Inner Hate – Reborn Through Hate

Se gli Inner Hate dovessero mantenere questo livello per un intero full length sarebbe davvero un colpo notevole, quindi il consiglio è quello di non perdersi questo ep attendendo al più presto altre buone nuove da parte di questa ennesima notevole realtà nazionale.

La Sicilia è terra di rock e di metal: i gruppi delle varie scene sparse sul territorio sono stati ampiamente trattati da MetalEyes, che da anni ha dedicato la giusta attenzione alle più meritevoli realtà nate a sud dello stretto.

E’ quindi con piacere che vi presentiamo i thrashers Inner Hate, trio proveniente da Caltanissetta composto da Daniel Ferrara (voce, chitarra), Matt Amodeo (basso) e l’ex Thrash Bombz Vincenzo Lombardi (batteria).
La band si è formata nel 2013 ed ha già dato alle stampe un primo ep, First Hate To The World: Reborn Through Hate, anche per l’entrata in formazione di Lombardi, è un nuovo inizio per gli Inner Hate che, quattro anni dopo, tornano a mietere vittime con il loro metal estremo che si nutre di thrash come di death metal di matrice scandinava, costruendosi un sound personale ed assolutamente coinvolgente.
I quattro brani risultano altrettante esplosioni di adrenalinico metal estremo, old school nell’attitudine, violentissimo nell’impatto e valorizzato da un ottimo lavoro strumentale: nei riff di scuola scandinava troviamo la perfetta commistione con le ritmiche thrash, a formare una sacra alleanza che affianca i Kreator agli Entombed e ai primi Edge Of Sanity.
Funziona alla grande questa fusione di note nata sulle rive del mediterraneo, un patto mortale tra generi “nordici” nel caldo delle terre siciliane, mentre la devastante Time To Kill lascia spazio alla conclusiva title track, un brano perfetto per attendere l’armageddon.
Se gli Inner Hate dovessero mantenere questo livello per un intero full length sarebbe davvero un colpo notevole, quindi il consiglio è quello di non perdersi questo ep attendendo al più presto altre buone nuove da parte di questa ennesima notevole realtà nazionale.

Tracklist
1.Sentenced to Damnation
2.Unholy Cross of Death
3.Time to Kill
4.Reborn Through Hate

Line-up
Mattia Amodeo – Bass
Daniel Ferrara – Guitars, Vocals
Vincenzo Lombardi – Drums

INNER HATE – Facebook

Sirgaus – L’Amore, L’Ardore e L’Alviano

Un’opera che musicalmente si nutre di rock come di sinfonie orchestrali, di folk come di atmosfere teatrali, e il tutto viene usato da con maestria da Gosetti per dare vita alle storie che si sviluppano accompagnate dalla musica e dalle voci dei suoi protagonisti.

La vena creativa di Mattia Gosetti è lungi dall’ essere esaurita e, a distanza di un anno dall’ultima opera dei Sirgaus (Il Treno Fantasma), torna con una nuova storia raccontata attraverso la musica ed ambientata come sempre tra le montagne e le valli della sua terra, il bellunese.

Accompagnato dalla cantante e consorte Sonja Da Col, Gosetti da vita ad un altro splendido concept, dopo le fortune artistiche di Sofia’s Forgotten Violin licenziato nel 2013, il capolavoro Il Bianco Sospiro della Montagna, uscito a suo nome due anni dopo, ed appunto il precedente lavoro che confermava ancora una volta il talento compositivo del nostro e la bontà del sodalizio artistico con quella che è pure compagna di vita.
Questa volta il polistrumentista veneto fa quasi tutto da solo, aiutato al microfono dalla Da Col, da Diego Gosetti ai cori e dal tenore Matteo Brustolon nei panni di Bartolomeo d’Alviano.
L’Amore, L’Ardore e L’Alviano è dunque un concept che racconta le imprese di quel personaggio, degli eventi portati dal suo passaggio a Cibiana Di Cadore, della fabbricazione e del commercio delle chiavi, iniziato proprio in quel periodo e per cui è conosciuto il paese natale dei musicisti, la leggenda degli Sbroa Fen e la storia d’amore tra un soldato ed una guida paesana.
Ormai Gosetti ha una sua precisa identità artistica, quindi per chi conosce la sua musica, le atmosfere suggestive e le poetiche sfumature sinfoniche e folkloristiche non sorprendono più di tanto, ma ancora una volta ci mettono innanzi ad un musicista senza uguali nel panorama rock/metal, capace di dare vita ad un’opera che regala episodi bellissimi come La Marcia Dell’Alviano, Mi son Veneto, l’epica Mani Nella Neve, la splendida Cibiana, le sfumature folk di Chiavi e Profezie, l’epica sinfonia di La Battaglia Di Rusecco, che ci trasportano nel 1500 tra le case e le viuzze di Cibiana di Cadore, testimoni delle vicende narrate.
Un’opera che musicalmente si nutre di rock come di sinfonie orchestrali, di folk come di atmosfere teatrali, e il tutto viene usato da con maestria da Gosetti per dare vita alle storie che si sviluppano accompagnate dalla musica e dalle voci dei suoi protagonisti.

Tracklist
1.L’Amore, L’Ardore, L’Alviano
2.Il Disegno Suo
3.La Marcia Dell’Alviano, Mi Son Veneto
4.Mani Nella Neve
5.I Boschi Su Deona
6.Cibiana
7.Chiavi E Profezie
8.Tu Proteggi I Sogni Miei
9.I Sbroa Fen
10.Un Amore Di Montagna
11.La Battaglia Di Rusecco
12.La Serenissima Vittoria
13.Ritorno A Cibiana

Line-up
Sonia Da Col – Voce
Mattia Gosetti – Bass, Guitars , Vocals, Orchestral Synth e Programming

Matteo Brustolon – Vocals
Diego Gosetti – Chorus

SIRGAUS – Facebook

Cruentator – Ain’t War In Hell?

