Fallujah – Undying Light

Un lavoro sicuramente in grado di riconciliare parzialmente con un genere che negli ultimi tempi ha offerto la solita minestra, fatta di tecnica esasperata e poca lucidità compositiva, a parte qualche eccezione tra cui aggiungiamo Undying Light.

Il technical death metal è un genere molte volte di difficile comprensione se non si è musicisti o amanti dei virtuosismi, aldilà di una forma canzone molte volte penalizzata da labirintiche e cervellotiche corse a rincorrere la perfezione tecnica.

In questo periodo l’alternanza di lavori più o meno riusciti ha portato il genere ad essere manipolato con cautela dagli ascoltatori e dagli addetti ai lavori, sempre in dubbio se premiare la mera tecnica o l’importantissimo lato compositivo.
Per gli statunitensi Fallujah, tornati dopo tre anni dal precedente lavoro, l’abilità tecnica risulta al servizio di brani con una loro precisa connotazione, legati al metal estremo moderno in modo indissolubile, tra scorie deathcore e progressive.
La band californiana tecnicamente è fuori categoria, ma non esagera mai con inutili fronzoli circensi, cercando atmosfere e sfumature che possano lasciare una traccia sulla strada presa a livello compositivo.
Grande lavoro ritmico, atmosfere animate da un velo psichedelico e voce scream di stampo core: i Fallujah partono da questi tre punti fermi costruendoci intorno ricami progressivi e digressioni estreme come nell’opener Glass House, in Dopamine e tra le atmosfere di The Ocean Above.
Un lavoro sicuramente in grado di riconciliare parzialmente con un genere che negli ultimi tempi ha offerto la solita minestra, fatta di tecnica esasperata e poca lucidità compositiva, a parte qualche eccezione tra le quali aggiungiamo appunto Undying Light.

Tracklist
1. Glass House
2. Last Light
3. Ultraviolet
4. Dopamine
5. The Ocean Above
6. Hollow
7. Sanctuary
8. Eyes Like The Sun
9. Distant And Cold

Line-up
Antonio Palermo – Vocals
Scott Carstairs – Guitars & vocals
Robert Morey – Bass
Andrew Baird – Drums

FALLUJAH – Facebook

Former Friends – Late Blossom

In Late Blossom c’è tutto ciò che potrebbe essere l’indie alternative in Italia se fatto con umiltà e talento, con uno sguardo deciso oltre i nostri confini, tenendo ben presente cosa sia la nostra tradizione.

Freschezza, potenza e un gran bell’intuito per melodie e ritornelli irresistibili.

I Former Friends sono un giovane gruppo di Cosenza, non si inventano nulla di nuovo ma lo fanno a modo loro e ciò è già molto importante. I nostri hanno un inizio di carriera molto inusuale, dato che la loro prima uscita è Friends For A Week, un ep che ha marcato un confine netto fra ciò che erano e ciò che sono e saranno. A seguito di questo ep esce un disco di loro brani rivisti e suonati dal vivo in saletta per The Garage Session, Behind Closed Doors. I Former Friends vibrano, sono uno di quei gruppi che quando si allineano tutti come se fossero dei pianeti le cose esplodono e vanno benissimo. Questi ragazzi hanno un grandissimo intuito per fare musica e lo si sente subito, la materia indie nelle loro mani scorre molto bene. Il tiro è notevole, e i riferimenti li troviamo nella scuola inglese degli ultimi anni, con una spruzzata di suoni a stelle e strisce. In Late Blossom c’è tutto ciò che potrebbe essere l’indie alternative in Italia se fatto con umiltà e talento, con uno sguardo deciso oltre i nostri confini, tenendo ben presente cosa sia la nostra tradizione. Un disco come questo è difficile da ignorare, ci sono dei difetti, ma le potenzialità della band sono davvero tante e quello che si sente qui è qualcosa che non si ascolta con facilità, perché l’incedere è profondo, si cambia spesso registro e le cose non sono mai quello che sembrano. Un difetto è la produzione troppo piatta, in quanto con suoni più potenti questi ragazzi farebbero piangere i nostri amplificatori, ma è solo un particolare. Il passaggio più arduo per i Former Friends, dopo un disco come questo, sarà continuare andando avanti con gli anni, perché questo disco ha una forte spinta derivante dalla loro giovane età per cui vediamo come andrà. Nel frattempo, nel qui ed ora va molto bene.

Line-up
Andrea Alberti
Marco Pucci
Luca Parise
Lorenzo Gagliardi

FORMER FRIENDS – Facebook

GO ASK ALICE

Il video di The Sudden Dream, dall’album Ten Little dreams (and one bonus nightmare) (La Bel Netlabel).

