NASHVILLE PUSSY

Il video di “We Want A War”, dall’album “Pleased To Eat You” in uscita a settembre (earMUSIC).

Il video di “We Want A War”, dall’album “Pleased To Eat You” in uscita a settembre (earMUSIC).

I NASHVILLE PUSSY pubblicheranno su earMUSIC il un nuovo album “Pleased To Eat You” il 7 settembre 2018. La band presenta il video del primo singolo “We Want A War”, già disponibile su tutte le piattaforme di streaming e download.

L’album è stato prodotto e registrato con la supervisione di Daniel Rey (Ramones, White Zombie, Ronnie Spector and Raging Slab) e di David Barrick (Black Stone Cherry, The Kentucky Headhunters, Marshall Tucker Band) subito dopo l’ultimo tour.

Di seguito disponibile artwork e tracklist di “Pleased To Eat You”:

01. She Keeps Me Coming And I Keep Going Back
02. We Want A War
03. Just Another White Boy
04. Go Home And Die
05. Low Down Dirty Pig
06. Testify
07. One Bad Mother
08. Woke Up This Morning
09. Drinking My Life Away
10. Endless Ride
11. Hang Tight
12. CCKMP
13. Trying To Pretend That I Give A Shit

La band sarà in tour dal prossimo mese, previste due date in Italia, di seguito tutti i dettagli:
02/08/2018 LE GARRIC (FR) Xtreme fest
03/08/2018 YVERDON (CH) Antidote festival
04/08/2018 WAARSCHOOT (BE) Roadkill festival
09/08/2018 ORLE ANS (FR) Blue devils
10/08/2018 BARBERAZ (FR) Le brin de zinc
11/08/2018 CHARMES (FR) The rock’n’roll stage
17/08/2018 DOMMARTIN LES REMIREMONT (FR) Festival les sapins barbus
18/08/2018 DEEST (NL) Festival zeeltje
19/08/2018 ST NOLFF (FR) Motocultor festival
22/08/2018 MARSEILLE (FR) Molotov
23/08/2018 NARBONNE (FR) Le db
24/08/2018 BORDEAUX (FR) Relache Festival
31/08/2018 MONTAGNAC (FR) Simple fest
01/09/2018 PULA (HR) Biker days pula
05/10/2018 ATHENS (GR) An club
06/10/2018 THESSALONIKI (GR) Principal club
10/10/2018 MADRID (ES) Sala caracol
11/10/2018 MURCIA (ES) Sala gamma
12/10/2018 BARCELONA (ES) Calella rockfest
13/10/2018 VILLAVA (ES) Sala totem
15/10/2018 TOULOUSE (FR) Le metronum
17/10/2018 PARIS (FR) L’alhambra
18/10/2018 SAINT NAZAIRE (FR) Le vip
21/10/2018 CHELLES (FR) Les cuizines
25/10/2018 COPENHAGEN (DK) TBA
26/10/2018 OSLO (NO) Vulkan arena
27/10/2018 SANDNES (NO) Tribute
02/11/2018 STRASBOURG (FR) La laiterie
03/11/2018 VILLEURBANNE (FR) Cco
06/11/2018 SAINT JEAN DE VEDAS (FR) Secret place
07/11/2018 TORINO (IT) Blah blah
08/11/2018 BOLOGNA (IT) Freakout club
10/11/2018 GENEVE (CH) Ptr / l’usine
11/11/2018 MARTIGNY (CH) Sunset bar
12/11/2018 MUNCHEN (DE) Backstage club
14/11/2018 KOLN (DE) Tba
15/11/2018 HAMBURG (DE) Monkeys club
16/11/2018 DRESDEN (01099) Scheune
17/11/2018 BERLIN (DE) Badehaus
21/11/2018 CARDIFF (UK) The globe
22/11/2018 MANCHESTER (UK) Rebellion
23/11/2018 EDINBURGH (UK) La belle angele
24/11/2018 YORK (UK,) Fibbers
25/11/2018 LONDON (UK) Underworld

Lemmy personally blessed Nashville Pussy calling them “America’s last great Rock and Roll band”… and Lemmy should know.
Formed in 1997, Nashville Pussy preached its sleazy gospel over the past couple of decades alongside Motörhead in every rock outpost from Asia to Europe and back again.

Raised on a diet of Marshall stacks, Gibson Guitars, Jack Daniels and weed, Nashville Pussy is the bastard offspring of foul mouthed demented hillbilly ice-cream man Blaine Cartwright and tractor driving, nude art school model guitar prodigy Ruyter Suys. Nashville Pussy quickly gained a reputation for being like “AC/DC with a female Angus” in Ruyter’s blues meets punk frenzied guitar solos and Blaine’s hilarious “jailhouse nursery rhyme” lyrics.

The band’s bass player – spicy Colombian/Californian Bonnie ‘Bon’ Buitrago – began as a teenage fan of the band sneaking into shows, determined to make the leap from audience member to member of the band by mastering her craft on Bass. Atlanta native and ex-landscaper Ben Thomas on drums has quickly become known for his showmanship, precision and all around sensuality behind the kit.

“We are Rock ‘N’ Roll’s dirty little secret” – says Suys – “blissfully outliving musical trends we never knew existed. More than ever, everyone needs to escape to a place where they can pretend they don’t give a shit, let their hair down and get loud, sweaty and dirty. Nashville Pussy provides that unpretentious refuge. Everyone is welcome – just don’t dress up ‘cause it’s gonna get messy.”

Their 7th studio album Pleased To Eat You is certainly another milestone recording by the band you’ll need to share with your mom: Bourbon, Bar B Que, horse farms, good people and a great fucking record. Seriously, you hardly find a band that manages to act so easy, so fast and yet so impulsive as Nashville Pussy. A band that is not shy about expressing opinions loud and clear.

If music is the food of life, then Life, Nashville Pussy is Pleased To Eat You!

NASHVILLE PUSSY online:
http://www.nashvillepussy.com/

Doro – Forever Warriors, Forever United

Passano gli anni e Doro riesce ancora a far battere i cuori dei true metallers, anche se forse questo doppio album risulta eccessivamente morbido, ma di certo la qualità non si discute: per i fedeli sudditi della Metal Queen sicuramente un buon lavoro.

Scrivere di un’uscita importante come l’ultimo lavoro della Metal Queen è sempre un’arma a doppio taglio, considerando che sono passati trentacinque anni da quando Doro irruppe come un uragano biondo sulla scena metal diventandone, prima con i leggendari Warlock e poi con la sua lunga carriera solista, l’incontrastata regina.

Il 2018 porta dunque con sé un nuovo album di questa icona del metal classico, stupenda anche se gli anni passano, irresistibile sul palco e ancora in forma dietro al microfono.
Forever Warriors, Forever United è un nuovo inno al mondo metallico con tutti i suoi cliché, stucchevoli magari, ma sempre motivo di orgoglio per i tanti fans del genere, uniti quando la Metal Queen tedesca chiama a raccolta le sue truppe.
Un doppio album, venticinque brani tra cui una manciata di cover tra le quali spiccano Caruso del nostro Lucio Dalla, Don’t Break My Heart Again degli Whitesnake e Lost In The Ozone dei Motorhead, per un monumentale lavoro dove i tanti ospiti valorizzano senza stravolgerla la musica di Doro Pesch.
Accompagnata da una band compatta e sicuramente all’altezza della situazione, Doro rifila uno dietro l’altro una serie di anthem (tra i quali spiccano All For Metal e Bastardos ) che causeranno i tipici momenti di epica estasi collettiva in sede live.
L’opera è lunga e richiede il suo tempo per essere assimilata a dovere, perdendo quindi un poco di grinta in favore di un approccio leggermente soft che il vocione estremo del buon Johan Hegg degli Amon Amarth rende drammatico in If I Can’t Have You – No One Will.
Con il secondo disco la vena malinconica e soft dell’album si accentua, anche se Résistance parte a tutta birra e Lift Me Up ricorda le classiche power ballad ottantiane, per poi far scemare leggermente l’attenzione dell’ascoltatore e farlo riprendere con il drammatico ed emozionante incedere della splendida Living Life To The Fullest.
La regina torna a graffiare con la robusta Fight Through The Fire, prima che questa monumentale opera si avvii verso la conclusione con la cover dei Motorhead, omaggio all’amico Lemmy.
Passano gli anni e Doro riesce ancora a far battere i cuori dei true metallers, anche se forse questo doppio album risulta eccessivamente morbido, ma di certo la qualità non si discute: per i fedeli sudditi della Metal Queen sicuramente un buon lavoro.

