Nott – Vestigium Mortis

Chi vuole ascoltare una testimonianza tangibile della quintessenza del black metal, in una forma però dalle sonorità ben fruibili e non inutilmente inintelligibili, troverà nell’offerta di Nott quanto di meglio venga proposto oggi all’interno dei nostri confini.

Il dibattito tra chi ritiene che la fedeltà agli stilemi stilistici di un genere sia un segno di immobilismo compositivo e chi, al contrario, ne apprezza la pervicacia, la competenza e soprattutto la coerenza, è destinato a non avere mai fine.

Credo che come la si pensi da queste parti sia già stato espresso più volte, ma è bene ribadire il concetto: sempre meglio un lavoro sincero, genuino e coinvolgente, per quanto privo di novità, piuttosto che un’esibizione di sperimentalismo fine a sé stesso, e se ciò vale per tutti i generi, figuriamoci quando si tratta di black metal.
Tale preambolo è doveroso allorché ci si imbatte nell’operato di un progetto come quello del musicista lombardo Mortifero, da diversi anni attivo sulla scena, in particolare nell’ultimo decennio con opere di indubbio spessore che hanno consentito al nome Nott di ritagliarsi un’aura prossima a quella di culto.
Un riconoscimento, questo, tutt’altro che usurpato, a maggior ragione alla luce di quanto viene offerto con il nuovo ep intitolato Vestigium Mortis, all’interno del quale si può trovare il black nella sua essenza primigenia, anche se, nonostante le note di accompagnamento possano indurre a pensare ad un’interpretazione minimale, in realtà il sound si rivela molto più ricco e composito di quanto venga dichiarato.
La registrazione, infatti, appare decisamente all’altezza della situazione ed i brani, quasi tutti di durata abbastanza contenuta, sono sì violente sferzate alle quali non viene però mai meno un’efficace tessitura melodica da parte della chitarra, capace di rendere irresistibili, per esempio, tracce come Profaner o Heretical Justice, che si muovono su territori contigui agli Arckanum ma connotati da uno screaming meno stridulo e più profondo.
Si percepisce del resto, in maniera immediata, quanto questo musicista sia esperto e competente, in una misura tale da rendere il suo operato inattaccabile a tutti i livelli e da qualsiasi prospettiva lo si voglia osservare: chi vuole ascoltare una testimonianza tangibile della quintessenza del black metal, in una forma però dalle sonorità ben fruibili e non inutilmente inintelligibili, troverà nell’offerta di Nott quanto di meglio venga proposto oggi all’interno dei nostri confini.

Tracklist:
1. Incipit
2. Lifeless Will
3. Necro Life
4. Profaner
5. Black Cult
6. Heretical Justice
7. Explicit

Line-up:
Mortifero – Everything

NOTT – Facebook

Sperimentazioni newyorkesi: la storia dei Prong

Una delle band in assoluto più importanti e sottovalutate del post-metal, originali e innovativi, che senza rinunciare mai alle proprie radici ha saputo costruirsi in maniera coraggiosa un approccio a se stante nel panorama internazionale. Ancora oggi, a oramai oltre trent’anni dalla nascita, i Prong assomigliano solo a se stessi. Una cosa che oggi si può dire davvero di pochissimi artisti.

I newyorkesi Tommy Victor e Mike Kirkland, che lavorano ambedue al CBGB’s della Grande Mela, creano i Prong nel 1986 insieme al batterista Ted Parsons degli Swans. In quello stesso anno vede la luce il loro primo demo tape e nel 1987 pubblicano il mini Primitive Origins, un lavoro di hardcore-punk puro, che dice molto – anzi, moltissimo – circa le loro origini stilistiche e culturali.
Nel 1988, la Southern’s Studio licenzia il primo album dei Prong. Si tratta di Force Fed, che vede il retaggio hardcore del trio tingersi di sfumature avanguardistiche e sperimentali, con inserti massicci di crossover thrash (stile Anthrax, Corrosion of Conformity, Suicidal Tendencies, Cro-Mags e DRI), mentre i concerti europei del 1989 confermano la classe, non comune, dei tre musicisti. Sempre nel 1989, i Prong fanno uscire su singolo Third From the Sun, cover dello storico brano dei Chrome, la grande band californiana di space rock e post-punk elettronico, da loro sempre amatissima e fonte di ispirazione primaria.
Arriva finalmente la grande e meritata opportunità per una major. I Prong firmano infatti per la CBS e con l’ottima produzione di Mark Dodson (Metal Church, Ozzy Osbourne, tra gli altri) registrano il loro primo capolavoro, l’eccellente ed avventuoso Beg to Differ (1990). Si tratta di un disco, molto piacevole e sorprendente, che non perde un’oncia della carica propria del gruppo, rivelandosi, nello stesso tempo, assai ben costruito e ricco di cambi di tempo. Musicalmente, Beg to Differ si colloca fra techno-thrash e punk americano, con un lavoro sulle ritmiche che di fatto fonda il groove metal, con qualche anno di anticipo sulla nascita ‘ufficiale’ del genere. All’uscita del disco, accolto in modo positivo da critica e pubblica, segue una tournée europea di spalla ai Faith No More. Ritornati a NY subentra il nuovo bassista Troy Gregory, primo cambio di line-up nella storia della band.

