WITCHES OF DOOM

Un interessante scambio di battute con i romani Witches Of Doom, autori di uno degli album più convincenti di questa prima metà del 2016.

iye Tra Obey ed il nuovo lavoro sono passati un paio d’anni, cosa è successo nel frattempo in casa Witches Of Doom?

In questi due anni abbiamo avuto modo di conoscerci e di amalgamarci di più, di poter sperimentare nuove idee, di lavorare sui suoni, ma soprattutto abbiamo fatto numerose date sia in Italia che all’estero, e questo è quello che ci ha fatto crescere maggiormente

iye Obey è stato, almeno per il sottoscritto, un esordio straordinario: voi siete soddisfatti dei riscontri ottenuti da pubblico ed addetti ai lavori?

Sicuramente non ci possiamo lamentare, le ottime recensioni che abbiamo ricevuto ci hanno reso orgogliosi del nostro lavoro, e ci hanno dato quell’ulteriore spinta in più e convinzione nei nostri mezzi. E’ stato ulteriormente emozionante ricevere attestazioni di stima e di apprezzamento per la nostra musica da musicisti del calibro di Tony Dolan (Venom Inc., E-mpire of Evil), con cui abbiamo anche suonato qui a Roma, e Paul Bento ( ex Carnivore – Type O Negative), che ci ha addiritura onorato di un suo assolo di chitarra sul nostro singolo New Years Day.

iye Non è mai facile per una band ripetersi su certi livelli dopo un lavoro pienamente riuscito, avete sentito una certa pressione al momento di scrivere i brani per il nuovo album?

Sapevamo da subito che dopo gli ottimi riscontri di Obey non potevamo permetterci di sbagliare, e questo un minimo di preoccupazione ce lo dava, ma la nostra fortuna è quella di essere molto prolifici nella scrittura dei brani, e questo ci ha permesso, prima di entrare in studio di registrazione, di fare una selezione. Abbiamo scelto i brani che ci divertivamo di più a suonare, visto che la passione e il divertimento sono alla base di tutto quello che facciamo

iye Deadlights conferma il vostro valore, ancora una volta il songwriting è di altissimo livello, senza restare ancorato al sound di Obey ma aggiungendovi con sagacia una base elettronica che gli conferisce un mood ancor più ottantiano: da dove giungono questi nuovi spunti ?

La differenza principale sta nel semplice fatto che le tastiere in Obey sono state aggiunte dopo aver già scritto tutti i brani, in quanto il nostro tastierista Eric è entrato in pianta stabile nel gruppo proprio mentre stavamo ultimando le registrazioni di Obey, mentre i pezzi di Deadlights nascono da subito con le tastiere e quindi abbiamo potuto dare sfogo a tutti nostri desideri di elettronica che nel primo disco avevamo dovuto parzialmente reprimere.

iye Nel nuovo album siete riusciti ad amalgamare, molto più che nel precedente, tutte le vostre influenze, mantenendo però intatta la componente stoner/doom che conferisce ai brani atmosfere ossianiche: quanto influisce sul vostro sound il dark rock delle band storiche?

Sicuramente, anche se ognuno di noi ha influenze e predilige ascolti dei generi più vari di musica, l’amore per il suono di band storiche quali Black Sabbath, Doors, Depeche Mode, The Cure, Joy Division, Bauhaus, Sister of Mercy, The Mission, The Cult, etc.etc. è quello che più ci unisce e che più abbiamo in comune

witchesbig

iye Come è nato un brano come I Don’t Want To Be A Star, quello che più si avvicina al mood di Obey con le sue atmosfere doorsiane che lo rendono la perfetta conclusione del lavoro?

I Don’t Want To Be A Star nasce da un mio giro di basso, l’ho proposto mentre stavamo provando altri pezzi, anche se non ne ero molto convinto, in quanto pensavo che si differenziasse troppo dal tipo di sound su cui stavamo lavorando in quel periodo. Invece agli altri del gruppo è piaciuto subito, e allora abbiamo incominciato a lavorarci in maniera più seria. La cosa bella è che tutta la seconda parte del brano è una sorta di jam session, ogni volta, sia che si tratti di prove, che di concerti, la improvvisiamo, e così anche la durata del brano è molto variabile

iye Dopo un secondo lavoro ancora di altissimo livello, quali sono i primi bilanci e le aspettative ?

Il disco è uscito da poco, tra l’altro al momento solo in formato digitale, la versione in cd uscirà entro fine maggio, e quindi è ancora troppo presto per fare dei bilanci, anche se devo dire che i primi riscontri sono più che positivi. Le nostre aspettative sono sicuramente alte, crediamo molto in quello che abbiamo fatto, sappiamo anche di avere un sound tutto nostro, che ci contraddistingue, speriamo quindi che sempre più persone vengano a vederci e acquistino il nostro disco

iye Con l’approssimarsi della stagione estiva ci sarà la possibilità di vedervi all’opera in qualche festival?

Al momento non abbiamo niente in programma, almeno in Italia, ma stiamo lavorando per cercare nuove date. I problemi sono essenzialmente due: uno lo hanno in comune tutte le band italiane che suonano pezzi originali, ovvero il sempre minor spazio concesso ai gruppi che suonano musica propria a favore invece delle cover band; il secondo invece si rifà alla risposta alla domanda precedente, ovvero avendo un sound tutto nostro spesso siamo fuori contesto, in quanto o troppo metal per festival rock, o al contrario troppo poco metal per i festival in cui magari suonano anche gruppi metal più estremi. Quindi alla fine ci rimane più facile suonare da soli o come headliner della serata.

iye Nel metal i gruppi italiani sono sempre stati visti come una realtà di serie B, ma negli ultimi anni la scena è cresciuta in modo esponenziale: vi ritrovate in effetti quale parte della scena metal nostrana oppure vi sentite più una band dal respiro internazionale?

Io direi tutte e due le cose, in quanto siamo comunque legati alle nostre origini e grati a gruppi quali ad esempio Lacuna Coil, Novembre, Sadist, Doomraiser, Foreshadowing, solo per citare i primi che mi vengono in mente, che portano in giro per il mondo il metal italiano, dando così anche a noi la possibilità avere una sorta di vetrina internazionale. Allo stesso tempo siamo consapevoli che il nostro è un sound più internazionale, fosse solo per tutti i messaggi di complimenti e richieste varie che riceviamo tutte le settimane dalle parti più sparse del mondo. Proprio per questo motivo, di comune accordo con la nostra etichetta la Sliptrick Records, abbiamo deciso di concentrare la fase iniziale della promozione di Deadlights negli Stati Uniti.

Dark Haunters – To Persevere Is Diabolical

I Dark Haunters impressionano per impatto, malignità e drammatica teatralità, sfumature importanti in un genere che, quando non spicca per originalità, convince eccome se risulta suonato con questa verve ed attitudine.

I Dark Haunters sono un gruppo abruzzese, nato sul finire del vecchio millennio, ma accompagnato in tutti questi anni da molte defezioni e conseguenti cambi di line up che ne hanno, fino ad ora, rallentato l’attività.

