LEADEN TEARS

Il lyric video di “The Revenger”, dall’album in uscita nel 2019.

Il lyric video di “The Revenger”, dall’album in uscita nel 2019.

E’ uscito in questi giorni il lyric video di “The Revenger”, il primo singolo della band italiana gothic symphonic metal Leaden Tears. Il singolo anticipa il loro album di debutto, la cui uscita è prevista nella prima parte del 2019. Ulteriori dettagli dell’album verranno svelati prossimamente, mentre il lyric video è già disponibile al link seguente:

– LEADEN TEARS sito ufficiale: https://www.leadentears.com

– LEADEN TEARS pagina facebook: https://www.facebook.com/leadentears

Shenanigans – Muta In Potenza

Muta In Potenza è un disco che si lega al passato ma che è fortemente proiettato al futuro, contiene una lucida analisi di ciò che siamo e di quello che c’è in giro, ma è anche uno sfogo come è sempre stato l’hardcore thrash, sudore e valori.

Ci sono poche cose più belle e senza speranza nella vita di un disco di hardcore thrash cantato in italiano.

Il debutto dei parmigiani Shenanigans è un fulgido esempio di quanto scritto sopra, nel solco della grande tradizione dell’hardcore italiano e con fortissime venature thrash metal che arricchiscono il tutto. Il disco, seppure sia un debutto, è un lavoro maturo e puntuale, i ragazzi hanno le idee molto chiare e producono un lavoro come si faceva negli anni ottanta, ovvero protesta e analisi del sociale attraverso un linguaggio musicale che può sembrare disperazione ma che invece è un’altissima forma di realismo descrittivo: i giri di chitarra, il basso incessante e la batteria che picchia impetuosa, e quella splendida voce che canta in italiano facendoti arrivare subito e sottopelle il significato, anche quello più profondo. I testi sono molto interessanti e fanno capire che gli Shenanigans sono un gruppo che non si ferma alla superficie delle cose, ma che va ben oltre provando a capire i meccanismi di quella che chiamiamo società civile. Dal lato musicale la loro miscela musicale è un gran bel misto di hardcore punk classico italiano, con una forte aggiunta di thrash metal che rafforza il tutto. Muta In Potenza è un disco che si lega al passato ma che è fortemente proiettato al futuro, contiene una lucida analisi di ciò che siamo e di quello che c’è in giro, ma è anche uno sfogo come è sempre stato l’hardcore thrash, sudore e valori. Da tempo in Italia e non solo, mancava un disco così, veloce e profondo, anche se la scena underground hardcore punk thrash in Italia gode di ottima salute, e gli Shenanigans ne rappresentano una via possibile. Un disco che regalerà molti ascolti, dai quali ogni volta si scopre qualcosa di nuovo.

Tracklist
1.Muta Impotenza
2.Cammini Disgregati
3.Io Non Esisto
4.Bambino Soldato
5.Assenza Di Eroi
6.Dioscuri
7.Alfa 3
8.Senza Pace Senza Amore

Line-up
Macina – voce
Panco – chitarra
Berto – basso
Tom – batteria

SHENANIGANS – Facebook

Cultural Warfare – Warmageddon

Warmageddon è sicuramente un album riuscito, consigliato agli orfani dei gruppi guidati da Dane, ma anche da quelli usciti dalla famigerata Bay Area.

Con gli statunitensi Cultural Warfare si viaggia spediti sulle strade del thrash metal, sicuramente ispirato alle grandi band del genere più classico ma con una vena moderna che non lo tiene ancorato ai fondali old school.

Due ep in cinque anni (Ratten Krieg del 2012 e Future Kill licenziato lo scorso anno) e finalmente anche per la band di Oakland è giunto il momento di sfogare tutta la rabbiosa attitudine in un lavoro sulla lunga distanza.
Warmageddon fin dalle prime note avvicina il gruppo al sound proposto dal compianto Warrel Dane con gli storici Sanctuary prima e, in seguito, con i più moderni Nevermore, anche se la vena progressiva dei secondi è accantonata per una più diretta attitudine.
Ottima la prova del cantante Jaques Serrano e di tutto il gruppo, con la sezione ritmica in pieno delirio tecnico (Pete Aguilar al basso a far coppia con Bones Padilla alla batteria) e le due chitarre in mano a Billy Garoutte e Kevin Doughty.
Warmageddon dunque offre una buon alternanza tra brani veloci e diretti ed altri più strutturati, nei quali le melodie di scuola Nevermore valorizzano le sfuriate alla Exodus/Testament (bellissima Eyes Of The Land).
Two Spirits è una semiballad in crescendo in cui il cantante duetta con una voce femminile, l’atmosfera evocativa viene rimpiazzata da drammatiche liriche e ritmiche roboanti, mentre Politikill mette in mostra il lato più classico e violento del sound Cultural Warfare.
Warmageddon è sicuramente un album riuscito, consigliato agli orfani dei gruppi guidati da Dane, ma anche da quelli usciti dalla famigerata Bay Area.
L’album mantiene una buona qualità per tutta la sua durata, con ancora Blood Machines a risultare una mazzata Testament style e la band chiude così alla grande questa sua prima prova sulla lunga distanza, da non perdere per chi ama il genere.

Tracklist
1.Warmageddon
2.Divided We Crawl
3.G.O.D.
4.Eyes Of The Land
5.Two Spirits
6.Politkill
7.Scars Left Cold
8.Punished
9.Witches Prayer
10.Shadow Priest
11.Blood Machines
12.New Beginnings

Line-up
Jaques Serrano – Vocals
Pete Aguilar – Bass
Bones Padilla – Drums
Billy Garoutte – Guitars
Kevin Doughty – Guitars

CULTURAL WARFARE – Facebook

MaYaN – Dhyana

Monumentale e violento, Dhyana incolla l’ascoltatore per oltre un’ora come farebbe un’epica pellicola cinematografica, contraddistinto come sempre da un sound all’insegna di un pesantissimo death/black progressivo.

