ENDEZZMA (NOR) : DUE DATE IN ITALIA – “STELLAR DARKNESS OVER ITALY 2018”

Cult Of Parthenope è orgogliosa di annunciare in esclusiva e per la prima volta in Italia i Norwegian Black Metallers ENDEZZMA (NOR).
Di seguito le date dello “STELLAR DARKNESS OVER ITALY 2018” :

Giovedì 1 Febbraio 2018
ENDEZZMA + Xpus + Urnaa
Officine Sonore, Vercelli (VC)
Official Event : http://goo.gl/9pkZFb

Venerdì 2 Febbraio 2018
ENDEZZMA + Kaiserreich + Sazernyst
Circolo Colony, Brescia (BS)
Official Event : http://goo.gl/jxK3jo

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Funeral Chant – Funeral Chant

Il lavoro scorre via feroce e d’impatto, con la traccia d’apertura che mostra il meglio dei Funeral Chant ed il resto dei brani che si attestano su un livello non dissimile, con il pregio non da poco di rifuggire per quanto possibile la ripetitività.

Esordio per i Funeral Chant, quintetto californiano nato dalle ceneri di un’altra band denominata Dead Man.

Il genere offerto in questi quattro brani abbraccia lo spettro delle sonorità estreme, con il black metal a fungere da base per escursioni su territori death e thrash: il sound è diretto ma non privo di una certa ricercatezza, anche se a livello di produzione la voce sembra provenire dall’abituale sgabuzzino adiacente la sala di registrazione, ma si tratta di un’evenienza cosi frequente che fa pensare più ad una precisa scelta che non ad imperizia.
Detto ciò, il lavoro scorre via feroce e d’impatto, con la traccia d’apertura che mostra il meglio dei Funeral Chant ed il resto dei brani che si attestano su un livello non dissimile, con il pregio non da poco di rifuggire per quanto possibile la ripetitività.
Chiaramente, per emergere in maniera più decisa al prossimo giro sarà necessario approdare ad un sound maggiormente identificabile, oltre che ritoccare alcune sbavature che non impediscono a questo primo passo dei Funeral Chant di rivelarsi piuttosto godibile.

Tracklist:
1. Spiral into Madness
2. Cacophony of Death
3. Flood of Damnation
4. Cosmic Burial
5. Morbid Ways (Repugnant cover)
6. Funeral Chant

Line-up:
Cruel Force: drums
Doom of Old: guitar
† Voidbringer: vocals, guitar
Vomitor: bass guitar

FUNERAL CHANT – Facebook

Dragonsfire – Visions Of Fire

Visions Of Fire risulta un album trascurabile a meno che non siate devoti all’ascolto del solo power metal e le vostre preferenze, anche nel genere, non cadano nel classico palla lunga e pedalare dei gruppi vissuti all’ombra delle band icona.

I power metallers tedeschi Dragonsfire riesumano il loro primo album uscito nel 2008 per la Pure Steel intitolato Visions Of Fire.

La band, attiva da una dozzina d’anni, ha fin qui licenziato questo lavoro più un altro full length intitolato Metal Service, uscito due anni dopo l’esordio, più altri due ep ed uno split con i compagni di bevute Steelpreacher, anch’essi votati all’heavy power metal senza compromessi.
Visions Of Fire risulta un album trascurabile a meno che non siate devoti all’ascolto del solo power metal e le vostre preferenze, anche nel genere, non cadano nel classico palla lunga e pedalare dei gruppi vissuti all’ombra delle band icona.
Il povero Thassilo Herbert, scomparso due anni fa, era un cantante ruvido ed aggressivo ma di poco carisma e monocorde, ed il suo cantato accompagnava una serie di cliché che fanno dell’ascolto un tuffo nel power metal scolastico e acerbo, sicuramente non le credenziali giuste per assicurarsi un minimo di interesse, in tempi in cui il genere non è più tra le preferenze dei fans e le semplici cavalcate con il doppio pedale sono state travolte dall’approccio sinfonico e progressivo dei nuovi eroi del metal dai rimandi classici.
Una proposta, dunque, che non credo possa trovare più estimatori della prima volta in cui questa raccolta di brani ha fatto la sua comparsa sul mercato, anche allora in ritardo sul tabellino dell’interesse dei true defenders.
Wings Of Death, la successiva Dragonsfire Rockxxx, l’epica Burning For Metal e Shine On, non fosse per la voce poco adatta al genere, risulterebbero delle power metal songs d’impatto e vicino a quanto fatto da gruppi come Unrest o Rebellion, pur non andando oltre una sufficienza risicata e meritata solo per un’attitudine ed un impatto che sono le uniche virtù del combo tedesco.

