Burning Witches – Hexenhammer

Hexenhammer risulta così un album perfetto per i fans del genere, una raccolta di brani che poggia su riff, solos taglienti, mid tempo potentissimi ed un tocco magico di thrash teutonico che potenzia ancora di più l’impatto di brani scritti per esaltare i seguaci che, da sotto il palco, assisteranno al rito stregonesco consumato dalle Burning Witches.

La Nuclear Blast non si è fatta sfuggire quella macchina da guerra metallica chiamata Burning Witches e così Hexenhammer, secondo album delle streghe svizzere, esce con in bella mostra il logo della label metal più importante del pianeta, un traguardo preventivato da molti, dopo l’uscita del debutto omonimo dello scorso anno.

Le cinque vestali del metal più classico non tradiscono gli amanti del genere licenziando un lavoro dinamitardo, potente e in grado di far luccicare gli occhi agli adepti del sound ottantiano, ultimamente rinvigorito dal buon lavoro fatto dai Judas Priest.
E proprio dalla band di Rob Halford si parte per parlare di questo concept sul Malleus Maleficarum, testo sulla repressione della stregoneria scritto nel 1487, qui contrastato a colpi di heavy metal classico.
Judas Priest, Accept, Doro, tra lo spartito di questo lavoro troverete di che crogiolarvi con queste band che rappresentano le influenze primarie di queste cinque ragazze.
Hexenhammer risulta così un album perfetto per i fans del genere, una raccolta di brani che poggia su riff, solos taglienti, mid tempo potentissimi ed un tocco magico di thrash teutonico che potenzia ancora di più l’impatto di brani scritti per esaltare i seguaci che, da sotto il palco, assisteranno al rito stregonesco consumato dalle Burning Witches.
L’album parte spedito con Executed e Lords Of War, brani che presentano nel migliore dei modi quello che andrete ad ascoltare: un heavy metal con tutte le caratteristiche ed i cliché del caso, niente che non sia perfettamente incastonato nel genere risultando un gioiellino per chi si nutre di queste sonorità.
Ancora Maiden Of Steel, la title track e Possession ribadiscono l’ottima vena di questo lavoro che lascia alla leggendaria cover di Holy Diver il compito di salutarci, prima che le fiamme avvolgano la catasta di legna su cui brucia, maledicendo gli astanti, l’ennesima vittima dell’ottusa e crudele inquisizione.

Tracklist
1. The Witch Circle
2. Executed
3. Lords Of War
4. Open Your Mind
5. Don’t Cry My Tears
6. Maiden Of Steel
7. Dungeon Of Infamy
8. Dead Ender
9. Hexenhammer
10. Possession
11. Maneater
12. Holy Diver

Line-up
Seraina – Vocals
Romana – Guitar
Sonia – Guitar
Jay – Bass
Lala – Drums

BURNING WITCHES – Facebook

The Order Of Apollyon – Moriah

Se la base di partenza possono essere i Behemoth dello scorso decennio, il tutto viene pervaso da quell’idea obliqua di metal estremo che è caratteristica delle band francesi: quello che ne scaturisce è un album di grande spessore, forse non particolarmente originale, ma trascinante dalla prima all’ultima nota.

Moriah è il terzo full length per i The Order Of Apollyon, band nata alla fine dello scorso decennio con una configurazione transnazionale ma, oggi, al 100% composta da musicisti francesi guidati dal fondatore BST (Sébastien Tuvi), conosciuto per la sua passata militanza negli Aosoth e quella attuale nei notevoli VI.

