Rapture – Paroxysm Of Hatred

Giovani, ma con una personalità da vecchi demoni, i Rapture ci consegnano un lavoro che non mancherà di soddisfare i thrashers old school di tendenza slayerana e con più di un orecchio alle opere di Possessed, Venom e della parte più estrema del genere nel periodo ottantiano.

Death/thrash che sputa puro odio e violenza, con un sound che partendo da una base thrash old school si potenzia di cattiveria death per un risultato annichilente: questo è Paroxysm Of Hatred, nuovo lavoro dei greci Rapture, secondo full length dopo Crimes Against Humanity, uscito nel 2015, ed una manciata di ep.

Il quartetto proveniente dalla capitale ellenica non si risparmia e parte veloce e cattivo come pochi, rifilando una serie di mitragliate per una quarantina di minuti senza soluzione di continuità: questo è un death/thrash vecchia scuola che  molto deve ai primi Slayer, ma che si ricopre di una discreta gloria con questi otto brani spietati e assassini.
Odio, misantropia, orrore, guerra e morte, descritte con l’aiuto di un metal feroce ed aggressivo, suonato bene e prodotto quel tanto che basta per arrivare in fondo all’ascolto senza problemi (una virtù non da poco per il genere).
I Rapture ci sanno fare, interpretano la musica estrema con attitudine e quell’impatto necessario per convincere lungo tutto l’ascolto dell’album che forma, nella sua interezza, un assalto sonoro devastante.
Giovani, ma con una personalità da vecchi demoni, i Rapture ci consegnano un lavoro che non mancherà di soddisfare i thrashers old school appunto di tendenza slayerana e con più di un orecchio alle opere di Possessed, Venom e della parte più estrema del genere nel periodo ottantiano.

Tracklist
1.Thriving on Atrocity
2.Vanishing Innocence
3.Redemption Through Isolation
4.Paroxysm of Hatred: Procreation
5.Misanthropic Outburst
6.Taken by Apathy
7.Quintessence of Lunacy
8.Paroxysm of Hatred: Revelation

Line-up
Stamatis Petrou – Bass
Nikitas Melios – Guitars
Apostolos Papadimitriou – Guitars, Vocals
Giorgos Melios – Drums

RAPTURE – Facebook

Stray Bullets – Shut Up!

L’album ci regala una quarantina di minuti abbondanti intrisi dell’atmosfera sfrontata, irriverente e a tratti malinconica dello street/hard rock.

Ci sono voluti più o meno undici anni prima che i veronesi Stray Bullets riuscissero a licenziare il loro primo album, ma le cose ora sono al loro posto grazie alla collaborazione tra Sneakout Records e Burning Minds Music Group, frangia della grande famiglia Atomic Stuff dedicata all’hard rock melodico e (in questo caso) allo street/glam ottantiano.

Una lunga storia di cambi di line up e i soliti guai che attanagliano molti gruppi ad inizio carriera hanno rallentato l’arrivo sul mercato del quintetto, pronto a conquistare i cuori ribelli dei rockers orfani delle luci e delle notti magiche del Sunset Boulevard con Shut Up! esordio composto da undici brani di street/rock’n’roll adrenalinico.
Prodotto dalla band con la supervisione di Oscar Burato e Stefano Gottardi, mixato e masterizzato negli Atomic Stuff Studio da Oscar Burato, L’album ci regala una quarantina di minuti abbondanti intrisi dell’atmosfera sfrontata, irriverente e a tratti malinconica del genere, con gli Stray Bullets che dimostrano di saperci fare con i punti fermi che hanno fatto la storia del rock a stelle e strisce.
Il riffone di Lost Soul Town dà inizio alle danze, con Ale che dimostra d’essere cantante di razza, e tutto gira a mille tra street rock ed una vena punk rock che lascia all’ascoltatore una piacevole sensazione di attitudine ribelle, almeno fino a One Way, bellissima ballad classic rock.
Che siamo al cospetto di un gruppo dall’alto potenziale lo si evince proprio da questa prova superata con il lentone d’ordinanza, quasi di prassi in album del genere ma non sempre riuscito bene come avviene invece in questo caso.
Da qui in poi si riparte a grande velocità e Shut Up! arriva sparato alla fine senza intoppi e con ancora un paio di brani adrenalinici come Sex Pot e la conclusiva, metallica Crash.
Ottimo debutto quindi, con le ispirazioni e le influenze  tutte riscontrabili nel periodo storico dello street/glam, quindi cari rockers il consiglio è di non perdervi questo lavoro, perché c’è da divertirsi.

Tracklist
01.Lost Soul Town
02.Get On You
03.Hurts
04.Candy
05.One Way Emotion
06.Put Up Or Shut Up
07.Sexpot
08.Be Your Man
09.Rain
10.Blackout
11.Crash

Line-up
Ale – Vocals
Duff – Bass, Backing Vocals
Male – Guitar, Backing Vocals
Nick – Guitar
Zen – Drums, Backing Vocals

STRAY BULLETS – Facebook

Souldrinker – War Is Coming

War Is Coming risulta un piacevole ascolto pur senza avere un brano portante, ma esprimendo tutta la propria forza metallica nella sua completezza.

Se per voi il metal è grinta, energia, chitarre sature ed un buon mix tra tradizione e modernità, allora War is Coming, debutto dei tedeschi Souldrinker, è l’album che vi è mancato per arrivare in fondo al 2017 più cattivi che mai.

Il gruppo, che vede tra le sue fila due musicisti dal lungo passato nella scena metal tedesca come Markus Pohl  e Steffen Theurer, hanno trovato nella leonessa Iris Boanta la singer perfetta per ruggire a suo modo su questa decina di brani dal tiro micidiale.
Ne escono dieci esplosioni metalliche tutta grinta e appeal, con chorus che entrano in testa aprendola come un cocomero, ritmiche grasse e solos graffianti in un delirio metallico davvero niente male.
Immaginate un mix letale tra Pantera e Black Label Society che, con in corpo una bottiglia di scotch di troppo, cominciano a suonare power metal, ed avrete un’idea di quello che vi aspetta nei quaranta minuti abbondanti di War Is Coming.
Album che esprime tutta l’energia del metal, War Is Coming risulta un piacevole ascolto pur senza avere un brano portante, ma esprimendo tutta la propria forza metallica nella sua completezza, facensoci per di più conoscere un’altra eroina (Iris Boanta) dalla grande voce.

