Voland – Voland 2

Questo ep è un’opera assolutamente fuori dal comune, frutto di un lavoro impressionante e molto ben centrato, per uno dei gruppi più particolari ed originali che abbiamo in Italia.

I Voland sono un duo di Bergamo formato nel 2006 e dedito al black death metal.

I membri dei Voland sono anche nel grande gruppo black Veratrum, e come Voland hanno all’attivo due ep che si possono scaricare entrambi dal loro bandcamp. Voland 2 è il loro ultimo ep del 2017, dedicato al centenario della rivoluzione bolscevica del 1917.
Il disco è un interessante concentrato di black metal sinfonico con sconfinamenti in campo death, ma la ragione sociale rimane il nero metallo. Il disco è molto potente ed evocativo ed esprime tutto l’amore per la cultura russa del duo. Voland 2 è anche frutto di una esauriente ricerca storica, andando a ricercare le cose sotto la superficie. Fin dall’iniziale 1917 l’afflato è epico e magniloquente e si capisce subito che i Voland sono un gruppo al di fuori della media, sia per la musica che per i testi. La musica è un black che ha qualcosa dei loro inizi atmosferici, ed è molto coinvolgente, suonata con potenza e ad ampio respiro: chiudendo gli occhi e ascoltando l’ep si possono facilmente immaginare gli ampi spazi della Madre Russia in fermento a causa dei bolscevichi che spezzano un’oppressione millenaria. Come sia andata a finire è sotto gli occhi di tutti, ma l’intento del disco è quello di far capire l’immensa portata della Rivoluzione del 1917, che non ha eguali nella storia dell’uomo. Il black in questo caso è il mezzo perfetto per veicolare la storia attraverso coordinate inusuali e molto più intuitive di un trattato di storia. La musica è di ottima fattura, come anche i testi che sono davvero notevoli e contribuiscono in maniera decisiva alla riuscita della cosa. Questo ep è un’opera assolutamente fuori dal comune, frutto di un lavoro impressionante e molto ben centrato, per uno dei gruppi più particolari ed originali che abbiamo in Italia.

Tracklist
1.1917
2.Ottobre
3.Dubina
4.Outro

Line-up
Rimmon – Vocals
Haiwas – Instruments

VOLAND – Facebook

Ancient Oak Consort

Il lyric video di “The Race”, dall’album Hate, War, Loven (Revalve Rrecords).

Il lyric video di “The Race”, dall’album Hate, War, Loven (Revalve Rrecords).

Ancient oak Consort has released the first Lyric video for the song “The Race” taken from the last album Hate, War, Love.

Listen album at: https://spoti.fi/2EfDb87
https://www.revalverecords.com/AncientOakConsort.html
https://www.facebook.com/revalverecords/

Ancient Oak Consort was born in 1995, founded by Andrea Vaccarella (composer/guitarist). The 1th album Ancient Oak, released in 1997; the 2th album The Acoustic Resonance of Soul, released in 2006. Ancient Oak Consort is a Rock-Progressive-Metal band with Chamber Music and Mediterranean Folk influences. Ancient Oak Consort is a project composed of 3 fixed members and special guests. Why “Consort”? Because in Renaissance music “Consort” means that some musicians play music with the founding musicians. The important thing is the use of classic guitar and the compositions of chamber music inspired by great composers like Ennio Morricone, Nino Rota.

Mortuous – Through Wilderness

Chi ama queste sonorità le troverà maneggiate con dovizia e competenza dai Mortuous, tra suoni ribassati, growl catacombali, assoli ficcanti e micidiali rallentamenti che in certi momenti spostano il sound sul versate di un vero e proprio death doom,

Dopo due demo risalenti ai primi anni del decennio, approdano oggi al loro primo full length i Mortuous, band formata da elementi già piuttosto attivi all’interno della scena death californiana.

Il genere nelle intenzioni del quartetto di San José, è quanto mai aderente alla tradizione americana portando cosi gli ascoltatori a ad esplorare i meandri più cupi e malsani di un sound che si rifà ai vari Incantation, Morbid Angel e Autopsy (e non è un caso se troviamo come ospite sull’album la coppia Reifert-Coralles).
Il risultato che ne scaturisce è notevole perché chi ama queste sonorità le troverà maneggiate con dovizia e competenza dai Mortuous, tra suoni ribassati, growl catacombali, assoli ficcanti e micidiali rallentamenti che in certi momenti spostano il sound sul versate di un vero e proprio death doom, come per esempio nella seconda metà di Screaming Headless nella quale l’uso anche del flauto richiama addirittura i Cathedral del seminale Forest Of Equilibrium, ma al di la di questo è il death più puro canonico e soddisfacente che occupa quasi per intero il proscenio, per la soddisfazione di chi ama le band citate quali quali di ispirazione per gli ottimi Mortuous.

