Aftermath – There Is Something Wrong

Thrash metal e hardcore, progressive e crossover, sono dunque le anime che vivono nel sound degli Aftermath, che continuano la loro denuncia contro politiche dannose ed una società allo sfascio tramite una musica estrema che non manca di sorprendere per l’ottima preparazione strumentale dei protagonisti, che tra Devin Townsend e Voivod ci investono con il loro metal fuori dagli schemi e non poco riottoso.

Con There Is Something Wrong sembra di essere tornati a metà degli anni novanta, quando nel metal imperversavano le sonorità crossover e non era così raro trovarsi al cospetto di band dal sound che univa un deflagrante thrash metal, progressive e hardcore, ad accompagnare testi di denuncia politica e sociale.

Ed infatti gli Aftermath arrivano proprio da quel periodo, essendo attivi addirittura dalla seconda metà degli anni novanta, ma con l’unico album Eyes of Tomorrow licenziato (oltre a vari demo) nel 1994.
Un lungo silenzio nel corso del quale il nome del gruppo di Chicago era accomunato ad un paio di compilation ed ora il ritorno con questo nuovo e fiammante There Is Something Wrong, che con un po’ di ritardo sulla storia del crossover metal torna a far parlare di Kyriakos “Charlie” Tsiolis e compagni.
Thrash metal e hardcore, progressive e crossover, sono dunque le anime che vivono nel sound degli Aftermath, che continuano la loro denuncia contro politiche dannose ed una società allo sfascio tramite una musica estrema che non manca di sorprendere per l’ottima preparazione strumentale dei protagonisti, che tra Devin Townsend e Voivod ci investono con il loro metal fuori dagli schemi e non poco riottoso.
Partenza dallo spirito hardcore con le potenti ma lineari FFF (FalseFlagFlying), Diethanasia, Scientists And Priest e Smash, Reset, Control, poi l’album comincia a solcare lidi progressivi molto vicini ai Voivod di Angel Rat e The Outer Limits con una serie di brani che mantengono un impatto estremamente hardcore come Gaslight, Pseudocide e la title track.
Il nuovo album della storica band statunitense non troverà certo tutti gli estimatori del periodo di uscita del primo album, ma sicuramente non tradirà quei fans che non si sono dimenticati del gruppo e dell’ormai storico Eyes Of Tomorrow.

Tracklist
1.Can You Feel It?
2.False Flag Flying
3.Diethanasia
4.Scientists and Priest
5.Smash Reset Control
6.Gaslight
7.A Handful of Dynamite
8.Temptation Overthrown
9.Pseudocide
10.There Is Something Wrong
11.Expulsion

Line-up
Kyriakos “Charlie” Tsiolis – Vocals
Steve Sacco – Guitar
Ray Schmidt – Drums
George Lagis – Bass

AFTERMATH – Facebook

REDWOLVES

Il video di ‘Fenris’, dall’album ‘Future Becomes Past’ (Argonauta Records).

Il video di ‘Fenris’, dall’album ‘Future Becomes Past’ (Argonauta Records).

Music video for “Fenris” from Redwolves’ new album Future Becomes Past – available now on all platforms

Credits:

Video by Redwolves (Kasper Rebien & Rasmus Cundell)

Cast: Maiken H. Hyldeqvist-Hansen, Ea Hedegaard, Maja Carlsen, Casper Taarup, Caroline Matthiassen, Lyndon Smith, Mikkel Møller-Larsen

Thanks a lot to:
Susanne Szmyrko & Ole Rebien
Maria Bech Poulsen
Argonauta Records & All Noir PR

www.facebook.com/Redwolvesband/

www.redwolves.dk

Destroyer Of The Light – Mors Aeterna

Mors Aeterna è uno dei motivi per cui amiamo così tanto l’underground pesante.

Il terzo disco dei texani Destroyer Of The Light è semplicemente uno dei migliori dell’anno in ambito heavy.

Mors Aeterna possiede una profondità ed una complessità rarissimi da trovare in musica. Nati ad Austin in Texas, là dove per le imperscrutabili leggi del destino c’è una bellissima e florida scena musicale in uno degli stati americani più reazionari, nel 2012 i nostri sono uno di quei gruppi che compiono un’evoluzione continua e senza requie fin dai loro inizi. Nel disco troviamo stili musicali diversi, tutti funzionali al progetto superiore, come nella massoneria. Ed infatti l’occulto qui è presente in tutto, dal titolo alla copertina, dalle musiche ai testi. Mors Aeterna è una narrazione, una ricerca di qualcosa che va oltre le umane capacità ma che è insita in noi, ed in fondo l’importante è la ricerca più che lo scopo finale. Musicalmente si può trovare qualcosa come il post doom, ovvero doom fuso con il post rock, stoner, momenti di new wave, come anche di doom classico, oltre a molto altro. Quello che conta in questo caso è chiudere gli occhi ed ascoltare: ad esempio Falling Star è un pezzo commovente, un perfetto esempio di musica pesante fatta con il cuore e con il cervello posseduto da qualche entità di un’altra dimensione. Un’altra cose che colpisce dei Destroyer Of The Light è la delicatezza, la leggiadria con la quale si sviluppa la loro musica, sembra davvero che suonino con una grazie immane e bellissima. I loro suoni si diffondono nel cervello come una benefica droga oppiacea, non ci si preoccupa più di nulla, perfettamente allineati con il globo terracqueo e non solo. L’ascolto dell’album può essere fatto continuativamente, ma anche ogni singola canzone è indicata come terapia. Perché questo lavoro dei texani è qualcosa di terapico, e lo sanno fare solo i grandi gruppi. Mors Aeterna è uno dei motivi per cui amiamo così tanto l’underground pesante. Oltre all’insieme, la miriade di particolari e di intarsi distribuiti per tutto il disco vi garantiranno molti ascolti, grazie ai quali se ne comprenderà la natura profonda.