Tracklist
1.Let the King Bleed
2.Souldrinker
3.Promised Land
4.To the Tick
5.Take my Pain
6.Like Rain…
7.Raise the Flag
8.Fire Raiser
9.Voices
10.Final Stand

Line-up
Iris Boanta – Vocals
Markus Pohl – Guitar
Chris Rodens – Bass
Steffen Theurer – Drums

SOULDRINKER – Facebook

Svartanatt – Starry Eagle Eye

Più convinzione nei propri mezzi, un sound che sposa atmosfere drammatiche, le tastiere dal mood profondo e porpora, ed un’altra ottima interpretazione del buon Jani Lehtinen al microfono, fanno del nuovo album un passo deciso verso una qualità artistica superiore.

A distanza di un anno dal buon esordio omonimo, tornano i rockers svedesi Svartanatt con il secondo album licenziato dalla The Sign Records.

Si continua a parlare di rock vintage anche in questo inizio d’anno ed il gruppo nordico, con questo Starry Eagle Eye, si inserisce di prepotenza tra le migliori realtà espresse ultimamente dalla scena scandinava, migliorando sensibilmente il proprio sound rispetto al disco precedente.
Più convinzione nei propri mezzi, un sound che sposa atmosfere drammatiche, le tastiere dal mood profondo e porpora, ed un’altra ottima interpretazione del buon Jani Lehtinen al microfono, fanno del nuovo album un passo deciso verso una qualità artistica superiore.
Parliamo sempre di hard rock a cavallo tra i sessanta ed il decennio successivo, pregno di sfumature blues e psichedeliche e mai sopra le righe per potenza, eppure la band una spinta in più la mette (Duffer) per non far perdere l’attenzione ai rockers dai gusti hard & heavy, ma è con brani  drammatici e carichi di pathos che gli Svartanatt convincono maggiormente.
Wolf Blues e Universe Of sono due perle blues che mescolano Beatles e Deep Purple in un vortice psichedelico, mentre il sound si fa più americano rispetto al passato, lasciando profumi d’asfalto bruciato in Hit Him Down e The Lonesome Ranger.
Più diretto del predecesore, Starry Eagle Eye ha una produzione secca e live e i brani se ne giovano, intrisi di atmosfere da jam, proprio come negli anni d’oro del hard rock blues.
Prodotto negli studi Soundtrade di Emil Drougge, l’album come detto è un notevole passo avanti per la band di Stoccolma, quindi assolutamente consigliato a chi del rock classico non può fare a meno.

Tracklist
1.The Children Of Revival
2.Wrong Side Of Town
3.Starry Eagle Eye
4.Duffer
5.Wolf Blues
6.Hit Him Down
7.Universe Of
8.The Lonesome Ranger
9.Black Heart

Line-up
Jani Lehtinen – Vocals,Guitar
Felix Gåsste – Guitar
Mattias Holmström – Bass
Daniel Heaster – Drums
Martin Borgh – Organ

SVARTANATT – Facebook

Snakeyes – Metal Monster

Gli Snakeyes sono una macchina da guerra e senza pietà scaricano una serie di cannonate che esaltano, sorprendono, distruggono, insomma fanno il bello ed il cattivo tempo per chi ama il metal di stampo classico.

Vi avevamo già parlato degli Snakeyes in occasione dell’uscita del loro debutto sulla lunga distanza, quel Ultimate Sin che aveva raccolto elogi a non finire e non solo da parte nostra.

I quattro cavalieri andalusi tornano ad infiammare i cuori dei defenders con Metal Monster, secondo lavoro che conferma la band come ottima realtà del metal underground dal taglio classico: con un album più power rispetto all’esordio, gli Snakeyes si rivelano una macchina da guerra e senza pietà scaricano una serie di cannonate che esaltano, sorprendono, distruggono, insomma fanno il bello ed il cattivo tempo per chi ama il metal di stampo classico.
Evito come la peste la definizione old school, perché Metal Monster si può sicuramente considerare un album classico, ma assolutamente in grado di dire la sua nel nuovo millennio dall’alto di una produzione cristallina, arrangiamenti al passo coi tempi e un sound pieno e coinvolgente.
Ovviamente il quartetto spagnolo mette sul piatto le sue inevitabili ispirazioni ed influenze, d’altronde il genere è quello che ci ha fatto innamorare e ci accompagna da una vita, quindi non aspettatevi niente che non sia stato ampiamente suonato dai vari Judas Priest, primissimi Helloween ed Iron Maiden.
Con il bomber Cosmin Aionita a giocarsela dietro al microfono con una prestazione d’applausi (Halford, Deris e Scheepers racchiusi nella stessa ugola), la band non può che assecondare il suo asso e rifila una serie di goal che si infilano al centro del cuore dei fans.
Un’ora di metal come fu creato dagli dei, una tracklist che non cede di un centimetro vincendo alla grande la scommessa con una durata importante grazie ad esplosioni metalliche come Into The Unknown, (Point Of) No Return, la devastante title track e il crescendo progressivo della conclusiva Rise Up (The Red Plague)Metal Monster è un album bellissimo e  ci accompagna verso un 2018 che si spera ricco di soddisfazioni per chi ama l’heavy metal classico.

