Jyotiṣavedāṅga – Thermogravimetry Warp Continuum

Thermogravimetry Warp Continuum è un impressionante monolite death/black/noise.

Primo abominoso parto su lunga distanza (ma nemmeno troppo, considerando che non raggiunge la mezz’ora di durata) per questa band composta da musicisti indiani e russi.

Jyotiṣavedāṅga è un testo di astronomia vedica, il che fa presupporre che difficilmente ci ritroveremo alle prese con sonorità scontate: Thermogravimetry Warp Continuum è infatti un impressionante monolite death/black/noise che lascia uno spazio pressoché nullo alla melodia.
Il trio esibisce un sound cupo, che si snoda tra accelerazioni più vicine al grind che al black, solo di tanto in tanto rese più intelligibili da brevi pause e rallentamenti sconfinanti nel doom, ingentiliti anche da qualche notevole intarsio chitarristico come avviene nella spaventosa traccia conclusiva Imploding Linear Fusion Propulsion System.
Un growl impietoso, poggiato su un lavoro strumentale dai toni quanto mai ribassati, ci respinge al mittente, impedendoci l’ingresso in un qualche universo parallelo dove alberga una sapere che è all’uomo è per sempre negato.
I brani sono vere e priore deflagrazioni, il suono di corpi celesti che collidono, creando nuovi modi dall’annientamento di altri, con la morte a generare vita in un ciclo continuo: l’opera dei Jyotiṣavedāṅga è qualcosa che non può lasciare indifferenti, a patto di non farsi condizionare negativamente da un fragore che, quando si fa musica, diviene a tratti irresistibile.

Tracklist:
1. Distress Signal: Source Unknown
2. Quantum Integers Systematic Deduction
3. Bilateral Indexing Theory
4. Protocol Hyper Sterilization on Initialize
5. Vector Photon Gammaburst
6. Imploding Linear Fusion Propulsion System

Line-up:
Sadist – Guitars
H. – Synths, Noise, Effects
AR – Vocals

JYOTISAVEDANGA – Facebook

MAZE OF SOTHOTH

Il video di “The Outsider” dal’album “Soul Demise” (Everlasting Spew).

Il video di “The Outsider” dal’album “Soul Demise” (Everlasting Spew).

Official videoclip for the track “The Outsider” off the album “Soul Demise”

Adversvm – Aion Sitra Ahra

Un’opera notevole, in grado di portare in grande evidenza in ambito funeral un nome nuovo come quello degli Adversvm.

Adversvm è un progetto proveniente dalla Bassa Sassonia del quale poco si sa se non che Aion Sitra Ahra è il primo lavoro su lunga distanza che esce sotto l’egida della label.

Il genere offerto, comunque, lascia poco spazio a digressioni particolari, trattandosi di un funeral doom di grande ortodossia ed altrettanta competenza esecutiva, doti facilmente riscontrabili fin dall’opener Anti-Stellar Gnosis To The Acausal Nexus, lunga traccia che era già presente nel demo pubblicato lo scorso anno.
Il funeral degli Adversvm è sufficientemente melodico e allo stesso tempo dolente lasciando fin da subito notevoli sensazioni: anche la seconda traccia PS. XIII Maledictvm faceva parte del suddetto demo ed è difficile trovare grande discontinuità, quindi, rispetto a quanto già sentito, anche se qui affiorano riferimenti al versante più dissonante del genere, quindi Mournful Congregation, Esoteric, senza dimenticare un nome meno titolato ma di grande spessore come quello dei Doomed del connazionale Pierre Laube.
Questi venti minuti di musica paiono già sufficienti per constatare come gli Adversvm siano una sorpresa davvero gradita, ma l’album offre ancora molto dopo l’interludio strumentale Disequilibrium Evokes The Fifth Coronation; la title track si dimostra, infatti, una bella prova di forza quando i ritmi si intensificano privilegiando l’impatto alla melodia, mentre Est In Fatis è piuttosto particolare, con la stentorea voce campionata che viene accompagnata da riff catacombali.
Chiudono il lavoro i sei minuti dronici di Current 218, pietra tombale su un’opera notevole, in grado di portare in grande evidenza un nome nuovo come quello degli Adversvm.

Tracklist:
1. Anti-Stellar Gnosis To The Acausal Nexus
2. PS. XIII Maledictvm
3. Disequilibrium Evokes The Fifth Coronation
4. Aion Sitra Ahra
5. Est In Fatis
6. Current 218

Line-up:
S.B.  – vocals, guitars, bass

Nox Interna – A Minor Road

A Minor Road dice ancora poco sui Nox Interna odierni, se non il fatto d’esser in presenza di un musicista dal buon potenziale che deve trovare ancora la sua forma d’espressione ideale e più completa.

Nox Interna è il nome del progetto gothic rock del musicista spagnolo Richy Nox, di stanza però da diversi anni a Berlino.