Tracklist
1. Overture Putrefactio
2. Dissolution
3. Afterlife
4. The Unknown
5. Falling Star
6. Burning Darkness
7. Pralaya’s Hymn
8. Loving the Void
9. Into the Abyss
10. Eternal Death

Line-up
Steve Colca: guitar/vocals
Keegan Kjeldsen: guitar
Penny Turner: drums
Nick Coffman: Bass

DESTROYER OF LIGHT – Facebook

Sandness – Untamed

I Sandness piazzano undici irresistibili hit che faranno la gioia dei fans del metal anni ottanta, in un contesto assolutamente moderno, facendo sì che Untamed nella sua natura old school risulti comunque un’opera targata 2019.

Al terzo album in undici anni i Sandness fanno centro con Untamed, nuovo spumeggiante lavoro che aggiusta il tiro, mira al cuore dei melodic rockers e non fa prigionieri.

Rispetto al precedente Higher & Higher, uscito tre anni fa, il sound del trio risulta infatti più diretto e melodico, animato da tonnellate di attitudine sleazy, chorus che entrano in testa al primo colpo e riff che, se come da tradizione rimangono legati all’heavy metal classico, sono benedetti da un songwriting ispirato.
Mark Denkley (basso e voce), Metyou ToMeatyou (batteria e cori) e Robby Luckets (chitarra, voce e cori) piazzano undici irresistibili hit che faranno la gioia dei fans del metal anni ottanta, in un contesto assolutamente moderno, facendo sì che Untamed nella sua natura old school risulti comunque un’opera targata 2019.
D’altronde il genere, tornato a far parlare di sé in questi ultimi tempi dopo il successo di The Dirt, versione cinematografica della biografia dei Mötley Crüe, nell’underground non ha mai smesso di far divertire i propri fans. con il nostro paese a dare il proprio contributo di gruppi e album di spessore.
Con Untamed i Sandness piantano radici sul podio di queste sonorità, grazie ad una raccolta di brani freschi, melodici e con l’anima rock’n’roll che esce prepotentemente dai solchi del singolo Tyger Bite, London, Never Givin’Up, l’irresistibile Tell Me Tell Me e tutte le altre lascive ed irriverenti tracce rivestite di spandex attillatissimi e animate da una sola parola d’ordine: divertimento.
Passi da gigante dunque per il trio nostrano con questo nuovo lavoro, consigliato senza riserve a tutti gli amanti dell’hard & heavy e delle sonorità sleazy.

Tracklist
01. Life’s a Thrill
02. Tyger Bite
03. London
04. Never Givin’ Up
05. Easy
06. Pyro
07. Radio Show
08. Tell Me Tell Me
09. Only The Youth
10. The Deepest Side Of Me
11. Until It’s Over

Line-up
Mark Denkley – Bass guitar, lead and backing vocals
Metyou ToMeatyou – Drums and backing vocals
Robby Luckets – Guitars, lead and backing vocals

SANDNESS – Facebook

Nornír – Verdandi

Discreto debutto per una band che ha iniziato un suo percorso e che si spera possa portare ulteriori frutti, magari esibendo una migliore personalità.

Inesauribile l’underground nel proporre nuovi artisti, nella fattispecie black metal, provenienti dalla città mineraria di Freiberg, in Sassonia.

I Nornír, un quartetto, di recente costituzione con all’attivo un demo del 2015 e un Ep del 2017 (Urd) e che ora, su Northern Heritage, si fa conoscere compiutamente con un full length suonato con passione e conoscenza della materia. I rimandi sono tutti verso il freddo suono scandinavo, soprattutto quello gelido degli anni 90, la cosiddetta “second wave” che ormai rappresenta, per moltissime band, fonte primaria di ispirazione e anche metro di paragone. I quattro musicisti, dallo scarno passato underground, ci scaldano il cuore con sette brani fedeli alla linea, impastando black secondo i crismi classici, tremolo picking e sezione ritmica impattante, con buone melodie dal vago sapore folk e da un sufficiente potere evocativo. Lo scream di Lethian, anche chitarrista, è viscerale e rauco al punto giusto, generando buone sensazioni e mantenendo la giusta tensione lungo lo scorrere dei brani; anche interventi in clean vocals hanno il potere di far emergere spunti interessanti come in Natt, il brano più lungo, dove l’interplay delle voci e delle chitarre è molto suggestivo aprendosi poi con vigore in un classico sviluppo black che ci riporta indietro nel tempo. Discreto debutto per una band che ha iniziato un suo percorso e che spero possa portare ulteriori frutti, magari dotati di migliore personalità. L’ottima Valhalla’s Calls in chiusura dell’opera dimostra che la band ha ottime frecce al suo arco.

Tracklist
1. Kveld
2. Vergessenheit
3. Natt
4. Transzendenz
5. Yggdrasil og nornene
6. Isvinden i nord
7. Valhalla’s Call

Line-up
Lethian – Vocals, Guitars
Angrist – Guitars (lead)
Farliath – Drums
Reineke – Bass

NORNIR – Facebook

Athanasia – The Order of the Silver Compass

Non lasciatevi ingannare dalla provenienza, perché il trio non ha nulla a che fare con il sound nato sui marciapiedi del Sunset Boulevard, anzi il metallo incendiario racchiuso in questo ottimo lavoro risulta di matrice europea, tra power metal, melodic death e hard & heavy.

Gli Athanasia sono un nuovo gruppo proveniente dagli Los Angeles, formato dal cantante e chitarrista Caleb Bingham (ex Five Finger Death Punch), dal bassista Brandon Miller e dal batterista Jason West (ex Murderdolls/Wednesday13).