Tracklist
Forever Warriors
01. All For Metal
02. Bastardos
03. If I Can’t Have You – No One Will
04. Soldier Of Metal
05. Turn It Up
06. Blood, Sweat And Rock ‘n’ Roll
07. Don’t Break My Heart Again
08. Love’s Gone To Hell
09. Freunde Fürs Leben
10. Backstage To Heaven
Bonus songs:
11. Be Strong
12. Black Ballad
13. Bring My Hero Back Home Again

Forever United
01. Résistance
02. Lift Me Up
03. Heartbroken
04. It Cuts So Deep
05. Love Is A Sin
06. Living Life To The Fullest
07. 1000 Years
08. Fight Through The Fire
09. Lost In The Ozone
Bonus songs:
10. Caruso
11. Tra Como E Coriovallum (instrumental)
12. Metal Is My Alcohol

Line-up
Doro Pesch – Vocals
Luca Princiotta – Guitars
Bas Maas – Guitars
Nick Douglas – Bass
Johnny Dee – Drums

DORO – Facebook

Exlibris – Innertia

Gli Exlibris, con un cantante dalle enormi potenzialità e buone canzoni, piacciono senza ricorrere a chissà quali chimere di originalità o pirotecnici voli ad inseguire vette tecniche, molte volte obsolete o addirittura inutili nell’economia del sound, puntando piuttosto sull’appeal melodico e sull potenza dell’heavy power metal.

Se oggi si vuole ascoltare dell’ottimo metal classico è indubbio che bisogna guardare all’Italia, da un po’ di anni fucina di ottime proposte in tale ambito, almeno per quanto riguarda la scena underground, ovviamente insieme alla solita Germania, patria di queste sonorità.

Dopo il successo dei gruppi nati in terra scandinava negli anni a cavallo dei due secoli, sono dunque i paesi affacciati sul Mediterraneo che stanno regalando le migliori soddisfazioni, anche se, a ben guardare, non mancano neppure gradevoli sorprese in giro per il vecchio continente.
In questo caso, per esempio, è la Polonia a dare i natali agli Exlibris, quintetto dedito ad un heavy/power metal che non disdegna sconfinamenti melodici vicini all’hard rock melodico, arrivato a tagliare il traguardo del quarto album con questo ottimo lavoro dal titolo Innertia.
Capitanata dal bravissimo cantante di origini finlandesi Riku Turunen, dal cognome che ricorda la famosa regina del metal sinfonico Tarja, ma con la voce che invece gioca a fare il Tobias Sammet, la band di Varsavia dà vita ad un album piacevole, assolutamente in grado di soddisfare i palati dei fans del power come quelli più raffinati dell’hard rock melodico, vincendo alla grande la sfida non facile di convincere con un songwriting ispirato.
Gli Exlibris, con un cantante dalle enormi potenzialità e buone canzoni, piacciono senza ricorrere a chissà quali chimere di originalità o pirotecnici voli ad inseguire vette tecniche, molte volte obsolete o addirittura inutili nell’economia del sound, puntando piuttosto sull’appeal melodico e sull potenza dell’heavy power metal.
Brani come Harmony Of The Spheres, Shoot For The Sun, Amorphous o Origin Of Decay passano in rassegna le varie foni di ispirazione degli Exlibris, andando dagli Avantasia ai Primal Fear, dagli Stratovarious ai Brother Firetribe, in un susseguirsi di fuochi d’artificio power/heavy/hard rock tutti da ascoltare.

Tracklist
1.Innertia
2.Harmony of the Spheres
3.Gravity
4.Shoot for the Sun
5.Incarnate
6.No Shelter
7.Amorphous
8.Origin of Decay
9.Multiversal
10.Thunderbird
11.Ascension

Line-up
Riku Turunen – vocals
Daniel Lechmański – guitars and vocals
Piotr Sikora – keyboards and orchestration, vocals
Piotr Torbicz – bass
Grzegorz Olejnik – drums

EXLIBRIS – Facebook

Eriphion – Hossana

Pur se punteggiata da qualche imperfezione, quest’opera prima targata Eriphion appare davvero interessante e per nulla banale, grazie ad una costruzione dei brani sempre attenta al coinvolgimento dell’ascoltatore, sia dal punto di vista lirico che musicale.

Hossana è l’ep d’esordio degli Eriphion, progetto solista del misterioso musicista greco M.

Siamo in presenza di un black metal grezzo, sincero e ricco di magnifici spunti, pur se sepolti da una produzione rivedibile (con la voce, come spesso accade, piuttosto penalizzata) e accompagnata da un lavoro percussivo a dir poco naif.
Ciò che rende questo lavoro apprezzabile alle mie orecchie è la capacità del nostro di rendere piuttosto attraente la sua offerta, imbroccando incisive linee melodiche che si reiterano piacevolmente all’interno dei singoli brani (My Fate in particolare).
La title track si snoda furiosa ma non priva di un appeal epico e melodico, Forever Me si palesa come un più solenne mid tempo, mentre The Forest si attesta su ritmiche analoghe sulle quali si staglia una melodia chitarristica dolente e cullante allo stesso tempo.
Pur se punteggiata da qualche imperfezione, quest’opera prima targata Eriphion appare davvero interessante e per nulla banale, grazie ad una costruzione dei brani sempre attenta al coinvolgimento dell’ascoltatore, sia dal punto di vista lirico che musicale.
Nel frattempo dovrebbe essere uscito il primo full length, sempre autoprodotto, all’interno del quale lodevolmente paiono non esserci brani presenti in questo ep, segno che M. ha parecchio da dire e non vuole perdere ulteriore tempo. Se anche questo lavoro verrà sottoposto alla nostra attenzione sarà l’occasione per verificare il reale spessore compositivo del musicista ellenico.

Tracklist:
1. Hossana
2. My Fate
3. Forever Me
4. The Forest

Line-up:
M. – all instruments, vocals

ERIPHION – Facebook

Unanimated – Annihilation

Annihilation arriva come un devastante fulmine nordico a ribadire la forza espressiva di questa band, e speriamo davvero che un prossimo full length sia tra le priorità di Micke Broberg e compagni.

Tra le grandi band del panorama death black scandinavo non ci si può certo dimenticare degli Unanimated, un quintetto di diabolici misantropi del metal estremo che dal 1988 lascia a noi mortali poche ma notevoli opere di metallo dannato ed oscuro.

Il vivere nell’ombra di un mercato lontano dal loro pensare li ha portati in tutti questi anni a licenziare solo tre full length, un paio di demo nei primi anni novanta e questo nuovo ep che sancisce il patto con la Century Media e un ritorno (si spera) a lungo termine.
Il capolavoro Ancient God Of Evil, uscito un paio di anni dopo il debutto In the Forest of the Dreaming Dead, aveva incendiato la scena svedese nella prima metà degli anni novanta, periodo in cui nella fredda Scandinavia si creavano opere immortali, poi il lungo silenzio durato quattordici anni, l’uscita del bellissimo In the Light of Darkness nel 2009 e la band a ritornare nell’ombra, con i suoi componenti a lasciare marchi diabolici importanti con altre realtà.
Annihilation, accompagnato da una fantastica copertina old school, presenta gli Unanimated versione 2018 con Richard Cabeza al basso, Micke Broberg alla voce, Johan Bohlin e Jonas Deroueche alle chitarre e Anders Schultz alla batteria.
I quattro brani dimostrano che, quando questi cinque musicisti si riuniscono sotto il monicker Unanimated, non c’è ne per nessuno: Adversarial Fire torna come se il tempo si fosse fermato a glorificare il male con il più puro death/black di matrice swedish, genere che il gruppo di Stoccolma sa suonare come pochi.
From A Throne Below è un brano dal flavour epico, la band si avvicina al sound dei Watain con cui divise il palco poco tempo fa, tra di cambi di tempo, parti velocissime e thrashy ed altre più cadenzate.
L’atmosfera funerea di Of Fire And Obliteration ed il suo andamento acustico porta alla title track, un monumento al genere, swedish death metal alimentato dalla nera fiamma così come vuole la tradizione.
Gli Unanimated sono tornati, Annihilation arriva come un devastante fulmine nordico a ribadire la forza espressiva di questa band, e speriamo davvero che un prossimo full length sia tra le priorità di Micke Broberg e compagni.

Tracklist
1.Adversarial Fire
2.From a Throne Below
3.Of Fire and Obliteration
4.Annihilation

Line-up
Richard Cabeza – Bass Guitar
Jojje Bohlin – Guitars
Micke Broberg – Vocals
Jonas Derouche – Guitars
Anders Schultz – Drums

UNANIMATED – Facebook

Bloodshed Walhalla – Ragnarok

Drakhen prende i Bathory e Quorthon come modello ma va ben oltre, costruendo una musica davvero epica e pregna di significato, come quando si riporta alla luce un manoscritto antico che fa parlare di nuovo colui o coloro che lo scrissero.

Torna il polistrumentista Drakhen con la sua incarnazione Bloodshed Walhalla e il suo viking folk metal dalla grande attrattiva.