Tracklist
1.Devil’s Road
2.Wings of Death
3.Dragonsfire Rockxxx
4.Burning for Metal
5.Rebellion – The Kingdom of Heaven
6.The Defendant
7.Shine On
8.The Other One
9.Oath of Allegiance

Line-up
Jan Müller – Drums
Matthias Bludau – Guitars
Timo Rauscher – Guitars
Thassilo Herbert – Vocals, Bass

DRAGONSFIRE – Facebook

My Silent Wake – There Was Death

Tutta la vostra attenzione dovrà andare al puro ascolto per questo nuovo album. Non c’è tempo per discutere, i My Silent Wake, come sempre, pensano solo a produrre sensazioni, riuscendoci nuovamente.

C’è del marcio, ma non solo, in There Was Death dei My Silent Wake. Ebbene sì, perché questa band inglese dalla fama sempre maggiore, che ha fatto parlare di sé soprattutto con il riuscitissimo album del 2007, The Anatomy of Melancholy, non si chiude mai ad una sola via stilistica.

Anche in questo nuovo lavoro, l’impatto sonoro che ci viene restituito è molto difficile da etichettare con una definizione ben precisa. Gran punto a favore, certamente, perché l’unica cosa che ci resta da fare è semplicemente aprire le orecchie ed ascoltare. Per tutta la durata dell’album, così come è sempre stato nelle loro corde, c’è una fondamentale vena malinconica, a tratti disperata. Stavolta però, a differenza di tante produzioni precedenti, la malinconia è accompagnata dal vigore e dalla forza sonora a tutti gli effetti. Ma non illudetevi, perché anche quest’ultima è perfettamente in sintonia con l’animo di questa band, ed anzi accentua gli aspetti più crudi della tristezza.
Ascoltando brani come la traccia di apertura A Dying Man’s Wish o Ghost of Parlous Lives, è inevitabile avvertire la sensazione di un vuoto totale che si espande sempre di più. I My Silent Wake riescono ancora una volta a restituirci quest’immaginario al meglio possibile. C’è una grande componente eterea, inafferrabile, che scorre per tutta la durata dell’album.
In questo sta, ancora una volta, la grande forza espressiva oltre che tecnica di questa band.

Tracklist
1. A Dying Man’s Wish
2. Damnatio Memoriae
3. Killing Flaw
4. Ghosts of Parlous Lives
5. Mourning the Loss of the Living
6. There Was Death
7. Walls Within Walls
8. No End to Sorrow
9. An End to Suffering

Line-up
Ian Arkley: Guitar, Vox
Addam Westlake: Bass
Gareth Arlett: Drums
Mike Hitchen: Live guitar and Vox
Simon Bibby: Keys, Vox

MY SILENT WAKE – Facebook

CORROSIVE

Il lyric video di “Lucifer Gave The Faith”, dall’album omonimo (MDD Records).

Il lyric video di “Lucifer Gave The Faith”, dall’album omonimo (MDD Records).

Corrosion Of Conformity – No Cross No Crown

I Corrosion Of Conformity sanno suonare rock pesante e licenziano un altro best seller che si aggiunge alla loro discografia, alzando l’asticella quanto basta per risultare inarrivabili per almeno il 90% dei gruppi odierni.

Pepper Keenan è tornato nel gruppo e i Corrosion Of Conformity tornano a fare hard southern rock stonerizzato come ai tempi di Deliverance e Wiseblood.