Non lasciatevi ingannare dalla provenienza, perché il trio non ha nulla a che fare con il sound nato sui marciapiedi del Sunset Boulevard, anzi il metallo incendiario racchiuso in questo ottimo lavoro intitolato The Order of the Silver Compass risulta di matrice europea, tra power metal, melodic death e hard & heavy.
Tedesco/scandinavo, così si potrebbe definire la matrice del sound creato dagli Athanasia, che offrono mezz’ora abbondante di musica divisa in otto brani uno più bello dell’altro.
L’approccio melodico si alterna con sfuriate estreme gelide come il vento che soffia dai paesi scandinavi, le atmosfere drammatiche ed un tocco progressivo tradiscono a tratti la nazionalità a stelle e strisce, lasciata solo intravedere, mentre il power death metal melodico regna sovrano tra i solchi di piccoli gioiellini metallici come l’opener Read Between The Lines, la title track, Cyclops Lord e Nightmare Sound.
L’album offre un’altalena imperdibile di metal estremo e classico, tra sfumature melodiche di alto livello e hard & heavy sfoggiato in refrain dall’appeal altissimo, con l’ottima la prova di Bingham al microfono, alle prese con clean e scream, e alla chitarra, con la quale sciorina riff di scuola classica, e dei suoi due compari a formare una sezione ritmica rocciosa e varia.
La conclusiva metal ballad WhiteHorse chiude benissimo un album che lascerà a bocca aperta i fans dei generi citati, assolutamente accontentati in toto dal sound di questo ottimo lavoro.

Tracklist
1.Read Between The Lines
2.Spoils Of war
3.The Order Of The Silver Compass
4.Cyclops Lord
5.The Bohemian
6.Mechanized Assault
7.Nightmare Sound
8.WhiteHorse

Line-up
Caleb Bingham – Guitar/Lead Vocals
Brandon Miller – Bass/Background Vocals
Jason West – Drums

ATHANASIA – Facebook

ARCANE TALES

Il lyric video di “Genesis”, dall’album “Power Of The Sky” in uscita a ottobre (Broken Bones/Silverstream Records).

Il lyric video di “Genesis”, dall’album “Power Of The Sky” in uscita a ottobre (Broken Bones/Silverstream Records).

La one man band veneta Arcane Tales (power-symphonic metal) pubblicherà il nuovo album, intitolato “Power Of The Sky”, il 15 ottobre 2019 per Broken Bones/Silverstream Records, e si accoderà alla “Sapphire Stone Saga” che l’autore ha iniziato dal primo album e che vede il suo evolversi anche nei libri fantasy che l’autore stesso ha pubblicato. Di seguito artwork, tracklist e link del lyric video di “Genesis”, ovvero il singolo che anticipa l’album.

Tracklist:
1) Lux Lucet in Tenebris
2) Power of the Sky
3) Fire And Shadow
4) Genesis
5) Wind of Doom
6) As a Phoenix
7) Seed of Discord
8) The Magic Dance of the Snow
9) Into the Cradle of Sin

ARCANE TALES – Facebook:www.facebook.com/arcanetales/

ARCANE TALES – Reverbnation:www.reverbnation.com/arcanetales

BROKEN BONES RECORDS – Facebook: www.facebook.com/brokenbonesrecords/

BROKEN BONES RECORDS – Email:brokenbonesrecords@libero.it

SILVERSTREAM RECORDS – Facebook:www.facebook.com/silverstreamrecords/

SILVERSTREAM RECORDS – Email:silverstreamrecords@gmail.com

Heart Of A Coward – The Disconnect

Nel suo genere The Disconnect sarà una delle migliori uscite di quest’anno, potente, melodica e molto interessante.

Quarto disco per gli inglesi Heart Of A Coward, uno dei gruppi europei di metalcore più intensi e di valore.

The Disconnect segna anche un nuovo inizio per la band, dato che è il primo dall’entrata nel 2018 del nuovo cantante Kaan Tasan, in possesso di una voce notevole. Fin dalle prime note si capisce che il gruppo di Milton Keynes gioca su un territorio molto differente rispetto a che frequenta lo stesso genere. Il loro suono è un metalcore molto moderno, con inserti di elettronica, ma che vive tutto sulla potenza dei riff e dell’interazione del resto del gruppo. Gli Heart Of A Coward riescono a fondere potenza e melodia molto bene e hanno un’intensità che non cala mai, sia che facciano un pezzo più veloce o uno meno ritmato. La nuova voce di Tasan ha apportato un bel miglioramento, facendo ripartire il gruppo come da zero. Fare parte del roster dell’etichetta Arising Empire, sussidiaria della Nuclear Blast Records, è già sinonimo di qualità nel mare magnum del metalcore e del modern metal, e The Disconnect dimostra che c’è effettivamente qualcosa in più nel gruppo inglese. Il suono è granitico, ma le differenze le fanno i particolari, nel senso che ci sono molti elementi diversi che riescono a dare quel quid in più che riesce a fare la differenza. Il cammino che il gruppo ha fatto dagli inizi è importante, e si può percepire ascoltando i primi dischi e paragonandoli a The Disconnect. Il lavoro compositivo è notevole e ben strutturato e la musica ne risente positivamente, perché presenta elementi che altri gruppi più superficiali non hanno. Dopo una lunga pausa come quella che hanno avuto gli Heart Of A Coward non si era sicuri che sarebbero tornati come prima, ma sono riusciti a farlo migliorati e più forti. Nel suo genere The Disconnect sarà una delle migliori uscite di quest’anno, potente, melodica e molto interessante.

Tracklist
01. Drown In Ruin
02. Ritual
03. Collapse
04. Culture Of Lies
05. In The Wake
06. Senseless
07. Return To Dust
08. Suffocate
09. Parasite
10. Isolation

Line-up
Kaan Tasan – Vocals –
Carl Ayers – Guitars –
Steve Haycock – Guitars –
Vishal “V” Khetia – Bass –
Christopher “Noddy” Mansbridge – Drums –

HEART OF A COWARD – Facebook

Starbynary – Divina Commedia – Purgatorio

Divina Commedia – Purgatorio è un altro lavoro che merita applausi a scena aperta dal primo all’ultimo minuto di musica offerta dagli Starbynary.

