Wild Mighty Freaks – Guns N’ Cookies

Il gruppo fa un rapcore notevolmente influenzato dal nu metal, con sprazzi di dancehall ed una solida base pop. Il suono è potente, melodico ed esaltato da una sapiente produzione.

In Francia sanno fare molto bene la commistione fa vari generi, con un respiro fumettistico che non hanno neppure in America.

I Wild Mighty Freaks sono di Parigi, sono nati nel 2015 e questo disco è il loro ep di debutto che denota una notevole chiarezza di intenti. Il gruppo fa un rapcore notevolmente influenzato dal nu metal, con sprazzi di dancehall ed una solida base pop. Il suono è potente, melodico ed esaltato da una sapiente produzione. L’ep ha la giusta lunghezza che permette di gustare la meglio le peculiarità di questi ragazzi parigini, i quali non inventano nulla di nuovo, ma fanno le loro cose molto bene, con passione e cura per i particolari. Oltre alla musica c’è una grande attenzione per la parte visuale, grazie all’uso di costumi e maschere, come dal vivo o nel video. Il suono diventa fisico e diventa un fumetto, fatto di sangue e di supereroi, un grande videogioco per adulti, molto divertente e fatto molto bene. Il disco è autoprodotto è ciò è un punto in più per questo giovane gruppo che rinverdisce i fasti di un suono che pareva morto, ma che invece grazie a gruppi come questi continua a divertire. Certamente non sono i tempi di maggior successo per questo tipo di suono, ma si deve dare una possibilità agli Wild Mighty Freaks, una band che vi divertirà lasciandovi  un buon gusto mentre affilate le katane.

Tracklist
1. The Last Time
2. Freaks
3. Empty Skies
4. High
5. Jungle
6. Get Out

Line-up
Crazy Joe
Flex
Tonton
Yaboy

WILD MIGHTY FREAKS – Facebook

BRAIN DISTILLERS CORPORATION

Il lyric video di di “The Storm”, il primo singolo estratto dal nuovo album “Medicine Show”,

Il lyric video di di “The Storm”, il primo singolo estratto dal nuovo album “Medicine Show”,

Il lyric video di “The Storm”, il primo singolo estratto dal nuovo album “Medicine Show” dei talentuosi BRAIN DISTILLERS CORPORATION: band rivelazione ed unica nel genere, che non merita categorizzazioni e crea un perfetto mix tra rock, metal e grunge.

Traccia numero quattro del nuovo lavoro che uscirà il prossimo 30 marzo per The Jack Music Records, si tratta di un brano senza compromessi, diretto, rabbioso, travolgente, che affonda le radici nel rock più viscerale ed evidenzia l’inconfondibile marchio di fabbrica BRAIN DISTILLERS CORPORATION.

Le parole della band:
In “The Storm” testo e musica si fondono insieme in un ritmo incessante.
La canzone è incentrata sull’abbandono e sulla difficoltà di voltare pagina e dimenticare una persona che entra nella nostra vita prepotentemente, travolgendoci, illudendoci e lasciandoci senza speranza, proprio come una tempesta che distrugge e devasta, non lasciando nulla dietro di sé.

Il nuovo album “Medicine Show” verrà presentato venerdì 6 aprile al Legend Club di Milano, per un release party da non perdere > https://goo.gl/iSnPRL
Tutte le altre date live verranno annunciate molto presto.