Assieme a musicisti gravitanti nell’area di band già abbastanza note nella scena estrema transalpina, come Temple Of Baal, Merrimack e Decline Of The I, BST mette in campo un’interpretazione impeccabile del black death, riuscendo a conferire ad Ogni brano una sua fisionomia melodica pure senza far mai scemare la potenza di fuoco del sound.
Se la base di partenza possono essere i Behemoth dello scorso decennio, il tutto viene pervaso da quell’idea obliqua di metal estremo che è caratteristica delle band francesi: quello che ne scaturisce è un album di grande spessore, forse non particolarmente originale, ma trascinante dalla prima all’ultima nota, in virtù di una fruibilità che sembrerebbe a prima vista cozzare con la ferocia esibita e con l’incessante ringhio del leader.
Moriah trova pace solo a tratti, quando qualche attimo di tregua fa capolino nell’incipit di The Lies Of Moriah e Soldat, ma per la sua totalità i The Order Of Apollyon infliggono all’ascoltatore una gragnuola di colpi mortali che sfiorano il death più tetragono in Rites Of The Immolator, per poi aprirsi alla maggiore penetrazione di un brano magnifico come Grey Father, seguito dall’altrettanto efficace The Cradle, melodicamente irresistibile nella sua seconda parte, e da una The Original Cries Of Jerusalem che richiama i Rotting Christ più corrosivi.
Quello che si perde in varietà stilistica viene riacquistato con gli interessi grazie alla veemenza immessa sul piatto da un gruppo capace di manipolare con naturalezza ed efficacia sonorità che, altrimenti, avrebbero rischiato di trasformarsi un invalicabile muro di riff.
Moriah non ci consegna una band capace di riscrivere la storia del genere ma certo è che l’ascolto di album cosi ben costruiti ed eseguiti non deve mai apparire un qualcosa di scontato e, a tutto questo, va aggiunta una buona capacità di sintesi che spinge il quartetto a perseguire uno stile molto più diretto rispetto a quanto fatto dai singoli musicisti all’interno di alcune delle loro altre band.
Una bella sferzata di ragionata violenza che assunta a intervalli regolari non può che migliorare l’umore.

Tracklist:
1. The Lies Of Moriah
2. Rites Of The Immolator
3. Grey Father
4. The Cradle
5. The Original Cries Of Jerusalem
6. Trident Of Flesh
7. Soldat
8. A Monument

Line-up:
B.S.T. – Vocals, Guitars
S.K. – Drums
S.R. – Guitars, Vocals
A.K. – Bass, Vocals

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Gunfire – Gunfire

Gunfire, per i più giovani e per chi non si imbatté all’epoca nel quartetto marchigiano è una bomba heavy metal, di quelle che non si possono solo archiviare come reperto storico essendo la prova di come, in quegli anni e con tutte le difficoltà del caso, anche nel nostro paese si suonasse metal di prim’ordine.

La Jolly Roger conferma la sua assoluta importanza per i suoni classici battenti bandiera tricolore con l’uscita di questo nuovo formato dello storico ep omonimo dei Gunfire, metal band marchigiana fondata addirittura dal 1981.

L’ep in questione fu rilasciato dal gruppo nel 1984 dopo la pubblicazione di un demo avvenuta nello stesso anno, che la Jolly Roger aggiunge per intero in questa nuova veste con l’aggiunta del brano Fire Cult e la versione live di Thunder Of War.
Gunfire, per i più giovani e per chi non si imbatté all’epoca nel quartetto marchigiano è una bomba heavy metal, di quelle che non si possono solo archiviare come reperto storico essendo la prova di come, in quegli anni e con tutte le difficoltà del caso, anche nel nostro paese si suonasse metal di prim’ordine, ispirato ovviamente dalla New Wave Of British Heavy Metal e dagli inossidabili Judas Priest, ma con una potenza power tutta farina del sacco di un gruppo che dovette poi aspettare vent’anni prima di vedere pubblicato il suo primo full length (Thunder of War 2004).
Hard Steel, Thunder Of War, la title track e la priestiana Wings Of Death, alle quali vengono affiancate le versioni apparse sul primo demo e le altre dinamitarde canzoni, escono in tutta la loro potenza metallica facendo sanguinare altoparlanti e lacrimare occhi in una discesa senza freni fino alle origini dell’heavy metal tricolore.
La band ha pubblicato il bellissimo Age Of Supremacy nel 2014, è poi apparsa dal vivo alla FIM di Genova in forma smagliante con il solo cantante Roberto “Drake” Borrelli della formazione originale, per poi far perdere le proprie tracce fino alla pubblicazione di questa importante ristampa che si spera possa essere foriera di ulteriori novità.

Tracklist
1.Intro
2.Hard Steel (EP Version)
3.Thunder Of War (EP version)
4.Gunfire (EP Version)
5.Wings Of Death (EP Version)
6.Firecult
7.Gunfire (Demo Tape)
8.Thunder Of War (Demo Tape)
9.The Sea Be Your Grave (Demo Tape)
10.Hard Steel (Demo Tape)
11.Bloody Way (Demo Tape)
12.Winged Horses (Demo Tape)
13.Thunder Of War (Live 1984 – Cd Bonus)

Line-up
Lord Black Cat – Guitars
Robert Drake – Vocals
Maury Lyon – Bass
Rob Gothar – Drums

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Rinunci A Satana? – Blerum Blerum

I numi tutelari sono certamente Led Zeppelin e quei disgraziati di Birmingham che riuscirono miracolosamente a scampare ad una vita in fabbrica, e questo materiale in mano a Marco Mazzoldi e e Damiano Casanova diventa un bellissimo reinventare l’occasione per esplorare nuovi lidi, il tutto con visionarietà psichedelica e tanta ironia che li rende un gruppo unico nel panorama italiano e non solo.