Qui si fa metal estremo tripallico, lo si allontana da qualsiasi tipo di contaminazione e lo si lascia libero di portare terrore e distruzione a colpi di feroci ripartenze, sfuriate tempestose e tanta fottuta attitudine.

Un’altra realtà estrema fa la sua devastante apparizione sulla scena thrash metal nostrana ed europea: sono i lombardi Cruentator, nati nel 2015 dalle menti di un paio di membri dei brutal deathsters Bowel Stew.

Riccardo (batteria) ed Omar (chitarra) sono infatti i maggiori responsabili di questa tempesta thrash old school, raggiunti in seguito dal vocalist Ambro (compagno della coppia nel gruppo lombardo), dal chitarrista Massi FD e dal bassista Vanni.
Il loro esordio, intitolato Ain’t War In Hell, esce in questo inizio d’anno per l’attivissima label iberica Xtreem Music, un sodalizio niente male, visto la qualità delle proposte offerte dall’etichetta di Dave Rotten.
E i cinque musicisti ci vanno giù pesante con una mezzora di thrash metal vecchia scuola che non lascia spazio a dubbi sulle loro intenzioni: portare il più alto possibile la bandiera del genere.
Qui si fa metal estremo tripallico, lo si allontana da qualsiasi tipo di contaminazione e lo si lascia libero di portare terrore e distruzione a colpi di feroci ripartenze, sfuriate tempestose e tanta fottuta attitudine.
Gli strumenti seguono l’ugola al vetriolo del vocalist e, come armi, colpiscono con mitragliate devastanti: l’atmosfera si fa sempre più estrema tra i solchi di brani che seguono la via tracciata a suo tempo dagli eserciti di Sodom, Kreator e compagnia di antieroi metallici.
Una devastazione sonora da spararsi senza indugi dall’inizio alla fine, seguendo il rigagnolo di sangue che vi porterà, tramite l’opener Merciless Extermination, Barbaric Violence, The Nightstalker e Cluster Terror, verso il cumulo di corpi lasciato dai Cruentator.

Tracklist
1.Merciless Extermination
2.Tyrants of the Wasteland
3.Barbaric Violence
4.Evil is Prowling Around
5.The Nightstalker
6.Marching Into a Minefield
7.The Shining Hate
8.Cluster Terror

Line-up
Ambro – Vocals
Omar – Guitars
Massi FD – Guitars
Vanni – Bass
Riccardo – Drums

CRUENTATOR – Facebook

Kaptain Preemo – Kaptain Preemo

La peculiarità migliore di questo gruppo è quella di saper rielaborare al meglio istanze musicali degli anni sessanta e settanta

Album d’esordio per i Kaptain Preemo da Parma, con la loro proposta di fuzz e psych, il tutto molto ben fatto e funzionante molto bene.

La peculiarità migliore di questo gruppo è quella di saper rielaborare al meglio istanze musicali degli anni sessanta e settanta. L’intento dei Kaptain Preemo è quello di farci vivere un’esperienza attraverso l’ascolto della loro musica. I generi sono il fuzz e la psych anni sessanta, non mancano momenti più duri alternati ad altre cose più dolci, e per tutto il disco aleggia lo spirito dei Kula Shaker, un gruppo che seppe fare un’ottima sintesi di generi diversi ed ingiustamente dimenticato. Ma qui abbiamo anche di più rispetto al gruppo inglese, dato che c’è un’impronta rock molto forte, che si esplica in cavalcate figlie di jam imperiose, che ci portano in territori molto lontani. I Kaptain Preemo sono attivi dal 2014, ma la loro capacità compositiva e la loro maniera di renderla presuppongono una maggiore esperienza. I nostri riescono a fondere la swingin’ London ad una forte presenza crawleyiana con la California degli anni sessanta, non solo quella baciata perennemente dal sole, ma anche quella più oscura dei seguaci di Manson. La psichedelia è un genere non semplice da maneggiare, ma questo gruppo lo fa molto bene, portando a galla aspetti originali; inoltre non troviamo nemmeno la distruzione totale della forma canzone come in taluni tipi di psych, ma il tutto è al servizio dell’esperienza da compiere. Un disco molto piacevole, ben composto e con ottime idee.

Tracklist
1.Intro: The Pentagram
2.I’ve Never Sold My Soul To Satan
3.Cosmic Plastic Lady
4.Who’s Who?
5.Drugs Are Working
6.I’m Gonna Save You Bobby
7.Magick Hangover
8.Diamond Shade

Line-up
Luke Zammarchi – Vocals, Guitar
Frank Fedi – Bass
Mek Spazio – Lead Guitar, Backing Vocals
Becky Sahira – Drums , Synth and Backing Vocals

KAPTAIN PREEMO – Facebook

Black Orchestra – Inhale Your Eyes

In una scena che fatica a ritrovare band capaci di trascinare il metal alternativo ai vertici come in passato, i Black Orchestra rifilano tre colpi non da poco, duri, melodici ed accattivanti, mescolando e rivoltando i generi in un cocktail dal buon appeal.

Una nuova band si affaccia sul panorama alternativo nostrano con ambizioni di portare un po’ di fresco entusiasmo anche fuori dai confini nazionali: si tratta dei Black Orchestra, monicker da metal classico ma dal sound che segue le coordinate industrial crossover di inizio millennio.

Capitanati dal cantante Tomas Selvaggio e con la supervisione di Masha Mysmane, storica cantante degli Exilia, la band debutta dopo quattro anni dalla fondazione con questi tre brani raccolti nell’ep Inhale Your Eyes.
Dimenticate i suoni che vanno di moda oggi nel metal/rock moderno, questi tre brani prendono la via che torna verso il metal alternativo strutturato su basi industrial, sferzate nu metal e rock che una quindicina d’anni fa risultava fuori dagli schemi.
In una scena che fatica a ritrovare band capaci di trascinare il metal alternativo ai vertici come in passato, i Black Orchestra rifilano tre colpi non da poco, duri, melodici ed accattivanti, mescolando e rivoltando i generi descritti in un cocktail dal buon appeal.
E’ perfetto l’approccio stilistico del vocalist, personale e mai troppo estremo, melodico ma robusto quel tanto che basta per non cadere nel melenso come molte band core di oggi.
Il refrain dallo spirito hard rock della bellissima title track, il nu metal di Resurrection (scelta come singolo) e l’energia sprigionata da Cause Of You (tra Disturbed e Nine Inch Nails) risultano sicuramente un buon inizio per i Black Orchestra: in attesa di un primo full length, passo importante per dare una sterzata al futuro prossimo della band: il presente si chiama Inhale Your Eyes, non perdetevelo.

