Satan Takes A Holiday – A New Sensation

A loro modo originali, i Satan Takes A Holiday non deludono neanche questa volta: A New Sensation smuove montagne e agita mari con la sua altalena, su e giù per il rock’n’roll che, partendo dagli anni sessanta, arriva elaborato e manipolato dal gruppo fino al nuovo millennio.

Sono arrivati al quinto lavoro i rockers svedesi Satan Takes A Holiday, trio che unisce al rock’n’roll di matrice scandinava un mix di garage, alternative e groove rock per un risultato esplosivo.

La band svedese torna con A New Sensation, l’ennesima mezz’ora di potente e a tratti scanzonato sound, irresistibile e pregno di umori vintage, ma perfettamente bilanciato con un appeal moderno e divertente che li accompagna nelle prove live, dimensione ottimale per la musica del gruppo.
A loro modo originali, i Satan Takes A Holiday non deludono neanche questa volta: A New Sensation smuove montagne e agita mari con la sua altalena, su e giù per il rock’n’roll che, partendo dagli anni sessanta, arriva elaborato e manipolato dal gruppo fino al nuovo millennio.
Registrato al Dustward studio di Stoccolma con il produttore Stefan Brändström e licenziato dalla Despotz records, l’album risulta una bomba rock che deflagra ogni volta che si schiaccia il tasto play, un arcobaleno di colori garage/punk/alternative rock che vi indicherà la via per la dannazione sotto i colpi inesorabili delle varie Set Me On Fire, Hell Is Here, Girls e l’irresistibile Blow.
Divertimento, irriverenza, ironia, energia, non mancate all’appuntamento con i Satan Takes A Holiday ed il loro nuovo lavoro.

Tracklist
01. A New Sensation
02. Unicorn
03. Set Me On Fire
04. Hell Is Here feat Tess De La Cour
05. Sessions And Cash
06. Pilot
07. Girls
08. I Believe What I See (If I See In My Feed)
09. Kingslayer
10. BLow

Line-up
Fred Burman – guitar, lead vocals
Johannes Lindsjöö – bass guitar, vocals
Danne McKenzie – drums, backing vocals

SATAN TAKES A HOLIDAY – Facebook

Imminence – Turn The LIght On

Un disco che avrà sicuramente un buon riscontro commerciale, ma che in eredità non lascia niente, anzi in alcuni momenti persino irrita per la ripetitività delle sue strutture sonore.

Il terzo disco degli svedesi Imminence può essere considerato come il punto di partenza di chi voglia addentrarsi nelle sonorità metalcore maggiormente vicine all’alternative e alle cose più melodiche.

In Turn The Light On troviamo tutti gli stereotipi più commerciali e glamour del metalcore : melodie accattivanti, cori da concerto e tanto pop, tanto al punto che sarebbe meglio definire questo genere pop metal, più che metalcore. Dischi come questo sono super prodotti, e dal vivo non sono facili da replicare, ma visto il successo dei concerti degli svedesi si può affermare che vi riescano. Turn The LIght On ha ogni cosa al suo posto, le canzoni scorrono bene, ma è tutto diretto ad uso esclusivo di un pubblico giovane. Questo suono è molto vicino ad essere il nuovo emo, nel senso di emotional, prendendo come esempio gli inglesi Bring Me The Horizon e le loro schiere di ragazzine adoranti. Nulla di male in ciò, ma gruppi come loro e gli Imminence sono davvero difficili da accostare al metal, eppure sono una delle cose che tengono in piedi il mercato della musica dura. Infatti la sussidiaria della Nuclear Blast Records, la Arising Empire, pubblica questo album, ma nel suo catalogo c’è di molto meglio e soprattutto di maggiormente accattivante. Per chi cerca la durezza e il groove del metalcore questo è il posto sbagliato, mentre chi cerca il pop metal fatto bene potrebbe trovare ciò che cerca, anche se si potrebbe fare molto meglio. Un disco che avrà sicuramente un buon riscontro commerciale, ma che in eredità non lascia niente, anzi in alcuni momenti persino irrita per la ripetitività delle sue strutture sonore.