Seconda prova per il miglior power duo italiano di sempre, e dire che ve ne sono in giro di coppie musicali, ma nessuna come questi due.

Dopo il primo omonimo disco del 2016 eccoli tornare sul luogo del delitto con una seconda prova ancora migliore. Il genere non è bene definito, poiché i Rinunci a Satana? sono una lunghissima jam che parte dai loro cervelli per arrivare ai nostri, e in questo viaggio si toccano diversi lidi come lo stoner, il prog, lo sludge e il rock and punk alla maniera degli Mc5 e della feccia bianca anni sessanta e settanta. Dimenticatevi le coppie chitarra e batteria un po’ azzimate ed indie che si sono affermate in questi anni, perché qui troverete solo furia e fantasia musicale nelle loro forme più pure e sporche al contempo, un ribollire di note e di creatività che vi colpiranno al cuore. I numi tutelari sono certamente Led Zeppelin e quei disgraziati di Birmingham che riuscirono miracolosamente a scampare ad una vita in fabbrica, e questo materiale in mano a Marco Mazzoldi e e Damiano Casanova diventa un bellissimo reinventare l’occasione per esplorare nuovi lidi, il tutto con visionarietà psichedelica e tanta ironia che li rende un gruppo unico nel panorama italiano e non solo. Ad esempio la settima traccia, La Serata del Gourmet, è un pezzo molto prog anni settanta suonato senza chitarra ma con un synth comandato da una scheda Arduino, ed è un qualcosa di clamoroso. Gli anni settanta ed il loro immaginario sono molto presenti nel disco, dato che è da lì che parte tutto. Quell’epoca fu una fucina immensa di nuovi suoni e di ricerca musicale, l’esatto opposto del pantano mentale e creativo nel quale siamo oggi; allora la direzione era settata unicamente verso l’avanti, oggi su pausa. Non c’è una canzone che annoi, un riempitivo o un calo di divertimento e di soddisfazione. Il lavoro della chitarra è incessante e la batteria è essa stessa una chitarra che pulsa insieme alla titolare. Fughe in avanti senza ritorno, musica senza rimorso in nessun caso, ottime idee e un suono originale ed unico. Non si può rinunciare ai Rinunci a Satana?. Uno dei migliori gruppi italiani underground, e cotanta bellezza è in download libero.

Tracklist
01 Valhalla Rising
02 La Veneranda Fabbrica del Doomm
03 Blerum
04 Blerum
05 Salice Mago
06 Niente di nuovo sul fronte occidentale
07 La serata del Gourmet
08 Chi sta scavando?
09 Dr. Tomas ragtime blues

Line-up
Damiano Casanova – Chitarra
Marco Mazzoldi – Batteria

RINUNCI A SATANA? – Facebook

EXPERIOR OBSCURA

Il video di “Awake, Waking!”, dall’album “Iter In Nebula” in uscita a febbraio (Third-I-Rex).

Il video di “Awake, Waking!”, dall’album “Iter In Nebula” in uscita a febbraio (Third-I-Rex).

First single taken from the upcoming debut album of Experior Obscura “Iter In Nebula”, out in February via Third-I-Rex!

Experior Obscura is not an ordinary black metal act. Its founder Nefastus has been lurking in the Italian black metal underground for almost two decades, taking various identities during his journey.
Better known lately for his participation in Malvento, he has somehow found a way to channel his musicianship in this new revelation of torbid and obscure black metal a few years back yet left unchallenged by any label aiming to support him.
Proudly, Third I Rex will give to the present masterpiece the physical support it deserves, unleashing “Iter In Nebula” in a limited digipack edition.
A jump in a new dimension, where visible and invisible are joined and darkness forever reigns.

releases February 28, 2019

EXPERIOR OBSCURA is Nefastus.
Nefastus – Vocals, Guitars, Bass, Programming