Finalmente i notevoli Starbynary pubblicano la seconda parte della trilogia dedicata alla Divina Commedia e, ovviamente, dopo essere partiti con l’Inferno tocca ora al Purgatorio, raccontato attraverso le note create dai cinque musicisti nostrani.

La band continua nella sua straordinaria opera con un altro capitolo tutto da ascoltare, dopo gli sfavillanti e precedenti lavori, dal debutto Dark Passenger uscito nel 2014 ed appunto Inferno, bellissimo album del 2016 che dava il via alla trilogia incentrata sull’opera dantesca.
Il cantante Joe Caggianelli ed il chitarrista Leo Giraldi tornano accompagnati dal tastierista Luigi Accardo, dal bassista Sebastiano Zanotto e dal batterista Alfonso Mocerino, con uno spettacolare e magniloquente album di power progressive metal che, se da una parte risulta di chiara ispirazione Symphony X (ricordo che nel primo album Mike Lepond fu ospite d’eccezione al basso), deborda di una personalità marcata, di grande fascino e di un songwriting che rimane di altissimo lungo la sua intera durata.
Per oltre un’ora si va su e giù per scale progressive tra solos metallici eleganti, raffinati, ma che non si fanno pregare quando l’atmosfera drammatica richiede un impatto graffiante, ritmiche al cardiopalma ed un sontuoso uso dei tasti d’avorio, mai come in questo album protagonisti così come la prestazione del cantante.
A tratti gli Starbynary ci vanno davvero pesante: Underneath the Stones è squarciata da parti estreme, le ritmiche di Running And Screaming si avvicinano pericolosamente al thrash, così come la sontuosa Laying Bound alterna richiami sinfonici a schiaffi power metal feroci.
Walking Into Fire è una metal song progressiva che, se non fosse cosa pressoché scontata, mette in mostra la notevole tecnica degli Starbynary, mentre Eden e Stars calmano le acque, aprendosi ad un sound che si scrolla la tensione ed i ritmi serrati e ci porta verso le porte del Paradiso, prossima ed obbligatoria tappa del viaggio che la band ha intrapreso nelle pagine di una delle opere letterarie più importanti di tutti i tempi.
Divina Commedia – Purgatorio è un altro lavoro che merita applausi a scena aperta dal primo all’ultimo minuto di musica offerta dagli Starbynary.

Tracklist
01 – On The Shores Of Purgatory
02 – Miserere
03 – Underneath The Stones
04 – Blindness
05 – In The Smoke
06 – Running And Screaming
07 – Laying Bound
08 – The Suffering
09 – Walking Into Fire
10 – Eden
11 – Stars
12 – Ary (Bonus Track)

Line-up
Joe Caggianelli – Vocals
Leo Giraldi – Guitars
Luigi Accardo – Keyboards
Alfonso Mocerino – Drums
Sebastiano Zanotto – Bass

STARBYNARY – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: MADHOUSE

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare le interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta vi diamo la possibilità di ascoltare l’audio intervista di Mirella con Federica Tringali e Filippo Anfossi della rockband Madhouse per la pubblicazione del loro primo full length Madhouse Hotel.

Rammstein – Rammstein

Rammstein è un album molto potente, estremamente ironico ma anche terribile nella descrizione di ciò che siamo davvero, come se ci guardassimo allo specchio senza filtri.

Tornano i Rammstein con un disco che, fin dalla mancanza del titolo, è un nuovo inizio, un decisivo upgrade della loro carriera.

I tedeschi del’est sono stati per molto tempo un unicum nel panorama internazionale, fin dagli esordi uno dei gruppi più radicali e sconvolgenti dal punto di vista dei testi e della musica, tanto da diventare un vero e proprio punto di riferimento. In loro scorre una tradizione musicale e gestuale tedesca che parte da lontano, passa dai Kraftwerk e dalla ebm tedesca, come i Deutsch-Amerikanische Freundschaft, e arriva oltre loro. Questo disco è uno dei migliori della loro carriera, sempre di alto livello seppure con qualche scivolone. Rammstein è un album molto potente, estremamente ironico ma anche terribile nella descrizione di ciò che siamo davvero, come se ci guardassimo allo specchio senza filtri. Musicalmente sembra che come al solito venga fusa l’elettronica con il metal, mentre invece si compie un’operazione ben più profonda, dato che alcune canzoni suonando pop come non mai, ma non in modo leggero, rivelandosi anzi una condanna senza appello: ascoltare Auslander per credere, un pezzo che sembra una presa in giro mentre è un’ammissione che cambia a seconda della lingua ma con il senso che resta lo stesso. Nelle sua viscere più profonde questo disco è un pugno diretto alla faccia della Germania, il che era chiaro fin dall’incredibile video di Deutschland, un cortometraggio che rimarrà indelebile nella storia. In quella canzone, che ha suscitato mille polemiche, ma che è già uno dei classici dei Rammstein, si elencavano con il suono, le parole e le immagini le malefatte della nazione germanica in una maniera pressoché perfetta. E si continua nel disco a sferzare tutto e tutti, e in prima fila a prendere i colpi ci sono i Rammstein stessi. Bisogna riconoscere all’album ciò che è veramente, ovvero un’opera versatile, potente e che vede il gruppo non al massimo splendore, ma sotto una luce diversa, come se fosse esplosa una bomba e i Rammstein fossero sopravvissuti addirittura più forti. Canzoni come Sex, con un giro di basso clamoroso in apertura, fanno vedere molto chiaramente di cosa siano capaci i Rammstein, che sanno accelerare e rallentare a piacimento, rimanendo unici in tutti i casi. Un lento come Was Ich Liebe entra nel territorio di gruppi come Depeche Mode e simili, sempre con il tocco personale di chi sa confezionare molto bene quelle che possiamo definire melodie dure. In questa epoca di continui cambiamenti, di poca sostanza e di estrema vacuità negli ascolti, con una netta preferenza per le cose ovvie, i Rammstein confezionano uno disco all’altezza della loro fama, con canzoni che permettono molto ascolti e che sono tutte di buon livello, con una struttura tipica del gruppo tedesco, ma con molti elementi nuovi ed un’elettronica originale rispetto all’ultima uscita. Come al solito, nel caso di Lindemann e soci, traducendo i testi si capirà molto meglio l’essenza, assai complessa e rinvenibile in profondità, che è una delle peculiarità maggiori di questa band.

