Freddy Delirio And The Phantoms – The Cross

Come in una colonna sonora di un film fantasy/gothic/horror anni ottanta, Freddy Delirio ci prende per mano e ci conduce in un mondo parallelo, in cui fantasmi e spiriti si muovono attraverso il tempo in una loro dimensione ancestrale.

Uno dei musicisti più importanti della scena rock/progressive e metal tricolore, storico tastierista dei leggendari Death SS e protagonista di molti altri progetti che lo hanno visto coinvolto, torna con un nuovo album di inediti.

Federico Pedichini, conosciuto come Freddy Delirio, tramite la label genovese Black Widow licenzia The Cross, cinquanta minuti di ottima musica rock divisa in undici capitoli sotto il monicker Freddy Delirio And The Phantoms.
Come in una colonna sonora di un film fantasy/gothic/horror anni ottanta, il musicista toscano ci prende per mano e ci conduce in un mondo parallelo, in cui fantasmi e spiriti si muovono attraverso il tempo in una loro dimensione ancestrale.
Dall’opener Frozen Planets in poi questo scrigno di musica senza tempo si apre davanti a noi: le ritmiche sono da subito grintose, e l’aura metallica del brano potrebbe ingannare l’ascoltatore, caricato di energia hard & heavy anche dal secondo brano, la splendida Guardian Angel.
Ma le porte del castello posseduto si aprono con Inside The Castle, primo capolavoro di questo lavoro, un brano orchestrato su atmosfere space/horror e valorizzato da un assolo di chitarra da brividi.
Con The Circles si entra nel cuore dell’opera, un brano horror che con il successivo In The Fog disegna paesaggi grigi di bruma, illuminati dagli occhi glaciali delle fiere nascoste tra i cespugli.
L’atmosfera di The Cross, anche grazie al superbo lavoro di Delirio alle tastiere e ad assoli chitarristici che sprizzano melodie heavy come sangue da un’arteria tagliata, alterna momenti di tensione altissima con passaggi più liquidi che si avvicinano alla new wave, per poi esplodere in cavalcate prog metal (Afterlife) o dark rock (In The Forest).
La conclusiva The Ancient Monastery è anche il brano più lungo dell’album, con il quale la band si congeda con un doom/dark/rock di scuola italiana, tradizione musicale di cui è pregno The Cross, album da avere a prescindere dai generi a cui si ispira.

Tracklist
01. Frozen Planets
02. Guardian Angel
03. Inside The Castle
04. The Circles
05. In The Fog
06. The New Order
07. Afterlife
08. In The Forest
09. Liquid Neon
10. Cold Areas
11. The Ancient Monastery

Line-up
Freddy Delirio: Vocals, keyboards, guitars, bass and drums

Special guests:
Vincent Phibes: Guitar solos and clean guitars on “In the fog”, “Cold areas” and “The ancient monastery”
Francis Thorn: Guitar solos and additional guitars on “Frozen planets”, “Guardian angel”, “Liquid neon” and “In the forest”
Lucky Balsamo: Guitar solos on “Inside the castle”, “The new order” and “The circles”
Jennifer Tavares Silveira: Female vocals
Elenaq: Female vocals
Steve Sylvester: Vocal chorus on “The new order”
Francesco Noli: Drums
Chris Delirio: Percussion

FREDDY DELIRIO – Facebook

Inner Shrine – Heroes

Heroes è un lavoro relativamente breve che gode di un’elegante levità nel suo scorrere dai tratti quasi cinematografici: l’operato del duo toscano si rivela in ogni frangente fresco ed evocativo, grazie anche ad una notevole scorrevolezza che compensa l’assenza, di fatto, di una forma canzone vera e propria.

Gli Inner Shrine sono stati una delle prime band che in Italia negli anni novanta fu in grado di accogliere le tendenze gothic doom provenienti dall’Inghilterra, per poi cercare di rielaborarle in senso operistico con l’utilizzo di più voci femminili.

