The Rambo – The Past Devours Everything

The Past Devours Everything è un lavoro che non da appigli, ma obbliga a nuotar senza salvagente in un caldo mare fatto di lava, e anche arrivati a riva ci si scotta uguale.

Nouvelle vague noise blues totalmente libera ed in pieno spirito Frank Zappa.

Situazionismo musicale fatto in maniera molto intelligente ed interessante e soprattutto spiazzante. La voce è quella di uno sbronzo che gira per gli incroci cercando di stipulare un patto con Baron Samedi, mentre il resto sono giri di chitarra, basso e batteria che vanno nella direzione che vogliono. La cosa bella è che tutto ciò produce un risultato che è una boccata di aria fresca. Si prova gioia a sentire una tastiera che entra senza alcun senso, o forse perfettamente in linea, dipende se considerate il senso un vizio o una virtù, e va a fare la sua cosa. Il fine qui è molto più importante dei perché o del come, infatti il gruppo che nasce come duo diventa spesso un trio o poi torna a duo ma che importa ? La cosa importante è che continuino a fare dischi come questo, che ti incalza e ti viene sotto, per mostrarti un lato diverso del blues rock, o forse è un altro genere, ma soprattutto di qualcosa che non sia già comprensibile dalla copertina, cosa che succede per molti lavori. Certamente il blues qui è una grande fonte di ispirazione, ma non quello canonico, ma un blues totalmente bastardo, che è poi la vera missione del genere. The Past Devours Everything è un lavoro che non da appigli, ma obbliga a nuotare senza salvagente in un caldo mare fatto di lava, e anche arrivati a riva ci si scotta uguale. Ogni angolo delle canzoni è una sorpresa, dalla furia si passa all’estasi e da questa ad un’ansia imperdonabile, per poi bearsi di un godimento quasi oppiaceo. Il disco si inserisce nel Bervismo, il bellissimo movimento musicale che sta tirando su Dischi Bervisti, un’etichetta italiana che non fa solo musica, ma propaganda una visione diversa ed in costante evoluzione della musica alternativa in Italia e non solo, e ci regala dischi come questo che sorprendono come non accadeva da tempo.

Tracklist
1 Anger son
2 Child-conflict
3 Deadline show
4 Napalm
5 Primitive aggression
6 Purification song
7 Rope of sorrow
8 Shining light
9 The devil lurk in the holy house
10 The past returns
11 Wh_t’s th_s s_ckn_ss
12 Wrath lord

Line-up
J. Marsala – chitarra, voce, sampler
Bang L.A. Desh – batteria
Capa de Sangre – chitarra

THE RAMBO – Facebook

Deathhammer – Chained To Hell

Chi conosce i Deathhammer sa benissimo a cosa andrà incontro: nessuna sorpresa, nessuna concessione, solo metal dannato ed ignorantissimo, suonato veloce e senza compromessi, urlato al cielo nel bel mezzo di un sabba alcolico nelle fredde serate scandinave.

Thrash metal old school, cattivo, trucido e maleodorante, un sound seppellito tra i cadaveri di qualche cimitero dimenticato nel bel mezzo della Norvegia e poi lasciato a marcire tra vermi e liquidi corporali in una macabra decomposizione.

Sentore di attitudine black metal, ma ferma al 1984 o giù di lì all’interno di un sound assolutamente scarno ed essenziale: sono tornati i Deathhammer, duo di musicisti estremi provenienti da Oslo, uniti a far danni dal 2005 e con una discografia che vanta, oltre a quattro full length, un buon numero di lavori minori.
I Deathhammer sono l’incarnazione del minimalismo in musica, il loro thrash metal, tra primissimi Slayer e Venom, trova la sua casa tra le ossa scarnificate e i resti umani in un’ alcolica e blasfema serata di metal e vomito, persi nel maelstrom sonoro di brani schietti e diretti, prodotti così come il genere impone, assolutamente fuori tempo massimo, ma efficaci nel riproporre quello che, a metà degli anni ottanta era il suono metallico underground.
Chained To Hell sta tutto qua, e verrà sicuramente amato dai fans del thrash indiavolato ed old school: chi conosce i Deathhammer sa benissimo a cosa andrà incontro: nessuna sorpresa, nessuna concessione, solo metal dannato ed ignorantissimo, suonato veloce e senza compromessi, urlato al cielo nel bel mezzo di un sabba alcolico nelle fredde serate scandinave.

Tracklist
1. Rabid Maniac Force
2. Satans Hell
3. Black Speed Inferno
4. Threshold Of Doom
5. Tormentor
6. Into The Burning Pentagram
7. Chained TO Hell
8. Evil

Line-up
Sergeant Salsten – Bass, Guitars, Vocals
Sadomancer – Drums, Guitars, Vocals

DEATHHAMMER – Facebook

Steelawake – Steelawake

Le chitarre graffiano che è un piacere in questo lavoro firmato Steelawake, con il gruppo lombardo che riesce a non sacrificare la melodia pur lasciando che la tensione dei brani rimanga alta, uscendo a tratti dai confini del rock per spingersi verso territori prettamente metal.