La vita di Bloodshed Walhalla comincia nel 2006, con l’intento di creare un gruppo per rifare le canzoni dei Bathory nel loro periodo viking metal. Draken è molto prolifico e dopo i primi tre demo arriva il debutto su lunga distanza nel 2010 con The Legends Of A Viking, un disco molto importante per il genere viking metal alle nostre latititudini, che porta avanti il discorso musicale e soprattutto culturale iniziato da Quorthon in Svezia conquistando poi tutto il mondo. Nel 2012 Bloodshed Walhalla compare sul tributo ai Bathory Voices From Valhalla – A Tribute To Bathory dell’inglese Godreah Records, con il bellissimo brano The Sword. Nel 2014 esce l’ep Mather, cantato in lucano, che precede Thor del 2017, uno dei più bei lavori viking folk metal sia italiano che europeo. Ed eccoci arrivati a Ragnarok, che vede l’approdo del progetto di Draken su Hellbones Records, ed è di nuovo magia. Dopo aver introdotto con l’ep Mather il moog nel suo novero di strumenti, Draken porta la sua musica ad un livello ancora superiore rispetto al già ottimo Thor. Bisogna però dire che quella di Bloodshed Walhalla non è solo musica, ma un qualcosa di atavico che vive dentro di noi e che aspetta un detonatore come questo disco per uscire. Nelle quattro lunghe tracce che arrivano a totalizzare 64 minuti il vichingo di Matera ci porta spiritualmente e non solo, in mezzo ai vichinghi, con i loro usi e costumi, immergendosi in quella natura che abbiamo ucciso e che non fa più parte della nostra visione di vita, se non in termini di affari e sfruttamento. Ragnarok è la perfetta dimostrazione di cosa possa essere il viking metal che tanti disprezzano o snobbano, mentre chi lo ama è orgogliosamente consapevole che non è un genere per tutti. C’è qualcosa in questa musica, e Ragnarok ne è pienamente intriso, in questa commistione fra chitarre distorte, con la batteria che avanza impetuosa e spesso con la doppia cassa, un cantato ora aggressivo ora sognante, e le tastiere che si fondono perfettamente con il resto, che rimanda ad un’atavica magia, un archetipo rimasto sopito per troppo tempo e che vuole risvegliarsi. Ragnarok è magnifico, come è più di Thor, e continua una visione musicale pressoché unica in Italia e non solo. Drakhen prende i Bathory e Quorthon come modello ma va ben oltre, costruendo una musica davvero epica e pregna di significato, come quando si riporta alla luce un manoscritto antico che fa parlare di nuovo colui o coloro che lo scrissero. Le canzoni sono tutte di ampio respiro e francamente bellissime. Un disco che lascerà un segno in tempi dominati dal nulla.

Tracklist
1. Ragnarok
2. My Mother Earth
3. Like Your Son
4. For My God

Line-up
Drakhen: vocals, all instruments

BLOODSHED WALHALLA – Facebook

Beyond Deth – The Age Of Darkness

Il gruppo statunitense è perfettamente in grado di far convivere le varie anime che aleggiano all’interno di questa raccolta di brani dallo spirito oscuro e battagliero ma con un lato melodico ben definito.

The Age Of Darkness è il debutto su lunga distanza dei Beyond Deth, band proveniente da Chicago e attiva dal 2013.

Il genere proposto è un ottimo thrash metal dalle atmosfere oscure, ben strutturato e pregno di melodie heavy.
L’album è composto da nove brani più intro, si odono echi di power metal statunitense che affiorano tra le trame dark del lavoro, maligno quanto basta per piacere ad un raggio abbastanza ampio di ascoltatori.
Infatti, i brani alternano sfuriate black/thrash a cavalcate metal che ammiccano alla tradizione: esempio lampante Burn His Eyes, traccia che come un vento di burrasca sfoga la sua furia con ritmiche black, per poi sciorinare riff di scuola thrash ed heavy come una versione black degli Iced Earth di Burnt Offerings.
Bellissimi sono gli interventi acustici che, senza smorzare l’atmosfera infernale che aleggia sull’opera, donano momenti di ampio respiro, mentre è già ora di un furioso headbanging con la devastante title track.
Iced Earth ed Arch Enemy si contendono la paternità di Memories Of War, prima che un assolo di stampo death arrivi come un tornado e che Search The Stars, preceduta dagli arpeggi acustici di Instrumental, riassuma il sound e le tutte influenze che hanno ispirato The Age Of Darkness.
Il gruppo statunitense è perfettamente in grado di far convivere le varie anime che aleggiano all’interno di questa raccolta di brani dallo spirito oscuro e battagliero ma con un lato melodico ben definito.

Tracklist
1.Enter The End
2.The Cold
3.Age Of Darkness
4.Burn His Eyes
5.Beyond Deth
6.Rip Out Your Soul
7.Memories Of War
8.Goddess Isis
9.Instrumental
10.Search The Stars

Line-up
Jon Corston – Guitars, Vocals
Matt Baranski – Drums
URL Facebook

BEYOND DETH – Facebook

ROTTING CHRIST

Il lyric video di “Pir Threontai” dall’album ‘AEALO’ (Season Of Mist).

Il lyric video di “Pir Threontai” dall’album ‘AEALO’ (Season Of Mist).

In celebration of the re-release of the album ‘AEALO’, Greek metallers ROTTING CHRIST have unveiled a brand new lyric video for the track “Pir Threontai”.
The band is currently in the studio recording their new album which will be released on Season of Mist in 2019.

Rotting Christ – Lyric video for ‘Pir Threontai’
On further news, the band has announced new European tour dates in support of the mighty WATAIN this November. The band will kick off “The Trident’s Curse” tour at the Byhaven Pumpehusetn, Copenhagen (DK) on November 2, 2018 and sees the band rampaging through 10 more countries until a final curtain at the Doornroosje, Nijmegen (NL). At all shows, PROFANATICA will open the ceremony. See below for an updated list of all confirmed shows.

ROTTING CHRIST festivals
17 Aug 18 Borre (NO) Midgardsblot Festival

ROTTING CHRIST
+WATAIN +PROFANATICA
02 Nov 18 Copenhagen (DK) Byhaven Pumpehuset
03 Nov 18 Leipzig (DE) Hellraiser
04 Nov 18 Warsaw (PL) Progresja
06 Nov 18 Prague (CZ) MeetFactory
07 Nov 18 Budapest (HU) Barba Negra Music Club
09 Nov 18 Munich (DE) Backstage
10 Nov 18 Zug (CH) Chollerhalle
11 Nov 18 Trezzo sull ‘Adda (IT) Live Club
12 Nov 18 Colmar (DE) Le Grillen
14 Nov 18 Barcelona (ES) Razzmatazz 2
15 Nov 18 Madrid (ES) Chango
16 Nov 18 Limoges (FR) Centre Culturel John Lennon
17 Nov 18 Paris (FR) La Trabendo
18 Nov 18 Bucharest (RO) Metal Gates
20 Nov 18 Saarbrücken (DE) Garage
21 Nov 18 Mannheim (DE) MS Connexion Complex
22 Nov 18 Berlin (DE) Astra Kulturhaus
23 Nov 18 Antwerpen (BE) TRIX
24 Nov 18 Bochum (DE) Matrix
25 Nov 18 Nijmegen (NL) Doornroosje
ROTTING CHRIST will be playing in support of their latest full length ‘Their Greatest Spells’. The artwork, tracklist and album info can be viewed below.

Track-list

CD 1
1. The Sign of Prime Creation (3:21)
2. Athanati Este (5:39)
3. Non Serviam (5:11)
4. King of a Stellar War (6:14)
5. Nemecic (4:15)
6. Grandis Spiritus Diavolos (5:51)
7. Art of Sin (5:17)
8. Dying (4:49)
9. Archon (4:09)
10. Serve In Heaven (3:52)
11. Astral Embodiment (5:29)
12. After Dark I Feel (4:32)
13. Sorrowfull Farewell (4:51)
14. In Yumen-Xibalba (6:24)
15. Elthe Kyrie (4:49)
16. Cold Colours (3:36)
Total: 1:18:19

CD 2
1. The Sign of Evil Existence (1:59)
2. Fgmenth Thy Gift (4:28)
3. Ze Nigmar (4:42)
4. Phobo’s Synagogue (4:30)
5. Demonon Vrosis (4:54)
6. …Pir Threontai (4:47)
7. Kata Ton Daimona Eaytoy (4:53)
8. Among Two Storms (4:09)
9. Semigod (4:39)
10. Welcome to Hel (4:26)
11. A Dynasty from the Ice (4:28)
12. Shadows Follow (4:33)
13. Forest of N’gai (5:49)
14. Feast of the Grand Whore (3:16)
15. Exiled Archangels (5:06)
16. Saturn Unlock Avey’s Son (6:21)
17. I Will Not Serve (3:55)

Total: 1:16:55

ROTTING CHRIST have reached another peak in their long career that now spans over more than three decades. The Greeks have literally stood the test of time. With a steady core line-up and their well-honed live delivery, ROTTING CHRIST are filling concert halls and reap enthusiastic crowd reactions wherever they go. This demonstration of love from their followers is not just driven by nostalgia as the band has managed to evolve and grow, while staying relevant beyond the classics with their highly acclaimed latest albums such as ‘Aealo’ (2010), ‘Κατά τον δαίμονα εαυτού’ (2013), and ‘Rituals’ (2016).

With more than 30 years, 12 studio albums, a dozen EPs, singles and split releases, as well as more than 1.250 shows under their belt, it is about high time to take a retrospective look at this band’s fascinating musical development by picking a select choice of key tracks covering the many facets of ROTTING CHRIST that have sparkled over the years. With such a massive catalogue such an undertaking will always lead to controversy about certain additions as well as omissions from the final list, but the involvement of frontman Sakis Tolis in this extremely difficult task ensures that the result is at least relevant.

