Aporya – Dead Men Do Not Suffer

Dead Men Do Not Suffer, grazie al lavoro chitarristico di grande classe fornito da Cristiano Costa, pur essendo catalogabile alla voce death doom potrebbe rivelarsi molto appetibile anche per chi apprezza l’ heavy metal dai tratti più malinconici.

Il Brasile non sembrerebbe essere terreno fertile per il doom come per i generi più estremi o il metal classico, almeno a livello quantitativo; la qualità, invece, non può essere messa in discussione se pensiamo ad una scena capace di offrire nomi già consolidati come HellLight eMythological Cold Tower, o di più recente affermazione come i Jupiterian.

A provare ad inserirsi in tale novero provano gli Aporya, band nata solo scorso anno per l’impulso del chitarrista Cristiano Costa che ha poi trovato il suo ideale completamento nel vocalist Tiago Monteiro: Dead Men Do Not Suffer è il titolo del loro interessante esordio, all’insegna di un death doom melodico che a tratti ricorda i Tiamat epoca Clouds, specialmente in un brano come One More Day, forse anche a di un’impostazione vocale a tratti simile a quella utilizzata ai tempi da Edlund, con un growl non troppo profondo e a tratti quasi sussurrato.
Al di là di questo, si capisce che gli Aporya sono un progetto nato dalla mente di un chitarrista proveniente dal metal classico, visto l’abbondante quanto appropriato ricorso ad assoli dolenti e melodici che prendono piede, soprattutto, nella seconda metà dell’album, invero ingannevole al suo avvio con un brano death tout court (ma notevolissimo) come Cry of the Butterfly, che va a spezzare l’iniziale incantesimo creato dalla tenue intro Blood Rain.
Da The Sad Tragedy (I’m Crushed Down) in poi il lavoro comincia ad assumere le coordinate promesse, ovvero quelle di un death doom melodico, elegante ma dall’impatto emotivo che si mantiene sempre apprezzabile, grazie al connubio tra le linee chitarristiche, il soffuso supporto delle tastiere ed un’interpretazione vocale che non va a sovrapporsi in maniera eccessiva alle tessiture strumentali.
Dead Men Do Not Suffer prende quota ancora più nella sua parte finale, in coincidenza con quei brani nei quali Costa sfoga tutto il suo sentire melodico abbinato ad un tocco chitarristico di grande classe; anche per questo l’album, pur essendo catalogabile alla voce death doom, potrebbe rivelarsi molto appetibile anche per chi apprezza l’ heavy metal dai tratti più malinconici.
In definitiva gli Aporya si rivelano una gradita sorpresa e l’approdo alla configurazione di band vera propria, finalizzata alla riproposizione dal vivo dei brani contenuti nell’album, non potrà che rivelarsi un valore aggiunto nell’ambito di un percorso iniziato nel migliore dei modi.

Tracklist:
1. Blood Rain
2. Cry of the Butterfly
3. The Sad Tragedy (I’m Crushed Down)
4. Little Child in the Grave
5. One More Day
6. Pain and Loneliness
7. Dead Men Do Not Suffer

Line-up:
Cristiano Costa – Guitars (lead), Songwriting
Tiago Monteiro – Vocals, Lyrics

APORYA – Facebook

Elegiac – Black Clouds of War

Quando il troppo non stroppia. Nonostante le tante produzioni in poco tempo, Elegiac ha sempre più idee e qualità da vendere

Per chi non vi si fosse già imbattuto, Elegiac è una one-man band che ci scarica addosso i suoi decibel e il suo odio tutto black metal direttamente da San Diego, California.

A quanto pare ne aveva un bel po’ in serbo, perché in soli tre anni di attività, questa band ha già al suo attivo un’enorme quantità di lavori, tra cui ben otto split (tre solo nel 2017).
Black Clouds of War è un album che spazza via qualsiasi preconcetto sulla quantità che va a discapito della qualità, così come tutta la storia di questa band, che ha sempre sfornato contenuti di buonissimo livello.
Anche questo disco, quindi, è corposo ma soprattutto denso. Si ha sempre l’idea di una convivenza perfetta tra l’ondata di black aggressivo e senza presentazioni di cui ogni cultore del genere ha uno smisurato bisogno, e una componente melodica di altissima qualità che ci trascina dentro l’atmosfera creata da Elegiac. Ne è già un’ottima prova la title track Black Clouds of War, che apre il disco.
Altri brani rappresentativi sono certamente The Hanging Head of Death, dove lo stile più melodico e riflessivo non stona nemmeno per un secondo con l’odio e la dissacrazione di cui Elegiac fa la sua ragion d’essere, e Ashwind, intermezzo inaspettato nella parte finale del disco, quasi orientaleggiante, ma che non risulta forzato o fuori luogo per l’ascoltatore.
Ultima nota di merito spetta alla voce, capace di potenza, vero odio e distruzione ma anche di pura agonia, la quale potrebbe tranquillamente ricordare il DSBM, ma che in realtà qui ha ben poco in comune con esso.
È un album che, nel proprio modo di essere, ha già dei precedenti tra i molti lavori di Elegiac, soprattutto perché ci riporta alla mente un altro suo masterpiece, ovvero Spiritual Turmoil del 2016. Questo artista ha però la capacità di essere multiforme, e di lasciare sempre stupito anche l’ascoltatore più assiduo.