Tracklist:
01. Beyond Flesh
02. Bitterness
03. Chrysalis of Sorrow
04. The Dead Yet Dream
05. Anguish and Insanity
06. Through Wilderness
07. Prisoner Unto Past
08. Screaming Headless
09. Subjugation of Will

Line-up:
Colin Tarvin – guitar
Mike Beams – vocals, guitar
Clint Roach – bass
Chad Gailey – drums

Guests:
Chris Reifert (guest vocals on “The Dead Yet Dream” and “Anguish And Insanity”)
Danny Coralles (solo on “The Dead Yet Dream”)
Derrel Houdashelt (solo on “Through Wilderness”)
Teresa Wallace (flute on “Screaming Headless”)

MORTUOUS – Facebook

Sodom – Partisan

Passano gli anni ma i Sodom continuano il massacro a colpi di mitragliate thrash metal che non fanno prigionieri, con due rasoiate che solleticano l’appetito dei fans in procinto di essere sfamati a dovere con l’imminente full length.

Una nuova uscita dei Sodom è sempre motivo per scrivere due righe, non fosse altro per l’importanza che la band tedesca ha avuto nella storia del thrash metal europeo.

I Sodom tornano con una nuova formazione che vede, oltre al mastermind Tom Angelripper, Frank Blackfire e Yorck Segatz alle chitarre e Husky alla batteria, ed un ep di tre brani composto da due inediti (la title track e Conflagration) ed un brano live estratto dalla performance che il gruppo ha tenuto al Rock Hard Festival di quest’anno (Tired & Red).
Passano gli anni ma i Sodom continuano il massacro a colpi di mitragliate thrash metal che non fanno prigionieri, con due rasoiate che solleticano l’appetito dei fans in procinto di essere sfamati a dovere con l’imminente full length.
Il brano dal vivo risulta il classico bombardamento sonoro a cui la band ci ha abituato in tale sede da oltre trent’anni, anche se la proposta in verità appare un po’ striminzita, potendo al contrario essere più esaustiva con qualche minuto di live in più.
Quindi accontentiamoci ed aspettiamo il nuovo lavoro che si preannuncia come l’ennesima tellurica opera da parte di una band ancora capace di esaltare i suoi ammiratori.

Tracklist
1. Partisan
2. Conflagration
3. Tired & Red (Live at the Rock Hard Festival 2018)

Line-up
Tom Angelripper – bass, vocals
Frank Blackfire – guitars
Yorck Segatz – guitars
Husky – drums

SODOM – Facebook

One Tail, One Head – Worlds Open, Worlds Collide

Ferocia black, attitudine rivolta verso gli antichi suoni della fredda Norvegia: un altro bel disco dalla scena di Trondheim.

Attesa durata circa 10 anni, ma ora finalmente è arrivato il primo full length di One Tail, One Head per l’etichetta Terratur Possession, da sempre attenta alle sonorità norvegesi black underground.

