Alphastate – The Grind

Gli Alphastate sono protagonisti di un album a tratti davvero brillante: il loro metal è valorizzato da un’ottima produzione e si avvicina al sound dei primi Nevermore, quindi con un approccio moderno e thrash, buona tecnica e con quel tocco drammatico/progressivo marchio di fabbrica della storica band americana.

Una piccola bomba sonora è questo The Grind, secondo album degli Alphastate, band formatasi circa quattro anni fa e con un primo lavoro già edito dal titolo Out Of The Black.

Gli ateniesi, guidati da Manos Xanthakis, sono protagonisti di un album a tratti davvero brillante: il loro metal è valorizzato da un’ottima produzione e si avvicina al sound dei primi Nevermore, quindi con un approccio moderno e thrash, buona tecnica e con quel tocco drammatico/progressivo marchio di fabbrica della storica band americana.
Il cantante, molto interpretativo, risulta una via di mezzo tra il compianto Warrel Dane e Bruce Dickinson, quindi con grandi aperture vocali ed un piglio evocativo ad accompagnare il metal tecnico, oscuro e d’assalto di cui è composto The Grind.
Non si riposa un attimo la band greca, mostra i muscoli per tutta la durata dell’album tra ritmiche thrash, solos dal taglio classico, power metal oscuro di matrice statunitense e ottime aperture melodiche che si stagliano su chorus travolgenti.
Non solo Nevermore, ma anche Iced Earth e Testament sono le fonti di ispirazione per tracce devastanti come l’opener Trapped, la monumentale Phantom Desires e le maideniane Theater Of Lies ed Heaven’s World.
Il disco, pur mantenendo la sua aura oscura, si dimostra vario nel combinare elementi classici e moderni, con la potenza thrash e l’heavy metal classico uniti nel deturpare i padiglioni auricolari dei fans.
La produzione, come scritto, aiuta non poco The Grind nel rivelarsi un lavoro ben suonato e dal buon songwriting, quindi il consiglio è quello di non perderlo, specialmente se si è amanti delle band citate.

Tracklist
1.Trapped
2.Phantom Desires
3.Speak Your Mind
4.Theater of Lies
5.The Grind
6.Forevermore
7.Behind the Dark
8.Heaven’s World
9.Man Made God

Line-up
Vocals – Manos Xanthakis
Pete Breaker – Guitars
TBA – Bass
Fivos Andriopoulos – Drums

ALPHASTATE – Facebook

OMNIUM GATHERUM

Il video di “Gods Go First”, dall’album “The Burning Cold”, in uscita ad agosto (Century Media Records).

Il video di “Gods Go First”, dall’album “The Burning Cold”, in uscita ad agosto (Century Media Records).

Gli OMNIUM GATHERUM hanno recentemente annunciato la pubblicazione del loro nuovo album “The Burning Cold”, in arrivo il 31 agosto 2018 su Century Media Records, già disponibile in preorder a questo link. La band finlandese ha presentato qualche giorno fa il video di “Gods Go First”.

Ricordiamo che la band terrà un pre-release party del nuovo album “The Burning Cold” presso il Summer Breeze Open Air di Dinkelsbühl (Germania) il 18 agosto 2018.

The band comments: “GODS GO FIRST is about the will and the power of it, like good ol’ Yoda sayz “do, or do not, there is no try” – Gods go first to the absolute, and to nothingness! Catchy wild ride with a lot of nasty shameless musicianship included.. Sure this one’s gonna be a killer live tune which will get a lot of moshpits rolling! We wanted to make an intensive old school video with just the band and nothing else, and team captured well this moment of playing in a tiny old barn in the middle of nowhere.”

OMNIUM GATHERUM are going to head out on another headline run in November in order to present “The Burning Cold” to their European fans! They will be supported by fellow countrymen Wolfheart and Nothgard. Check out all dates below.

