Perpetratör – Altered Beast

I Perpetratör non hanno perso la voglia di suonare thrash metal come si faceva in centro Europa negli anni ottanta, magari lasciando che qualche ispirazione statunitense si faccia spazio tra il micidiale vento atomico che forma Altered Beast, album che non concede tregua, veloce, estremo e cattivo, valorizzato da notevoli momenti belligeranti.

Thrash metal feroce ed old school, un devastante e quanto mai distruttivo esempio sonorità anni ottanta portate con orgoglio nel nuovo millennio sotto il monicker di Perpetratör.

Il trio proveniente da Lisbona licenzia il suo secondo full length sotto Caverna Abismal Records, dopo il debutto Thermonuclear Epiphany e lo split con gli Hellbastard, usciti entrambi nel 2014.
Quattro anni sono passati prima che la bestia torni in libertà e ci dia la caccia, facendo scempio di ogni cosa incroci il suo cammino.
Rick (voce, basso), Paulão e Marouco (chitarre), con l’aiuto di Ângelo Sexo (ospite alle pelli) non hanno perso la loro voglia di suonare thrash metal come si faceva in centro Europa negli anni ottanta, magari lasciando che qualche ispirazione statunitense si faccia spazio tra il micidiale vento atomico che forma Altered Beast, album che non concede tregua, veloce, estremo e cattivo, valorizzato da momenti belligeranti notevoli.
Parte in quarta e non si ferma più questo lavoro, il sound di queste undici bombe sonore risulta un armageddon sonoro dall’impatto mastodontico, con brani dai tratti old school come l’opener Alter Of The Skull, Lethal Manhunt o l’inno Hellthrasher che fanno tremare i muri mentre la carica dei Perpetratör non si ferma e travolge tutto.
Siamo dalle parti dei Destruction con qualche sguardo torvo verso i primi Exodus, quindi ovviamente Altered Beast è consigliato agli amanti del caro, vecchio thrash metal, che troveranno sicuramente pane per i loro denti, gli altri meglio che scappino via prima che la bestia li travolga.

Tracklist
1.Altar of the Skull
2.Extreme Barbarity
3.The Doors of Perception
4.Fires of Sacrifice
5.Lethal Manhunt
6.A Fleeting Passage Through Hell
7.Terminal Possession
8.Jungle War
9.Let Sleeping Dogs Lie
10.Hellthrasher
11.Black Sacristy

Line-up
Rick – Vocals, Bass
Paulão – Guitars
Marouco – Guitars
Ângelo Sexo – Drums (session musician)

PERPETRATOR – Facebook

Aftermath – Words That Echo Fear

Se oggi abbiamo gli immensi Vektor, è anche perché in passato vi è stato chi, come gli Aftermath, ha seminato in fertile maniera i campi elisi del techno-thrash progressivo. Da riscoprire.

Nel 1985, a Chicago, nell’Illinois, si costituirono gli Aftermath. Dopo due nastri amatoriali (1986-87) ed un acerbo split (1988), i cinque americani si fecero notare con il loro terzo demo, dal titolo – bellissimo e poetico, davvero – Words That Echo Fear, messo in circolazione nel 1989: solamente quattro tracce, ma di spessore assoluto, intricate e melodiche, tecniche e progressive.

I modelli del thrash filosofico ed intellettuale degli Aftermath erano, senz’altro, i Coroner di fine anni Ottanta, gli Anacrusis, i Blind Illusion, Voivod di Dimension Hatross, i maestri Watchtower e i grandi alfieri del techno-death più colto ed evoluto, raffinato e sperimentale (Atheist naturalmente, ma anche i troppo poco celebrati Believer). I pezzi, splendidi ed articolati, brillano ancora oggi, di luce purissima. Chi li volesse ascoltare ed apprezzare – ne vale la pena, seriamente – può recuperare la ristampa che la Shadow Kingdom (di solito specializzata in doom) ha fatto nel 2015 dell’unico full-length realizzato dagli Aftermath, il fantastico e futuristico Eyes of Tomorrow, uscito in origine nel 1994: infatti, nella riedizione laser, oltre all’album è presente Words That Echo Fear e un altro demo (omonimo) uscito con quattro composizioni, nel 1996, poco prima che il gruppo cambiasse il proprio nome in Mother God Moviestar. Una perla nascosta.

Track list
– Words That Echo Fear
– A Temptation to Overthrow
– Being
– Experience

Line up
Charlie Tsiolis – Vocals
Ray Schmidt – Drums
Dan Vega – Bass
John Lovette – Guitars
Steve Sacco – Guitars

1989 – Autoprodotto

Arkheth – 12 Winter Moons Comes the Witches Brew

Ormai le sperimentazioni in ambito black metal si palesano con tale frequenza che rischiano quasi non stupire più.