In un ipotetico derby tra la scena sinfonica scandinava e quella olandese, quella che fino a poco tempo fa poteva essere pronosticata come una facile vittoria nordica, si è trasformata negli ultimi tempi in una partita senza esclusione di colpi, con quella olandese a primeggiare, forte delle prestazioni degli Epica ed ora dei MaYaN che con i primi hanno in comune Mark Jansen, creatore con Jack Driessen (After Forever) di questo straordinario progetto arrivato con Dhyana al terzo lavoro dopo gli ottimi risultati in termini qualitativi ottenuti con Quarterpast (2011) e Antagonise (2014).

Dhyana porta la band su di un altro livello, ed il death metal gotico e sinfonico del gruppo diventa un magniloquente, titanico ed impressionante esempio di musica pesantissima, orchestrale ed debordante.
Assicuratesi le prestazioni dell’orchestra filarmonica di Praga e delle splendide voci di Marcela Bovio (Stream Of Passion) e del soprano Laura Macrì, i due olandesi danno vita ad una magnifica opera estrema, che non indugia nel mostrare il lato sinfonico ed orchestrale della propria musica, e lo amalgama in modo talmente perfetto da risultare la colonna sonora di una battaglia tra gli dei.
Monumentale e violento, Dhyana incolla l’ascoltatore per oltre un’ora come farebbe un’epica pellicola cinematografica, contraddistinto come sempre da un sound all’insegna di un pesantissimo death/black progressivo.
Ovviamente la calma tra le tempeste di note è lasciata alle voci delle due regine di questo mondo fuori dal tempo in cui eleganza e raffinate melodie vanno a braccetto con un metal estremo violento e orchestrale.
Pur apprezzando gli ultimi Nightwish e la scena nata in scia al successo del gruppo finlandese, qui siamo su un altro pianeta, vicino alle ultime esaltanti prove degli Epica soprattutto per l’alta qualità della musica proposta.
Tra death, doom, sinfonie orchestrali, trame gotiche, squarci black e magniloquenti trame operistiche, Dhyana alza ancora di un po’ l’asticella per quanto riguarda il genere con una serie di brani (The Rhythm Of Freedom, Rebirth From Despair, The Illusory Self, Maya (The Veil Of Delusion) che rapiscono, scuotono ed esaltano in un delirio di atmosfere estreme, epiche e progressive da applausi: sicuramente disco dell’anno per quanto riguarda questo tipo di sonorità.

Tracklist
01. The Rhythm of Freedom
02. Tornado of Thoughts (I Don’t Think Therefore I Am)
03. Saints Don’t Die
04. Dhyana
05. Rebirth from Despair
06. The Power Process
07. The Illusory Self
08. Satori
09. Maya (The Veil of Delusion)
10. The Flaming Rage of God
11. Set Me Free

Line-up
Mark Jansen – Vocals (harsh), orchestrations
Jack Driessen – Keys, orchestrations, vocals
Henning Basse – Vocals (clean)
Laura Macrì – Vocals (soprano)
George Oosthoek – Vocals (grunts)
Marcela Bovio – Vocals (female)
Frank Schiphorst – Guitars
Merel Bechtold – Guitars
Roel Käller – Bass
Ariën van Weesenbeek – Drums, vocals

MAYAN – Facebook

Qualen – Patterns Of Light

Il musicista di Chisinau dimostra una notevole dimestichezza con il genere, riuscendo a mantenersi in costante equilibrio tra le varie componenti del sound nel corso di tre quarti d’ora caratterizzati da una spiccata intensità e da altrettanta scorrevolezza.

Da una nazione non certo nota per la sua scena metal come la Moldavia, arriva l’esordio dei Qualen, progetto solista di Denis Balan, il quale offre, con Patterns Of Light, una buona prova a base di death doom melodico.

Il musicista di Chisinau dimostra una notevole dimestichezza con il genere, riuscendo a mantenersi in costante equilibrio tra le varie componenti del sound nel corso di tre quarti d’ora caratterizzati da una spiccata intensità e da altrettanta scorrevolezza.
Trovandoci al cospetto di un ambito nel quale molto è già stato detto, il compito di chi vi si cimenta è quello di farlo bene, e Denis ci riesce con buon agio, muovendosi nel solco dei vari In Mourning e Insomnium, ai quali si aggiunge una decisiva componente Paradise Lost nei passaggi più rallentati ed evocativi.
Se Patterns Of Light non è, per una serie di ovvi motivi, un album destinato a lasciare un segno indelebile, non si può fare a meno di apprezzare l’incisività di tutte le tracce (con menzione d’onore per Eclipse), dirette, ben prodotte ed altrettanto pregevolmente eseguite, nonostante la configurazione di one man band.
Denis Balan è abile a sottrarsi alla dozzinalità di molte uscite di stampo DIY, e il fatto che sia stato notato dall’occhio lungo di Eugene della Loneravn Records (etichetta ucraina che si sta specializzando nel portare alla luce realtà provenienti dall’underground nella sua accezione più pura) è un segnale intrinseco del valore e del potenziale di questa novità denominata Qualen.

Tracklist:
1. Refraction
2. Transparency
3. Fluorescence
4. Darkening
5. Eclipse
6. Afterglow
7. Dispersion
8. Shadow

Line-up:
Denis Balan – All instruments, Vocals

QUALEN – Facebook

Simone Piva e i Viola Velluto – Il Bastardo

Un lavoro che ha l’unico difetto di durare solo ventidue minuti, ma che per contro sono sufficienti per convincere d’essere al cospetto di una band e di un artista dal sound personale.

Ancora rock made in Italy, e per rock non intendiamo le ormai collaudate e lagnose atmosfere indie, care ai giovinastri intellettuali, ma quello ruvido, verace, sporco e … bastardo.