Questo, in breve, è quello che troverete sul nuovo lavoro firmato dalla leggendaria band del North Carolina, per molti di nuovo in corsa per il trono del genere, per il sottoscritto mai scesi dallo stesso neppure dopo il precedente lavoro, IX, registrato con la formazione a tre ormai quattro anni fa.
Dunque, dopo una decade al servizio dei Down, il chitarrista e cantante torna a riunire la banda che ha fatto scintille da Deliverance (uscito nel 1994) fino a In The Arms Of God (2005), anche se il capolavoro Blind rimane uno dei più riusciti esempi di alternative metal degli anni novanta, mentre l’ultimo lavoro era un calcio nel deretano hardcore di dimensioni bibliche.
I Corrosion Of Conformity sanno suonare rock pesante e licenziano un altro best seller che si aggiunge alla loro discografia, alzando l’asticella quanto basta per risultare inarrivabili per almeno il 90% dei gruppi odierni, aiutati da uno stato di grazia compositivo e da una voglia ancora intatta di suonare metal come lo si fa negli stati del sud, soffocati dal caldo, morsi da coccodrilli e serpenti e soggiogati da rituali voodoo.
Woody Weatherman, Mike Dean e Reed Mullin, dopo l’ottimo lavoro precedente che ispirava vecchie reminiscenze hardcore, con il nuovo supporto di Keenan, stordito dalla potenza sludge dei Down, tornano a fare quello per cui sono diventati la più grande band statunitense degli ultimi trent’anni tra quelle che non siano uscite dalle strade di Seattle: il loro è un hard rock massiccio, marcio e stonato, animato da una vena southern di livello superiore e No Cross No Crown, grazie ad un lotto di brani che sono la bibbia del southern/stoner metal, è la prova tangibile del fatto con i Corrosion Of Conformity si dovranno fare i conti ancora a lungo, piaccia o meno.
Registrato in North Carolina con il produttore John Custer, l’album è un concentrato di rock pesantissimo alla maniera della band, un via vai di mid tempo mastodontici che mescolano al loro interno almeno trent’anni di rock ‘n ‘roll, per vomitarlo poi in una lava incandescente che esce dalla bocca di un vulcano, pregno di groove come nell’uno due mortale The Luddite / Cast In The First Stone, folgorante inizio di questo lavoro.
La band ci invita a sabba psichedelici ed introspettivi come nella title track, mentre le casse tremano, le cuffie si sciolgono e gli stereo continuano a far girare i cd ma della plastica rimane solo un ammasso di vischiosa ed informe materia.
Wolf Named Crow, Nothing Left To Say, Old Disaster, ma potrei nominarvele tutte come nessuna, sono alcune delle  tracce (ben quindici) che compongono questo ennesimo monumento musicale targato Corrosion Of Conformity, fatelo vostro e segnatelo come migliore album del genere di questo nuovo anno, anche se siamo solo a gennaio …

Tracklist
01. Novus Deus
02. The Luddite
03. Cast The First Stone
04. No Cross
05. Wolf Named Crow
06. Little Man
07. Matre’s Diem
08. Forgive Me
09. Nothing Left To Say
10. Sacred Isolation
11. Old Disaster
12. E.L.M.
13. No Cross No Crown
14. A Quest To Believe (A Call To The Void)
15. Son And Daughter

Line-up
Pepper Keenan – Vocals, Guitars
Woodroe Weatherman – Guitars
Mike Dean – Bass, Vocals
Reed Mullin – Drums, Vocals

CORROSION OF CONFORMITY – Facebook

Inner Hate – Reborn Through Hate

Se gli Inner Hate dovessero mantenere questo livello per un intero full length sarebbe davvero un colpo notevole, quindi il consiglio è quello di non perdersi questo ep attendendo al più presto altre buone nuove da parte di questa ennesima notevole realtà nazionale.

La Sicilia è terra di rock e di metal: i gruppi delle varie scene sparse sul territorio sono stati ampiamente trattati da MetalEyes, che da anni ha dedicato la giusta attenzione alle più meritevoli realtà nate a sud dello stretto.

E’ quindi con piacere che vi presentiamo i thrashers Inner Hate, trio proveniente da Caltanissetta composto da Daniel Ferrara (voce, chitarra), Matt Amodeo (basso) e l’ex Thrash Bombz Vincenzo Lombardi (batteria).
La band si è formata nel 2013 ed ha già dato alle stampe un primo ep, First Hate To The World: Reborn Through Hate, anche per l’entrata in formazione di Lombardi, è un nuovo inizio per gli Inner Hate che, quattro anni dopo, tornano a mietere vittime con il loro metal estremo che si nutre di thrash come di death metal di matrice scandinava, costruendosi un sound personale ed assolutamente coinvolgente.
I quattro brani risultano altrettante esplosioni di adrenalinico metal estremo, old school nell’attitudine, violentissimo nell’impatto e valorizzato da un ottimo lavoro strumentale: nei riff di scuola scandinava troviamo la perfetta commistione con le ritmiche thrash, a formare una sacra alleanza che affianca i Kreator agli Entombed e ai primi Edge Of Sanity.
Funziona alla grande questa fusione di note nata sulle rive del mediterraneo, un patto mortale tra generi “nordici” nel caldo delle terre siciliane, mentre la devastante Time To Kill lascia spazio alla conclusiva title track, un brano perfetto per attendere l’armageddon.
Se gli Inner Hate dovessero mantenere questo livello per un intero full length sarebbe davvero un colpo notevole, quindi il consiglio è quello di non perdersi questo ep attendendo al più presto altre buone nuove da parte di questa ennesima notevole realtà nazionale.