Il sound offerto in questo ep contenente tre brani e del tutto in linea con le aspettative del genere, con un’offerta che si colloca nella scia di band ben note sul suolo tedesco come Mono Inc., quindi dal buon impatto melodico ed una spruzzata di ruvidezza inferta da qualche riff più deciso, anche se a livello di influenze vengono citati tra gli altri i Sisters Of Mercy dei quali, francamente, non è che se ne rivengano soverchie tracce oggi, a differenza dei lavori precedenti nei quali il sound appariva molto più cupo e screziato di pulsioni industriali.
La title track è senz’altro gradevole ma non esalta, molto meglio allora Doom Generation, più accattivante e varia e dalle maggiori chances di fare breccia negli ascoltatori.
Il terzo brano è la stracoverizzata Entre Dos Tierras degli Heroes del Silencio, brano che si ascolta sempre volentieri e che Richy Nox ripropone in versione più ritmata, senza ovviamente sfigurare nella parte cantata potendolo interpretare in lingua madre.
A Minor Road dice ancora poco sui Nox Interna odierni, se non il fatto d’esser in presenza di un musicista dal buon potenziale che deve trovare ancora la sua forma d’espressione ideale e più completa.

Tracklist:
1. A Minor Road
2. Doomed Generation
3. Entre Dos Tierras

Line-up:
Richy Nox

NOX INTERNA – Facebook

GRIND ZERO

Il video di Master’s Pleasure, dall’album Concealed In The Shadow di prossima uscita.

Il video di Master’s Pleasure, dall’album Concealed In The Shadow di prossima uscita.

GRIND ZERO – Master’s Pleasure (OFFICIAL VIDEO).
Taken from the album “Concealed In The Shadow”, out May 25th, 2018.

Matalobos – Until Time Has Lost All Meaning

Breve ep per i messicani Matalobos, fautori di un death doom melodico di buona fattura.

Breve ep per i messicani Matalobos, fautori di un death doom melodico di buona fattura.

La band centroamericana ha all’attivo un solo full length, ma decisamente il contenuto di Until Time Has Lost All Meaning fa pensare che i tempi siano maturi per compiere un ulteriore sotto di qualità.
Il lavoro si apre con la traccia più lunga, Of Ghosts and Yearning, un esempio pratico del buon potenziale in possesso del quartetto di Leon, il quale ovviamente si muove lungo le coordinate ben codificate del genere ma mettendoci abbastanza del proprio, tra passaggi acustici, dolenti progressioni melodiche ed un growl incisivo; il secondo più breve brano, In Flesh Engraved, appare più orientato al death metal andandosi a collocare sulla scia dei Novembers Doom in più di un frangente.
Chiude l’ep il sognante strumentale La luz del día muere, episodio che depone a favore anche di un sicuro talento esecutivo.
Se con Arte Macabro i Matalobos avevano posto le basi per arrivare a produrre un death doom di sicuro spessore, con Until Time Has Lost All Meaning arriva quel consolidamento che non può che sfociare in un’opera su lunga distanza in grado di imporre all’attenzione della scena il gruppo messicano, almeno questo è l’auspicio.

Tracklist:
1. Of Ghosts and Yearning
2. In Flesh Engraved
3. La luz del día muere

Line-up:
E. Santamaría – Guitars
Dante – Vocals
De Anda – Bass
C. Escalona – Drums
Germán N. – Guitars, strings

MATALBOS – Facebook

2017

CARONTE

Il video di Moonchild, dall’album Yoni.

Seven month have passed since the release of our last album Yoni during which we played all over Europe sharing the stage with so many brothers.

Now, a new magic path is born but before leaving for this trip we have this nice gift for you.
This video was taken in collaboration with the artist and director Stefano Grilli.

Even if the Beast 666 and the Blavatsky didn’t get along so well, the best incipit for the view of this video is:

“There is no religion higher than truth”

So Sit back, relax, smoke your best weed and enjoy.

Love is the Law. Love under Will.

Death.Void.Terror. – To the Great Monolith I

To the Great Monolith I si rivela un’esperienza sonica spiazzante o devastante, a seconda di quale sia il grado di compenetrazione di ciascuno verso questo impietoso approccio musicale.

To the Great Monolith I è la prima uscita per questo misterioso progetto musicale di provenienza probabilmente elvetica denominato Death.Void.Terror.

Siamo alle prese con un lavoro che lascia ben poco spazio ad orpelli stilistici o gradevolezze assortite: quello offerto in questo frangente è un maelstrom sonoro che si dipana in forma sperimentale partendo da una base black.
Il risultato che ne scaturisce è composto da due tracce lunghissime, per un totale di circa quaranta minuti, che devono essere affrontate con il giusto spirito per poterne cogliere quanto di valido vi è contenuto.
To the Great Monolith I si rivela infatti un’esperienza sonica spiazzante o devastante, a seconda di quale sia il grado di compenetrazione di ciascuno verso questo impietoso approccio musicale.
In buona sostanza, quella offerta dai Death.Void.Terror. è la colonna sonora di un apocalisse che, probabilmente, è già in corso dal un bel pezzo mentre noi continuiamo a suonare come l’orchestrina del Titanic mentre stiamo colando definitivamente a picco.