Tracklist
1. Black Clouds of War
2. Cosmic Holocaust
3. Beyond the Physical Realm
4. Transcendence (Interlude)
5. Heathen Supremacy
6. The Hanging Head of Death
7. Symbols of Power
8. Ashwind (Interlude)
9. Creatures of Night
10. Visions

Line-up
Zane Young: All instruments, Vocals

ELEGIAC – Facebook

RISE OF AVERNUS

Il lyrics video di “Forged in Eidolon”, dall’album “Eigengrau”, in uscita a gennaio (code666).

Il lyrics video di “Forged in Eidolon”, dall’album “Eigengrau”, in uscita a gennaio (code666).

Imperialist – Cipher

Cipher è un album con molta più lode che infamia, ma la sensazione è che questa band abbia nelle corde la possibilità di fare ancora molto meglio, benché la prima prova si lunga distanza si dimostri una base di partenza già abbastanza solida.

Gli Imperialist sono una band californiana a trazione integralmente ispanica.

Un aspetto, questo, che a mio avviso influisce sulla forma di black offerto dalla band, visto che il dna di una band seminale come i Terrorizer, formata in gran parte da musicisti centroamericani per origini o nazionalità, non può non aver influito sulla crescita musicale di questi ragazzi.
E, infatti, seppure di black metal si possa parlare a pieno titolo., il sound contenuto in Cipher non riporta immediatamente alle lande scandinave ma si contamina sovente con il death e con il thrash, trovando una sua strada, sicuramente già battuta da molti altri, ma tutto sommato neppure così scontata.
L’album, che è il full length d’esordio per gli Imperialist dopo l’ep del 2015 Quantum Annexation, conserva a livello concettuale l’immaginario fantascientifico degli esordi e si rivela senza dubbio un lavoro privo di sbavature e sufficientemente coinvolgente, anche se gli manca il colpo decisivo sotto forma di quei due o tre brani capaci di agganciare con decisione i potenziali ascoltatori.
Tutto scorre molto linearmente, senza annoiare ma neppure provocando sobbalzi, con qualche episodio sopra la media della tracklist (Umbra Tempest), ma nel complesso è una certa uniformità che nel bene e nel male caratterizza l’incedere di Cipher.
Il meglio gli Imperialist lo riservano con la traccia conclusiva Mercurian Dusk, dove si evidenzia appunto quell’intensità capace di catturare l’attenzione, grazie a linee melodiche più incisive ed il ricorso a buone variazioni ritmiche senza ricorrere a passaggi interlocutori,
Cipher è un album con molta più lode che infamia, ma la sensazione è che questa band abbia nelle corde la possibilità di fare ancora molto meglio, benché la prima prova si lunga distanza si dimostri una base di partenza già abbastanza solida.

Tracklist:
1. Continuum
2. The Singularity
3. Advent Anathema
4. Splendor Beneath an Ancient Permafrost
5. Umbra Tempest
6. Chronochasm
7. Binary Coalescenc
8. The Dark Below
9. Mercurian Dusk

Line-up:
Sergio Soto – Guitar and Vocals
Rod Quinones – Drums
Bryant Quinones – Guitar
Adrian Castaneda – Bass

IMPERIAL – Facebook

WE SELL THE DEAD

Il video di Echoes Of An Ugly Past, dall’album “Heaven Doesn’t Want You And Hell Is Full”, in uscita a febbraio (earMUSIC).

Il video di Echoes Of An Ugly Past, dall’album “Heaven Doesn’t Want You And Hell Is Full”, in uscita a febbraio (earMUSIC).

Sortilegia – Sulphurous Temple

L’approccio al black metal dei Sortilegia porta alle estreme conseguenze il concetto di ortodossia del genere, esibendolo nella sua versione e più nuda e cruda, senza orpelli e appesantimenti di sorta.

