BLOODBATH

Il lyric video di Bloodicide, dall’album The Arrow Of Satan Is Drawn in uscita a ottobre (Peaceville Records).

Il lyric video di Bloodicide, dall’album The Arrow Of Satan Is Drawn in uscita a ottobre (Peaceville Records).

I Bloodbath, band di culto Svedese formata da membri di Paradise Lost, Katatonia, Opeth e Craft, ha appena pubblicato il lyric video di “Bloodicide” primo brano estratto dal nuovo studio album “The Arrow Of Satan Is Drawn in uscita il prossimo 26 Ottobre su Peaceville Records/Audioglobe

Guest star dell brano sono JEFF WALKER (CARCASS), KARL WILLETTS (BOLT THROWER) e JOHN WALKER (CANCER)

Il disco è stato registrato dai Bloodbath e da Karl Daniel Liden, nei Ghost Ward, City Of Glass & Tri-Lamb Studios, ed e il secondo album con Nick Holmes alla voce. The Arrow Of Satan Is Drawn, è una rappresentazione dello stato fetido e marcio in cui versa questo povero mondo, con i capi politici che minacciano guerre nucleari usando i 140 caratteri di twitter, dove il capitalismo si sta autodistruggendo, dove siamo tutti spiati e il cambiamento climatico sta distruggendo il pianeta. Tutto questo è la benzina che da vita alla nuova ode firmata dai Bloodbath.

La band sarà in Italia per un’unica data il 6 Dicembre all’Alcatraz di Milano insieme a KREATOR, DIMMU BORGIR E HATEBREED.

THE ARROW OF SATAN IS DRAWN TRACKLISTING

1. Fleischmann [03:38]

2. Bloodicide [04:56]

3. Wayward Samaritan[03:39]

4. Levitator[04:37]

5. Deader[04:06]

6. March Of The Crucifiers[04:05]

7. Morbid Antichrist[04:05]

8. Warhead Ritual[03:38]

9. Only The Dead Survive[05:06]

10. Chainsaw Lullaby [03:20]

Bonus Tracks on Ltd Edition CD & 7”

11. Ride The Waves Of Fire [03:48]

12. Wide Eyed Abandon[05:00]

Bloodbath are:

Old Nick – vocals

Blakkheim – guitar

Lord Seth – bass

Joakim – guitar

Axe – drums

Bloodbath online:

@BloodbathBand

Instagram: @officialbloodbath

http://bloodbath.biz/

Ivan – Memory

Memory è un lavoro che gli appassionati dovrebbero sicuramente provare ad ascoltare perché molti potrebbero restarne folgorati, a differenza di altri che saranno spinti ad archiviarlo dopo uno o due passaggi.

Ecco un’opera che mette a dura prova anche chi con il doom ha a che fare quotidianamente e che sicuramente non si fa scoraggiare né dalla lunghezza dei brani né, tanto meno, dal loro lento e penoso incedere.

Quello che rende oggettivamente complesso l’ascolto di Memory, terzo full length in tre anni per gli australiani Ivan, è la scelta di affidare in toto lo sviluppo melodico al violino, ottenendo risultati contrastanti e che, in quanto tali, dovrebbero ricevere riscontri di diversa natura.
Se è indubbiamente affascinante la soluzione adottata dal duo di Melboune, non si può altresì negare che questo, alla lunga, testa in maniera probante anche la resistenza degli ascoltatori più allenati, questo perché a mio parere il violino è uno strumento che in ambito doom metal andrebbe utilizzato sempre con un dosaggio molto oculato (come i primi My Dying Bride hanno insegnato).
I due lunghissimi brani, che vanno a sommare una durata vicina ai cinquanta minuti, sono praticamente simili, con lo strumento ad arco a delineare le sue laceranti linee melodiche, un growl che in sottofondo ci racconta tutta la propria riprovazione nei confronti dell’esistenza umana, e le chitarre che sostanzialmente delineano assieme alla base ritmica il battito di un cuore in procinto di fermarsi per sempre; fanno eccezione gli ultimi minuti di Time Is Lost, quando il connubio tra violino e chitarra diviene tangibile ed equilibrato, rendendo questa parte del lavoro la più evocativa e coinvolgente.
La sensazione straniante deriva dal fatto che in certi momenti il disco appare qualcosa di meravigliosamente struggente, mentre in altri affiora un’inevitabile stanchezza senza che, di fatto, intervengano elementi di discontinuità a provocare impressioni così discordanti.
Ascoltando Memory nelle sue parti iniziali sembra quasi d’essere al cospetto ad una versione funeral doom dei Dark Lunacy, ma soprattutto il termine di paragone più naturale potrebbero essere gli Ea, con la chitarra collocata però in secondo piano da un violino nettamente preponderante su tutto il resto.
Ed è così, comunque,che gli Ivan ottengono ciò che probabilmente si erano prefissati, ovvero quello di apparire una sorta di dolente orchestra che accompagna il defunto alla sua ultima dimora.
Tutte queste considerazioni mi spingono, a livello di consuntivo, ad apprezzare senz’altro quest’opera, mantenendo però più di una riserva sulla possibilità che possa essere oggetto di molti ascolti ininterrotti dalla prima all’ultima nota; in sintesi, le dolenti pennellate chitarristiche restano sempre la soluzione più indicata per indurre emozioni in ambito funeral/death doom.
Va anche aggiunto, a favore degli Ivan, che la ricerca di soluzioni maggiormente peculiari va a loro merito, tanto più che i progressi rispetto alle recedenti opere appaiono sensibili, per cui Memory è un lavoro che gli appassionati dovrebbero sicuramente provare ad ascoltare perché molti potrebbero restarne folgorati, a differenza di altri che saranno spinti ad archiviarlo dopo uno o due passaggi: io mi colloco a metà strada, ritenendo il tutto molto intrigante ma decisamente migliorabile nell’equilibrio delle sue componenti strumentali.