Tracklist:
1 (——–)
2 (—-)

A Night Of Doom And Death In Rome – 6 Maggio – Monk – Roma

Il report del concerto che ha visto impegnati In Mourning, Clouds, Anktartis ed Ars Onirica.

La prima volta in Italia dei Clouds di Daniel Neagoe rappresentava un’occasione troppo importante per non pensare di fare una trasferta di un migliaio di chilometri, tra andata e ritorno, per assistere al concerto organizzato al circolo Monk di Roma dalle due Dark Veil, Floriana e Simona.

Il resto del bill, peraltro, non era affatto da sottovalutare, visto che dalla Svezia erano in arrivo i notevoli Anktartis ed i più famosi In Mourning, ai quali era stata aggiunta un’altra ottima band di casa come gli Ars Onirica.
Sono stati proprio questi ultimi, tornati in attività dopo oltre un decennio di silenzio, ad aprire la serata con un set breve ma intenso, con il quale i ragazzi della capitale hanno messo in mostra un black doom di ottima fattura che fa presagire frutti prelibati in occasione del nuovo lavoro in programma quest’anno, rendendo peraltro evidente un aspetto di fondamentale importanza come l’acustica pressoché perfetta offerta dal locale.

Alessandro Sforza (ARS ONIRICA)

Di questo valore aggiunto, non così scontato purtroppo in molti altri locali frequentati ultimamente, hanno goduto anche gli Anktartis, band reduce da un notevole lavoro come Ildlaante, uscito nello scorso autunno per Agonia. Questo quartetto svedese, che per la sua metà ha membri in comune con gli In Mourning, nelle persone di Tobias Netzell e Björn Pettersson, ha proposto il suo sludge doom di spasmodica intensità e in una veste contaminata da pulsioni post metal che ne avvicina il sound a soliti noti come Isis, Rosetta e co.
Al di là dei riferimenti, utili per inquadrare le coordinate dell’offerta della band, la prova del combo svedese ha convinto non poco per l’intensità esibita, oltre ad una spiccata personalità, aspetti capaci di fare la differenza non solo su disco ma soprattutto in ambito live.

Daniel Jansson (ANTARKTIS)

Arrivava così sotto i migliori auspici quello che almeno per me era il momento più atteso, la possibilità di vedere all’opera sul palco una delle mie band preferite, guidata da un musicista come Daniel Neagoe che, come pochi altri, ha saputo interpretare il lato più funereo e malinconico della musica in quest’ultimo decennio: i Clouds hanno esibito un set incredibile per contenuti emotivi, colpendo i presenti con il loro death doom melodico che ha pochi eguali oggi. Daniel è l’interprete ideale di tutta la gamma di sensazioni funeste che sono la conseguenza della perdita, e lo fa sia utilizzando evocative clean vocals sia soprattutto quel growl unico, che dal vivo ti entra nell’anima facendola vibrare, non solo metaforicamente.
Il musicista rumeno riesce trasmettere al pubblico le proprie emozioni con tale intensità  da apparire a tratti quasi prosciugato, vera e propria guida di un gruppo che dimostra una totale condivisione di intenti.

Daniel Neagoe (CLOUDS)

Se già così la configurazione dei Clouds è apparsa efficace, l’ingresso sul palco di Gogo Melone per duettare con Daniel nella splendida In This Empty Room, tratta dall’ultimo ep Destin, ha elevato a dismisura il pathos: questa minuta e timida ragazza greca, allorché inizia cantare, assume dimensioni gigantesche alla luce di un timbro vocale unico, versatile e lontano anni luce dalle spesso stucchevoli sirene pseudo liriche del gothic metal. Anche per questo invito caldamente ogni appassionato a fare proprio l’album d’esordio degli Aeonian Sorrow, progetto che Gogo porta avanti assieme ad alcuni musicisti finlandesi.
You Went So Silent, Nothing But A Name, When Was Blind To My Grief erano stati i brani eseguito in precedenza, mentre il finale ha regalato altre due tracce capolavoro come How Can I Be There e e If These Walls Could Speak, viatici ideali per il congedo da un pubblico che ha tributato il meritato applauso alla performance dei Clouds.

Gogo Melone (CLOUDS)

Headliner della serata erano gli In Mourning, band che gode di una certa notorietà che, se appare meritata per le prove offerte in studio, incluso l’ultimo album Afterglow del 2016, lo è ancora di più per quello che abbiamo potuto ammirare in questa specifica occasione, non lesinando sudore, forza e convinzione per circa un’ora di death progressivo ma dal buon gusto melodico, percepibile nonostante il muro di riff prodotto dai tre chitarristi presenti sul palco, tra i quali il vocalist Tobias Netzell, coadiuvato anche qui dal sempre bravo e puntuale Petterson.