Per ascoltare questo secondo lavoro dei Sortilegia senza utilizzarlo come una sorta di metallico frisbee è necessario rispondere a due requisiti fondamentali: amare senza condizionamenti di sorta il black metal ed anteporre la purezza e la genuinità degli intenti di chi lo suona nelle sue forme più primitive a qualsiasi altra considerazione relativa alla pulizia del suono piuttosto che la mera tecnica strumentale.

E’ vero che per lo più questi due aspetti si sovrappongono ma non è cosi scontato, anzi, sempre più capita di apprezzare album che, senza tradire lo spirito del genere, sono prodotti e suonati con grande cura di ogni particolare.
L’approccio dei Sortilegia, duo canadese formato da marito e moglie (Haereticus e Koldovstvo), porta invece alle estreme conseguenze il concetto di ortodossia nel genere, esibendolo nella versione e più nuda e cruda, senza orpelli e appesantimenti di sorta.
Il primo percuote in maniera ossessiva il proprio strumento mentre la seconda macina un riffing incessante sul quale cala urla e gemiti che rendono ancora più oscuro ed inquietante lo scenario: il sound è scarno fino all’eccesso, ma fotografa come forse nessuno oggi appare in grado di fare lo spirito primevo di un genere che, giustamente, si è evoluto verso forme più accessibili e relativamente raffinate, ma che continua ad affondare le proprie radici diversi metro sotto il suolo, laddove il putridume regna ed è da lì che la pianta trae linfa per fornire i suoi osceni frutti.
Una forma espressiva, questa, che trova ragion d’essere solo nell’esposizione di un genere come il black metal che, nonostante i numerosi ed apprezzabili tentativi di ammorbidimento e contaminazione, non potrà comunque mai essere derubricato del tutto a qualcosa di omologabile e di inoffensivo, almeno finché ci saranno band come i Sortilegia ad alimentarne la fiamma.
Sulphurous Temple svelerà il proprio valore solo a chi si riconosce nel profilo delineato con il primo paragrafo, per tutti gli altri è meglio passare oltre.

Tracklist:
1. Night’s Mouth
2. Speculum Tenebrarum
3. Ecstasies of the Sabbath
4. The Veil
5. Hymn for the Egregor
6. Exalting in Acrid Flames

Line-up:
Haereticus – Drums
Koldovstvo – Vocals, Guitars

YLVA

Il video di “Hunting Room”, dall’album “M E T A” (Pelagic Records / Translation Loss Records).

Il video di “Hunting Room”, dall’album “M E T A” (Pelagic Records / Translation Loss Records).

Mystifier – Profanus

Il lavoro va via che è un piacere, magari non lasciando ricordi indimenticabili, ma mostrando un efficace spaccato di quello che era la scena estrema brasiliana nell’ultimo decennio del secolo scorso.

La Vic Records, etichetta olandese specializzata in ristampe, continua la sua meritoria opera di “archeologia metallica”.

Ad essere riportato alla luce è in quest’occasione il quarto e ultimo full length dei brasiliani Mystifier, una delle band seminali della scena estrema della nazione che ha dato i natali ai Sepultura.
In particolare, la band guidata da Armando da Silva Conceição, in arte Beelzeebubth, è stata tra le prime in quel continente a far proprie le pulsioni black provenienti dal Nord Europa, anche se il tutto è sempre stato incanalato in una forma di thrash dai tratti molto oscuri e, ovviamente, al 100% intriso di tematiche occulte e sataniste.
Rispetti ai primi tre lavori, Profanus mostrava una maggiore propensione alla forma canzone, riducendo il minutaggio dei vari brani e risultando molto più diretto ed essenziale, privo quindi di quegli elementi distintivi in grado di rendere affascinante o grottesco (a seconda dei punti di vista) l’operato del gruppo brasiliano.
Il lavoro va via che è un piacere, magari non lasciando ricordi indimenticabili, ma mostrando un efficace spaccato di quello che era la scena estrema da quelle parti nell’ultimo decennio del secolo scorso: infatti, pur essendo datato 2001, Profanus sembra in tutto e per tutto un lavoro più datato (detto in senso buono), non tanto per la produzione, che anzi è decisamente apprezzabile se rapportata a lavori della stessa epoca, ma piuttosto per l’approccio naif alla materia da parte dei Mystifier.
La differenza tra i brani contenuti in Profanus e quelli dei primi anni novanta si può cogliere facilmente grazie alle tre bous track registrate live a Recife nel 2015 che mostrano, invece, una maggiore enfasi dal punto di vista vocale e lirico ed una struttura molto più diluita e sfaccettata.
Questo suggerisce anche, a chi se lo fosse chiesto, che i Mystifier sono tuttora attivi, nonostante non pubblichino un disco di inediti da oltre sedici anni; a quanto pare il buon Beelzeebubth, uno dei non pochi che nella loro carriera hanno speso più tempo ad inseguire musicisti per completare la band che a scrivere musica , sta lavorando all’uscita di un atteso nuovo full length e, francamente, sono molto curioso di vedere cosa sarà in grado di offrire questo benemerito veterano della scena metal sudamericana.