Atmosfere che si rifanno al mondo del western, reggae e rock valorizzato da fiati, contrabbasso, tasti d’avorio per un lavoro che ha l’unico difetto di durare solo ventidue minuti, ma che per contro sono sufficienti per convincere d’essere al cospetto di una band e di un artista dal sound personale.
Simone Piva e i Viola Velluto arrivano tramite Tosk Records/Music Force al quinto album di una carriera iniziata nel 2009 con Trattato Postumo Di Una Sbornia e proseguita con Ci Vuole Fegato Per Vivere, uscito nel 2011, Polaroid … di Una Vecchia Modernità del 2013 e SP&iVV Simone Piva e I Viola Velluto, licenziato nel 2015.
E’ venuto il tempo che Simone Piva si ricongiunga con i Viola Velluto (Alan Libeale alla batteria ed alle percussioni, Federico Mansutti alle trombe, Francesco Imbriaco al piano ed alle tastiere e Matteo Strazzolini alle chitarre) per dare alle stampe Il Bastardo, lavoro che conferma l’ottima reputazione che la band si è costruita in questi anni, portandoci nel mondo della frontiera mai vicino al nostro vivere come in questo caso, descritto da questa raccolta di brani che sfuggono dai generi preconfezionati per sposare sfumature rock, reggae (splendida Hello Madame) e soul, con la tromba a creare un atmosfera di magica musica senza confini come i paesaggi delle terre bruciate dal sole del west americano.
La title track, Hey Frank e la già citata Hello Madame creano un inizio d’opera convincente, ma è tutto l’album che risulta assolutamente piacevole, con Nord Est a regalare ancora ottime sensazioni, che si protraggono fono al termine di un disco senz’altro consigliato.

Tracklist
1.Il Bastardo
2.Hey Frank
3.Hello Madame
4.Quando saremo Giovani
5.Nord est
6.Far West
7.Noi

Line-up
Simone Piva – Chitarra, Voce

Alan Libeale – Batteria, percussioni
Federico Mansutti – Trombe
Francesco Imbriaco – Piano, tastiere
Matteo Strazzolini – Chitarra

SIMONE PIVA E I VIOLA VELLUTO – Facebook

Empty – Vacio

Gli Empty cercano di proporre una versione del black piuttosto coraggiosa senza sconfinare nell’avanguardismo, inserendo invece nel proprio sound istanze provenienti sia dal gothic che dal depressive.

Probabilmente la Spagna, tra le maggiori nazioni dell’Europa meridionale è quella con la scena black metal meno sviluppata, al contrario invece di quanto accade per esempio in campo doom o death.

Gli Empty, da Saragozza, cercano di proporre una versione del genere piuttosto coraggiosa senza sconfinare nell’avanguardismo, inserendo invece nel proprio sound istanze provenienti sia dal gothic che dal depressive: l’operazione riesce abbastanza bene dal punto di vista strettamente compositivo, perché le soluzioni offerte dal gruppo iberico sono varie, brillanti ed evitano accuratamente di lasciare che il sound si adagi lungo i più rassicuranti e conosciuti stilemi sonori. D’altro canto, però, non si può fare a meno di notare che in sede di produzione di sarebbe potuto fare molto meglio, in quanto soprattutto il suono della batteria fuoriesce dalle casse in maniera secca e quasi fastidiosa per l’udito, anche se non escludo che tale difetto possa esser accentuato dalla compressione dei file mp3 che ci sono pervenuti.
Questo, benché non infici il valore complessivo di Vacio, ne attenua inevitabilmente l’impatto, anche perché basta ascoltare un brano ottimo come The night remains for who is per rendersi conto del potenziale in serbo ad una band che, d’altronde, è attiva da quasi un ventennio, con uscite su lunga distanza piazzate a distanza abbastanza regolare ogni 3-4 anni.
La lunghissima Filandom under the sign of misfortune rappresenta, invece, la summa di tutto quanto gli Empty riescono a convogliare nel proprio sound, passando da fraseggi acustici, classiche accelerazioni ed un finale dai tratti disperati e dal notevole impatto emotivo, chiedendo nel migliore dei modi un album che si sviluppa decisamente in crescendo, sotto tutti gli aspetti.
La versione in vinile pubblicata dalla Osmose contiene anche una ottava traccia, Deathlorn, anch’essa dai connotati piuttosto cupi e drammatici, in ossequio ad un concept che lascia ben poco spazio a sprazzi di ottimismo nei confronti delle nostra condizione di esseri umani.
Vacio è un album decisamente interessante, il cui approccio sonoro un po’ naif non dovrebbe impedire agli appassionati più attenti di apprezzarne lo sviluppo vario e connotato dalla giusta intensità emotiva.

Tracklist:
1.The yellow rain
2.Empty
3.The rope at the mill
4.We all taste the same for the worms
5.The night remains for who is
6.The pilgrim of desolation
7.Filandom under the sign of misfortune
8.Deathlorn

Line-up:
Drizzt: voices & bass
Orgall: guitars
Vanth: lead & acoustic guitars
Naemoth: drums (Session)

EMPTY – Facebook

YOB

Il video di “Original Face”, dall’album Our Raw Heart (Relapse).

Il video di “Original Face”, dall’album Our Raw Heart (Relapse).

YOB, who recently released their critically-acclaimed album Our Raw Heart, have shared a live video for “Original Face”. The clip was directed by Frank Huang (Maximum Volume SIlence) and filmed at New York’s Le Poisson Rouge. Click pic above to watch.

The Oregon cosmic trio also announced Fall European headlining tour dates throughout October and November. Belgium’s Wiegedood will provide direct support throughout the tour. A full list of confirmed tour dates is available below.

YOB’s Our Raw Heart is out now on CD/LP/Digital via Relapse Records. Physical packages are available via Relapse.com HERE and Digital Downloads / Streaming Services HERE.

FALL EUROPEAN TOUR DATES w/ WIEGEDOOD

Oct 05 Karlsruhe, DE Jubez
Oct 06 Nijmegen, NL Soulcrusher Festival
Oct 07 Bristol, UK The Fleece
Oct 09 Glasgow, UK Stereo
Oct 10 Leeds, UK Brudenell Social Club
Oct 11 Manchester, UK Gorilla
Oct 12 London, UK The Garage
Oct 13 Antwerp, BE Desertfest Belgium (No Wiegedood)
Oct 14 Koln, DE Gebaeude9
Oct 16 Hamburg, DE Molotow Club
Oct 17 Copenhagen, DK Vega
Oct 18 Gothenburg, SE Sticky Fingers
Oct 19 Stockholm, SE Kraken
Oct 20 Oslo, NO Bla
Oct 21 Helsinki, FI Tavastia (no Wiegedood)
Oct 23 Paris, FR Petit Bain
Oct 24 Feyzin, FR L’Epicerie Moderne
Oct 25 Cenon, FR Le Rocher De Palmer
Oct 27 Porto, PT Hard Club
Oct 28 Madrid, ES Caracol
Oct 29 Barcelona, ES Boveda
Oct 31 Langenthal, CH Old Capitol
Nov 01 Milan, IT Santeria Social Club
Nov 02 Bologna, IT Freakout Club
Nov 03 Martigny, CH Caves Du Manoir
Nov 04 Bregenz, AT Between
Nov 06 Vienna, AT Arena
Nov 07 Budapest, HU Robot
Nov 08 Leipzig, DE UT Connewitz
Nov 09 Warsaw, PL Hydrozagadka
Nov 10 Krakow, PL Soulstone Gathering Festival
Nov 11 Berlin, DE Musik & Frieden
Nov 13 Athens, GR Kyttaro Live Club (no Wiegedood)