Tobias Netzell (IN MOURNING)

Il quintettto svedese non si è perso in preamboli e, più o meno senza pause, ha sciorinato brani provenienti da un po’ tutti i full length pubblicati, lasciandoci la sensazione concreta d’essere stati al cospetto di musicisti di elevato spessore, tra i quali non si può fare a meno di citare un drummer come Daniel Liljekvist che, tra tutti, era quello dal curriculum più illustre, vista la sua lunga militanza nei mitici Katatonia.

Daniel Liljekvist (IN MOURNING)

Attorno a mezzanotte e mezza, dopo quattro ore di ottima musica, si chiudeva così la serata tra la soddisfazione dei non troppo numerosi presenti.
E qui diviene doveroso aprire una parentesi sullo stato dell’arte dei concerti metal in Italia.
Arrivando da una realtà piuttosto problematica come quella genovese dove, di fatto, a proporre musica dal vivo con buona puntualità è rimasto un solo locale che non sia uno scantinato ai limiti dell’agibilità nel centro storico, immaginavo che nella capitale, per ovvi motivi legati ad una scena piuttosto importante anche numericamente, l’afflusso ad un evento di questo genere fosse ben diverso.
Nonostante un’organizzazione impeccabile che ha lasciato soddisfatte le band coinvolte, la possibilità di accedere ad una struttura davvero ideale per concerti di medio cabotaggio come quella del Monk, e la presenza di band di comprovato livello e piuttosto diversificate dal punto di vista stilistico, la risposta del pubblico non è stata all’altezza delle attese, facendo intendere che neppure la scena della capitale è immune a quella pigrizia di fondo che affligge mediamente il metallaro italiano (musicista o semplice appassionato che sia), sempre pronto ad offrire il proprio supporto stando dietro ad una tastiera ma, alla prova dei fatti, piuttosto restio ad alzare il culo dalla sedia per fornire un contributo anche “fisico”.
Detto questo, resta negli occhi e nella memoria una serata bella e spero ripetibile in futuro, che oltre alla musica ci ha consentito di conoscere piacevoli persone che fino a quel momento erano solo amicizie “virtuali”, a partire dalle benemerite organizzatrici Floriana e Simona, passando per Gianluca e Valerio dei Rome In Monochrome ed altri presenti dei quali non so o non ricordo il nome, per finire con l’incontro diretto con gli stessi musicisti: nel mio caso specifico, l’aver potuto constatare che dietro ad uno dei musicisti che più ammiri – Daniel Neagoe – c’è soprattutto una persona degna di altrettanta stima è stato davvero qualcosa di impagabile.

Un ringraziamento particolare va a Floriana Ausili per aver fornito le fotografie utilizzate nell’articolo e ad Alberto Centenari per avermi tenuto compagnia in questa lunga trasferta.

MESSA

Il video di “Leah”, dall’album “Feast for Water” (Aural Music).

Il video di “Leah”, dall’album “Feast for Water” (Aural Music).

MESSA video of “Leah”, the third track from “Feast for Water” album, scheduled for April 2018 on Aural Music.

Available in Digipack CD / Translucent Orange LP / Solid Black and Translucent Orange color in color LP ltd to 200 copies / Digital

Video by Laura Sans

Written and shot by Laura Sans and Marco Messa

Thanks to Alice Rusconi Bodin, @Karolina Pospischil, Enrico Marconato, Marika Spilla

Extra footage from Abbey of Thelema by Sara B.

“The relation Between nature and humanity is a common place for MOST of the concepts in art history. For the concept video, we wanted to highlight the femininity of nature, following the lyrics of MOST of Messa new record songs.
Leah is the representation of the power of nature but it Also Represents the strength of a woman That was surrounded by magic and mystery in one of the most beautiful, wild and isolated places in Italy.
Water is the main element and plays the lead role in the video, following the whole record concept Water as the most basic and powerful element, water is the beginning but also the end of any spiritual life. “

Filii Nigrantium Infernalium – Hostia

Chi propende per sonorità raffinate e ricercate passi oltre, tutti gli altri sono invitati a farsi un sempre gradito pieno di malignità, scorrettezza e blasfemia che solo il metal più autentico sa garantire.

Anche se per continuare ad avere un minimo di vita sociale fingiamo, spesso con buoni risultati d’essere persone assolutamente normali, noi che ascoltiamo metal siamo a tutti gli effetti dei disadattati, almeno se prendiamo quale parametro la normalità imposta dalla convenzione del vivere civile.