Il quarto album dei Prong è sempre prodotto da Dodson e si intitola Prove You Wrong (1991). Qui il retaggio hardcore punk muove in una direzione industrial, accentuando il groove ed impartendo una lezione di cui faranno tesoro i Ministry e i White Zombie. In successione giungono poi due mini-LP – Whose Fist Is This Anyway (1992) e Snap Your Fingers (1993), il secondo un EP di remix – i quali reagiscono alla crisi innescatasi oramai nel movimento thrash indicando la via che i Prong da questo momento in avanti percorreranno, in maniera lucida e personale, creativa e mai banale.
Nel 1994, appare Cleansing, un favoloso concentrato di groove metal, industrial e hardcore punk. Il disco viene prodotto da Terry Date (Soundgarden, Chastain, Dream Theater, Dark Angel, Incubus, Unearth, Limp Bizkit, Deftones, Dredg, Staind). Un gran beneficio viene dal contributo del nuovo bassista, il grande Paul Raven dei Killing Joke, che si occupa di tastiere e programmazione e spinge per un sound più elettronico e futuristico, con influenze gothic-dark mutuate dai Christian Death. Il risultato è un nuovo capolavoro nella storia dei Prong, che consolidano il loro status nei concerti in giro per il mondo di quel medesimo anno, in compagnia di Sepultura, Pantera e Life of Agony.

Nel 1995, il gruppo di New York partecipa con il pezzo Corpus Delicti alla compilation Tonnage e l’anno successivo esce il nuovo capitolo in studio, Rude Awakening. Di fatto, terzo capolavoro della band, l’album è realizzato con Charlie Clouster, dei Nine Inch Nails ai synth e presenta sonorità che, senza minimamente accantonare groove ed hardcore punk, reggono superbamente il confronto con il noise degli Helmet. Il lavoro è promosso quindi da un nuovo tour, questa volta insieme ai Type O Negative del compianto Peter Steele, un altro figlio illustre della NY anni ’80.

Nel 1997, i Prong tornano alle origini e partecipano, con London Dungeon, a Violent World, tributo ai Misfits. Il gruppo entra, di fatto, in stand-by: Victor comincia a lavorare con Danzig e Parsons si trasferisce in Inghilterra, dove entra nei Godflesh del geniale sperimentatore Justin Broadrick. Ma la parola fine per i Prong non è affatto detta. Dopo una lunga pausa, nel 2002, esce infatti 100% Live, realizzato dal solo Victor con nuovi collaboratori.
Finalmente, nel 2003, troviamo nei negozi il nuovo lavoro in studio dei Prong, dopo sette anni. Si tratta di Scorpio Rising, che conferma l’oramai consolidata diade groove metal-hardcore punk e che aggiunge porzioni industrial questa volta molto più new wave che in passato. In diversi momenti, in effetti, possono venire in mente gli inglesi Throbbing Gristle. I Prong sono di nuovo in pista – vivi più che mai – e partecipano con il bel rifacimento di Enter Sandman a Metallic Attack, compilation-tributo ai Metallica, nel 2004.
Arriva anche il momento della celebrazione dal vivo e la band fa le cose in grande. Esce, infatti, un DVD, dal titolo The Vault (2005) con tre magnifici concerti interi – un’attestazione dell’energia che i Prong sprigionano sul palco – registrati per l’occasione ad Amsterdam, in Svezia e Germania.

