Omit – Medusa Truth, Part 2

In questo mondo ovattato le regole della nostra dimensione vengono cambiate e si entra in un qualcosa di profondamente diverso. Un disco suonato e composto con cura e dedizione, e che non lascia nulla al caso, una splendida fuga.

Gli Omit suonano un doom metal con forti influenze funeral e gothic, con la splendida ed eterea voce femminile di Cecilie Langlie.

I norvegesi sono qui alla loro terza prova, e questo è il seguito di Medusa Truth Part One del 2014. Il loro intento è di illustrare con ogni disco un determinato periodo della vita di ciascun uomo, esplorando ciò che si vede e soprattutto ciò che non si vede. Le canzoni degli Omit durano molto e sono tutte composte come se fossero piccole opere, molto ben strutturate ed epiche. Questo secondo disco della serie Medusa Truth prende le mosse da questa frase di Jack London che possiamo trovare nel libro L’Ammutinamento della Elsinore del 1914 : “The profoundest instinct in man is to war against the truth; that is, against the Real. He shuns facts from his infancy. His life is a perpetual evasion. Miracle, chimera and to-morrow keep him alive. He lives on fiction and myth. It is the Lie that makes him free. Animals alone are given the privilege of lifting the veil of Isis; men dare not. The animal, awake, has no fictional escape from the Real because he has no imagination. Man, awake, is compelled to seek a perpetual escape into Hope, Belief, Fable, Art, God, Socialism, Immortality, Alcohol, Love. From Medusa-Truth he makes an appeal to Maya-Lie.
Insomma come dare torto a Jack… la nostra vita è una continua fuga, e anche l’ascolto di questo bell’album, decadente e dolce, è una fuga da ciò che viviamo o da ciò che siamo. E questo disco è una bella fuga, essendo gli Omit un buon gruppo di doom metal melodico, con parti funeral, ma soprattutto un gran substrato gotico che permea il tutto, dando un’accezione romantica al loro lavoro. Il loro incedere è lento, ma possente, dolce ma tagliente, la musica è l’ancella della splendida voce di Cecilie, ma non è affatto un semplice ornamento, ma una parte importante del tutto. In questo mondo ovattato le regole della nostra dimensione vengono cambiate e si entra in un qualcosa di profondamente diverso. Un disco suonato e composto con cura e dedizione, e che non lascia nulla al caso, una splendida fuga.

Tracklist
01. Passage
02. Veil Of Isis
03. Medusa Truth

Line-up
Cecilie Langlie – Vocals
Kjetil Ottersen – Keyboards
Tom Simonsen – Guitars, keyboards, bass, drums and programming.

OMIT – Facebook

Reveers – To Find A Place

La poetica dei Reveers colpisce al cuore e parla attraverso immagini che nascono attraverso la musica, dove si sentono note e sequenze dai molti colori

I Reveers sono un gruppo composto da quattro ragazzi della provincia udinese, formatosi jam dopo jam.

Questo debutto è un dolcissimo disco di rock pop, con aperture post rock, di una maturità e di una consapevolezza straordinarie. Prendete Paul Simon a vent’anni, trasportatelo nella nostra epoca buia, fatelo suonare con dei ragazzi che hanno una grande padronanza degli strumenti e potreste avvicinarvi a cosa fanno i Reveers. Qui regna la calma, siamo in una sala parto dove nasce buona musica e ogni elemento è prezioso: si passa dal post rock a momenti molto floydiani, il tutto con personalità e gusto. Ogni canzone del disco è come un movimento che contiene al suo interno diversi elementi e tutti questi trovano armonia se posti assieme. Le tracce sono quasi tutte di lunga durata, e ciò rende possibile sviluppare un disegno sonoro molto interessante ed avanzato. La poetica dei Reveers colpisce al cuore e parla attraverso immagini che nascono attraverso la musica, dove si sentono note e sequenze dai molti colori, in cui tutto muta. Scorrendo le biografie dei componenti del gruppo si nota che sono musicisti con basi solide e si sente, soprattutto nella composizione e nelle strutture dei pezzi, che appaiono di un altro livello rispetto alle cose che si trovano in giro oggi. Si potrebbe quasi definire To Find A Place il disco più slowcore ascoltato da qualche anno a questa parte, ma in realtà c’è molto di più. Inoltre spuntano anche elementi elettronici trattati con grande sapienza e capacità. Questi ragazzi esordiscono con un grande album, ma se volessero hanno la possibilità di spingersi anche ben oltre: con le capacità ed il gusto esibito nulla è loro precluso.

Tracklist
1. Low to the ground
2. Fortune teller
3. Thesis, antithesis and synthesis
4. Music for a silent film
5. Mosaico
6. Spheres
7. Waves from the sky
8. Blind alley

Line-up
Fabio Tomada
Ismaele Marangone
Elia Amedeo Martina
Giulio Ghirardini

REEVERS – Facebook

Mercic – Mercic 4

Il avoro si snoda gradevole anche se la strada per raggiungere l’eccellenza ed avvicinare i propri modelli dal punto di vista qualitativo è ancora abbastanza lunga, benché la direzione intrapresa da Carlos sia indubbiamente quella giusta.

Mercic è il nome del progetto solista di questo musicista portoghese, Carlos “Maldito” Sobral, giunto con questo Mercic 4 ovviamente al quarto album in altrettanti anni di attività.

Il genere proposto è un industrial metal fortemente debitore dei Nine Inch Nails (influenza neppure troppo nascosta dal nostro, ad onor del vero) e in quanto tale senz’altro apprezzabile, a tratti anche convincente, ma carente in quanto a personalità.
Premesso che sembrare una discreta copia del totem musicale creato da Mr.Reznor è pur sempre tanta roba, non si può fare a meno di notare che altre realtà afferenti a quell’ambito musicale sono riuscite a raggiungere una cifra stilistica originale e, a proprio modo, in grado di aprire un ulteriore filone (Aborym su tutti).
Detto ciò, anche alla luce dell’operato del tutto all’insegna del DIY da parte del buon Carlos (attivo anche nei Cryptor Morbious Family, dediti sempre a queste sonorità) il quarto capitolo targato Mercic merita la giusta considerazione da parte degli appassionati del genere.
Ovviamente l’industrial dei Mercic è meno inquieto e sperimentale di quanto non lo sia quello dei propri numi tutelari, e tutto sommato il suo essere più diretto giova alla riuscita del lavoro, lasciando giusto qualche perplessità nei passaggi più rarefatti, non sempre esenti da qualche sbavatura esecutiva, anche se bisogna riconoscere che l’uso della chitarra portoghese conferisce al tutto ugualmente un suo fascino particolare.
Tra ottimi brani più melodici come Make Our Mark e notevoli mazzate come They Never Want To Be Less Than Us, il lavoro si snoda gradevole anche se la strada per raggiungere l’eccellenza ed avvicinare i propri modelli dal punto di vista qualitativo è ancora abbastanza lunga, benché la direzione intrapresa da Carlos sia indubbiamente quella giusta.