Tracklist:
1. Unspeakable Dementia (Utter Nonsense)
2. Dare to Face the Beast
3. Supreme Power of Suffering
4. Born from Mens’ Dreams
5. Superstitious Predictions of Misfortune
6. Je$$us Immolation
7. Beyond the Rivers of Hade
8. Thus Demystifier Spoke
9. Free Spirit Flight
10. Celebrate the Antichristian Millenium
11. Sowing the Evil in Our Hearts
12. Hangman’s Noose (Ending Mortal Existence)
13. Atheistic Prelude to Immortality
14. An Elizabethan Devil Worshipper’s Prayer Book (Live)
15. Alesteir Crowley (Live)
16. Osculum Obscenum (Live)

Line-up:
Beelzeebubth – Guitars, Bass, Lyrics
Brunno Rheys – Bass, Vocals (backing)
Asmoodeeus – Vocals
Leandros – Keyboards, Vocals (backing)
Louis Bear – Drums

MYSTIFIER – Facebook

Antiquus Scriptum – Antologia

Un pagan/epic black metal con potenziale qualità ma che di chiaro ha ben poco. Da parte degli amanti del genere, comunque, può meritare una possibilità.

Il pagan black metal di Antiquus Scriptum, one-man band portoghese con alle spalle una carriera ormai quasi ventennale, torna con il nuovo album Antologia che, dopo una breve intro soft con dei suoni della natura (nella stessa maniera si chiuderà), si catapulta nelle orecchie dell’ascoltatore con il massimo della violenza possibile, in chiave totalmente nichilista e senza alcuna traccia di benevolenza.

Ogni traccia di Antologia è intrisa, già dai titoli, di dissacrazione e malattia. Questa rimane una costante imprescindibile per tutta la durata del disco. Il musicista e compositore portoghese tira fuori un sound che ha anche tanto di epico e sinfonico, ma che comunque non cozza con la natura distorta dell’album.
Il risultato è, tutto sommato, una discreta miscela tra più stili, con qualche intermezzo come A shape of space & time che, in confronto al ritmo incessante dell’album, sembra quasi un pezzo pop.
Ad una valutazione complessiva, però, sono davvero molti i limiti del disco. Uno dei più importanti è senza dubbio la parte vocale, che qui naviga in maniera incerta tra frammenti death, voce pulita e raw. Proprio la voce, spesso ma non sempre, stona completamente con l’atmosfera musicale che si crea. È quasi come se fosse stata gettata in mezzo alla registrazione da un’altra fonte.
Anche sulla parte strumentale ci sono dei dubbi, infatti il ritmo eccessivamente forsennato dell’album sembra fine a sé stesso, confusionario e privo di criterio. Questo non aiuta certamente a capire cosa si sta ascoltando.
Insomma, c’è sicuramente del buono, ma c’è anche uno stile musicale ancora da comprendere.

Tracklist
1. Dance of the Sleepless Souls in a Dusk Called Night… (Intro)
2. In Pulverem Reverteris
3. Abi In Malam Pestem
4. Inner Depression (Syndromes of Fear)
5. I. N. R. I.: Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum
6. Thy Visionary
7. Den Nordiske Sjel Lever I Meg
8. Odi At Amo, Excrucior…
9. A Shape of Space & Time
10. In the Kingdom of Superstition
11. A Sea of Doubts
12. Dance of the Crying Souls in a Dusk Called Night… (Outro)

Line-up
Sacerdos Magus – Bass, Vocals, Guitars, Acoustics, Drums, Key Strokes

ANTIQUUS SCRIPTUM – Facebook

KALEDON + ANKOR + SERENADE ITALY TOUR 2018

CROWN METAL BOOKING AGENCY PRESENTA:
KALEDON + ANKOR + SERENADE
ITALY TOUR 2018
Siamo lieti di annunciare 3 fantastici show che si svolgeranno:
Venerdi 9 Marzo 2018, Firenze, Circus Club
Sabato 10 Marzo 2018, Rozzano (MI), Circolo Svolta
Domenica 11 Marzo 2018, Mantova, Arci Tom