Tracklist
1. Erase
2. Paralyzed
3. Room To Breathe
4. Saturated Soul
5. Infectious
6. The Sickness
7. Death of You
8. Scars
9. Disconnected
10. Wake Me Up
11. Don’t Tell a Soul
12. Lighthouse
13. Love & Grace

Line-up
Eddie Berg – vocals/violin
Harald Barrett – guitars
Christian Höijer – bass
Peter Hanström – drums

IMMINENCE – Facebook/

Hexvessel – All Tree

All Tree, grazie alla sua forte matrice esoterica, ci fa toccare con mano delle cose che stanno morendo perché noi ci stiamo allontanando in maniera oramai irrimediabile dal nostro vero baricentro.

Tornano gli Hexvessel, uno dei gruppi più interessanti che abbiamo in Europa, e lo fanno con un disco struggente che riporta il progetto al neofolk.

La creatura finlandese, fondata da Mat “Kvohst” McNerney nel 2009, fa da sempre una musica esoterica, una fuga pressoché totale dalla modernità, con una approfondita ricerca nella tradizione e nell’esoterismo. Negli ultimi episodi Hexvessel si era allontanato dal neofolk e dal dark folk, per addentrarsi in maniera risoluta in territori più psichedelici, e nonostante molti seguaci del gruppo non lo avessero apprezzato la qualità era buona. Con questa ultima opera si torna a casa, trattando delle fiabe celtiche e di un mondo ben preciso che si colloca nel nord Europa, anche se ci sono varie scorribande verso sud come Journey To Carnac, che parla della spettacolare e per noi enigmatica località della Bretagna, dove vi sono moltissimi menhir e dolmen, silenti testimoni della nostra antichità. All Tree è un gran bel disco di folk tenebroso, affascinante, suonato molto bene e con una splendida attitudine. Il ritorno al folk, che comunque non era mai stato completamente bandito dal progetto, è attestato anche nella ripresa della collaborazione con il musicista e discografico inglese Andrew McIvor, con cui in pratica era cominciato tutto con il primo disco Dawnbearer. L’album è come un sogno, una frequenza che proviene direttamente dall’antichità, un respirare un’aria antica prettamente celtica, una cultura imbevuta di natura e di antichi contatti con altre dimensioni. Qui tutto ciò è reso molto bene, anche grazie all’adeguato uso di molti strumenti, che giostrano in maniera sapiente attraverso una composizione ben studiata. Ogni particolare è curato e nulla è lasciato al caso, ed il risultato è un disco fra i migliori nel genere neofolk e dark folk degli ultimi anni. Oltre a sognare e a viaggiare in territori lontani All Tree, grazie alla sua forte matrice esoterica, ci fa toccare con mano delle cose che stanno morendo perché noi ci stiamo allontanando in maniera oramai irrimediabile dal nostro vero baricentro. Dischi come questo ribilanciano il tutto, riportandoci dolcezza, bellezza e cose preziose.

Tracklist
1 Blessing
2 Son Of The Sky
3 Old Tree
4 Changeling
5 Ancient Astronaut
6 Visions Of A.O.S.
7 Sylvan Sign
8 Wilderness Spirit
9 Otherworld Envoy
10 Birthmark
11 Journey To Carnac
12 Liminal Night
13 Closing Circles

HEXVESSEL – Facebook

Nocturnus AD – The Paradox

Lo straordinario ritorno di una band che ha fatto la storia, non solo del death floridiano e mondiale, con un album che definire strepitoso e magistrale è dire poco.

Il ritorno dei Maestri. Non ci sono altre parole.