Tracklist
1.Sentenced to Damnation
2.Unholy Cross of Death
3.Time to Kill
4.Reborn Through Hate

Line-up
Mattia Amodeo – Bass
Daniel Ferrara – Guitars, Vocals
Vincenzo Lombardi – Drums

INNER HATE – Facebook

Lorelei – Teni Oktyabrya (Shadows Of October)

I Lorelei ripropongono un gothic doom di matrice fortemente “draconiana” e con un notevole gusto melodico, il che consente loro di offrire con buona continuità brani intensi, intrisi di un sentore malinconico e marchiati con forza dall’imprinting di quella che, ormai, si può definire una scuola vera a propria in ambito doom come quella russa.

I russi Lorelei avevano dato alle stampe una delle opere migliori in ambito gothic doom del 2013 con Ugrjumye Volny Studenogo Morja, e dopo oltre quattro anni ritornano finalmente con il suo successore intitolato Teni Oktyabrya (Shadows Of October).

Anche se quattro anni non sono pochi, tutto sommato le coordinate del sound sono rimaste le stesse, il che non è poi un male, vista l’alta qualità esibita in passato: le variazioni fondamentali riguardano l’ingresso in pianta stabile di un vocalist dedito al growl, nella persona di Alexey Kuznetsov (Locus Titanic Funus), quando invece nel precedente lavoro queste parti erano state affidate in qualità di ospite ad uno dei personaggi più influenti della scena doom moscovita quale è Evander Sinque, e la quasi totale rinuncia all’apporto della voce femminile, relegata ad uno sporadico ruolo di mero accompagnamento.
Nello scambio i Lorelei non ci rimettono e non ci guadagnano, perché tutto sommato Kuznetsov si rivela un ottimo interprete, mentre il venir meno del consueto fraseggio tra la bella e la bestia rende per certi versi meno scontato il tutto, rendendo il tutto però leggermente meno vario.
La band guidata da Alex Ignatovich ripropone un gothic comunque di matrice fortemente “draconiana” e con un notevole gusto melodico, il che consente di offrire con buona continuità brani intensi, intrisi di un sentore malinconico e marchiati con forza dall’imprinting di quella che, ormai, si può definire una scuola vera a propria in ambito doom come quella russa.
Come per il suo predecessore, ai fini di un potenziale sbocco commerciale al di fuori dei confini dell’ex-Urss, Teni Oktyabrya potrebbe soffrire la scelta dei Lorelei di proseguire con la loro autarchia lirica, continuando a sciorinare il tutto in lingua madre, cosa che inevitabilmente qualcosina lascia per strada a livello di immediata fruibilità.
Personalmente ritengo la cosa men che veniale, per cui invito caldamente ogni appassionato ad ascoltare questo bellissimo lavoro, che a mio avviso è un autentico esempio di come debba essere trattata la materia, andando dritti all’obiettivo senza divagazioni di sorta, mantenendo quell’aura tragicamente romantica che magari non sarà una novità ma che, nel contempo, non ci stanca mai di ascoltare: i Lorelei gratificano l’ascoltatore con una serie di brani fluidi e convincenti come Ya – Severniy Veter, la title track, Temnaya Voda e la superba e conclusiva Canticum Angelorum, suggello di un lavoro di notevole qualità.

Tracklist:
1. Into…
2. Ya – Severniy Veter
3. Morskaya
4. Sentyabr
5. I Tiho Vetly Shelestyat
6. Teni Oktyabrya
7. Severniy Bereg
8. Temnaya Voda
9. Noyabr
10. Canticum Angelorum

Line-up:
Alexey Ignatovich – Guitars, Vocals (additional), Songwriting, Lyrics
Marina Ignatovich – Keyboards, Songwriting
Alexander Grischenko – Bass
Egor Loktev – Guitars, Vocals (additional)
Maria Kiverina – Vocals
Alexey Kuznetsov – Vocals

LORELEI – Facebook

Marginal – Total Destruction

Total Destruction convince, il sound rimane ancorato al death metal anche se hardcore e grind lo violentano esaltandone la parte distruttiva, mentre i rallentamenti classici del genere si alternano a sfuriate devastanti come una pioggia di napalm.

L’attivissima Transcending Obscurity ci presenta i Marginal, gruppo belga la cui proposta estrema è un grindcore/crust davvero ben fatto, distruttivo e senza compromessi.