A ricordarci tutto questo ci pensano band come i Filii Nigrantium Infernalium, entità portoghese che riesce nella mirabile impresa di vellicare in nostri peggiori e nascosti istinti con il proprio bastardo frullato di black, thrash ed heavy metal, reso ancor più letale da una vena blasfema portata alle estreme conseguenze.
Hostia, terzo full length dei lusitani dopo Fellatrix Discordia Pantokrator (riregristato con il titolo Fellatrix e in uscita anch’esso in questi giorni) e Pornokrates: Deo Gratias (pure oggetto di riproposizione con nuova veste grafica, sempre da parte della Osmose), è l’album adatto da mettere nell’autoradio per testare quale sia il proprio livello di gradimento da parte del resto dell’umanità, o ancor più probabilmente per ripulire la propria vita da conoscenze superflue e sepolcri imbiancati, ma già è difficile che qualcuno non apra le portiere per fuggire al primo semaforo dopo l’ascolto dell’intro Prece.
Ma, al di là delle facezie, questo lavoro del trio portoghese è la riprova di quanto all’inerno del metal ci sia bisogno di chi faccia delicati ricami o cerchi nuove vie espressive quanto di chi faccia nel miglior modo possibile il cosiddetto sporco lavoro.
Attenzione però, perché questi figuri provenienti dalla splendida Lisbona non sono solo dei beceri manovali metallici: in realtà siamo al cospetto di musicisti di vaglia, operanti nella scena da oltre un ventennio e quindi in possesso dell’esperienza necessaria per maneggiare con cura una materia che, messa in mano a dei neofiti, rischierebbe seriamente d’assumere sembianze grottesche.
Il sound dei Filii Nigrantium Infernalium è il frutto immondo dell’unione contronatura perpetrata nel corso di un’orgia tra Darktrhrone, Motorhead, Venom, Judas Priest e qualche occasionale passante …
I dieci brani più intro di Hostia sono bombe che deflagrano fin dalla prima nota senza fare prigionieri, inducendo ad un headbanging convinto ed incessante: Pó, Virtudes da Prostação e la title track sono solo alcuni degli episodi rimarchevoli all’interno di una tracklist che prosciuga ogni resistenza per ritmo ed intensità, con il valore aggiunto del cantato in lingua madre che conferisce al tutto una sua peculiarità.
Chi propende per sonorità raffinate e ricercate passi oltre, tutti gli altri sono invitati a farsi un sempre gradito pieno di malignità, scorrettezza e blasfemia che solo il metal più autentico sa garantire.

Tracklist:
1. Prece
2. Pó
3. Lactância Pentecostal
4. Virtudes da Prostação
5. Santa Misericórdia
6. Smrt
7. Autos de Fé
8. A Morte é Real e Para Já
9. Hóstia
10. Cadela Cristã
11. Raze The Dead of Death

Line-up:
Maalm: Drums
Belathauzer: Guitars, Vocals
Helregni: Bass, Vocals

FILII NIGRANTIUM INFERNALIUM – Facebook

MILADY METAL FEST II

Ecco a voi gli orari del Milady Metal Fest II

Apertura porte:16:15
Trewa: 17:00 – 17:35
Kantica:17:50 – 18:25
Frozen Crown:18:40 – 19:15
Kalidia: 19:35 – 20:20
Sleeping Romance: 20:35 – 21:20
Ravenscry: 21:35 – 22:20
Theatres des Vampires: 22:35 – 23:35
Cellar Darling: 23:50

Biglietti disponibili su Mailticket: http://www.mailticket.it/evento/12860

Sepolcro – Undead Abyss

La brevità dell’opera impedisce di trarre conclusioni definitive, rimandandole per forza di cose ad una prova di maggior durata, ma la strada che dal sepolcro conduce alle orecchie degli appassionati di death sembra già piuttosto ben delineata.

Interessante demo, per quanto breve, per i veronesi Sepolcro, trio dedito ad un feroce e ed essenziale death metal di impronta statunitense.

La band, nata all’inizio del decennio e poi scioltasi dopo qualche anno, è stata rimessa in piedi nel 2018 dal drummer e membro fondatore Hannes e il frutto di questa ripartenza, che ha coinvolto anche il chitarrsta Simone e la bassista Nor, è appunto Undead Abyss.
Un monicker simile (stranamente molto meno inflazionato di quanto si potrebbe pensare) evoca necessariamente sonorità catacombali ed effettivamente, complice la produzione, i suoni arrivano un po’ ovattati come se, appunto, il tutto si stesse scatenando sei piedi sotto terra. Sicuramente la cosa appare del tutto calzante anche alle tematiche trattate,  le quali hanno a che fare con la letteratura lovecraftiana, come sempre fonte primaria di ispirazione per molte band estreme, soprattutto in ambito death.
I tre brani (Bone Totem, The Edge Of Infinity e la title track Undead Abyss) filano via lisci ma corrosivi come da copione, i riff non sono certi innovativi ma tale formula la si riascolta sempre molto volentieri e il growl, offerto sia dal chitarrista Simone che dal batterista Hannes, non concede alcuna tregua di sorta, andando a comporre un quadro stilistico che rimanda a campioni indiscussi del genere come gli Incantation e band affini, pur con tutte le distinzioni del caso.
La brevità dell’opera impedisce di trarre conclusioni definitive, rimandandole per forza di cose ad una prova di maggior durata, ma la strada che dal sepolcro conduce alle orecchie degli appassionati di death sembra già piuttosto ben delineata.