In tal senso, pur nel suo apparire piuttosto acerbo al momento dell’uscita, Nocturnal Rhymes Entangled in Silence, datato 1997, è tutt’oggi da considerarsi uno degli album più importanti del genere pubblicato dalle nostre parti.
La carriera del gruppo fiorentino è stata un po’ frammentaria ma Luca Lotti, assieme al compagno della prima ora Luca Moretti, nel nuovo decennio ha ridato slancio all’attività degli Inner Shrine, prima con l’uscita di Mediceo (2010) e Pulsar (2013) e poi di questo Heroes.
Rispetto a vent’anni fa il sound ha perso oggi parte della sua asprezza per evolversi in un bellissimo metal atmosferico dalla natura per lo più strumentale dato che, salvo sporadici interventi vocali maschili, c’è un ricorso molto efficace a vocalizzi femminili di stampo operistico che in pratica assumono il ruolo di un vero e proprio strumento.
Le ariose aperture melodiche e le solenni partiture che delineano il lavoro, più che assomigliare ai modelli del gothic doom più noti, si avvicinano maggiormente ad entità particolari dello scorso secolo come gli Elend o Malleus, il tutto in una versione molto meno classica da un lato e meno intrisa di elementi dark esoterici dall’altro.
Heroes è un lavoro relativamente breve che gode di un’elegante levità nel suo scorrere dai tratti quasi cinematografici: l’operato del duo toscano si rivela in ogni frangente fresco ed evocativo, grazie anche ad una notevole scorrevolezza che compensa l’assenza, di fatto, di una forma canzone vera e propria, l’unico aspetto del lavoro che potrebbe lasciare perplesso qualcuno (penso ben pochi, però).
La rielaborazione posta in chiusura del brano Cum Gloria, originariamente presente in Mediceum, vale a rendere piuttosto evidente come il sound degli Inner Shrine si sia evoluto in qualcosa di più etereo ma pur sempre affascinante, perché l’apoteosi sinfonico atmosferica di tracce come Ode of Heroes o Gaugamela o l’incedere più dolente e malinconico di Doom e Sakura, producono un carico emotivo a tratti esaltante e così diretto che già al primo ascolto si viene avvolti in maniera inevitabile da questo magnifico lavoro, ennesima dimostrazione di come in Italia non si è secondi a nessuno quando si tratta di proporre sonorità che fondono la tradizione classica con il metal.

Tracklist:
1. Donum (Intro)
2. Akhai
3. Ode of Heroes
4. Doom
5. Firebringer
6. Guagamela
7. Sakura (Metal Version)
8. Cum Gloria (Extended Version)

Line-up:
Luca Liotti
Leonardo Moretti

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Wrong Way To Die – Wild And Lost

Uno degli indicatori della bontà di un album è quello di far premere nuovamente il tasto play alla fine dell’ascolto, e con Wild And Lost lo si fa più e più volte, perché c’è una luce particolare in questo disco, come in certe mattine nelle quali sembra che tutto l’universo possa volerti almeno un po’ di bene.

I Wrong Way To Die sono un gruppo padovano di hardcore melodico ma c’è molto di più.

Nati nel 2011, hanno debuttato sulla lunga distanza nel 2014 con Ingrates, per Redfield Digital, e hanno condiviso il palco con gruppi dal grande seguito come Texas In July e Being As An Ocean. La band si autodefinisce melodic hardcore, ma la sua musica va ben oltre questo genere , regalando molte emozioni che è poi la cosa più importante. I Wrong Way To Die sono un gruppo di talento e passione, all’interno di ogni canzone riescono sempre a trovare le soluzioni adeguate, e soprattutto allargano l’orizzonte di questo suono, rompendo i soffitti e facendoci intravedere il cielo. Nella loro musica si può sentire una linea melodica in comune con gruppi come i Deftones, quelle scalate melodiche che rimettono a posto il cervello e lo stomaco di chi ascolta. Ci sono tantissimi stop and go, tutti bellissimi e coerenti, e anche le parti maggiormente post hardcore sono molto belle. Se si volesse dare una definizione del loro suono, definizione per forza riduttiva perché è sempre la musica ed il gusto personale a comandare, si potrebbe azzardare un post hardcore progressive, perché ci sono cose in questo gruppo che vanno oltre le definizioni esistenti. I Wrong Way To Die non inventano nulla, ma lo fanno in maniera molto originale e coinvolgente, con un disco che ha una grande freschezza e al contempo un grande calore che ti avvolge e ti fa stare bene, senza contare che la resa dal vivo deve essere devastante. Uno degli indicatori della bontà di un album è quello di far premere nuovamente il tasto play alla fine dell’ascolto, e con Wild And Lost lo si fa più e più volte, perché c’è una luce particolare in questo disco, come in certe mattine nelle quali sembra che tutto l’universo possa volerti almeno un po’ di bene. Si sente molto chiaramente che il gruppo ha ascoltato e studiato molto e, mi spiace dirlo, ma se fossimo ad altre latitudini avrebbe ben altro seguito. Un disco che cerca dentro e fuori di noi alcune risposte, che sono già messe in musica proprio qui.