ROTTING CHRIST were founded by Sakis Tolis and his brother Themis in the year 1987. Starting out on a basis of death and grind, the Greeks had already embarked on a darker musical journey by the time their debut full-length ‘Thy Mighty Contract’ (1993) was revealed. On the following seven albums covering a ten-year period from ‘Non Serviam’ (1994) to ‘Sanctus Diavolos’ (2004), ROTTING CHRIST steadily defined their own distinct style by experimenting with elements from death, heavy, and gothic metal without betraying their black roots. At the same time, the band went from underground heroes to headliner status. With the highly acclaimed ninth album, ‘Theogonia’ (2007), the Greek stalwarts added an unmistakable native element to their sound, which has remained with them as a signature trademark ever since. Exploring the mythical legacy of cultures around the globe let to ROTTING CHRIST’s massively successful latest release, ‘Rituals’. With ‘Their Greatest Spells’, the Greek metal icons musically revisit their exciting legacy and even contribute a brand new track entitled “I Will Not Serve” to connect their past with the present.

Line-up
Sakis: vocals, guitars
Themis: drums
Van Ace: bass
George: guitars

www.facebook.com/Rotting-Christ-290468585669

Night Club – Scary World

Il dark pop dei Night Club è un ottimo motivo per mettersi le cuffie e ascoltare continuamente questo disco, lussurioso come tutte le cose belle.

I Night Club sono un duo di Los Angeles, Emily Kavanaugh e Mark Brooks, e Scary World è il loro secondo album, dopo Requiem for Romance del 2016.

La proposta musicale è una synthwave molto dark, con innesti gothic e una fortissima struttura pop, con la preziosa ed ammaliante voce di Emily che scorre benissimo sui synth. Il disco è oscuro e dolce, come un peccato che si sa essere tale, ma il gusto nel compierlo è una delle sensazioni più belle sulla terra ed oltre. Il duo funziona benissimo ed Emily con i suoi diversi registri ci porta dove vuole lei, ora dark lady, ora bambina spaurita davanti ai pericoli di questo brutto mondo. Le melodie ordite dal duo sono notevoli e riescono sempre ad essere interessanti, coinvolgendo l’ascoltatore. Mark Brooks ai synth è un fenomeno, e i suoi lavori si imprimono nella mente di chi ci si trova dentro. Negli ultimi tempi c’è stato un notevole ritorno dei suoni synthwave, o dark pop se preferite, quelli che vedono nei Depeche Mode i loro creatori, ma pochi gruppi come i Night Club riescono ad essere convincenti e ad esprimere melodie di alta qualità. Verrete presto catturati da questo disco che, come una litania che ci avvince, ci porta in luoghi della nostra mente dove non dovremmo andare, ma non possiamo farne a meno, come neppure desiderare certe cose. Il dark pop dei Night Club è un ottimo motivo per mettersi le cuffie e ascoltare continuamente questo disco, lussurioso come tutte le cose belle.

Tracklist
1 Beware!
2 Scary World
3 Schizophrenic
4 Your Addiction
5 Blood On Your Blade
6 Candy Coated Suicide
7 Therapy (Get High)
8 Imaginary Friend
9 Vampires
10 Survive

Line-up
Emily Kavanaugh
Mark Brooks

NIGHT CLUB – Facebook

RAUM KINGDOM

Il video di “Rebuilding The Bridge”, dall’album “Everything & Nothing”.

Il video di “Rebuilding The Bridge”, dall’album “Everything & Nothing”.

Ireland’s post-metal group Raum Kingdom have shared their stunning music video, directed by George Karellas, for the track “Rebuilding The Bridge”, off the band’s critically acclaimed debut album “Everything & Nothing”.

Recorded at Dead Dog studios in Drogheda, Ireland by Johny Kerr, “Everything & Nothing” was released in June and sees Raum Kingdom refining their dark and emotionally intense post-metal sound merging heavy and dense riffs with ethereal and intriguing ambiences.

RAUM KINGDOM are able to create Post Rock/Metal full of passion and emotion transformed into audio ear candy for the listener!
CVLT NATION

This is what post metal sounds like when done right.
HEAVY BLOG IS HEAVY

I predict greatness here.
ANGRY METAL GUY

In other words, the perfect storm of metal.
ROCK AND ROLL FABLES

Raum Kingdom has offered up a real meaty effort which any post-metal fan should find enjoyment in.
ECHOES AND DUST

Every time Everything & Nothing plays, you might hear something different – whether it is in the soundscape or in the melody underneath the atmosphere. This is truly a musical experience that needs individual exploration.
NINE CIRCLES

Raum Kingdom artistically blend stoicism into extreme metal. Where they create a blend of grounded ambient music that tries hard and often achieves its target to not only hypnotize the listener but infer to drastic mood swings on their behalf.
SOUNDSCAPE MAGAZINE

Everything & Nothing is an investment of an album. It’s not one you can just throw on and listen to a quick track or two.
GBHBL

https://www.facebook.com/Raum.Kingdom.ie

http://raumkingdom.bandcamp.com

The Mild – Coffin Tree

Una scarica di adrenalina hardcore, resa ancora più estrema da un’anima grind, spogliata da inutili orpelli e rivestita di attitudine stoner per una jam assurda tra gli Entombed di Wolverine Blues e i Corrosion of Conformity del sottovalutato IX, il tutto proveniente da un’umida cantina veneta.

Quando si preme il tasto play si viene investiti da una scarica di adrenalina hardcore, resa ancora più estrema da un’anima grind, urgente e senza compromessi, spogliata da inutili orpelli e rivestita di attitudine stoner per una jam assurda tra gli Entombed di Wolverine Blues e i Corrosion of Conformity del sottovalutato IX, il tutto proveniente da un’umida cantina veneta.

Ovviamente i The Mild ci aggiungono un’attitudine underground ancora più accentuata, per mezzora di calci e pugni in pieno volto, rabbiosi e devastanti; la band carica il fucile di micidiali pallettoni che, fin dall’opener The Lord Has Fallen, provocano enormi crateri.
Il loro modo di esprimersi è volutamente scorretto, diretto e brutale, i riff di cui si compongono i brani sono torturati ed alternano il classico mood stoner, potente e rallentato da attimi di sludge/doom a ferali e veloci esempi di metal estremo tra hardcore e grind.
Il bello è che Coffin Tree, nel suo essere estremamente underground, si fa ascoltare che è un piacere, quindi non allarmatevi se il vostro ultimo dito rimasto ancora intatto premerà di nuovo quel maledetto tasto, perché la voglia di farsi male supera il dolore inferto dai colpi che, impietosi, si abbattono al suono di Forced Detention, Undeserving Entities e The Complaint Daily Press.
I The Mild picchiano come dei fabbri intenti a lavorare una lega indistruttibile di metal estremo: il fuoco arde ed il liquido incandescente provoca reazioni stoner/hardcore/grind metal potentissime e devastanti, e in più pare che dal vivo siano assolutamente letali …

Tracklist
1.The Lord Has Fallen
2.Slow Decay
3.Forced Detention
4.The Letter
5.Human Roots
6.Undeserving Entities
7.Against You
8.Endless Misunderstanding
9.Catharsis
10.The Complaint Daily Press

Line-up
Alessandro Cossu – Drums
Andrea Alfier – Bass Guitar
Vanny Piccoli – Guitar/Vocals

THE MILD – Facebook

Bodyfarm – Into Battle

E’ un oscuro macigno estremo quanto viene offerto da questi olandesi, il cui sound si sporca di sangue, risultando micidiale ed epico come la migliore tradizione insegna.

Nuovo ep per i Bodyfarm, dal 2009 in perenne guerra con il mondo attraverso un death metal old school potente e senza compromessi.

E’ un oscuro macigno estremo quanto viene offerto da questi olandesi, il cui sound si sporca di sangue, risultando micidiale ed epico come la migliore tradizione insegna.
Un primo ep omonimo e poi tre full length nel giro di quattro anni sono le mine anti uomo seppellite dal gruppo di Amersfoort, prima che l’arrivo di questo nuovo Into Battle tornasse a far lucidare i cannoni con Bolt Thrower scritto in rilievo sulla lunga bocca di fuoco.
Il mini album è composto da quattro brani (più intro) assolutamente old school, con il vocione di Thomas Wouters a dettare le condizioni della resa davanti all’esercito completamente distrutto dai colpi inferti dai Bodyfarm.
Non è certo una proposta originale questa, ma con un death metal dall’impatto potentissimo il gruppo olandese non lascia spazio a tentennamenti, si posiziona sulla trincea e spara cannonate ad altezza uomo spazzando via tutto con le note di Bodyfarm, della marziale Final Redemption, della veloce Heartraped e del macigno finale Slaves Of War.
Ep che potrebbe essere un succoso anticipo del full length che verrà, Into Battle rappresenta il grido disumano che invita alla battaglia.

Tracklist
1.Into Battle
2.Bodyfarm
3.Final redemption
4.Heartraped
5.Slaves Of War

Line-up
Quint Meerbeek – Drums
Thomas Wouters – Guitars, Vocals
Alex Seegers – Bass
Bram Hilhorst – Guitars

BODYFARM – Facebook

Oltretomba – L’Ouverture des Fosses

Il lavoro si snoda senza prendere in minima considerazione l’idea di una forma canzone, basando il tutto su un impatto ossessivo che va ad erigere un sound a suo modo primitivo e dichiaratamente privo di ogni modernismo.