Il quintetto, nato quattro anni fa rilascia questo devastante lavoro composto da mezzora scarsa di metal estremo old school, influenzato dall’hardcore e considerato dal gruppo come la colonna sonora della distruzione totale.
Testi di denuncia contro il sistema corrotto che, come un virus, infetta i governi mondiali e un approccio altamente esplosivo fanno di questo massacro in musica un’ottima sorpresa per i fans del genere, attirati dall’artwork che ricorda non poco i Discharge, idoli incontrastati dei musicisti della scena grindcore (Napalm Death, Extreme Noise Terror).
Total Destruction convince, il sound rimane ancorato al death metal anche se hardcore e grind lo violentano esaltandone la parte distruttiva, mentre i rallentamenti classici del genere si alternano a sfuriate devastanti come una pioggia di napalm.
Il growl è tipico del metallo di morte, profondo e abissale, niente a che vedere con i grugniti a cui ci hanno abituato molte delle band nate negli ultimi tempi, e i brani mantengono una perfetta forma canzone così da essere apprezzati anche dagli amanti del death metal old school.
I dodici brani superano a stento i due minuti, a parte Red Kebab, che per metà della sua durata viaggia nel lento incedere del doom/death per poi cambiare marcia e, come un vento atomico, spazzare via tutto.
Total Destruction, nel genere, è un lavoro riuscito e perfettamente in grado di reggere il confronto con le opere dei colleghi più famosi, sta a voi dargli una chance.

Tracklist
1. Barbarians
2.Delirium Tremens
3.Ruination
4.Impaled
5.Useless Scum
6.I Used to be Intelligent
7.Rat Kebab
8.The Violent Way
9.Leech Invader
10.Fucked Up Society
11.Atom Sapiens
12.Total Destruction

Line-up
Johan – Vocals
Timmy – Guitar
Martin – Guitar/Vocals
Steven – Drums
Rui – Bass

MARGINAL – Facebook

GODWATT

Il video di Tenebre, dall’album Necropolis, in uscita a gennaio (Jolly Roger).

Il video di Tenebre, dall’album Necropolis, in uscita a gennaio (Jolly Roger).

Godwatt “Necropolis”, il nuovo album.
Jolly Roger Records è orgogliosa di annunciare che il nuovo album dei doomsters Godwatt, intitolato “Necropolis” sara’ disponibile nei formati Picture Lp (limitato a 100 copie!), Cd e Digitale da venerdi 26 Gennaio. Il disco che conterra’ 8 nuove tracce (9 la versione Cd, con bonus track) è un oscuro monolite di doom-metal che obbedisce alle regole del genere ma riviste con una propria e personale prospettiva musicale marchiata Godwatt, riconoscibile dalle liriche in italiano e da reminescenze stoner, sulla scia del precedente “L’Ultimo Sole”. “Necropolis” è anticipato dal videoclip “Tenebre” :

La band presentera’ live il disco sabato 27 Gennaio al Satyricon Club ad Alatri, evento FB qui.

Tracklist:
1. NECROPOLIS
2. MORENDO
3. SIAMO NOI IL MALE
4. E’ LA TUA ORA
5. TRA LE TUE CARNI
6. LA MORTE E’ SOLO TUA
7. TENEBRE
8. R.I.P.
9. NECROSADICO (Cd Bonus Track)

https://www.facebook.com/godwatt/

Jolly Roger Records
http://www.jollyrogerstore.com
https://www.facebook.com/JollyRogerRecords/

Apparition – The Awakening

The Awakening si può confondere nell’immenso universo del metal sinfonico, ma all’ascolto regala sfumature varie che ne fanno un album personale e meritevole d’attenzione da parte degli amanti dei suoni melodici a sfondo dark/gotico.

Una delle prime uscite targate Wormholedeath di questo nuovo anno si veste di pizzo e merletti, usa il fioretto invece della sciabola e ci delizia con un raffinato metal melodico, dai rimandi gothic/dark, anche se non accentuati come nelle proposte abituali nel metal con voce femminile.