www.facebook.com/BrainDistillersCorporation
www.instagram.com/braindistillers

BIOGRAFIA

I BRAIN DISTILLERS CORPORATION nascono alla fine del 2013 da un’idea dei due chitarristi Matteo Bidoglia e Francesco Altare; l’intento è quello di dare vita ad una band capace di fondere diverse influenze e passioni musicali, passando attraverso il grunge di Alice in Chains e Soundgarden al metal dei Black Label Society e Black Stone Cherry, senza mai perdere di vista la vena blues.
La costituzione della band si concretizza velocemente con l’arrivo di Luca Frangione al basso, Fabrizio Ravasi alla batteria e Marco Pasquariello alla voce.
Nel giugno del 2014 la band realizza il primo brano dal titolo “The Biggest Crime” con l’etichetta indipendente Brainstorn e, al tempo stesso, non perde tempo per esibirsi in divesi clud del Nord Italia dove a sponsorizzarli c’è Jack Rock Agency.
Tra settembre e dicembre I BDC realizzano un paio di Nuovi brani; “I Can Breathe Again” e “Marvin”.
I Live continuano: nel febbraio 2015 i BDC aprono ai Mellowtoy e ad aprile ai Rebeldevil.
L’ultima fatica in studio viene prodotta nell’Aprile 2015; il titolo è “Where is God?” , un brano che viene impreziosito dalla partecipazione di Tommy Massara (Extrema) con il suo assolo di chitarra.
Fra l’ottobre ed il novembre 2015 la band apre due formazioni storiche del panorama rock/metal italiano: Etrema e Linea 77.
Nel Marzo 2016 esce l’album d’esordio della band, “Ugly Farm”, che vanta la partecipazione di Stef Burns (Alice Cooper, Huey Lewis, Vasco Rossi) nel brano Lost Friend, oltre a quella già citata di Tommy Massara per il brano “Where is God?”.
Con il release del disco i BDC realizzano anche il loro primo video dedicato al brano “Southern Milf”.
Il tour promozionale parte con due concerti europei, uno in Olanda presso il NL3 di Wateringen ed uno in Germania in chiusura dell’Evil Horde Metal Fest di Oberhausen e si conclude con diverse date nel nord Italia.
Nel frattempo la band comincia a definire idee nuove per il successivo disco.
Il 2017 è un anno particolare in cui la band concentra forze ed sinergie per dare vita ai brani del nuovo disco, non sparendo mai quasi completamente dal panorama musicale facendosi sentire con qualche live nel nord Italia e poi di nuovo in Olanda al NL3 di Wateringen.
Il processo di studio e stesura del nuovo album termina agli inizi del 2018, quando la band decide di entrare in studio per registrare i nuovi brani.
Il disco è prodotto interamente dalla band e registrato e mixato dal chitarrista Francesco Altare preso il 33Hz Studio di Trezzo sull’Adda (MI). Il mastering viene affidato a Riccardo Parenti di Elephant-Mastering Studio a Roma.
La band si mantiene comunque attiva con altre date nel nord Italia (apertura dei Cream Pie nel febbraio 2018 durante la registrazione del disco live di questi ultimi), in attesa dalla presentazione del loro nuovo disco “Medicine Show” prevista per il prossimo il 6 Aprile.

Line-up:
Marco ‘Pascoso’ Pasquariello – Vocals
Matteo ‘Matt’ Bidoglia – Guitar
Francesco ‘Frank’ Altare – Guitar
Luca ‘Tambu’ Frangione – Bass
Fabrizio ‘Thompson’ Ravasi – Drums

Myrholt – Vinter

Il black metal offerto da Myrholt è senz’altro apprezzabile e, se questi sono i frutti tangibili di una nuova fase compositiva, ci sono tutti i presupposti per seguire anche in futuro le mosse del musicista scandinavo.

Questo breve ep targato Myrholt arriva dopo un 2017 molto intenso, nel corso del quale l’omonimo musicista norvegese, dopo un lungo silenzio, ha rimesso mano al materiale composto sotto altri monicker (l’ultimo dei quali Tremor) tra la metà degli anni novanta e la fine dello scorso decennio, pubblicando una serie piuttosto corposa di singoli, un Ep e due full length.

Vinter, se non ho inteso male, presenta invece due tracce inedite che vedono il nostro alle prese con un black metal piuttosto legato alla tradizione ma piacevolmente atmosferico, attestato su ritmi ragionati e in definitiva di buona fattura per scrittura e produzione.
Heimdall è un brano molto bello che cresce in intensità nei minuti finali, mentre Hieros Gamos presenta maggiori variazioni ritmiche, per poi stemperarsi in una elegante chiusura pianistica che offre la misura della buona sensibilità artistica di Ole Alexander.
Il black metal offerto da Myrholt è senz’altro apprezzabile e, se questi sono i frutti tangibili di una nuova fase compositiva, ci sono tutti i presupposti per seguire anche in futuro le mosse del musicista scandinavo.

Tracklist:
1. Heimdall
2. Hieros Gamos

Line-up:
Ole Alexander Myrholt – All instruments

MYRHOLT – Facebook

Helel – A Sigil Burnt Deep into the Flesh

La durata ridotta inferiore alla mezz’ora sicuramente agevola la digestione di un piatto altrimenti indigesto se ingerito in dosi più massicce: l’industrial black degli Helel, benché sia passato quasi un decennio, si dimostra ancor oggi molto efficace, rifuggendo soluzioni ammiccanti o più attente alla forma che alla sostanza.