Un demo (The Haunter of the Dark) ed un ep, Aethernal Wile, uscito dieci anni fa, sono gli unici lavori firmati Dark Haunters, accompagnati da molte esibizioni live in compagnia di mostri sacri del metal nostrano come Extrema, Gory Blister ed Infernal Poetry.
Finalmente, negli ultimi anni, una trovata stabilità nella line up ha dato modo alla band di dedicarsi al primo lavoro sulla lunga distanza così che, sotto l’ala della Revalve, To Persevere Is Diabolical può vedere la luce.
Black metal sinfonico, con qualche spunto che spinge la band verso il death, un approccio che rimane devastante supportato da un gran lavoro della sezione ritmica, tastieroni che inondano di atmosfere magniloquenti e demoniache il metal estremo del gruppo, supportate dall’ottima prova al microfono del fratellino di Shagrath, Emanuele “Aramor Bizzarro, teatrale e vario nel suo cantico demoniaco, inducono a non fermarsi ad un ascolto distratto, ma a far proprie le note estreme di questo ottimo debutto.
Inutile girarci intorno, il sound della band abruzzese non si discosta molto dalla proposta dei Dimmu Borgir, ma viene manipolata con quel talento tutto italiano per le atmosfere oscure, riuscendo ad impressionare per impatto, malignità e drammatica teatralità, sfumature importanti in un genere che, quando non spicca per originalità, convince eccome se risulta suonato con questa verve ed attitudine.
Una quarantina di minuti bastano al gruppo per entrare di diritto tra le migliori novità del genere di questo nefasto 2016, gli amanti del metallo estremo sinfonico di matrice black troveranno di che godere tra le nere trame delle varie Blood Wolfen Hunger, Legend Of Pei Mei e The Tigress & The Prophecy, perciò niente scuse e dedicate un po’ di tempo a questo ottimo lavoro, ne vale la pena.

TRACKLIST
1. In Perseverance…
2. The Burning Eyes of Vengeance
3. Legend of Pai Mei
4. Blood Wolfen Hunger
5. In My Fortress
6. The Tigress & The Prophecy
7. Rising Through the Curse
8. …Towards the Realm

LINE-UP
Emanuele “Aramor Bizzarro – all vocals
Sergio Nallira – lead and rhythm guitars
Valerio Pietrunti – lead guitar
Christian “Maylord” Di Maria – keyboards
Giuseppe “Vrakor” Amadio – bass
Claudio Martella – drums

DARK HAUNTERS – Facebook

Obsidian Sea – Dreams, Illusions, Obsessions

Dreams, Illusions, Obsessions è un buon modo per scorprire una nuova band in un genere avaro di sorprese

Uno sguardo sempre più approfondito sulla scena metallica bulgara, dopo realtà alle prese con il black metal e l’ hard & heavy, ci induce a rallentare il battito del nostro cuore, così come le bacchette sulle pelli ed immergerci nelle atmosfere messianiche della musica del destino con gli Obsidian Sea, band proveniente dalla capitale Sofia.

Il trio, dopo il primo demo targato 2010, si presenta con il secondo full length, successore del debutto licenziato tre anni fa ed intitolato Between Two Deserts.
Siamo al cospetto di un gruppo che fa del doom classico il suo credo: onirico, sabbathiano ed assolutamente old school, che nel genere significa zero sfumature stonerizzate, incedere lento, chitarroni heavy e voce cantilenate in odore di messa, nera come la pece.
In Dreams, Illusions, Obsession, il doom classico è onorato con buon impatto, le atmosfere rimandano ai gruppi storici che hanno fatto grande la musica del destino, partendo dai Sabbath per passare ai gruppi della Hellhound, la label tedesca che nel decennio degli anni novanta licenziò i capolavori di Saint Vitus, Count Raven, The Obsessed e Revelation.
Non ci si discosta dal sound classico, anche se i brani sono ottimi esempi di genere, con un’aura messianica che trasforma l’album in una lunga celebrazione del sound caro a chi al fato rende omaggio, lunghe e lente cantilene che la potenza di solos heavy ben incastonati nell’economia dei brani portano indietro nel tempo, così che dai novanta passare al periodo settantiano è un attimo.
La buona produzione, il cantato perfetto per il genere e due o tre brani davvero belli (Confession, Mulkurul e la conclusiva Somnambulism) alzano la media di questo lavoro, consigliato senza riserve ai doomsters dai gusti classici e vintage.
Dreams, Illusions, Obsessions è un buon modo per scoprire una nuova band in un genere avaro di sorprese, approfittatene.

TRACKLIST
1. The Trial of Herostratus
2. Confession
3. Child in the Tower
4. Mulkurul
5. The Fatalist
6. Somnambulism

LINE-UP
Bozhidar Parvanov – Drums
Anton Avramov – Vocals, Guitars
Ivaylo Dobrev – Bass

OBSIDIAN SEA – Facebook

Mørknatt – Witchcraft of Domination

I tre musicisti ci sanno fare e si sente, l’atmosfera è pregna di grondante metallo evil, tra parti velocissime e cadenzate marce verso l’abisso.

Le vie di Lucifero sono infinite, dalle terre scandinave il verbo maligno portato con tanto ardore dalle orde black metal nate in quei freddi, desolati ed oscuri luoghi, hanno infestato la vecchia Europa e prima di attraversare l’atlantico, destinazione nuovo continente, si sono impossessate di molte anime nelle terre latine, tra cui la Spagna.

E proprio a Tarragona, in terra spagnola, che il seme putrido e demoniaco dei servi di Satana ha dato i natali a questo mefistofelico e blasfemo bombo chiamato Mørknatt, trio fondato dal chitarrista Kongen av Slanger, a cui si sono aggiunti altri due demoni, Kunstdood alle pelli e Fenrir ad urlare nel microfono nefandezze contro religione e genere umano.
Witchcraft of Domination è il debutto, un ep di quattro brani con tanto di copertina che riprende a grandi linee l’artwork dello storico Fuck Me Jesus, ep dei devastanti maestri Marduk, uscito nel lontano 1991, in piena gloria per il genere satanico per eccellenza.
Black metal old school anche nel sound dei nostri, un violento inno al male che non manca di stupire per l’ottimo lavoro della sei corde, neanche troppo distante dai maestri Dissection.
Quindi tra i solchi delle terribili Calanda Of Antichrist, la magnifica Serpents e l’inno al male Ave Leviathan troverete black metal di scuola nordica, perfido e distruttivo, un assalto ben congeniato e valorizzato da un’ottima produzione.
I tre musicisti ci sanno fare e si sente, l’atmosfera è pregna di grondante metallo evil, tra parti velocissime e cadenzate marce verso l’abisso.
L’ep funge da anticipazione per il primo lavoro sulla lunga distanza che si intitolerà Victorious Satan e che dovrebbe uscire in questi mesi, date un ascolto a questo lavoro e mettetevi comodi in attesa del full length, il gruppo merita sicuramente l’attenzione dei blacksters più ortodossi.