Tracklist:
1.who the fuck are they to judge us
2.humanimals
3.crumpled paper
4.got to get back where it belongs
5.a lousy thing to forget about
6.14 to 3 = 1
7.big mouth fat star
8.make our mark
9.blurred eyes
10.they never want to be less than us

Line up:
Carlos Maldito

MERCIC – Facebook

LADY REAPER

Il video di “Stop The Mops”, dall’album “Mise En Abyme” (Valery Records).

Il video di “Stop The Mops”, dall’album “Mise En Abyme” (Valery Records).

E’uscito il 27 Aprile 2018 “Mise En Abyme” dei Lady Reaper.

Nati nel 2009, i Lady Reaper sono una band Heavy Metal italiana con base a Roma.

Nel 2017 i Lady Reaper firmano con Valery Records e nasce “Mise En Abyme”, il nuovo lavoro in studio della band. L’album spazia all’interno di un Heavy Metal fresco e versatile, offrendo l’ascolto di performance anche distanti dal genere di partenza, come ad esempio l’interpretazione di due famosissimi brani di musica sinfonica. La struttura teatrale del disco include inoltre numerosi riferimenti a popolari opere di cinema e letteratura, alcuni più espliciti altri tutti da cercare. Le ventiquattro pagine ad acquerello del libretto che accompagnano musica e testi, realizzate da Umberto Stagni (Pastavolante) impreziosiscono ulteriormente un progetto sotto molti aspetti degno di ottimo rilievo internazionale.

Tracklist:
1 To the Abyss (1:41) 2 The Eternal Carnival (4:31) 3 Abracadabra (2:55) 4 Another Me (5:12) 5 Fragments (6:03) 6 Buried in my Dreams (7:15) 7 Stop the Mops (5:13) 8 Mr Nick: Diabolical Bets (12:24) 9 Headless Ride (8:52)

“Mise En Abyme” è uscito il 27 Aprile 2018 su etichetta Valery Records, distribuito da Audioglobe, e disponibile worldwide su I Tunes e prossimamente su tutti i migliori online stores digitali.

Devin Townsend Project – Ocean Machine – Live at the Ancient Roman Theatre Plovdiv

Devin Townsend si odia o si ama, e sicuramente non ha lasciato indifferente chi ha seguito l’evoluzione della musica rock/metal negli ultimi due decenni e anche più: Ocean Machine – Live at the Ancient Roman Theatre Plovdiv è l’imperdibile giusto tributo al suo talento.

Il genio di Devin Townsend viene celebrato in questo monumentale lavoro che raccoglie, nei formati 3CD/2DVD/Blu-Ray con un documentario (Reflecting The Chaos), 3CD/DVD Digipak, Blu-Ray e in digitale, il concerto tenuto nel teatro romano di Plovdiv in Bulgaria per festeggiare i vent’anni dall’uscita dell’album Ocean Machine, più una serie di brani suonati con la State Opera Orchestra e richiesti dai fans.

Un vero e proprio monumento eretto in omaggio alla musica dell’artista canadese, una colossale opera che può sicuramente essere definita come il suggello definitivo di chi ha fatto dell’imprevedibilità e della ricerca dell’originalità un modo per differenziarsi nel mondo del metal mondiale.
Ovviamente la versione video è sicuramente quella più spettacolare, ma risulta ottima e gustosissima anche quella in cd, dove nei primi due troviamo i brani richiesti dai fans e suonati con l’orchestra e nel terzo la sola band a rendere onore allo storico lavoro.
L’orchestra riempie i brani scelti di gloriosa 23trasformando splendidi esempi del genio del musicista canadese come Truth e Stormbending o la devastante Be Your Command, lasciando che la festa si trasformi in uno spettacolare tributo alle tante vie e strade che la musica di Townsend prende, con una naturalezza che ha del sorprendente tra un capolavoro come Gaia o Deadhead, da Accelerated Evolution.
La monumentale Canada, la folle Bad Evil danno il via la secondo cd, prima che l’orchestra lasci la band alle prese con il clou di questo enorme spettacolo, ed i brani di Ocean Machine tornino a ricordarci di quanta genialità è intrisa la musica di questo musicista e compositore che per molti è un folle, ma che è in realtà uno dei più autentici innovatori della musica moderna, un visionario che ha sempre composto e suonato musica avanti di almeno due decenni rispetto a tutti gli altri.
Devin Townsend si odia o si ama, e sicuramente non ha lasciato indifferente chi ha seguito l’evoluzione della musica rock/metal negli ultimi due decenni e anche più: Ocean Machine – Live at the Ancient Roman Theatre Plovdiv è l’imperdibile giusto tributo al suo talento.

Tracklist
By Request Set with Orchestra
1. Truth
2. Stormbending
3. Om
4. Failure
5. By Your Command
6. Gaia
7. Deadhead
8. Canada
9. Bad Devil
10. Higher
11. A Simple Lullaby
12. Deep Peace

Ocean Machine
1. Seventh Wave
2. Life
3. Night
4. Hide Nowhere
5. Sister
6. 3 A.M.
7. Voices in the Fan
8. Greetings
9. Regulator
10. Funeral
11. Bastard
12. The Death of Music
13. Truth
Line-up
Line-Up: By Request Set

Devin Townsend – Vocals, Guitar, Keys, Programming Ryan
Van Poederooyen – Drums
Dave Young – Guitar, Keys
Brian ‘Beav’ Waddell – Bass
Mike St-Jean – Keyboards, Synths, Programming
+ Orchestra and Choir of State Opera Plovdiv

Ocean Machine:

Devin Townsend – Vocals, Guitar, Keys, Programming
The Project
Ryan Van Poederooyen – Drums
Dave Young – Guitar, Keys
John ‘Squid’ Harder – Bass
Mike St-Jean – Keyboards, Synths, Programming

DEVIN TOWNSEND – Facebook

Death Strike – Fuckin’Death

Ristampa da parte della Dark Descent Records del demo degli storici Death Strike una delle diverse band fondate dal bassista e cantante dei Master, Paul Speckmann.

