Teksti-TV 666 – Aidattu tulevaisuus

Il disco è frutto di una rara ispirazione, nel senso che questi ragazzi sono un amalgama difficilmente ripetibile: la loro musica genera un terremoto di meraviglia, con tanti generi che si fondono con l’obiettivo comune di portare l’ascoltatore in un altro luogo.

I finlandesi Teksti-TV 666 sono uno dei gruppi più interessanti e validi del panorama mondiale, e dovete sentirli per crederci.

Non fanno un genere ben preciso, a meno che non si trovi un nome per lo shoegaze che si fonde con il punk ed il garage, o per la psichedelia che diventa hardcore. Tutto ciò lo si era già sentito nel loro magnifico debutto del 2016, che li ha poi portati in giro con i Kvertelak, un altro gruppo eccellente e dalla difficile classificazione, e qui nella seconda opera raggiungono un livello ancora maggiore, se possibile. Questo disco non è un lp né un ep, ma un qualcosa che è atterrato sul nostro pianeta e che è un oggetto musicale non identificato. Dentro possiamo trovarci di tutto, dallo shoegaze pesante al surf che si dilata in un trip di dieci minuti, alla new wave che entra in territori nuovi ed inesplorati, il tutto distorto e suonato in una maniera inedita. I Teksti-TV 666 riescono a portare le contraddizioni in musica, ed in maniera assolutamente felice. Il disco è davvero difficile da descrivere, perché genera sensazioni molto forti che ognuno interpreterà in maniera diversa, ed è frutto di una rara ispirazione, nel senso che questi ragazzi sono un amalgama difficilmente ripetibile: la loro musica genera un terremoto di meraviglia, con tanti generi che si fondono con l’obiettivo comune di portare l’ascoltatore in un altro luogo. Non bisogna pensare tanto, ma lasciarsi trasportare da questo disco lasciandolo scorrere e, come un’esperienza sciamanica, lui verrà da voi e vi condurrà dove vorrà.

Tracklist
1 Turbo-Mondeo
2 Aidattu tulevaisuus
3 Rauhankone
4 Serverny
5 Katko

TEKSTI TV 666 – Facebook

Bleeding Through – Love Will Kill All

Tornare dopo quattro anni dall’annuncio del tuo scioglimento (con relativo tour di addio) ti obbliga a dare più del tuo meglio, ed è quello che ha fatto il gruppo americano: Love Will Kill All può infatti essere considerato il miglior disco dei Bleeding Through, o almeno quello che racchiude le loro cose più interessanti.

Tornare dopo quattro anni dall’annuncio del tuo scioglimento (con relativo tour di addio) ti obbliga a dare più del tuo meglio, ed è quello che ha fatto il gruppo americano: Love Will Kill All può infatti essere considerato il miglior disco dei Bleeding Through, o almeno quello che racchiude le loro cose più interessanti.

Il suono non è cambiato granché, è diventato però più granitico e pesante, quasi un metalcore sinfonico molto ben composto ed eseguito con impeto e passione. I Bleeding Through sono uno dei gruppi che ha incendiato il mondo con il fuoco del metalcore, vivendone la maggior espansione possibile e dettandone anche le linee guida a partire dal 1999, ed in questo disco se ne comprende bene il perché. Love Will Kill All racchiude in sé il meglio del metalcore, melodia, cattiveria, e quel senso di colonna sonora di videogioco che è uno degli ingredienti fondamentali della ricetta. In molti disprezzano questo genere mentre chi lo ama invece lo difende a spada tratta: la soluzione sta forse nel prenderlo per quello che è, un ottimo intrattenimento e un qualcosa di aggressivo che non fa male, ma che ricrea in maniera godibile ed apprezzabile. Questi ragazzi di Orange County, California, sono tornati insieme per rimettersi in gioco e lo hanno fatto in maniera convincente, si può poi parlare per giorni sulle motivazioni; sicuramente il fattore economico è importante, ma si deve anche pensare che per questa gente il metalcore è il pane, e per i progetti solisti questo non è il tempo adatto. Il disco è il meglio che possano fare, cioè un gran bel massacro dall’inizio alla fine: davvero un gran ritorno, e nessuno sperava in fondo che potesse essere cosi positivo. Qui c’è il miglior metalcore che possiate trovare in giro.

Tracklist
1. Darkness, A Feeling I Know
2. Fade Into The Ash
3. End Us
4. Cold World
5. Dead Eyes
6. Buried
7. No Friends
8. Set Me Free
9. No One From Nowhere
10. Remains
11. Slave
12. Life

Line-up
Vocals: Brandan Schieppati
Keyboards: Marta
Guitar: Brian Leppke
Guitar: Dave Nassie
Guitar: Scott Danough
Drums: Derek Youngsma
Bass: Ryan Wombacher

BLEEDING THROUGH – Facebook

Sir Reg – The Underdogs

Esperienza, ritmo e talento per la melodia rendono questo disco una delle migliori cose che potrete sentire negli ultimi tempi in ambito celtic punk.

Gruppo di celtic punk molto melodico e ben composto, i Sir Reg vengono dalla Svezia ad esclusione del cantante arriva invece viene dalla verde Irlanda.

The Underdogs è il loro quinto album, ed è assai godibile, molto ballabile e vi darà molte gioie. Il celtic punk è un genere internazionale e molto amato che ha uno zoccolo molto fedele di fans, e i Sir Reg sono fra i migliori interpreti di questo suono. Il disco è strutturato principalmente sulla melodia, che traspare in molti modi, sia con dalle chitarre mai eccessive, o dai momenti migliori che sono quelli con gli strumenti tradizionali irlandesi in primo piano. Certamente ci sono molti gruppi simili in giro, e forse il genere è quasi inflazionato, ma questi svedesi danno nuova linfa al tutto facendo quello che dovrebbe essere un disco di celtic folk punk: divertente, malinconico e da ascoltare mentre si beve al pub, ridendo e ricordando le cose belle e quelle brutte. Sicuramente la voce irlandese di Brendan Sheehy regala una marcia in più, ma non è solo quello il motivo, perché il gruppo funziona molto bene e ha radici punk ben salde che escono molto spesso, contribuendo in maniera importante a costruire l’identità del gruppo. Bisogna lasciarsi trasportare dalla forza di questa band che è in giro dal 2009 e che ha suonato con molti nomi importanti ed in diversi festival, offrendo sempre live molto infuocati. Esperienza, ritmo e talento per la melodia rendono questo disco una delle migliori cose che potrete sentire negli ultimi tempi in ambito celtic punk.