TRACKLIST
1. Calanda of Antichrist
2. Satanic Sex
3. Serpents
4. Ave Leviathan

LINE-UP
Fenrir – Vocals
Kunstdood – Drums
Kongen av Slanger – Guitars, Bass

MORKNATT – Facebook

Morth – Towards the Endless Path

Lungo ed epico viaggio nel black metal dal taglio melodico, l’album si sviluppa per più di un’ora immerso nel leggendario mondo di una terra di mezzo raccontata attraverso lunghi mid tempo tastieristici

Morth è il monicker di questa one man band attiva dal 2002 proveniente dalla Bulgaria e fondata dal polistrumentista Erilyne, musicista attivo in molte band della scena estrema del suo paese.

Towards The Endless Path è il primo full length e segue il demo uscito un paio di anni fa e che ha dato il via alla discografia di Morth.
Lungo ed epico viaggio nel black metal dal taglio melodico, l’album si sviluppa per più di un’ora immerso nel leggendario mondo di una terra di mezzo raccontata attraverso lunghi mid tempo tastieristici, con la gracchiante voce di questo menestrello del male ed accompagnata da un’aura epica.
Il musicista bulgaro se la cava sia con gli strumenti che con un songwriting che pur essendo prolisso mantiene una buona tensione e non stanca.
Qualche lacuna in fase di produzione non inficia la riuscita globale dell’album che alterna black, heavy e dark metal con buona ispirazione.
Orchi, maghi e stregoni ci attendono tra le montagne incantate di questa terra di fantasia, tra valli verdeggianti e cime innevate, il mood dell’album riporta alla mente opere come Il Signore Degli Anelli o Il Trono Di Spade, mondi di guerre, magia e lotte secolari tra il bene ed il male.
La sei corde richiama l’heavy metal classico, qualche rallentamento atmosferico il dark metal, mentre le sempre presenti armonie tastieristiche danno al sound un taglio epico ed oscuro.
I brani superano per gran parte i dieci minuti di durata, perciò l’ascolto necessita di concentrazione e l’album più giri nel lettore per essere fatto proprio, ma il risultato è soddisfacente, specialmente per gli amanti del genere.
Mortiis, Summonning ed Immortal sono i gruppi che maggiormente escono dai solchi di brani dalla riuscite atmosfere epic fantasy come Dark Dawn Arise, Shadows from Ancient Battles e Towards the Endless Path of War; non fatevi spaventare dalla durata dell’opera e provate ad immergervi nel mondo di Morth.

TRACKLIST
1. Cold Moonlight Mysticism
2. Dark Dawn Arise
3. Echoes of Ancient Winds
4. Shadows from Ancient Battles
5. The Black Fog of Times
6. Towards the Endless Path of War

LINE-UP
Erilyne – All instruments, Vocals

MORTH – Facebook

Solinaris – Deranged

Deranged risulta un album piacevole, specialmente nelle parti dove il metal estremo lascia che le ottime parti progressive prendano il sopravento

Debutto sulla lunga distanza per questa band estrema proveniente dal Quebec, fondata nel 2012 dal cantante e tastierista Eric Labrie e dal chitarrista Bernard Giroux, raggiunti da Jean-Daniel Villeneuve all’altra chitarra, Jonathan Piché al basso e Lucas Biron alle pelli.

Il gruppo nel 2015 finisce di registrare Deranged, uscito solo ora e licenziato sotto l’ala della Cimmerian Shade Recordings.
La proposta dei canadesi è un death metal tecnico e progressivo, dove da copione le sfuriate estreme lasciano spazio a fughe verso lidi jazz, fusion in un altalenante cambio di atmosfere.
Molto importante nel sound le armonie acustiche, punto di forza di Deranged, mentre nelle parti estreme una produzione leggermente deficitaria non valorizza appieno l’enorme mole di lavoro dei Solinaris.
La prima parte del cd sfoga quasi tutta la sua vena estrema, la title track, Torture Chronicles e Blind torturano i padiglioni auricolari con sferzate estreme tecnicissime, stacchi e ripartenze care ai gruppi dediti al genere, mentre il cuore dell’album è lasciato in mano alle atmosfere progressive di Chloroform e Field of Trees, dove la sei corde di Giroux prende in mano il sound e ci conduce in lidi acustici dalle reminiscenze folk.
Si riparte in quarta per un finale in crescendo, gli ultimi tre brani con in testa la conclusiva Red Rain tornano a far male, non rinunciando ad un finale atmosferico.
Deranged risulta un album piacevole, specialmente nelle parti dove il metal estremo lascia che le ottime parti progressive prendano il sopravento, un debutto tutto sommato positivo per i Solinaris.
Se siete amanti del genere e di gruppi come Cynic, Atheist e Pestilence, un ascolto è consigliato.

TRACKLIST
1.Intro
2.Deranged
3.Torture Chronicles
4.Blind
5.Murder
6.Chloroform
7.Field of Trees
8.November
9.Phobopath
10.Red Rain

LINE-UP
Eric Labrie – Vocals and keys
Bernard Giroux – Acoustic guitars and solos
Jean-Daniel Villeneuve – Electric guitars and solos
Jonathan Piché – Fretless bass
Lucas Biron – Drums
Alexandra Lacasse – Saxophone

SOLINARIS – Facebook

Atom Made Earth – Morning Glory

I sette brani di cui si compone Morning Glory formano una lunga jam che vi trascinerà in un vortice di suoni e colori irresistibile

Premessa: Il rock è morto, anzi no!

Lontane dai deliri di certi scribacchini che, alla scomparsa di una bella fetta delle icone rock che hanno imperversato negli ultimi trent’anni di storia della musica contemporanea, hanno creduto di celebrare la messa funebre al genere, ed immersi nelle vicissitudini di una scena underground mai così prolifica e dall’altissima qualità, le ‘zine di riferimento continuano imperterrite a presentarvi realtà di spessore provenienti da ogni parte del mondo.
A fare la voce grossa c’è anche il nostro paese, troppo spesso dimenticato soprattutto dai fans nati sul territorio nazionale e che all’ombra delle luci accese su spettacoli indecorosi trasmessi in tv, o a festival imbruttiti da una ricerca spasmodica del nuovo re del pop melodico, risulta patria di splendide realtà in tutti i generi con cui il rock ed il metal si nutrono.
Morning Glory conferma l’ottima salute che gode il rock nel nostro paese e ci presenta una band formata da quattro straordinari musicisti che, senza barriere e schemi prestabiliti, inglobano nel proprio sound diverse atmosfere, sfumature ed ispirazioni creando musica totale ed assolutamente progressiva.
Non smetterò mai di affermare che album come questo secondo lavoro del gruppo marchigiano sia quanto di più progressivo il rock del nuovo millennio possa riservare ai suoi estimatori, splendidamente strumentale ma intenso, cangiante e tecnicamente ineccepibile.
Non è assolutamente semplice trovare un lavoro di sole note, dove il canto sarebbe un di più, ci pensano gli strumenti a raccontare l’emozionante viaggio che gli Atom Made Earth hanno memorizzato sul loro navigatore musicale in un crescendo di sorprese che vi accompagneranno per tutta la durata dell’opera e la voglia irrefrenabile che avrete di schiacciare il tasto play ancora una volta.
Accompagnato dalla bellissima copertina curata dall’artista argentino Hernàn Chavar, registrato da Gianni Manariti e masterizzato dall’ex leader dei Khanate James Plotkin, Morning Glory è un album di rock progressivo che, da una forte base pinkfloydiana si dirama in più direzioni, e come un fiume in piena trascina con sé svariati mood, passando con disinvoltura dai Goblin allo stoner rock degli anni novanta, da soluzioni funky care a band come i Primus a divagazioni alternative e post rock inglobate in un sound che sprizza psichedelia da tutti i pori.
I sette brani di cui si compone Morning Glory formano una lunga jam che vi trascinerà in un vortice di suoni e colori irresistibile, confermando come detto non solo l’assoluto valore del gruppo di Ancona, ma l’inesauribile falda aurifera di cui si nutre la scena underground dello stivale.