Si parla dell’ultimo lavoro degli Apparition, gruppo proveniente dal Regno Unito che ha i suoi natali addirittura nel 1997, ma che di fatto vede la sua partenza discografica nel 2004, sempre per volontà del bassista David Homer.
Terzo lavoro sulla lunga distanza, una line up che negli anni ha cambiato i suoi protagonisti fino alla formazione che troviamo su quest’ultimo album e che vede lo storico bassista affiancato da Ashley Guest alle pelli, Amy Lewis e Paul ‘Kull’ Culley alle chitarre e Fiona Creaby a regalare emozioni al microfono.
The Awakening non risulta il solito symphonic metal album, anche se brani come la splendida Resonance sono colmi di quelle atmosfere orchestrali che portano inevitabilmente a collocarlo nel genere, anche se la band usa le sinfonie con parsimonia, lasciando al tocco raffinato del piano il compito di rivestire d’eleganza il sound che, spogliato dalle sfumature gotiche e classiche, si avvicina all’hard & heavy con splendidi assoli di scuola tradizionale e ritmiche che esaltano il lato hard rock della musica.
E’ bellissima la voce della cantante, perfettamente a suo agio tra le varie sfumature che regalano questa raccolta di tracce, e perfetta è la produzione che riesce a valorizzare i suoni dei tasti d’avorio, molte volte morbido tappeto su cui si poggiano le canzoni (Eternity).
L’album è piacevole, porta con sé quell’eleganza tutta britannica senza esagerare in suoni bombastici, e lascia al talento vocale della Creaby il compito di portare l’ascoltatore verso la perdizione tra le trame di delicati passaggi dai tenui colori grigio scuri (Home, Twilight) o travolgerlo con parti metalliche dall’appeal magnifico (Hold Back The Night).
The Awakening si può confondere nell’immenso universo del metal sinfonico, ma all’ascolto regala sfumature varie che ne fanno un album personale e meritevole d’attenzione da parte degli amanti dei suoni melodici a sfondo dark/gotico.

Tracklist
1. The Awakening (Intro)
2. Hold Back The Night
3. The Dames Of Darkness
4. The Other Side
5. Resonance
6. The Night An Angel Died
7. Eternity
8. Home
9. Break The Chains
10. Our Story Lives On
11. Twilight
12. As Shadows Play

Line-up
Ashley Guest – Drums
Fiona Creaby – Vocals
David Homer – Bass;
Amy Lewis – Guitars;
Paul ‘Kull’ Culley – Guitars/Sequencing

APPARITION – Facebook

Incursed – Amalur

Il racconto epico degli Incursed è qualcosa che rimane nelle orecchie e nei cuori, figlio di un tempo passato che può tornare solo grazie a queste narrazioni.

I baschi Incursed sono fautori di un folk metal non convenzionale, molto veloce e potente dai forti accenti epici.

Attivi dal 2007, questi ragazzi suonano un folk metal con una base pagan, costruendo canzoni molto ben strutturate e frutto di una visione potente. Questo disco è la loro quarta uscita, il loro suono è in costante miglioramento e Amalur è un lavoro con molte sfumature, eppure organico nel suo essere una narrazione epica e mitica, incentrata sulle nostre antiche tradizioni andate perse a causa dall’allontanamento dal nostro baricentro naturale. Gli Incursed usano diversi registri musicali per rendere tutto ciò, avendo molte possibili soluzioni anche grazie al loro talento e alla loro capacità creatival. L’incedere è molto epico, le canzoni sono piccole sinfonie con base metallica, ma con escursioni in altri territori, come gli intarsi con strumenti antichi. Sono notevoli anche i pezzi meno veloci, carichi di una forza notevole data dal loro pathos. Il racconto degli Incursed è qualcosa che rimane nelle orecchie e nei cuori, figlio di un tempo passato che può tornare solo grazie a queste narrazioni. Il gruppo è capace di dosare sempre l’emozione, rendendosi comprensibile in tutti i suoi passaggi, riuscendo a non essere mai noioso. Molto di tutto ciò è dovuto sicuramente alle ottime frequentazioni che la band ha avuto sui palchi, con gruppi come Eluveitie ed Ensiferum, tra gli altri. Rispetto a questi due gruppi gli Incursed hanno una personalità molto spiccata ed una maniera di interpretare li folk metal che è radicato nella penisola iberica, con grande epicità e con una maniera di comporre molto diversa per esempio dai loro colleghi scandinavi. Un buon disco che porta il gruppo ad essere fra i migliori del genere.

Tracklist
1.Lurramets [intro]
2.Cryhavoc!
3.Psalm of the Accursed
4.Akelarre
5.The Awakening
6.Amalur
7.The Slavic Covenant
8.A Crownless King
9.The Hardest of Harvests
10.Zombeer Alcoholocaust
11.Brothers in Arms
12.Fear a’ Bhàta [bonus]

Line-up
Asier Amo – drums
Asier Fernandez – guitars
Jon Koldo Tera – harsh and clean vocals, keyboards
Lander Lourido – clean vocals, guitars
Mikel Llona – bass

INCURSED – Facebook

Descrizione Breve

Autore
Massimo Argo

Voto
7

Genere – Sottogeneri – Anno – Label
Folk Metal

Pagan Metal

Viking Metal

2017

Hexx – Wrath Of The Reaper

Sia per chi conosceva gli Hexx prima di questo lavoro, sia per chi fino ad ogni ne ignorava l’esistenza, Wrath Of The Reaper è un lavoro riuscito e meritevole della giusta attenzione.