I Death Strike sono uno dei numerosi progetti di Paul Speckmann, storico cantante e bassista di una decina di realtà estreme, tra cui i leggendari Master, uscito ultimamente sul mercato con il progetto Johansson & Speckmann in compagnia dell’altro stakanovista del metal estremo, lo svedese Rogga Johansson.

I Death Strike durarono lo spazio di un demo, questo Fuckin’ Death licenziato dal gruppo nel 1985.
In origine i brani erano solo quattro, poi nel 1991 la Nuclear Blast ristampò il lavoro con l’aggiunta di altre quattro canzoni inedite: quello che ora viene ripreso dalla Dark Descent è appunto la versione con le otto tracce.
Il clima infernale dell’album di matrice death/thrash primordiale porta ad evidenti similitudini con gli Hellhammer e gli Slayer, in un contesto ancora più oscuro.
Solos slayerani, doppia cassa a palla, mid tempo luciferini ed il vocione demoniaco ma di estrazione thrash di Speckmann, sono le caratteristiche di questo lavoro la cui data di uscita favorisce il sentore old school dei brani, che risultano un’orgia di metal estremo senza compromessi.
Una nuova ristampa per questo leggendario lavoro potrebbe far pensare ad un ritorno a sorpresa: vedremo, nel frattempo se siete fans del musicista statunitense e volete possedere ogni sua opera, i Death Strike sono davvero una chicca per intenditori.

Tracklist
1. The Truth
2. Mangled Dehumanization
3. Pay To Die
4. Re-Entry And Destruction
5. The Final Countdown
6. Man Killed America/Embryonic Misconceptions
7. Pervert
8. Remorseless Poison

Line-up
Paul Speckmann – Vocals, Bass
Kirk Miller – Guitars
John Leprich – Drums

DEATH STRIKE – Facebook

Alphastate – The Grind

Gli Alphastate sono protagonisti di un album a tratti davvero brillante: il loro metal è valorizzato da un’ottima produzione e si avvicina al sound dei primi Nevermore, quindi con un approccio moderno e thrash, buona tecnica e con quel tocco drammatico/progressivo marchio di fabbrica della storica band americana.

Una piccola bomba sonora è questo The Grind, secondo album degli Alphastate, band formatasi circa quattro anni fa e con un primo lavoro già edito dal titolo Out Of The Black.

Gli ateniesi, guidati da Manos Xanthakis, sono protagonisti di un album a tratti davvero brillante: il loro metal è valorizzato da un’ottima produzione e si avvicina al sound dei primi Nevermore, quindi con un approccio moderno e thrash, buona tecnica e con quel tocco drammatico/progressivo marchio di fabbrica della storica band americana.
Il cantante, molto interpretativo, risulta una via di mezzo tra il compianto Warrel Dane e Bruce Dickinson, quindi con grandi aperture vocali ed un piglio evocativo ad accompagnare il metal tecnico, oscuro e d’assalto di cui è composto The Grind.
Non si riposa un attimo la band greca, mostra i muscoli per tutta la durata dell’album tra ritmiche thrash, solos dal taglio classico, power metal oscuro di matrice statunitense e ottime aperture melodiche che si stagliano su chorus travolgenti.
Non solo Nevermore, ma anche Iced Earth e Testament sono le fonti di ispirazione per tracce devastanti come l’opener Trapped, la monumentale Phantom Desires e le maideniane Theater Of Lies ed Heaven’s World.
Il disco, pur mantenendo la sua aura oscura, si dimostra vario nel combinare elementi classici e moderni, con la potenza thrash e l’heavy metal classico uniti nel deturpare i padiglioni auricolari dei fans.
La produzione, come scritto, aiuta non poco The Grind nel rivelarsi un lavoro ben suonato e dal buon songwriting, quindi il consiglio è quello di non perderlo, specialmente se si è amanti delle band citate.

Tracklist
1.Trapped
2.Phantom Desires
3.Speak Your Mind
4.Theater of Lies
5.The Grind
6.Forevermore
7.Behind the Dark
8.Heaven’s World
9.Man Made God

Line-up
Vocals – Manos Xanthakis
Pete Breaker – Guitars
TBA – Bass
Fivos Andriopoulos – Drums

ALPHASTATE – Facebook

OMNIUM GATHERUM

Il video di “Gods Go First”, dall’album “The Burning Cold”, in uscita ad agosto (Century Media Records).

Il video di “Gods Go First”, dall’album “The Burning Cold”, in uscita ad agosto (Century Media Records).

Gli OMNIUM GATHERUM hanno recentemente annunciato la pubblicazione del loro nuovo album “The Burning Cold”, in arrivo il 31 agosto 2018 su Century Media Records, già disponibile in preorder a questo link. La band finlandese ha presentato qualche giorno fa il video di “Gods Go First”.

Ricordiamo che la band terrà un pre-release party del nuovo album “The Burning Cold” presso il Summer Breeze Open Air di Dinkelsbühl (Germania) il 18 agosto 2018.

The band comments: “GODS GO FIRST is about the will and the power of it, like good ol’ Yoda sayz “do, or do not, there is no try” – Gods go first to the absolute, and to nothingness! Catchy wild ride with a lot of nasty shameless musicianship included.. Sure this one’s gonna be a killer live tune which will get a lot of moshpits rolling! We wanted to make an intensive old school video with just the band and nothing else, and team captured well this moment of playing in a tiny old barn in the middle of nowhere.”

OMNIUM GATHERUM are going to head out on another headline run in November in order to present “The Burning Cold” to their European fans! They will be supported by fellow countrymen Wolfheart and Nothgard. Check out all dates below.

OMNIUM GATHERUM live:
18.08.2018 Dinkelsbühl (Germany) – Summer Breeze Open Air “Special Pre-Release Show”