Gli Oltretomba hanno un monicker italiano, cantano in francese e sono danesi: già questo basta per farci capire che questo trio ha bandito ogni forma di normalità a favore di sonorità disturbante e disturbanti, difficilmente riconducibili ad un genere specifico.

Se proprio dobbiamo incasellare la band da qualche parte, l’ambito nel quale maggiormente sembra muoversi più che agevolmente un album come L’Ouverture des Fosses è il doom, specialmente quando è l’organo di Grand Duc a prendere il sopravvento sul resto della strumentazione.
Il lavoro, che dovrebbe essere il secondo full length uscito in formato cassetta per Caligari Records, si snoda senza prendere in minima considerazione l’idea di una forma canzone, basando il tutto su un impatto ossessivo che va ad erigere un sound a suo modo primitivo e dichiaratamente privo di ogni modernismo, a favore di una ritualità che riporta alla tradizione egizia, in evidenza nella spaventosa Ablation de la Boite Cranniene, traccia che assieme allo strumentale Requiem Pour Grand Duc e a Le Texte des Pyramides appare meno pervasa dalla nichilistica incomunicabilità esibita, invece, in Des Experiences Cruelles Thoth e nella title track.
L’Ouverture des Fosses è un’idea espressiva non priva di spunti intriganti ma che, per sua natura, è rivolta ad una ristrettissima nicchia di ascoltatori: a me comunque questi bizzarri provocatori sonori piacciono e non poco; poi, da questo a far diventare la loro musica un ascolto abituale ovviamente ce ne corre , questo è chiaro …

Tracklist:
1. Des Experiences Cruelles
2. Thoth
3. Le Texte des Pyramides
4. Requiem Pour Grand Duc
5. Ablation de la Boite Cranniene
6. L’Ouverture des Fosses

Line-up:
Machoire – Drums
Grand Duc – Organ
Lord Fungus – Vocals, Bass, Guitars

Fretting Obscurity – Flags in the Dust

Flags in the Dust è un primo passo che merita un’abbondante sufficienza, perché alla fine i lati positivi superano quelli negativi, ancora troppi però per avvicinare per ora i Fretting Obscurity ai piani alti del genere.

Flags in the Dust è il primo parto discografico dei Fretting Obscurity, in realtà progetto solista del musicista ucraino Yaroslav Yakos.

Il death doom offerto nel corso di quest’ora abbondante è molto ortodosso, anche se possiede un che di antico, che a tratti ci riporta piacevolmente alla memoria album seminali per il genere come Serenades degli Anathema, tanto per citare quella che sembra essere la primaria fonte di ispirazione.
Anche per questo il lavoro si snoda con belle intuizioni melodiche sorrette da uno stile chitarristico un po’ naif ma alla lunga efficace, se è vero che al death doom si richiede soprattutto di produrre emozione e certo non virtuosismi strumentali in serie.
Così, tra dissonanze e distorsioni, il bravo Yaroslav ci introduce alla sua personale interpretazione del dolore che si fa musica, e tutto ciò avviene in maniera convincente, soprattutto se si è amanti, come detto, delle sonorità dei primissimi anni ottanta, anche a livello di resa sonora.
Così, se la title track si fa apprezzare appunto per i rimandi agli esordi dei fratelli Cavanagh, la successiva If There Is No Other Way to Love ‘Em si fa da subito struggente con un solo chitarristico sicuramente perfettibile ma ugualmente toccante, e cresce nel suo andamento più vicino al funeral.
Se Eternal Return è un brano ancora più lungo lungo ma interlocutorio, è senz’altro meglio la conclusiva Funeral Never Ends, nella quale il lavoro chitarristico diviene nuovamente fondamentale per rendere evocativo come merita il sound dei Fretting Obscurity.
Se l’album a livello compositivo non lascia spazio a recriminazioni, qualcosa da rivedere c’è invece dal punto di vista esecutivo e della produzione: la conformazione da one man band non sempre è la causa principale di una resa sonora scarna e perfettibile (i Doomed di Pierre Laube sono la dimostrazione più recente dell’esatto contrario) ma in questo caso forse Yakos avrebbe bisogno di qualcuno con cui confrontarsi, perché la sua conoscenza della materia è fuori discussione, ma la messa in pratica necessita ancora di qualche aggiustamento.
Detto ciò, Flags in the Dust è un primo passo che merita un’abbondante sufficienza, perché alla fine i lati positivi superano quelli negativi, ancora troppi però per avvicinare per ora i Fretting Obscurity ai piani alti del genere.

Tracklist:
1. Flags in the Dust
2. If There Is No Other Way to Love ‘Em
3. Eternal Return
4. Funeral Never Ends

Line up:
Yaroslav Yakos – Everything

VOIVOD

Il video di “Obsolete Beings”, dall’album “The Wake”, in uscita a settembre (Century Media Records).

Il video di “Obsolete Beings”, dall’album “The Wake”, in uscita a settembre (Century Media Records).

I VOIVOD pubblicano il video di “Obsolete Beings”, il primo estratto dal nuovo album “The Wake”, in arrivo il 21 settembre 2018 su Century Media Records. Il video è stato diretto ed editato da Eric Massicotte e Pierre Duplessis.

Di seguito artwork e tracklist di “The Wake”:

1. Obsolete Beings
2. The End Of Dormancy
3. Orb Confusion
4. Iconspiracy
5. Spherical Perspective
6. Event Horizon
7. Always Moving
8. Sonic Mycelium

Oltre che alla versione CD standard jewelcase e in digitale “The Wake” sarà disponibile anche in 2CD Mediabook con un disco bonus di 11 canzoni, i 5 brani dell’EP “Post Society” e 6 brani live registrati durante la crociera 70000 Tons Of Metal, un artwork alternativo, booklet esteso di 32 pagine e 3 adesivi. Di seguito la tracklist del disco bonus:

Post Society – EP:
1. Post Society
2. Forever Mountain
3. Fall
4. We Are Connected
5. Silver Machine

Live at 70000 Tons Of Metal Cruise 2018:
6. Inner Combustion (Live 2018)
7. Order Of The Blackguards (Live 2018)
8. Psychic Vacuum (Live 2018)
9. Lost Machine (Live 2018)
10. Fall (Live 2018)
11. Voivod (Live 2018)

“The Wake” sarà disponibile anche in 2LP, con incisione sul lato D. Disponibile nei seguenti colori:
Black 2LP: Unlimited
Pink 2LP: 100x copies / CM Webshop Europe
White 2LP: 200x copies / CM Webshop Europe
Red 2LP: 300x copies / CM Distro Europe
Silver 2LP: 200x copies / Nuclear Blast
Golden 2LP: 200x copies / Season Of Mist
Transp. sun yellow 2LP: 100x copies / CM Webshop USA

Inoltre i VOIVOD pubblicheranno un EP in formato 7″, disponibile dal 31 agosto, in occasione dell’inizio del tour. Conterrà la canzone “Always Moving” e “Order Of The Blackguards (Live 2018)” come B-Side. Limitatissimo a 100 copie, di seguito i dettagli:

Black 7Inch: 500x copies / CM Distro Europe
Lilac 7Inch: 100x copies / CM Webshop Europe
Clear 7Inch: 200x copies / CM Distro Europe
Transp. red 7Inch: 200x / Band edition on tour

Da oggi parte anche il pre-order del disco, disponibile a questo link.

I VOIVOD saranno in Italia a breve per tre date, in compagnia dei Nightrage:
18.09.2018 Bologna (Italy) – Locomotiv
19.09.2018 Rome (Italy) – Largo
20.09.2018 Milan (Italy) – Santeria Social Club

VOIVOD’s “The Wake” is the highly anticipated successor to 2013’s “Target Earth” album as well as the 2016 mini-album “Post Society”. The album was recorded and mixed by Francis Perron at RadicArt Recording Studio in Canada and its artwork (as well as the art for the attached singles, to be seen above!) was once again created by VOIVOD drummer Michel “Away” Langevin.