Gli Steelawake, giovane band nata a Milano all’inizio dello scorso anno, debuttano per l’attivissima Sliptrick Records con questo piacevole lavoro autointitolato.

Gli Steelawake sono un quartetto formato da Matteo Piacenti (voce e chitarra), Daline Diwald (voce e chitarra), Stefano Guandalini (basso) e Piero Impalli (batteria): il loro rock alternativo si ispira al sound a stelle e strisce che ha fatto e continua a fare sfracelli sulle radio rock di tutto il mondo, quindi non aspettatevi chissà quali nuove strade bensì una raccolta di brani robusti nei suoni di chitarra, vari nelle ritmiche e ruffiani nei cori, quanto basta sicuramente per non dimenticarli in fretta.
E’ buono l’uso delle voci, con il controcanto di Daline che accompagna l’ottimo piglio con cui Teo affronta le ruvide, melodiche e alternative trame di brani come l’opener Run And Hide, il singolo Dragging You Inside e l’ottima e diretta Empty Eyes.
Troviamo ancora riff moderni e groove possente in Not Alright, altro brano top di questo lavoro, che ha nel suo cuore i momenti migliori, con See The Demons ed Anything ad alzare ulteriormente la temperatura.
Le chitarre graffiano che è un piacere in questo lavoro firmato Steelawake, con il gruppo lombardo che riesce a non sacrificare la melodia pur lasciando che la tensione dei brani rimanga alta, uscendo a tratti dai confini del rock per spingersi verso territori prettamente metal.
Buon debutto, quindi, per un’altra valida realtà italiana che si pone quale alternativa al predominio delle band statunitensi in questo settore.

Tracklist
01. Run And Hide
02. Who You Are
03. Hot Mess
04. Dragging You Inside
05. Empty Eyes
06. Not Alright
07. Had Enough
08. See The Demons
09. Anything
10. Nothing Left To Say
11. Save Me
12. Right Where I Belong
13. Lost Forever

Line-up
Matteo Piacenti – Vocals/Guitar
Daline Diwald – Vocals/Guitar
Stefano Guandalini – Bass/Backing vocals
Piero Impalli – Drums

STEELAWAKE – Facebook

Burial Invocation – Abiogenesis

Ottimo debutto dei turchi Burial Invocation capaci di intrecciare tante nobili influenze death all’interno del loro suono. Old school proiettata nel futuro.

Ottimo affresco di death metal contemporaneo è il debutto dei turchi Burial Invocation che, dopo una attesa durata sette anni, rilasciano un notevolissimo disco che si nutre di old school ma si proietta nel futuro.

Attiva, per breve tempo, nel 2010 con Rituals of the grotesque EP e successivamente con uno split con i nipponici deathster Anatomia, nel 2011 la band si è poi sciolta, rientrando sulla scena solo nel 2014 e arrivando ora al debutto, per la benemerita Dark Descent che mi lascia sempre sbalordito per la qualità del suo catalogo.
Chi segue con attenzione le loro uscite difficilmente rimane deluso. Il terzetto turco ci propone cinque brani densi, impattanti sia come forza sia come atmosfera e fino dall’opener Revival si è proiettati in un sound caleidoscopico, cangiante, in cui la chitarra del principale compositore Cihan Akun crea momenti feroci alternati a variazioni allucinate e dal sapore psichedelico, infarcendo il tessuto sonoro con assoli acidi e ispirati. Non rientriamo in categorie technical, ma la band sa suonare dannatamente bene, conosce bene la materia death e ha voglia di dimostrarlo. Echi di Immolation, per la grande e naturale capacità di variare il riffing all’interno dei brani, senza perdere il filo e la tensione, ma soprattutto la scuola finnica, devota a sonorità anche di stampo doom, sono gli ingredienti principali di questo interessante opera che amalgama al suo interno anche interessanti misteriosi aromi orientali, come nel breve strumentale Tenebrous Horizons, dove un affascinante cello modula con la chitarra una armonia aperta, che potrebbe far presagire futuri sviluppi sonori. Si rimane stupiti dalla grande capacità evocativa del terzetto che, all’interno di ogni brano, riesce senza forzature ad alternare cavalcate feroci con il growl incisivo di Mustafa Yildiz, intrecciato perfettamente nello sviluppo strumentale, e momenti di quiete condotti dalla variegata chitarra di Cihan Akun: esempio assoluto è la title track, dodici minuti incredibili, in questo senso, che rammentano anche le traiettorie impazzite dei Blood Incantation del masterpiece Starspawn. Tante influenze all’interno dei brani, tanta capacità di amalgamare in modo fluido strutture e suoni fanno di questo debutto un ottimo album, si spera foriero di altri sviluppi.

