo in pieno regime glam/metal/punk rock e Hit Mania Death è il loro potentissimo calcio nel deretano al mondo, una serie di straordinarie e stravolte tracce che vi faranno tornare, soprattutto concettualmente, agli anni ottanta, quando gli zombie facevano ancora paura nelle loro grottesche camminate verso il cibo che aveva sempre due gambe per scappare dal banchetto e due braccia da lasciare tra le fauci della vostra nonnina trasformata in una famelica razziatrice di budella altrui.
Hit Mania Death sa tanto di States, di quei viali ricoperti in autunno dalle foglie che, nel giorno dei morti vengono spazzate dai piedi che strisciano verso le vostre case mentre il punk rock dei Ramones gira senza fermarsi sul vostro piatto ed il cd dei Murderdolls aspetta il suo turno sullo scaffale.
Sarebbe inutile nominare un brano piuttosto che un altro, quindi se volete risvegliare il non-morto che è in voi fatevi travolgere dalla carica che sprigionano i Superhorror, e in overdose da Hit Mania Death comincerete a non resistere, quando vostra sorella o fidanzata vi gireranno intorno ed il vostro appetito aumenterà di conseguenza con il letale virus che si svilupperà all ascolto delle varie ed irresistibile Ready, Steady…Die!, Nazi Nuns From Outer Space, Ed Wood Blues, Rock Is Dead (Like Us) e Nekro-Nekro Gim.
Tracklist
01. Ready, Steady… Die!
02. Nazi Nuns From Outer Space
03. Mr. Rrigor Mortis
04. Ed Wood Blues
05. No Love For The Deceased
06. Dead To Be Alive
07. Rock Is Dead (Like Us)
08. Nice To Meat You
09. Little Scream Queen
10. Mourir, C’Est Chic
11. Selfish Son Of A Witch
12. Nekro-Nekro Gym
Line-up
Edward J. Freak: Vocals
Didi Bukz: Guitar, Kazoo, Backing Vocals
Mr.4: Bass, Backing Vocals
Franky Voltage: Drums, Backing Vocal
Il guitar play-through video di “A Crusade’s Paradigm”, dall’album “Antares”.
Il guitar play-through video di “A Crusade’s Paradigm”, dall’album “Antares”.
I finlandesi Jess And The Ancient Ones non avrebbero assolutamente sfigurato nel panorama psych rock degli anni sessanta e anni settanta, con il loro groove unico ed inimitabile.
I finlandesi Jess And The Ancient Ones non avrebbero assolutamente sfigurato nel panorama psych rock degli anni sessanta e anni settanta, con il loro groove unico ed inimitabile.
Il tutto parte dalla splendida voce di Jess, che tesse infinite trame melodiche che raccontano storie antiche e archetipe della nostra razza, momenti occulti ed esplosioni di vita. Il gruppo la supporta con una musica che non è assolutamente riconducibile a nessuna delle mode o dei modi attuali di fare musica. Il modo di comporre e di eseguire dei Jess And The Ancient Ones è qualcosa di totalmente libero, non ha alcuna costrizione ed è libertà totale, è orgia dei sensi e della bellezza messa in musica. Dimenticatevi qualsiasi cosa, denudatevi dei vostri finti io ed ascoltate questa raccolta di storie, quasi delle favole per adulti (ma quali sono le favole per bambini?), che raccontano di noi stessi per vie differenti. Le canzoni sono tutte diverse e al loro interno si celano molti cambi di registro musicale, ma tutto è molto organico e piacevole, come un’esperienza psichedelica positiva. L’occulto è ovviamente molto presente, ed è un motivo in più per apprezzare questi gruppo unico non solo nel suo genere, ma nel panorama musicale mondiale. L’intensità, la dolcezza, la forza, la carnalità, la spiritualità, c’è tutto, poiché tutto è collegato con tutto. Beatles, Pink Floyd e tanto altro qui trovano una sintesi che riporta ancora a qualcos’altro, in un rimando continuo come un ouroboros. Il problema è che bisogna aspettare fino al primo dicembre … ma ne varrà la pena.