Tracklist
01.the underdogs
02.conor mcgregor
03.giving it up (the drink)
04.fool (fight of our lives)
05.cairbre
06.take me to your dealer
07.the day that you died
08.the stopover
09.stereotypical drunken feckin’ ir
10.don’t let go
11.sinner of the century

Line-up
Brendan Sheeh : vocals & acoustic guitar
Karin Ullvin : fiddle
Chris Inoue : electric guitar
Mattias Liss : drums
Filip Burgman : mandolin
Mattias Söderlund : bass

SIR REG – Facebook

Crocodile Gabri – Le Mie Cose Stranissime

Esordio discografico dei catanesi Crocodile Gabri, un gruppo che fa musica totale, figlio della florida ed originale scena catanese, dove l’underground è sempre stato per fortuna diverso.

Ci sono spazi preziosissimi di musica liberata, zone temporaneamente liberate dall’obbligo di vendere, di dover costruire suoni per farli sentire negli ipermercati e far comprare i consumatori, o per seguire una moda.

Musica che sgorga direttamente dai flussi di coscienza, neuroni che diventano ritmi e viaggiano liberi senza uno scopo, se non quello di far ragionare e di smuovere le cellule che stanno dentro di noi. Quanto sopra è solo una parte del quadro più ampio che potrete trovare dentro all’esordio discografico dei catanesi Crocodile Gabri, un gruppo che fa musica totale, figlio della florida ed originale scena catanese, dove l’underground è sempre stato per fortuna diverso. In un momento, quella che sembrava una canzone pop diventa noise, l’indie rock muore ucciso dal math e si riparte con una costruzione free jazz: ricchezza musicale e di pensiero, che poi sono le due cose fondamentali per un gruppo che voglia essere tale. Si potrebbero fare tanti accostamenti, tipo i Mr. Bungle o le cose come Shellac o Tortoise, la verità è che molti possono pensare che questo disco sia di difficile ascolto, mentre si deve considerare una liberazione, via gli steccati, via i generi e le pose, lasciando spazio a liberi pensieri e ancora più liberi pensieri musicali. Che tristezza rimanere ancorati alla tradizionale forma canzone, mentre qui si corre nudi sulla spiaggia, con una bella dose di malinconia tutta sicula e tanto umorismo mai fuori posto. Fa anche capolino un pizzico di elettronica, perché tutto viene usato in funzione di ciò che si vuole fare e non il contrario. Per le anime metalliche ci sono alcune sfuriate noise che vi entreranno nel cuore e faranno amare questo disco a chi ha tanti ritmi in testa e non ne vuole lasciare nemmeno uno per strada. E’ bellissimo perdersi in un’intelligente cascata di note, bagnarsi, asciugarsi e poi buttarsi nel fango, qui tutto è finalmente possibile. Inoltre i Crocodile Gabri escono per Seminal Pastures, un’etichetta di Catania che raccoglie una scena meravigliosa e libera.

Tracklist
1.Le Mie Cose
2.Ammiraglio
3.Combo
4.Fast Boy
5.Basta Con Questo Copyright
6.Tabernacol
7.Preoccupandomi Allarmai Madame Cancellier
8.Cambiamo La Società

Meka Nism – The War Inside Ep

I Meka Nism sono un gruppo tipicamente di oltre oceano, autori di un metal moderno ed accattivante, con molto talento.

I Meka Nism sono un gruppo che coniuga molto bene le varie tendenze del metal moderno con solide radici nella tradizione: chitarre veloci, un respiro metalcore e la voce femminile di Ms. Meka che svetta su tutto.

Il suono del gruppo è tipicamente americano, con la sua sfrontata e piacevole miscela di melodia e durezza che riesce a rendere il suono radiofonico ma anche adatto alle orecchie dei metallari. Non stiamo parlando di neofiti e si sente, dato che il gruppo di Orlando è in giro dal 2010 e si può percepire tutta la loro esperienza. Con questo nuovo ep la band fa un ulteriore balzo in avanti, soprattutto per quanto riguarda la composizione delle canzoni che li porta a creare ottime atmosfere, intrise di romanticismo ma anche di visioni di un futuro che non sarà piacevole, ma che è davanti a noi. I registri sui quali opera il gruppo sono vari, dai pezzi più ritmati ad altri maggiormente melodici con l’ausilio di tastiere, riuscendo sempre a strutturare in maniera efficace i pezzi. Certamente la voce di Ms. Meka è un grande valore aggiunto, dato che è molto brava cambiare tenore e modo di cantare, ma sono tutti i musicisti ad essere tecnicamente davvero validi: tutto ciò però sarebbe nulla senza la capacità di scatenare qualcosa dentro l’ascoltatore. I Meka Nism sono un gruppo tipicamente di oltre oceano, autori di un metal moderno ed accattivante, con molto talento.

Tracklist
1.The War Inside
2.These Years of Silent Screams
3.Trailblazer
4.Arrows of Alchemy
5.Black Sky (It’s Not Over Yet)

Line-up
Ms. Meka 眼歌- Vocal Artist & Shaman
Bobby Keller – Guitar
Nick Colvin – Drums
Danny Arrieta – Guitar
Jay Adkisson – Keyboards
Jarret Robinson – Bass

MEKA NISM – Facebook

Twingiant – Mass Driver

Il suono dei Twingiant è cattivo ma psichedelico al punto giusto, con un groove generale, che sarà poi definitivamente compiuto nell’ultimo Blood Feud, il loro miglior disco, ma che qui nasce e diventa massa magmatica e caotica, molto piacevole da sentire a chi si rilassa in mezzo alle bordate.
Autore

Ristampa del primo disco dei Twingiant, band americana di sludge stoner uscita nel 2017 con il suo ultimo lavoro Blood Feud per l’italiana Argonauta Records.