OMNIUM GATHERUM live:
18.08.2018 Dinkelsbühl (Germany) – Summer Breeze Open Air “Special Pre-Release Show”

North American Tour
07.09.2018 New York (NY) – Gramercy Theater
08.09.2018 Montreal (QUE) – Corona Theatre
09.09.2018 Quebec City (QUE) – Imperial
10.09.2018 Toronto (ON) – Opera House
11.09.2018 Ft Wayne (IN) – Pierre’s
12.09.2018 Detroit (MI) – Harpo’s
13.09.2018 Joliet (IL) – The Forge
14.09.2018 Minneapolis (MI) – The Cabooze
15.09.2018 Winnipeg (MA) – Park Theatre
17.09.2018 Edmonton (AL) – The Starlite Room
18.09.2018 Calgary (AL) – Dickens
19.09.2018 Vancouver (BC) – Rickshaw Theater
20.09.2018 Seattle (WA) – El Corazon
22.09.2018 Berkeley (CA) – The UC Theatre
23.09.2018 Anaheim (CA) – The Grove
24.09.2018 West Hollywood (CA) – Whiskey a Go Go
25.09.2018 San Diego (CA) – Brick By Brick
26.09.2018 Tempe (AZ) – Marquee Theatre
27.09.2018 Las Vegas (NV) – House of Blues
28.09.2018 Salt Lake City (UT) – Liquid joe’s
29.09.2018 Denver (CO) – Herman’s Hideaway
01.10.2018 Dallas (TX) – Trees
02.10.2018 San Antonio (TX) – Rock Box
03.10.2018 Houston (TX) – Scout Bar
05.10.2018 Tampa (FL) – Orpheum
06.10.2018 West Palm Beach (FL) – Kelsey Theater
07.10.2018 Atlanta (GA) – The Masquerade
09.10.2018 Louisville (KY) – Diamond Pub and Billiards
10.10.2018 Durham (NC) – Motorco
11.10.2018 Baltimore (MD) – Soundstage
12.10.2018 Philadelphia (PA) – The Trocadero
13.10.2018 Worcester (MA) – The Palladium
14.10.2018 Clifton Park (NY) – Upstate Concert Hall

European Tour
24.10.2018 Tampere (Finland) – Klubi
26.10.2018 Lahti (Finland) – Finlandiaklubi
27.10.2018 Kuopio (Finland) – Henrys Pub
02.11.2018 Helsinki (Finland) – Tavastia
03.11.2018 Jyväskylä (Finland) – Lutakko
07.11.2018 Munich (Germany) – Backstage
08.11.2018 Hamburg (Germany) – Kaiserkeller
09.11.2018 Berlin (Germany) – Bi Nuu
10.11.2018 Stuttgart (Germany) – ClubCANN
11.11.2018 Prague (Czech Republic) – Nova Chmelnice
12.11.2018 Budapest (Hungary) – Dürer Kert 041
13.11.2018 Vienna (Austria) – Szene
15.11.2018 Essen (Germany) – Turock
16.11.2018 London (United Kingdom) – The Dome
17.11.2018 Rotterdam (Netherlands) – Baroeg
18.11.2018 Vosselaar (Belgium) – Biebop
19.11.2018 Paris (France) – Le Petit Bain
21.11.2018 Madrid (Spain) – Copérnico
22.11.2018 Barcelona (Spain) – Bóveda
23.11.2018 Lyon (France) – MJC O Totem
24.11.2018 Lucerne (Switzerland) – Schüür
25.11.2018 Trier (Germany) – Mergener Hof

OMNIUM GATHERUM is:
Jukka Pelkonen – Vocals
Markus Vanhala – Guitar
Tuomo Latvala – Drums
Aapo Koivisto – Keyboards
Joonas Koto – Guitar
Erkki Silvennoinen – Bass

OMNIUM GATHERUM online:
http://www.omniumgatherum.org
https://www.facebook.com/omniumgatherumband

Khemmis – Desolation

Questo ultimo disco dei Khemmis ne conferma la formula di successo, ovvero una miscela di giri di chitarra e voce ora melodici ora pesanti, a seconda della necessità del momento.

I Khemmis sono di Denver, Colorado e fanno un gran bel doom metal ricco di molteplici influenze.

