Ministry – AmeriKKKant

Al ha prodotto un disco più che buono, e come sempre ha saputo incanalare la sua rabbia in un suono acido e debordante, che si insinua sotto pelle come un malware in un compute, e come un trojan si sedimenta piano piano attraverso il suo svolgimento, per poi arrivare alla conquista dell’ospitante.

Torna uno dei nostri preferiti assassini seriali della musica moderna, Al Jourgensen e la sua creatura preferita, i Ministry.

La situazione americana è molto peggiorata negli ultimi anni, si punta il dito contro Donald Trump che è davvero uno schifo, ma i Ministry è dal lontano 1981 che sezionano a fondo il sogno americano, facendoci vedere le sue puzzolenti pustole, che dallo schermo tv sembrano seni turgidi e rigogliosi. Al è un personaggio fondamentale per la musica alternativa americana e mondiale. Fin dagli inizi con altri soci nella sua Chicago, Al ha portato avanti una sperimentazione che fondeva diversi stili e che si può definire industrial ma in realtà c’è molto di più, come si può ascoltare in questo disco. AmeriKKKant è una cronaca alla sua maniera, di ciò che sta accadendo in America e nel mondo intero, questo impetuoso vento di estrema destra che altro non è che una sublimazione della paura e del trionfo del nuovo ordine mondiale. Questa situazione i Ministry l’avevano già prevista in molti dei loro lavori come in Killing Joke, e la ribellione è il motore primo del loro lavoro, l’essenza stessa del gruppo. Musicalmente AmeriKKKant è un disco inteso come narrazione, dove un filo logico lega le varie situazioni e i vari suoni. Il tutto si srotola come fotogrammi di un film che è una nemmeno tanto lenta discesa agli inferi, e l’inizio ha una data:  11/09/2001. Da quel giorno la terra del coraggioso è andata disgregandosi ancora di più e questo disco tira le somme del momento, ci fa sentire quanto è oscura questa notte. Il classico suono dei Ministry è la colonna portante del disco, che è composto da canzoni di lunga durata e da intermezzi narrativi molto interessanti. Le canzoni sono molto lunghe e sono quasi storie indipendenti che vivono di durezza e distorsioni. Non ci si discosta molto dalla cifra generale dei lavori dei Ministry, forse in questa occasione i suoni si contaminano di più e vi è una maggiore presenza di scratch oltre ai consueti innesti di discorsi e di narrazioni. Inizialmente non era piccolo il timore che fosse un episodio stanco e trascinato della discografia di un gruppo che ha fatto cose egregie: questo pregiudizio viene abbattuto fin dal primo ascolto del disco, che ci fa capire che pur non essendo davanti ad un altro Filthy Pig, e non se ne aveva nemmeno la pretesa, Al ha prodotto un disco più che buono, e come sempre ha saputo incanalare la sua rabbia in un suono acido e debordante, che si insinua sotto pelle come un malware in un computer e come un trojan si sedimenta piano piano attraverso il suo svolgimento, per poi arrivare alla conquista dell’ospitante. Questo è il primo lavoro dopo l’improvvisa morte del chitarrista dei Ministry Mike Sciaccia, dato che si sono verificate le condizioni ottimali per il suo ritorno. Il tutto funziona, ed è un film, uno di quelli che solo lui sa girare, fatto di rabbia e veemenza, stile originale e cronaca acida. AmeriKKKant è un lavoro che deve certamente molto alla situazione attuale, forse se le cose non andassero male non ci sarebbero i Ministry, ma tranquilli, le cose possono solo peggiorare.

Tracklist
1. I Know Words
2. Twilight Zone
3. Victims Of A Clown
4. TV5/4Chan
5. We’re Tired Of It
6. Wargasm
7. Antifa
8. Game Over
9. AmeriKKKa

Line-up
Al Jourgensen – guitars, vox
John Bechdel – keyboards
Sin Quirin – guitars
Tony Campos – bass
Cesar Soto – guitars
Derek Abrams – drums
DJ Swamp – turntables

MINISTRY – Facebook

Black Road – Black Road

Black Road tiene il passo senza grossi scossoni, il gruppo intona nenie doom tossiche e stregate da pozioni stoner, la chitarra vomita riff sabbathiani e solos hard & heavy che eruttano lava blues, mentre la singer ci trascina ipnotizzati in danze diaboliche.

La nuova ondata dei gruppi dai richiami vintage non si ferma solo all’hard rock classico ma, scavando nel tenebroso e mistico underground, il successo di band come Blues Pills ed Avatarium ha dato nuova linfa anche a quelle realtà che lontano dai riflettori suonano rock psichedelico, doom ed abbondantemente stonerizzato.