VOIVOD, who are currently celebrating their 35th band-anniversary, will begin a first European touring run in support of “The Wake” with rotating support by Maggot Heart (from 7th until 16th Sept), Nightrage (from 18th until 26th Sept) and Bio-Cancer (from 28th Sept until 20th Oct) on September 7th. Here is a list of all dates:

VOIVOD – European Tour 2018:
07.09.2018 Prague (Czech Republic) – Futurum *
08.09.2018 Poznan (Poland) – U Bazyla *
09.09.2018 Warsaw (Poland) – Hydrozagadka *
10.09.2018 Krakow (Poland) – Kwadrat *
11.09.2018 Bratislava (Slovakia) – Randal Club *
13.09.2018 Cluj-Napoca (Romania) – Flying Circus Pub *
14.09.2018 Belgrade (Serbia) – Elektropionir *
15.09.2018 Budapest (Hungary) – Durer Kert *
16.09.2018 Vienna (Austria) – Szene *
18.09.2018 Bologna (Italy) – Locomotiv **
19.09.2018 Rome (Italy) – Largo **
20.09.2018 Milan (Italy) – Santeria **
21.09.2018 Winterthur (Switzerland) – Gaswerk **
22.09.2018 Seyssinet Pariset (France) – Ilyade **
24.09.2018 Barcelona (Spain) – Boveda **
25.09.2018 Madrid (Spain) – Nazca **
26.09.2018 Porto (Portugal) – Hard Club **
28.09.2018 Marseille (France) – Jas’ Rod ***
29.09.2018 Paris (France) – Petit Bain ***
30.09.2018 Nantes (France) – Ferrailleur ***
02.10.2018 Southampton (UK) – The Joiners ***
03.10.2018 Cardiff (UK) – The Globe ***
04.10.2018 Leeds (UK) – Temple Of Boom ***
05.10.2018 Glasgow (UK) – Cathouse ***
06.10.2018 Manchester (UK) – Rebellion ***
07.10.2018 London (UK) – Underworld ***
09.10.2018 Brussels (Belgium) – Magasin 4 ***
10.10.2018 Amstelveen (The Netherlands) – P60 ***
11.10.2018 Eindhoven (The Netherlands) – Dynamo ***
12.10.2018 Cologne (Germany) – Luxor ***
13.10.2018 Hamburg (Germany) – Logo ***
14.10.2018 Copenhagen (Denmark) – Pumpehuset ***
15.10.2018 Stockholm (Sweden) – Klubb Nalen ***
17.10.2018 Helsinki (Finland) – Tavastia ***
18.10.2018 Tampere (Finland) – Klubi ***
20.10.2018 Oslo (Norway) – John Dee ***

Support bands:
* Maggot Heart (from 7th until 16th Sept)
** Nightrage (from 18th until 26th Sept)
*** Bio-Cancer (from 28th Sept until 20th Oct)

VOIVOD – Live 2018:
29.07.2018 Montreal (Canada) – Heavy Montreal Festival https://www.heavymontreal.com/en/artists
04.08.2018 Lévis (Canada) – Festivent https://festivent.ca/artistes/
18.08.2018 Las Vegas (USA) – Psycho Las Vegas Festival https://www.vivapsycho.com
25.08.2018 Winnipeg (Canada) – SOS Fest

More on VOIVOD and “The Wake” to follow soon…

Negli Abissi del Fato: l’epopea dei Manilla Road

La recente scomparsa di Mark Shelton (1957-2018), voce e chitarra dei Manilla Road, immensa e storica cult band, impone – non solo agli appassionati ed ai conoscitori – una adeguata opera di ricostruzione e di ripensamento circa quanto da lui magnificamente realizzato con la sua band, nel corso di oltre quattro decenni.

I Manilla Road nascono nel Kansas, a Wichita nel 1976. Inizialmente, vista l’epoca, sono influenzati dal classico hard rock americano, ma subito mostrano, per precisa volontà di Shelton, il proposito di forgiare uno stile personale, che possa permettere di individuarli in maniera precisa, tra i moltissimi colleghi d’oltreoceano. La formazione, un trio, è composta, oltre che da Shelton, dal fedele bassista Scott Park e dal batterista Rick Fisher. Tra il 1977 ed il 1978, il gruppo si fa conoscere attraverso le sue infuocate esibizioni dal vivo, per lo più nei locali del suo stato d’origine. Nel 1979, la band entra in sala di registrazione, per incidere un nastro, i cui pezzi, all’insegna di un hard prog molto potente e d’ispirazione fantascientifica, vanno a far parte, di lì a breve, del mini-LP Invasion (pubblicato nel 1980, dalla Roadster), forte dei primi classici: la spaziale Far Side of the Sun, che oltrepassa gli otto minuti, la breve ma eroica Centurian War Games, la suite di quattordici minuti The Empire.

Sempre nel 1979, in dicembre, il combo di Shelton suona nella sua città natale: la testimonianza su compact di quel concerto uscirà, per la Shadow Kingdom, nel 2010, con il titolo After Midnight: solo cinque brani, ma Pentacle of Truth, Chromaphobia e Herman Hill già lasciano il segno e fanno intravedere i futuri giorni di gloria, plumbei ed affascinanti, come il fuoco che alimentava secoli fa il crogiolo degli alchimisti.
Nel 1981, i Manilla Road registrano quindi il più oscuro e tenebroso Mark of the Beast, permeato di influenze vagamente sabbathiane e tra le primissime realizzazioni del nascente US metal. Il disco, rimasto allora inedito, verrà pubblicato solo moltissimi anni dopo, dalla Monster (che, insieme alla Rockadrome, ha ristampato anche classici dimenticati di Winterhawk, Sorcery, Poobah, Jerusalem, Saint-Anthony’s Fyre, Ashbury, Militia, Anvil Chorus, Full Moon e Legend, tra gli altri). Materiali da Mark of the Beast si ritrovano oggi anche in Dreams of Eschaton, raccolta doppia di inediti live e studio, risalenti tutti al periodo 1979-1981 dei Manilla Road, fatta uscire recentemente dalla sempre benemerita HR Records.
In questa prima fase del loro percorso artistico, i Manilla Road cominciano a dare corpo al loro stile epic metal. La cosa emerge soprattutto dall’ascolto di Metal (1982) e Crystal Logic (1983). Canzoni quali Enter the Warrior, Defender (da quel momento parola magica per ogni true metal fan), Queen of the Black Coast, Cage of Mirrors, la tetra Necropolis, Flaming Metal System e l’evocativa Veils of Negative Existence segnano un’epoca ed aprono una strada, incarnando attraverso il pentagramma gli scenari della tradizione guerriera di matrice sword and sorcery – quella per capirci di scrittori del calibro di Robert Erwin Howard (il creatore tra gli altri di Conan il Barbaro e Kull di Valusia), Lyon Sprague de Camp, Lin Carter e Fritz Leiber – fatta di maghi e sortilegi, spade e incantesimi, torri e contrade medievali, draghi e mostri da combattere. E’, di fatto, l’invenzione di un genere, per nulla pacchiano o autoindulgente, in anticipo sui Manowar. Una terra altra per tutti coloro che avvertono il disagio della realtà e il bisogno spirituale di evaderne verso altri mondi.

 


Intanto, la creatura di Shelton partecipa alla raccolta US Metal III, curata da Mike Varney, e tramite un tour statunitense in compagnia di Krokus e Ted Nugent vede crescere la propria fama. Nel 1984, l’arrivo del nuovo bassista Randy Foxe sposta l’asse ritmico dei Manilla Road verso lidi più veloci: ne è la prova il capolavoro Open the Gates, più moderno nel suono, puro come cristallo di roccia, vero grande classico a cavallo tra speed ed epic metal. Forte anche di un’ottima produzione, il disco è il primo della band a venire distribuito anche in Europa, grazie alla francese Black Dragon. Al LP viene inoltre allegato un extended play di dodici pollici e sedici minuti in tutto. Lo stile elaborato da Open the Gates – che, tramite pezzi come Metalstrom, la title-track, la cosmica Astronomica, Fires of Mars, The Ninth Wave, le antesignane del fantasy metal The Road of Kings e Hour of the Dragon, dà voce musicale e narrativa a leggende arturiane e miti nordici – si trova confermato dai due lavori successivi: The Deluge (1986) e Mystification (1987). Il primo è consacrato al diluvio biblico ed ai misteri e terrori del mare, con tracce splendide, quali Shadow in the Black, Isle of the Dead, Eye of the Sea, Taken by Storm (che apre la via al pirate metal dei Running Wild), The Drowned Lands e la più inquietante Hammer of the Witches, traduzione in musica del Malleus Maleficarum (1484) degli inquisitori domenicani Sprenger e Kramer. Il secondo disco è, invece, un omaggio al grande Edgar Allan Poe: un brano come Masque of the Red Death, tratto appunto dal racconto La Maschera della Morte Rossa (portato sugli schermi, negli anni Sessanta, da Roger Corman, con la fotografia barocca di Nicholas Roeg) è altamente rappresentativo ed emblematico in tal senso, ma non sono da meno la iniziale Up From the Crypt, Children of the Night, Haunted Palace e Dragon Star, tutte intrise d’una suggestiva atmosfera esoterico-occulta e neo-gotica. Perché anche questo è dark-sound, la cosa non va mai dimenticata. Nell’estate del 1988 esce poi Roadkill, una raccolta dal vivo che conferma i MR al massimo della forma pure sul palcoscenico.
Dopo Poe, Lovecraft. Dal solitario di Providence e dalla sua saga di orrore fantascientifico, il colto e raffinato Shelton tra l’ispirazione letteraria per Out of the Abyss, apparso nel 1989 per la Leviathan e capace di affiancare al solido verbo dell’epic metal inattese ma opportune aperture thrash. Return of the Old Ones – i Grandi Antichi di HPL, appunto – è il brano-simbolo del disco. Nondimeno echi lovecraftiani risuonano altresì in From Beyond e A Touch of Madness, pezzi forti (insieme a Book of Skelos ed alla mitologica The Prophecy) del successivo capitolo in studio: The Courts of Chaos, pubblicato nel 1990. Intanto, il messaggio musicale dei MN veniva in parte raccolto ed aggiornato dai floridiani Iced Earth.
Il primo progetto solista di Shelton – prima cioè dei più dark Hellwell e di Obsidian Dreams – vide la luce nel 1991, intitolato The Circus Maximus, ma pubblicato ancora a nome Manilla Road. Mark, evidentemente, sperava con questo disco di far finalmente raggiungere al proprio gruppo la meritata notorietà, anche al di fuori dei confini americani. Purtroppo, il 1991 fu l’anno in cui i Metallica, con il pur buono black album, tradirono il thrash, messo in crisi – insieme a epic, speed e class metal – da Nevermind dei Nirvana e dall’avvento della moda alternative. Quasi nessuno si accorse pertanto di The Circus Maximus, ispirato all’antica Roma e ai suoi fasti gladiatorii, e si aprì, per tutto l’heavy più classico e tradizionale, una crisi decennale. Vittima dell’indifferenza generale, Shelton si ritrovò costretto a sciogliere temporaneamente i Manilla Road, in attesa di tempi migliori. Questi vennero al principio della nuova decade, che vide come sappiamo letteralmente una rinascita di ogni branca – epic metal incluso, dunque – della nostra musica. I Manilla Road tornarono così alla grandissima, nel 2001, con Atlantis Rising, che, edito dalla Iron Glory, attingeva in quattro libri – quattro suite, di fatto – tanto ad Atlantide e Lemuria, quanto alle leggende scandinave ed a Tolkien. Un vero classico moderno, si potrebbe dire.
Le fortezze nascoste, i castelli imponenti e misteriosi ed i duelli all’ultimo sangue furono, già dalla bella copertina, gli elementi che fornirono la trama a Spiral Castle, uscito nel 2002, per la nostrana Black Widow. Ormai Mark aveva ritrovato la sua originale vena creativa. O, se si vuole, ri-creativa (di miti, leggende e tradizioni arcane e ancestrali, provenienti dal Grande Passato, rese con un metal roccioso e stentoreo, elegante ed all’occorrenza sepolcrale, enfatico e magniloquente). Anche Gates of Fire (stampato dalla Battle Cry, nel 2005) non fu di certo da meno: tre complesse ed articolate trilogie, che guardavano questa volta, oltre che alle gesta dei re (un leitmotiv ricorrente nell’universo dell’epic metal e dei Manilla Road in particolare), ai Giganti del racconto biblico e dell’archeologia spaziale, nonché alle antiche virtù dei combattenti di Roma e Sparta.
Nel 2007 apparve nei negozi il mini Clash of Irons, split dal vivo registrato l’anno prima, giusto per riempire il vuoto temporale in attesa della nuova fatica dei MR. La My Graveyard Production – nel 2008 – si incaricò di licenziare il fantastico Voyager, con cui Shelton e compagni (dalla rinascita vi fu una autentica girandola di musicisti nella line-up dei Manilla) si misuravano, questa volta, con le storie vichinghe e norrene, nonché con il fascino dell’ignoto, racchiuso negli oceani solcati secoli fa dai drakkar dei navigatori nordici.
Ottimi sono stati pure i due lavori successivamente realizzati dal gruppo di Shelton: Playground of the Damned (2011) e il criptico Mysterium (2013), quest’ultimo pubblicato dalla Golden Core. Nel primo, riecheggia ancora il fantasma di Poe (Into the Maelstrom) e in Fire of Asshurbanipal Shelton si confronta la storia della monarchia assiro-babilonese. Nel secondo abbiamo un’ulteriore manciata di anthems epici: The Battle of Bonchester Bridge, la crowleyana Do What Thou Will, The Calling, la title-track e Only the Brave. Come se il tempo non fosse mai passato, cristallizzatosi nello spazio altro dell’immaginazione fantastica e della storia più lontana possibile dallo squallido presente.