TRACKLIST

1.Noil
2.Thin
3.October Pale
4.Reed
5.Baby Blue Honey
6.staC
7.Lamps Like An African Sun

LINE-UP

Daniele Polverini – Guitars, Loop, Synth, Effects
Nicolò Belfiore – Keyboards, Synth, Piano
Testa “Head” – Drum, Percussions
Lorenzo Giampieri – Bass

ATOM MADEEARTH – Facebook

Vibrion – Bacterya

Bacterya ricorda nel sound il caos di un mondo ormai alla fine, dopo che il virus mortale ha trucidato ogni essere vivente, in uno scenario di apocalisse che ben si adatta alla musica del combo.

I Vibrion sono attivi dai primi anni novanta, non una band di novellini dunque ma una realtà consolidata del panorama estremo underground.

I primi due album sono lavori molto rispettati nella scena death mondiale, specialmente il primo Diseased, uscito nel 2005 e seguito da Closed Frontiers di due anni più tardi.
Un lungo silenzio durato quasi vent’anni ed interrotto dal video live, Buenos Aires Re-infected del 2014, ha portato il gruppo fino a Bacterya, licenziato dalla Disembodied Records con la collaborazione della Xtreem Music.
Death metal old school di scuola statunitense, una mazzata virale che non conosce tregua tra furiosi blast beat e rallentamenti destabilizzanti, un’atmosfera apocalittica che aleggia sui brani, schitarrate furibonde e urla animalesche di persone infette ed ormai prossime alla morte, tutto questo ricorda questo nuovo lavoro del gruppo argentino.
Bacterya ricorda nel sound il caos di un mondo ormai alla fine, dopo che il virus mortale ha trucidato ogni essere vivente, in uno scenario di apocalisse che ben si adatta alla musica del combo.
Le ritmiche in perenne tensione, le atmosfere claustrofobiche e pregne di disperazione, i solos che ricordano lamenti di forme di vita tormentate nel fisico e nella mente lasciano piacevole gusto di morte in bocca, specialmente se siete amanti del metallo estremo sulla scia dei numi tutelari di un certo modo di fare death, gli Obituary dei fratelloni John e Donald Tardy.
Manca solo qualche brano che spicca in questa devastante tracklist che forma un massiccio e monolitico esempio di death metal senza compromessi, anche se sono certo che i fans incalliti del genere ameranno Bacterya alla follia.

TRACKLIST
1. Day of Replication
2. The Wrath of the Beast
3. The Worm Immune
4. The Walls of Caffa
5. Ill Essentia
6. Of My Burning Brothers
7. Hidden Plague Disseminator
8. Bacterya
9. Circles Are Closed
10. Mutant

LINE-UP
Luis Guardamagna – Guitar, Vocals
Lou-Indigo – Lead Guitar
Fabian Fernandez, Bass
Matthias M. – Bass
Jonas Sanders – Drums

VIBRION – facebook

Saligia – Fønix

Superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia, è l’unione delle prime lettere dei sette peccati capitali che forma la parola Saligia, monicker di questa black metal band norvegese.

Superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia, è l’unione delle prime lettere dei sette peccati capitali che forma la parola Saligia, monicker di questa black metal band norvegese, attiva come duo dal 2007 ed arrivata al secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo un terzetto di demo, il primo full length (Sic Transit Gloria Mundi del 2011) e lo scorso mini cd dal titolo Lvx Aeternae, uscito un paio di anni fa.

Un sound destabilizzante che accompagna un concept incentrato sull’occultismo è quello che propongono il gruppo di Trondheim, al secolo Ahzari (voce, chitarra e basso) e V. alle pelli, lontano dall’armageddon sfrenato delle black metal band, o dalle reminiscenze sinfoniche di molti gruppi Emperor style e molto più vicine al doom/dark.
Ossianico, pur in un contesto black, si potrebbe definire il modus operandi dei Saligia, dato anche dalla voce ruvida e declamatoria, poco valorizzato da una produzione grezza, ma in molti passaggi suggestivo il giusto per non sfigurare sul mercato dei prodotti evil.
Pochissime accelerazioni e tanti mid tempo che formano una lunga messa nera, dove il suono scarno della sei corde accompagna il drumming vario e fantasioso di V., mentre si continuano a mietere vittime inconsapevoli della pericolosità dei due sacerdoti del male.
Ed all’ascolto delle varie Fire Tear Apart The Veil, Revelation: A Sign Reveals o Fønix: Flame Coronation sembra davvero di essere al cospetto di una cerimonia messianica dove i due puniscono gli astanti, ognuno con il proprio peccato capitale da farsi perdonare, ma trovano solo punizione, sofferenza e dolore.
Difficile fare paragoni con band affermate, il sound è alquanto originale anche se non tutto fila liscio e la proposta ha bisogno di più ascolti per essere assimilata in pieno.
Rimane un album interessante, di non facile lettura ma fuori dai soliti cliché abusati senza ritegno dai gruppi del genere, quindi provate ad addentravi nel mondo dei Saligia, potrebbe piacervi.

TRACKLIST
1. Fire: Tear Apart the Veil
2. Revelation: A Sign Reveals
3. Abyss: In Darkness Forge Alight
4. Voices: Her Hidden Darkness
5. Fønix: Flame Coronation

LINE-UP
Ahzari – Vocals, Guitars, Bass
V. – Drums

SALIGIA – Facebook

Arkhè – Λ

Perdersi un album di questo livello è un peccato mortale, lasciate entrare dentro di voi le note che accompagnano la musica degli Arkhè, vi riempiranno il cuore e l’anima.

Tra le molte realtà di spessore che hanno attraversato gli ultimi decenni di musica metal ci sono band che non hanno mai raccolto in termini di vendite e popolarità quello che la loro musica meritava.