Tracklist
01. Inhale Your Eyes
02. Resurrection
03. Cause Of You
04. Resurrection (Official Video)

Line-up
Tomas Selvaggio – Vocals
Domenico Conte – Guitars
Roberto JD Geddo – Bass
Max Nobile – Drums

BLACK ORCHESTRA – Facebook

Blinded By Yellow Sunbeams – Heart Denied

Le musiche dei Blinded By Yellow Sunbeams sono qualcosa di originale per i suoli italiani, perché si vanno a posizionare al confine fra industrial, metal e pop, in quelle belle zone grigie di contaminazione.

Blinded By Yellow Sunbeams è l’ambizioso progetto musicale del triestino Christian Thomas Castorina, precedentemente fautore dei At The Funeral My Violet Rabbit.

Conclusa questa esperienza, comincia il percorso dei Blinded By Yellow Sunbeams, giunto ora al quarto album con Heart Denied. Le coordinate musicali sono quelle dell’industrial metal, con molte escursioni nei territori dell’ebm e dell’elettronica altra. La passione che Castorina mette dentro a questo progetto è tangibile, e la sua capacità compositiva gli permette di raggiungere buoni risultati. La musica di Heart Denied, come quella dei tre album che lo precedono, nasce per dare qualcosa all’ascoltatore, provando ad elevare la sua coscienza, o almeno la sua percezione. Nel disco troviamo luce e ombra, dolcezza e violenza, lo ying e lo yang che tutti ci portiamo dentro, ed è un esplorare, una ricerca approfondita dentro e fuori da noi. Le musiche dei Blinded By Yellow Sunbeams sono qualcosa di originale per i suoli italiani, perché si vanno a posizionare al confine fra industrial, metal e pop, in quelle belle zone grigie di contaminazione. Christian fa quasi tutto da solo e lo fa bene, imparando molto bene la lezione dei maestri per cercare una sua via originale, riuscendovi. Maneggiare molti registri diversi non è indice di confusione se lo si fa con cognizione di causa e con una progettualità, come succede qui. Vi sono molte atmosfere diverse e tante suggestioni, le idee vanno in molte direzioni e sono tutte valide.

Tracklist
1.2Sec4You
2.Negative
3.The Heart Denied
4.Unusual System Breakdown
5.I Have No ID
6.M.I.T.M.A.
7.Ctrl+Alt+Del

Line-up:
Christian Thomas Castorina

BLINDED BY YELLOW SUNBEAMS – Facebook

Mymisses – Straight On My Way

Con le Mymisses approdiamo all’hard rock sviluppatosi a cavallo del nuovo del nuovo millennio, contraddistinto da chitarre ruggenti, ritmiche grasse e cantato di grande forza espressiva.

Mymisses è un quartetto tutto al femminile nato a Cagliari due anni fa composto da Giorgia Pillai (voce), Laura Sau (chitarra), Stefania Cugia (basso) e Marta Camba (batteria).

Le quattro musiciste sarde si mettono in luce sul versante live, in giro per oltre un anno tra festival e piccoli club, prima di dare alle stampe l’agognato debutto, questo roccioso esempio di hard rock intitolato Straight On My Way; e la strada intrapresa dal gruppo non può che portarlo nelle terre assolate degli States, dove questo tipo di musica è nato, mentre quelle tortuose che si trovano nelle zone più aspre della loro isola si trasformano nelle desertiche pianure americane.
La band ci offre un hard rock moderno, leggermente stonerizzato, roccioso ma dal buon tasso melodico, grintoso e pesante, diretto e potente come fa capire subito l’opener War Cry: la title track possiede la forza di un carro armato, mentre il ritornello melodico sposta di continuo le coordinate stilistiche (un mix tra Black Label Society ed Alter Bridge).
Con le Mymisses si approda all’hard rock sviluppatosi a cavallo del nuovo del nuovo millennio, contraddistinto da chitarre ruggenti, ritmiche grasse e cantato di grande forza espressiva, come nella trascinante Face The Fear.
Diretto e ricco di chorus facilmente memorizzabili, Straight On My Way arriva al dunque senza tanti fronzoli, mentre Back To Fly smorza la tensione per poi ripartire con Slipping Away.
Be Bad è un brano alternative rock, mentre il cuore pulsa e pompa sangue metallico nella conclusiva Hard To Live, irresistibile brano on the road che mette la parola fine su un debutto assolutamente da non perdere per gli amanti dell’hard rock.
Le quattro rockers vanno dritte per la loro strada partendo alla conquista del mondo, collocandosi fin da subito tra le realtà da seguire con grande attenzione.

Tracklist
1.War Cry
2.Straight On My Way
3.Face The Fear
4.Back To Fly
5.Slipping Away
6.Be Bad
7.Hard To Leave

Line-up
Giorgia Pillai – Vocals
Laura Sau – Guitars
Stefania Cugia – Bass
Marta Camba – Drums

MYMISSES – Facebook

Omega Machine – The End That Comes With Omega Machine

Un disco che apre nuovi spiragli al modo di fare musica pesante in Italia, una prova granitica che regala momenti esaltanti ma soprattutto che spinge a sentirne il contenuto a volume molto alto.

Notevole disco di esordio per questo potente e fantasioso gruppo di industrial metal torinese.