“YOB’s eighth album, Our Raw Heart, is a riveting document of Scheidt’s year,” said Rolling Stone in an online feature. “A gauntlet of sickness and health, clarity and confusion, the record wrestles with mortality and ultimately perseveres.” Decibel Magazine, in their July cover story said “one of the byproducts” of Scheidt’s illness “is a brilliant new album that takes the YOB blueprint of punishingly heavy, delightfully angular doom/sludge into unexplored areas of heart-breaking melody and triumphant resolve.” The album has won accolades from the Associated Press (“Yob… swing effortlessly between menacing distortion and hushed reverie”), NPR (“…the group’s sprawling gravity and thunderous majesty have taken an introspective turn…”) and Pitchfork (“…metal that sounds sensuous, bellicose, and jubilant all at once”).

www.yobislove.com
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www.twitter.com/quantumyob
www.instagram/com/quantumyob

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL – LA JANARA

Intervista di Mirella alla notevole band irpina La Janara.

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta è il turno de La Janara.

(Mirella Catena) Benvenuti su Overthewall e grazie di essere qui con noi. La prima domanda riguarda il nome che avete dato alla band, La Janara: credo sia una strega che, nelle credenze popolari meridionali, si aggirava tra i campi. Mi spiegate perché avete scelto questo nome?

(Raffaella Cangero) La Janara è una creatura misteriosa tipica del folklore popolare sud italiano, concettualmente ricollegabile alla parola latina ianva, indicante la porta: questa etimologia indicherebbe il passaggio verso l’Oltretomba, evidenziando i labili confini tra la vita e la morte. Una seconda esegesi collegherebbe le janare alle “dianare”, ovvero le proselite del culto di Diana, la divinità romana della caccia, custode degli animali e protettrice delle donne, nonché dea dei boschi e della Luna. Figura intermedia tra la mitologia e il folklore, la janara evoca l’immaginario misterioso e affascinante delle credenze popolari ataviche, a cui il nostro progetto musicale de La Janara ha voluto dare voce.

MC Dal 2015 ad oggi come si è definita la line up della band? Diciamo i nomi dei componenti e mi pare ci siano dei soprannomi per ognuno di voi.

RC La line up è stata piuttosto solida fin dall’inizio, con l’unica sostituzione di un componente. I nostri soprannomi sono nati per gioco, ma questa finzione ci ha permesso di legarci alla nostra musica ed immedesimarci nella storia che abbiamo narrato nel nostro album ed alla fine siamo diventati noi stessi i protagonisti del racconto. Come ho detto, c’è stato un piccolo cambio di line up, questo implica l’ingresso di un nuovo personaggio all’interno della vicenda, ma la cui identità verrà svelata solo con l’uscita del nostro secondo album.

MC Il vostro è uno stile che definirei Heavy Doom che ricorda moltissimo i migliori Death SS ma con voce femminile e in italiano. Chi scrive i testi e chi compone le melodie?

RC Solitamente le melodie vengono composte tutte da Nicola Vitale, il Boia, chitarrista ed arrangiatore. Naturalmente le tracce devono essere adattate alla mia voce per cui, prima di proporle agli altri membri, le definiamo e costruiamo insieme. Ciò vale sia per le melodie che per i testi, all’inizio solo abbozzati e poi di volta in volta migliorati, eccetto che per Luce, scritta e composta interamente da Nicola, e per Malombra, i cui versi sono stati scritti da Federica Serra, una nostra amica, occultista e “strega”.

MC Raffaella, mi dici qual è il testo, il brano, che senti più tuo? Che riesce ad emozionarti ogni volta che lo esegui?

RC Posso dirmi affezionata a due canzoni in particolare, Cuore di Terra e Requiem. Oltre che per l’arrangiamento e per i cori, mi emozionano perché raccontano i due momenti più intensi della storia: la prima il dialogo della Janara con la figlia e il secondo che descrive la morte della strega, che paga il fio del suo patto diabolico. In particolare il riff ripetitivo e martellante di Requiem la rende una canzone molto intensa, esaltata dai cori e dal ritornello denso di pathos.

MC Nel 2017 pubblicate “La Janara”, il vostro primo disco distribuito dalla Black Widow Records. Come è iniziata la collaborazione con questa grande etichetta italiana?

RC L’idea di collaborare con la BW ci ha sempre solleticati per più motivi: prima cosa perché il nostro progetto musicale riecheggia le sonorità oscure e magnetiche tipiche della produzione dell’etichetta genovese, in secondo luogo perché ci siamo sempre ispirati agli storici gruppi che hanno collaborato con la BW. All’inizio ci sembrava quasi un miraggio, ma alla fine ci siamo fatti coraggio ed abbiamo cominciato ad approcciare Gasperini inviandogli il nostro primo demo autoprodotto uscito nel 2015, lavoro a tratti ingenuo e dalle sonorità grezze, ma inaspettatamente apprezzato dal mentore dell’etichetta che ha intravisto delle particolarità e dei tratti interessanti, così ci ha dato fiducia ed ha creduto in noi, dandoci la possibilità di promuovere il nostro album distribuendolo.

MC Parliamo appunto dell’album. Ricco di riferimenti alle credenze irpine della cosiddetta strega dei campi. Vi affascina di più la superstizione che suscitava o siete realmente appassionati di occultismo?