Tracklist
1. Deutschland
2. Radio
3. Zeig dich
4. Ausländer
5. Sex
6. Puppe
7. Was ich liebe
8. Diamant
9. Weit weg
10. Tattoo
11. Hallomann

Line-up
Christoph Schneider – Drums
Richard Z. Kruspe – Guitar
Paul Landers – Guitar
Till Lindemann – Singer
Oliver Riedel – Bass Guitar
Flake Lorenz – Keyboards

RAMMSTEIN – Facebook

IRONWILL

Il video di Ironwill, dall’album di prossima uscita Jonathan’s Journey.

Il video di Ironwill, dall’album di prossima uscita Jonathan’s Journey.

ALPHA OMEGA Management is thrilled to announce the signing of IRONWILL!

Italian guitarist, Salvo Dell’Arte, founder and mastermind of IRONWILL started his musical career at 16. After forming Steelgrey (later known as N.I.B.), Ironwill lost his way in the music since landing to the blues planet after a night spent with Luigi Tempera, the Master of blues, which led him to form, in 2011, Sharpeners with Fabio “Micio” Gattino: an acoustic blues duo. In 2017 Ironwill passes his guitar to a historic Italian band the Feary Tales orphaned by the 6 strings. The new self-titled Feary Tales EP is out now on all digital stores.

Meanwhile Ironwill has been working on a solo project of a concept album with social content about bullying and personae evolution; the story of Jonathan, a kid victim of bullying who lost his soul in a mirror, creating a mask for himself and becoming in the decades of follow Ironwill, the man. Each song tells the passages from Jonathan to Ironwill, the steps of the evolution of the “refuge” character. At the end after falling into the hell of the pain of the soul, Ironwill finds his evolution as a man after the collapse of the dam and the reunion with Jonathan. The man and the child join hands and resume the path of life with the transparency and genuineness of Jonathan and the maturity of Ironwill. The project is enriched by the essential contribution of Marzio Francone as producer and drummer as well as Real Input. The solo album “Jonathan’s Journey” will be released shorty. Stay tuned for more information.

IRONWILL stated on the signing:
“Ironwill is very happy to announce the signing with Alpha Omega Management. When I started recording my solo project, after years in metal bands, I was confident to find a good partner who is able to understand the real meaning of the concept album. “Jonathan’s Journey” is the beginning of a good collaboration with Alpha Omega a professional agency but after all a personal relationship among real people. I’m sure that we will gain our goals.”

IRONWILL involves on the bass Tony “The Fretless Monster” Franklin, who played with the most amazing musicians as Jimi Page, Paul Rodgers, Chris Slade, the Blue Murder, John Sykes, Carmine Appice, David Gilmour, Kate Bush, Whitesnake, Donna Lewis, Gary Hoey, Pat Travers). Each song is played by different singers: Piero Leporale (Uli Jon Roth, Michael, Angelo Batio, Andrea Braido, Vinny & Carmine Appice), Federica “Kifrah” Gerotto, AndreaRock (Virgin Radio) e Roberta Morgana (Jester Beast, Morgana). In December 2018 came out the EP “Bees and Flies” in preview, with four songs, available on all digital stores and in streaming. The first single and video “Ironwill” (feat. Annamaria Barbera “Sconsolata”) was unleashed on January 10th 2019, getting thousands of views in a few hours.

More information at:
BAND: www.ironwilltheband.com | www.facebook.com/salvo.ironwill.dellarte | www.youtube.com/watch?v=B17bHJBEa3o
MANAGEMENT: https://alphaomega-management.com | https://www.facebook.com/OfficialAlphaOmegaManagement

Syrence – Freedom In Fire

Qualche valido spunto a livello strumentale, specialmente nei brani in cui le chitarre si impongono con ritmiche incisive, e un look ed un’attitudine alla Judas Priest sono ciò che resta di un lavoro che rimarrà confinato nell’underground confuso tra la montagna di uscite che ogni mese affolla il mercato dell’hard & heavy.

Originari di Stoccarda ed attivi da oltre dieci anni, arrivano al debutto i rockers Syrence, quintetto avaro di informazioni e dedito ad un hard & heavy melodico, assolutamente vecchia scuola ed alquanto scolastico.

Licenziato dalla Fastball Music, Freedom In Fire è composto da una dozzina di brani che alternano mid tempo heavy, hard rock di matrice tedesca e qualche graffiante puntata metallica.
Il problema di Freedom In Fire è l’assoluta mancanza di appeal: i brani non esplodono, causa una produzione che segue le coordinate old school dell’album, e il cantante Johnny Vox, dal tono altamente melodico, risulta troppo monocorde e poco adatto ai brani più heavy metal oriented come Fozzy’s Song, un crescendo epico che (come già accennato) fatica ad imporsi mancando di quella scintilla che trasforma il compitino in un buon brano.
Qualche valido spunto a livello strumentale, specialmente nei brani in cui le chitarre si impongono con ritmiche incisive (Living On The Run, From Ashes To The Sky), un look ed un’attitudine alla Judas Priest sono ciò che resta di un lavoro che rimarrà confinato nell’underground confuso tra la montagna di uscite che ogni mese affolla il mercato dell’hard & heavy.

Tracklist
1. Freedom In Fire
2. Living On The Run
3. Your War
4. Fozzy´s Song
5. Addicted
6. Symphony
7. From Ashes To The Sky
8. Evil Force
9. Red Gold
10. Wild Time
11. Kings Of Speed
12. Seven Oaks

Line-up
Johnny Vox – Lead Vocals
Fritz Jolas – Bass
Oliver Schlosser – Guitar
Julian Barkholz – Guitar
Arndt Streich – Drums

SYRENCE – Facebook

Black Thunder – All My Scars

Con All My Scars, album massiccio, potente e diretto, i Black Thunder firmano dieci brani tellurici e compatti sicuramente meritevoli d’attenzione.