La loro musica è maestosa come la storia che raccontano in questo disco, ovvero la narrazione di un’improvvisa invasione aliena e del tentativo di difesa da parte dell’umanità, ma nulla si può contro l’Omega Machine. Il suono è poderoso e molto potente, con una produzione che ne rende benissimo la profondità. L’immaginario di questo disco è la sci–fi di serie b degli anni sessanta, come si può ben evincere dalla copertina di SoloMacello. Nel disco viviamo benissimo questa battaglia fra i terrestri e gli invasori, anche mediante suoni provenienti da questa guerra estrema. Industrial metal ma non solo, perché gli Omega Machine spaziano per molti generi e soprattutto lo fanno a modo loro, mettendo sempre qualcosa di personale nel calderone bollente del loro suono. Per cui si passa da cose alla Dillinger Escape Plan a nervose colate laviche simili a quelle di Souls At Zero dei Neurosis. Gli Omega Machine sanno benissimo come fare un disco di musica pesante, molto maturo per essere un esordio. Verrete catturati da questi corridoi sonori, da queste mille curve diverse, da stop and go o da momenti totalmente saturi di potenza con il gruppo torinese che sfiamma. Un disco che apre nuovi spiragli al modo di fare musica pesante in Italia, una prova granitica che regala momenti esaltanti ma soprattutto che spinge a sentirne il contenuto a volume molto alto.

Tracklist
1.Gloomy Gait of the Frightstrider
2.Xenoferox Megalodeimos
3.To Neuter a World
4.Crushmoured Assault Raid
5.It Came to Vomit Liquid Fire
6.Terrorstorm Over the Oceanic Battlefront
7.Rust Infector – Aberration Among Monsters
8.Annihilatory Siege of Planet Earth / The End That Comes

Line-up
Kaizer Blasted Kosmos: guitars, programming, samples, synths
Nebular Sub-Terror: bass

OMEGA MACHINE – Facebook

Lost Moon – Through The Gates Of Light

La band sforna un lavoro intenso ed originale, perché le influenze ben presenti vengono rimodellate dal trio creando una gettata hard rock/stoner a tratti pesantissima.

A dispetto dei detrattori e dei metallari duri e puri che hanno visto gli anni novanta come la morte dei suoni classici in favore di approcci più moderni e cool, questo decennio rimane il più importante per lo sviluppo della musica rock insieme agli anni settanta, un periodo di rinascita che ha portato all’attenzione degli ascoltatori una manciata di scene diventate, con il tempo, ispirazioni primarie per i gruppi del nuovo millennio.

Dall’hard rock al metal estremo, passando per il grunge, lo stoner ed il metal moderno, l’ultimo decennio del ‘900 per chi ha avuto la fortuna di viverlo musicalmente rimarrà il fulcro di quello che, in seguito, si è sviluppato.
I Lost Moon sono nati verso il finire di quel periodo e da lì hanno sviluppato il loro sound per mezzo di tre album (Lost Moon del 2001, King Of Dogs del 2007 e Tales Form The Sun licenziato tre anni fa) e ora tornano con questo nuovo lavoro, Through The Gates Of Light ottimo esempio di hard stoner rock che da quel prende lo spirito e qualche ispirazione e, grazie ad un songwriting vario, ci regalano trentacinque minuti di musica di grande livello.
I due fratelli Paolucci (Stefano – chitarra e voce – e Pierluigi – batteria),  con il fido Adolfo Calandro (basso), prendono in ostaggio lo stoner rock e lo lasciano tra le mani dell’hard rock settantiano, la psichedelia ed il southern rock e, con la guida dell’alternative metal, lo torturano fino trasformarlo in un’entità anomala ed impossibile da descrivere in senso assoluto.
La band sforna un lavoro intenso ed originale, perché le influenze ben presenti vengono rimodellate dal trio creando una gettata hard rock/stoner a tratti pesantissima.
Si passa così dalle digressioni tooliane della strumentale Through The Gates Of Light, ai Black Label Society e Kyuss della successiva Dawn, dalle sferzate metalliche di Prayer a Pilgrimage, brano che rispecchia il credo musicale dei Lost Moon esibendo una panoramica esaustiva su tutte le sfumature della loro musica.
Sempre Black Label Society ed Alice In Chains li ritroviamo in I Got A Drink e in Light Inside, mentre un sitar beatlesiano apre la conclusiva Visions, canzone che ricorda le armonie acustiche degli Zeppelin.
Album davvero bello, Through The Gates Of Light è l’imperdibile ultimo sussulto dell’anno per quanto riguarda il genere.

Tracklist
1.Through the Gates of Light
2.Dawn
3.Prayer
4.Pilgrimage
5.I Got Drunk Again
6.Light Inside
7.The Day we Broke the Spell
8.Visions

Line-up
Stefano Paolucci – Guitars .Vocals
Pierluigi Paolucci – Drums
Adolfo Calandro – Bass

LODT MOON – Facebook

Hellish God – The Evil Emanations

The Evil Emanations è un armageddon sonoro che si snoda senza soluzione di continuità, nel suo essere estremo ma perfettamente godibile anche grazie al corto minutaggio, all’ottima produzione che valorizza l’ascolto e ovviamente la buona vena compositiva del gruppo.

Nell’underground nazionale vive un mostro demoniaco che avvelena le menti, si contorce ammaliando come un serpente e porta con se il male che i musicisti posseduti dopo il contatto trasformano in satanico e putrido metal estremo.