I Black Road per esempio sono un quartetto di Chicago fondato da solo un paio d’anni, la discografia vede il 2017 come anno zero, con un live e questo ep in uscita a pochi mesi l’uno dall’altro.
Black Road esce in cassette e vinile per la label olandese DHU Records, mentre la nostrana BloodRock Records curerà un’edizione limitata in cd.
L’album è composto da sei brani nei quali il doom e lo stoner incontrano l’hard rock e la psichedelia, facendo piccoli viaggi mistici a ritroso fino ai primi anni settanta con partenza dalla stazione chiamata From Hell, opener che avanza a passo lento e possente, dove il canto della sirena Suzi Uzi segue lo scorrere lavico delle note.
Black Road tiene il passo senza grossi scossoni, il gruppo intona nenie doom tossiche e stregate da pozioni stoner, la chitarra vomita riff sabbathiani e solos hard & heavy che eruttano lava blues, mentre la singer ci trascina ipnotizzati in danze diaboliche.
Il singolo Bloody Mary e la conclusiva title track sono pregne di umori vintage che, a tratti, tornano come in una vorticosa macchina del tempo verso gli anni novanta e ad un buon mix di doom e stoner tra Cathedral e Kyuss.
Un primo lavoro che sicuramente merita l’attenzione degli appassionati ai quali i è vivamente consigliato.

Tracklist
1.From Hell
2.Bloody Mary
3.Morte
4.Morte (Coda)
5.Red
6.Black Rose

Line-up
Casey Papp – Bass
Robert Gonzales – Drums
Tim M. – Guitars
Suzi Uzi – Vocals, Piano

BLACK ROAD – Facebook

Eïs- Stillstand und Heimkehr

Gli Eïs sono una band di livello assolutamente superiore alla media, della quale si vorrebbe ascoltare con più frequenza nuove composizioni che, come in questo caso, rasentano lo stato dell’arte nell’interpretazione del black metal.

A circa due anni e mezzo dall’ultima uscita discografica, tornano a mostrarsi agli appassionati di black metal gli Eïs, per quanto mi riguarda una delle migliori band dedite al genere, tenendo conto anche di quanto fatto in passato con il monicker Geïst.

Stillstand und Heimkehr è un ep che ,con i suoi venti minuti di durata, è il giusto contentino per chi attendeva nuovo materiale da parte di Alboin, che oggi si fa accompagnare dal chitarrista Abarus, suo compare anche nei Frendal.
Gli Eïs appartengono alla categoria delle band che non tradiscono e non deludono mai, e se in An den schwarz besandeten Gestaden lo sciabordio delle onde che fa da sottofondo a rarefatte note pianistiche crea il giusto pathos, prima che il brano esploda e ci mostri il volto evocativo e drammatico del duo, la title track, ispirata al dipinto Il Viandante sul Mare di Nebbia di Caspar David Friedrich, regala ispirati passaggi di chitarra solista che si appoggiano su ritmi più cadenzati, prima delle ulteriori variazioni ritmiche propedeutiche ad un nuovo inarrestabile crescendo conclusivo, una sorta di opprimente parossismo che ben si attaglia alle tematiche introspettive esibite ancor più in questo frangente.
Unico motivo di recriminazione è, quindi, il fatto che Stillstand und Heimkehr offra solo due brani, per quanto splendidi, perché questa è un band di livello assolutamente superiore alla media, della quale si vorrebbe ascoltare con più frequenza nuove composizioni che spesso rasentano lo stato dell’arte nell’interpretazione del black metal.

Tracklist:
1. An den schwarz besandeten Gestaden
2. Stillstand und Heimkehr

Line-up:
Alboîn – Bass, Vocals, Guitars, Keyboards
Abarus – Guitars (lead)

EIS – Facebook

HYPNOTHETICALL

Il video di “Dreaming in Digital”, dall’album “Sinchreality” (Revalve Records).

Il video di “Dreaming in Digital”, dall’album “Sinchreality” (Revalve Records).

The modern progster Hypnotheticall have released the new lyric video for the song “Dreaming in Digital”, from the upcoming album “Sinchreality” which will be available on March 16th via Revalve records.

”Synchreality” is available now on pre-order CD/DIGITAL at: http://player.believe.fr/v2/3614979678152

http://www.revalverecords.com/Hypnotheticall.html
https://www.facebook.com/hypnotheticall/
https://www.facebook.com/revalverecords/

The Julius Peppermint Band – Tides EP

Prendete sotto braccio il surf e cercatevi delle onde da cavalcare perché Tides EP profuma di spiagge assolate, più o meno in uno spazio temporale tra il 1968 e il 1972.

