Suum – Buried Into The Grave

Collocando tutti i tasselli al proprio posto i Suum, con Buried Into The Grave, offrono sette brani incisivi il giusto, contenendo in maniera opportuna la lunghezza e compensando la fisiologica vicinanza ai propri modelli con il songwriting efficace di chi affronta il genere con la giusta dose di competenza e devozione.

La sempre fertile scena doom romana continua a sfornare band di sicuro spessore, indipendentemente dalle sfumature assunte dal genere in questione.

I Suum se ne escono subito con un full length devoto al 100% al versante più classico del doom, quello che trasse i primi impulsi vitali dai Black Sabbath per poi esser ulteriormente diffuso nell’etere metallico dai vari Candlemass, Saint Vitus, Pentagram e Solitude Aeturnus.
Ovviamente perché ciò funzioni alla perfezione sono necessari un riffing puntuale ed incisivo, garantito in questo caso salirono Painkiller (Fangtooth) ed una voce stentorea atta a declamare con chiarezza le funeste visioni della band capitolina, le cui funzioni vengono affidate a Mark Wolf, che già conosciamo quale vocalist degli ottimi Bretus.
Collocando tutti i tasselli al proprio posto i Suum, con Buried Into The Grave, offrono sette brani incisivi il giusto, contenendo in maniera opportuna la lunghezza e compensando la fisiologica vicinanza ai propri modelli con il songwriting efficace di chi affronta il genere con la giusta dose di competenza e devozione.
Premesso che è difficile per chiunque raggiungere i livelli delle band poc’anzi citate ricalcandone il raggio d’azione, la prova dei Suum possiede tutti i crismi per soddisfare chi delle stesse riconosce l’inconfutabile grandezza: per cui le dolenti cavalcate che si dipanano dalla prima nota di Tower of Oblivion fino all’ultima di Shadows Haunt the Night (con la sola breve pausa costituita dallo strumentale The Woods Are Waiting) non sconvolgeranno le gerarchie del doom metal, ma allo stesso tempo gratificheranno senza riserve i non pochi amanti del doom dai connotati più tradizionali.

Tracklist:
1. Tower of Oblivion
2. Black Mist
3. Buried into the Grave
4. Last Sacrifice
5. Seeds of Decay
6. The Woods Are Waiting
7. Shadows Haunt the Night

Line-up:
Marcas – Bass
Rick – Drums
Painkiller – Guitars
Mark Wolf – Vocals

SUUM – Facebook

Greystone Canyon – While The Wheels Still Turn

L’album lascia leggermente l’amaro in bocca, perché è composto da brani che faticano a decollare con questa loro ispirazione al mondo del western che, purtroppo, si limita solo alla copertina e alla conclusiva The Sun Sets.

Australia ed America hanno in comune la frontiera, un vasto paesaggio che ispira racconti western, ma vero è che anche al cinema le pellicole che raccontano di cavalli e polvere sul territorio australiano ne sono usciti non pochi nel corso degli anni, con alcuni famosi (Australia, Carabina Quigley) ed altri diventati film di culto (Ned Kelly).

I Greystone Canyon sono un quartetto di cowboy provenienti da Melbourne con la passione per il cinema western, e il loro debutto in uscita per Rockshots si intitola While The Wheels Still Turn, ispirato appunto al mondo della frontiera a livello concettuale, perché all’ascolto l’album risulta un hard & heavy come di moda di questi tempi, vario nel saper alternare sfumature settantiane e moderne, con accenni ad armonie sporche di sabbia e sangue.
Una mezzoretta di piacevole hard rock l’album la regala sicuramente, anche se ci si aspetta sempre una nota southern, un’armonica che preluda all’arrivo di una banda di pistoleri, con il cinturone legato in vita per il duello sulle note blues dell’ottima River Of Fire.
Mixato dal leggendario Glen Robinson (Annihilator, Queensryche and Voivod) l’album lascia leggermente l’amaro in bocca, perché è composto da brani che faticano a decollare con questa loro ispirazione al mondo del western che, purtroppo, si limita solo alla copertina e alla conclusiva The Sun Sets.
Se si tratta di un’occasione sprecata o di fisiologico rodaggio per un gruppo all’esordio, lo scopriremo con la prossima uscita targata Greystone Canyon, per ora la diligenza non è ancora passata.

Tracklist
01. Keeping Company With The Dead
02. Astral Plane
03. In These Shoes
04. Cinco Cuerda Bandito
05. Take Us All
06. Sombrero Serenade
07. River of Fire
08. Path We Stray
09. The Sun Sets

Line-up
Darren Cherry – Guitar, Vocals
Luke Wilson – Drums
Rich Vella – Guitar
Dave Poulter – Bass

GREYSTONE CANYON – Facebook

Malditos – II La Reve

I Malditos sono un collettivo di Oakland, formatosi nel 2011, a seguito di una performance nella palude di Dismal.