Non sono poche le realtà estreme che nel genere offrono una qualità molto alta, protagoniste di opere dannate che pur rifacendosi ovviamente al passato godono di una personalità da gruppi di primo piano a livello mondiale: ottimi artisti e musicisti che, da un po’ di anni cominciano a collaborare tra di loro, sorprendendo e lasciando a noi fedeli consumatori di metallo estremo una serie di opere davvero interessanti.
Gli Hellish God, per esempio, sono la creatura diabolica nata dalle menti di due musicisti della scena nostrana come il chitarrista e bassista Michele Di Ioia (tra gli altri, componente dei Burst Bowel), il batterista Luigi Contenti, il vocalist Tya (ex-Antropofagus, Mindful of Pripyat) ed il bassista Stefano Malgaretti.
The Evil Emanations è il loro secondo lavoro, il primo sulla lunga distanza dopo Impure Spiritual Forces licenziato due anni fa, che si presenta come una mezzora di devastante death metal old school di scuola fine millennio.
Troverete di che farvi torturare dal sound proposto in questo album da un gruppo che non ne vuol sapere di melodie o soluzioni più vicine al trend odierno, ma che scarica dieci tremende bordate senza compromessi di puro male in musica.
Il growl di Tya, assistito dalle tremende urla in scream dei suoi compagni, incontra una serie di sferzate estreme, una tempesta di note dal taglio death che si abbatte sulla Terra, mentre i venti che soffiano dall’inferno portano morte e distruzione, a partire dall’intro Kelim Shattering Illumination alla marzialità della conclusiva e terrificante Marching With The Accuser.
In mezzo c’è un armageddon sonoro che si snoda senza soluzione di continuità, nel suo essere estremo ma perfettamente godibile anche grazie al corto minutaggio, all’ottima produzione che valorizza l’ascolto e ovviamente la buona vena compositiva del gruppo.

Tracklist
1. Kelim Shattering Illumination
2. Qlipoth
3. Anti-Cosmic Decree
4. The Hindering Ones
5. Tagimron Is Summoned
6. Burning the Infidel
7. Choronzonic Hellfire
8. Agitator Shall Be Triumphant!
9. I Am Belial
10. Marching with the Accuser

Line-up
Tya – Vocals
Michele Di Ioia – Guitars, Vocals
Luigi Contenti – Drums, Vocals
Stefano Malgaretti – Bass

HELLISH GOD – Facebook

La Tredicesima Luna – Il sentiero degli Dei

Una bellissima prova, ovviamente di fruizione meno immediata rispetto alle opere prodotte da Brusa con il monicker Medhelan, ma con una profondità anche concettuale che sarebbe un vero peccato non cogliere nella sua interezza.

Proprio qualche giorno fa ho avuto occasione di parlare della riedizione dei due seminali lavori che Mortiis pubblicò ad inizio carriera sotto l’egida della Cold Meat Industry.

Infatti, Ånden som Gjorde Opprør e Keiser av en Dimensjon Ukjent sono considerati unanimemente tra le opere che hanno favorito lo sviluppo della forma di ambient definita dungeon synth, che vede tra i suoi più brillanti esponenti in terra italiana il milanese Matteo Brusa.
Con questo suo nuovo progetto denominato La Tredicesima Luna, Brusa sposta il tiro su una forma di ambient che prende le mosse dai precursori del genere (su tutti Brian Eno, con puntate anche sulla Kosmische Musik degli anni ‘70) ma ammantandola di un’aura oscura che, rispetto alla produzione del genio inglese, rimanda soprattutto a un lavoro come Apollo.
In effetti, il tutto viene anche suffragato da un afflato cosmico che pervade la mezz’ora di musica di cui si compone Il Sentiero degli Dei; i due lunghi brani si rivelano così avvolgenti e senz’altro riusciti nella loro funzione evocatrice di scenari probabilmente solo immaginati dai migliori scrittori di fantascienza o da registi visionari come Kubrick: va detto che il senso di pace e di apparente armonia con l’universo viene contrastato da uno sgomento latente, derivante  dall’incapacità della mente umana di circoscrivere ciò che di fatto è illimitato.
Una bellissima prova, ovviamente di fruizione meno immediata rispetto alle opere prodotte da Brusa con il monicker Medhelan, ma con una profondità anche concettuale che sarebbe un vero peccato non cogliere nella sua interezza.

Tracklist:
1.Parte I – Fuochi sotto le stelle / Tra due mondi
2.Parte II – Energie ancestrali / La luce dorata dell’aurora

Line-up:
Matteo Brusa

LA TREDICESIMA LUNA – Facebook

The Blacktones – The Day We Shut Down The Sun

I The Blackstones tornano con un nuovo album e confermano tutto il bene che si era scritto in passato con questo mastodontico The Day We Shut Down The Sun.

Un paio di anni fa mi presentarono questa band proveniente da Cagliari, un quintetto attivo dal 2011 al debutto con l’album omonimo, roccioso esempio di stoner/hard rock oscuro ed emozionale che, a tratti, veniva attraversato da uno spirito doom che ne faceva un piccolo gioiellino di musica fuori dai soliti schemi.

E’ bastato aspettare il giusto ed ecco che i The Blacktones tornano con un nuovo album e confermano tutto il bene che si era scritto al tempo con questo mastodontico (in tutti i sensi) The Day We Shut Down The Sun.
Qualcosa è inevitabilmente cambiato nel sound del gruppo, che sposta le coordinate verso lo sludge lasciandosi alle spalle la città di Seattle e trasferendosi a New Orleans.
L’album è un viaggio nel quale, ad ogni passo rappresentato dalle carte dei tarocchi, l’uomo perde una delle sue prerogative per arrivare alla fine del percorso ed essere inghiottito dal caos primordiale: tematiche per nulla scontate, dunque, ma anzi dannatamente reali, almeno guardando quello che succede nel mondo ai nostri giorni.
Registrato al V-Studio, mixato da James Pinder al Treehouse Studio e masterizzato da Brad Boatright all’Audiosiege Studio, The Day We Shut Down The Sun è distribuito dall’attivissima Sliptrick Records e ci presenta un macigno doom/sludge metal, con ancora qualche venatura stoner ma intriso di uno stordente rock psichedelico che accompagna questo tragico viaggio a ritroso nella nostra anima.
L’album parte mettendo in evidenza le novità di cui vi abbiamo accennato, The Upside Down e Ghosts sono violenti e rabbiosi brani dove le chitarre sature e la voce colma di rabbia e disperazione portano il sound verso le paludi dove sguazzano Down e Crowbar.
La title track è un capolavoro doom metal così come dovrebbe suonare nel nuovo millennio, dove riemergono in parte gli input che avevano caratterizzato il primo album, mentre Alone Together ha nel break psichedelico il suo valore aggiunto prima di lasciare alle frustate alternative southern metal di I.D.I.O.T.S. il compito di aprirci definitivamente la testa in due.
I The Blackstones sparano le ultime due bombe sludge/alternative metal con Nowhere Man e Broken Dove prima che The Magician e The Fool chiudano un album arrembante e pesantissimo come The Day We Shut Down The Sun, grande prova di questa ottima realtà proveniente da una scena sarda brulicante di talenti.