RC Entrambe le cose: il sovrannaturale e l’occulto esercitano un fascino magnetico ed anche noi ne siamo stati irretiti. Ciò ci ha portato ad approcciare più da vicino con numerosi aspetti del folklore delle terre irpine oltre ad approfondire le credenze popolari; proprio questo aspetto è il fondamento della nostra musica, la nostra intenzione era di celebrare la nostra terra e dare ad essa maggiore spessore.

MC “La Janara” ha avuto ottime recensioni ed è stato accolto con entusiasmo dal pubblico. Vi aspettavate questi riscontri cosÏ positivi?

RC Decisamente no! Personalmente sono rimasta alquanto sorpresa non solo dall’accoglienza, positiva oltre le aspettative, ma soprattutto dalle numerose, bellissime recensioni di diversi nomi storici del giornalismo musicale italiano. Probabilmente perché ogni musicista tende ad essere ipercritico nei confronti del proprio lavoro senza pensare alla reazione dell’orecchio esterno, per cui l’affetto dimostrati nei nostri confronti e del nostro lavoro mi hanno resa davvero felice e soddisfatta.

MC Quali sono i progetti futuri della band?

RC Già da prima dell’uscita del nostro album La Janara ha continuato a lavorare e a portare avanti numerosi progetti. Non ci siamo mai fermati e siamo sempre alla ricerca della novità e dell’ispirazione. Per ora non posso rivelare di più, ma posso certamente assicurare che nuove, inquietanti e magiche pozioni bollono nel calderone della Strega.

MC Sono previsti dei live in giro per l’italia?

RC Abbiamo suonato numerose volte, questo ci ha dato la possibilità di promuovere e far conoscere la nostra musica e stiamo ancora pubblicizzando il nostro album. Le occasioni per suonare non sono frequentissime, anche a causa degli impegni lavorativi di ognuno di noi, ma ci impegniamo affinché i nostri show migliorino sia dal punto di vista scenico che musicale. In ogni caso, vi aspettiamo il 13 ottobre al Circolo Culturale Happy Days a Pianura (Na), dove suoneremo in compagnia dei Dresda Code, band napoletana con cui abbiamo condiviso diverse volte il palco.

MC Quali sono i vostri contatti sul web per seguirvi?

RC Per ora potete seguirci su Facebook, Instagram e il nostro canale YouTube, ma a breve ci iscriveremo anche a Spotify, in modo da pubblicizzare e divulgare maggiormente il nostro lavoro.
Grazie di essere stati qui con noi!

Ossuary Anex – Holy Blasphemition

La band di Ufa votata ad un brutal death metal di matrice statunitense offre solo violenza e morte, scaricando male in musica, torturando strumenti, lacerando carni in un delirio di blast beat, rallentamenti quadrati , growl disumano e chitarre urlanti dolore.

Dieci anni sono passati da quando i russi Ossuary Anex hanno iniziato la loro devastante missione.

Attiva dal 2008 infatti, la band nel 2012 esordì con il full length Awakening, per poi tornare sul mercato due anni fa con il secondo lavoro sulla lunga distanza intitolato Mutilation Through Prayer.
Dieci anni festeggiati con un nuovo lavoro, Holy Blasphemition, ep composto da cinque devastanti brani di death metal brutale ed assolutamente vecchia scuola, un massacro senza compromessi che ovviamente ha nell’impatto la sua migliore arma.
Un’atmosfera cavernosa, un sound di matrice statunitense che evoca demoni e angeli morbosi in un contesto brutale, caverne inesplorate dove si respira a fatica e si rintanano orribili creature tenute a bada e poi scatenate da sanguinari sacerdoti del male.
Tutto questo viene espresso senza perdersi in inutili orpelli: la band di Ufa offre solo violenza e morte, scaricando male in musica, torturando strumenti, lacerando carni in un delirio di blast beat, rallentamenti, growl disumano e chitarre urlanti dolore.
Morbid Angel, Suffocation ed Incantation sono i gruppi da considerare come ispiratori per il quartetto russo, brutale e convincente fin dalle prime battute di questo pezzo di granito estremo.

Tracklist
1.Revelation Of The Inquisition
2.Divine Chastisement
3.Blasphemous Apparition
4.Werewolves in Cassocks (re-recorded)
5.Revelation Of The Inquisition (instrumental)

Line-up
Kirill – vocals
Max – guitars
Azamath – bass
Sergey – drums

OSSUARY ANEX – Facebook

Psyclon Nine – Icon Of The Adversary

Arriva l’atteso nuovo disco dei californiani Psyclon Nine, gruppo storico di aggrotech, ebm ed elettronica aggressiva e profonda, con decisi sconfinamenti in territori metal.

Arriva l’atteso nuovo disco dei californiani Psyclon Nine, gruppo storico di aggrotech, ebm ed elettronica aggressiva e profonda, con decisi sconfinamenti in territori metal.

Fondati nel 2000 a Los Angeles da Nero Bellum e Josef Heresy, inizialmente adottarono il nome Defkon Sodomy, influenzati da gruppi come i Ministry. Successivamente il gruppo si avvicinò a generi come l’ebm e l’aggrotech, mantenendo sempre una decisa impronta personale. Questo ultimo lavoro, Icon Of The Adversary, ha molte facce e tante sfaccettature, è un disco composto da diversi livelli e prodotto usando differenti codici musicali. Nel lavoro dei californiani possiamo trovare l’ebm che è alla radice del loro suono, poiché questo genere significa una fruizione diversa del concetto di elettronica Dentro però, poi, troviamo molte altre cose, come l’aggrotech, quello strano sottogenere dell’elettronica che è un po’ l’evoluzione cattiva dell’ebm, l’ideale accompagnamento per la nera visione che pervade tutto il disco. Qui non troviamo la speranza o qualcosa che possa assomigliarle, ma solo un mare nero dal quale non si può uscire ma solo nuotare. Nero Bellum, che è la continuità e la vera anima dannata dietro al progetto, ha dato sfogo alla parte più tenebrosa del suo modo di fare musica e ha colto in pieno lo spirito di questi tempi cupi. L’incedere della musica è per gran parte del disco lento e disperato, con suoni ottimamente prodotti, che fa sembrare all’ascoltatore di essere inseguito da zombie lenti ma inesorabili, con una fine già ampiamente segnata. Ci sono anche momenti industrial tendenti al metal che erano diventati il marchio di fabbrica del gruppo, ma la loro vera dimensione è una giusta lentezza mista a suoni ansiogeni, con un cantato che sembra un latrato direttamente dall’inferno. Un disco che convince e che entra fra le migliori produzioni di questo prolifico gruppo.