Incisero quindi un album di debutto cantato in francese ed in inglese uscito nel 2012, contenente la cover di Gainsbourg Requiem Pour Un Con, dai chiari intenti psichedelici. Il gruppo fece poi uscire altri lavori, soprattutto in forma digitale per poi arrivare a questo disco, che è in pratica la seconda uscita. I Malditos vogliono espandere la nostra coscienza attraverso la musica, e ci riescono benissimo. Il suono di questo quartetto è quanto di più vicino alla vera psichedelia ci possa essere ai nostri giorni. Andiamo in territori orientaleggianti, dove i particolari sfumano per una visione di insieme più grande ed in alcuni momenti sembra di essere per davvero in mezzo alle dune, con una voce femminile che ci chiama e un serpente a sonagli che ci viene incontro. Come dice il titolo, questo è un sogno, un viaggio messo in musica in maniera mirabile e molto coerente. I tempi musicali sono dilatati, e il suono cresce, monta come l’hashish scaldato, che cresce e con esse la comprensione. Non sono presenti intenti commerciali o mosse per piacere, è invece una lunga scoperta di noi stessi e di qualcosa che non c’è ma solo perché è in un’altra dimensione e noi abbiamo bisogno di un innesco per raggiungerla. Il valore di questi musicisti è alto, e la loro compenetrazione raggiunge livelli assai buoni. Le composizioni sono cinque, tutte di lunga durata, e la noia non è contemplata, perché si viene a creare un ritmo che diventa un ingresso per altri mondi, poiché questi dolci ed eterei suoni stimolano l’arma più potente che abbiamo: la nostra mente. Un disco che è una vera delizia, e che richiede un minimo di apertura mentale, quella necessaria per poter capire e migliorare noi stessi, che è poi il vero scopo nemmeno tanto occulto della nostra vita.

Tracklist
1.Azadeh
2.Le Passage
3.Disparu
4.Momen
5.Le Reve

Line-up
Skot B
Cyn M
R. Szell
Andy Z

MALDITOS – Facebook

Word Of Life – Jahbulon

Il metal estremo dei Word Of Life è da annoverare tra le proposte più moderne anche se l’uso di tematiche occulte ed esoteriche allontana il concept di Jahbulon dalle solite tematiche metalcore e lo avvicina al progressive death.

La Grecia metallica negli ultimi tempi si sta imponendo sulla scena underground con una serie di proposte sopra le righe, licenziate da label molto attive sul mercato come la Sliptrick records, che ci fa dono del primo full length dei Word Of Life, quartetto proveniente dalla capitale con un solo ep alle spalle uscito nel 2015.

Il metal estremo di questa band è da annoverare tra le proposte più moderne, anche se l’uso di tematiche occulte ed esoteriche allontana il concept di Jahbulon dalle solite tematiche metalcore e lo avvicina al progressive death.
In possesso di una buona tecnica, la band quando accentua la parte più folkloristica ed orientale del sound alza inevitabilmente la qualità della propria musica (Master Of The Royal Secret), convogliando in un unico contesto metal moderno, progressive e musica popolare.
Non convince molto l’uso delle cleans, buone nei cori declamatori, meno quando ricordano troppo il metal di moda in questi anni, con le prime due tracce (A Sprig Of Acacia e la title track) che viaggiano lineari su questi sicuri binari.
L’album poi prende il volo con la strumentale Ierodom, il crescendo drammatico ed oscuro di In Silence I Swore e The Word Of Life, brani che immergono l’ascolto nel mondo del gruppo greco, sempre in bilico tra modernità e tradizione popolare.
Un buon lavoro che ci presenta una band da seguire con attenzione, magari non ancora al massimo delle sue potenzialità ma in grado di regalarci grande musica nel prossimo futuro: la strada è quella giusta.

Tracklist
01. A Sprig Of Acacia
02. Jahbulon
03. Master Of The Royal Secret
04. Deus Meumque Jus
05. Ierodom
06. The Female Seed And The Fungus
07. In Silence I Swore
08. Muaum
09. The Word Of Life
10. Jachin & Boaz

Line-up
Bill Kranos – Vocals, Guitars
Thomas Kranos – Guitars
Spiros Batras – Bass, backing vocals
George Filippou – Drums

WORD OF LIFE – Facebook

WILL’O’WISP

Il video di Hall of Dead Kings, dall’album MOT (Nadir Music).

Il video di Hall of Dead Kings, dall’album MOT (Nadir Music).

“MOT” è il nuovo studio album dei genovesi Will’O’Wisp. Prodotto ai Nadir Music Studios da Tommy Talamanca, ormai vera e propria autorità nell’ambito dei suoni metal, il lavoro è un concept dalle tinte epiche e funerarie legate in parte alla tradizione canaanita ed in parte a quella mesopotamica.“MOT”, dal nome del dio della morte dell’antica Ugarit, è un’opera dalle tinte forti e violente ma al contempo intrisa di soluzioni non convenzionali con un massiccio apporto di sezioni di fiati ed altri strumenti inusuali nel genere Death: arpa, marimba, flauto, archi ed elettronica.