Tracklist
1.V – The Pope
2.The Upside Down
3.Ghosts
4.IV – The Emperor
5.The Day We Shut Down the Sun
6.Not the End
7.III – The Empress
8.Alone Together
9.I.D.I.O.T.S.
10.II – The Popess
11.Nowhere Man
12.Broken Dove
13.I – The Magician
14.0 – The Fool

Line-up
Aaron Tolu – Voice
Gianni Farci – Bass
Sergio Boi – Guitar
Paolo Mulas – Guitar
Maurizio Mura – Drums

THE BLACKSTONES – Facebook

De La Muerte – Venganza

Immaginate la frontiera messicana di film come El Mariachi o Machete raccontata tramite una colonna sonora che amalgama metal classico, hard rock, groove ed atmosfere tradizionali, suonata ed interpretata da un vocalist eccezionale ed avrete un’idea più o meno esatta di quello che i De La Muerte intendono per musica metal.

Sorprendente e micidiale, un massacro sonoro che ricorda i film di Tarantino e Rodriguez, un concept ispirato al culto messicano della Nuestra Señora de la Santa Muerte ed un metal che passa con disinvoltura da potentissime cavalcate power/heavy metal ad un hard rock contaminato dalla musica tradizionale messicana in un delirio di pallottole che saltano dai caricatori e si infilano nei corpi martoriati, esplodono in cascate di sangue e materia cerebrale per lasciare solo morte.

Signore e signori, siamo nel mondo dei De La Muerte, gruppo romano che con Venganza dà un seguito al primo bellissimo lavoro omonimo licenziato tre anni fa: immaginate la frontiera messicana di film come El Mariachi o Machete raccontata tramite una colonna sonora che amalgama metal classico, hard rock, groove ed atmosfere tradizionali, suonata ed interpretata da un vocalist eccezionale come Gianluca Mastrangelo ed avrete un’idea più o meno esatta di quello che i De La Muerte intendono per musica metal.
Come il primo album, Venganza vive alternando tutte queste sfaccettature risultando un album vario ed assolutamente originale, passando con una facilità sorprendente dal sound “messicano” dell’intro Theme Of Revenge, al metal moderno e rabbioso di De La Muerte e all’hard rock’n’roll di Lady Death e siamo solo al terzo brano.
Registrato, mixato e masterizzato da Simone Mularoni ai Domination Studio, l’album esplode in fuochi d’artificio metallici come in una festa patronale in qualche cittadina sperduta del centro America, l’altalena tra tra generi e sfumature continua imperterrita con Mastrangelo che impazza tra mille tonalità, mentre Gambling In Hell ci ricorda che il deserto ci circonda ed il groove ci prende per mano prima di venire giustiziati con una pallottola piantata nel cranio.
La maideniana The Last Duel, la “metallica” (Black Album style) How Do You feel?, la bellissima cover dei Los Lobos Canción del Mariachi ed il crescendo conclusivo della varia e a suo modo progressiva Scream Of Madness arricchiscono un album travolgente dalla prima all’ultima nota.
Secondo straordinario lavoro di una delle realtà più brillanti della scena metal nazionale, fatevi un favore e non perdetevi Venganza, per una volta i soliti ascolti possono rimanere al loro posto sulla vostra mensola.

Tracklist
01 – Theme of Revenge
02 – De La Muerte
03 – Lady Death
04 – The Last Duel
05 – Gambling in Hell
06 – Heart of Stone
07 – Death Engine
08 – How Do You Feel?
09 – Horizon – De
10 – Canción del Mariachi – Los Lobos Cover
11 – Scream Of Madness – De La Muerte

Line-up
Gianluca Mastrangelo – Vocals
Gianluca Quinto – Guitars
Christian D’Alessandro – guitars
Claudio Michelacci – Bass
Luca Ciccotti – Drums

DE LA MUERTE – Facebook

Bridge Of Diod – Of Sinners And Madman

Dieci brani per quasi cinquanta minuti di metal tripallico, potente diretto e melodico, dalle ritmiche che alternano accelerazioni e potentissimi bombardamenti che non disdegnano quel tocco groove capace di modernizzare la proposta senza scendere a compromessi ma rendendola ancora più massiccia e potente.

Si può suonare heavy/thrash metal old school senza risultare per forza datati o vintage e i Bridge Of Diod ne sono l’esempio con il loro primo album sulla lunga distanza.

Nato ad Acqui Terme sette anni fa, il quartetto ha rilasciato il proprio debutto in formato ep nel 2012 (Creativity in Captivity), per tornare dopo cinque anni sul mercato con questo ottimo lavoro licenziato dalla Sliptrick Records e intitolato Of Sinners And Madman: dieci brani per quasi cinquanta minuti di metal tripallico, potente diretto e melodico, dalle ritmiche che alternano accelerazioni e potentissimi bombardamenti che non disdegnano quel tocco groove capace di modernizzare la proposta senza scendere a compromessi ma rendendola ancora più massiccia e potente.
Il quartetto ci scarica sulla testa una valanga di melodie in un contesto pesante e roccioso come la creatura mitologica raffigurata sulla copertina e che, liberatasi dalle catene, sfoga tutta la sua rabbia sui malcapitati carcerieri.
Thrash ed heavy metal ancora una volta vengono uniti per sfogare grinta e voglia di musica pesante che Stefano Barbero (voce e batteria), Luigi Barbero (chitarra), Davide Leoncino (chitarra) e Sebastiano Riva (basso) valorizzano con un uso perfetto della melodia, con una serie di brani che non scendono dal livello di guardia in quanto a grinta e potenza.
Sua maestà il riff è nobilitato in tracce dall’alto voltaggio come l’opener Story Of A Madman, la semi ballad in crescendo Back From Limbo, la diretta Bullies From Hollywood, la potentissima The Cowboy’s Law, ma è tutto Of Sinners And Madman che funziona e ci regala cinquanta minuti di metallo che sprizza energia da tutti i pori.
Se il ritorno delle sonorità tradizionali nel metal farà parte del trend del futuro prossimo sarà anche grazie alla scena underground e a lavori come questo ottimo debutto dei Bridge Of Diod.