Questa ristampa è a cura della Sludgelord, che oltre ad essere un’etichetta discografica è un ottimo blog di musica pesante e pensante (http://thesludgelord.blogspot.com/)
Mass Driver è un massacro dalla prima all’ultima nota, con quello stile che è proprietà personale del gruppo di Phoenix, Arizona. Questi uomini vogliono fare più rumore possibile e ci riescono molto bene. Le chitarre sono accordate in maniera ribassata e sono devastanti, il basso è una frusta che si abbassa su di noi senza sosta e la batteria segue linee psicotrope. Rispetto all’ultimo Blood Feud, che ha una struttura sonora maggiormente psichedelica, qui le jam sono più disperate e cattive, come se non ci fosse un domani. La voce di Jarrod, che è anche il bassista, percuote le nostre menti senza sosta. Il disco è il degno inizio della carriera di una delle band più pesanti e meno conosciute che ci siano in giro, ma i Twingiant non sono solo questo, perché quando meno te lo aspetti ci sono aperture melodiche che rendono il quadro ancora più prezioso. Chi ama la musica pesante con venature particolari rimarrà impressionato dalla ristampa di questo lavoro, che si rivolge in varie direzioni, declinando in maniere molto diverse uno sludge ed uno stoner fatto solo dai Twingiant. Il loro suono è cattivo ma psichedelico al punto giusto, con un groove generale, che sarà poi definitivamente compiuto nell’ultimo Blood Feud, il loro miglior disco, ma che qui nasce e diventa massa magmatica e caotica, molto piacevole da sentire a chi si rilassa in mezzo alle bordate di un gruppo che è molto interessante e da scoprire in tutti suoi lavori, segnati da un’evoluzione ben precisa, sempre nel nome del rumore sanguinoso.

Tracklist
1.Abduction
2.Awake in the Hull
3.Burning Through
4.Eat the Alien
5.Adrift in Space
6.Concrete Home
7.H.I.S.M.
8.Pale Blue Dot
9.Mass Driver

Line-up
Jarrod – Bass, Vocals
Nikos – Lead/Rhythm Guitar
Tony- Lead/Rhythm Guitar
Jeff – Drums

TWINGIANT – Facebook

Telos – HELIOS​/​SELÊNÊ

La musica dei Telos è violenta e di qualità, stimola le sinapsi ed invita a non stare mai fermi.

Il grande mare dell’hardcore punk accoglie molti gruppi, ed ultimamente c’è stato un intenso proliferare nella zona chaotic hardcore e mathcore: tutti i lavori sono abbastanza buoni, ma alcuni spiccano sugli altri come questo ep dei danesi Telos.

I nostri hanno prodotto due pezzi molto potenti e calibrati molto bene, che colpiscono il bersaglio. I danesi ci parlano della Terra e del cosmo e hanno iniziato a farlo con l’ep di debutto chiamato Telos del 2016. I due pezzi trattano della fine della nostra galassia, visto ora dalla Luna e poi dal punto di vista del Sole. Essi vengono personificati ed esprimono i loro sentimenti e la loro visione di ciò che sta accadendo. Il lavoro è molto denso e potente, il blackened hardcore dei Telos è una tela con molte ramificazioni ed assai lavorata, con diversi spunti e idee che vanno sempre nella direzione di alzare l’intensità. Le pause e le ripartenze fulminee non sono il punto di arrivo ma lo spunto per sviluppare una poetica musicale che è violenta quanto è dolce, perché il fine di questa musica e di questo ep è di narrare ciò che sta sopra di noi esseri viventi, e che è vivente a sua volta. La musica dei Telos è violenta e di qualità, stimola le sinapsi ed invita a non stare mai fermi. Questo è il secondo lavoro della loro carriera discografica che si prospetta interessante, oltre che di buona qualità.

Tracklist
1.HELIOS
2.SELÊNÊ

TELOS – Facebook

La Fantasima – Notte

Notte è un disco totalmente strumentale, e questo impasto sonoro sembra quasi doom fatto con un altro codice, con quella cifra stilistica che parla di malinconia ma anche di adorazione delle poche cose belle che ci circondano.

I La Fantasima sono un trio di Roma che vuole rendere omaggio alle atmosfere e ai colori del nostro paese, cercando una poetica musicale molto differente e totalmente personale.

La loro musica è per nostra fortuna e godimento difficilmente classificabile, dal momento che troviamo diversi stili in essa. La struttura è prevalentemente progressive, nel senso che è musica fatta per andare avanti senza ritornelli od inutili abbellimenti, ma è prodotta per creare uno stato d’animo nell’ascoltatore attraverso dilatazioni sonore che fanno sia meditare sia elevare. Notte è un disco totalmente strumentale, e questo impasto sonoro sembra quasi doom fatto con un altro codice, con quella cifra stilistica che parla di malinconia ma anche di adorazione delle poche cose belle che ci circondano. Qualcuno potrebbe anche sentirci dentro qualcosa di post rock, ma i La Fantasima sono un gruppo devoto alla tradizione, anche se sono molto moderni nel porsi in maniera originale. Lo scopo di Notte è di creare una mitopoiesi di questo paese che si chiama Italia e che forse non è mai stata una nazione, ma che ha dei luoghi unici, dove è meglio andare quando in cielo comanda la luna, perché certe cose con una luce differente si vedono assai meglio. Le atmosfere create dal trio romano, qui al secondo disco, sono molto belle e godibili: si gusta a fondo questo disco inforcando le cuffie e pensando solo a quello che stiamo ascoltando. La nuova fatica dei La Fantasima è preziosa, fa parte di quel poco tempo che strappiamo al panopticon che ci circonda, dove possiamo essere noi stessi e rincorrere ancora le lucertole sui muri, o impressionarci per un albero visto di notte. C’è tanta dolcezza in questo disco, ma anche la consapevolezza che siamo stati recisi dal nostro vero io, che possiamo trovare nelle cose e nei rari momenti in cui tutto si allinea e noi con esso, rare apparizioni di sapienza come questo disco che parla direttamente alla nostra anima, come poche altre cose sanno fare.