Proprio per questo, chi si cimenta sulle vie aperte da qualche audace pioniere nel passato, per ottenere la giusta attenzione ed un meritato riscontro non deve limitarsi a gettare nel calderone qualsiasi elemento gli frulli per la testa, bensì provare a farlo mantenendo ugualmente un equilibrio atto a garantire il mantenimento di un filo logico al proprio operato.
L’australiano Tyraenos appartiene alla categoria, invero non cosi numerosa, di chi è riuscito tutto sommato a raggiungere tale risultato: questo terzo full length in quindici anni targato Arkheth rappresenta la focalizzazione di una visione musicale non comune, alla quale il nostro è pervenuto attraverso un percorso lungo e sicuramente senza fretta, considerando che il precedente lavoro, IX & I: The Quintessence of Algaresh, risale al 2010 e vedeva un inizio di distacco dalle sonorità symphonic black che, invece, erano ben presenti nell’esordio Hymns of a Howling Wind.
12 Winter Moons Comes the Witches Brew è l’approdo ad una forma di black che sicuramente ha molte più possibilità di portare all’attenzione dall’audience il nome Arkheth, benché sia per forza di cose molto meno accattivante rispetto a quella praticata in precedenza: è emblematica in tal senso la traccia iniziale Trismegistus, vero e proprio delirio nel quale il musicista aussie immette pulsioni di qualsiasi genere, con un elemento peculiare quale il sax (suonato dall’ospite Glen Wholohan) ad impazzare in lungo e in largo lungo questi sette minuti che, volendo ricondurre il tutto a qualcosa di conosciuto, ci porta dalle parti di efficaci sperimentatori del black quali gli A Forest Of Stars, specialmente nella magnifica parte conclusiva.
Appare più dissonante e definibile a buon titolo post black un brano come Dark Energy Equilibrium, ugualmente ricco di brillanti intuizioni che si palesano andando a scompaginare un sempre precario andamento rettilineo; è invece una sghemba psichedelia a caratterizzare l’avvio di Where Nameless Ghouls Weep, episodio a tratti forse un po’ troppo cervellotico rispetto al resto del contesto, come si può dire anche della successiva The Fool Who Persists in His Folly, con un sempre notevole contributo del sax.
A Place Under the Sun chiude in maniera relativamente più pacata un lavoro complesso e che lascia sensazioni discordanti: Tyraenos mette molta carne al fuoco, a tratti anche troppa, e nell’inseguire modelli musicali dediti al black avanguardistico, come per esempio Ihsahn, li sorpassa in curva con il rischio di finire talvolta fuori strada.
Il lavoro mostra comunque ben più luci che ombre, con queste ultime rappresentate, oltre che da una naturale frammentarietà, da una produzione non proprio ottimale per un tipo di offerta simile ed uno screaming un po’ inespressivo; rimane però tutto il molto di buono che è rinvenibile all’interno di 12 Winter Moons Comes the Witches Brew, album che rappresenta un ascolto impegnativo ma non privo di soddisfazioni per gli ascoltatori più attenti.

Tracklist:
1. Trismegistus
2. Dark Energy Equilibrium
3. Where Nameless Ghouls Weep
4. The Fool Who Persists in His Folly
5. A Place Under the Sun

Line-up:
Tyraenos – All instruments

Guest/Session
Glen Wholohan – Saxophone

ARKHETH – Facebook

Crisix – Against The Odds

Per i fans del thrash metal l’album può rivelarsi una sorpresa: i Crisix ovviamente non inventano nulla, il genere è uno dei più conservatori del panorama metallico e questi catalani assecondano la tradizione nel migliore dei modi.

Passeggiamo sulle ramblas di Barcellona con l’ultimo album dei Crisix, quintetto attivo dal 2011 e con tre full length alle spalle prima di Against The Odds, giunto a distruggere i nostri poveri padiglioni auricolari.

Un thrash metal tra tradizione e soluzioni moderne, da ricercare specialmente nel lavoro in fase di produzione, fa di Against The Odds un calcio estremo in pieno volto, con anfibi ai pedi e chiodo d’ordinanza portato con fierezza dal gruppo catalano.
Furia e velocità sono le principali caratteristiche del sound che i Crisix hanno fatto loro, i rallentamenti sono lasciati a poche secondi di qualche intro che lascia spazio alla potenza notevole sprigionata dal gruppo.
Il muro sonoro heavy/thrash lascia molto spazio alle ritmiche e scarica tutta la rabbia del mondo accumulata nella voce cartavetrata di Julián Baz, singer tripallico, anche lui ex Crysys, band da cui provengono i quattro quinti dei musicisti e che può essere considerata come la prima incarnazione del gruppo.
Per i fans del thrash metal l’album può rivelarsi una sorpresa: i Crisix ovviamente non inventano nulla, il genere è uno dei più conservatori del panorama metallico e questi catalani assecondano la tradizione nel migliore dei modi con vere scariche di adrenalina come Technophiliac, Perseverance e il thrash/hardcore di Cut The Shit.