Dopo diverse riproposizioni arriva anche quella in vinile per quest’album dei francesi Helel, band davvero interessante ma che non ha poi dato seguito, se non con una raccolta, al lavoro in questione risalente ormai al 2009.

Il fatto stesso che l’album sia stato riedito in diversi formati e da diverse etichette (ultime delle quali la Dead Seed e la Necrocosm) depone a favore delle potenzialità di una band capace di imprimere una ferocia non comune al proprio sound, tramite un impalcatura fondata su un estremismo dai ritmi incessanti e a tratti quasi parossistici.
Non è solo brutalità quella che si rinviene tra le note degli Helel: le aperture melodiche sono inesistenti ma il fragoroso incedere degli strumenti è placato di tanto in tanto da rallentamenti nei quali è possibile scorgere ancora meglio le dissonanze, per il resto imprigionate nelle fitte maglie di un sound che non prevede compromessi.
La durata ridotta inferiore alla mezz’ora sicuramente agevola la digestione di un piatto altrimenti indigesto se ingerito in dosi più massicce: l’industrial black degli Helel, benché sia passato quasi un decennio, si dimostra ancor oggi molto efficace, rifuggendo soluzioni ammiccanti o più attente alla forma che alla sostanza.
Perché l’operazione possa assumere maggiormente un senso compiuto, sarebbe ovviamente necessario che gli Helel fornissero un segno sul loro status attuale, perché l’eventuale notizia di un nuovo lavoro in preparazione potrebbe far aumentare l’interesse anche per questa uscita, destinata altrimenti a rimanere appannaggio di pochi estimatori fedeli del genere.

Tracklist:
1.Mass Destruction / Mass Alienation
2.A Sigil Burnt Deep into the Flesh
3.This Is Hel(e)l
4.Cosmos Is Out of Order

Line-up:
Zaal – Bass, Vocals (backing)
Skvm – Guitars (lead), Vocals (backing)
Mz. – Guitars, Drums, Samples, Keyboards, Vocals (backing), Lyrics, Songwriting

HELEL – Facebook

Claudio Signorile – Groove Experience

Come ci hanno abituato ormai da tempo i musicisti che si cimentano in lavori strumentali, anche Claudio Signorile riesce ad impressionare senza necessariamente smarrire la strada maestra che conduce ad una scrittura rivolta non solo agli iniziati, bensì a chiunque ami la buona musica.

La musica contemporanea ha dato, da parecchi anni, sempre maggiore importanza agli strumenti ritmici, con il basso ad ergersi a protagonista principale, in più di un caso anche più della stessa chitarra: nell’economia dei vari generi con il suo suono caldo ha abbracciato migliaia di ascoltatori, ed anche nel metal e nel rock ha sempre trovato maestri indiscussi.

Groove Experience è il secondo ep del musicista pugliese Claudio Signorile, che i cultori del basso e dei lavori strumentali ricorderanno con A song 4 each day…, primo album uscito nel 2011 che lo vedeva impegnato quasi completamente con la programmazione degli altri strumenti, registrazione e mix.
Questa volta il bassista barese è accompagnato da una serie di ottimi musicisti che valorizzano i brani presenti in Groove Experience, dove il basso viene presentato sia come accompagnamento sia come strumento principale, offrendo una panoramica soddisfacente sul mondo delle quattro corde.
Ovviamente, in un album interamente strumentale, i pericoli dietro l’angolo sono l’ autocompiacimento e la tecnica fine a se stessa, a discapito di una fruibilità che per chi ascolta diventa vitale se non si è musicisti e non si ha confidenza con le tecniche di esecuzione.
Invece, per fortuna, Groove Experience lascia trasparire la voglia da parte di Signorile di rendere partecipi tutti quelli che si soffermeranno su queste sette gemme strumentali, nelle quali le capacità tecniche sono esclusivamente funzionali allo scorrere del fiume di musica che passa da rimandi jazz, al funky, dal rock, al metal, con il basso a dettare i tempi e, di conseguenza, le emozioni scaturite da bellissime cascate strumentali come Bass Suite, Groove Experiment e la magnifica Mosaic.
Come ci hanno abituato ormai da tempo i musicisti che si cimentano in lavori strumentali, anche Claudio Signorile riesce ad impressionare senza necessariamente smarrire la strada maestra che conduce ad una scrittura rivolta non solo agli iniziati, bensì a chiunque ami la buona musica.