I Kaledon band nata nel lontano 1998 pubblica il 25 Maggio 2017 il nuovo album “Carnagus – Emperor of the Darkness” con una line-up rinnovata, con alla voce il bravissimo Michele Guaitoli (Overtures, ex-Future is Tomorrow) alla batteria il talentuoso Manuele di Ascenzo (ex Secret Rule) il mastermind Alex Mele (chitarre) insieme a Paolo Campitelli (tastiere) e ai membri fondatori Tommy Nemesio (chitarre) e Paolo Lezziroli (basso).

Gli Ankor saranno in tour per la prima volta in assoluto in italia, la band spagnola formatosi nel 2003 a Barcellona sono una Alternative Metal Band guidati dalla versatile cantante inglese Jessie Williams con alla batteria la talentuosa carioca Ra Tache e alle chitarre i due catalani David Romeu e Fito Martínez,pubblicano il 12 Maggio 2017 il nuovo album “Beyond the Silence of These Years”.

I Serenade che ad Ottobre sono stati in tour con gli Smash Into Pieces, sono da poco tornati sulle scene con il nuovo album “Onirica” uscito per la Revalve Records il 12 Novembre, la band è già a lavoro per il nuovo album, anche i Serenade guidati dalla bravissima Claudia Layline hanno rinnovato la loro line-up con Leonardo Drago alla batteria e Alberto Ferrari alla chitarra.

OCEANS OF SLUMBER

Il video di “The Decay of Disregard”, dall’album “The Banished Heart”, in uscita a marzo (Century Media Records).

Il video di “The Decay of Disregard”, dall’album “The Banished Heart”, in uscita a marzo (Century Media Records).

Æsthetica – Sonorus Æon

Sicuramente una band che rappresenta una gradevolissima novità, direttamente dalla tundra norvegese. Energia, impegno grande qualità sono le parole chiave.

Gli Æsthetica si distinguono ancora una volta, nel vastissimo e intricato panorama doom, per la loro evidente versatilità e apertura mentale nel trattare questo genere. Non occorrono comunque eccessivi ornamenti per potersi differenziare, e questo non è sicuramente il loro intento.

Sonorus Æon è un album che si presenta senza troppe formalità, giusto per far capire a chi non conoscesse questi ragazzi norvegesi di che pasta sono fatti. Infatti, già dal brano di apertura dell’album Haze si ha l’impressione, poi confermata, che il sound della band abbia come punto di forza quello dell’energia, della vitalità e di un doom pulito.
Come sappiamo, però, la cosiddetta pulizia può essere un limite per chi si approccia a questo genere, nel quale sporcarsi le mani è quasi un battesimo. Gran parte di questo limite è la voce, che in molti frangenti non è abbastanza “malata” per stare al passo di una parte strumentale, soprattutto rispetto all’ottima chitarra, che invece ci dà un immaginario diverso e quasi perfetto.
Ma dato che anche la parte vocale ha delle qualità indubbie, ecco che vengono fuori al 100% nel brano Worshipper, forse il più riuscito di tutto il disco. Qui tutto è esattamente in simbiosi e ci vengono restituiti i tratti sacrali ed anche un po’ immortali dei primi Black Sabbath. Un pezzo di cui sicuramente i fan del genere potranno godere a pieno, e nel quale la band trova la quadratura del cerchio.
In chiusura, sicuramente un lavoro di alto livello per questa band scandinava, pur essendo ancora in chiara fase di sperimentazione.

Tracklist
1. Haze
2. Todesfuge
3. La Paz
4. Gates
5. Worshipper
6. Ekstasis

Line-up
Tobias Brynildsbakken Huse
Simon Dahl Okoniweski
Vetle Bråten Rian
Petter Rosendahl Moland

AESTHETICA – Facebook

EVADNE

Il video di Heirs of Sorrow, dall’album A Mother Named Death (Solitude Productions).

Il video di Heirs of Sorrow, dall’album A Mother Named Death (Solitude Productions).

THERION

Il lyric video di ‘Temple Of New Jerusalem’, dall’album “Beloved Antichrist”, in uscita a febbraio (Nuclear Blast).

Il lyric video di ‘Temple Of New Jerusalem’, dall’album “Beloved Antichrist”, in uscita a febbraio (Nuclear Blast).