Tracklist
1. Orbit
2. Aimless
3. Reformed
4. Eternal
5. Fall Apart
6. The Most You Can Lose
7. The End / To Begin
8. The Glass I

Line-up
Federico Mozzo – Guitars
Vittorio Rispo – Bass
Marco Violato – Drums
Pham The Cosma Hai – Vocals

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ATHROX

Il video di Fallen Apart, dall’album Through the Mirror (Revalve Records).

Il video di Fallen Apart, dall’album Through the Mirror (Revalve Records).

Gli Athrox rilasciano il nuovo videoclip ufficiale del brano Fallen Apart, tratto dal loro ultimo album Through the Mirror uscito in autunno tramite Revalve Records.

Fallen Apart é una critica nei confronti di chi nella storia ha sempre pensato ai propri interessi e non a quelli dell’umanità, stabilendo confini immaginari che limitano la consapevolezza che, in fondo, viviamo tutti lo stesso pianeta e non ci sarebbe mai stato alcun bisogno di fare guerre.
Il videoclip è stato diretto, filmato e montato dal videomaker Alessio Mida (Visual Fx: XXL Recording Studio), con la collaborazione di Alice Macii (make up) e Giulio Romagnoli (assistant director).

https://www.revalverecords.com/Athrox.html
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Cil City – Jump Off The Cliff

Jump Off The Cliff è un buon lavoro da parte di una band dalle grandi potenzialità e vedremo se questo nuovo album la aiuterà a trovare nuovi fans anche fuori dai propri confini.

Non male il secondo lavoro di questo viennese chiamato Cil City, composto da tre musicisti di sesso maschile e da due tigri che corrispondono a Deniz Malatyali alla voce e Cornelia Gass al Basso.

Dopo il debutto intitolato Red Ocean, la band di Vienna torna alla carica con Jump Off The Cliff, un album composto otto brani dal sound ad ampio respiro, tagliente ed aggressivo, ma che sa essere anche alternativo nel suo esplorare il mondo dell’hard rock di estrazione europea.
L’Austria e la vicina Svizzera sono culle per queste sonorità, vere scuole dove molti gruppi soprattutto a livello underground hanno seguito le realtà storiche nate sul territorio e i Cil City si presentano sul mercato con un sound accattivante, dal buon groove ed un mix tra tradizione e sonorità più in linea con gli ultimi tempi in cui la parte alternativa ha sempre un suo spazio.
Ovviamente la voce della cantante fa la differenza, ammiccante e graffiante ad assecondare il roccioso sound di brani come la title track e She’s Rock’n’Roll o la vena più alternativa del rock sporcato di moderno funky della bellissima This Road Won’t Take Me Home.
Jump Off The Cliff è un buon lavoro da parte di una band dalle grandi potenzialità e vedremo se questo nuovo album la aiuterà a trovare nuovi fans anche fuori dai propri confini.

Tracklist
1.Jump Off The Cliff
2.She’s Rock ‘n’ Roll
3.Shout It Out
4.This Road Won’t Take Me Home
5.Freedom
6.Fears In My head
7.Changes
8.#8

Line-up
Deniz Malatyali – Vocals
Hal West – Guitar
Erny Hofbauer – Guitar
Cornelia Gass – Bass
Bernhard Sattra – Drums

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