Tracklist
1.Into The Unknown
2.Evolution
3.(Point of) No Return
4.Cyberkiller
5.Metal Monster
6.Edge of The World
7.Sign of Death
8.Facing The Darkness
9.Your Own Shadow
10.Circus of Fools
11.Rise Up (The Red Plague)

Line-up
Cosmin Aionita – Vocals
Jose Pineda – Bass & Guitar
Justi Bala – Guitar
Carlos Delgado – Drums

SNAKEYES – Facebook

Dephosphorus – Impossible Orbits

La musica dei Dephosphorus accoglie gran parte dei generi di cui si compone il lato più violento del metal e lo scaglia nello spazio perfettamente assemblato in un sound siderale, mistico ed affascinante, rendendo l’ascolto un’esperienza da vivere, specialmente se siete amanti dei suoni estremi dal taglio grind.

Dallo spazio profondo tornano i greci Dephosphorus, entità aliena della scena grind europea.

Una carriera iniziata dieci anni fa ha portato il gruppo fino ad oggi, con tre album pubblicati ed una manciata di split ed ep a continuare un discorso musicale che, partendo da una base grindcore, immette nello spazio cosmico un sound formato da death, black metal e hardcore, ovvero un caos lucido e micidiale, freddo come il buio nel profondo dell’universo, risvegliato dallo scream urlante del vocalist Panos Agoros.
Impossible Orbits risulta così un navigare senza meta nello spazio astrale, mentre il silenzio è rotto dall’opener  Above The Threshold e dal black metal che si insinua come un virus extraterrestre di The Light Of Ancient Mistakes.
Metal estremo che ha la sua forza nell’originalità non solo concettuale, la musica dei Dephosphorus accoglie gran parte dei generi di cui si compone il lato più violento del metal e lo scaglia nello spazio perfettamente assemblato in un sound siderale, mistico ed affascinante, rendendo l’ascolto un’esperienza da vivere, specialmente se siete amanti dei suoni estremi dal taglio grind.

Tracklist
1.Above the Threshold
2.Micro-Aeons of Torment
3.Rational Reappraisal
4.Αστερόσκονη (Asteroskoni)
5.Impossible Orbits
6.Imagination Is Future History
7.The Light of Ancient Mistakes
8.Suspended in a Void Universe
9.Blessed in a Hail

Line-up
Thanos Mantas – Guitars
John Votsis – Drums
Panos Agoros – Vocals
Costas Ragiadakos – Bass

DEPHOSPHORUS – Facebook

Entropy Coding – Tales Of The Moon

Tales Of The Moon è un affresco di metal sinfonico raffinato ed elegante, impreziosito dai vari musicisti ospiti della Coltrè e da un songwriting che pur mantenendo un approccio tradizionale al genere, è ricco di talento e di una marcata personalità.

Nella splendida cornice della scena metallica nostrana, oltre alle band che sono da anni gli storici punti di riferimento, nascono e si rigenerano decine e decine di realtà che ormai non hanno nulla da invidiare ai gruppi stranieri che formano l’immenso mondo della nostra musica preferita.

Etichette e artisti si sono rimboccati le maniche cercando di regalarci opere d’arte in un periodo di crisi, non solo economica, durante il quale vivere di emozioni equivale ad essere considerato obsoleto.
Nella scena della capitale si muove con il suo progetto Entropy Coding la compositrice, pianista e tastierista Susanna Coltrè, che per l’attivissima etichetta Agoge Records debutta con Tales Of The Moon, aiutata da una serie di ospiti speciali ed dal produttore Gianmarco Bellumori, patron della label.
L’album è un affresco di metal sinfonico raffinato ed elegante, impreziosito dai vari musicisti ospiti della Coltrè e da un songwriting che pur mantenendo un approccio tradizionale al genere, è ricco di talento e di una marcata personalità.
Ammantato da un’atmosfera di raffinato romanticismo, il lavoro risulta un’opera da godere in totale relax: metallico, progressivo e sferzato a tratti da un vento power, segue le coordinate del sound proveniente dal nord Europa, con il grande impegno di forze che dal progressive prendono ritmiche e cambi di tempo, mentre le sinfonie accrescono il mood operistico senza farci sembrare al cospetto della solita band fotocopia di Nightwish e compagnia.
Neon In The Dark, la splendida Luna ed il capolavoro prog/gothic metal Eclipse, seguite dagli epici movimenti sinfonici di Knight Prisoner, sono i momenti più riusciti di un album che non risparmia emozioni a chi avrà la fortuna di fermarsi ad ascoltare quello che Susanna Coltrè è riuscita a creare in virtù di un talento straordinario.

Tracklist
1.Once Upon a Time
2.Neon in the Dark
3.Feel the Air
4.Luna
5.Eclipse
6.Running Before the Dawn
7.Knight Prisoner
8.The Wolf’s Trap
9.Shining Through Our Light

Line-up
Susanna Coltrè: Keyboardist, Pianist and Composer

Collaborations:
Emiliano Cantiano – Drums
Leonardo Barcaroli – Bass
Melania Petrillo – Vocals
Giovanni Saulini – Vocals
Filippo Rosati – Guitars
Fabrizio Proietti – Guitars
Cristiano Neila – Guitars
Vlad Voicu – Guitars
Davide Catania – Guitars
Danilo Carrabino – Guitars

ENTROPY CODING – Facebook

Death On Fire – Witch Hunter

Con parti vocali più consone, Witch Hunter avrebbe meritato un voto in più, per ora il buon Kenefic si deve accontentare di un’ampia sufficienza.

Nuova band che si affaccia sul panorama estremo mondiale, i Death On Fire debuttano sulla lunga distanza con Witch Hunter, esordio composto da otto tracce di thrash moderno, rabbioso e a tratti progressivo, tecnicamente ineccepibile ma che perde qualcosina in fruibilità.