Secondo lavoro per i Black Thunder, trio lombardo fondato da Andrea Ravasio (batteria e voce) e Davide Ferrandi (chitarra e voce), raggiunti in seguito da Ivan Rossi (basso e voce).

All My Scars segue di cinque anni il primo album (Dominant Idea), esce in versione digitale per Club Inferno Ent. e risulta composto da dieci brani dal sound legato alla scuola tradizionale di matrice hard & heavy, anche se non manca di groove nel suo marciare inarrestabile, pregno di mid tempo e cori diretti di stampo hardcore/thrash.
Le ritmiche, per niente scontate, cuciono ragnatele di riff in continua evoluzione, le accelerazioni ricordano l’heavy thrash di scuola americana, mentre i solos sono 100% di matrice heavy.
Nel sound di All My Scars vivono molte anime che i Black Thunder riescono a domare creando un macigno sonoro niente male: i brani si susseguono senza soluzione di continuità, con reminiscenze panteriane che escono prepotentemente da brani potentissimi come Try To Break Me, dalla pachidermica Stop The Abuse e dalla thrashy Unrecognized Citizen.
Con All My Scars, album massiccio, potente e diretto, il trio lombardo, inarrestabile come un blindato, firma dieci brani tellurici e compatti sicuramente meritevoli d’attenzione.

Tracklist
1. Devil In My Bones
2. Try To Break Me
3. Angry Man
4. Stop The Abuse
5. Disorder And Pain
6. Days Could Stop To Run
7. Fly Away
8. Black Rain
9. Unrecognized Citizen
10. Anyway Have To Be Better

Line-up
Andrea “Andre” Ravasio – Drums, lead vocals
Davide “Ferdy” Ferrandi – Lead and rhythm guitars, backing vocals
Ivan Rossi – Bass, backing vocals

BLACK THUNDER – Facebook

October Tide – In Splendor Below

In Splendor Below è senza dubbio un disco che merita d’essere ascoltato e che, probabilmente, convincerà pienamente più di un ascoltatore ma per quanto mi riguarda l’appuntamento con un nuovo capolavoro, se non all’altezza almeno vicino a Rain Without End, è nuovamente rimandato alla prossima occasione.

Riguardo agli October Tide ho sempre avuto la sensazione di essere al cospetto di una bella incompiuta, almeno prendendo in considerazione gli album pubblicati dopo la reunion del 2010, considerando i due lavori del secolo scorso (in particolare il magnifico Rain Without End) un qualcosa a sé stante.

La band dei fratelli Norrman si è sbarazzata piuttosto in fretta, in questo decennio, del potenziale fardello emotivo del death doom più cupo spingendo il sound verso un death melodico, comunque oscuro, che finisce per restare a metà strada tra le due vie maestre senza optare in maniera decisa per una di esse.
Il risultato non può certo definirsi insoddisfacente perché la risaputa maestria di questi musicisti garantisce appieno riguardo la qualità sonora espressa, però quel che resta alla fine dell’ascolto di In Splendor Below è quella di un album roccioso, ineccepibile a livello formale ma privo sia dei segnanti spunti emotivi del doom sia delle inarrestabili cavalcate tipiche del melodic death.
Stars Starve Me, per esempio, è un brano potente e accattivante ma che, a un certo punto, si avvita invece di proseguire con decisione sulla strada inizialmente intrapresa con quello che è forse il chorus più catchy dell’intero lavoro. Meglio, quindi, una traccia più cupa come We Died in October, il cui diritto di cittadinanza in abito death doom non viene mai messo in discussione grazie a un lavoro chitarristico più dolente e al notevole growl di Alexander Högbom, oppure Our Famine, dai ritmi ben più rallentati che riportano l’album in ambiti più prossimi al passato degli October Tide, o ancora la più dissonante e conclusiva Envy the Moon.
Poi è innegabile che canzoni come I, the Polluter e Guide My Pulse esibiscano quell’impatto tipico del death melodico che non è nelle corde di una band qualsiasi, per cui a livello di consuntivo In Splendor Below non può che essere considerato un lavoro più che mai riuscito e privo di particolari pecche.
L’unico vero appunto che mi permetto di fare a musicisti inattaccabili come i fratelli Norrman è che, ascoltando questo lavoro, non emerge un forte tratto distintivo tale da rendere immediatamente riconoscibile il sound, nonostante si parli di una band che ha raggiunto quasi un quarto di secolo di attività.
Per il resto, In Splendor Below è senza dubbio un disco che merita d’essere ascoltato e che, probabilmente, convincerà pienamente più di un ascoltatore ma per quanto mi riguarda l’appuntamento con un nuovo capolavoro, se non all’altezza almeno vicino a Rain Without End, è nuovamente rimandato alla prossima occasione.

Tracklist:
1. I, the Polluter
2. We Died in October
3. Ögonblick av nåd
4. Stars Starve Me
5. Our Famine
6. Guide My Pulse
7. Seconds
8. Envy the Moon

Line-up:
Fredrik “North” Norrman – Guitars
Mattias “Kryptan” Norrman – Guitars
Alexander Högbom – Vocals
Johan Jönsegård – Bass
Jonas Sköld – Drums

OCTOBER TIDE – Facebook

Relinquished – Addictivities (Pt. 1)

Addictivities (Pt. 1) risulta un buon lavoro nella sua interezza, mancano solo quel paio di brani a farsi carico qualitativamente dell’intera tracklist ma sono dettagli, perché la band dà vita ad un’opera oscura e dalle atmosfere dark progressive che trovano nella musica di Opeth, Eternal Tears Of Sorrow e Diabolical Masquerade le loro più convincenti ispirazioni.