Tracklist
1.Notte
2.Placida Musa
3.Dea mia
4.Amante Silente
5.Sino Al Mattino

Line-up
Chris: Guitars
Maxbax: Bass
Artifex: Drums

LA FANTASIMA – Facebook

Soul Attrition – Vashon Rain

L’impianto è minimale ma potentissimo, il cantato si avvicina a quello cantilenante del vecchio indie, la musica è assai curata ed è un concentrato di grunge, slowcore, esplosioni noise e tantissima melodia che scorre benissimo.

Epifanie, satori, chiamatele un po’ come volete, ma l’ascolto di Soul Attrition può risvegliare in molti di noi antichi ricordi, vecchi sapori legati allo slowcore e in generale a quella magnifica stagione indie che ti faceva stupire ad ogni disco.

Soul Attrition è il progetto solista di Josh Palette, bassista della band sludge di Chicago Escape Is Not Freedom. Josh ha passato l’inverno fra il 2017 ed il 2018 a dipingere la sua tela sonora, che stiamo ascoltando, ed è una tela notevolissima. L’impianto è minimale ma potentissimo, il suo cantato si avvicina a quello cantilenante del vecchio indie, la musica è assai curata ed è un concentrato di grunge, slowcore, esplosioni noise e tantissima melodia che scorre benissimo. Il risultato è un disco che vorrebbe sussurrare, ma che per la validità di mezzi ed argomenti ti grida nelle orecchie ed arriva a grondarti dentro. Vashon Rain si inserisce perfettamente in quella tradizione americana che mischia rumore e melodia, fatta in una maniera che solo oltreoceano fanno alla perfezione. L’ovvietà e mestiere qui non stanno di casa, la meraviglia riempie i solchi del disco e porta l’ascoltatore nella personale visione di Josh, che è comune a molti di noi. Il passo di Palette è quello di chi sa cosa vuole dire e lo vuole fare con urgenza, producendo un disco davvero notevole e dalla forte capacità di attrazione. I sette pezzi che compongono Vashon Rain sono canzoni che richiedono e che meritano un ascolto approfondito che vi darà delle grandi gioie, e sinceramente si era persa la speranza di ascoltare dischi così. Un debutto di lacrime, sudore e sangue dal sapore buonissimo.

Tracklist
1.Sinking
2.Thirteen
3.Remission
4.Fatal Flaw
5.Vashon Rain
6.Unexpected Affront
7.Euclid

Line-up
Josh Parlette – Guitars, Bass, Percussion Programming, and Vocals

SOUL ATTRITION – Facebook

Il Vile – Zero

Questo ep di quattro pezzi ha un suono desert rock stoner assai valido, tra riff che guardano dall’altra parte dell’oceano e momenti maggiormente legati al meglio della nostra scena alternativa.

Nuova prova, anche se risale al 2017, per il gruppo stoner rock Il Vile da Verbania.

Questo ep di quattro pezzi ha un suono desert rock stoner assai valido, tra riff che guardano dall’altra parte dell’oceano e momenti maggiormente legati al meglio della nostra scena alternativa. Le canzoni hanno un buon sviluppo e un leggero sentore di blues, ed il cantato in italiano conferisce loro un’aura di malinconia e disillusione che è davvero affascinante. Addirittura, quando il gruppo va leggermente più lento, come in Tagli, dà il meglio e sembra di sentire qualcosa che da tempo si bramava, un suono distorto ma con elementi tipici dell’underground italico. I nostri sono in giro dal 2006, e si sente, poiché riescono sempre ad offrire quello che si sono proposti di fare. Per loro stessa ammissione, il modello è il desert rock stoner, con la differenza che al posto del panorama desertico c’è quello delle valli ossolane, ma la loro sintesi è originale e permette di avere molti sfoghi. Questo disco è il primo dopo l’assestamento nella formazione a quattro, che effettivamente ha dato un qualcosa in più. Zero è anche la conferma che, quando si hanno ottime idee in ambito musicale, il cantato in italiano non sottrae nulla ma anzi aggiunge qualcosa, e in questo caso Il Vile non potrebbe cantare in un altro idioma, perché l’italiano calza a pennello. Questo lavoro è per chi ama il gusto della sabbia e dell’asfalto e cerca qualcosa di qualità, fatto con passione e mestiere.

Tracklist
1. Schiena di serpe
2. Zero
3. Tagli
4. 4 cilindri per l’Inferno

Line-up
Enrico “MAIO” Maiorca – Voce, Chitarra, Parole
Alessandro “CUIE” Cutrano – Chitarra
Paolo “POL” Castelletta – Basso e Cori
Nathan DM Leoni – Batteria

IL VILE – Facebook

Cernunnos – Summa Crapula

Summa Crapula è un lavoro che pone i Cernunnos sulla mappa del folk metal e con fare sicuro: dopo un debutto così aspettiamo assisi ad un tavolo di una taberna il seguito.

Ep di debutto per i marchigiani Cernunnos, fautori di un folk rock con intarsi metal molto interessante, che si inserisce nel solco della tradizione italiana del genere, con una composizione che si dipana bene, con gli strumenti tipici che sono usati adeguatamente senza mai sforare o sembrare ridicoli come in altri gruppi.