Attivi dal 2012, hanno conosciuto un buon successo con l’album Hunted del 2016, che li ha fatti notare a tutti gli amanti della musica pesante. Questo loro ultimo disco ne conferma la formula di successo, ovvero una miscela di giri di chitarra e voce ora melodici ora pesanti, a seconda della necessità del momento. La melodia è una delle peculiarità principali dei Khemmis, i quali la trattano in maniera speciale. Desolation è composto da molte forze diverse che concorrono tutte a farne un disco molto fruibile e che regala moltissimi ascolti. La prima traccia Bloodletting è paradigmatica su ciò che verrà i seguito, con i suoi tempi cadenzati, i riff di chitarra molto ariosi e la voce che è calda e piena, creando un effetto d’insieme molto potente. I Khemmis sono un gruppo da ascoltare a volume molto, e come i compagni di etichetta Pallbearer fondono musica pesante e melodia in una maniera importante, come si può sentire benissimo in Desolation. L’album non cambierà le sorti della musica, ma alzerà l’umore di moltissime persone ascoltandolo, oppure le farà ragionare, dato che è intriso di malinconia espressa in decibel. I Khemmis sono uno dei risultati della musica pesante americana che presenta alcune differenze rispetto a quella europea, dato che in alcuni frangenti dall’altra parte dell’Atlantico sanno suonare con più semplicità ed immediatezza. C’è un sentire che ti avvolge immediatamente in questo disco, come se il gruppo lo si conoscesse da sempre, oppure come se il disco fosse quello che si aspettava da tempo. Ogni canzone contiene sviluppi e svolte assai interessanti e non c’è mai nulla di scontato in questo doom che incontra il pop senza mai perdere la sua rumorosa identità.

Tracklist
1.Bloodletting
2.Isolation
3.Flesh To Nothing
4.The Seer
5.Maw Of Time
6.From Ruin

Line-up
Ben
Dan
Phil
Zach

KHEMMIS – Facebook

Wolfen Reloaded – Changing Time

Un album da ascoltare con la massima rilassatezza, così da poter assaporare l’elettricità sprigionata dal nobile metallo progressivo, sposata con il rock dal taglio moderno e valorizzata da splendide linee vocali e raffinate melodie.

A volte ritornano, come scriveva Stephen King su uno dei suoi più famosi romanzi: una frase che calza a pennello per i tedeschi Wolfen Reloaded, tornati sul mercato grazie all’etichetta napoletana Volcano Records, sempre più attiva anche oltre confine.

La band, attiva come Wolfen addirittura da metà anni ottanta, e dal 1996 tornata con il nuovo monicker, licenzia questo ottimo esempio di elegante metal/rock che si muove tra tradizione e modernità, senza rinunciare ad un tocco progressivo che nobilita il sound di Changing Time.
Composto da dieci brani raffinati e mai fuori dai binari di una controllata potenza, l’album vive di emozioni progressive, toccando corde riscontrabili in gruppi che hanno fatto la storia del metal più elegante come i Queensryche ed in parte i King’s X, le fonti di più moderne del gruppo ed in linea con il rock alternativo di fine secolo scorso.
Ne esce un lavoro introspettivo, mai fuori dai binari di un’urgenza rock che non esplode ma lascia che l’anima progressiva la prenda per mano e l’accompagni tre le trame di brani come Promised Land o Frozen, e solo a tratti si liberi dalle briglie che la tiene legata per ruggire con classe (All The Heroes, Cyber Nation).
Changing Time si rivela così un lavoro riuscito, nel quale il metal è al servizio della melodia progressiva ed a suo modo alternativa, ma con il gusto e l’eleganza quale comune denominatore di tutti i brani presenti.
Un album da ascoltare con la massima rilassatezza, così da poter assaporare l’elettricità sprigionata dal nobile metallo progressivo, sposata con il rock dal taglio moderno e valorizzata da splendide linee vocali e raffinate melodie.

Tracklist
1.Amazing
2.Promised Land
3.All the Heroes
4.A Million Faces
5.Frozen
6.Tomorrow Never Comes
7.Judgement Day
8.All Hope Is Lost
9.Cyber Nation
10.New Horizon

Line-up
Christian Freimoser -Vocals
Wolfgang Forstner -Guitars
Thomas Rackl -Bass
Manuel Wimmer -Drums

WOLFEN RELOADED – Facebook

The Mystery of the Bulgarian Voices feat. Lisa Gerrard – BooCheeMish

BooCheeMish ci trasporta in un mondo antico, in un immaginario rurale piacevolmente avulso dalla modernità, anche se va rimarcato come gli arrangiamenti e l’utilizzo degli strumenti siano del tutto al passo con i tempi: un qualcosa di diverso dal solito, il cui ascolto potrebbe riservare non poche sorprese anche a chi vi si dovesse avvicinare con comprensibile circospezione.

Non deve sorprendere il fatto che ci si occupi in MetalEyes di questo storico ensemble corale proveniente dalla Bulgaria.