Tra queste ci sono sicuramente gli ungheresi Sear Bliss che fin dal 1996, anno di uscita del debutto Phantoms, sono stati una delle migliori espressioni del black metal atmosferico in giro per la vecchia Europa.
L’ultimo lavoro targato Sear Bliss risulta Eternal Recurrence del 2012, nel frattempo il leader Andras ha raccolto vari membri che nel corso degli anni hanno contribuito a rendere ottima la discografia del gruppo in qualità di ospiti, e sotto il monicker Arkhè licenzia questo bellissimo lavoro.
Λ lascia gli impervi sentieri del black metal atmosferico per avventurarsi nel mondo del metal alternativo, dove l’aggettivo sta per musica a 360°, sempre oscura, drammatica, estrema più concettualmente che musicalmente, anche se non mancano attimi di tragico metallo progressivo.
Progressive è appunto la migliore descrizione sintetica della musica del musicista magiaro, un caleidoscopio umorale di suoni e sfumature rarefatte, liquide, dove l’elettronica scava nello spartito, lasciando profonde vene aurifere di note melanconiche, a tratti struggenti, in un saliscendi tra momenti di intima drammaticità e rabbiosi, ma ragionati, sfoghi musicali in cui il gruppo da il meglio di se.
Un viaggio nell’oscurità, un cammino alla cieca tra una buona fetta dei generi che si ammantano di colori scuri, tutti sotto la guida progressiva di Andras, cervello e braccio principale di questo progetto che vede ancora una volta l’emozionalità della sua musica a livelli eccellenti.
Dark, new wave, industrial, metal estremo, note adulte di gotico incedere sono le principali colpevoli di questo gioiello senza genere, come se tutte le nostre certezze su cui abbiamo costruito il modo di dividere la musica contemporanea per cercare di spiegarla cadessero, bombardate dalle note di Λ.
Difficile scegliere un brano piuttosto che un altro, l’opera va ascoltata nella sua interezza per poter riuscire a scorgere le mille e più ombre che si aggirano, tra le note di cui si compone, ma lasciatemi sottolineare la fantastica cover di Scum dei Napalm Death, qui in versione industrial dark con finale di atmosferica e sospesa musica che fluttua e ci accompagna verso un epilogo in crescendo di questo meraviglioso lavoro.
Perdersi un album di questo livello è un peccato mortale, lasciate entrare dentro di voi le note che accompagnano la musica degli Arkhè, vi riempiranno il cuore e l’anima.

TRACKLIST
1. Rianás
2. Meditation In The Wood
3. Fergeteg Hava
4. Lélekölök
5. Space Derelict
6. Scum (Napalm Death – Cover)
7. Eredet
8. Álom Hava
9. Esthajnal

LINE-UP
Andras – vocals, guitars, bass, synth, fretless bass, piano

Guests:
Viktor Scheer
Olivér Ziskó
Attila Kovács
Balázs Bruszel
Zsófia Korponay

ARKHE’ – Facebook

Exalter – Obituary for the Living

La zampata di un’etichetta come la Transcending Obscurity non può che essere segno di qualità, ed infatti senza far gridare al miracolo, i sei brani presentateci non mancano di lasciare buone impressioni

Proviene dal Bangladesh il duo di thrashers che compone la line up degli Exalter, band formata tre anni fa, di cui Obituary For The Living risulta il secondo ep.

Il mini cd raccoglie tutto il precedente lavoro (Democrasodomy) dello scorso anno più due tracce inedite di thrash vecchio stampo che guarda agli States ed alla scena della Bay Area.
Il duo è composto da Tanim (voce e chitarra) e Afif alle pelli, mentre il basso è lasciato agli ospiti che si avvicendano in sede live.
Il sound della band è il classico thrash old school lineare, veloce ed in questo caso abbastanza melodico per risultare piacevole ad un primo ascolto.
Anche se le songs tendono ad assomigliarsi, una discreto lavoro in fase di registrazione e l’attitudine senza compromessi dei musicisti rendono Obituary For The Living un gagliardo biglietto da visita per gli Exalter.
La zampata di un’etichetta come la Transcending Obscurity non può che essere segno di qualità, ed infatti senza far gridare al miracolo, i sei brani presentateci non mancano di lasciare buone impressioni che si spera verranno confermate su un eventuale full length.
Thrash metal di scuola statunitense si è scritto, ed allora nei vari brani come Surrounded by Evil, Nuclear Punishment e Thrash Resurgence, una bufera di suoni che richiamano i vari Exodus, primi Metallica, Death Angel con qualche picco estremo alla Slayer, massacreranno per una mezzoretta i vostri delicati padiglioni auricolari.
Obituary For The Living non manca di sfoderare una notevole aggressione, così da portare a headbanging sfrenati i fans del genere.

TRACKLIST
1. Tortured Innocents
2. Surrounded by Evil
3. Sacrificial Immolation
4. Nuclear Punishment
5. Throat Cutters
6. Thrash Resurgence
7. White Phosphorus Shell

LINE-UP
Tanim- Vocal,Guitar
Afif- Drums

EXALTER – Facebook

Godless – Centuries Of Decadence

Quattro brani che formano un massacro sonoro dall’alta intensità, tecnicamente sopra le righe, ben strutturato sull’amalgama tra i suoni old school alla Obituary e non poche soluzione più moderne e violente.

Hyderabad, India, tra le strade e levie della città asiatica si aggiravano tre realtà estreme che portavano in se il morbo del death metal: Skrypt, Shock Therapy ed Eccentric Pendulum.

Dall’unione di cotanta, devastante malvagità è nata una nuova creatura, i temibili Godless che, tramite la label estrema per antonomasia, la Transcending Obscurity danno alle stampe il loro debutto, Centuries Of Decadence.
Come molte delle band provenienti dal lontano paese asiatico i cinque musicisti indiani trovano nel metal estremo un modo per denunciare le molte piaghe di una società malata, tralasciando tematiche horror o fantasy, care alla maggior parte dei loro estremi colleghi.
Una denuncia sociale a colpi di death metal che si avvicina pericolosamente al brutal, nelle ritmiche che non mollano la furia dei blast beat ed il growl, profondo e terrificante.
Quattro brani che formano un massacro sonoro dall’alta intensità, tecnicamente sopra le righe, ben strutturato sull’amalgama tra i suoni old school alla Obituary e non poche soluzione più moderne e violente.
Ne esce un dischetto sviluppato su una ventina di minuti di death metal che risulta una mazzata terrificante, un cappio soffocante che si stringe al collo senza possibilità di sfuggire al delirio estremo dell’opener Infest, della dirompente ed oscura Ossuary, della death/thrash Replicant e del brutale massacro sonoro perpetuato con la conclusiva Oneiros.
Per i fans del genere un ascolto è altamente consigliato.

TRACKLIST
1.Infest
2.Ossuary
3.Replicant
4.Oneiros

LINE-UP
Kaushal LS – Vocals
Rohit Nair – Guitar
Ravi Nidamarthy – Guitar
Abbas Razvi – Bass
Aniketh Yadav – Drums

GODLESS – Facebook

Stonewall Noise Orchestra – The Machine, The Devil & The Hope

The Hope si candida come una delle migliori uscite targate Steamhammer/SPV in ambito classic e hard rock

Che la penisola scandinava sia una terra molto ricettiva per i suoni hard rock non è certo una novità, storicamente la musica dura di stampo melodico e AOR ha sempre trovato terreno fertile nelle sconfinate ed innevate lande nord europee, ma ultimamente sempre più realtà di vaglia scendono verso il sud portando proprio i suoni caldi dell’hard rcok settantiano, sporcato dal blues e da reminiscenze stoner.