North American Tour
07.09.2018 New York (NY) – Gramercy Theater
08.09.2018 Montreal (QUE) – Corona Theatre
09.09.2018 Quebec City (QUE) – Imperial
10.09.2018 Toronto (ON) – Opera House
11.09.2018 Ft Wayne (IN) – Pierre’s
12.09.2018 Detroit (MI) – Harpo’s
13.09.2018 Joliet (IL) – The Forge
14.09.2018 Minneapolis (MI) – The Cabooze
15.09.2018 Winnipeg (MA) – Park Theatre
17.09.2018 Edmonton (AL) – The Starlite Room
18.09.2018 Calgary (AL) – Dickens
19.09.2018 Vancouver (BC) – Rickshaw Theater
20.09.2018 Seattle (WA) – El Corazon
22.09.2018 Berkeley (CA) – The UC Theatre
23.09.2018 Anaheim (CA) – The Grove
24.09.2018 West Hollywood (CA) – Whiskey a Go Go
25.09.2018 San Diego (CA) – Brick By Brick
26.09.2018 Tempe (AZ) – Marquee Theatre
27.09.2018 Las Vegas (NV) – House of Blues
28.09.2018 Salt Lake City (UT) – Liquid joe’s
29.09.2018 Denver (CO) – Herman’s Hideaway
01.10.2018 Dallas (TX) – Trees
02.10.2018 San Antonio (TX) – Rock Box
03.10.2018 Houston (TX) – Scout Bar
05.10.2018 Tampa (FL) – Orpheum
06.10.2018 West Palm Beach (FL) – Kelsey Theater
07.10.2018 Atlanta (GA) – The Masquerade
09.10.2018 Louisville (KY) – Diamond Pub and Billiards
10.10.2018 Durham (NC) – Motorco
11.10.2018 Baltimore (MD) – Soundstage
12.10.2018 Philadelphia (PA) – The Trocadero
13.10.2018 Worcester (MA) – The Palladium
14.10.2018 Clifton Park (NY) – Upstate Concert Hall

European Tour
24.10.2018 Tampere (Finland) – Klubi
26.10.2018 Lahti (Finland) – Finlandiaklubi
27.10.2018 Kuopio (Finland) – Henrys Pub
02.11.2018 Helsinki (Finland) – Tavastia
03.11.2018 Jyväskylä (Finland) – Lutakko
07.11.2018 Munich (Germany) – Backstage
08.11.2018 Hamburg (Germany) – Kaiserkeller
09.11.2018 Berlin (Germany) – Bi Nuu
10.11.2018 Stuttgart (Germany) – ClubCANN
11.11.2018 Prague (Czech Republic) – Nova Chmelnice
12.11.2018 Budapest (Hungary) – Dürer Kert 041
13.11.2018 Vienna (Austria) – Szene
15.11.2018 Essen (Germany) – Turock
16.11.2018 London (United Kingdom) – The Dome
17.11.2018 Rotterdam (Netherlands) – Baroeg
18.11.2018 Vosselaar (Belgium) – Biebop
19.11.2018 Paris (France) – Le Petit Bain
21.11.2018 Madrid (Spain) – Copérnico
22.11.2018 Barcelona (Spain) – Bóveda
23.11.2018 Lyon (France) – MJC O Totem
24.11.2018 Lucerne (Switzerland) – Schüür
25.11.2018 Trier (Germany) – Mergener Hof

OMNIUM GATHERUM is:
Jukka Pelkonen – Vocals
Markus Vanhala – Guitar
Tuomo Latvala – Drums
Aapo Koivisto – Keyboards
Joonas Koto – Guitar
Erkki Silvennoinen – Bass

OMNIUM GATHERUM online:
http://www.omniumgatherum.org
https://www.facebook.com/omniumgatherumband

Khemmis – Desolation

Questo ultimo disco dei Khemmis ne conferma la formula di successo, ovvero una miscela di giri di chitarra e voce ora melodici ora pesanti, a seconda della necessità del momento.

I Khemmis sono di Denver, Colorado e fanno un gran bel doom metal ricco di molteplici influenze.

Attivi dal 2012, hanno conosciuto un buon successo con l’album Hunted del 2016, che li ha fatti notare a tutti gli amanti della musica pesante. Questo loro ultimo disco ne conferma la formula di successo, ovvero una miscela di giri di chitarra e voce ora melodici ora pesanti, a seconda della necessità del momento. La melodia è una delle peculiarità principali dei Khemmis, i quali la trattano in maniera speciale. Desolation è composto da molte forze diverse che concorrono tutte a farne un disco molto fruibile e che regala moltissimi ascolti. La prima traccia Bloodletting è paradigmatica su ciò che verrà i seguito, con i suoi tempi cadenzati, i riff di chitarra molto ariosi e la voce che è calda e piena, creando un effetto d’insieme molto potente. I Khemmis sono un gruppo da ascoltare a volume molto, e come i compagni di etichetta Pallbearer fondono musica pesante e melodia in una maniera importante, come si può sentire benissimo in Desolation. L’album non cambierà le sorti della musica, ma alzerà l’umore di moltissime persone ascoltandolo, oppure le farà ragionare, dato che è intriso di malinconia espressa in decibel. I Khemmis sono uno dei risultati della musica pesante americana che presenta alcune differenze rispetto a quella europea, dato che in alcuni frangenti dall’altra parte dell’Atlantico sanno suonare con più semplicità ed immediatezza. C’è un sentire che ti avvolge immediatamente in questo disco, come se il gruppo lo si conoscesse da sempre, oppure come se il disco fosse quello che si aspettava da tempo. Ogni canzone contiene sviluppi e svolte assai interessanti e non c’è mai nulla di scontato in questo doom che incontra il pop senza mai perdere la sua rumorosa identità.

Tracklist
1.Bloodletting
2.Isolation
3.Flesh To Nothing
4.The Seer
5.Maw Of Time
6.From Ruin

Line-up
Ben
Dan
Phil
Zach

KHEMMIS – Facebook

Wolfen Reloaded – Changing Time

Un album da ascoltare con la massima rilassatezza, così da poter assaporare l’elettricità sprigionata dal nobile metallo progressivo, sposata con il rock dal taglio moderno e valorizzata da splendide linee vocali e raffinate melodie.

A volte ritornano, come scriveva Stephen King su uno dei suoi più famosi romanzi: una frase che calza a pennello per i tedeschi Wolfen Reloaded, tornati sul mercato grazie all’etichetta napoletana Volcano Records, sempre più attiva anche oltre confine.

La band, attiva come Wolfen addirittura da metà anni ottanta, e dal 1996 tornata con il nuovo monicker, licenzia questo ottimo esempio di elegante metal/rock che si muove tra tradizione e modernità, senza rinunciare ad un tocco progressivo che nobilita il sound di Changing Time.
Composto da dieci brani raffinati e mai fuori dai binari di una controllata potenza, l’album vive di emozioni progressive, toccando corde riscontrabili in gruppi che hanno fatto la storia del metal più elegante come i Queensryche ed in parte i King’s X, le fonti di più moderne del gruppo ed in linea con il rock alternativo di fine secolo scorso.
Ne esce un lavoro introspettivo, mai fuori dai binari di un’urgenza rock che non esplode ma lascia che l’anima progressiva la prenda per mano e l’accompagni tre le trame di brani come Promised Land o Frozen, e solo a tratti si liberi dalle briglie che la tiene legata per ruggire con classe (All The Heroes, Cyber Nation).
Changing Time si rivela così un lavoro riuscito, nel quale il metal è al servizio della melodia progressiva ed a suo modo alternativa, ma con il gusto e l’eleganza quale comune denominatore di tutti i brani presenti.
Un album da ascoltare con la massima rilassatezza, così da poter assaporare l’elettricità sprigionata dal nobile metallo progressivo, sposata con il rock dal taglio moderno e valorizzata da splendide linee vocali e raffinate melodie.