I motivi sono molteplici, a partire dal fatto che tutto quanto proviene dalla Prophecy Productions merita d’essere sviscerato ed ascoltato con attenzione, trattandosi di un’etichetta che propone musica sempre di qualità superiore alla media, sia essa misantropico black metal oppure tenue e sognante folk; a tutto ciò va aggiunta la non marginale presenza in veste di ospite, in quattro dei dodici brani presenti in BooCheeMish, di Lisa Gerrard, voce femminile unica e conosciuta universalmente per la sua attività con i Dead Can Dance, band amata da non pochi appassionati di metal, peraltro.
Del resto, i particolari intrecci vocali che sono il vero e proprio marchio di The Mystery of the Bulgarian Voices sono stati utilizzati da più musicisti di nome in diversi ambiti (U2, Kate Bush e addirittura Elio e Le Storie Tese, solo per citarne alcuni) proprio per quella peculiarità capace di imprimere un marchio indelebile e facilmente memorizzabile a qualsiasi brano.
La nascita del coro risale addirittura gli anni ‘50 e, ovviamente, nel corso di tutti questi anni, le protagoniste si sono avvicendate mantenendo sempre costante il livello qualitativo e ben saldo il legame imprescindibile con la musica popolare bulgara; se, all’inizio il tutto era ovviamente confinato all’interno dei territori della cosiddetta 2cortina di ferro2, ai giorni nostri le voci bulgare sono assurte ad uno status di culto destinato ad essere rafforzato da questo album che arriva a vent’anni dal precedente.
Indubbiamente, l’apporto della Gerrard si rivela un “gancio” formidabile per attrarre l’attenzione di un pubblico più vasto, e va detto che l’operazione riesce alla perfezione: sarebbe riduttivo però focalizzarsi solo sui brani interpretati dalla vocalist australiana (il singolo Pora Sotunda ed il gioello Mani Yanni, soprattutto): l’ensemble, diretto ormai da un quarto di secolo da Dora Hristova alterna riarrangiamenti della tradizione popolare a brani di nuovo conio, alternando episodi più movimentati (Yove,Tropanitsa) e intrisi della tradizione folk balcanica, ad altri più evocativi e che forse meglio si adattano ad ascoltatori dal background più oscuro (Zableyalo Agne, Ganka e Stalka).
BooCheeMish ci trasporta in un mondo antico, in un immaginario rurale piacevolmente avulso dalla modernità, anche se va rimarcato come gli arrangiamenti e l’utilizzo degli strumenti siano del tutto al passo con i tempi: un qualcosa di diverso dal solito, il cui ascolto potrebbe riservare non poche sorprese anche a chi vi si dovesse avvicinare con comprensibile circospezione.

Tracklist:
1 Mome Malenko
2 Pora Sotunda featuring Lisa Gerrard
3 Rano Ranila
4 Mani Yanni featuring Lisa Gerrard
5 Yove
6 Sluntse
7 Unison featuring Lisa Gerrard
8 Zableyalo Agne
9 Tropanitsa
10 Ganka
11 Shandai Ya featuring Lisa Gerrard
12 Stanka

THE MYSTERY OF THE BULGARIAN VOICES – Facebook

Pensées Nocturnes – Grotesque

Nuovi stili musicali, nuove avanguardie, influenzano positivamente o inquinano irrimediabilmente il black metal? Un quesito per tutti coloro che approcciano album come Grotesque, della one-man band francese Pensées Nocturnes. A voi l’estrema decisione.

Quello che non manca sicuramente alla one-man band francese dei Pensées Nocturnes è il coraggio.