Vi sono, poi, alcuni elementi come la doppia casa della batteria e alcuni potenti riff di chitarra che conducono direttamente al metal, ma il tutto è ben bilanciato con il rock. Le belle e calde voci di Andrea e Marco portano l’ascoltatore in giro per campi di battaglia e borghi medievali, dove la vita è arrivare alla sera a bere alla taberna. Lo stile può sembrare in apparenza simile ai primi Folkstone, ma rispetto al gruppo bergamasco i Cernunnos hanno un passo maggiormente metal, sia nel suono che nell’incedere. Questi ragazzi (e ragazza, dato che troviamo l’ottima Lucia ai flauti), hanno una sincera passione per tali sonorità e la portano avanti con competenza: questo ep è il punto d’arrivo degli sforzi che hanno compiuto nei loro primi tre anni di vita, ma è al contempo una partenza per una carriera che si preannuncia molto interessante. I quattro pezzi che compongo l’ep non sono pochi, ma è la giusta visione del talento e delle reali capacità del combo marchigiano, che ha molti e ampi margini di miglioramento. Summa Crapula è un lavoro che pone i Cernunnos sulla mappa del folk metal e con fare sicuro: dopo un debutto così aspettiamo assisi ad un tavolo di una taberna il seguito.

Tracklist
1. Vino
2. Nella Taverna
3. Valhalla
4. Dall’Alto Delle Guglie

Line-up
Marco: Voce
Andrea: Voce
Claudio: Chitarra
Mattia: Chitarra
Matteo: Basso
Lucia: Flauti
Federico: Violino
Benedikt: Batteria

CERNUNNOS – Facebook

Issuna – Ez dugu aske izateko zuen baimenik behar

Gli Issuna vengono dalla piccola cittadina di Ermua nei Paesi Baschi e fanno un’ottima ed esplosiva miscela di grindcore, crust e hardcore, il tutto cantato ovviamente in basco.

Gli Issuna vengono dalla piccola cittadina di Ermua nei Paesi Baschi e fanno un’ottima ed esplosiva miscela di grindcore, crust e hardcore, il tutto cantato ovviamente in basco.

Questo disco, uscito nel marzo 2017 e disponibile con la formula name your price sul loro bandcamp, è stato rimesso in circolo un anno dopo da un pool di piccole etichette. Il loro suono è un’aggressione sonora che nasce da molteplici ascolti e trova solide basi nella tradizione del grind core e del crust, e ha anche una fortissima ascendenza hardcore punk. Una delle cose che impressionano di più in questo gruppo è la capacità di partire per veloci e potenti cavalcate allo stesso modo in cui si disimpegna in mid tempo che creano la giusta tensione. Il cantato è spesso un urlato che non arriva mai al growl, rimanendo molto adatto al genere; inoltre i testi in basco non sono un ostacolo, ma se voleste tradurli conoscereste un po’ di più una delle lingue più misteriose ed affascinanti del mondo. Questa è la seconda prova su lunga distanza per gli Issuna, la precedente si può trovare sempre in download libero sul loro bandcamp, ed è un ulteriore innalzamento del loro livello: sicuramente sono uno dei migliori gruppi europei del genere, grazie alla loro intensità, alla loro potenza e al sapere andare oltre gli steccati, unendo musica e ribellione, sia interiore che esteriore. L’impasto sonoro che propongono è molto particolare e del tutto originale, e questo è uno dei più grossi complimenti che si possano rivolgere ad un gruppo, perché gli Issuna sono pienamente riconoscibili al primo ascolto. Un gran bel disco, aggressivo e suonato con cuore e passione.

Tracklist
1.Saminaren gidariak
2.Dena egiteke
3.Pasioa
4.Entsalada egunak
5.Sofistak I
6.Amaieraren hasiera
7.Julio Kageta
8.Pudorea
9.Nahiz eta heriotza
10.Ez duzulako irtenbiderik izango
11.HC Bizirik

ISSUNA – Facebook

This Isn’t Over – Ora

Come abbiamo spesso affermato su queste pagine, il movimento metalcore (o modern metal qual dir si voglia) è molto affollato, ma bisogna dire che ultimamente in Italia ci sono gruppi come i This Isn’t Over che stanno notevolmente alzando l’asticella della qualità.

I This Isn’t Over sono un gruppo italiano di metalcore, molto potenti e dalle idee ben chiare.

Vengono dalle Marche, hanno due voci e questo è il loro primo ep chiamato Ora, fatto di un buonissimo sound dalle forti influenze hardcore e molto melodico, con passaggi più sognanti e momenti più claustrofobici, in stile molto americano. La produzione è assai curata e riesce a mettere in risalto tutte le doti del gruppo, che sono molte, una su tutte la capacità di costruire canzoni ben articolate e con diversi momenti al loro interno, in modo da rendere più vario ed interessante il tutto. Come abbiamo spesso affermato su queste pagine, il movimento metalcore (o modern metal qual dir si voglia) è molto affollato, ma bisogna dire che ultimamente in Italia ci sono gruppi come i This Isn’t Over che stanno notevolmente alzando l’asticella della qualità. Questo ep è la perfetta testimonianza di come si possa essere melodici e potenti, con capacità tecniche al di fuori della media che vanno però al servizio del progetto nella sua totalità. Certamente qui non viene inventato nulla, gli standard del genere non vengono stravolti, ma vengono affrontati nel migliore dei modi, per un prodotto che funziona molto bene davvero.

Tracklist
1. Mr huge cock von dick
2. Deconstruction
3. Misanthrophrenic
4. Sea
5. Never forget
6. Harmonized

Line-up
Luca Fortuna – Drums
Yuri Fetisov – Guitars
Eros Cartechini – Bass
Luca Ortolani – Voice
Luca Cecchini – Voice

THIS ISN’T OVER – Facebook

Cold Snap – All Our Sins

All Our Sins è un album che avrà consensi trasversali, dato che piacerà a chi ama il metalcore ed il groove metal, ma anche ascoltatori di altri generi lo apprezzeranno molto.

Non solo calcio, pallacanestro e pallanuoto è ciò che arriva dalla Croazia, ma ora anche ottimo groove metal, nella fattispecie quello dei Cold Snap, che escono su Arising Empire dopo aver vinto il concorso indetto dalla stessa etichetta.