Nato nel 2016 dalla mente di Tim Kenefic, polistrumentista e unico membro dei LazerWulf, raggiunto in seguito da altri tre musicisti in sede live, questo solo project ha nel thrash metal di scuola americana il suo muro portante, poi raggiunto da una serie di sfumature progressive che vanno dal jazz alla fusion, pur rimanendo in un contesto estremo.
Il musicista di Chicago si dimostra tecnicamente impeccabile, gli otto brani presenti riflettono una bravura strumentale notevole e a tratti buone idee in fase di songwriting, peccato che il tutto sia offuscato da una prova canora non all’altezza, con uno screaming forzato e fuori a mio parere dalle coordinate stilistiche del sound di Witch Hunter.
Difetto non trascurabile, visto l’ottimo metal estremo prodotto che passa agevolmente da un thrash moderno e tempestoso a parti progressive in cui il talento musicale di Kenefic si valorizza, con partiture musicali perfettamente incastonate tra il muro metallico alzato da brani come la title track, la varia Betrayal e la devastante Never See You Again.
Con parti vocali più consone, Witch Hunter avrebbe meritato un voto in più, per ora il buon Kenefic si deve accontentare di un’ampia sufficienza.

Tracklist
1.Your Lies
2.Witch Hunter
3.Requiem
4.Make The Old Ways New Again
5.Metrayal
6.Meth Dentistry
7.Never See You Again
8.American Scum

Line-up
Tim Kenefic – All Instruments

DEATH ON FIRE – Facebook

Supernaughty – Vol.1

Hard rock, stoner e sonorità novantiane nate dalle parti di Seattle, fanno parte del background dei nostri, ottimi interpreti di un sound che può essere sicuramente annoverato tra gli esempi più riusciti di alternative metal/rock dell’ultimo periodo.

Nati come cover band degli dei Black Sabbath, i nostrani Supernaughty giungono al debutto sulla lunga distanza tramite l’Argonauta Records.

La band toscana si impone all’attenzione del pubblico underground con questi sette brani che formano una raccolta di umori ed ispirazioni che, pur partendo da una base sabbathiana, si crogiolano nel pieno dell’ultimo decennio del secolo scorso.
Hard rock, stoner e sonorità novantiane nate dalle parti di Seattle, fanno parte del background dei nostri, ottimi interpreti di un sound che può essere sicuramente annoverato tra gli esempi più riusciti di alternative metal/rock dell’ultimo periodo.
L’elemento sabbathiano alla quale la band si ispira per il monicker (Supernaut, da Vol.4) è un’influenza che rimane soggiogata dalle forti ispirazioni stoner/grunge, almeno all’ascolto dei brani presenti sull’album, che succhiano linfa vitale dai Queen Of The Stone Age, Kyuss ed Alice In Chains.
L’album parte al meglio con il singolo Mistress, un brano dai riff pesantissimi e che mette subito in chiaro le intenzioni dei quattro rockers toscani: prendere per mano l’ascoltatore e portarlo in giro per il deserto della Sky Valley, mentre è già tempo di Bad Games, traccia che bilancia dosi di Alice In Chains e stoner rock in egual misura.
Il cantato di Angelo Fagni è melodico quel tanto che basta per aiutare i brani ad entrare in testa con facilità, in contrasto con i riff a tratti monolitici come in The Slicers e nel lento incedere di Andy’s Abduction.
Notevole e acida Kiss Of Death, che si muove lasciva tra le dune del deserto, psichedelica ed a tratti ipnotica, mentre Y.A.T. lascia a Fuck’n Drive il compito di chiudere tra fuochi d’artificio stoner & roll questo ottima mezzora di rock di battente bandiera tricolore.
Un buon esordio che non mancherà di soddisfare gli amanti del genere ed occhio ai live del gruppo, qualcosa mi dice che sul palco i Supernaughty siano una bomba.

Tracklist
1. Mistress
2. Bad Games
3. The Slicers
4. Andy’s Abduction
5. Kiss the Death
6. Y.A.T.
7. Fuck’n Drive

Line-up
Filippo Del Bimbo – Guitars
Alessio Franceschi – Drums
Angelo Fagni – Vocals, Guitars
Luca Raffon – Bass

SUPERNAUGHTY – Facebook

Burning Leaf – And The Fire Burns Inside

Nuova band per il batterista Steve Foglia, al debutto con i quattro brani racchiusi in questo primo ep dal titolo And The Fire Burns Inside.

Steve Foglia torna dopo Steve In Wonderland, il bellissimo secondo lavoro solista che l’ex batterista dei Jennifer Scream licenziò nel 2014: il musicista sannremese si ripresenta oggi con una nuova band, i Burning Leaf, e quattro brani racchiusi nell’ep d’esordio And The Fire Burns Inside.

Il quartetto è composto (oltre che da Steve Foglia alla batteria), da Federico Motta alla chitarra, Eric Locci al basso e Francesca Foglia al microfono.
Le quattro canzoni alternano hard rock, frustate street e sfumature dark anni ottanta, per una miscela esplosiva di generi ed influenze racchiuse in un sound che, a ben sentire, non manca di quel tocco di originalità necessario per non farlo passare inosservato.
Ovviamente è presto per dire dove potranno arrivare i Burning Leaf, sicuramente si può affermare che la loro musica nasce dall’interazione di musicisti dal passato differente, unito in un rock duro che non disdegna passaggi intimisti e strutture alternative, così da valorizzare brani come l’opener Wonderer (la più glam rock del lotto), l’alternativa So Slowly, l’hard rock che tanto sa di Who di You See I’m Free e la semi ballad Your Drum Still Shine, pezzo conclusivo nel quale spicca la prestazione della cantante.
Diamo il bentornato a Steve Foglia, augurandogli una buon proseguimento con la sua nuova band, e godiamoci And The Fire Burns Inside attendendo ulteriori buone nuove dai Burning Leaf.

Tracklist
1.Wonderer
2.So Slowly
3.You See, I’m Free
4.Your Drum Still Shine

Line-up

Steve Foglia – Drums
Francesca Foglia – Voclas
Federico Motta – Guitars
Eric Locci – Bass

BURNING LEAF – Facebook

https://youtu.be/voaisX5Z-p4

Drawn And Quartered – Feeding Hell’s Furnace

Con i suoi tre quarti d’ora torturati da colpi di death metal vecchia scuola, Feeding Hell’s Furnace è consigliato ai fans del genere che ancora amano i vecchi e un po’ romantici nastri magnetici.