Tracklist
01. Horizon
02. Bass Suite
03. Unforgettable
04. Groove Experiment
05. When love ends
06. Mosaic
07. In my memory

Line-up
Claudio Signorile – bass
Pierluigi Balducci,Vincenzo Maurogiovanni – Lead bass
Michele Campobasso – piano
Francesco Adessi and Danny Trent – acoustic guitar
Aurelio Follieri – electric guitar
Rha Stranges Francesco “Frums” Dettole – drums
Marcello Leanza – sax
Aurelio Follieri – electric guitar
Danny Trent – acoustic guitar

CLAUDIO SIGNORILE – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: ZEPHYR

Grazie all’avvio della reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.

Grazie all’avvio della reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.
Oggi è il turno degli Zephyr, storica band heavy metal guidata da Alessandro Zazzeri. Buona lettura.

MC Gli Zephyr si formano nel 1979 riscuotendo immediatamente un ottimo successo. Ci parli dell’inizio di quest’avventura?

Il primo nucleo degli Zephyr nacque per caso dalla passione per la musica da parte mia, il tastierista Nicola Castanò, il bassista Marco Capecci e il batterista Fabio Chiarini. Eravamo tre quattordicenni tranne il batterista che era quindicenne. Successivamente Capecci nel 1984 fu sostituito con Paolo Rinaldini al basso. Subito ci mettemmo a fare cover dei Deep Purple, Led Zeppelin, Black Sabbath, Uriah Heep e brani nostri in linea con quel sound, in
quanto erano quelli i nostri gruppi preferiti. Eravamo decisamente fuori moda per i tempi. In particolare in italia in quel periodo la musica mainstream era la disco music e la primissima new wave pop, niente a che fare con l’hard rock. Anzi la musica rock nel vero senso della parola era quasi sparita dai media italiani. Insomma eravamo una delle poche piccole realtà fuori dagli schemi imperanti del periodo. A dir la verità lo siamo sempre stati anche negli anni
a seguire. Questo a creato interesse nei nostri confronti da parte di una fedele, e devo dire, inaspettatamente numerosa nicchia di appassionati. Ovviamente ci ha chiuso anche qualche porta a livello mediatico, ma noi ce ne fregavamo, per noi contava suonare ciò che ci piaceva e facevamo parecchi concerti. Ci siamo molto divertiti. Questa era la nostra filosofia, lo è sempre stata. E ne andavamo fieri.

MC Nel 82 vincete il “Cantagiro Romagnolo” e immediatamente dopo trionfate al festival “Heavy Mass”, primo raduno hard rock/heavy metal per gruppi emergenti. Quali sono i ricordi più significativi di quelle esperienze?

Nel 1982 registrammo il primo nostro demo con pezzi originali e partecipammo al Cantagiro romagnolo, una kermesse molto popolare allora, per cantanti e gruppi emergenti… e lo vincemmo. Madrina delle numerose serate di quel festival era una certa Cicciolina, che poi faceva il suo spettacolo molto, molto osè… incurante dei minorenni (noi compresi). Che dire, altri tempi. Successivamente nel 1985 registrammo il nostro secondo demo e lo spedimmo a Clive Griffith, indimenticato presentatore della fu Video Music, poi diventata MTV, prima emittente di video musicali in Italia. A Clive piacemmo molto e ci intervistò all’interno di un programma della medesima emittente (Heavy con Kleever) primo programma di video heavy metal in Italia. In seguito Clive si ricordò di noi e quando Video Music organizzò il primo raduno di gruppi hard/heavy “Heavy Mass”, ripreso dalla emittente nel palazzetto dello sport di Pistoia, in occasione della uscita del primo numero di “H.M” prima rivista del genere in italia, ci chiamò per partecipare. Il tutto venne trasmesso dalla emittente Video Music e noi risultammo il gruppo più apprezzato, sia dal pubblico in loco sia da quello televisivo che dagli stessi organizzatori della emittente televisiva, tanto che ci
commissionarono la sigla per un programma, “Road show”, andato in onda nel 1987.

MC  Nonostante questi successi la band si scioglie e tu collabori con i Rex Inferi altra band storica dell’heavy metal italiano. Ci parli di questa parentesi della tua attività?