Provenienti dalla vicina Austria ed attivi da una quindicina d’anni, tornano sul mercato underground metallico i Relinquished con il terzo full length intitolato Addictivities (Pt. 1).

Il quintetto tirolese offre uno spaccato convincente di progressive metal estremo, dalle atmosfere dark che si scambiano la scena con un death metal melodico ben calibrato ed ispirato dalla scena scandinava di primi anni novanta.
Niente di moderno quindi, ma un sound che dà molto spazio alle parti atmosferiche, per poi ripartire potente e melodico, lasciando che il growl ci guidi tra ritmiche veloci, oscuri intermezzi dark rock e attimi dove la chitarra crea soluzioni melodiche di stampo classico.
Addictivities (Pt. 1) risulta un buon lavoro nella sua interezza, mancano solo quel paio di brani a farsi carico qualitativamente dell’intera tracklist ma sono dettagli, perché il cantante Sebastian Bramböck e compagni danno vita ad un’opera oscura e dalle atmosfere dark progressive che trovano nella musica di Opeth, Eternal Tears Of Sorrow e Diabolical Masquerade le loro più convincenti ispirazioni.
Avalanche Of Impressions è il brano che riassume tutto il lavoro del gruppo in otto minuti, anche se Addictivities (Pt. 1) è opera da ascoltare per intero per essere maggiormente apprezzata.

Tracklist
1.Expectations
2.Bundle of Nerves
3.Avalanche of Impressions
4.Pulse
5.Damaged for Good
6.Syringe
7.Zero
8.Into the Black
9.Void of My Ashen Soul

Line-up
Sebastian Bramböck – Vocals
Anton Keuschnick – Guitars, Clarinet
Simon Dettendorfer – Guitars, Vocals
Dominik Steffan – Bass
Richard Marx – Drums

RELINQUISHED – Facebook

HOLY TIDE

Il lyric video di “Exodus”, dall’album “Aquila” in uscita a giugno (My Kingdom Music).

Il lyric video di “Exodus”, dall’album “Aquila” in uscita a giugno (My Kingdom Music).

International Heavy Metal band HOLY TIDE has revealed the first single called “Exodus”, taken from the upcoming debut album titled “Aquila” set for release on June 28th, 2019 via My Kingdom Music.

The lyric-video was created with the talent of the gifted Sergio Monfrinotti for Adhiira Art who has perfectly captured the feelings of the song, in the visual art.

Joe Caputo, mastermind of the project, comments: “Exodus” is one of the earliest tracks written for “Aquila”. It’s heavy, progressive, melodic and powerful at the same time and definitely it is a hymn to freedom, glory and redemption… chains can be broken and slaves will be set free”.

“Aquila” will create a new musical painting into Powerful, Melodic and Progressive Heavy Metal with 14 songs that represent a true emotional journey, performed by some great skilled musicians (Joe Caputo on bass, Gustavo Scaranelo on guitars from Brazil, Fabio Caldeira (Maestrick) on voice from Brazil and Michael Brush (Sirenia, Magic Kingdom) on drums from UK), with the sole purpose of giving life to a great musical kaleidoscope of melodies and pathos.
Some songs are enhanced by the presence of great special guests that we will present to you in the coming days.

So, no more to say here, just keep your eyes peeled for more news!
A tidal wave is about to hit you!

You can pre-order the CD at: http://smarturl.it/HOLYTIDE-CD

Official sites:
– MY KINGDOM MUSIC:
www.mykingdommusic.net
www.facebook.com/mykingdommusic.label
– HOLY TIDE:
www.facebook.com/holytideofficial

Tracklist:
1. Creation – The Divine Design
2. Exodus
3. Chains Of Enoch
4. Godincidence
5. Curse And Ecstasy
6. Eagle Eye
7. The Crack Of Dawn
8. Lord Of The Armies
9. Sunk Into The Ground
10. The Age Of Darkness
11. The Shepherd’s Stone
12. Lamentation
13. Return From Babylon
14. The Name Of Blasphemy

Fleshgod Apocalypse – Veleno

Il disco maggiormente metal della loro collezione, un esempio molto vicino all’optimum di ciò che può essere il metal.

Nuovo episodio nella discografia di uno dei migliori gruppi italiani di metal, i Fleshgod Apocalypse.

Il loro quinto album si intitolo Veleno e sarà uno spartiacque decisivo nella carriera di questa band che tende sempre a raggiungere non tanto la perfezione, quanto una totale onestà musicale. I Fleshgod Apocalypse nei loro precedenti dischi hanno proposto una singolare sintesi di gran valore fra la tradizione della musica classica europea ed italiana con il metal, in particolare con il death metal. Il gruppo perugino è diventato una delle cose più fresche ed innovative della musica estrema degli ultimi anni, producendo dischi sempre all’altezza della situazione. Il precedente King, del 2016, aveva iniziato una rivoluzione nel loro suono che con Veleno continua in maniera ancora più marcata. Innanzitutto il nuovo lavoro è stato composto partendo dalla chitarra e non dall’orchestra come usuale per il gruppo, ed è infatti maggiormente centrato sul metal e meno sull’orchestrazione, comunque presente in maniera eccellente. Inoltre è il primo disco con la nuova formazione. dato che Cristiano Trionfera e Tommaso Riccardi hanno lasciato il gruppo nel 2017 per motivi personali, così il batterista Francesco Paoli è passato alla chitarra e al canto, e sono subentrati David Folchitto degli Stormlord alla batteria e Fabio Bartoletti dei The Deceptionist alla chitarra. Ciò che colpisce sempre dei Fleshgod Apocalypse è la qualità della loro musica, frutto di un lavoro immenso, in cui ogni nota è studiata e calibrata, per una musica che è davvero oltre la nostra dimensione. Veleno è la loro opera più aggressiva ed è il manifesto perfetto, un’aggressione sonora di molti elementi che sarebbero discordanti ma che il gruppo umbro maneggia e miscela alla perfezione. L’album ha la magnificenza dei suoi predecessori, la solita potenza sonora, ma si sente chiaramente fin dalla prima nota che qui la questione è diversa, e che i Fleshgod Apocalypse hanno molto in più da offrire. Veleno è la fusione di molti mondi, di un modo di fare metal che è estremo e genuino, ma che non può e non vuole prescindere da un’immensa preparazione tecnica, mai fine a sé stessa. Se possibile il suono della band qui migliora, arrivando a vette più aggressive e quasi perfette. Il disco maggiormente metal della loro collezione, un esempio molto vicino all’optimum di ciò che può essere il metal.