Tracklist
1. Death Is The Doors
2. Shining
3. Your Exploding Heads
4. You And Eyes
5. Radio Aquarius
6. Return to Hallucinate
7. (Here Comes) The Rainbow Mouth
8. Minotaure
9. Anyway The Minds Flow
Line-up
Jess – Vocals
Thomas Corpse – Electric Guitar
Fast Jake – Electric Bass
Abrahammond – Keyboard
Jussuf – Drums and Percussion
Non è così facile assemblare una tracklist dove umori tanto diversi ammantano le atmosfere dei brani, ma i Poisonheart ci sono riusciti, permettendo alle loro anime di convivere e rendendo Till The The Morning Light un ottimo album.
Sneakeout Records e Burning Minds, label fondata dai ragazzi dell’Atomic Stuff, ci presentano questo ottimo debutto all’insegna di un hard rock roccioso, classico e pregno di melodie dark.
Gli autori sono i bresciani Poisonheart, attivi da tredici anni, con un primo ep di cover alle spalle seguito dal secondo lavoro, questa volta di inediti licenziato nel 2009 (Welcome To The Party).
Gli anni seguenti passano tra concerti ed una piccola sterzata nel sound, un’evoluzione che porta il gruppo verso lidi oscuri, lasciando in parte il rock’n’roll da party suonato nei primi anni.
Un po’ come i finlandesi The 69 Eyes, chiamati in causa tra le ispirazioni dei Poisonheart, la band è fautrice di questo buon connubio hard/dark rock, non ancora espresso in tutta la sua oscura decadenza come nella band del vampiro Jirky 69, ma ancora legato da un filo neanche troppo sottile con il rock duro.
Ne esce un album vario con buone idee a soprattutto belle canzoni, alcune ancora elettrizzate dal rock’n’roll degli esordi come l’opener (You Make Me) Rock Hard o Hellectric Loveshock, altre già pervase da umori dark, nebbie oscure che avvolgono brani come Flames & Fire o Shadows Fall, ed infine alcune che sanno di frontiera come la splendida Baby Strange.
Non è così facile assemblare una tracklist dove umori tanto diversi ammantano le atmosfere dei brani, ma i Poisonheart ci sono riusciti, permettendo alle loro anime di convivere facendo di Till The The Morning Light un album riuscito, con i brani che lasciano la loro firma in testa all’ascoltatore dopo pochi passaggi.
Prodotto dal gruppo insieme a Oscar Burato, che ha mixato e masterizzato l’album, Till The Morning Light vive di hard rock tradizionale, rock’n’roll e dark di matrice scandinava: The 69 Eyes, ma anche i Poisonblack di Ville Laihiala, appaiono tra le influenze del gruppo, ispirato al meglio per questo ottimo debutto.
Tracklist
01. (You Make Me) Rock Hard
02. Flames & Fire
03. Anymore
04. Lovehouse
05. Shadows Fall
06. Baby Strange
07. Under My Wings
08. Out For Blood
09. Hellectric Loveshock
10. Pretty In Black
Line-up
Fabio Perini – Lead Vocals, Guitar
Giuseppe Bertoli – Bass, Backing Vocals
Andrea Gusmeri -Lead Guitar, Backing Vocals
Francesco Verrone – Drums, Backing Vocals
La durata, che non si discosta da molti full length di altre realtà, e la qualità dei brani proposti risultano due buoni motivi per non perdere questo lavoro e fare la conoscenza degli Sheidim.
Abituati alle uscite della I, Voidhanger, sempre molto originali e fuori dai soliti schemi, un ep come questo ultimo lavoro degli spagnoli Sheidim si posiziona dalle parti di un più scontato black metal di estrazione scandinava.
Gruppo proveniente da Barcellona, gli Sheidim sono una giovane band nata solo quattro anni fa, con alle spalle un ep di debutto ed un primo album sulla lunga distanza licenziato lo scorso anno dalla Dark Descent Records.