Tracklist
1.Get Out Of My Head
2.Leech Breeder
3.Technophiliac
4.Perseverance
5.Xenomorph Blood
6.Prince Of Saiyans
7.Leave Your God Behind
8.Cut The Shit
9.The North Remembers

Line-up
Javi Carrión – Drums
Marc Busqué “Busi” – Guitars
Albert Requena – Guitars
Julián Baz – Vocals
Dani Ramis – Bass

CRISIX – Facebook

DR.GORE

Il lyric video di “From The Deep Of Rotten”, dall’album omonimo di prossima uscita (BIZARRE LEPROUS PRODUCTION).

I veterani del brutal death metal italiano DR.GORE, sono pronti a pubblicare la loro nuova autopsia! 9 brani di puro brutal death metal presenti nel loro quarto album intitolato “FROM THE DEEP OF ROTTEN” che uscirà in primavera per la Bizarre Leprous Production.
Il disco è stato registrato presso i Kick Recording Studio (Hour Of Penance, Fleshgod Apocalypse), l’artwork è stato invece realizzato da Roberto Toderico.

Consigliato ai fans di Exhumed, Impaled, Cannibal Corpse!

DR.GORE “From The Deep Of Rotten” in streaming now!
I Dr. Gore nascono nel 2002 da Luigi, Alessio e Massimo.
Nel corso degli anni hanno suonato in molti concerti in Italia e diversi tour in Europa, condividendo il palco con band come Malevolent Creation, Vomitory, Dead Infection, Destruction, Dead, Ultimo Mondo Cannibale, Buffalo Grillz, Tsubo, Zora, Rompeprop, Coprophiliac, Necrodeath, Antropofagus e Spasm. I Dr. Gore pubblicano il loro primo CD “RIGORe MORTIS” il 12 ottobre 2008. Alla fine del 2011, rilasciano il loro secondo CD “Rotting Remnants” e nel 2014 il terzo album ”Viscera” che viene pubblicato dalla russa Coyote Records. Nel 2017 completano il nuovo album “From The Deep Of Rotten”, registrato presso i KICK Recording Studio (Hour of Penance, Fleshgod Apocalypse, ecc …); “From The Deep Of Rotten” è sicuramente l’album più maturo e professionale per la band e sarà pubblicato dalla BIZARRE LEPROUS PRODUCTION nella primavera del 2018.

BIZARRE LEPROUS PRODUCTION:
www.bizarreleprous.cz
www.bizarreleprousproduction.bandcamp.com
www.facebook.com/BizarreLeprousProductionCz
www.bizarre.eshop-zdarma.cz

Pre orders disponibili qui di seguito:
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“FROM THE DEEP OF ROTTEN” tracklist:

1. BRUTAL CARNAGE
2. CANNIBAL GRINDER
3. FROM THE DEEP OF ROTTEN
4. NECRODOCTOR
5. APOCALYPSE OF THE DEAD
6. SELF CANNIBALISM
7. SOUND OF YOUR SCREAMS
8. SKINNED ALIVE
9. REANIMATED DEAD CORPSE

Isgalder -To the Hall of the Stars

Gli Isgalder danno buona prova delle loro capacità compositive mettendo in mostra tutti i pregi della variante epica del black, incluso l’utilizzo di clean vocals stentoree ed evocative.

To the Hall of the Stars è l’ep di esordio dei tedeschi Isgalder, band avviata da Grimwald (Dauþuz) e da Moppel.

Il gruppo della Turingia, che si è nel frattempo allargato a quartetto con l’ingresso di altri due musicisti, offre un buon black metal epico, genere che quando è suonato con intensità e buon gusto melodico fa sempre la sua ottima figura, pur non brillando certo per originalità.
Il lavoro è uscito anche nel formatto casetta, a cura Narbentage Produktionen, e consta di tre brani che vengono poi replicati in una versione leggermente diversa sul lato B (ove presente); in questa ventina di minuti gli Isgalder danno buona prova delle loro capacità compositive mettendo in mostra tutti i pregi della variante epica del black, incluso l’utilizzo di clean vocals stentoree ed evocative.
Troviamo quindi una classica cavalcata come The Ravendale, una traccia per lo più rallentata come Elder Wisdom che va persino ad evocare doom band in stile Procession, ed una conclusiva Soaring Mountains che sintetizza al meglio i diversi aspetti esibiti nei brani precedenti.
Quella degli Isgalder è una prova decisamente positiva, anche se come sempre bisognerà attendere almeno il primo full length per potersi fare un’idea più articolata sull’effettivo valore della band tedesca.

Tracklist:
1. The Ravendale
2. Elder Wisdom
3. Soaring Mountains
4. The Ravendale (Alternate Version)
5. Elder Wisdom (Alternate Version)
6. Soaring Mountains (Alternate Version)

Line-up:
Moppel – Drums, Keyboards, Bass
Grimwald – Guitars, Vocals

ISGALDER – Facebook