La vita artistica di un musicista non è solo ripetere all’infinito la solita formula, infatti per alcuni diventa vitale cambiare, rigenerarsi e ripresentarsi a chi ascolta sotto altre bandiere musicali.

Ed é così che passare dal metal estremo al rock diventa più facile di quello che si possa pensare: la conferma arriva proprio da questo mini cd di debutto dei The Julius Peppermint Band.
Il gruppo nasce da un’idea di Bertuzz, alias Julius Peppermint, musicista nostrano incontrato più volte nel corso di questi ultimi anni, come chitarrista e cantante nei seminali e quanto mai estremi Anthem Of Sickness e chitarrista degli Underwell, band metalcore di casa Wormholedeath.
Bertuzz torna quindi con un nuovo progetto e con nuova musica, questa volta facendoci fare un viaggio a ritroso nel rock con la sua The Julius Peppermint Band, accompagnato da Tiaz (batteria), Mali (basso) e Clod (chitarra).
Tides EP è composto da cinque brani, registrati e mixati da Bertuzz, con Wahoomi Corvi (guru di casa Wormholedeath) ad occuparsi della masterizzazione nei Realsound Studio.
Prendete sotto braccio il surf e cercatevi delle onde da cavalcare, perché Tides EP profuma di spiagge assolate, più o meno in uno spazio temporale tra il 1968 e il 1972, e la title track è un trip che arriva fulmineo, con quel riff che sa tanto di rock psichedelico e che continua a girare in testa anche quando White Cadillac ci porta a spasso in compagnia di Marc Bolan.
The Mad Cat e With You It’s Alright sono due brani irresistibili che fondono punk rock alla Ramones al garage suonato dai leggendari Miracle Workers, mentre lo strumentale che conclude l’ep (Jellyfish Suite) torna a farci viaggiare sulle ali di un trip dai colori vintage.
Un buon inizio, quindi, per questa nuova avventura del musicista nostrano, lontana dalla musica alla quale ci ha abituato in questi anni, ma altrettanto affascinante.

Tracklist
1.Tides
2.White Cadillac
3.The Mad cat
4.With You It’s Alright
5.Jellifish Suite

Line-up
“JP” Bertuz – Vocals, guitars
Tiaz – Drums
Mali – Bass
Clod – Guitars, backing vocals

THE JULIUS PEPPERMINT BAND – Facebook

Evil Nerfal – Bellum Est Pater Omnium

Bellum Est Pater Omnium non rappresenta qualcosa di imperdibile ma neppure un’uscita deprecabile: il duo di Bogotà conosce la materia e proprio l’approccio diretto e privo di mediazioni, anche a livello lirico, può costituire il principale motivo di interesse così come un elemento capace di tenere lontano l’ascoltatore dai gusti un po’ più ricercati.

Ad ampliare utilmente la già vasta geografia del black metal planetario troviamo i colombiani Evil Nerfal, al loro secondo full length dopo quello d’esordio risalente al 2016.

Come da abitudine, quando il genere proviene dal Sudamerica si dimostra per lo più del tutto privo di fronzoli, in questo caso sotto certi aspetti anche approssimativo nell’esecuzione ed ingenuo nel suo proporre istanze misantropiche ed antireligiose, ma altrettanto genuino e ricco di urgenza espressiva.
Valga un brano emblematico come Fuck Off Jesus Christ, blasfemo in maniera esplicita, a far capire dove voglia andare a parare il duo; così nel suo prosieguo l’album si snoda lungo coordinate prevedibili, a volte avvincenti (En las fauces del demonio), in altri casi molto meno (Satanic Madness Black Metal Unleashed), catturando l’attenzione in maniera piuttosto intermittente.
Bellum Est Pater Omnium non rappresenta qualcosa di imperdibile ma neppure un’uscita deprecabile: il duo di Bogotà conosce la materia e proprio l’approccio diretto e privo di mediazioni, anche a livello lirico, può costituire il principale motivo di interesse così come un elemento capace di tenere lontano l’ascolatore dai gusti un po’ più ricercati.

Tracklist:
1. Coriolan (Overture)
2. Fuck Off Jesus Christ
3. In Endless Torment
4. Foedus Versus Deus (Against the Great Drone of History)
5. En las fauces del demonio (Taedium Daemoni)
6. Agon (Bellum Est Pater Omnium)
7. Satanic Madness Black Metal Unleashed
8. Sathanas Kingdom Rises
9. Vestigial (Manifiesto de misantropía)
10. Egmont (Finale)

Line-up:
Brannagh Bapheker – Vocals, Guitars
Purzon Dominus – Drums

EVIL NERFAL – Facebook