Dopo una pausa di due anni, nel 2007, è quindi la volta di Power of the Demager. Un grandissimo disco, che ritorna al thrash di fine anni Ottanta e ne rivede la formula, con opportune intromissioni di tipo nu metal: in pratica l’eredità della Bay Area e della New York che fu viene riscritta tenendo conto di quanto vanno facendo nuove leve quali Machine Head e Korn. L’uso sapiente della tecnologia, poi, rammenta la cura dei suoni caratteristica di Fudge Tunnel e Static X.
Nel 2009 esce, un po’ inatteso, ma sempre interessantissimo, Power of the Damn Mixxxer, album di remix, per realizzare il quale vengono appositamente chiamati dai Prong i Dillinger Escape Plan (tra gli altri), campioni del nuovo math-core. Nel 2010, una nuova tournée mondiale, assieme stavolta ai Fear Factory. Arriviamo così al 2012, anno in cui esce Carved Into Stone, solidissimo come-back in cui il gruppo statunitense ribadisce il proprio approccio al groove metal, diversissimo – si badi bene – da quello di quasi tutte le altre band che aderiscono al genere, con un riffing granitico eppure assai vario e cangiante. Come del resto tutta la musica dei Prong.
Nel 2014 i Prong danno alle stampe altri due ottimi lavori, il live Unleashed in the West, registrato a Berlino, durante una serie di esibizioni europee con gli Overkill, e Ruining Lives, un altro fantastico mix di fantasioso ed obliquo techno-thrash con inflessioni groove metal. Ai Prong preme comunque sempre riannodare le fila con il passato e ricordare, a tutti, le proprie origini musicali, non senza un giusto orgoglio. Ecco così spiegato Songs From the Black Hole (2015), un album fatto di sole cover (Discharge, Sisters of Mercy, Adolescents, Black Flag, Killing Joke, Husker Du, Fugazi, Bad Brains più il Neil Young dell’indimenticabile Cortez the Killer). Punk, post-punk, hardcore, dark: queste le radici – non solo musicali, anche culturali – dei Prong e della scena newyorkese da cui provengono, la cosa va tenuta a mente. Come molti altri colleghi illustri della Grande Mela – in ambito thrash, crossover, groove, industrial – al metal i Prong ci sono arrivati, non ne sono partiti. E la base, pure in America, è stato neanche a dirlo il 1977, con tutto quello che è ne derivato. Aspetto su cui si deve sempre riflettere. Solo in tale maniera, si possono realmente capire ed apprezzare i Prong – i Killing Joke del metal, a tutti gli effetti – e di tanti altri acts che hanno fatto la Storia della nostra musica.

Gli ultimi due episodi in studio dei Prong, X-No Absolutes (2016) e Zero Days (2017), anche se, a parere di alcuni, non aggiungono più moltissimo alla loro entusiasmante parabola (ma non avrebbe, davvero, senso alcuno chiederlo o pretenderlo), ci restituiscono nondimeno tutta la grande maestria di chi ha saputo ogni volta reinventarsi con intelligenza e spirito di ricerca sonora, senza mai cedere a compromessi di sorta o logiche commerciali. Questi sono i Prong da New York City: un gruppo da sempre ‘avanti’.

Rise Of The Northstar – The Legacy Of Shi

Un disco che è meravigliosamente devastante dall’inizio alla fine, e che conferma i Rise Of The Northstar come il miglior gruppo di crossover al mondo, sia per originalità che per resa.

I Rise Of The Northstar sono un caso unico nel panorama metal mondiale.