Tracklist:
1. Bone Totem
2. The Edge Of Infinity
3. Undead Abyss

Line-up:
Simone – Guitars, Vocals
Nor – Bass
Hannes – Drums, Vocals

KENOS

Il video di “My Wooden Frame”, dall’album “Pest” (My Kingdom Music).

Il video di “My Wooden Frame”, dall’album “Pest” (My Kingdom Music).

Italian Hateful Death Metal masters KENOS just release the second video off their new album “Pest”.

After the great success of their previous video for the song “Sons of Martyrdom” (here is the link https://youtu.be/gEBHAz7FfZ8) and the fantastic feedbacks “Pest” is receiving, it is time of a new testimoniance that opens the way to the official release of the new album scheduled via My Kingdom Music

Official sites:
– PRE-ORDER CD: http://smarturl.it/KENOS-CD
– MY KINGDOM MUSIC: www.mykingdommusic.net *
www.facebook.com/mykingdommusic.label
– KENOS: www.facebook.com/kenosband

The cover is realised by Mhadi artwork, while “Pest” track listing is: 1. Sons Of Martyrdom – 2. B.D.C. (Black Death Curse) – 3. Buried And Forgotten – 4. Immortal Breath – 5. Leave Me Now – 6. My Wooden Frame – 7. Shooting At The Moon – 8. The Sweeper Of Remains

Son Of Sorrow – Rulers of a Dying World

L’album scorre via senza creare la minima ombra di noia, sciorinando uno dopo l’altro brani dal grande impatto melodico e di rapida assimilazione, senza che questo vada a penalizzare la qualità intrinseca del tutto.

Rulers of a Dying World è l’esordio su lunga distanza degli spagnoli Son Of Sorrow, autori di un gothic metal di grande classe che non sfigura per nulla di fronte a quello proposto da band ben più celebrate.

In realtà uno dei fondatori della band, il vocalist Aklex Padina, sarebbe di nazionalità inglese, ma il suo incontro con il chitarrista Manu Piñeiro Sanchez è avvenuto sul suolo iberico dove di fatto oggi risiede in pianta stabile.
In tal senso il connubio tra questi due musicisti non poteva rivelarsi più opportuno: i Son Of Sorrow ai soliti incontentabili potranno anche apparire derivativi, perché è  fuor di dubbio che nel sound della band si manifestino palesemente influssi che riportano ai Paradise Lost come ai The Foreshadowing, per spingersi anche fino ai Sentenced e alla genia gotica finnica, ma resta il fatto che questo album scorre via senza creare la minima ombra di noia, sciorinando uno dopo l’altro brani dal grande impatto melodico e di rapida assimilazione, senza che questo vada a penalizzare la qualità intrinseca del tutto.
La voce di Padina è perfetta il genere: calda, evocativa e scevra da forzature od esagerazioni ai quali sono spesso soggetti gli emuli “eldritchiani”, fin dall’opener 1 a.m. ci trasporta lungo atmosfere certamente oscure ma mai eccessivamente plumbee, con la melodia che prevale sempre alla lunga nei confronti delle rare ma presenti pulsioni metalliche e moderniste; in tale contesto è forse Faith in Extinction, uno dei quattro brani dell’ep omonimo confluiti nel full length, a mostrare i tratti più cupi, anche se la successiva Cage non sembra essere da meno, grazie ad un prezioso lavoro chitarristico.
In effetti la differenza tra in brani dell’ep e quelli inediti è di fatto inesistente visto che il lasso di tempo trascorso tra le due uscite è di poco superiore all’anno, poco per dare il tempo di elaborare un’eventuale svolta stilistica in un senso o nell’altro, anche se i brani più catchy paiono appartenere tutti all’ondata più recente (1 a.m., Spiders, Since December).
Resta un episodio a parte la bonus track La Piel, brano cantato in spagnolo che potrebbe rappresentare una possibile strada da seguire alla ricerca di quella peculiarità la cui assenza, al momento, è l’unico appunto che si possa fare ai Son Odf Sorrow, dei quali piuttosto va apprezzata la disinvoltura con la quale offrono questi dieci brani scorrevoli e avvincenti, frutto di una vis compositiva caratterizzata da una certa eleganza e da sicura competenza nel trattare la materia. Tutto questo basta e avanza per rendere Rulers of a Dying World molto di più di un semplice ascolto gradevole.