La Stonewall Noise Orchestra (S.N.O) sono ormai più di dieci anni che, dalla Svezia propone questo tipo di sound, vintage certo, ma terribilmente coinvolgente specialmente per chi ama i suoni rock di stampo americano.
The Machine, the Devil & the Dope è il quinto full length di questa macchina da guerra rock’n’roll, il primo lavoro datato 2005 (Vol. 1), ha dato il via ad una discografia che ha visto licenziare un album ogni due/tre anni, una buona costanza per le innumerevoli band di oggi, arrivando nel 2013 con quello che fino ad oggi era l’ultimo parto, Salvation.
Il quintetto svedese ci consegna un’altro gioiellino di classic rock, che svaria tra le atmosfere che in oltre quarant’anni hanno attraversato il genere, inglobando sfumature che vanno dal blues, allo stoner, dalla psichedelia all’hard rock sabbatico, così da comporre un album vario, pur mantenendo inalterato lo spirito vintage che contraddistingue in concept del gruppo.
Riff ora colmi di groove stonato, ora drogati di blues, un approccio ruvido reso a tratti potentissimo da mid tempo sabbathiani e tanta melodia sono la chiave di lettura di The Machine, The Devil & The Hope, una raccolta di songs che come un documentario sulla storia della nostra musica preferita vede passare in rassegna, Led Zeppelin, Black Sabbath, Soundgarden, Kyuss e Spiritual Beggars, in un viaggio temporale tra i decenni passati fino a quello attuale.
Il songwriting, così come la produzione sono a livelli sopra la media, i brani, dalla sabbathiana The Fever che apre le danze, passando dall’energico rock’n’roll di Welcome Home, dallo stoner desertico di Into The Fire, dalla splendida e travolgente Superior #1 e dalla psichedelica e liquida I,The Servant non mancano di regalare emozioni calde e sanguigne, come devono elargire opere di questo genere.
Con Jonas Kjellgren (Scar Symmetry, Carnal Forge) alla produzione e l’artwork curato da Per Wiberg (Opeth, Spiritual Beggars, Arch Enemy) The Machine, The Devil & The Hope si candida come una delle migliori uscite targate Steamhammer/SPV in ambito classic e hard rock, non fatevelo sfuggire.

TRACKLIST
1. The Fever
2. Welcome Home
3. Into the Fire
4. Don’t Blame the Demons
5. Superior #1
6. Stone Crazy
7. I, the Servant
8. On a Program
9. The Machine, the Devil & the Dope

LINE-UP
Snicken – Guitar
Mike – Guitar
Tony – Vocals
Mr Pillow – Drums
Jonas – Bass

STONEWALL NOISE ORCHESTRA – Facebook

Raff Sangiorgio – Rebirth

Un lavoro che piacerà agli amanti della band madre, ma che non mancherà di conquistare i divoratori di opere strumentali composte da virtuosi delle sei corde.

I Gory Blister sono una delle band storiche del panorama metallico estremo nazionale, dal 1997 sul mercato con una proposta che ha sempre mantenuto un’ottima qualità seguendo i binari di un feroce death metal tecnico.

Non sono poi molte le band che oltre a cinque full length possono vantare un curriculum live sontuoso come quello dei deathsters italiani, che hanno suonato con il gotha del metal estremo mondiale (Testament, Nile, Nevermore, Sadus, Darkane, Entombed, Sinister, Obituary tra le altre).
Raff Sangiorgio è lo storico chitarrista di questo nostro orgoglio metallico, ora alle prese con Rebirth, lavoro solista che ha visto il musicista alle prese con tutti gli strumenti.
Una sorta di one man band dunque, dove Sangiorgio oltre a sfoderare la sua bravura alla sei corde se la cava alla grande con gli altri strumenti.
Ne esce un’opera strumentale gradevole, sicuramente sorprendente se si pensa al background del musicista, che su Rebirth non disdegna piacevoli passaggi in altri lidi musicali come il blues, mantenendo una carica metal notevole.
Abituati ai ricami dei guitar heroes, il disco ha un impatto originale perchè Sangiorgio non dimentica di essere figlio del metal estremo così da mantenere una tensione altissima, specialmente nelle ritmiche, conservando intatta la sua natura musicale.
Virtuosimi dosati ed inseriti senza stancare nell’economia dei brani, un songwriting vario che permette di godere di sfumature che vanno appunto dal blues al progressive, fanno di Rebirth un lavoro vario e dannatamente coinvolgente, una virtù non così facile da trovare nei lavori strumentali di molti dei suoi colleghi.
Quick Trigger, Lil’ Chuck Blues, Cosmic Seed e Fragile Existence sono i brani che al sottoscritto sono piaciuti di più, in un lavoro che va assolutamente assaporato in tutta la sua interezza, anche per la scelta intelligente del nostro di limitare la durata dell’opera a poco più di mezzora, che si riassume in impatto e talento senza specchiarsi troppo.
Buon lavoro, dunque, che piacerà agli amanti della band madre, ma che non mancherà di conquistare i divoratori di opere strumentali composte da virtuosi delle sei corde.

TRACKLIST
1.Quick Trigger
2.Lil’ Chuck Blues
3.Back To Glory
4.GlaringSoul
5.Rebirth
6.Cosmic Seed
7.Magic River
8.Fragile Existence
9.Voices From The Sea

LINE-UP
Raff Sangiorgio – All Instruments

RAFF SANGIORGIO – Facebook

Sixx A.M. – Prayers For The Damned Vol. 1

Stavate cercando una band da far sedere sul trono dell’hard rock mondiale? L’avete trovata.

Negli ultimi mesi non sono state poche le band tornate in campo hard rock a far parlare la propria musica, gruppi ormai famosi che hanno attraversato con alterne fortune gli ultimi vent’anni, ancora comunque tutte ben inserite in un music biz sull’orlo di una crisi di nervi, nel trovare la band trainante per tutto il movimento.