Altra ristampa licenziata dalla label francese Krucyator Productions questa volta dedicata ad un combo storico della scena death metal statunitense, i Drawn And Quartered.,

Il trio si forma a Seattle nel lontano 1993, diventando una band di culto nel panorama estremo con una serie di lavori di ispirazione old school e molto vicino al brutal.
Sei lavori sulla lunga distanza ed una manciata di opere minori sono l’eredità che i Drawn And Quartered hanno lasciato fino ad ora agli amanti del genere, questo brutale assalto estremo dal titolo Feeding Hell’s Furnace uscì cinque anni fa sotto l’ala dell’etichetta greca Nuclear Winter Records, ed ora è reso disponibile dalla label transalpina anche in musicassetta.
Con due bonus track come piccolo regalo per i fans tratte dall’ep Conquerors of Sodom del 2011 (la title track e Seed Of Insanity), Feeding Hell’s Furnace è ancora una volta pronto a brutalizzare i padiglioni auricolari dei deathsters dai gusti old school.
Il trio americano è una macchina da guerra, la tensione è altissima, l’oscurità regna sovrana e l’album non concede tregua tra furiosi blast beat, atmosfere maligne ed eterne cadute negli abissi più profondi dove regna il male.
Vecchie volpi del genere, i tre musicisti sanno come manipolare la materia, portando un attacco frontale che non conosce pause, di chiara scuola Bay Area tra Cannibal Corpse, Morbid Angel e Massacre.
Con i suoi tre quarti d’ora torturati da colpi di death metal vecchia scuola, Feeding Hell’s Furnace è consigliato ai fans del genere che ancora amano i vecchi e un po’ romantici nastri magnetici.

Tracklist
1. Stabwound Invocation
2. Feeding Hell’s Furnace
3. A World in Ashes
4. Mutilated Offerings
5. Lustmörder
6. Horde of Leviathan
7. Gravescape
8. Cryptic Consecrations
9. No Absolution
10. Conquerors of Sodom
11. Seed of Insanity

Line-up
Kelly Kuciemba – Guitars
Herb Burke – Bass, Vocals
Dario Derna – Drums

DRAWN AND QUARTERED – Facebook

Paroxsihzem – Paroxsihzem

I canadesi Paroxsihzem tornano dall’inferno grazie alla Krucyator Productions che ristampa in formato musicassette il loro unico lavoro sulla lunga distanza in dieci anni di attività, uscito originariamente autoprodotto nel 2010, poi ristampato due anni dopo dalla Dark Descent Records e nel 2013 licenziato in vinile dalla Hellthrashers Productions.

La loro discografia viene completata da una manciata di lavori minori tra cui l’ultimo diabolico parto uscito lo scorso anno in formato ep, dal titolo Abyss Of Coiling Atrocities.
I Paroxsihzem sprigionano caos in musica, e il loro metal estremo, misantropico e marcio fino al midollo risulta davvero insostenibile se non si è avvezzi ai generi di cui sopra estremizzati da piaghe di disagio notevoli.
Questo album omonimo rispecchia la totale mancanza di speranza e luce, con la band avvolta nell’oscurità ed ispirata da filosofie diaboliche in un contesto di musica primordiale, pesantissima e senza compromessi: un macabro esempio di metal estremo senza soluzione di continuità, brutale ed oscuro che ne esce come una lunga litania estrema divisa in sette terribili e maligni capitoli.
Gli estimatori della band canadese, in attesa del prossimo capitolo dopo l’ep dello scorso anno, nel frattempo si possono gustare questa sofferenza in musica targata Krucyator Productions.

Tracklist
1.Intro
2.Vanya
3.Nausea
4.Deindividuation
5.Godot
6.Tsirhcitna Eht
7.Aokigahara

Line-up
Album Line Up:
Impugnor — Guitar/Bass
Krag — Vocals
Frog — Drums

Current Line Up:
Impugnor — Guitars/Bass
Krag — Vocals
Abhorr — Guitar
Abyss — Drums
Subjugator — Bass

PAROXSIHZEM – Facebook

AElementi – Una Questione Di Principio

L’ennesima buona proposta dell’attivissima etichetta Andromeda Relix parla il linguaggio progressivo dei romani AElementi, quartetto romano nato una decina d’anni fa e solo ora giunto all’attenzione degli amanti del genere grazie al debutto Una Questione Di Principio.

L’ennesima buona proposta dell’attivissima etichetta Andromeda Relix parla il linguaggio progressivo dei romani AElementi, quartetto romano nato una decina d’anni fa e giunto solo ora all’attenzione degli amanti del genere grazie al debutto Una Questione Di Principio.

La band vede all’opera quattro ottimi musicisti come Daniele Lulli (chitarra), Francesca Piazza (voce), Manuele D’Anastasio (batteria) e Angelo Celani (basso), con la collaborazione di Dario Pierini (tastiere) creatori di un sound che pesca da varie correnti del mondo progressivo per un risultato apprezzabile.
Il cantato nel nostro idioma non inficia la resa di questi sei brani più intro, eleganti e sempre in bilico tra la tradizione italiana e le storiche band degli anni settanta, ed un più roccioso prog metal che modernizza e rende al passo coi tempi il sound di brani maturi e dalle gustose melodie come Lontananza, Straniero o Voce.
Le melodie, importantissime nella musica degli Aelementi, consemtono di fare agevolmente presa sull’ascoltatore, anche quello meno abituato alle impegnative sonorità del progressive rock, con il gruppo che, a camei strumentali dalle atmosfere settantiane e fughe strumentali che strizzano l’occhio al metal più raffinato, aggiunge linee vocali tradizionali nella musica tricolore: non solo rock quindi, ma anche piccoli passi nel pop d’autore.
P.F.M. e Le Orme vanno a braccetto con i più giovani e metallici Shadow Gallery e Threshold tra le trame di Vuoto e Addio, senza andare scalfire la spiccata personalità del gruppo capitolino.
Una Questione Di Principio è un buon lavoro rivolto non solo agli amanti del rock progressivo, ma sicuramente in grado di soddisfare una più vasta gamma di ascoltatori.