Tracklist
1.Amazing
2.Promised Land
3.All the Heroes
4.A Million Faces
5.Frozen
6.Tomorrow Never Comes
7.Judgement Day
8.All Hope Is Lost
9.Cyber Nation
10.New Horizon

Line-up
Christian Freimoser -Vocals
Wolfgang Forstner -Guitars
Thomas Rackl -Bass
Manuel Wimmer -Drums

WOLFEN RELOADED – Facebook

The Mystery of the Bulgarian Voices feat. Lisa Gerrard – BooCheeMish

BooCheeMish ci trasporta in un mondo antico, in un immaginario rurale piacevolmente avulso dalla modernità, anche se va rimarcato come gli arrangiamenti e l’utilizzo degli strumenti siano del tutto al passo con i tempi: un qualcosa di diverso dal solito, il cui ascolto potrebbe riservare non poche sorprese anche a chi vi si dovesse avvicinare con comprensibile circospezione.

Non deve sorprendere il fatto che ci si occupi in MetalEyes di questo storico ensemble corale proveniente dalla Bulgaria.

I motivi sono molteplici, a partire dal fatto che tutto quanto proviene dalla Prophecy Productions merita d’essere sviscerato ed ascoltato con attenzione, trattandosi di un’etichetta che propone musica sempre di qualità superiore alla media, sia essa misantropico black metal oppure tenue e sognante folk; a tutto ciò va aggiunta la non marginale presenza in veste di ospite, in quattro dei dodici brani presenti in BooCheeMish, di Lisa Gerrard, voce femminile unica e conosciuta universalmente per la sua attività con i Dead Can Dance, band amata da non pochi appassionati di metal, peraltro.
Del resto, i particolari intrecci vocali che sono il vero e proprio marchio di The Mystery of the Bulgarian Voices sono stati utilizzati da più musicisti di nome in diversi ambiti (U2, Kate Bush e addirittura Elio e Le Storie Tese, solo per citarne alcuni) proprio per quella peculiarità capace di imprimere un marchio indelebile e facilmente memorizzabile a qualsiasi brano.
La nascita del coro risale addirittura gli anni ‘50 e, ovviamente, nel corso di tutti questi anni, le protagoniste si sono avvicendate mantenendo sempre costante il livello qualitativo e ben saldo il legame imprescindibile con la musica popolare bulgara; se, all’inizio il tutto era ovviamente confinato all’interno dei territori della cosiddetta 2cortina di ferro2, ai giorni nostri le voci bulgare sono assurte ad uno status di culto destinato ad essere rafforzato da questo album che arriva a vent’anni dal precedente.
Indubbiamente, l’apporto della Gerrard si rivela un “gancio” formidabile per attrarre l’attenzione di un pubblico più vasto, e va detto che l’operazione riesce alla perfezione: sarebbe riduttivo però focalizzarsi solo sui brani interpretati dalla vocalist australiana (il singolo Pora Sotunda ed il gioello Mani Yanni, soprattutto): l’ensemble, diretto ormai da un quarto di secolo da Dora Hristova alterna riarrangiamenti della tradizione popolare a brani di nuovo conio, alternando episodi più movimentati (Yove,Tropanitsa) e intrisi della tradizione folk balcanica, ad altri più evocativi e che forse meglio si adattano ad ascoltatori dal background più oscuro (Zableyalo Agne, Ganka e Stalka).
BooCheeMish ci trasporta in un mondo antico, in un immaginario rurale piacevolmente avulso dalla modernità, anche se va rimarcato come gli arrangiamenti e l’utilizzo degli strumenti siano del tutto al passo con i tempi: un qualcosa di diverso dal solito, il cui ascolto potrebbe riservare non poche sorprese anche a chi vi si dovesse avvicinare con comprensibile circospezione.

Tracklist:
1 Mome Malenko
2 Pora Sotunda featuring Lisa Gerrard
3 Rano Ranila
4 Mani Yanni featuring Lisa Gerrard
5 Yove
6 Sluntse
7 Unison featuring Lisa Gerrard
8 Zableyalo Agne
9 Tropanitsa
10 Ganka
11 Shandai Ya featuring Lisa Gerrard
12 Stanka

THE MYSTERY OF THE BULGARIAN VOICES – Facebook

Pensées Nocturnes – Grotesque

Nuovi stili musicali, nuove avanguardie, influenzano positivamente o inquinano irrimediabilmente il black metal? Un quesito per tutti coloro che approcciano album come Grotesque, della one-man band francese Pensées Nocturnes. A voi l’estrema decisione.

Quello che non manca sicuramente alla one-man band francese dei Pensées Nocturnes è il coraggio.