I Nocturnus solcarono i cieli del death metal durante gli anni Ottanta (due demo storici e pionieristici) e Novanta (la trilogia costituita da The Key del ’91, Thresholds del 1992 e dal mini omonimo del ’93, senza dimenticare Ethereal Tomb, uscito nel ’99 su Season of Mist). Il loro approccio all’estremo era personale, e particolarissimo: abbinavano infatti ai classici e più puri canoni del death made in Florida tastiere e sintetizzatori, con un taglio – anche in sede di liriche, coltissime ed ispirate a Asimov e Crowley, tra gli altri – fantascientifico e dalla resa sonora tanto splendida, quanto maestosa. Nel corso del decennio successivo, la band fu ribattezzata After Death: di nuovo altri demo, ri-registrati poi nel 2007 in occasione del lovecraftiano e stupendo Retronomicon, pubblicato dalla benemerita Iron Pegasus, un capolavoro di articolata magnificenza, il cui messaggio trova, ora, perfetto compimento con questo The Paradox, uscito a nome Nocturnus AD. Le nove composizioni del disco – definirle canzoni sarebbe sia ingiusto sia riduttivo, così come sceglierne alcune – materializzano un discorso compositivo ed esecutivo di impressionante maturità artistico-musicale, con trame che risultano varie e concettuali, senza perdere un’oncia dell’essenza di matrice tradizionalmente death. L’interplay chitarre-tastiere, supportate da una sezione ritmica alla Atheist-Cynic, trascina l’ascoltatore in un vortice siderale di evoluzioni strabilianti: l’ideale punto di incontro fra techno-death e progressive. I Voivod del death – ma, anche qui, la definizione ci appare un po’ semplicistica e non rende piena giustizia al quintetto americano – continuano pertanto la loro originalissima e creativa esplorazione di territori sonori rimasti troppo a lungo vergini: riff di marca Dark Angel-Slayer vengono implementati da soluzioni virtuosistiche e magniloquenti che riprendono il discorso dello space rock per estremizzarlo in una chiave futuristica e iper-tecnologica, elettronica e sinfonica nel medesimo tempo. Scale minori, cambi di tempo, complessità armonica, precisione e violenza, costruzione di architetture labirintiche e complesse (eppure fruibili, sia pure con la dovuta attenzione e ripetuti ascolti), rimandi alla narrativa orrorifica del grande Howard Phillips Lovecraft (Aeon of the Ancient Ones), richiami al passato (Paleolithic, The Return of the Lost Key), poliritmi crimsoniani e scrittura stratificata: sono questi i gioielli della corona, che i Nocturnus AD meritano di cingere sul capo. Precession of the Equinoxes è dedicata all’astronomia, segnamente al fenomeno celeste definito anticamente aberrazione delle stelle fisse e studiato scientificamente dal newtoniano James Bradley, nel primo Settecento inglese. Un’ulteriore conferma della superiore, raffinata statura intellettuale dei cinque di Tampa. Per chi scrive – e, si badi bene, al di là di generi e stili – uno dei più grandi dischi degli ultimi quindici anni almeno. Arte oscura per anime nere, veramente. O, il che è lo stesso, fantascienza esoterico-occulta resa con i segreti alchemici del pentagramma.

Tracklist
1- Seizing the Throne
2- The Bandar Sign
3- Paleolithic
4- Precession of the Equinoxes
5- The Antechamber
6- The Return of the Lost Key
7- Apotheosis
8- Aeon of the Ancient Ones
9- Number 9

Line-up
Belial Koblak – Guitars
Demian Heftel – Guitars
Daniel Tucker – Bass
Josh Holdren – Keyboards
Mike Browning – Drums / Vocals

NOCTURNUS AD – Facebook

Vale Of Pnath – Accursed

Accursed regala momenti esaltanti, non si contorce in inutili e stucchevoli perizie tecniche fini a se stesse, ma si destreggia tra il bombardamento a tappeto di note con una disinvoltura che ha del sorprendente.

Tornano gli statunitensi Vale Of Pnath, quintetto del Colorado che con Accursed, nuovo ep licenziato dalla Willowtip Records, mostra il lato più melodico del technical death metal.

La band di Denver, infatti, accomuna la bravura strumentale con un talento melodico ed una sagacia compositiva davvero sopra le righe e queste sei tracce ne confermano tutta la bravura.
Ventotto minuti, durata che per molti vuol dire full length, dove i Vale Of Pnath ci investono con ondate di death metal tecnico e melodico, suonato a velocità proibitiva ma perfettamente leggibile nel suo sali e scendi tra appeal melodico e devastanti parti ultra tecniche.
Growl che si pazza perfettamente nel campo del melodic death metal, ed un lavoro ritmico e chitarristico di categoria superiore fanno di The Darkest Gate e degli altri brani (splendidamente devastante Obsidian Realm) gemme estreme di assoluto valore. Accursed regala momenti esaltanti, non si contorce in inutili e stucchevoli perizie tecniche fini a se stesse, ma si destreggia tra il bombardamento a tappeto di note con una disinvoltura che ha del sorprendente.Un ep che non lascia scampo, perfetto per saggiare la forma del gruppo in attesa di nuovi sviluppi.

Tracklist
1.Shadow and Agony
2.The Darkest Gate
3.Skin Turned Soil
4.Accursed
5.Audient Void
6.Obsidian Realm
7.Spectre of Bone

Line-up
Vance Valenzuela – Guitars
Harrison Patuto – Guitars
Reece Deeter – Vocals
Andy Torres – Bass

VALE OF PNATH – Facebook