Al giorno d’oggi, le mille sfumature che ha assunto il black metal, hanno reso il genere sicuramente più accessibile; molti – probabilmente – che in passato aborrivano questa lato estremo del metal, hanno iniziato ad avvicinarsi al genere, anche grazie alla moltitudine di album di sottogeneri, che oggi invadono gli scaffali dei negozi di dischi (o meglio i siti internet, vista la repentina e triste scomparsa del classico negozietto sotto casa).
In Grotesque, album uscito nel 2010 e riedito in vinile quest’anno da Les Acteurs de l’Ombre Productions, oggetto di questa recensione, il genere proposto da Vaerohn si potrebbe definire avantgarde post black metal con sfumature barocco/neoclassiche(!), cantato in francese.
Ma andiamo per gradi. Il primo pezzo Vulgum Pecus, dopo un desolante inizio da marcia funebre, procede senza che, in alcun modo, qualcuno possa identificarne una band black metal. Pezzi orchestrali maestosi, pomposi, legni, ottoni ed archi che sostituiscono i più “tradizionali” strumenti del genere, quali chitarre zanzarose e bassi distorti, in assenza totale di drumming ritmico (blast beat) e parti vocali (scream). La parte terminale accoglie persino un sottofondo di applausi stile Scala di Milano, quasi a voler sottolineare che ciò che andremo ad ascoltare non sarà un semplice album, bensì un vero e proprio concerto sinfonico.
Se non fosse per la durata del pezzo (più di tre minuti) avrei pensato ad un (bellissimo) intro. A questo punto, cresce l’attesa e la curiosità, per il secondo pezzo, Paria, che, dopo alcuni secondi di cacofonica introduzione di batteria e basso, mostra il suo vero intento: struggere l’ascoltatore, deprimerlo sino a condurlo al suicido, annichilendolo al punto da renderlo completamente abulico ed indolente. Un lamento angosciante, costruito su accelerazioni scoordinate e momenti soporiferi, scanditi da batteria e piatti, e da sprazzi di gorgheggi vocali più accostabili ad un tenore, intervallati da urla strazianti (tra lo scream e il growl). Senza soluzione di continuità tra gli strumenti (quasi sempre si ha l’impressione che le basi ritmiche facciano a pugni e che tutto sia improvvisato), il genere proposto da Vaerohn, vacilla tra uno stile che vuole essere estremo, ma che non lo è almeno nel senso letterale del termine, ed un’opera sinfonica, un funeral depressive doom di matrice classica, sostenuto da una base quasi jazzata (ma nel senso disarmonico del termine). Come nella successiva Rahu che, addirittura, sotto ad un vero cantato scream (finalmente) quasi trascende, nelle sue seppur brevi accelerazioni, uno speed metal, inaspettato, e forse mai ascoltato prima. Malinconici arpeggi, accompagnati da violoncelli, fagotti, clavicembali – e chi più ne ha più ne metta – da orchestra barocca, sempre quasi sembrando in disaccordo tra loro, con una voce in bilico tra un lamentoso clean e uno straziante scream/growl , sono ciò che ci si può aspettare, acquistando questo album. Eros è un pezzo più shoegaze inglese che metal vero e proprio, che non fa altro che acutizzare la ferita oramai aperta, per chi si aspettava un album black, o estasiare chi invece era alla ricerca di nuove sperimentazioni sonore. Anche in questa traccia, dopo il classico riff monocorde tipico del genere, diciamo in drone style, si percepisce l’amore smisurato del francese per la musica classica (la parte terminale è un trionfo di trombe e tromboni). Monosis, è il momento più funebre dell’album. Una voce sempre tra il clean, nella sua espressione più lirica, e uno scream strozzato e straziante, che mostra quanto il nostro, più che cantare, voglia esternarci la sua disperazione per la vita terrena. Suoni più da Bladerunner danno un tocco sci-fi al pezzo, subito seguiti da una parentesi folkeggiante – quasi gypsy – da festa di Santa Sara (patrona di tutti i Gitani), che sfocia poi irrimediabilmente nel caos sonoro di ritmiche sparate alla velocità della luce, in completa disarmonia tra loro.
Se qualcuno avesse ancora dubbi sul fatto che Mr.Vaerohn volesse sconvolgerci in qualche modo, ecco che arrivano Hel e la successiva Thokk (depressive cacophonic classic black metal?) emblematici esempi di ciò che abbiamo ascoltato sinora; in Hel qualche inserto di xilofono da film dell’orrore ci ottenebra la mente, ci vaporizza quel poco di luce interiore che ancora ci era rimasta, mentre l’organo da chiesa di Thokk, fa piazza pulita di quel che ci resta di ancora umano.
L’ultima track (un teatralmente tragico pezzo di pianoforte) è Suivante (Seguente), che chiude un drammatico capitolo musicale, quasi sicuramente capolavoro per chi ama la sperimentazione sonora e queste nuove forme artistiche, un deludente (ed inquinante) nuovo approccio al black, per i tradizionalisti.
Il voto 6, deriva dalla media tra 7, per il coraggio e la ricerca di nuovi suoni, e 5 per l’aver voluto inserire la parola black in questo contesto.
Ultima nota di colore, tanto per prenderci ancor più alla sprovvista: face painting d’ordinanza per il nostro, ma più che Abbath pare un misto tra Pennywise e il Joker … Bambini, paura!

Tracklist
1.Vulgum Pecus
2.Paria
3.Râhu
4.Eros
5.Monosis
6.Hel
7.Thokk
8.Suivant

Line-up
Vaerohn – Vocals, all instruments, songwriting, lyrics

PENSEES NOCTURNES – Facebook