I nostri sono peraltro famosi in madrepatria e ascoltando questo loro nuovo disco si può capire facilmente il perché. Il loro suono è un groove metal molto moderno ed incalzante, con elementi di nu metal e decise svolte nel deathcore e anche nel death metal, senza però mai perdere di vista la melodia. Si può benissimo dire che questo gruppo incarni le nuove tendenze del metal al meglio, non annacquandole come fanno molti gruppi. All Our Sins è un album che avrà consensi trasversali, dato che piacerà a chi ama il metalcore ed il groove metal, ma anche ascoltatori di altri generi lo apprezzeranno molto. La forza del disco sta nel buon bilanciamento tra potenza e melodia, la composizione dei pezzi non è mai scontata ma ben strutturata e lo sviluppo delle trame musicali è assai corretta. Il ritmo che ha questo gruppo esce allo scoperto fin da subito, in quanto ha un incedere che basa le sue strutture in vari generi e sottogeneri ben amalgamati fra loro. I Cold Snap hanno vinto il concorso indetto dalla Arising Empire perché hanno chiaramente qualcosa in più rispetto alla maggioranza dei gruppi in giro, e All Our Sins lo dimostra molto bene. Era il momento per un disco come questo, dato che ultimamente tanti gruppi che sono nel giro metalcore/groove metal sono smaccatamente e forzosamente melodici, mentre qui il metal è l’elemento fondante di tutto, la trave portante del suono, che ha anche molti elementi dell’hardcore; infatti il gruppo ha una forte mentalità DIY, che non è andata smarrita neppure entrando nel roster della sussidiaria della Nuclear Blast.

Tracklist
01. Hešto And Pujto
02. Fallen Angels
03. Nothing
04. Demons
05. Crawling
06. Remission
07. 2 4 The System
08. Witness Of Your Sickness
09. No We’re Not Even
10. Pain Parade
11. Hated
12. Distance

Line-up
Jan Kerekeš – Vocals
Dario Sambol – Drums
Zoran Ernoić – Bass
Dario Berg – Vocals, Samples
Dorian Pavlović – Guitar
Zdravko Lovrić – Guitar

COLD SNAP – Facebook

Canaan – Images From A Broken Self

I Canaan producono un altro disco bellissimo e terribile, nel quale l’elettronica regna sovrana e dalla freddezza del silicio nasce un calore che avvolge tutto e tutti, e si proiettano verso uno spazio che è differente da quello nel quale viviamo.

I Canaan sono dei moderni sciamani che ci fanno vedere la realtà squarciando il velo che la avvolge e che ce la fa sembrare sostenibile.

La loro ultima opera è incentrata sul rendere in musica le immagini delle nostre anime spezzate dalle vite che facciamo e le lacerazioni che procurano. Ascoltare i Canaan è come fare terapia psicologica iniettandoci il virus che vogliamo sconfiggere, è lottare senza stare comodi, andare avanti senza sapere dove potremmo arrivare, ma continuare. La parabola musicale di questo gruppo è una delle più interessanti e preziose della musica underground italiana, ed è cominciata tanto tempo con il gruppo doom death dei Ras Algethi, per poi continuare nei Canaan con due terzi del gruppo capitanati da Mauro Berchi, una delle figure più importanti che abbiamo nella musica in Italia. I Canaan non suonano un genere musicale ben preciso, essendo uno di quei pochi gruppi che non è circoscrivibile in uno specifico ambito, esibendo uno stile del tutto proprio. Se gli esordi erano molto darkwave e gothic, con gli ultimi dischi il suono si sta rarefacendo, portandolo più in alto, ma il tutto appare ancora più soffocante e claustrofobico. Come detto prima, i Canaan ci fanno vedere con le loro sensazioni in musica che la nostra vita è abbastanza inutile, che il nulla ci avvolge e che i nostri sforzi, oltre che vani, sono controproducenti. Tutto ciò sarebbe spaventoso, anche se nell’arte abbiamo tantissimi esempi, o forse l’arte serve proprio a farci vedere il nulla, ma il gruppo milanese riesce a rendere sublime tutto ciò. Dopo il meraviglioso il Giorno Dei Campanelli del 2016, i Canaan producono un altro disco bellissimo e terribile, nel quale l’elettronica regna sovrana e dalla freddezza del silicio nasce un calore che avvolge tutto e tutti, e si proiettano verso uno spazio che è differente da quello nel quale viviamo: forse è sogno, perché la musica dei milanesi è un qualcosa di meravigliosamente indefinito, un sogno con la febbre, una febbre che ci fa capire, il nulla che parla. Ogni canzone è molto curata, come sempre ogni nota e ogni respiro elettronico ha un senso per un gruppo che va davvero oltre la musica e ti porta in un luogo tutto suo. Per chi li ascolta da anni non è facile descrivere l’esperienza che viene vissuta, perché i Canaan non sono un gruppo che si possa ascoltare con le cuffie mentre si va a lavorare, ma devono essere assimilati come un rito, perché aprono una dimensione nuova nella quale il dolore prende vita e forma, e il nulla si può rivelare liberamente.

Tracklist
1.My Deserted Place
2.The Story Of A Simple Man
3.Words On Glass
4.Hint On The Cruelty Of Time
5.I Stand And Stare
6.Of Sickness And Rejection
7.The Dust Of Time
8.Adversaries
9.That Day
10.A Tired Sentry
11.Worms
12.Through Forging Lines

Line-up
Alberto
Mauro
Nico

CANAAN – Facebook

Coilguns – Millennials

Millennials è un lavoro che offre spigoli appuntiti ad ogni angolo e lascia una sensazione di epocale, come se avesse cambiato qualcosa, almeno dentro a chi lo ascolta.

Dall’hardcore non nascono fiori ma bombe a mano lanciate fra la gente, attacchi sonori che lasciano impietriti, la cosa deve far male e il sangue deve scorrere, ma al contempo deve anche far pensare.