Realmente instancabile e con un fuoco creativo sempre acceso, Shelton, nel 2012, dà vita a un side project, denominato Hellwell, dove la necessità primaria è quella di suonare su tematiche più vicine al classico horror, accompagnato da E.C. Hellwell (keyboards, synth) e da Johnny Benson (drums). L’opera Beyond the boundaries of sin presenta brani dominati dall’interplay tra la chitarra del leader e le tastiere, mentre i suoni sono molto più oscuri e pesanti, rispetto alla band madre. Le tematiche sono incentrate su storie orrorifiche ben diverse dai “soliti” testi, come in Eaters of the dead, tratto dall’omonimo racconto di Michael Crichton o come in Acheronomicon, suite basata su una breve storia, mai pubblicata, del sodale E.C. Hellwell. Come affermò Shelton, i Manilla sono l’alfa e gli Hellwell rappresentano l’omega, che si ripresentò, nel 2017, con un secondo capitolo Beyond the demon’s eyes, ancora più intricato ed elaborato, abbracciando anche forti influenze dark prog (The last rites of Edward Hawthorn); in questa seconda opera, si rivede anche un drummer storico dei Manilla, Randy “Trasher” Foxe, attivo nella band dal 1985 al 1990. Gli Hellwell non hanno mai svolto concerti live ed hanno rappresentato una diversa faccia della medaglia di un uomo che ha sempre avuto un forte impulso creativo, sempre all’insegna di una musica di qualità figlia di letture e di una cultura superiore. Nel 2015, Mark pubblica un progetto molto sentito, Obsidian Dreams, dove sono racchiuse nove songs composte in circa quindici anni; quest’opera non ha nulla a che fare con il metallo epico dei Manilla, ma esplora le sue personali radici, dai genitori entrambi musicisti alla provenienza dal Kansas, stato di country music. Songs di bellezza adamantina, pure, vere rette da una chitarra che disegna terse melodie e dà una voce particolarmente sentita ed a suo agio anche in traiettorie molto diverse; sentire oggi Burned o Blood upon the snow, per citarne solo due, è come una lama che si conficca profondamente nel cuore. Disco passato totalmente inosservato, anche perché lo stesso anno i Manilla Road tornano con un progetto importante come The Blessed Curse, incentrato sull’epopea di Gilgamesh; disco doppio, con una prima parte nel tipico ed ispirato stile, grande chitarra sempre suonata magistralmente e vocals giocate tra Mark e “Hellroadie” Patrick, splendide songs come Tomes of Clay o come The Muses Kiss dimostrano che la classe è cristallina e che i Manilla sono imprescindibili. Il secondo disco, chiamato After the Muse, non legato al concept, presenta una serie di brani, sempre gradevoli, ma dediti a un suono con influenze southern e predilige aromi acustici in alcuni tratti. Attività live intensa e si arriva al 2017, quando puntuale la band si ripresenta con To Kill a King, purtroppo, alla luce dei recenti fatti, ultima opera, e la classe rifulge ancora una volta proponendo grandi songs fluide, intense, sincere. Non ci sono altre parole, “chapeau” ad un Artista che in quarant’anni di musica ci ha donato momenti indimenticabili, proponendoci la sua incontaminata arte. La stessa che rifulge anche nel progetto Riddlemaster (del 2017), con Shelton ed il primo batterista dei Manilla, Rick Fisher: un solo disco dal titolo Bring the Magick Down, più legato a sonorità hard rock anni Settanta. Quasi un ritorno alle origini. La parola Origine, del resto, riveste come noto, per chi ha trasposto in musica la più epica sword and sorcery, un grande ed autentico significato.

Warhammer – Massimo Pagliaro

Gabriels – Fist Of The Seven Stars Act 2 – Hokuto Brothers

Fist Of The Seven Stars Act 2 – Hokuto Brothers risulta l’ennesima opera di spessore per Gabriels, una conferma per chi conosce la sua musica, un’autentica sorpresa se l’album in questione risulta il primo incontro con il talentuoso tastierista e compositore.

Tra i molti talenti della scena della scena metallica tricolore, il tastierista e compositore Gabriels è uno dei più attivi, dai Platens ai molti progetti a cui ha prestato il suo estro, fino alla sua ottima carriera solista che lo ha visto impegnato con il concept dal tragico tema riguardante i fatti dell’11 settembre 2001 (Prophecy) e in seguito l’inizio della saga Fist Of The Seven Stars, con il primo capitolo (Act 1, Fist Of Steel) uscito un paio d’anni fa, del quale questo nuovo lavoro è il seguito.

Tra le due opere il tastierista nostrano ha registrato Over the Olympus – Concerto for Synthesizer and Orchestra in D Minor Op. 1, uscito all’inizio dell’anno e riuscito esperimento nel suo coniugare la musica classica di un’orchestra con i suoni moderni del suo synth.
La firma con Rockshots Records porta dunque alla seconda opera che racconta il mondo del manga giapponese “Hokuto no Ken”, di Tetsuo Hara and Buronson, e le avventure di Kenshiro, uno dei personaggi più noti al grande pubblico.
Come ci ha piacevolmente abituati, Gabriels si contorna di ottimi musicisti e cantati della scena metal nazionale ed internazionale, un gruppo numeroso di ospiti che valorizza il sound creato per la storia che poggia, ovviamente sullo strumento principale suonato dal nostro, ma lascia comunque spazio ad ogni protagonista impegnato nel fare di Fist Of The Seven Stars Act 2 – Hokuto Brothers l’ennesima splendida opera.
Una decina di cantanti, con Wild Steel nei panni di Ken, una serie di ottimi chitarristi, ed una sezione ritmica che vede alternarsi cinque bassisti ed altrettanti batteristi (dei quali scoprirete i nomi in fondo alla recensione per non fare torto a nessuno, visto il livello assoluto di ciascuno) aiutano così Gabriels in questa nuova avventura dal sound rock/metal, melodico e progressivo, a tratti animato dal power, valorizzato da virtuosi interventi solistici del sempre ispiratissimo synth, ma senza mai perdere il filo del racconto in musica, piacevole da ascoltare e, a tratti, esaltato da una vena epica che glorifica bellissime melodie metal/prog.
Più di un’ora di esperienza uditiva tutta da vivere, mentre i personaggi della storia compaiono nella nostra mente al suono delle melodie metalliche incastonate tra lo spartito dell’opener The Search Of Water Bird, della bellissima prog/aor End Of Cobra, dell’epico incedere di Scream My Name e della monumentale Myth Of Cassandra.
Fist Of The Seven Stars Act 2 – Hokuto Brothers risulta l’ennesima opera di spessore per Gabriels, una conferma per chi conosce la sua musica, un’autentica sorpresa se l’album in questione risulta il primo incontro con il talentuoso tastierista e compositore.