Un attacco frontale, una burrasca di maligno black metal che non manca di proporre tra le sue trame accenni melodici alla Dissection, sfuriate estreme e mid tempo evocativi di scuola Watain, per quasi mezzora di metallo nero ad opera di questi blacksters latini che il loro mestiere lo sanno fare molto bene.
L’attitudine non manca di certo al combo catalano e sembra davvero di essere al cospetto di un nugolo di demoni provenienti dal nord, tanto è l’impatto con cui le varie A Dying Sun o Underneath si infrangono come un maremoto sui nostri padiglioni auricolari.
Un ottimo scream, buone sfumature melodiche e qualche intermezzo atmosferico a rendere vario ed interessante l’ascolto, fanno di Infamata un mini album da non sottovalutare, con la conclusiva Sister Of Sleep a portare la temperatura sotto lo zero con un inizio raggelante che sfocia in una ripartenza diabolicamente devastante.
La durata, che non si discosta da molti full length di altre realtà, e la qualità dei brani proposti risultano due buoni motivi per non perdere questo lavoro e fare la conoscenza degli Sheidim.
Tracklist
1. Infamata
2. A Dying Sun
3. Underneath
4. Wings Of The Reaper
5. Sister Of Sleep
Line-up
A.T. – Bass
J.F. – Drums
C.S. – Guitars
A.K. – Vocals
Titahion: Kaos Manifest è un altro disco dedicato agli amanti del black metal, quelli che di certo non si stufano di ascoltare certe sonorità, specialmente se offerte con l’attitudine e le capacità mostrate dagli Ulvegr.
Nella categoria degli ottimi dischi, inevitabilmente compressi da una concorrenza affollata, troviamo questo quarto full length degli ucraini Ulvegr.
Il duo di Kharkiv interpreta il black metal in maniera senza dubbio intensa e comunque abbastanza personale, offrendo brani dal grande impatto ritmico intervallati da qualche episodio più rarefatto e sperimentale (Sol In Signo Sagittarii, Countless Aeons In Transcedent Abyss, U-tuk-ku Lim-nu, Bloodcult. Initiation), e il tutto assume comunque le sembianze di un rituale attraverso il quale vengono evocate le ben note divinità lovecraftiane (Yog-Sothoth è destinato a palesarsi, prima o poi, vista la forza di un brano come Throne Among The Void).
Il duo formato da Helg (chitarra, basso e voce) e Odalv (batteria) si dimostra decisamente affiatato, e per non lasciare nulla d’intentato si avvale dell’aiuto di diversi ospiti afferenti alla florida scena black metal locale gravitante attorno a nomi pesanti come Nokturnal Mortuum e Drudkh: tutto questo rende il sound molto più pieno e definito e va detto, in tal senso, che poter usufruire di un bel martello in carne ed ossa alla batteria invece di ricorrere ad un’asettica drum machine fa sempre tutta la differenza del mondo.
Oltra alla già citata Throne Among The Void, anche When Stars Will Turn To Ashes, She, Who Grants Sufferings, Manifestations Of Havoc e la conclusiva Black Light Of A Dying Sun si dimostrano tracce trascinanti, devote ad un black metal tradizionale ma con una decisiva punta di epico furore ben trasmesso, senza che il tutto scada mai in un parossistico caos senza capo né coda.
Titahion: Kaos Manifest è un altro disco dedicato agli amanti del black metal, quelli che di certo non si stufano di ascoltare certe sonorità, specialmente se offerte con l’attitudine e le capacità mostrate dagli Ulvegr.
Tracklist:
1. Sol In Signo Sagittarii
2. Throne Among The Void
3. Countless Aeons In Transcedent Abyss
4. When Stars Will Turn To Ashes
5. She, Who Grants Sufferings
6. U-tuk-ku Lim-nu
7. Manifestations Of Havoc
8. Bloodcult. Initiation.
9. Black Light Of A Dying Sun
Line-up
Helg – guitars, bass and vocals
Odalv – drums
Guests:
Astargh – lead and rhythm guitars and vocals
Hyozt – keys and samples
Zhoth – vocals and voices on “She, Who Grants Sufferings”, ” U-tuk-ku Lim-nu” and “Countless Aeons In Transcedent Abyss”