La pubblicità che ci venne dalla esperienza Video Music ci consentì di fare numerosi concerti molto apprezzati; ci sentivamo pronti per il grande salto…. Ma come spesso accade, e allora più di ora, il salto di qualità non avvenne; questo portò allo scioglimento del gruppo. Troppe aspettative tradite. Col senno del poi eravamo solo degli illusi, in quanto in quegli anni avere successo, nel vero senso della parola, per una band italiana hard/metal era praticamente impossibile. Tante le band che avrebbero meritato… In realtà però sempre rimaste un fenomeno di nicchia. Noi poi eravamo una band atipica, in quanto più sul versante hard rock, quindi fuori moda anche per quel movimento. Facevamo parte di una nicchia nella nicchia, e se da un lato questo ci caratterizzava in positivo, dal punto di vista commerciale ci castrava ulteriormente.
L’esperienza con i Rex Inferi è dovuta alla mia amicizia con Maurizio Samorì, grandissimo chitarrista. Cantai su tre brani (uno andò perso) nell’ottimo “Like a hurricane”. I Rex Inferi erano un grande e storico gruppo, sono orgoglioso di avervi partecipato

MC Ma gli Zephyr restano il fulcro della tua creatività musicale e con un provino dove suoni tutti gli strumenti, riesci a convincere la LM Records a mettere la band sotto contratto.
Quanto ti ha aiutato la passione per la musica in tutti questi anni?

La passione per me è tutto. Ho continuato e continuo a scrivere canzoni e ho realizzato due cd a nome Zephyr, a testimonianza di quella esperienza che nel mio piccolo porto nel cuore con grande orgoglio.

MC Nel 91 ti affermi in varie manifestazioni musicali molto importanti anche da solista e con un altro progetto, gli Washing Machine, e nel 97 riformi gli Zephyr e nel 2008 pubblicate finalmente”The Last Dawn”.
Cosa ha rappresentato questo disco per te?

Sì, io ho continuato a suonare e cantare in vari progetti e mi sono tolto anche qualche soddisfazione: come arrivare secondo nel 1991 al “Festival di Ariccia” trasmesso in diretta su Rai 2 e più recentemente, nel 2007, con gli Washing Machine con un nostro brano trasmesso Su Radio Rai 2.
Il mio primo disco The Last Dawn è uscito postumo nel 2008 per problemi (fallimento) della LM Records. In realtà si tratta di una registrazione del 1989. In quel disco suonai tutti gli strumenti e ovviamente cantavo. Sfortuna volle che uscì quasi 20 anni dopo e questo ha sicuramente nuociuto al nome Zephyr e all’esser meno popolari di quello che forse avrebbero meritato. Ma pazienza, sono cose che succedono.

MC  Nel 2015 Taste The Bomb, che contiene ben 18 tracce, conferma il definitivo ritorno della band. Ci parli di quest’album?

Più recentemente  ho realizzato Taste The Bomb … 18 tracce! Contiene numerose ballate, questo ha fatto storcere il naso a qualcuno, ma altri lo hanno apprezzato proprio per questo. Personalmente ne vado fiero. Forse la produzione non è all’altezza del precedente (nel 1989 il nome Zephyr aveva un’altra risonanza) ma i pezzi secondo me sono validi, gli arrangiamenti molto più complessi e maturi e la mia voce si esprime in varie coloriture, era quello che volevo. Anche in questo caso, tranne la batteria (Guido Minguzzi), tutte le voci e strumenti sono suonati da me. Ci sono anche brani in italiano.

MC  La componente live è sempre stata importante per te e per la band. Com’è cambiato il pubblico rispetto gli anni 80/90?

Penso di non sbagliare a dire che gli Zephyr siano state tra le band del genere ad aver all’attivo più live della media. Questo perché il pubblico rispondeva positivamente e semplicemente i gestori di festival e locali ci richiamavano volentieri. Noi ci divertivamo e ci facevamo le ossa. I nostri live duravano all’incirca 2 ore e mezza e davamo tutto noi stessi.
Forse è proprio questo che è cambiato negl’ultimi anni. Ora vedo gruppi tecnicamente molto validi ma freddi, quasi distanti, che si atteggiano molto, e soprattutto sembrano cloni di cloni. Ecco io penso che i gruppi della nostra generazione fossero più sinceri, più veri, anche perché le difficoltà erano talmente grosse che se non eri veramente convinto di quello che facevi non potevi sopravvivere. Al di là della qualità e della serietà (c’erano sfigati e figli di papà anche allora), ora vedo un sacco di gente che nonostante i capelli lunghi, le borchie, gli atteggiamenti e le classiche pose plastiche da rocker, sembrano, e spesso lo sono, degli “impiegati del catasto” che giocano a fare i duri su un palco. Sì, ritengo che il discrimine sia proprio la spontaneità e la credibilità; qualità che mancano a molti musicisti odierni. Il pubblico se ne accorge, secondo me.