Al giorno d’oggi, le mille sfumature che ha assunto il black metal, hanno reso il genere sicuramente più accessibile; molti – probabilmente – che in passato aborrivano questa lato estremo del metal, hanno iniziato ad avvicinarsi al genere, anche grazie alla moltitudine di album di sottogeneri, che oggi invadono gli scaffali dei negozi di dischi (o meglio i siti internet, vista la repentina e triste scomparsa del classico negozietto sotto casa).
In Grotesque, album uscito nel 2010 e riedito in vinile quest’anno da Les Acteurs de l’Ombre Productions, oggetto di questa recensione, il genere proposto da Vaerohn si potrebbe definire avantgarde post black metal con sfumature barocco/neoclassiche(!), cantato in francese.
Ma andiamo per gradi. Il primo pezzo Vulgum Pecus, dopo un desolante inizio da marcia funebre, procede senza che, in alcun modo, qualcuno possa identificarne una band black metal. Pezzi orchestrali maestosi, pomposi, legni, ottoni ed archi che sostituiscono i più “tradizionali” strumenti del genere, quali chitarre zanzarose e bassi distorti, in assenza totale di drumming ritmico (blast beat) e parti vocali (scream). La parte terminale accoglie persino un sottofondo di applausi stile Scala di Milano, quasi a voler sottolineare che ciò che andremo ad ascoltare non sarà un semplice album, bensì un vero e proprio concerto sinfonico.
Se non fosse per la durata del pezzo (più di tre minuti) avrei pensato ad un (bellissimo) intro. A questo punto, cresce l’attesa e la curiosità, per il secondo pezzo, Paria, che, dopo alcuni secondi di cacofonica introduzione di batteria e basso, mostra il suo vero intento: struggere l’ascoltatore, deprimerlo sino a condurlo al suicido, annichilendolo al punto da renderlo completamente abulico ed indolente. Un lamento angosciante, costruito su accelerazioni scoordinate e momenti soporiferi, scanditi da batteria e piatti, e da sprazzi di gorgheggi vocali più accostabili ad un tenore, intervallati da urla strazianti (tra lo scream e il growl). Senza soluzione di continuità tra gli strumenti (quasi sempre si ha l’impressione che le basi ritmiche facciano a pugni e che tutto sia improvvisato), il genere proposto da Vaerohn, vacilla tra uno stile che vuole essere estremo, ma che non lo è almeno nel senso letterale del termine, ed un’opera sinfonica, un funeral depressive doom di matrice classica, sostenuto da una base quasi jazzata (ma nel senso disarmonico del termine). Come nella successiva Rahu che, addirittura, sotto ad un vero cantato scream (finalmente) quasi trascende, nelle sue seppur brevi accelerazioni, uno speed metal, inaspettato, e forse mai ascoltato prima. Malinconici arpeggi, accompagnati da violoncelli, fagotti, clavicembali – e chi più ne ha più ne metta – da orchestra barocca, sempre quasi sembrando in disaccordo tra loro, con una voce in bilico tra un lamentoso clean e uno straziante scream/growl , sono ciò che ci si può aspettare, acquistando questo album. Eros è un pezzo più shoegaze inglese che metal vero e proprio, che non fa altro che acutizzare la ferita oramai aperta, per chi si aspettava un album black, o estasiare chi invece era alla ricerca di nuove sperimentazioni sonore. Anche in questa traccia, dopo il classico riff monocorde tipico del genere, diciamo in drone style, si percepisce l’amore smisurato del francese per la musica classica (la parte terminale è un trionfo di trombe e tromboni). Monosis, è il momento più funebre dell’album. Una voce sempre tra il clean, nella sua espressione più lirica, e uno scream strozzato e straziante, che mostra quanto il nostro, più che cantare, voglia esternarci la sua disperazione per la vita terrena. Suoni più da Bladerunner danno un tocco sci-fi al pezzo, subito seguiti da una parentesi folkeggiante – quasi gypsy – da festa di Santa Sara (patrona di tutti i Gitani), che sfocia poi irrimediabilmente nel caos sonoro di ritmiche sparate alla velocità della luce, in completa disarmonia tra loro.
Se qualcuno avesse ancora dubbi sul fatto che Mr.Vaerohn volesse sconvolgerci in qualche modo, ecco che arrivano Hel e la successiva Thokk (depressive cacophonic classic black metal?) emblematici esempi di ciò che abbiamo ascoltato sinora; in Hel qualche inserto di xilofono da film dell’orrore ci ottenebra la mente, ci vaporizza quel poco di luce interiore che ancora ci era rimasta, mentre l’organo da chiesa di Thokk, fa piazza pulita di quel che ci resta di ancora umano.
L’ultima track (un teatralmente tragico pezzo di pianoforte) è Suivante (Seguente), che chiude un drammatico capitolo musicale, quasi sicuramente capolavoro per chi ama la sperimentazione sonora e queste nuove forme artistiche, un deludente (ed inquinante) nuovo approccio al black, per i tradizionalisti.
Il voto 6, deriva dalla media tra 7, per il coraggio e la ricerca di nuovi suoni, e 5 per l’aver voluto inserire la parola black in questo contesto.
Ultima nota di colore, tanto per prenderci ancor più alla sprovvista: face painting d’ordinanza per il nostro, ma più che Abbath pare un misto tra Pennywise e il Joker … Bambini, paura!

Tracklist
1.Vulgum Pecus
2.Paria
3.Râhu
4.Eros
5.Monosis
6.Hel
7.Thokk
8.Suivant

Line-up
Vaerohn – Vocals, all instruments, songwriting, lyrics

PENSEES NOCTURNES – Facebook

Engulf – Gold And Rust EP

Gold And Rust, sommato al primo album e di conseguenza alla terza e prossima prova, risulterebbe sicuramente un prodotto notevole: magari il musicista del New Jersey un giorno ci accontenterà riunendo in un solo cd la musica creata per questo concept; per ora accontentiamoci di questi tre brani.

Secondo capitolo della trilogia fantascientifica creata da Hal Microutsicos, compositore e polistrumentista della one man band Engulf:  Gold and Rust racconta il viaggio nell’universo del protagonista alla ricerca di potenti entità per dare vita ad un evento che verrà svelato sul prossimo lavoro.

Ancora un ep dunque, dopo il primo Subsumed Atrocities, uscito lo scorso anno, scelta che lascia perplessi soprattutto per la durata complessiva dell’opera, ma che sicuramente metterà d’accordo tutti gli amanti del death metal old school di scuola Death, Morbid Angel ed Hate Eternal.
Scritti nello stesso periodo dei primi due brani che componevano il precedente ep, Maul Master, Misshapen Abomination e Sovereign To The Seven Underworlds, non cambiano di una virgola l’atmosfera vecchia scuola del sound di Engulf, tra cambi di tempo ed atmosfere opprimenti, una ragnatela di solos intricati ed un growl assassino a raccontare le peripezie del protagonista perso nell’universo,
Con una produzione in linea con le opere uscite nei primi anni novanta, Gold And Rust, sommato al primo album e di conseguenza alla terza e prossima prova, risulterebbe sicuramente un prodotto notevole: magari il musicista del New Jersey un giorno ci accontenterà riunendo in un solo cd la musica creata per questo concept; per ora accontentiamoci di questi tre brani.

Tracklist
1.Maul Master
2.Misshapen Abomination
3.Sovereign To The Seven Underworlds

Line-up
Hal Microutsicos – Lyrics, instrumentation, drum programming and vocals

ENGULF – Facebook

Kormak – Faerenus

I Kormak sono una delle band italiane più interessanti uscite negli ultimi anni: epici, potenti, dolci o devastanti, a seconda della necessità.

Album di debutto per i baresi Kormak, che fanno un ottimo folk death metal, con intarsi gothic e la splendida voce della cantante Zaira De Candia, che è davvero un valore aggiunto.