La moria delle cosidette ultime icone del rock’n’roll, ed una crisi economica mondiale che ha influito negativamente anche sul mondo musicale, stanno dando ragione (ma solo in termini economici) a chi continua a sostenere che il rock è morto, aiutati dai passi falsi delle ultime band storiche che pur di attaccarsi agli ultimi dollari si inventano collaborazioni ridicole (la storia AC/DC-Axl Rose ne è il più clamoroso esempio).
Ed allora chi prenderà per mano il rock’n’roll per accompagnarlo in questi primi anni del nuovo millennio?
I Sixx A.M., liberati dallo scioglimento dei Motley Crüe (Nikki Sixx) e dalle bizze di Axel Rose (Dj Ashba), con questo nuovo lavoro potrebbero essere tra le band cardine di questi prossimi anni a venire, intanto per il carisma dei protagonisti e poi per la qualità della musica proposta che si colloca perfettamente tra il rock tradizionale, quello più moderno ed easy listening con una componente metal, che potrebbe davvero mettere d’accordo tutti e fare del gruppo statunitense una bomba pronta ad esplodere sul mercato discografico.
Una collaborazione, quella tra il bassista dei leggendari Crüe ed il chitarrista dei fenomenali Beautiful Creatures (il loro debutto omonimo del 2001 è un capolavoro assoluto), iniziata nel 2007 per dare una colonna sonora al libro The Heroins Diaries, cronache della tossicodipendenza di Sixx che, a molti, dava l’impressione di un progetto estemporaneo, anche per il rientro in campo dei Crüe con una serie infinita di live e l’entrata del chitarrista tra le file dei gunners del solo Rose.
Non è andata così fortunatamente, ed il gruppo arriva al traguardo del quarto lavoro, il quale avrà un seguito sul finire dell’anno (Vol.2) e che succede, oltre al debutto ad altri due ottimi lavori come This Is Gonna Hurt (2011) e Modern Vintage di due anni fa.
Prayers For The Damned Vol.1 è un lavoro colmo di canzoni bellissime, con irresistibili refrain e quella vena tragica che è nel DNA della band, ed appunto una perfetta amalgama tra tradizione e modernità.
Non un brano che qualsiasi artista non venderebbe l’anima per scrivere, non un riff che non sia perfettamente inserito in un contesto che funziona, tra melodia e scintille metalliche al servizio del rock’n’roll.
Chorus che si insinuano nella testa, scavano nella mente e si costruiscono una nicchia per non uscire più, mentre le emozioni si susseguono, vagando tra queste undici canzoni che semplicemente rapiscono.
Fin dall’opener Rise è un’apoteosi di rock moderno, confermato ed accentuato da piccoli capolavori come le metalliche When We Were Gods e Belly of the Beast o alla vena drammatica e seriosa della title track, passando dall’hard rock dannatamente moderno e a stelle e strisce di I’m Sick, Everything Went To Hell (splendidamente Beautiful Creatures) e You Have Come To The Right Place.
Detto di una prova mostruosa di James Michael al microfono, del talento di un D.J Asbha che si dimostra uno dei più validi interpreti alla sei corde nel genere, oltre ovviamente di un Nikki Sixx che si fa beffe degli anni e di un passato “turbolento”, non rimane che inchinarsi davanti ad un album superbo.
Stavate cercando una band da far sedere sul trono dell’hard rock mondiale? L’avete trovata.

TRACKLIST
1. Rise
2. Have You Come The Right Place
3. I’m Sick
4. Prayers For The Damned
5. Better Man
6. Can’t Stop
7. When We Were Gods
8. Belly Of The Beast
9. Everything Went To Hell
10. The Last Time (My Heart Will Hit The Ground)
11. Rise Of The Melancholy Empire

LINE-UP
Nikki Sixx – bass guitar, backing vocals, keyboards, additional guitar
James Michael – lead vocals, rhythm guitar, keyboards
Dj Ashba – lead guitar, backing vocals

SIXX A.M. – Facebook

Warfect – Scavengers

Una bomba thrash metal devastante, questo è il nuovo lavoro degli svedesi Warfect,un’esplosione di metallo velocissimo aggressivo ed arrembante che vi travolgerà senza pietà.

Una bomba thrash metal devastante, questo è il nuovo lavoro degli svedesi Warfect,un’esplosione di metallo velocissimo aggressivo ed arrembante che vi travolgerà senza pietà.

La Cyclone Empire licenzia Scavengers, terzo album del trio di Uddevalla, band che dal 2003 incendia palchi e distrugge lettori cd, disintegrati dalla forza dirompente dei primi due lavori, Depicting the Macabre (uscito nel 2009 per la nostrana My Kingdom Music) ed Exoneration Denied di tre anni fa.
Warfect è sinonimo di thrash metal old school, valorizzato da una produzione perfetta a cura di Fredrik Wester, chitarrista e cantante della band, una raccolta di songs che non conosce tregua, tra ritmiche indiavolate, solos fulminanti, un vocione arrabbiatissimo ma da manuale dei dieci comandamenti del genere e un’attitudine che esce prepotentemente dai solchi dell’album e ci investe in tutto il suo impatto debordante.
L’artwork curato da Andrei Bouzikov, già al lavoro per Municipal Waste, Autopsy e Fueled By Fire, in puro ed ignorante thrash metal style, valorizza questo tsunami metallico che non risparmia, velocità, ripartenze, solos armonici ed incredibili ritmiche che sembrano provenire da un pendolino in una folle corsa sui binari.
Sfuriate rabbiose, atmosfere oscure, un songwriting di altissimo livello, e tanta rabbia positiva, fanno di Scavengers un album imperdibile per i fans del vecchio e mai domo tharsh metal, brani elaborati ma travolgenti come Reptile, Watchtowers, The Resurrectionists ( un’apoteosi di mid tempo, stacchi fulminanti e ripartenze veloci come il vento) o la marziale e cattivissima Evil Inn riempIono l’orecchio ed il cuore e confermano che il genere è assolutamente in buona salute e, nell’underground, continua a mietere vittime innocenti come un serial killer crudele e feroce.
Il sound dei nostri tre baldi musicisti svedesi non ha nulla di originale (Slayer, Kreator, Whiplash), ma qui si fa thrash metal e lo si suona alla grande, dunque poche storie e fatevi travolgere nel mare di note metalliche in tempesta di Scavengers, sarà molto difficile tornare a riva.

TRACKLIST
01. Purveyors of Cadavers
02. Reptile
03. Anatomy of Evil
04. Watchtowers
05. Suffocate the Chosen
06. Predators
07. The Resurrectionists
08. Skin Bound
09. Evil Inn
10. Savaged by Wolves
11. Into the Crypt

LINE-UP
Fredrik Wester – Vocals and guitar
Kristian Martinsson – Bass
Manne Flood – drums

WARFECT – Facebook

Liveevil – Black Tracks

Mettete il volume al massimo e fatevi travolgere dal sound di Black Tracks, trasformerete la vostra stanza in una pista di qualche club perso tra le vie di Praga.

Anche l’industrial metal dalle tinte dark, dopo l’exploit di qualche anno fa con il successo di Rammstein e Deathstars, ha trovato in questi ultimi anni qualche ostacolo, più che altro in termini commerciali, mentre nei locali di mezza Europa si continua a ballare sui ritmi sincopati del genere.