Tracklist
01. Story Of A Madman
02. Drops Of Rain
03. Back From Limbo
04. The Hammer
05. Clown Of The Seasons
06. Bullies From Hollywood
07. Green Fairy
08. Bad Toy
09. The Cowboy’s Law
10. Ignorance

Line-up
Stefano Barbero – Vocals, Drums
Luigi Barbero – Guitars
Davide Leoncino – Guitars
Sebastiano Riva – Bass

BRIDGE OF DIOD – Facebook

Ah Ciliz / Chiral – Origins

Uno split album che merita di finire stabilmente tra gli ascolti di chi ama le forme di black metal più oblique e meno scontate.

Devo ammettere che c’è stato un momento, in passato, in cui ritenevo che gli split album fossero uno spreco di risorse, soprattutto per le band già attive da tempo, ritenendoli eventualmente un mezzo utile per far conoscere realtà emergenti.

La qualità crescente di questo tipo di uscite, la frequente cura immessa nei formati e l’abilità delle label coinvolte nell’abbinare le band, mi ha fatto da diverso tempo ricredere ed è quindi con enorme piacere che mi ritrovo a parlare di questo Origins.
Lo split in oggetto vede all’opera Ah Ciliz e Chiral, due realtà simili per approccio al black metal ma differenti a livello di approdo.
Ah Ciliz è un progetto dell’omonimo musicista di Seattle che ha già alle spalle diversi lavori su lunga distanza di grande spessore, in virtù di una proposta che mette in mostra un black metal atmosferico e dalle naturali venature cascadiane, non solo per il titolo del primo brano. La novità in quest’occasione è la consegna del ruolo di lead vocalist ad un altra persona, nello specifico Boris Iolis, che gli appassionati di doom conoscono quale bassista degli ottimi Marche Funebre.
Il musicista belga si rivela un bel valore aggiunto con il suo buonissimo screaming lasciando al mastermind il solo compito di tessere le proprie trame,  prima incalzanti in Cascadia, poi quasi carezzevoli nello splendido strumentale Moonlight in Night Season e infine melodicamente irresistibile (il lavoro chitarristico nel finale è davvero notevole) in People of The Stars, brano che più di tante parole riesce a descrivere pienamente quali siano le qualità compositive di Ah Ciliz.
Di Chiral abbiamo già parlato diverse volte in passato, trattandosi di un progetto italiano con il quale l’omonimo musicista piacentino sta dimostrando ormai da diversi anni il proprio spessore artistico, confermandolo con questi due brani, il breve ma intenso A Feeble Glare of Autumn ed il lungo (oltre un quarto d’ora di durata) Queen of The Setting Sun, che prende le mosse da un liquido post black per incresparsi con forza nella fase centrale, lasciando che la seconda meta ritorni a quelle atmosfere evocative che sappiamo essere naturalmente nelle corde di questa sempre più convincente realtà.
Ecco spiegato perché questo split album, dietro al quale c’è un’etichetta che propone lavori sempre di grande qualità come la Hypnotic Dirge (qui in collaborazione con la Throats Productions), merita di finire stabilmente tra gli ascolti di chi ama le forme di black metal più oblique e meno scontate.

Tracklist:
Ah Ciliz
1. Cascadia
2. Moonlight in Night Season
3. People of The Stars
Chiral:
4. A Feeble Glare of Autumn
5. Queen of The Setting Sun

Line-up
AH CILIZ
Ah Ciliz – Guitars, Bass, Vocals, Lyrics
Boris Iolis – Lead Vocals

CHIRAL
Chiral – Everything

AH CILIZ – Facebook

CHIRAL – Facebook

Bluestones – Groupie

Grunge, stoner, alternative metal e sferzate hardcore sono le carte giocate dai Bluestones per rendere il loro lavoro il più vario possibile, aggiungendo un tocco di insana psichedelia e poderose frustate noise.

Questo lavoro è dedicato alle muse del rock, insostituibili presenze e prime fans dei gruppi che a queste ancelle della musica del diavolo dedicavano brani od interi album: le groupies, deliziose e procaci ragazze che prima dell’uomo adorano il musicista, un po’ streghe , un po’ angeli, ognuna con la sua storia da raccontare tra bordo, palchi e letti sfatti in stanze di alberghi distrutte in giro per il mondo.
E i Bluestones alle groupies hanno dedicato questo interessante secondo album, che segue di quattro anni Born in a Different Cloud, primo lavoro su lunga distanza rigorosamente autoprodotto.
Il trio proveniente da Reggio Calabria, composto da Roberto Iero (voce e chitarra), Vincenzo Cuzzola (batteria) e Alessandro Romeo (basso), ci fa partecipi di un’opera emozionante, dura e non facile da assimilare in poco tempo, anche per l’ora di durata in tempi in cui sono considerati full lenght album che non superano nemmeno la metà del tempo necessario per lo sviluppo del concept di Groupie.
La musica con cui i Bluestones raccontano il lato rosa ed un po’ malinconico del rock e del suo mondo è un alternative rock dalle mille sfumature, influenzato ed ispirato da generi diversi ma perfettamente maneggiati ed amalgamati tra le note dell’album.
Grunge, stoner, alternative metal e sferzate hardcore sono le carte giocate dai Bluestones per rendere il loro lavoro il più vario possibile, aggiungendo un tocco di insana psichedelia e poderose frustate noise.
Ne esce un album affascinante, una raccolta di brani che attraversano il mondo del rock moderno con una personalità debordante, aiutata da una preparazione tecnica che permette ai tre musicisti di giocare con lo spartito a loro piacimento.
Si passa da canzoni più lineari a lunghe jam, valorizzate da un ottimo songwriting e da una valanga di idee vincenti che ad ogni passaggio appaiono sempre più in evidenza, dallo swing, al rock’n’roll, dal punk a passaggi cadenzati al limite del doom.
Tra le tracce presenti, tutte di livello qualitativamente alto, l’opener Worn-Out Organism, l’hardcore/punk Death By Fire, la psichedelica Mantide ed il bellissimo strumentale C.Mazzone sono i brani che più colpiscono l’ascoltatore che, ad un successivo ascolto, troverà in altre canzoni più di un motivo per innamorarsi di Groupie.