I Kormak nascono nel 2015 e con calma e tanto lavoro sono arrivati ad un debutto che è un ottimo biglietto da visita Una delle loro caratteristiche più importanti è quella di saper cambiare registro musicale in un tempo brevissimo, passando da un leggiadro suon odi flauto ad un massacro con doppie casse e tanto sangue sparso, il tutto fatto sempre con una forte personalità. Il suono sa mutare, ma soprattutto sa sempre trovare il suo corso naturale dove poi sgorgare in maniera impetuosa e forte. Zaira è una moderna furia che si abbatte sull’ascoltatore, ma tutto il gruppo è molto ben affiatato. La cifra stilistica deve molto all’epicità, infatti il nome viene dalla saga islandese Kormaks risalente al tredicesimo secolo. Folk e viking metal, ma non solo, perché in alcune canzoni si rinviene un passo death notevole e assai incisivo. I Kormak sono un gruppo che ha grandi potenzialità che vengono esibite in questo disco, ma la sensazione è che abbiano ancora molto da mostrare. La produzione è buona e valorizza la potenza di questo gruppo riuscendo a non disperderla. In definitiva, i Kormak sono una delle band italiane più interessanti uscite negli ultimi anni: epici, potenti, dolci o devastanti, a seconda della necessità. Faerenus era il luogo della pazzia, nel quale le paure diventavano materiali e i Kormak solo la guida ideale per condurci in questo mondo sotterraneo.

Tracklist
1 – Amon
2 – March of Demise
3 – Sacra Nox
4 – The Goddess’ Song
5 – The Hermit
6 – Faerenus
7 – Patient N° X
8 – July 5th
9 – Eterea El

Line-up
Zaira de Candia – Vocals/Whistle Flutes
Alessandro Dionisio – Guitar
Alessio Intini – Guitar
Francesco Loconte – Bass
Dario Stella – Drums

KORMAK – Facebook

CAGE

Il video di Cage, dall’album Images, in uscita a ottobre.

Il video di Cage, dall’album Images, in uscita a ottobre.

I CAGE annunciano tre date estive tra Toscana e Liguria a fine Luglio e primi giorni di Agosto, qui sotto i dettagli:

27 Luglio – Spazio Made Ortonovo (SP)

4 Agosto – Studio Teatro Alnassar Carrara (MS)

9 Agosto – Wine & Music Castelnuovo Magra (SP)

I CAGE sono un gruppo della scena progressive italiana, formatosi nei primi anni 90 con il nome di Soundproof Red.

E’ ora disponibile il Video Ufficiale di Cage, il primo estratto omonimo, che anticipa IMAGES quinto studio album in uscita il 5 Ottobre 2018.

La Edit Version del brano è stata distribuita ed è disponibile in tutti gli stores digitali.

https://open.spotify.com/album/5aQ9Il36w0txok6QxsS0LM#_=_

https://itunes.apple.com/it/album/cage-edit-version-single/1387898680?app=itunes&ign-mpt=uo%3D4

https://www.deezer.com/it/album/64215032

CAGE:
Andrea Mignani, Chitarra
Damiano Tacchini, Piano, Tastiere
Diletta Manuel, Voce
Giulia Curti, Cori, Percussioni
Leonardo Rossi, Basso
Andrea Griselli, Batteria

DISCOGRAFIA:
The View 1992 Toast records (Torino)
The Feeble Minded Man 1995 Toast records (Torino)
87/94 2005 Musea records (Metz, Francia)
Secret Passage 2008 Musea records (Metz, Francia)

Roterfeld – Hamlet At Sunset

Consigliato agli amanti del gothic dark più melodico, l’album è destinato a ripetere il successo del suo predecessore, almeno tra chi è frequentatore abituale della vita notturna nei club mitteleuropei, da sempre molto ricettivi quando si parla di queste sonorità.

Dopo il discreto successo del primo album Blood Diamond Romance, torna con un nuovo lavoro il vocalist austriaco Aaron Roterfeld.

Il gruppo a cui dà il proprio nome vede alla chitarra Marc Filler e alla batteria Andre Schwarz: il sound prodotto è un buon esempio di gothic dark rock ispirato dai gruppi ottantiani, ma con un tocco moderno ed alternativo.
Molto vario e melodico, Hamlet At Sunset è composto da una raccolta di brani dall’appeal elevato, specialmente se siete legati al genere: cantate sia in inglese che in tedesco, le tracce presenti riescono sicuramente a soddisfare tanto i fans dei Sisters Of Mercy come quelli degli Him.
Aaron Roterfeld è in possesso di una voce calda e molto vicina a quella di Ville Valo, ergendosi a protagonista di un album che alterna dinamiche tracce di rock alternativo dal feeling romanticamente ombroso a brani gotici e dark.
Raffinato e melodico, Hamlet At Sunset lascia che sia l’atmosfera notturna e malinconica il leit motiv che accompagna canzoni come No Friend Of Mine, I Want More o King Of This Land, anche se è tutto l’album a mostrare un songwriting lineare e dall’approccio immediato.
A tratti il groove risveglia l’anima moderna, alter ego di un’attitudine dark rock espressa con eleganza dal singer austriaco, mattatore indiscusso di questo lavoro.
Consigliato agli amanti del gothic dark più melodico, l’album è destinato a ripetere il successo del suo predecessore, almeno tra chi è frequentatore abituale della vita notturna nei club mitteleuropei, da sempre molto ricettivi quando si parla di queste sonorità.

Tracklist
1. No Friend Of Mine
2. Bring Your Own Star To Life
3. I Want More
4. Flieg
5. Black Blood
6. King Of This Land
7. Sea Of Stones
8. Father And Son
9. Great New Life (Reborn)
10. You Are The One I’d Spend All My Money

Line-up
Aaron Roterfeld – Vocals
Andre Schwarz – Drums
Marc Filler – Guitars

ROTERFELD – Facebook

Autumnwind – Endless Fear

Endless Fear è un lavoro interessante, che mette in evidenza le buone potenzialità di un progetto ancora in divenire.

Suonare metal nei paesi mediorientali non è mai una passeggiata di salute, visto che in molti di essi l’egemonia culturale strettamente connessa alla religione comporta persino rischi a livello penale per chi ci prova; non credo che questo sia di norma lo stato delle cose in Siria, dove però purtroppo le difficoltà non devono essere certo da meno, a causa della guerra civile che attanaglia da anni una terra che è stata una delle più antiche culle della civiltà.