Tornano con un nuovo lavoro gli Hexx, gruppo della prima era dell’US power metal attivo dal lontano 1983, anno in cui uscì il primo demo.

Il gruppo capitanato da Dan Watson, al quale si deve la reunion della band (anche se non con tutti i membri originari),  si fece conoscere negli anni ottanta grazie ad un ottimo e aggressivo power/speed metal, poi, dopo i primi tre full length sparì dalla scena per oltre vent’anni, tornando oggi con un nuovo album in tutto e per tutto figlio del metal classico di scuola statunitense.
Wrath Of The Reaper sposa il genere e lo nobilita con ottimi inserti heavy, accompagnandolo con una produzione che mantiene l’approccio classico, pur risultando a passo coi tempi: ne esce così un ritorno da non perdere per gli amanti dei suoni classici, perché gli Hexx con la loro attitudine power/thrash rendono il tutto potente ed aggressivo, tra cavalcate e solos taglienti che la coppia di chitarristi Watson/Wright valorizza con un riffing d’alta scuola.
Mike Horn al basso e John Shafer alla batteria formano una sezione ritmica martellante, furiosa e veloce ed Eddy Vega sciorina una prova da cantante di razza, così che Wrath Of The Reaper abbia tutte le carte in regola per risultare un gradito ritorno.
Ovviamente anche per gli Hexx i tempi gloriosi in cui facevano scintille con il debutto No Escape (1984) e soprattutto il successivo Under The Spell (1986) sono ormai un ricordo, ma il nuovo album riesce comunque a convincere senza sembrare un’operazione nostalgica; dopo una partenza a razzo con almeno i primi quattro brani dall’impatto travolgente, l’album si assesta su un livello discreto alternando qua e là devastanti tempeste metalliche a momenti più ordinari, rimangono però le ottime performance in brani feroci e taglienti come l’opener Macabre Procession Of Spectre, A Slave In Hell e Swimming The Witch, che danno il benvenuto all’ascoltatore con in mezzo il piccolo capolavoro power/speed Screaming Sacrifice.
Quindi, sia per chi conosceva gli Hexx prima di questo lavoro, sia per chi fino ad ogni ne ignorava l’esistenza, Wrath Of The Reaper è un lavoro riuscito e meritevole della giusta attenzione.

Tracklist
1. Macabre Procession Of Specters
2. Screaming Sacrifice
3. Slave In Hell
4. Swimming The Witch
5. Dark Void Of Evil
6. Unraveled
7. Voices
8. Exhumed For The Reaping
9. Circle The Drain
10. Wrath Of The Reaper
11. Certificate Of Death CD-Bonustrack

Line-up
Eddy Vega – vocals
Dan Watson – guitars
Bob Wright – guitars
Mike Horn – bass
John Shafer – drums

HEXX – Facebook

https://youtu.be/IE6Un2FfFEI

Wending Tide – The Painter

The Painter ha il solo difetto d’essere un ep, perché, al termine dell’ascolto, permane forte il desiderio di ascoltare quanto prima del nuovo materiale proveniente da questo bravissimo musicista neozelandese.

Sempre dalla ricca faretra della Naturmacht ecco arrivarci questo notevole prodotto proveniente dell’emisfero australe.

Wending Tide è il nome di una delle non così frequenti realtà musicali provenienti dalla Nuova Zelanda portate alla nostra attenzione: le note biografiche al riguardo sono pressoché nulle per cui altro non dato sapere, se non il fatto che siamo al cospetto di una one man band.
Non resta quindi che parlare della musica offerta, che è un ottimo black metal atmosferico dalla forte impronta nordamericana, cosa che viene esplicitata senza troppi giri di parole fin dai titoli dei due brani centrali Cascading Auburn I e II; uno spiccato senso melodico pervade ognuna delle quattro tracce nelle quali viene offerto uno spaccato esemplare di quel black metal dai tratti sognanti che va talvolta a sconfinare nello shoegaze.
In questi venti minuti scarsi gli Wending Tide offrono splendidi squarci melodici che non possono lasciare indifferenti, anche perché d’altro canto non viene sacrificata la struttura di base del genere, senza rinunciare né allo screaming né alle consuete sfuriate ritmiche atte a sostenere il flusso armonico creato dal tremolo della chitarra.
The Painter ha il solo difetto d’essere un ep, perché giunti alla fine di Pastel Light permane un forte desiderio di ascoltare quanto prima del nuovo materiale proveniente da questo bravissimo musicista neozelandese.