Tracklist
1.Christsalis
2.Crown Of The Worm
3.The Light Of Armageddon
4.Beware The Wolves
5.Warm What’s Hollow
6.Behold An Icon
7.When The Last Stars Die
8.And With Fire
9.Give Up The Ghost
10.The Last

PSYCLON NINE – Facebook

Perpetuum Mobile – Paradoxa Emblemata

La mancanza di informazioni raggiunge lo scopo di far concentrare l’ascoltatore sulla musica e sulla forte mistica dell’opera, un qualcosa di antico fatto con codici moderni, perché questa è musica occulta che mostra cose che altrimenti non potremmo vedere.

Perpetuum Mobile è un misterioso gruppo (o solista, non è dato sapere ma non importa granché) che produce questo disco basato sul libro di illustrazioni Paradoxa Emblemata di Dionysius Andreas Freher, un mistico cristiano tedesco del diciassettesimo secolo con base a Londra, vera capitale dell’occulto.

Il libro si compone di 153 immagini astratte, emblemi e geroglifici di cui non si sa molto.
Freher era fortemente influenzato dall’opera di Jakob Böhme un mistico luterano tedesco dichiarato eretico dalla chiesa germanica. Detto così sembra una cosa complicata ma se approfondite vi troverete di fronte ad una mistica e ad una filosofia affascinanti ed affatto convenzionali. Su questo libro la sfuggente entità dedita al black metal hardcore ha incentrato questo disco, che mette in musica delle figure scelte dal libro di Freher, fondamentalmente uno scritto alchemico. La musica qui contenuta è un micidiale attacco con la voce praticamente sempre in growl, mentre il gruppo ha una forte identità black dal ritmo hardcore, che poi è uno dei codici sorgente del nero metallo, sia della prima che della seconda ondata. I brani non durano giustamente più di 2 minuti, e rendono molto bene con testi che parlano di occulto in maniera competente, come se fosse un rituale. La mancanza di informazioni raggiunge lo scopo di far concentrare l’ascoltatore sulla musica e sulla forte mistica dell’opera, un qualcosa di antico fatto con codici moderni, perché questa è musica occulta che mostra cose che altrimenti non potremmo vedere. Come sempre, quando si parla di black metal e dintorni, non è roba per tutti e non lo vuole affatto essere, anzi. Il disco uscirà a breve per la Xenoglossy Productions, un’etichetta realmente underground e con ottimi lavori nel proprio catalogo.

Tracklist
1.Perpetuum Mobile
2.Unum Immobile / Cuncta Moventur
3.Point, Center, Circumference
4.Out of One
5.Seven Are One
6.Abyssal Nothing
7.Great Conjunction
8.Thee Not
9.Generation of Fire
10.Pro Merito Binarius excluditur

A Forest of Stars – Grave Mounds And Grave Mistakes

Grave Mounds And Grave Mistakes porta ad un livello qualitativo ancora superiore l’idea musicale degli A Forest Of Stars, giungendo molto vicino alla perfezione.

Se l’esistenza di un musicista o di una band assume un proprio senso compiuto nel momento stesso in cui la sua proposta appare unica e facilmente riconoscibile, allora dobbiamo dare atto agli A Forest Of Stars d’essere riusciti pienamente in questa non facile impresa.

La pittoresca congrega di gentlemen vittoriani è in pista ormai da un decennio ed ha continuato ad offrirci album denotati da un costante crescendo qualitativo, rendendo via via sempre più fluida la commistione tra il black metal, che costituisce solidamente la base del sound, un folk tipicamente british ed atmosfere oscure e magnificamente avvolgenti.
Questo ultimo Grave Mounds And Grave Mistakes si porta ad un livello ancora superiore che avvicina di molto alla perfezione l’idea musicale del combo di Leeds: capita davvero di rado, infatti, che un disco di oltre un’ora di durata riesca a coinvolgere in maniera totale senza mostrare alcun segno di cedimento o perdersi in lungaggini interlocutorie.
Del resto, dopo l’intro Persistence Is All, un brano come Precipice Pirouette ci trasporta di peso e senza indugi in quell’epoca che, grazie agli A Forest of Stars, abbiamo imparato a conoscere un po’ meglio, coadiuvati dal racconto stentoreo e teatrale di Mr.Curse, fondamentale nell’economia di ogni lavoro della band, anche se a qualcuno potrà apparire un elemento alieno all’evocatività del sound.
L’afflato melodico di Precipice Pirouette, con il morbido controcanto di Katerine, viene spezzato da una repentina quanto caratteristica sfuriata, prima che il flauto introduca Premature Invocation, traccia che si apre in un finale di drammatica intensità.
E’ il black metal, furioso così come lo conosciamo nelle sue sembianze più canoniche, a connotare Children of the Night Soil, costituendo una parentesi decisamente meno ammaliante nella sua forma, andando a creare così un contrasto netto e deciso con la poesia più rarefatta di Taken by the Sea, interamente interpretata da Katerine.
Una parentesi più delicata e a suo modo eterea, che introduce gli ultimi venti minuti dell’album, prima con Scripturally Transmitted Disease, traccia che cambia connotati più volte prima di adagiarsi su un finale atmosferico e lasciare spazio alla chiusura della stupefacente Decomposing Deity Dance Hall, brano pazzesco nel quale il sentore folk della parte iniziale viene messo momentaneamente all’angolo per alcuni minuti nei quali sembra che i nostri, nel corso di una seduta medianica, vengano posseduti dallo spirito degli Alan Parson’s Project, prima che nuovamente sonorità black, ariose e solenni, conducano al termine di un album meraviglioso.
Bisogna essere musicisti di livello superiore per riuscire ad offrire un disco così denso, complesso, pieno eppure sempre fruibile; forse la loro imprevedibilità e la difficile collocazione stilistica li farà sempre restare un una confortevole nicchia di culto, fatto sta che oggi gli A Forest Of Stars sono una delle espressioni musicali più originali ed eccitanti dell’intera scena metal e non sarebbe male che se accorgessero molte più persone.