Il video di The Sudden Dream, dall’album Ten Little dreams (and one bonus nightmare) (La Bel Netlabel).

Il genere umano ha sempre guardato alle stelle come al proprio destino.
Per questo, infaticabile e testardo, scala da sempre le vette più alte per arrivarci il più vicino possibile.
Egli sa che questo è impossibile, ma ha il coraggio necessario per provarci lo stesso. Questo è scritto nel segno: il capricorno.

Hex A.D. – Netherworld Triumphant

Netherworld Triumphant risulta quindi un ritorno altamente riuscito da parte della band norvegese, altra ottima band dalle sonorità vintage in arrivo da quel paradiso musicale che è la penisola scandinava, almeno per quanto riguarda le sonorità rock e metal.

Terzo full length per i rockers norvegesi Hex A.D., quartetto che fa delle sonorità vintage la sua prerogativa.

La band norvegese asseconda la tradizione scandinava per i suoni hard rock di matrice settantiana, li potenzia con mid tempo di ispirazione doom classica e li personalizza con atmosfere progressive, per un risultato che va oltre le aspettative, almeno per chi ancora non si era imbattuto nei suoi lavori.
Netherworld Triumphant è dunque un album che soddisferà non poco gli amanti del rock pesante di matrice classica, un mix perfetto di Deep Purple, Uriah Heep e primi King Crimson, votati alla musica del destino.
Himmelskare funge da intro prima che il gruppo capitanato dal vocalist e chitarrista Rick Hagan cominci a disegnare su uno spartito vintage tappeti di musica maggiormente progressiva, nelle due parti della title track che formano dieci minuti abbondanti di rock duro di ottima qualità.
L’uso dell’hammond conferisce quel tocco lordiano ai brani che risultano il punto di forza del sound firmato dagli Hex A.D., i quali continuano a macinare grande rock con il doom sabbathiano della pesantissima Warchild, brano potente ed evocativo perfetto per chi ama in egual misura Black Sabbath ed Uriah Heep.
Sette brani per cinquanta minuti calati alla perfezione in una musica che, se prende ispirazioni ed influenze dalle band storiche citate, si avvale di un buon songwriting che non lascia indifferenti.
La lunga Ladders To Fire chiude alla grande questo nuovo lavoro con i suoi tredici minuti di sunto compositivo, tra lenti passaggi doom, hard rock e slanci progressive.
Netherworld Triumphant risulta quindi un ritorno altamente riuscito da parte della band norvegese, altra ottima band dalle sonorità vintage in arrivo da quel paradiso musicale che è la penisola scandinava, almeno per quanto riguarda le sonorità rock e metal.

Tracklist
1. Himmelskare
2. Skeleton Key Skeleton Hand
3. Netherworld Triumphant pt. I
4. Netherworld Triumphant pt. II
5. WarChild
6. Boars On Spears
7. Ladders To Fire

Line-up
Rick Hagan – Vocal, guitar
Mags Johansen – Organ, mellotron, keyboard
‘Arry Gogstad – Bass
Matt Hagan – Drums

HEX A.D. – Facebook

Caustic Vomit – Festering Odes to Deformity

I Caustic Vomit, rispetto a molti dei validi interpreti del death doom più incompromissorio, mostrano spunti di varietà che ben si inseriscono all’interno di un contesto che, comunque, mette la melodia decisamente in secondo piano a favore dei risvolti più ruvidi del genere.

La Redefining Darkness Records, etichetta specializzata nella ricerca di realtà nascoste nei meandri più reconditi del sottosuolo musicale porta in superficie i russi Caustic Vomit i quali si rendono protagonisti di un demo d’esordio davvero notevole.

Il monicker scelto lascia pochi dubbi sul sound offerto che è un death doom primordiale soffocante, con il growl rantolante tipico delle forme più estreme del genere.
I tre brani si snodano mediamente per una decina di minuti ciascuno con il primo, Immured in Devouring Rot, che pare attingere maggiormente dalla scuola britannica dei primi anni novanta per gli accentuati rallentamenti nel finale, il secondo, Churning Bowel Tunnels, che risulta invece un esempio del più putrido death, ed il terzo, Once Coffined Malformities, che oscilla infine tra queste diverse pulsioni regalando anche intriganti parti di chitarra solista nel finale. I Caustic Vomit, rispetto a molti dei validi interpreti del death doom più incompromissorio, mostrano spunti di varietà che ben si inseriscono all’interno di un contesto che, comunque, mette la melodia decisamente in secondo piano a favore dei risvolti più ruvidi del genere.

Tracklist:
1. Intro / Immured in Devouring Rot
2. Churning Bowel Tunnels
3. Once Coffined Malformities

Line-up:
M. – Bass
L. – Drums, Lyrics
R. – Guitars
S. – Guitars, Vocals