Tracklist
1. Revival
2. Abiogenesis
3. Visions of the Hereafter
4. Phantasmagoric Transcendence
5. Tenebrous Horizons

Line-up
Cihan Akün – Guitars, Bass, Vocals (additional), Songwriting, Lyrics
Aberrant – Drums
Mustafa Yıldız – Vocals

BURIAL INVOCATION – Facebook

Funeral Tears – The Only Way Out

L’appuntamento con il nuovo lavoro targato Funeral Tears si rivela come di consueto gradito, in virtù dell’operato di un musicista che regala agli appassionati di funeral melodico esattamente ciò che avrebbero voluto ascoltare.

Quarto full length per il progetto funeral death doom Funeral Tears di Nikolay Seredov; a solo un anno di distanza da Beyond The Horizon, il musicista russo propone The Only Way Out, con l’intento di confermare i ragguardevoli livelli raggiunti con il precedente lavoro.

Diciamo subito che l’obiettivo viene raggiunto brillantemente dal nostro, il quale ha ormai acquisito quella padronanza del genere che caratterizza i migliori interpreti: l’album mostra un songwriting brillante e maturo, aggettivo che non deve far pensare ad un approccio di maniera, perché ciò in ambito doom costituirebbe una sorta di peccato mortale.
Seredov presenta un lavoro che si attesta sui tre quarti d’ora di durata, con quattro lunghi brani da dieci minuti di media più un outro: il sound è quello che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, quindi quello che bisogna attendersi è un funeral melodico, atmosferico, fluido e a suo modo orecchiabile, nonché accompagnato da un’ottima interpretazione vocale.
L’iniziale Become the God non lascia spazio a fraintendimenti: Funeral Tears è sinonimo di sonorità dolenti, malinconiche ma non disperate, in virtù di un sound avvolgente e basato prevalentemente da un lavoro chitarristico pulito, lineare ma capace di lasciare il segno a livello emotivo.
Bellissima è anche Be Humane cosi come lo è, in misura ancora superiore, Look in the Mirror, vero fulcro dell’album e traccia in cui il lavoro compositivo di Nikolay appare focalizzato al meglio sul versante dell’evocatività.
La successiva title track appare leggermente meno intensa, forse perché la tensione viene attenuata da qualche passaggio interlocutorio di troppo, ma è un peccato veniale perché anche qui le corde dell’emotività vengono vellicate a sufficienza.
L’appuntamento con il nuovo lavoro targato Funeral Tears si rivela come di consueto gradito, in virtù dell’operato di un musicista che regala agli appassionati di funeral melodico esattamente ciò che avrebbero voluto ascoltare.

Tracklist:
1. Become the God
2. Be Humane
3. Look in the Mirror
4. The Only Way Out
5. Outro

Line-up:
Nikolay Seredov – Everything

FUNERAL TEARS – Facebook

EVADNE

Il video di Colossal, dall’album A Mother Named Death (Solitude Productions).

Il video di Colossal, dall’album A Mother Named Death (Solitude Productions).

EVADNE – COLOSSAL (Official Live Session Video) taken from the album “A MOTHER NAMED DEATH” (SOLITUDE PRODUCTIONS, 2017)
Music by EVADNE.
Recorded live in PKO STUDIOS by SERGIO PEIRÓ.
Mixed & Mastered in SP ESTUDIOS by SERGIO PEIRÓ.
Recording Assistants FRANK LOZANO & ANDRÉS GOLBURU.
Directed by RUBÉN FIVVECORE.
Video Composition, Camera, Lights & FX by RUBÉN FIVVECORE & CARLOS GESSLER.
Color Grading by RUBÉN FIVVECORE.
Produced by EVADNE, SERGIO PEIRÓ & FIVVECORE GESSLER STUDIOS.

Facebook: https://www.facebook.com/EvadneOfficial
Band website: http://www.evadne.es
Solitude Productions: https://solitude-prod.com/?sl=en
Bandcamp: https://evadne.bandcamp.com/

-Colossal-
Forgotten. Dethroned. Devoid of all hope. Unseen for the rest. So easy is to lose, so easy to fall from grace. At the feet of a world, that tramples you day by day.
Lost in endless days. Yearning worn old times. Drained by sorrow. My acts feed your madness. And my soul drowns without solace.
Fades the sun, and fade the words. Blind and speechless face off this open scar.
Slowly and gently, cradle me in your cold arms every night. Oppresses me and whispers…
Holocaust of a dying soul. That clings to a meaningless life. Screaming and bleeding from within. Dismantling your poor existence. Under a mantle of solitude. Your life escapes through your fingers. Between my arms, once again.
Stranded in a strange world. Anchored to past. Drained by sorrow. My acts feed your madness, one by one. And my soul is drowning…
Forgotten. Dethroned. Devoid of all hope. Unseen for the rest. So complicated to find. A dying ember of light. The sorrow embrace me. And together we hold the weight of this colossal wound.