Questo debutto dei Coilguns, scritto e inciso nel 2016, che ha poi avuto varie vicissitudini, è un disco di hardcore della nuova razza, una nuova concezione di come esportare la rabbia, nuove strutture sonore per esprimere la provincia ed il suo disagio. Millennials nasce in zona Converge e hardcore mutato, e questa è solo la genesi, perché poi i Coilguns diventano qualcosa di totalmente autonomo e scalciante. La proposta musicale è un hardcore con chitarre che sono come rasoi affilati, una sezione ritmica epilettica e mille soluzioni sonore diverse. Questo esordio è un’aggressione sonora contundente, ci sono finali di canzoni che diventano canzoni stesse, il tema muore e poi cambia per tornare ancora con più rabbia e cattiveria. Lascia davvero stupefatti questo disco, suonato in milioni di note che diventano particelle atomiche che si insinuano sottopelle. Millennials è stato suonato dal vivo e si sente, ha una forza tremenda, e ha anche degli elementi da jam, nel senso che il gruppo svizzero produce un groove che può nascere solo in saletta, quando ognuno aggiunge qualcosa. Inoltre si può anche affermare che questo dei Coilguns sia hardcore psichedelico, perché si sviluppa in sinuose volute di fumo che arrivano fino al cielo, portando rabbia e disprezzo. I Coilguns raccontano storie che possono essere comuni a tutti nelle nostre vite infernali, e questo sentimento è stato ben scandagliato e definito da Jane Doe dei Converge, ma qui a distanza di anni non si vede ancora il fondo, e la provincia è la prima forma di morte, ben più sincera che la città. Dischi come questo però sono talmente profondi e di una tale portata che riescono a proporre una fuga, almeno in queste splendide terribili note. Millennials è un lavoro che offre spigoli appuntiti ad ogni angolo, e lascia una sensazione di epocale, come se avesse cambiato qualcosa, almeno dentro a chi lo ascolta. L’intensità di questo disco, la sua rabbia, la sua speranza perduta è un immenso vaffanculo a chi ancora nutre speranza, mentre si contorce a terra tentando di non far uscire le proprie budella, perché non si può morire ma lavorare e contribuire al fulgido futuro che ci aspetta. Il disco è disponibile in download libero sul bandcamp del gruppo.

Tracklist
1.Anchorite
2.Deletionism
3.Millennials
4.Spectrogram
5.Music Circus Clown Care
6.Ménière’s
7.Wind Machines For Company
8.Self Employment Scheme
9.Blackboxing
10.The Screening

Line-up
Louis Jucker– vocals, noises, guitar
Jona Nido – guitar
Luc Hess – drums
Donatien Thiévent – synth, backing vocals, percussions

COILGUNS – Facebook

Omit – Medusa Truth, Part 2

In questo mondo ovattato le regole della nostra dimensione vengono cambiate e si entra in un qualcosa di profondamente diverso. Un disco suonato e composto con cura e dedizione, e che non lascia nulla al caso, una splendida fuga.

Gli Omit suonano un doom metal con forti influenze funeral e gothic, con la splendida ed eterea voce femminile di Cecilie Langlie.

I norvegesi sono qui alla loro terza prova, e questo è il seguito di Medusa Truth Part One del 2014. Il loro intento è di illustrare con ogni disco un determinato periodo della vita di ciascun uomo, esplorando ciò che si vede e soprattutto ciò che non si vede. Le canzoni degli Omit durano molto e sono tutte composte come se fossero piccole opere, molto ben strutturate ed epiche. Questo secondo disco della serie Medusa Truth prende le mosse da questa frase di Jack London che possiamo trovare nel libro L’Ammutinamento della Elsinore del 1914 : “The profoundest instinct in man is to war against the truth; that is, against the Real. He shuns facts from his infancy. His life is a perpetual evasion. Miracle, chimera and to-morrow keep him alive. He lives on fiction and myth. It is the Lie that makes him free. Animals alone are given the privilege of lifting the veil of Isis; men dare not. The animal, awake, has no fictional escape from the Real because he has no imagination. Man, awake, is compelled to seek a perpetual escape into Hope, Belief, Fable, Art, God, Socialism, Immortality, Alcohol, Love. From Medusa-Truth he makes an appeal to Maya-Lie.
Insomma come dare torto a Jack… la nostra vita è una continua fuga, e anche l’ascolto di questo bell’album, decadente e dolce, è una fuga da ciò che viviamo o da ciò che siamo. E questo disco è una bella fuga, essendo gli Omit un buon gruppo di doom metal melodico, con parti funeral, ma soprattutto un gran substrato gotico che permea il tutto, dando un’accezione romantica al loro lavoro. Il loro incedere è lento, ma possente, dolce ma tagliente, la musica è l’ancella della splendida voce di Cecilie, ma non è affatto un semplice ornamento, ma una parte importante del tutto. In questo mondo ovattato le regole della nostra dimensione vengono cambiate e si entra in un qualcosa di profondamente diverso. Un disco suonato e composto con cura e dedizione, e che non lascia nulla al caso, una splendida fuga.

Tracklist
01. Passage
02. Veil Of Isis
03. Medusa Truth

Line-up
Cecilie Langlie – Vocals
Kjetil Ottersen – Keyboards
Tom Simonsen – Guitars, keyboards, bass, drums and programming.

OMIT – Facebook

Reveers – To Find A Place

La poetica dei Reveers colpisce al cuore e parla attraverso immagini che nascono attraverso la musica, dove si sentono note e sequenze dai molti colori

I Reveers sono un gruppo composto da quattro ragazzi della provincia udinese, formatosi jam dopo jam.