MC Cos’è previsto nel futuro degli Zephyr? Ci sono progetti che vorresti realizzare?

Ora sto componendo nuovo materiale che registrerò in un Cd appena posso e ho voglia. Sarà più heavy del precedente anche se non mancherà qualche ballata acustica. Non per scelta “commerciale” ma perché mi va così. Il non dover dipendere dal successo ha almeno questo lato positivo: te ne puoi fregare altamente e fare quel che ti pare. Per me vale solo la testimonianza e il mio divertimento, poi se con la mia musica si diverte anche qualcun’altro, tanto meglio. Se devo essere sincero trovo un po’ patetico chi, come nel mio piccolo, arrivato agli ‘anta pretenda qualcosa di più di questo e si atteggi ancora a essere considerato la miglior rockstar del proprio pianerottolo…

MC Dove i nostri ascoltatori possono seguirvi sul web?

Non sono un cultore del web e non mi interesso più di tanto a questo aspetto, ma comunque sul Web gli Zephyr sono presenti in qualche video su Youtube, oppure su Facebook direttamente come Zephyr dove si troveranno soltanto notizie veramente importanti; non qualsiasi “scorreggia” come fanno certi altri gruppi che pensano di essere i Rolling Stones “de noartri”. Ci tengo a non fare certe figure (da noi si dice: non sono un “pataca”).

MC Ti ringrazio di essere stato con noi. Ti lascio l’ultima parola

Coltivate le vostre passioni fino a che potete, al di là della qualità delle stesse. Non pretendete troppo, non tutti possono fare successo, non tutti se lo meritano, non tutti hanno fortuna e il carattere adatto. Il successo non deve essere il solo traguardo, l’importante è essersi divertiti ed aver espresso sé stessi o comunque una parte importante di sé stessi. Io ho avuto la fortuna di centrare questi obiettivi. Lo auguro a tutti

Crucifyre – Post Vulcanic Black

La band si muove a meraviglia tra sfuriate slayerane, devastanti ripartenze thrash/black e mid tempo metallici dai rimandi sabbathiani.

La title track di questo bellissimo nuovo album degli svedesi Crucifyre ci dà il benvenuto come meglio non si sarebbe potuto tra le note di Post Vulcanic Black, terzo full length del quartetto attivo in quel di Stoccolma dal 2006.

Non molto ricca, ma sicuramente di qualità, la discografia di questo satanico gruppo, fatta di un terzetto di lavori minori che fungono da corollario per lavori sulla lunga distanza che trovano in Post Vulcanic Black il picco qualitativo.
L’album si apre come detto con i sei minuti della title track, un mid tempo dai tratti heavy, molto atmosferica e dai solos armonici in un crescendo di tensione culminante nella seguente Thrashing With Violence che, come suggerisce il titolo, risulta un brano di ruvido thrash metal old school.
Si torna all’heavy metal con la splendida Mother’s Superior Eyes, mentre le sfumature black di War Chylde tornano a rivestire di estremo il sound del gruppo.
I nuovi arrivati (Karl Buhre alla voce e Cristian Canales al basso) risultano perfettamente a loro agio, inseriti in un contesto collaudatissimo capitanato dal batterista Yasin Hillborg (ex Afflicted), e la band gira come un orologio tra sfuriate slayerane (Murder And Sex And Sel-Destruction), devastanti ripartenze thrash/black (Död Människa?) e mid tempo metallici dai rimandi sabbathiani (Copenhagen In The Seventies, altro brano da applausi insieme alla title track).
Non resta quindi che cercare la vostra copia di Post Vulcanic Black, mentre la conclusiva Serpentagram , oltre a richiamare un noto gruppo doom nel titolo, vi accompagna lentamente verso la fine del viaggio nel mondo di questa ottima band estrema.

Tracklist
1. Post Vulcanic Black
2. Thrashing With Violence
3. Mother’s Superior Eyes
4. War Chylde
5. Hyper Moralist (Deemed Antichrist)
5. 200 Divisions
6. Död Människa?
7. Murder And Sex And Self-Destruction
8. Copenhagen In The Seventies
9. Serpentagram

Line-up
Karl Buhre – Vocals
Patrick Nilsson – Lead Guitar
Alex Linder – Lead Guitar
Christian Canales – Bass
Yasin Hillborg – Drums

CRUCIFYRE – Facebook