Tracklist:
1.Persistence Is All
2.Precipice Pirouette
3.Tombward Bound
4.Premature Invocation
5.Children of the Night Soil
6.Taken by the Sea
7.Scripturally Transmitted Disease
8.Decomposing Deity Dance Hall

Line-up:
Mr. T.S. Kettleburner – Bass, Vocals, Guitars
The Gentleman – Drums, Keyboards, Pianoforte, Percussion
Mister Curse – Vocals
Katheryne, Queen of the Ghosts – Vocals, Violin, Flute
Mr. John “The Resurrectionist” Bishop – Drums, Percussion
Mr. Titus Lungbutter – Bass
Mr William Wight-Barrow – Guitars

A FOREST OF STARS – Facebook

 

MATERDEA

Il video di “One Thousand and One Nights”, dall’album “Pyaneta” (Rockshots Records).

Il video di “One Thousand and One Nights”, dall’album “Pyaneta” (Rockshots Records).

One of the most known and recognizable metal bands in Italy coming out of the pagan and Celtic scene, MaterDea has a new video entitled “One Thousand and One Nights” in support of their latest album “Pyaneta” released this past July on Rockshots Records.

Following the direction started with “A Rose for Egeria”, MaterDea’s new record is a further step forward into the melding of metal and Celtic music, in the personal style that MaterDea’s fans will acknowledge and love once more. It is a powerful symphony where all the instruments and the voices join the sounds of nature, painting new grandiose landscapes enriched by colors and sophisticated arrangements. The melodies reveal themselves along with the sumptuous guitar riffs, a powerful rhythmic session and the twist of strings and orchestration, allowing the listener to be carried away in a dimension full of energy, beauty and hope by these magical tales.

The band describes “Pyaneta”:

“In this new album the stories are inspired by the deep interconnection that exists between every living thing and the largest sentient organism that hosts us, our planet Earth. It is an exhortation to the awareness of the environmental danger, a cry of hope for its future and www.facebook.com/MaterDeaa message of love for life in its gorgeous wholeness.”

MaterDea goes to great lengths to ensure that their listeners can be thrust away from reality and thrown into a fantastical world full of enchantment and magic and “Pyaneta”, their fifth album promises to do just that. Citing influences such as Genesis, Jethro Tull and Led Zeppelin, the band creates a gentle yet powerful type of metal with various classical overtones. With a desire to create powerful, intense, emotional music that features pantheistic themes the 7 classically trained Italian musicians paint a rich fantasy world for their listeners. To date they have released four full lengths, “Below the Mists, Above the Brambles” (2009), “Satyricon” (2011), “A Rose for Egeria” (2014) and “The Goddess’ Chants” (2016).

Album digital download and stream at http://smarturl.it/pyaneta

For more info:
www.Rockshots.eu
www.materdea.com
www.facebook.com/MaterDea
www.twitter.com/materdea1

Female Metal Voices Tour 2018

Crown Metal Booking Agency vi comunica i seguenti orari dello show del Female Metal Voices Tour 2018 che si svolgerà il 10 Ottobre all’HonkyTonky di Seregno con Co-Headliner le Butcher Babies e Kobra And The Lotus.

Apertura porte alle ore 18:00
Asphodelia: 18:30 / 19:00
Ignea: 19:15 / 19:50
Skarlett Riot: 20:10 / 20:45
Kobra And The Lotus: 21:05 / 22:05
Butcher Babies: 22:25 / 23:35

Prevendite disponibili su Mailticket: https://www.mailticket.it/evento/17494

Come raggiungerci:
Honky Tonky si trova in via Comina, 35/37 a Seregno (MB).
ATTENZIONE INSERIRE NEL NAVIGATORE SATELLITARE via Comina ang. Via Colzani
IN MACCHINA
Dalla superstrada milano meda prendete l’uscita 11 (Seveso) e seguite le indicazioni per Seregno.
Appena entrati in seregno troverete una rotonda e più avanti un semaforo. Dopo il semaforo svoltate a sinistra e siete arrivati.
Dalla superstrada Valassina (SS36) uscite a Desio nord – Zona industriale, seguite le indicazioni per seregno.
Dopo aver superato il cartello di ingresso città, troverete un bivio con in mezzo un benzinaio, tenete la sinistra, al secondo semaforo girate a sinistra e subito a destra e siete arrivati.
IN TRENO
Linea Milano-Chiasso, scendete a Seregno, prendete l’uscita del sottopasso pedonale “Via Comina” andate a sinistra e siete arrivati.

Blood Of The Sun – Blood’s Thicker Than Love

I Blood Of The Sun non si lasciano attrarre troppo dalle lisergiche atmosfere desertiche, ma strappano il segreto del successo di Led Zeppelin e Deep Purple, facendo propria la lezione e personalizzandola con un’overdose di rock ‘n’ roll straordinariamente vintage, assolutamente irriverente e devoto al sound settantiano.

Danno letteralmente spettacolo i Blood Of The Sun, sestetto americano che, infilato a forza nel calderone stoner rock, si dimostra una straordinaria hard rock/blues band rifilando in questo ultimo lavoro una serie di sei lunghi brani che definire irresistibili è un eufemismo, almeno per chi ama questo tipo di sonorità.

I Blood Of The Sun non si lasciano attrarre troppo dalle lisergiche atmosfere desertiche, ma strappano il segreto del successo di Led Zeppelin e Deep Purple, facendo propria la lezione e personalizzandola con un’overdose di rock ‘n’ roll straordinariamente vintage, assolutamente irriverente e devoto al sound settantiano.
Non ci sono momenti di stanca in questa raccolta di brani dalla potenza rock di un carro armato impazzito, con le tastiere che dettano tempi, creando tappeti atmosferici potenziati dai riff e da ritmiche sferzanti che, ad ogni passaggio, soffocano chi osa ribellarsi al potere del rock.
Keep The Lemmy’s Coming è l’opener, un biglietto da visita diretto come una serie di pugni in pieno volto, My Time non lascia spazio, si trattiene il fiato e si corre su autostrade sulle quali gli autovelox vengono bruciati, prima che Air Rises As You Drown si impossessi delle nostre anime in un rincorrersi tra chitarre e tastiere, e Staned Glass Window si presenti come un blues sporco di sabbia e whiskey.
Blood Of The Road è un blues rock che, in un crescendo di atmosfere desertiche ed on the road, ricorda gli Steppenwolf, in una jam tremendamente coinvolgente e con le tastiere di Dave Gryder vere mattatrici di questo bellissimo lavoro.
Irresistibile e benedetto dal rock’n’roll, Blood’s Thicker Than Love è uno dei lavori più belli dell’ultimo periodo per quanto riguarda i suoni vintage.