Tracklist
1.Principio
2.Lontananza
3.Vuoto
4.Straniero
5.Delirio
6.Voce
7.Addio

Line-up
Daniele Lulli – Guitars
Francesca Piazza – Vocals
Manuele D’Anastasio – Drums
Angelo Celani – Bass

Dario Pierini – Keyboards
Giordana Sanfilippo – Chorus
Carlotta Sanfilippo – Chorus

AELEMENTI – Facebook

Wrath Sins – The Awakening

The Awakening stupisce ed esalta, dalla produzione al songwriting, dalla tecnica con cui è suonato fino all’atmosfera che rimane di tensione estrema dalla prima all’ultima nota.

I Wrath Sins sono una band portoghese attiva dall’inizio del decennio e messasi già in luce con il full length d’esordio Contempt over the Stormfall del 2015.

Il quartetto lusitano torna a deliziare gli ascoltatori con The Awakening, un album di nobile heavy metal che non rinuncia a mitragliate devastanti di thrash classico e di chiara ispirazione statunitense, valorizzato da aperture progressive ed atmosfere drammatiche in una tempesta di metallo incandescente.
Siamo nel mondo dei mostri sacri del genere, Testament, Exodus e primi Metallica, lasciati a familiarizzare con i Dream Theater quel tanto che basta per dar vita ad una sequela di brani di una potenza imbarazzante.
Se volete potete chiamarlo prog metal, ma di quello cattivissimo e ruvido come la schiena di un caimano affamato tanto da divorare tutto quello che incontra, lasciando pochi brandelli di carne ed ossa.
The Awakening stupisce ed esalta, dalla produzione al songwriting, dalla tecnica con cui è suonato fino all’atmosfera che rimane di tensione estrema dalla prima all’ultima nota e che fa di brani come Collision, Shadows Kingdom e la title track delle autentiche bombe sonore dall’impatto di un’atomica.
Il quartetto si avvale di una padronanza strumentale di altissimo livello, ma che non va ad intaccare una forma canzone che, nella sua estrema natura, ha quasi del miracoloso; un album di una bellezza ed una forza che impressionano e quindi da custodire gelosamente tra i gioielli metallici di questi ultimi tempi.

Tracklist
1.Beneath Black Clouds
2.Unquiet Heart
3.Shadow’s Kingdom
4.Collision
5.The Sun Wields Mercy
6.Fear of the Unseen
7.Strepidant Mist
8.Between Deaths Line
9.The Awakening
10.Silence from Above

Line-up
Mike Silva – Vocals & Guitars
Rui Coutinho – Guitars
Ricardo Nora – Bass & Back Vocals
Diego Mascarenhas – Drums

WRATH SINS – Facebook

Auroch – From Forgotten Worlds

Ispirato nei testi dall’immaginario lovecraftiano, From Forgotten Worlds è un furioso assalto senza soluzione di continuità, oscuro e mefistofelico, estremo e profondo, tanto da lasciare un’impressione notevole nell’ascoltatore specialmente per l’impatto devastante del sound.

Uscito originariamente nel 2012, From Forgotten Worlds è il primo full length dei canadesi Auroch, ristampato dalla Krucyator Productions in versione musicassetta.

La band, attiva dal 2008, dopo altri due lavori sulla lunga distanza (Taman Shud del 2014 e Mute Books, uscito lo scorso anno) ed una manciata di lavori minori, ha avuto nel frattempo qualche cambio in line up, ora composta da Sebastian Montesi (chitarra e voce), Shawn Hache (basso e voce) e Zack Chandler (batteria).
From Forgotten Worlds ai tempi dell’uscita confermava le ottime impressioni suscitate dai due precedenti demo, con il loro metal estremo che prendeva forza tanto dal death metal quanto dal black, sconfinando addirittura nel grind.
Ispirato nei testi dall’immaginario lovecraftiano, From Forgotten Worlds è un furioso assalto senza soluzione di continuità, oscuro e mefistofelico, estremo e profondo, tanto da lasciare un’impressione notevole nell’ascoltatore specialmente per l’impatto devastante del sound.
Licenziato dalla Hellthrashers Productions in cd, l’album fu ristampato in vinile lo scorso anno via 20Buckspin e ora in musicassetta, a ribadire l’assoluta attitudine underground del progetto.
Siamo al cospetto di un sound senza compromessi, marcio ed estremo, occulto e misantropico, un muro sonoro attraverso il quale la luce non passa ed il buio regna sul mondo governato dagli Auroch.
Morbid Angel e Deicide, rafforzati da tempeste di thrash e black metal, sono gli ispiratori di brani davvero mostruosi come Fleshless Ascension (Paths Of Dawn) e Terra Akeldama, i migliori di un lavoro sicuramente da non perdere per gli amanti del metal estremo più oscuro e maligno.

Tracklist
1. From Forgotten Worlds
2. Fleshless Ascension (Paths of Dawn)
3. Slaves to a Flame Undying
4. Dregs of Sanity
5. Pathogenic Talisman (For Total Temporal Collapse)
6. Terra Akeldama
7. Bloodborne Conspiracy
8. Tundra Moon

Line-up
ALBUM LINEUP:
Sebastian Montesi — Guitars, Vocals, Bass, Lyrics
Paul Ouzounov— Guitars, Vocals
Zack Chandler— Drums

Current Line Up :
Sebastian Montesi — Guitars, Vocals
Shawn Hache— Bass, Vocals
Zack Chandler— Drums

AUROCH – Facebook

Expain – Pinching Nerves

Lungo appena ventidue minuti ma parecchio intenso, Pinching Nerves è un buon lavoro che dà la misura delle potenzialità del gruppo, anche se mancano almeno una decina di minuti in più per un giudizio approfondito.

Gli Expain sono un’altra realtà metallica proveniente dal Canada (Vancouver) giunta al secondo lavoro autoprodotto.