Tracklist:
1. 1 a.m.
2. Spiders
3. Just to Get
4. Faith in Extinction
5. Cage
6. Always
7. Share the Light
8. Since December
9. Rulers (of a Dying World)
10. La Piel

Line-up:
Manu Piñeiro Sanchez – Guitars
Alex Padina – Vocals (lead)
Carlos Cano – Bass
Unai García – Drums
Ian Peréz – Guitars

SON OF SORROW – Facebook

LUCKY BASTARDZ

Il video di ‘Tear In The Wind’, dall’album “Be The One” (Sliptrick).

Il video di ‘Tear In The Wind’, dall’album “Be The One” (Sliptrick).

Lucky Bastardz – Tear In The Wind [Official Video]
Taken from the album: Be The One | Sliptrick Records | 2018
Directed & Story by Marco Lazzarini
Shooting by Samuele Valle (Gaston Studio)
Editing & Post Production: Tiziano Spigno (Titian Graphic Arts)

Actors: Federico Cartolano (The Old Man), Giorgia Pilati (Young girl), Elisabetta Gagliardi (Grown girl), Maria Vercellino (the mother)

In the video for Tear In The Wind, a young girl learns about the power of goodbye and of music, thanks to an old and kind homeless man. Time goes by and memories fade, but thanks to a dream, todays grown girl gets contact with her inner child once again. This is the first ever acoustic and orchestrated ballad from Italian rock band Lucky Bastardzand gets a delicate and intimate videoclip to go along with the track, taken from their recent album, Be The One.

Lucky Bastardz – Be The One
Be the One is the fourth album from Italian hard rockers Lucky Bastardz and it’s also, by far, their most ambitious. It’s what you might call a “semi-concept album” focused on the themes of inner re-birth. Be the One contains 10 excellent tracks for both the first timers and the purists with not a filler in sight! Read more about Be the One …here

Be The One | Released February 8th, 2018 on Sliptrick Records

Lucky Bastardz are:
Tiziano “Titian” Spigno – Vocals | Pietro “Pacio” Baggi – Guitar | Marco “Mark” Lazzarini – Drums | Paolo “Mr Tnt” Torrielli – Bass

Trautonist – Ember

La proposta dei Trautonist si rivela impeccabile formalmente ma pecca di quella componente emotiva che invece non dovrebbe latitare in un genere come il post black/shoegaze.

Ember è il secondo full length per questa band di Coblenza denominata Trautonist, dopo l’esordio omonimo del 2016.

Il duo formato da Katharina e da Dennis, con l’ausilio di Hendrik alla batteria, ripropone un post black dalle sfumature shoegaze di buona fattura e nella media delle proposte attuali.
La vocalist si disimpegna bene sia con lo screaming che con le cleans, anche se i brani che vedono prevalere quest’ultima soluzione appaiono più a fuoco degli altri.
La proposta dei Trautonist si rivela impeccabile formalmente ma pecca, a mio avviso, di quella componente emotiva che invece non dovrebbe latitare in un genere come questo: per esempio, un brano come Smoke and Ember rappresenta nel migliore dei modi ciò che intendo, con un’ultima parte che cresce a livello d’impatto all’interno di una struttura ritmica più ragionata.
Il fatto è che, nonostante diversi ascolti di Ember, ciò che mi resta una sensazione gradevole che non è sufficiente a spingermi ad ulteriori passaggi del disco nel lettore perché, in un lavoro che non dubito possa trovare buoni riscontri tra chi frequenta il genere con maggiore assiduità, quello che non sono riuscito a rinvenire è il momento chiave, quello capace di conquistare l’attenzione rendendo la fruizione di un album un’esperienza in qualche modo unica.
Nè valgono, in tal senso, una traccia bizzarra e del tutto a sé stante come la conclusiva Woody Allen o la bellissima copertina a modificare sostanzialmente tale opinione.

Tracklist:
1. Fire and Ember
2. Vanish
3. The Garden
4. Smoke and Ember
5. Hills of Gold
6. Sunwalk
7. Woody Allen

Line-up:
Katharina – Vocals (female)
Dennis – All instruments, Vocals
Hendrik – Drums

TRAUTONIST – Facebook

 

Assumption – Absconditus

Un biglietto di sola andata verso i meandri dell’esistenza con Absconditus, per un funeral doom che non lascia nulla al caso e si colloca in uno stile fortemente innovativo.

Grande forza e motivazione per questa band italiana di recente formazione, ovvero gli Assumption, un duo direttamente da Palermo con il loro primo effettivo full-length, dopo un demo ed un EP nel quale avevano già sperimentato diversi orizzonti di un genere mai facile da approcciare, ovvero il funeral death doom, tanto di nicchia quanto musicalmente vasto.