Tracklist
1.Keep The Lemmys Comin’
2.My Time
3.Livin’ For The Night
4.Air Rises As You Drown
5.Staned Glass Window
6.Blood Of The Road

Line-up
Henry Vasquez – Drums, vocals
Dave Gryder – Keyboards
Wyatt Burton – Guitar
Alex Johnson – Guitar, vocals
Roger “Kip” Yma – Bass
Sean Vargas – Vocals

BLOOD OF THE SUN – Facebook

Temtris – Rapture

Torna a ruggire la pantera Genevieve Rodda, graffiante e selvaggia vocalist dei Temtris, band storica del metal classico australiano.

Torna a ruggire la pantera Genevieve Rodda, graffiante e selvaggia vocalist dei Temtris, band storica del metal classico australiano.

Attivo dall’ alba del nuovo millennio, il quintetto arriva con questo roccioso nuovo lavoro intitolato Rapture al quinto album su lunga distanza, succedendo all’ottimo Enter The Asylum, uscito un paio d’anni fa.
La formula è quella tradizionale e segue le coordinate di un heavy metal roccioso ed oscuro, debitore di quello americano conosciuto come U.S. power metal e per questo fortemente legato a gruppi come Metal Church ed Iced Earth.
Anche Rapture, quindi, non delude i fans del genere, mostrando una raccolta di brani tellurici nei quali la singer ben figura, con la sua voce potente e d’impatto.
L’album parte sgommando con una serie di bombardamenti sonori, iniziati con la title track e che non trovano tregua fino alla semiballad Serpent, brano in crescendo che risulta uno dei più riusciti dell’album.
Si prosegue tra telluriche ritmiche heavy/power, nelle quali la singer dà prova d’essere una belva al microfono e la band che si produce in una prestazione sul pezzo anche a livello tecnico.
Parasite ricorda gli americani Benedictum di Veronica Freeman, cantante che ha non poche somiglianze vocali con la pantera dei Temtris, mentre Breathe e Fight sono cannonate metalliche di una potenza impressionante.
Grande vocalist, ottima band ed album che non può che essere un nuova esplosione heavy/power targata Temtris: consigliato.

Tracklist
01. Rapture
02. Flames Of Defiance
03. Wings Of Death
04. Run
05. Serpent
06. Parasite
07. Breathe
08. Carry You
09. Fight
10. Rise Of Dawn

Line-up
Genevieve Rodda-Vocals
Anthony Fox-Guitar
Nik Wilks -Bass
Youhan AD.- Drums
Anthony Hoffman- Guitar

TEMTRIS – Facebook

Mare – Ebony Tower

Nidrosian Black Metal at his best: i norvegesi Mare fondono mirabilmente le radici dei grandi antichi con ritualistici paesaggi sonori.Artisti con forte personalità che ci regalano uno dei migliori dischi dell’anno.

Iniziare l’ascolto del primo full length dei norvegesi, di Trondheim, Mare, è come affrontare un antico rituale generato da innominabili forze oscure; l’atmosfera è immediatamente, senza preliminari, permeata di fredda oscurità.

Il fascino ancestrale della nera arte pervade ogni fibra nervosa, ogni vaso sanguigno e ogni tessuto del nostro corpo; cinque brani bastano a saziare ogni nostra ricerca di sensazioni, che solo il Black Metal di alto livello può dare; i quattro musicisti sono tutti dotati di ampia credibilità all’ interno del circuito underground, sono artisti che han fatto parte di band come Dark Sonority, Celestial Bloodshed, Vemod, Aptorian Demon e altre, che negli anni hanno prodotto mirabili opere di arte nera sicuramente conosciute e apprezzate dai veri cultori. I Mare sono attivi dal 2005 e dopo vari demo e un paio di EP arrivano, finalmente, all’atteso e sospirato debutto sulla lunga distanza, Ebony Tower, che non tradisce le aspettative, anzi si propone come una vera e propria gemma da considerare probabilmente tra i migliori dischi dell’anno; affermazione sicuramente importante, ma i ripetuti ascolti mi hanno convinto che le atmosfere elaborate sono di gran livello, la capacità di scrittura è veramente eccellente e le chitarre, memori del grande suono norvegese, creano riff, momenti coinvolgenti, non perdendosi mai in momenti di stanca… tutto è votato alla creazione di un rituale oscuro e senza via di uscita. Nessuna luce può penetrare in questo tessuto sonoro, che, forte anche di vocals varie tra scream, litanie e teatralità, regalando momenti di inquietudine e maestosità (Nightbound). Originario di Trondheim, fino al 1200 d.C. capitale della Norvegia e successivamente denominata Nidaros fino a inizio ‘900, il gruppo appartiene al Nidrosian Black Metal, che raggruppa varie band, One Tail One Head prossimi al debutto, Vemod, Black Majesty tra le altre, che all’ interno della scena norvegese rappresentano un unicum creando un suono sì memore della old school ma capace di integrare anche “ritualistic soundscapes”, forgiando atmosfere arcane e dal forte fascino. Difficile non rimanere rapiti di fronte a un brano come Labyrinth of Dying Stars, impetuoso, memore dei grandi antichi ma capace con un finale da brividi, di proiettarci verso un cosmo infinito: una magnificenza da ascoltare in loop per sempre. Notevolissima conferma di una band che incarna con personalità il culto della Nera Arte.

Tracklist
1. Flaming Black Zenith
2. Blood Across the Firmament
3. These Foundations of Darkness
4. Nightbound
5. Labyrinth of Dying Stars

Line-up
Luctus – Bass
ⷚ – Drums
Nosophoros – Guitars
HBM Azazil (aka Kvitrim) – Guitars, Vocals

MARE – Facebook