Tracklist:
1 Visions
2 Time Is Lost

Line-up:
Brod Wellington
Joseph Pap

IVAN – Facebook

The Moor – Jupiter’s Immigrants

L’album offre un progressive metal estremo e meravigliosamente moderno, un continuo susseguirsi di emozioni estreme come attitudine, sia quando il death metal si fa spazio tra lo spartito, sia quando le melodie hanno la meglio, mantenendo però un’atmosfera di evocativa tensione.

I The Moor licenziano dopo sei lunghi anni il loro secondo lavoro sulla lunga distanza intitolato Jupiter’s Immigrants, un album bellissimo ed emozionante dal taglio moderno e progressivo, estremo e melodico.

Guardando sempre a nord e alla penisola scandinava, la band veneta si è costruita una reputazione soprattutto oltre confine, ed anche questo nuovo lavoro risulta un’opera dal taglio internazionale, dal sound al lavoro dietro la consolle, per finire con gli illustri ospiti che hanno dato il loro contributo come special guest.
Mixato da Fredrik Nördstrom (In Flames, Powerwolf), accompagnato dalla copertina creata da Niklas Sundin (Dark tranquillity, Arch Enemy) e con la presenza di Michael Stanne nella title track e Niklas Isfeldt dei Dream Evil nella conclusiva Dark Ruler, Jupiter’s Immigrants letteralmente deflagra risultando un fiume in piena di note progressivamente metalliche, emozionanti e dirette, durissime e melodiche, rabbiose e struggenti.
L’album offre un progressive metal estremo e meravigliosamente moderno, un continuo susseguirsi di emozioni estreme come attitudine, sia quando il death metal si fa spazio tra lo spartito, sia quando le melodie hanno la meglio, mantenendo però un’atmosfera di evocativa tensione: una raccolta di brani che non lascia spazio ad alcun cedimento coinvolgendo in ogni singola parte l’ascoltatore, travolto dalla piena di questo fiume musicale.
Ottimo anche l’uso delle voci, splendide ed emozionanti quelle pulite, decise e perfettamente inserite nel contesto delle varie tracce quelle estreme: questo ottimo lavoro ha la sua patria musicale nella penisola scandinava, quindi avvicinatevi alle varie Lead The Difference, The Profiteer, Enthroned ed Odin Vs Jesus con la consapevolezza di essere al cospetto di una band nata in Italia ma adottata dalla scena nordica: Dark Tranquillity, Amorphis, Leprous, Soilwork, In Flames vengono idealmente racchiusi nello stesso spettacolare sound, fornendo un risultato davvero imperdibile.

Tracklist
1.Lead the Difference
2.Jupiter’s Immigrants
3.The Profiteer
4.Thousand Miles Away
5.Enthroned
6.Inception
7.Odin vs Jesus
8.The Alarmist
9.Dark Ruler

Line-up
Enrico Longhin – Vocals, Guitars
Andrea Livieri – Guitars
Massimo Cocchetto – Bass
Alberto Businari – Drums

THE MOOR – Facebook

AstorVoltaires – La Quintaesencia de Júpiter

Ascoltando La Quintaesencia de Júpiter si viene rapiti e il nostro cuore si apre insieme alle nostre sinapsi, rimanendo sospesi sopra una piccola grande opera d’arte, fatta da un uomo come noi ma con uno smisurato talento musicale e narrativo.