Questa volta gli Assumption sembrano davvero aver trovato una loro dimensione, tirando fuori dal cilindro un album variegato, deciso ma mai pretenzioso. Il ridotto numero di brani, solo tre, è una scelta di grande coraggio in un mercato in cui si abbonda per accontentare un pubblico sempre affamato, perdendone in qualità. Ma non si tratta nemmeno di “brevis”, perché la durata totale dell’album è di quasi 40 minuti, fedelmente alla tradizione funeral.
I tre brani si intrecciano come se avessero una storia comune che trova la sua sintesi, culmine e conclusione naturale con l’ultimo evocativo brano Beholder of the Asteroid Oceans Part I & II.
Il percorso della band palermitana ha portato a sonorità raramente udibili nel doom, e sta contemporaneamente nel mezzo ma anche fuori da band come Disembowelment, Evoken e non solo, dalle quali sicuramente i due musicisti hanno tratto grandissima ispirazione.
Un biglietto di sola andata verso i meandri dell’esistenza con Absconditus, per un funeral death doom che non lascia nulla al caso e si colloca in uno stile fortemente innovativo. L’album è quindi fortemente consigliato per tutti i fan di un genere che mantiene pur sempre quella sacra classicità che lo contraddistingue, ma che possiede anche la curiosità di esplorare.

Tracklist
1. Liberation
2. Resurgence
3. Beholder of the Asteroid Oceans (Part I & II)

Line-up
D. – Drums
G. – Guitars, Bass, Vocals, Keyboards, Flute

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LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: PERSEUS

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.
Questa volta tocca ai pugliesi Perseus, ottimi esponenti della scena heavy metal tricolore.

MC Ospite stasera Antonio Abate leader dei Perseus! Benvenuto su Overthewall!

Ciao Mirella è un vero piacere essere qui con voi!

MC Come nasce questo progetto e quali sono le vostre precedenti esperienze musicali?

I Perseus nascono nel 2011, dall’incontro di due band rinomate dell’underground cittadino, i miei Defenders Of the Faith, una tribute band dei Judas Priest, e gli Hastings, band prog metal che fine anni 90 aveva avuto ottime recensioni dalla stampa specializzata.

MC Una delle cose che mi ha più affascinato dei Perseus è la vostra passione per il fantasy. Mi parli di come realizzate i vostri brani e cosa vi ispira maggiormente?

Sia io che Cristian, il nostro chitarrista che è il maggiore compositore del testi dei Perseus, siamo appassionati di fantasy, di recente mi sono avvicinato e appassionato delle saghe di JK Rowling e in passato sono stato e sono ancora oggi amante dell’epica greca; Cristian è un appassionato di cultura medioevale, tra l’altro scrive libri a riguardo, poi i brani maturano da idee che a volte nascono anche per strada e riproponiamo in sala prove, oppure, da altre che vengono mentre proviamo e che poi con varie jam vengono sviluppate.

MC Il vostro ultimo lavoro discografico è stato pubblicato nel 2016 . Ci sono novità che ci attendono?

Guarda, attualmente siamo come una nave che naviga a vista! Sì, abbiamo del nuovo materiale proposto di recente  anche dal vivo nel nostro ultimo tour nei paese dell’est a febbraio, e devo dire che la gente ha gradito. Stiamo aspettando il momento giusto per uscire al momento più opportuno!

MC Che importanza ha, nel mondo underground, essere supportati da una valida etichetta come la Nadir Music?

Sai, spesso molti si lamentano delle etichette, io spezzerei una lancia a favore, in quanto è davvero coraggioso mettere su un’etichetta; nella musica oggi in tutti i campi non ci sono molti soldi, quindi credere in band emergenti è molto coraggioso. Quelli della Nadir con noi sono stati molto onesti e soprattutto professionali.

MC Vi trovate più a vostro agio in studio o su un palco?

Personalmente amo la sede live, posso dire che ho fatto esperienze varie nel campo della musica e in vari generi: pop, pianobar… diciamo che per sopravvivere ho fatto tante cose, quindi, amo molto i live; lo studio è bello ma dipende dei momenti, perché ci sono giorni che si diventa un po’ stressanti, ahahah

MC Quali sono state le vostre più importanti esperienze live ?

Di esperienze live importanti nei abbiamo fatte molte e abbiamo condiviso il palco con parecchie band famose come Vision Divine, Pino Scotto, Dragonhammer, Queensryche, Civil War e Fabio Lione.

MC Secondo te il web può penalizzare un genere di nicchia come l’underground? O pensi che invece serva e sia utile a farsi conoscere dappertutto?

Questa è una risposta che ha tante sfaccettature:  internet di sicuro ha dato opportunità a band minori come la nostra di essere conosciute in paesi impensabili, comunque non ha danneggiato le vendite, perché i cd vengono venduti in sede live; la guerra fatta dalle band grosse secondo me è stupida.

MC Dove i nostri ascoltatori possono seguirvi?

Ci possono seguire sulla nostra pagina di Facebook, su Twitter e sul nostro sito Web

MC Grazie di essere stato su Overthewall! Vuoi dire qualcosa ai nostri ascoltatori?

Grazie per l’opportunità e un grosso abbraccio, STAY HARD!