Anno importante il 2018 per il Nidrosian Black Metal, che ha visto lo stupefacente esordio dei Mare, per me tra i dischi dell’anno, e che ora ci propone un’altra opera proveniente da Trondheim, dove lo spirito del puro black regna sovrano intrecciato ad atmosfere ancestrali e dal forte aroma ritualistico. Nella formazione della band che purtroppo ha annunciato lo scioglimento, si intrecciano musicisti che hanno una storia importante all’interno della scena underground scandinava. Ritroviamo Sundli, drummer sia degli attuali Mare che, in passato, di Aptorian Demon (qualcuno ricorderà Libertus splendida e furente opera del 2012), Luctus, qui vocalist, ma chitarrista nei leggendari Behexen e bassista sempre nei Mare, Dark Sonority e Celestial Bloodshed e infine Asli, chitarra nei grandiosi Vemod. Tutti artisti che vivono il black e conoscono un’ispirazione sincera per questa arte pura e multiforme. Epitaffio adeguato è Worlds Open, Worlds Collide dove rifulge un feroce black che nasconde al proprio interno una certa attitudine punk e la capacità di intrecciare atmosfere disperate e antiche nella propria trama sonora, dieci brani viscerali che non colpiscono immediatamente ma mostrano lentamente la propria anima irrequieta (la title track) e la propria disperazione (Stellar Storms), affondando i denti nella scuola norvegese ma capaci di dosare i momenti frenetici condotti dai riff delle chitarre con momenti più introspettivi dal taglio psichedelico offerti dal synth. Sonic landscapes con afflato cosmico, in An Utter Lack of Meaning, Hitherto Unbeknownst, Suddenly Revealed, ci danno tregua prima degli attacchi sferzanti e incompromissori di Firebirds e Rise in Red, in cui la furia è incontrollabile e lo scream disarticolato rappresenta un valore aggiunto. I dieci minuti finali di Summon Surreal Surrender suggellano l’opera con un intreccio strumentale sempre feroce ma capace di finezze (un grande basso) che li porta su lidi dal taglio maggiormente progressivo e foriero di sviluppi in una futura rinascita della band. Ottima opera degna di attenzione in questo fecondo 2018.

Tracklist
1. Certainly Not
2. Arrival, Yet Again
3. Worlds Open, Worlds Collide
4. Stellar Storms
5. An Utter Lack of Meaning, Hitherto Unbeknownst, Suddenly Revealed
6. Firebirds
7. Sordid Sanctitude
8. Rise in Red
9. Passage
10. Summon Surreal Surrender

Line-up
ⷚ – Drums
Åsli – Guitars
Luctus – Vocals
Andras Marquis T. – Bass

ONE TAIL, ONE HEAD – Facebook

Breath Of Nibiru – Skyline Bazaar

Ultimamente il trend nel genere è quello di lasciare spazio alla forma canzone che in Skyline Bazaar, invece, manca del tutto o quasi a favore della mera tecnica strumentale che, è bene ribadirlo, è di livello assoluto; alla fine, mai come in questo caso, il gradimento o meno dell’opera è demandato all’approccio alla materia musicale da parte dei singoli ascoltatori.

Tecnica enorme, produzione sfavillante ma pochissime emozioni.

Si potrebbe riassumere così la musica contenuta in quest’opera strumentale dei Breath Of Nibiru, duo internazionale composto dal chitarrista italiano Gianluca Ferro (Bouncing The Ocean, Doomsword, Time Machine) e dal batterista statunitense Nick Pierce (Unearth, The Faceless, Culling the Weak), freschi di firma con la nostrana Volcano Records, che promuoverà Skyline Bazaar, già pubblicato in Giappone dalla King Records e ha strappato un’opzione per il prossimo lavoro del duo con uscita prevista entro il 2019.
L’album è un lavoro interamente strumentale , dalle atmosfere sci-fi e pregno di soluzioni progressive moderne e di matrice djent, una lunga cascata di solos e soluzioni ritmiche assolutamente geniali, che sottolineano l’immensa tecnica di questi due maestri del proprio strumento, in un viaggio avanguardistico nel metal progressivo.
Detto ciò, l’ascoltatore non avvezzo alla scena progressive/djent o alle opere dei maghi dello strumento verrà sopraffatto dalla cascata di note dalle difficoltà tecniche mostruose, ma dalla poca sensibilità.
Skyline Bazaar è un album suonato da musicisti eccezionali e rivolto ad altri musicisti o appassionati che si crogiolano in diavolerie tecniche, ma che non lascia trasparire quel poco di feeling necessario per rendere il tutto più fruibile a noi comuni mortali.
Ultimamente il trend nel genere è quello di lasciare spazio alla forma canzone che in Skyline Bazaar, invece, manca del tutto o quasi a favore della mera tecnica strumentale che, è bene ribadirlo, è di livello assoluto; alla fine, mai come in questo caso, il gradimento o meno dell’opera è demandato all’approccio alla materia musicale da parte dei singoli ascoltatori.

Tracklist
1.Road to Sunrise
2.Pandoras Dimension
3.Parallels
4.Additive
5.A Djinns Illusion
6.Unmasking the Jesper
7.Prisms
8.Exiled in Siberia
9.Skyline Bazaar

Line-up
Gianluca Ferro – Guitar
Nick Pierce – Drums

BREATH OF NIBIRU – Facebook