Tracklist
01. Fury
02. Carnivorous Lamb
03. Sugar
04. The Praying Mantis’ Strategy
05. Monnalisa
06. Worship and Forget
07. Absinthe
08. Pissing On The Score
09. The Day We’ll Be Gone
10. Embrace The Oblivion
11. Veleno

Line-up
Francesco Paoli – Vocals, Guitars, Drums (studio)
Paolo Rossi – Vocals, Bass
Francesco Ferrini – Piano, Orchestrations

LIVE:
Veronica Bordacchini – Soprano vocals
Fabio Bartoletti – Lead guitar
David Folchitto – Drums

FLESHGOD APOCALYPSE – Facebook

Die On Friday – Revolution

I Die On Friday danno alle stampe un macigno metallico in cui non mancano sfuriate estreme, mid tempo dalle melodie mainstream ed atmosfere che ci portano aldilà dell’oceano: un sound ambizioso e dal buon appeal, ruvido il giusto per piacere anche a chi è abituato ad ascolti più in linea con la tradizione metallica.

Si può praticamente considerare una sorta di super gruppo questo nuovo progetto metallico che, con il monicker Die On Friday, vede all’opera membri di storiche realtà tricolori come Drakkar e In.si.dia.

Il quintetto debutta per Buil2Kill Records con Revolution, sorprendendo chi si aspettava un sound classico dovendo, invece, vedersela con un metal moderno dai rimandi statunitensi.
I Die On Friday, infatti, danno alle stampe un macigno metallico in cui non mancano sfuriate estreme, mid tempo dalle melodie mainstream ed atmosfere che ci portano aldilà dell’oceano: un sound ambizioso e dal buon appeal, ruvido il giusto per piacere anche a chi è abituato ad ascolti più in linea con la tradizione metallica.
Revolution non rinnega del tutto il background dei suoi creatori, bensì lo elabora unendolo ad un impatto moderno, con le linee vocali del bravissimo Gianluca Barbieri che, pur rimanendo graffianti e potenti, mantengono un certo fascino al servizio di una serie di brani aggressivi ma al contempo ben fruibili.
Guardando agli States è innegabile l’ispirazione data da quelle band che hanno fatto la storia del metal moderno a cavallo dei due millenni, quindi in Revolution è inutile cercare chissà quale spunto originale, perché si troverà “solo” del potentissimo e compatto metal del XXI secolo.
I vari sussulti di adrenalinico modern metal rinvenibili nella title track, nel brano autointitolato e in Knock Down Myself e Repentance offrono una serie di validi motivi per non lasciarsi sfuggire questo ottimo album di debutto dei Die On Friday.

Tracklist
01. Rise Again
02. Revolution
03. Knock Down Myself
04. MMI
05. New Born Man
06. Repentance
07. Chaos T.
08. Born Without Hope
09. Die On Friday
10. Last Night
11. Alice

Line-up
Gianluca Barbieri – Vocals
Dario De Carlo – Guitars
Manuel Merigo – Guitars
Manuel Maffi – Bass
Paolo Pirola – Drums

DIE ON FRIDAY – Facebook

Funeral Hearse – In Devotion Of…

Il musicista di Singapore, come sovente avviene nelle lande asiatiche, offre un black metal che non attinge del tutto a quello di matrice scandinava, ma lo sporca con un’attitudine death avvicinandosi piuttosto al versante old school del genere in questa sua commistione.

Dopo alcune uscite d’assaggio e con una configurazione a due, i Funeral Hearse giungono al full length d’esordio risultando di fatto una one man band gestita da Azrael.

Il musicista di Singapore, come sovente avviene nelle lande asiatiche, offre un black metal che non attinge del tutto a quello di matrice scandinava, ma lo sporca con un’attitudine death avvicinandosi piuttosto al versante old school del genere in questa sua commistione.
Il risultato è decisamente buono, al netto di una produzione che, per scelta o necessità che sia, si rivela non del tutto adeguata a sostenere le buone trame offerte dal nostro, le quali si intrecciano con le interessanti tematiche volte ad esplorare un particolare culto religioso come quello della setta indù degli Aghori Sadhus.
Basta effettivamente ascoltare un brano come In Worship of the Divine per rendersi conto dell’impatto dirompente che avrebbe potuto avere  un così valido e competente omaggio alle band autrici del proto black metal negli anni ottanta con una registrazione migliore.
Detto ciò, In Devotion Of… dimostra ampiamente che  l’attenzione per questo tipo di proposta reclamata dai Funeral Hearse non è affatto immeritato, grazie ad un lavoro compositivo sempre efficace pur nella sua essenzialità, arricchito sporadicamente da qualche intermezzo etnico o interventi di strumenti tradizionali posizionati tra una traccia e l’altra.
In definitiva, questo primo passo su lunga distanza si lascia ascoltare con notevole piacere per la sua genuina ferocia e fa presagire sviluppi interessanti anche per il futuro

Tracklist:
1. Into the Eye of the Serpent
2. Burning Ambers from the Funeral Pyre
3. In Worship of the Divine
4. Under the Eclipse of a Pale Moon
5. Cleansing a Damned Soul
6. Alternate State of Consciousness

Line-up:
Azrael: Vocals/ Guitars/ Bass/ Drum programming

FUNERAL HEARSE – Facebook