Nati nel 2008 nell’area di Parigi, i Rise Of The Northstar hanno sviluppato una poetica totalmente legata al crossover e alla cultura giapponese anni ottanta e novanta.
Unicamente con le loro forze hanno promosso i due ep autoprodotti come il primo disco su lunga distanza Welcame, che verrà poi ristampato dalla Warner Bros. I francesi hanno dimostrato di avere una visione molto precisa di come sarebbe stata la loro carriera, rifiutando qualche contratto e continuando ad autopromuoversi, soprattutto con i loro devastanti concerti. Alla fine è riuscita ad accaparrarseli la Nuclear Blast, una delle poche major metal rimaste. Il loro stile musicale è un crossover furioso e assolutamente originale, con una grande dose di hip hop, soprattutto nel cantato. Il precedente Welcame era un disco che aveva mostrato molto bene chi erano i Rise Of The Northstar, ovvero uno dei gruppi più clamorosi del nuovo metal. Quando erano usciti i primi singoli del nuovo album, ovvero Boom e This Is Crossover, era stata la netta sensazione che si sarebbero superati con il nuovo disco, e così è stato. Legacy Of Shi è un’opera devastante con tantissime cose dentro. La maturazione dal già ottimo Welcame è stata notevole, essendosi giovati anche della grande produzione di Joe Duplantier (Goijra)
Poi ci sono molti motivi che rendono unico questo disco. Innanzitutto l’unione tra Giappone e occidente, con la cultura del Sol Levante che domina ancora i testi, con le storie dei Furyos e dei Bosozoku, i teppisti di strada che hanno grossa importanza per i Rise Of The Northstar. Musicalmente il disco è più maturo e composto in maniera più fine rispetto a Welcame, ma la potenza è rimasta intatta, anzi forse è maggiore. Questo gruppo ha un tiro micidiale, come impatto si può paragonare alle prime cose degli Slipknot, perché sono una ventata di aria freschissima. Pochi gruppi hanno il controllo totale del suono e dello sviluppo della canzone come i Rise Of The Northstar. In questo nuovo disco sono maggiori i riferimenti musicali agli anni ottanta, soprattutto per quanto riguarda le chitarre, mentre il cantato compie un ulteriore passo in avanti. Tutte le canzoni sono di ottimo livello, non ci sono riempitivi o cose fatte con minore convinzione. Ce n’è per tutti i gusti, da chi ama il crossover anno novanta a chi apprezza il nu metal più virato al rap. Legacy Of Shi racconta una storia che l’ascoltatore dovrà scoprire, ovviamente in pieno stile giapponese. Un disco che è meravigliosamente devastante dall’inizio alla fine e che conferma i Rise Of The Northstar come il miglior gruppo di crossover al mondo, sia per originalità che per resa. Saranno a breve in tour con gli olandesi Dope D.O.D. uno dei gruppi hip hop migliori degli ultimi tempi, anche loro abituati a saltare fra i generi come i Rise Of The Northstar.

Tracklist
1 – The Awakening
2 – Here Comes The Boom
3 – Nekketsu
4 – Kozo
5 – Teenage Rage
6 – Step By Step
7 – This Is Crossover
8 – Cold Truth
9 – All For One
10 – Furyo’s Day
11 – The Legacy Of Shi

Line-up
VITHIA – Vocals
EVANGELION-B – Lead Guitar
AIR ONE – Guitar
FABULOUS FAB – Bass
PHANTOM – Drums

RISE OF THE NORTHSTAR – Facebook

DISCORDANT HEMISPHERES

Il video di Ocean, dal singolo Declino.

Il video di Ocean, dal singolo Declino.

“Declino”, contenente le tracce Ocean e Malfunction of a social system, è il quarto singolo della band di metal sperimentale Discordant Hemispheres, disponibile dal 02 Novembre 2018 su tutte le piattaforme.

Società. Con questo singolo si è puntato il dito contro chi popola questo mondo: Dal singolo essere umano, a chi senza rimorso toglie vita al prossimo, a chi distrugge il nostro pianeta, a chi con le sue istituzioni ha contaminato la nostra società, fino a toccare le più elevate corporazioni. La direzione intrapresa dalla nascita dell’umanità ha sempre puntato in questa direzione: il Declino.

Ocean è un brano lento, in crescendo. Studiato per creare l’atmosfera che si respira, guardando la storia, nel suo ignobile incedere verso l’autodistruzione. Un lento climax verso l’inesorabile Declino che, come sappiamo, non si conclude con un “lieto fine”.

Malfunction of a social system è come girare il coltello nella piaga. I ritmi elevati e la struttura composta ci portano a descrivere a che punto è arrivato il genere umano. Non c’è filosofia, solamente la descrizione di ciò che vediamo, in testo e musica. Siamo un popolo di inetti.

I componenti della band sono:

Marco Patarca (Voce)
Andrea Manno (Basso, Percussioni, Direzione artistica)
Andrea Scarinci (Voce, Chitarra Elettrica)
Riccardo Cafini (Tastiere, Synth)

Persone che hanno collaborato con noi in questo singolo:

Livia Montalesi (Violino su Ocean)
Andrea Torre (Batteria su Malfunction of a social system)

Registrato e Masterizzato da Roberto Mascia presso Officina Musicale (Roma)

Sito Web: www.discordanthemispheres.com

BandCamp: www.discordanthemispheres.bandcamp.com

YouTube: www.youtube.com/discordanthemispheres

Spotify: www.open.spotify.com/discordanthemispheres

SoundCloud: www.soundcloud.com/discordanthemispheres

Deezer: www.deezer.com/it/discordanthemispheres

Facebook: www.facebook.com/discordanthemispheres

Instagram: www.instagram.com/discordanth_official

Rough Grind – Trouble Or Nothing

Ep di rodaggio, da parte dei Rough Grind, con quattro brani piacevoli e dalle buone melodie: ci aspettiamo un altro passo avanti fin dal prossimo lavoro.