Fondati cinque anni fa e con un primo album alle spalle dal titolo Just The Tip, gli Expain propongono la loro versione del thrash metal e lo nobilitano con parti progressive creando un sound molto interessante.
Lungo appena ventidue minuti ma parecchio intenso, Pinching Nerves è un buon lavoro che dà la misura delle potenzialità del gruppo, anche se mancano almeno una decina di minuti in più per un giudizio approfondito.
Il quintetto canadese ci svela le carte in suo possesso ma non le lascia cadere tutte sul tavolo, quindi possiamo affermare che Pinching Nerves è un ottimo esempio di progressive thrash metal dove la tecnica è al servizio di un metal old school di ispirazione Bay Area, senza diventare a tutti i costi troppo cervellotico, mantenendo ben salde le briglie sia del sound tradizionale sia delle divagazioni progressive.
Le influenze sono riconducibili alla scena statunitense e al metal estremo di scuola Cynic, quindi le varie They Live, Corridors Of The Mind (con la partecipazione di Dan Mongrain dei Voivod), la title track e Pathways risultano brani che vedono la band ben bilanciata nella propria proposta di metal estremo.
Un lavoro più lungo avrebbe potuto regalare al gruppo ancora più elogi, per ora ci accontentiamo ed aspettiamo ulteriori sviluppi.

Tracklist
1.They Live
2.The Witch Is Dead
3.Corridors of the Mind
4.Pathways
5.Pinching Nerves
6.Torch Formula

Line-up
Pat Peeve – Guitar
Eli Slamang – Guitar
Nikko Whitworth – Bass
Ryan Idris – Drums
Sean Ip – Vocals

EXPAIN – Facebook

Under Siege – Under Siege

Gli Under Siege conoscono bene il genere e lo addomesticano a loro piacimento e a quello degli ascoltatori, alternando cavalcate cadenzate ed epiche a sfuriate estreme dove le melodie hanno la loro importanza.

Gli Under Siege sono una nuova realtà formatasi un paio di anni fa e che, con questo primo assalto sonoro, si presenta in tutta la sua natura guerresca.

Il quintetto di Palestrina aggiunge al genere un epico incedere ed ottime atmosfere folk con un’opera fornita della personalità necessaria per non farsi dimenticare dopo pochi ascolti.
Partiamo dunque per incontrare la morte o la gloria nei vari scontri che ci guideranno fino alla fine di questi quaranta minuti, dove il death metal melodico scandinavo incontra il power ed il folk: il gruppo si presenta con due brani che rispecchiano in toto il suo credo, Blàr Allt Nam Bànag, dall’intro lasciato alle note folk della cornamusa per poi trasformarsi in un veloce brano melodic death, mentre l’epico accordo iniziale di Warrior I Am si trasforma in una cavalcata death/power che centra il bersaglio e si rivela uno dei brani cardine dell’album.
Gli Under Siege conoscono bene il genere e lo addomesticano a loro piacimento e a quello degli ascoltatori, alternando cavalcate cadenzate ed epiche (Beyond The Mountains) a sfuriate estreme (Invaders) dove le melodie hanno la loro importanza, così come gli interventi della cornamusa che regala un tocco folk/fantasy a tracce come la superba One To Us.
L’album si chiude con le note della ballad d’altri tempi Bright Star Of Midnight, e a noi non rimane che consigliare l’ascolto agli amanti del genere e di gruppi come Amon Amarth ed Ensiferum, dei qiali gli Under Siege sono fieri eredi.

Tracklist
1.Blàr Allt nam Bànag
2.Warrior I Am
3.Time for Revenge
4.Beyond the Mountains
5.Invaders
6.Sotto assedio
7.One to Us
8.Bright Star of Midnight

Line-up
Paolo Giuliani – Vocals, Bagpipes
Daniele Mosca – Guitars, Backing Vocals
GianLuca Fiorentini – Guitars, Backing Vocals
Livio Calabresi – Bass, Backing Vocals
Marzio Monticelli – Drums

UNDER SIEGE – Facebook

Fear Not – Fear Not (25th Anniversary)

La Roxx Records ristampa il primo ed unico album dei Fear Not, gruppo statunitense che, in piena era grunge, licenziava questo bellissimo lavoro incentrato su un hard rock dai rimandi street che nel 1993 purtroppo risultava obsoleto ma che era invece composto da una serie di brani bellissimi.

Vale la pena soffermarsi un attimo sull’utilità di ristampe e riedizioni di vecchi album, specialmente dopo questa ottima iniziativa della label americana Roxx Records, specializzata in christian metal e hard rock, che scova abitualmente vere chicche da riproporre agli appassionati della nostra musica preferita.

Valgono poco, se non per i collezionisti, gran parte delle ristampe che abitualmente escono nei negozi riguardanti gruppi famosi del metal e del rock, mentre tutt’altro valore hanno queste iniziative che valorizzano album e band dimenticate o quasi sconosciute che spesso si rivelano piccoli gioiellini musicali.
Dunque la Roxx Records ristampa il primo ed unico album dei Fear Not, gruppo statunitense che, in piena era grunge, licenziava questo bellissimo lavoro incentrato su un hard rock dai rimandi street che nel 1993 purtroppo risultava obsoleto ma che era invece composto da una serie di brani bellissimi.
La band era composta da 3/4 dei Love Life, altro gruppo sconosciuto se non ai più attenti consumatori del genere: Rod Romero al basso, Gary Hanson alla batteria e Larry Worley alla chitarra e alla voce, più il chitarrista Chris Howell.
I quattro musicisti diedero alle stampe un album bellissimo, incentrato su tematiche cristiane ma dal forte impatto rock ‘n’ roll, una serie di brani adrenalinici, dai riff taglienti, i chorus dall’appeal melodico spiccato che non mollavano la presa dall’inizio alla fine, lasciando i titoli di coda all’unica ballad presente, Take Hold.
Il resto era un’apoteosi di hard rock americano, ormai spogliato da lustrini e pailettes ma in grado di smuovere una montagna a colpi di riff suonati sui marciapiedi di un Sunset Boulevard dimenticato dai fans.
Nominare un brano rispetto ad un altro è sminuire una track list vincente, comparsa sul mercato con quasi dieci anni di ritardo e per questo spinta in un angolo dalle nuove sonorità che, in quel periodo, portavano la piovosa Seattle agli onori delle cronache rock.
Skid Row, Mr.Big, Motley Crue, sono le band il cui sound si ritrova nella proposta dei Fear Not: l’album esce per la Roxx Records in versione limitata in vinile ed in cd con l’aggiunta di due bonus track.
Se dentro di voi batte un cuore da street rocker, non perdetevi questo bellissimo lavoro, tornato a risplendere grazie all’etichetta americana.