I cechi Liveevil non sono certo gli ultimi arrivati, attivi da ormai tredici anni, arrivano al traguardo del quarto album dopo che il loro cyber metal dall’ottimo appeal ha fatto scintille su Arctangel del 2007, Unique Constellation del 2009 e 3 Altering uscito un paio di anni fa.
Nel frattempo il gruppo di Ostrava è rimasto un trio composto da Colossen, Spinach e Angel formando la line up che ha firmato il nuovo Black Tracks.
E di tracce elettro/gothic/metal/dark è composto questo lavoro, nove brani che in poco più di mezz’ora sparano bombe sincopate, ipermelodiche, colme di riffoni metallici, ritmi marziali, e liquide divagazioni elettroniche che scateneranno più di una gothgirl nelle piste di oscuri e ambigui locali darkrock.
Niente che non sia il sound portato al successo dalle band di riferimento, con il gruppo che alterna brani più lineari alla Deathstars ed altri più irruenti, sincopati e marziali come i maestri tedeschi insegnano.
Non un brano che non abbia un’appeal sopra la media, Black Tracks prodotto da Kärtsy Hatakka e registrato tra Praga ed Helsinki, concentra nello stesso sound una buona fetta dei generi di cui si nutre il dark rock, l’elettronica (elemento predominante nel sound) rende il tutto trascinante ed atmosfericamente modernissimo, andando incontro ai gusti degli amanti del gothic rock, mai troppo metallico, ma a tratti grintoso quanto basta per piacere ai fans dell’industrial tout court.
Tra le songs spicca Tomorrow’s Call, posta in dirittura d’arrivo e che ricorda non poco il sound dei tedeschi Secret Discovery, band da rivalutare se siete amanti del genere.
Mettete il volume al massimo e fatevi travolgere dal sound di Black Tracks, trasformerete la vostra stanza in una pista di qualche club perso tra le vie di Praga …

TRACKLIST
1. Ended Run
2. Amper
3. Devilation
4. Vibes
5. Midnight Bay
6. Encounter
7. Hypercharger
8. Tomorrow’s Call
9. We Stand Alone

LINE-UP
Colossen-vocal, guitar
Spinach-vocal, bass guitar
Angel-guitar

LIVEEVIL – Facebook

Ex Animo – Neverday

Un album intenso, oscuro e melanconico il giusto per piacere a tutte le anime inquiete che si aggirano in notti buie ed intrise di disperata decadenza.

Un’altra band di spessore nell’immenso panorama del symphonic gothic metal, questa volta però con più di un richiamo al doom/dark ed alle band storiche che portarono all’attenzione le atmosfere eleganti ed oscure del metallo gotico con voce femminile.

Gli Ex Animo sono un quintetto ucraino attivo dall’inizio del nuovo millennio e Neverday è il secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo la firma con Metal Scrap, label che ci ha visto giusto, perché il nuovo album è molto emozionale, aggressivo e splendidamente colmo di atmosfere doom/dark.
Le ritmiche aggressive, il suono delle sei corde che richiamano a più riprese i primi lavori di Anathema e Paradise Lost e la voce di Julia Orwell, molto vicina a quella di Cristina Scabbia, formano un sound fuori dalle solite debordanti atmosfere bombastiche che caratterizzano i suoni dell’ultima generazione dei gruppi di genere, incontrando invece i suoni oscuri e maturi del doom e del death, specialmente quando il vocione brutale di Andrew Lunko si impossessa della scena o accompagna l’elegante musa.
Non sono i primi gli Ex Animo a ripercorrere il cammino oscuro dei gruppi del decennio novantiano, un buon numero di realtà, specialmente nell’underground sta tornando ai suoni più dommy e meno bombastici di questi anni e la scena non può che giovarsene.
L’atmosfera di cui si nutre Neverday, rimane per tutta la sua durata piacevolmente malinconica e struggente, il growl dona quel tocco di disperata drammaticità che rende il lavoro più estremo, mentre la vocalist si erge ad eroina, sirena solitaria nel mezzo a tempeste di metallo massiccio, cadenzato e potentissimo.
Non mancano songs pregne di delicato mood dark/gotico (Spring Covered with Snow e Scream of Silence) e potenti tsunami death/doom come Aeons Of Sadness, la splendida Shattered Universe e l’irruenza sinfonica di The Memories of a Broken Man.
Un album intenso, oscuro e melanconico il giusto per piacere a tutte le anime inquiete che si aggirano in notti buie ed intrise di disperata decadenza.

TRACKLIST
1. Neverday
2. Aeons of Sadness
3. Soulglass
4. Spring Covered with Snow
5. Shattered Universe
6. The Memories of a Broken Man
7. Scream of Silence
8. Just Tired (outro)

LINE-UP
Andrew Lunko – guitars, vocals
Victor Kotlyarov – guitars
Julia Orwell – vocals
Evgeniy Pavlov – bass
Aleksey Semenyakin – drums

EX ANIMO / Facebook

Eternal Delyria – Delirium

Con personalità e buone idee la band aggiunge al suo furioso metallo armonie tastieristiche di estrazione gothic e il risultato è un quanto mai piacevole death dai rimandi sinfonici

Sono pronti per pubblicare, a giugno di quest’anno, il primo full length il cui titolo sarà Letting Go of Humanity, nel frattempo noi di Iyezine facciamo un passo indietro e torniamo a due anni fa quando gli Eternal Delyria pubblicarono questo buon debutto autoprodotto.

Il gruppo proveniente dal Canton Ticino è composto da sei elementi, in questo lavoro suonava ancora il vecchio bassista , poi sostituito da Thimothi Scandella, che con Alexander Lutz alla voce, Nicola Leoni e Fausto Boscari alle chitarre, Claudio Esposito alle tastiere e Alex Ruberto alle pelli, formano l’attuale line up.
Il loro sound di matrice estrema risulta un ottimo melodic death metal, l’ispirazione guarda alle terre scandinave, ma il gruppo non risulta una fotocopia dei primi In Flames o Dark Tranquillity.
Con personalità e buone idee la band aggiunge al suo furioso metallo armonie tastieristiche di estrazione gothic e il risultato è un quanto mai piacevole death dai rimandi sinfonici, senza voci femminili, perciò duro ed aggressivo quanto basta per piacere anche agli amanti del death classico.
Ottimo l’uso dei tasti d’avorio, sempre presenti e ben inseriti nel sound che tra cavalcate metalliche e tanta melodia, piace al primo assaggio.
Prodotto benissimo, Delirium dopo l’intro cinematografica parte con il riff marziale di Mutation, per poi esplodere in tutta la sua debordante varietà di solos riff e ritmiche.
Gotico, estremo, ed oscuro come una foresta alpina, Sacrifice gronda metallo estremo ma elegante, le tastiere disegnano armonie gotico progressive, mentre lo scream rimane aggressivo ma gustosamente interpretativo.
Wake Up è il primo singolo e video del gruppo, ritmiche thrash amoreggiano con tastiere melodiche, mentre l’atmosfera si surriscalda maggiormente nelle ottime What’s The Point e la conclusiva Surrounded By Lies.
Catamenia, Children Of Bodom, Dimmu Borgir e tante atmosfere gotiche, sono le principali indicazioni che mi sento di suggerire a chi si avvicina alla musica del gruppo svizzero.
Manca poco al primo full length, state sintonizzati.

TRACKLIST
1.Intro
2.Mutation
3.Sacrifice
4.Wake Up
5.What’s The Point
6.Surrounded By Lies

LINE-UP
Clod – Keyboards
Lutz – Voice Growl & Scream
Alex – Drums
Fot – Guitar
Nyx – Guitar
Tim – Bass

ETERNAL DELYRIA – Facebook