Tracklist
01.The search of water bird
02.Cobra clan
03.End of Cobra
04.I see again
05.Scream my name
06.Miracle land
07.I’m a genius
08.Looking for your brother
09.Myth of Cassandra
10.Reunion
11.Legend of fear
12.King of fist

Line-up
Wild Steel (Shadows of Steel) as Ken
Jo Lombardo (Metatrone, Ancestral) as Ray
Rachel “Iron Majesty” Lungs as Mamiya
Dario Grillo (Platens, Violet Sun) as Toky
Alfonso Giordano (Steel Raiser) as Wiggle
Iliour Griften (Beto Vazquez’ Infinity, Clairvoyant) as Amiba
Antonio Pecere (Crimson Dawn) as Raoul
Dave Dell’Orto (Drakkar, Verde Lauro) as Jagger
Beatrice Bini (Constraint, Vivaldi Metal Project) as Aylee
Matt Bernardi (Ruxt) as Cobra Boss

Guitars:
Antonello Giliberto
Francesco Ivan Sante dall’ò
Stefano Calvagno (Metatrone)
Antonio Pantano (Arcandia)
Tommy Vitaly
Frank Caruso (Arachnes)
Daria Domovik (Concordea)
Andrew Spane
Stefano Filoramo

Bass:
Dino Fiorenza (Metatrone)
Beto Vazquez (Beto Vazquez’s Infinity)
Adrian Hansen
Fabio Zunino
Arkadiusz E. Ruth (Path Finder)

Drums:
Mattia Stancioiu (ex-Vision Divine, ex- Labirynth)
Simone Alberti (Gabriels)
Giovanni Maucieri (Gabriels)
Michele Sanna (Coma)
Salvo Pennisi

GABRIELS – Facebook

Surgery – Absorbing Roots

Il genere offerto è death metal scandinavo, debitore delle storiche band che fecero fuoco e fiamme nei primi anni novanta, con un tocco melodico che per ispirazione non esce dai confini della penisola.

I deathsters slovacchi Surgery sono nati all’alba del nuovo millennio e ci hanno messo quasi dieci anni per licenziare il loro primo lavoro, l’ep Pulled by the Rope.

Dopo due anni, esattamente nel 2012 i cinque musicisti provenienti da Poprad debuttarono sulla lunga distanza con l’album Descent seguito sei anni dopo da questa fialetta di nitroglicerina old school chiamata Absorbing Roots.
Il genere offerto è death metal scandinavo, debitore delle storiche band che fecero fuoco e fiamme nei primi anni novanta, con un tocco melodico che per ispirazione non esce dai confini della penisola: Absorbing Roots è servito in tutta la sua carica estrema, esplosivo, a tratti un vero tornado di note da far battere il piedino a gente come Entombed ed At The Gates.
La title track mette subito in chiaro la natura assolutamente devota al genere dei Surgery, quindi niente di innovativo, ma perfettamente in grado di far rivivere l’impatto dei primi leggendari lavori usciti venticinque anni fa dalla scena svedese.
Il refrain lo si canta dopo il primo minuto, mentre Clinic Death, il riff melodico di Paradise su cui il gruppo costruisce un brano in stile Edge Of Sanity, Hands In Chains, potente e dal micidiale groove entombiano, valorizzano un lavoro sicuramente di nicchia ma da scoprire se siete amanti di queste sonorità.
Peccato per la copertina, brutta in verità, ma a noi interessa la musica, quindi Absorbing Roots è assolutamente promosso e consigliato.

Tracklist
1.Absorbing Roots
2.Clinic Death
3.Image in the Mirror
4.Paradise
5.River in Silence
6.Hands in Chains
7.Mental Demise
8.Grime
9.Depressive Reality

Line-up
Rastislav Šelleng – Vocals
Rado Body – Guitars
Miroslav Tatranský – Guitars
Peter Mikolaj- Drums
Robo “Hrdza” Hanečák – Bass

SURGERY – Facebook

None Dare Call It Conspiracy – Pawns And Kings

Groove, growl, clean vocals, accenni thrash e core, in un contesto di moderno metallo dal buon appeal, sono gli ingredienti con cui la band si presenta in modo convincente ai fans del genere.

Tramite Wormholedeath i finlandesi None Dare Call It Conspiracy danno un seguito al loro debut album uscito nel 2013 (Tales Of The Lost).

Il gruppo nativo di Helsinki ha dovuto vedersela con un continuo rimescolamento nella formazione che, in questo momento, risulta di sei elementi pronti a conquistare il proprio posto nella scena estrema metallica moderna.
Groove, growl, clean vocals, accenni thrash e core, in un contesto di moderno metallo dal buon appeal, sono gli ingredienti con cui la band si presenta in modo convincente ai fans del genere.
Pawns And Kings è composto da undici brani sparati con la potenza di un cannone ma estremamente melodici: il lavoro delle chitarre è chiaramente ispirato al melodic death metal scandinavo, mentre sono le ritmiche che, tra groove, parti cadenzate e accelerazioni, imprimono al sound sterzate stilistiche senza perdere il filo di un discorso moderno e catchy.
Vanno via che è un piacere brani come Kingmaker, Dust e Nevermore, tripletta che fulmina l’ascoltatore, sorpreso da tanta veemenza melodica; a tratti Pawns And Kings riesce a prenderci per il collo e stringere, prima che uno stacco melodico o un verso in clean ci riporti a quelle melodie che sono il pane del sound proposto dalla band finlandese.
Un album consigliato agli amanti del metal moderno ma che sa regalare ottimi spunti anche ai fans del melodic death, approfittatene.

Tracklist
1.Kingmaker
2.Dust
3.Nevermore
4.Mirrors
5.Sheep Counting
6.Rise
7.The Shaming
8.Pawns and Kings
9.Sightlines
10.Pain
11.Sacrifice

Line-up
William Torrey – Vocals
Jani Elokoski – Guitar
Johannes Oravainen – Guitar
Jere Laitinen – Guitar, backing vocals
Toni Toikkanen – Bass, backing vocals
Ville Holmström – Drums

NONE DARE CALL IT CONSPIRACY – Facebook

KRISIUN

Il lyric video di “Demonic III”, dall’album “Scourge Of The Enthroned” in uscita a settembre (Century Media Records).

Il 7 settembre 2018 i brasiliani KRISIUN pubblicheranno il nuovo e undicesimo album, dal titolo “Scourge Of The Enthroned” su Century Media Records, disponibile nei formati LP+CD, CD e digitale.
Oggi i tre fratelli pubblicano il primo singolo tramite un lyric video, creato da Miles Skarin di www.crystalspotlight.com.

“Scourge Of The Enthroned” è stato registrato con la supervisione di Andy Classen presso il tedesco Stage One Studio (Belphegor, Legion Of The Damned), il quale ha già lavorato con la band con gli album “Conquerors Of Armageddon”, “Southern Storm” e “The Great Execution”. Il primo singolo, “Demonic III”, sarà pubblicato il 13 luglio 2018.

Tracklist

1. Scourge Of The Enthroned
2. Demonic III
3. Devouring Faith
4. Slay The Prophet
5. A Thousand Graves
6. Electricide
7. Abysmal Misery (Foretold Destiny)
8. Whirlwind Of Immortality

La band intraprenderà un tour per promuovere “Scourge Of The Enthroned” e al momento è già stata annunciata la data del release party presso il Turock di Essen, Germania, il 7 settembre 2018, in compagnia dei Sulphur Aeon.

Band comments:
“We proudly present you the cover for our new record! Based on Sumerian mythology, it shows three ancient gods transcending the beginning of creation, represented by the incredible art of Eliran Kantor. The sound of this record came out very organic, unlike many of the super edited/digital sounding albums these days. The songs are faster and more brutal than the previous records. Pure relentless death metal in your face!”

Active since 1990, KRISIUN are one of the most ferocious death metal bands in history and belong to the most successful metal acts to have ever emerged from Brazil. In 2018, the “Demonic III” shall return with one of KRISIUN most savage offerings to date. Beware!

KRISIUN live
August 11, Franca (BR), Franca Metal Fest
August 31, Osnabrück (D) Bastard Club
September 1, Markneukirchen (D) ReeveLand Music Festival
September 7, Essen (D) Turock “Scourge Of The Enthroned” Release Show with Sulphur Aeon, Mortal’s Path
September 8, Hüttikon (CH), Meh Suff Festival