Debutto per i Rough Grind, band finlandese proveniente da Jyvaskla che, con questi quattro brani, entra nel mondo del mercato discografico di buon passo.

Le porte si aprono al cospetto dell’opener Gilded Cage, brano di hard rock melanconico e dalle melodie tastieristiche di scuola aor, ma già dalla successiva e roboante Leap Of Faith i richiami a certo alternative rock moderno e di scuola statunitense si fanno più incisivi.
Diciamolo subito, urge un cantante: il buon Sami è ruvido il giusto nei momenti in cui la band attacca la spina e suona graffiante e massiccia, ma cede il passo e risulta forzato nei chorus melodici (Bulletproof).
Siamo arrivati in un attimo alla conclusiva Hereafter, semi ballad in crescendo che conclude Trouble Or Nothing, ep che porta con sé molti pregi, con un sound composto da un piacevole mix di hard rock americano (Alice In Chains), atmosfere dal piglio dark romantico ed una variante melodica dei Poisonblack, e qualche difetto da correggere in corso d’opera.
Un ep di rodaggio, quindi, da parte dei Rough Grind, con quattro brani piacevoli e dalle buone melodie: ci aspettiamo un altro passo avanti fin dal prossimo lavoro.

Tracklist
1.Gilded Cage
2.Leap Of faith
3.Bulletproof
4.Hereafter

Line-up
Sami – Vocals, And Guitars
Ville – Guitars
Ari – Bass
Killi – Drums

ROUGH GRIND – Facebook

Mycelia – Apex

Apex si rivela un buon ritorno per la band di Zurigo, leggermente inferiore al precedente lavoro ma pur sempre foriero di grande musica ultra-tecnica, confermando i Mycelia come una delle più convincenti realtà di un genere sempre difficile da suonare e comprendere in toto.

Tre anni fa Obey aveva fatto letteralmente sfracelli, presentandoci una delle migliori realtà attive sulla scena djent europea, i Mycelia.

La band svizzera, nata da un’idea del chitarrista Mike Schmid e del batterista Marc Trummer, quasi dieci anni fa arriva al terzo lavoro sulla lunga distanza dopo i primi due ep, Mycelania e Isolator, rispettivamente del 2011 e del 2013, il primo full length intitolato Nova ed il precedente, mastodontico lavoro uscito per la Wormholedeath.
Questa volta è la Eclipse Records a prendersi cura di questo ennesimo e dinamitardo esempio di technical/progressive death metal intitolato Apex, un altro assalto sonoro assolutamente devastante e tecnicamente fuori categoria.
Nel genere i Mycelia possono vantare un songwriting che permette loro di entrare ed uscire dai confini del brano senza perdere la bussola di una forma canzone sicuramente non schematica ma presente, tra le diavolerie strumentali che i musicisti di Zurigo riescono a materializzare anche su questo nuovo lavoro.
La formula è la stessa di Obey, progressive, technical death e djent, orchestrazioni apocalittiche, atmosfere intimiste e varianti jazzate in un contesto estremo cangiante e variopinto, assolutamente fuori dagli schemi ed eccezionale grazie alle doti strumentali dei protagonisti.
Il talento del gruppo sta nel rendere perfettamente leggibile, in brani tempestosi come Eight Milligrams, Once Upon A Lie o Slip-Along Jack Mctravis, uno spartito che non lascia punti di riferimento, passando tra i generi e pescando frammenti di note delle più disparate ad una velocità a tratti al limiti dell’umano, per poi placarsi e sciorinare parti jazz/fusion, modern metal e progressive .
Apex risulta così un buon ritorno per la band di Zurigo, leggermente inferiore al precedente lavoro ma pur sempre foriero di grande musica ultra-tecnica, confermando i Mycelia come una delle più convincenti realtà di un genere sempre difficile da suonare e comprendere in toto.

Tracklist
1.Eight Milligrams
2.Nefarious Seeds
3.Lawnmower Man
4.Once Upon A Lie
5.East of Eden
6.Monolith
7.Holler
8.The Hateful Half‐Dozen
9.Slip‐Along Jack McTravis
10.Flak
11.E.V.A.
12.Cromulon
13.Timesick

Line-up
Mike Schmid – Guitar
Mike Fuller – Guitar
Marc Trummer – Drums
Marc Fürer – Vocals
Lukas Villiger – Vocals
Eugen Wiebe – Bass

MYCELIA – Facebook