Tracklist
1. Give It Up
2. We Have A God
3. Mr, Compromise
4. Till The End Of My Days
5. Suicide Sunshine
6. Money Money
7. Easy Come Easy Go
8. There Is Love
9. Mad World
10. Take Hold
11. You Got Love (Bonus Track 2017)*
12. Love Is Alright (Bonus Track 2017)**

Line-up
Rod Romero – Bass
Gary Hanson – Drums
Larry Worley – Vocals, Guitars
Chris Howell – Guitars

Loudness – Rise To Glory

I Loudness sono senza ombra di dubbio la più grande e longeva heavy metal band del sol levante, ed il nuovo lavoro conferma l’ancora ottima forma del chitarrista Akira Takasaki e compagni.

I Loudness sono senza ombra di dubbio la più grande e longeva heavy metal band del sol levante, ed il nuovo lavoro conferma l’ancora ottima forma del chitarrista Akira Takasaki e compagni.

E’ dal 1981 che i Loudness dispensano lezioni di metallo pesante, eppure anche questo Rise To Glory risulta un ottimo lavoro, nel quale l’anagrafe dei componenti del gruppo è un dettaglio grazie ad un songwriting perfetto e alla voglia di far male che è ancora quella dei tempi migliori.
Di questi tempi la musica dello storico gruppo nipponico la chiamano old school, per una volta invece il termine giusto è heavy metal classico, pregno di ritmiche hard, solos che sono katane implacabili in mano a questi samurai del metal e refrain di livello superiore.
L’opener Soul On Fire scatena l’inferno, Takasaki armeggia con la sei corde come ai bei tempi, Niihara tiene il passo al microfono con una prova gagliarda e la sezione ritmica (Yamashita/Suzuki ) picchia come un martello metallico sulle nostre povere teste.
Le prime tre tracce sono un vulcano in eruzione, mentre il pesantissimo mid tempo di Until The Light non fa prigionieri prima che i toni si smorzino con la semi ballad in crescendo The Voice.
Rise To Glory non delude i fans del gruppo, fuoco e fiamme si sprigionano all’arrivo di Massive Tornado, mentre la title track mostra di che talento si parla quando si nomina lo storico axeman giapponese.
Per chi si è perso quarant’anni di Loudness, la band ci regala anche Samsara Flight, raccolta di classici ri-registrati uscita originariamente in Giappone nel 2016, quindi non avete scuse, prenotate la vostra copia di Rise To Glory e fate vivere ancora una volta il mito Loudness.

Tracklist
Disc One – Rise To Glory
01. Soul On Fire
02. I’m Still Alive
03. Go For Broke
04. Until I See The Light
05. The Voice
06. Massive Tornado
07. Kama Sutra (instrumental)
08. No Limits
09. Bad Loser
10. Rise To Glory
11. Rain
12. Who And For Whom

Disc Two – Samsara Flight
1. Street Woman
2. The Law of Devil’s Land
3. Loudness
4. In The Mirror
5. Black Wall
6. Rock Shock (More and More)
7. Lonely Player
8. Devil Soldier
9. Burning Love
10. Angel Dust
11. Rock The Nation
12. To Be Demon

Line-up
Minoru Niihara – Vocals
Akira Takasaki – Guitars
Masayoshi Yamashita – Bass
Masayuki Suzuki – Drums

LOUDNESS – Facebook

Arisen From Nothing – Broken

Nuovo ep per gli Arisen From Nothing, gruppo stunitense che nulla aggiunge alle miriadi di realtà metalliche dai rimandi thrash/core che arrivano dagli States.

Dalla piovosa Seattle, città con un passato musicale importante e non solo per il movimento grunge, arrivano gli Arisen From Nothing ,band che del metal moderno e statunitense porta alta la bandiera con tutti i suoi pregi e difetti.

Metal da MTV, quindi grinta e melodia che si alternano sia nel sound che nella doppia voce, ritmiche che passano da veloci cavalcate new thrash a cadenzate esplosioni core, synth che accompagnano (dando un ruffiano tocco elettronico) gran parte dei brani che si presentano come buoni esempi di college metal.
Questa è musica che non avendo grossi sbocchi artistici deve obbligatoriamente far male, altrimenti il rischio è di non incidere più di tanto e piacere solo ai ragazzini, fruitori più orientati a musica usa e getta.
La band aggiunge un po’ di tutto nel suo cocktail, le influenze passano veloci e nell’ascoltatore attento si fa largo quella sensazione di già sentito che non se ne va più, dall’opener Chaos, passando per American Patriot e Falling From Grace, tre delle cinque tracce che compongono questo ep.
Gli Arisen From Nothing tirano fuori gli artigli solo nella conclusiva Born Hatred, brano thrash metal con sfumature melodic death con un bell’assolo centrale, ma è troppo poco per andare oltre ad un’abbondante sufficienza.
Là fuori ci sarà chi adora questo tipo di sound, noi ci limitiamo a consigliarne l’ascolto a loro e a chi ama il metal moderno dai rimandi thrash/core.

Tracklist
1.Chaos
2.American Patriot
3.Better Off Dead
4.Falling from Grace
5.Born Hated

Line-up
Jessie Brigham, Vocals
Troy Elmore, Guitar
Steven Pontius, Guitar
Eric Hanson, Bass
Brandon Fuller, Drums

ARISEN FROM NOTHING – Facebook