AstorVoltaires è il progetto solista di uno dei membri degli splendidi Mar De Grises cileni, un gruppo che meravigliò e migliorò la vita di molti di noi dal 2000 al 2013, con bellissimi dischi di doom/post rock sognanti e melanconici.

L’unico membro del gruppo è il cileno, ora trapiantato in Repubblica Ceca, Juan Escobar, appunto ex appartenente ai Mer De Grises e poi in moltissimi altri gruppi come Aphonic Threnody, Lapsus Dei, Arrant Sudade e altri. La sua straripante personalità musicale trova in questo progetto il suo definitivo compimento, dipingendo bellissimi affreschi di pace ed inquietudine, di sogni e di terribili incubi, con una fortissima luce bianca che abbaglia e scalda facendo stare bene, come in un’esperienza di premorte. Il quarto lavoro sulla lunga distanza di una carriera iniziata nel 2009, quando i Mar De Grises erano ancora attivi, è forse quello più completo e melanconico. Forte è l’impronta di gruppi come gli Anathema o i Katatonia, ed è anche presente il doom ed il post rock, il tutto miscelato attraverso la forza della neo classicità. Questo disco in un’epoca diversa dalla nostra sarebbe stato un dipinto, forse meglio una scultura marmorea da vedere attraverso le sue rifrazioni di luci, in un gioco di rimandi che porta lontano, lo stesso gioco che domina questo bellissimo lavoro, che ti bacia e ti accoltella allo stesso tempo, pensato e suonato con canoni assolutamente al di fuori di quelli normali del mercato e dell’intrattenimento. Vivere la poesia parlando di ciò che sta sopra e dentro di noi, così in alto come in basso, e attraverso una musica talmente bella e struggente da non sembrare vera ricongiungersi all’universo là fuori, e che è già dentro di noi. Ascoltando La Quintaesencia de Júpiter si viene rapiti e il nostro cuore si apre insieme alle nostre sinapsi, rimanendo sospesi sopra una piccola grande opera d’arte, fatta da un uomo come noi ma con uno smisurato talento musicale e narrativo. Il disco va sentito come preferite voi, ma regalategli del tempo, non ascoltando le tracce saltando da una all’altra, ma assaporate ciò che vi regala, il cosmo, il corpo umano, la gioia, la morte o il tenero bacio di un fantasma.

Tracklist
1.Manifiesto
2.Hoy
3.Un Gran Océano
4.Thrinakia: El Reino del Silencio
5.Un Nuevo Sol Naciente
6.Arrebol
7.La Quintaesencia de Júpiter
8.Más allá del Hiperboreo

Line-up
J:EscobarC

ASTORVOLTAIRES- Facebook

Krakow – Minus

Difficile posizionare perfettamente la musica dei Krakow in un genere definito, forse psych/progressive metal/rock è la definizione più vicina a quello che suona il quartetto norvegese, bravo nel saper unire le varie atmosfere ed ispirazioni in un unico e suggestivo sound.

I Krakow danno alle stampe il loro quinto album, sterzando verso sonorità a metà strada tra psych rock, progressive e metal estremo e confezionando un piccolo gioiello di musica non così scontata come si potrebbe pensare, specialmente se si considera la band norvegese una gruppo progressive moderno.

Il quartetto di Bergen ha condensato il materiale in poco più di mezzora di musica evocativa, psichedelica e dai tratti progressivi, ma lascia spazio pure a sonorità più cool come lo stoner per un risultato interessante.
In Minus, quindi, non ci sono riempitivi, la musica scorre su un letto psichedelico, creando atmosfere fuori dal tempo sferzate da venti progressivamente metallici; la parte estrema, rilevante nella notevole The Stranger, si contrappone ai momenti evocativi ed atmosferici, mai dilatati ma tenuti in tensione da un songwriting essenziale.
Phil Campbell è ospite gradito nell’opener Black Wandering Sun, in From Fire From Stone nuvoloni sludge appaiono all’orizzonte portando perturbazioni di stampo Neurosis, mentre è il doom/progressive che rende la title track il brano più riuscito dell’intero lavoro.
Difficile posizionare perfettamente la musica dei Krakow in un genere definito, forse psych/progressive metal/rock è la definizione più vicina a quello che suona il quartetto norvegese, bravo nel saper unire le varie atmosfere ed ispirazioni in un unico e suggestivo sound.

Tracklist
1. Black Wandering Sun
2. Sirens
3. The Stranger
4. From Fire, From Stone
5. Minus
6. Tidlaus

Line-up
Frode Kilvik – Bass, Vocals
René Misje – Guitar,Vocals
Kjartan Grønhaug – Guitar
Ask Ty Arctander – Drums

KRAKOW – Facebook