Tracklist:
1. The Painter
2. Cascading Auburn I
3. Cascading Auburn II
4. Pastel Light

Nordlumo – Embraced by Eternal Night

Come spesso accade, la musica che ci giunge dalla Siberia non delude e il misterioso Nordmad riesce nell’intento di produrre un bellissimo lavoro, tramite l’esibizione di un funeral doom melodico ma al contempo molto essenziale.

Nordlumo è il nome di questa nuova one man band proveniente dalla Siberia e dedita al funeral doom.

Come spesso accade, la musica che ci giunge da quelle fredde e lontane lande non delude e il misterioso Nordmad riesce nell’intento di produrre un bellissimo lavoro, tramite un’esibizione del genere melodica ma al contempo molto essenziale.
Sono pochi gli inserti vocali mentre risultano invece pressoché nulli i momenti in cui il sound viene diluito con passaggi ambient o sperimentali: qui tutto è finalizzato alla creazione di una melodia dolente ma d’immediato impatto e, in tal senso, si rivela emblematica la prima traccia, interamente strumentale, The Autumn Fall, la quale prepara il terreno a quello che sarà il fulcro dell’album, la meravigliosa Devotion, oltre 23 minuti di sofferenza pura oltre che sicuro nutrimento per i soli adepti del genere.
E’ sempre un profondo senso di malinconia ad aleggiare per quasi la metà del brano, nel corso del quale il musicista russo mostra anche una certa eleganza nel pizzicare gli strumenti a corde, prima che l’interminabile finale ci scaraventi in un vortice di inalienabile dolore, con la reiterazione di accordi rallentati all’inverosimile.
Altro picco del lavoro è il quarto d’ora intitolato Dreamwalker, brano di chiara impronta Ea che si apre negli ultimi cinque minuti in un meraviglioso crescendo emotivo; non da meno comunque è anche il resto del lavoro, che oltre alla già citata The Autumn Fall, propone la nervosa e più cangiante Scripts e la stupenda cover di Weathered dei Colosseum, sentito e doveroso omaggio al genio musicale del compianto Juhani Palomäki.
Nordmad dimostra d’essere un musicista di grande spessore, regalando un esordio inattaccabile sotto ogni aspetto e dotato di tutti i crismi per lasciare il segno negli appassionati di funeral doom.

Tracklist:
1. The Autumn Fall
2. Devotion
3. Scripts
4. Dreamwalker
5. Millenium Snowfall
6. Weathered (Colosseum cover)

Line-up:
Nordmad – Everything

Ovnev – Incalescence

Un album sicuramente interessante e consigliato a chi ama il black atmosferico dalla forte impronta nordamericana e dalle ben dosate sfumature folk.

Secondo full length per la one man band texana Ovnev, autrice di un buon black metal atmosferico del tutto in linea con le produzioni di casa Naturmacht.

L’etichetta tedesca è probabilmente quella che ha nel suo roster il maggior numero di band e progetti solisti dediti a questa specifica forma di black, che affonda le proprie radici in un sentire naturalistico-ambientale ben radicato nel dna dei musicisti di provenienza statunitense.
West non fa eccezione a questa sorta di regola ed offre un album decisamente valido e ricco di buoni spunti melodici, magari non sempre impeccabile dal punto di vista esecutivo, con qualche sbavatura nel lavoro chitarristico che viene ampiamente compensata da una buona intensità e da quella capacità tipica del genere di veicolare le emozioni in maniera molto diretta e priva di alcun filtro.
I cinque brani si equivalgono per valore rendendo l’ascolto di Incalescence senz’altro gradevole: tra questi credo che sia A Living Resonance l’episodio che meglio esprime il senso del sound marchiato Ovnev, che in questo caso riveste musicalmente una storia fantasiosa ma piuttosto interessante riguardante la scoperta di un ecosistema lussureggiante nascosto nel sottosuolo antartico, creato da forme di vita intelligenti e destinato ad essere rivelato all’umanità, con tutte le conseguenze del caso.
La somma di tutti questi fattori rende l’album sicuramente interessante e consigliato a chi ama il black atmosferico dalla forte impronta nordamericana e dalle ben dosate sfumature folk.

Tracklist:
1. Subterranean Premonitions
2. Icy Incalescence
3. A Living Resonance
4. Oracles of the Eternal Wisdom
5. They Reclaimed the Land

Line-up:
West Everything

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