GaaRa “Abdulrahman Abu Lail”, con il suo progetto denominato Autumnwind, propone in Endless Fear un black metal atmosferico che tutto sommato lascia uno spazio molto limitato alle pulsioni estreme, rinvenibile in rare accelerazioni, affidando il tutto al lavoro delle tastiere, con le quali vengono tessute buone melodie.
Il riferimento più logico per il sound proposto dal musicista asiatico sono i Lustre, per cui c’è da attendersi fondamentalmente un sound piuttosto lieve, dalla marcata impronta melodica e con diversi elementi ambient.
GaaRa cerca di comunicare, con Endless Fear,  le sensazioni derivanti dagli attacchi di panico dei quali è stato vittima in tempi relativamente recenti: non solo per tale motivo, in questa mezz’ora di musica l’impressione è quella d’avere a che fare con un artista di indubbia sensibilità e con le doti necessarie per potersi ritagliare uno spazio in questa nicchia stilistica.
A mio avviso però, per riuscirci, dovrebbe forse focalizzarsi con maggiore decisione sul lato più evocativo del proprio sound, che emerge con prepotenza in bellissime tracce come The Hallucination e nella title track, mentre quando è l’anima più ruvidamente black a prendere il sopravvento (Forever Insomnia) gli esiti non sembrano altrettanto soddisfacenti.
Endless Fear è comunque un lavoro interessante, che mette in evidenza le buone potenzialità di un progetto ancora in divenire.

Tracklist:
1.The Panic Attack
2.The Hallucination
3.Lost And Alone
4.Forever Insomnia
5.Endless Fear

Line up:
GaaRa “Abdulrahman Abu Lail”

AUTUMNWIND – Facebook

Æpoch – Awakening Inception

Awakening Inception è un album che unisce tecnica sopraffina ad un buon songwriting, cosa non da poco per un gruppo al primo lavoro sulla lunga distanza.

Dall’Ontario arriva un tumultuoso death metal tecnicissimo che non conosce ostacoli suonato dagli Æpoch band nata sei anni fa e al debutto sulla lunga distanza con Awakening Inception, album composto da dieci brani molto vari e splendidamente progressivi.

Il quartetto canadese ha dato vita ad un’opera intensa ed assolutamente estrema: il growl si alterna ad un furioso scream, le ritmiche a tratti vicine al black o al thrash fanno da tappeto ad inserti di musica che vanno oltre il metal, per abbracciare soluzioni jazz e fusion.
Niente di nuovo, perché soluzioni di questo genere sono già state usate in passato, ma c’è da dire che gli Æpoch non si fanno pregare in quanto a rabbioso estremismo sonoro, in un contesto tecnico fuori dal comune.
I quattro musicisti (Brett Macintosch, Greg Carvalho, Kyle Edissi e Taylor Wroblewski) risultano dei veri maestri del proprio strumento, virtù che valorizza un songwriting efficace e che non perde di vista, tra ghirigori strumentali e tele progressive, la forma canzone.
I brani che compongono Awakening Inception hanno caratteristiche che si alternano tra loro rendendo l’ascolto vario, così da passare dal technical death metal, al black furioso e progressivo, da parti strumentali fuori contesto metallico a solos di estrazione classica o thrash.
Delirium Of Negation, Tabula Rasa, le intricate sfumature death della notevole Serenity Of Non-Existence e la devastante title track vi porteranno alla mente più di un gruppo ispiratore del sound di questo lavoro: dai Cynic, ai Morbid Angel, dai Death agli Between The Buried And Me, passando per Behemoth e Testament.
In conclusione, Awakening Inception è un album che unisce tecnica sopraffina ad un buon songwriting, cosa non da poco per un gruppo al primo lavoro sulla lunga distanza.

Tracklist
1.Time-Perspective (Ouroborus Reborn)
2.Delirium Of Negation
3.The Expiration
4.Tabula Rasa
5.Mentally Raped By Christ
6.Burn Them At The Stakes
7.Serenity Of Non-Existence
8.Awakening Inception
9.Karmasphyxation
10.M.D.M.A (Methodical Doctor Murderous Acts)

Line-up
Brett Macintosch – Bass, Vocals
Greg Carvalho – Drums
Kyle Edissi – Guitras, B.Vocals
Taylor Wroblewski – Guitars

AEPOCH – Facebook

Gwydion – Thirteen

Il suono di Thirteen è molto maturo, con un buon bilanciamento di potenza e melodia per creare un impatto il più epico possibile, con un ampio uso di cori.

Da Lisbona tornano i veterani viking folk metal Gwydion, attivi dal 1995, qui al loro quarto album.

Il suono di Thirteen è molto maturo, con un buon bilanciamento di potenza e melodia per creare un impatto il più epico possibile, con un ampio uso di cori. Il gruppo portoghese è convinto dei propri mezzi, lo mostra nel disco, e con questa sicurezza forgia un suono che si distingue nel mare magnum del viking folk rock. Il nome viene dalla mitologia gallese, e non basterebbe questo spazio per parlarne, per cui ricercate per conto vostro, perché il viking folk metal è anche questo, ovvero dare spunti per belle ricerche storiche e la storia di Gwydion è molto interessante. Tornando alla musica del gruppo portoghese, il disco narra di battaglie e lotte senza quartiere, con la musica perfettamente calata in questo contesto. Essendo una band non proprio giovanissima, i Gwydion puntano moltissimo sulla resa che il disco avrà dal vivo, ed infatti il tutto è costruito per essere poi trasposto sul palco. Il suono è calibrato, la voce è un growl non pesante, e i cori molto puliti e ben composti le fanno da contraltare, con gli strumenti che si cimentano in vari stop and go che non spezzettano affatto il suono, ma anzi lo rinforzano per arrivare al climax del ritornello. Questo disco è ciò che vuole essere, ovvero un battaglia sonora, un assalto all’arma bianca, che riprenda l’estetica e l’etica vichinga. I Gwydion sono tra i veterani del suono viking folk metal europeo e ne sono uno dei migliori interpreti per quanto riguarda la parte melodica che si unisce alla parte più veloce, interpretandolo in maniera pienamente epica. Un disco che potrebbe essere un buon inizio per chi ancora non conosce questo suono, ma che piacerà ovviamente anche agli ascoltatori più esperti.

Tracklist
01.Heathen
02.793
03.Balverk Warfare
04.Strength Remains
05.King’s Last Breath
06.Revenge
07.Under siege
08.Shield Maiden’s Cry
09.Thirteen Days
10.Oh Land Of ours – Al Andaluz
11.Voyage
12.Allah’s Tagides

Line-up
Pedro Dias – Vocals
Daniel César – Keyboards
Miguel Kaveirinha – Lead Guitar
João Paulo – Rhythm Guitar
Bruno Henriques – Bass
Pedro Correia – Drums

GWYDION – Facebook