Questo debutto è un dolcissimo disco di rock pop, con aperture post rock, di una maturità e di una consapevolezza straordinarie. Prendete Paul Simon a vent’anni, trasportatelo nella nostra epoca buia, fatelo suonare con dei ragazzi che hanno una grande padronanza degli strumenti e potreste avvicinarvi a cosa fanno i Reveers. Qui regna la calma, siamo in una sala parto dove nasce buona musica e ogni elemento è prezioso: si passa dal post rock a momenti molto floydiani, il tutto con personalità e gusto. Ogni canzone del disco è come un movimento che contiene al suo interno diversi elementi e tutti questi trovano armonia se posti assieme. Le tracce sono quasi tutte di lunga durata, e ciò rende possibile sviluppare un disegno sonoro molto interessante ed avanzato. La poetica dei Reveers colpisce al cuore e parla attraverso immagini che nascono attraverso la musica, dove si sentono note e sequenze dai molti colori, in cui tutto muta. Scorrendo le biografie dei componenti del gruppo si nota che sono musicisti con basi solide e si sente, soprattutto nella composizione e nelle strutture dei pezzi, che appaiono di un altro livello rispetto alle cose che si trovano in giro oggi. Si potrebbe quasi definire To Find A Place il disco più slowcore ascoltato da qualche anno a questa parte, ma in realtà c’è molto di più. Inoltre spuntano anche elementi elettronici trattati con grande sapienza e capacità. Questi ragazzi esordiscono con un grande album, ma se volessero hanno la possibilità di spingersi anche ben oltre: con le capacità ed il gusto esibito nulla è loro precluso.

Tracklist
1. Low to the ground
2. Fortune teller
3. Thesis, antithesis and synthesis
4. Music for a silent film
5. Mosaico
6. Spheres
7. Waves from the sky
8. Blind alley

Line-up
Fabio Tomada
Ismaele Marangone
Elia Amedeo Martina
Giulio Ghirardini

REEVERS – Facebook

Khemmis – Desolation

Questo ultimo disco dei Khemmis ne conferma la formula di successo, ovvero una miscela di giri di chitarra e voce ora melodici ora pesanti, a seconda della necessità del momento.

I Khemmis sono di Denver, Colorado e fanno un gran bel doom metal ricco di molteplici influenze.

Attivi dal 2012, hanno conosciuto un buon successo con l’album Hunted del 2016, che li ha fatti notare a tutti gli amanti della musica pesante. Questo loro ultimo disco ne conferma la formula di successo, ovvero una miscela di giri di chitarra e voce ora melodici ora pesanti, a seconda della necessità del momento. La melodia è una delle peculiarità principali dei Khemmis, i quali la trattano in maniera speciale. Desolation è composto da molte forze diverse che concorrono tutte a farne un disco molto fruibile e che regala moltissimi ascolti. La prima traccia Bloodletting è paradigmatica su ciò che verrà i seguito, con i suoi tempi cadenzati, i riff di chitarra molto ariosi e la voce che è calda e piena, creando un effetto d’insieme molto potente. I Khemmis sono un gruppo da ascoltare a volume molto, e come i compagni di etichetta Pallbearer fondono musica pesante e melodia in una maniera importante, come si può sentire benissimo in Desolation. L’album non cambierà le sorti della musica, ma alzerà l’umore di moltissime persone ascoltandolo, oppure le farà ragionare, dato che è intriso di malinconia espressa in decibel. I Khemmis sono uno dei risultati della musica pesante americana che presenta alcune differenze rispetto a quella europea, dato che in alcuni frangenti dall’altra parte dell’Atlantico sanno suonare con più semplicità ed immediatezza. C’è un sentire che ti avvolge immediatamente in questo disco, come se il gruppo lo si conoscesse da sempre, oppure come se il disco fosse quello che si aspettava da tempo. Ogni canzone contiene sviluppi e svolte assai interessanti e non c’è mai nulla di scontato in questo doom che incontra il pop senza mai perdere la sua rumorosa identità.

Tracklist
1.Bloodletting
2.Isolation
3.Flesh To Nothing
4.The Seer
5.Maw Of Time
6.From Ruin

Line-up
Ben
Dan
Phil
Zach

KHEMMIS – Facebook

Kormak – Faerenus

I Kormak sono una delle band italiane più interessanti uscite negli ultimi anni: epici, potenti, dolci o devastanti, a seconda della necessità.

Album di debutto per i baresi Kormak, che fanno un ottimo folk death metal, con intarsi gothic e la splendida voce della cantante Zaira De Candia, che è davvero un valore aggiunto.

I Kormak nascono nel 2015 e con calma e tanto lavoro sono arrivati ad un debutto che è un ottimo biglietto da visita Una delle loro caratteristiche più importanti è quella di saper cambiare registro musicale in un tempo brevissimo, passando da un leggiadro suon odi flauto ad un massacro con doppie casse e tanto sangue sparso, il tutto fatto sempre con una forte personalità. Il suono sa mutare, ma soprattutto sa sempre trovare il suo corso naturale dove poi sgorgare in maniera impetuosa e forte. Zaira è una moderna furia che si abbatte sull’ascoltatore, ma tutto il gruppo è molto ben affiatato. La cifra stilistica deve molto all’epicità, infatti il nome viene dalla saga islandese Kormaks risalente al tredicesimo secolo. Folk e viking metal, ma non solo, perché in alcune canzoni si rinviene un passo death notevole e assai incisivo. I Kormak sono un gruppo che ha grandi potenzialità che vengono esibite in questo disco, ma la sensazione è che abbiano ancora molto da mostrare. La produzione è buona e valorizza la potenza di questo gruppo riuscendo a non disperderla. In definitiva, i Kormak sono una delle band italiane più interessanti uscite negli ultimi anni: epici, potenti, dolci o devastanti, a seconda della necessità. Faerenus era il luogo della pazzia, nel quale le paure diventavano materiali e i Kormak solo la guida ideale per condurci in questo mondo sotterraneo.

Tracklist
1 – Amon
2 – March of Demise
3 – Sacra Nox
4 – The Goddess’ Song
5 – The Hermit
6 – Faerenus
7 – Patient N° X
8 – July 5th
9 – Eterea El

Line-up
Zaira de Candia – Vocals/Whistle Flutes
Alessandro Dionisio – Guitar
Alessio Intini – Guitar
Francesco Loconte – Bass
Dario Stella – Drums

KORMAK – Facebook