Tracklist
1.Worn-out Organism (To Dance on Fate)
2.Death by Fire
3.Vs (Break the Inertia)
4.My Hurricane
5.Mantide
6.Pre/Scylla (Intro)
7.Scylla
8.Pin-up Groupies
9.C. Mazzone (Instrumental)
10.Slave
11.To Those Who Left Us

Line-up
Roberto Iero – Vocals, Guitars
Vincenzo Cuzzola – Drums
Alessandro Romeo – Bass

BLUESTONES – Facebook

Fall Has Come – Nowhere

I Fall Has Come continuano ad attraversare in lungo ed in largo l’America, senza scendere troppo a sud come nel primo album, ma riuscendo ad imprimere il loro marchio su una track list che avvicenda hard rock melodico a sferzante metallo alternativo valorizzato da melodie dall’appeal vincente.

I campani Fall Has Come tornano dopo due anni dal debutto con un nuovo lavoro e confermano quanto di buono si era scritto all’epoca dell’uscita di Time To Reborn.

La band guidata dal cantante Enrico Bellotta, dopo l’uscita dell’album precedente non è stata certo a guardare e ha girato per lo stivale e oltre confine suonando e calcando palchi, accumulando esperienze e stringendo amicizie: tutto questo è raccontato su Nowhere, nuovo album in uscita per Sliptrick Records e registrato a Napoli nei Black Eight Studio.
Questa sorta di diario in musica ci presenta una band compatta e affiatata, perfettamente in grado di reggere l’importante prova del secondo album senza deludere chi aveva apprezzato il sound proposto sul precedente lavoro.
E la musica non cambia, Bellotta è sempre il bravissimo cantante apprezzato in passato, il songwriting è ancora una volta di alto livello e l’innata propensione a creare melodie vincenti continua a mietere vittime anche su Nowhere.
Si parlava di rock americano, e infatti i Fall Has Come continuano ad attraversare in lungo ed in largo l’America, senza scendere troppo a sud come nel primo album, ma riuscendo ad imprimere il loro marchio su di una track list che avvicenda hard rock melodico a sferzante metallo alternativo valorizzato da melodie dall’appeal vincente.
Una manciata di hit che farebbero sciogliere le radioline nelle stanze dei college statunitensi, qualche accenno al new alternative metal ed atmosfere che si fanno epiche in un paio di canzoni capolavoro come l’opener Believe (che sa tanto di U2) e la stupenda Breathless, fanno di Nowhere un album dalle potenzialità enormi esaltato da un cantante che (senza sminuire il gran lavoro dei suoi compagni) è fuori categoria per il genere, strappando applausi in ogni sfumatura che caratterizza la sua performance.
Nowhere è un album nato per essere suonato dal vivo, una raccolta di brani memorizzabili e che non faranno prigionieri sotto un palco che brucerà come la fiamma del rock al suono delle varie Last Begin, Our Lives e One Minute To Be Alive.

Tracklist
01. Believe
02. Last Begin
03. Our Lives
04. Awaken
05. Carillon
06. Breathless
07. In Everything
08. It’s Over
09. One Minute To Be Alive
10. The Long Way To Run To Be A Human Again

Line-up
Enrico Bellotta – Vocals
Enrico Pasarella – Guitar
Raffaele Giacobbone – Guitar
Salvatore Laurella – Drums
Alberto Laurella – Bass

FALL HAS COME – Facebook

Unmask – One Day Closer

Gli Unmask sanno come amalgamare le varie ispirazioni cercando di apparire il più personali possibile e ci riescono, anche grazie ad un’ottima padronanza degli strumenti ed un songwriting che non scade mai troppo nel cerebrale e non esce dai binari di un ascolto che rimane interessante per tutta l’ora di durata dell’album.

Post rock, post metal, post dark, post progressive, la nuova moda che fa tanto cool è piazzare un bel post davanti ai soliti generi per avere qualcosa di nuovo su cui costruire una descrizione di un album o di una band, dicendo tanto o nulla a seconda dei casi.

Parla come sempre la musica, che viene manipolata dagli artisti a loro piacimento per donarla a chi ha la fortuna di poterla ascoltare.
Gli Unmask per esempio fanno rock progressivo, moderno, intimista e dal taglio alternativo ma pur sempre rock, il loro sound li porta a sedersi vicino a chi, nel nuovo millennio si è arricchito dell’eredità musicale dei Tool e dei Porcupine Tree, l’ha manipolata con il metal e l’ha rivestita di stoffa dark.
Nato a Roma più di dieci anni fa e con un primo lavoro (Sophia Told Me) licenziato nel 2010, il gruppo torna con One Day Closer, un album che sposa le varie sfumature del rock alternativo internazionale del nuovo millennio, di questi tempi non più una sorpresa, ma sicuramente un buon modo per fare rock al giorno d’oggi.
L’album è quindi un tuffo nelle sonorità moderne che hanno reso ancora più elaborato ed intimista il genere, e gli Unmask sanno come amalgamare le varie ispirazioni cercando di apparire il più personali possibile e ci riescono, anche grazie ad un’ottima padronanza degli strumenti ed un songwriting che non scade mai troppo nel cerebrale e non esce dai binari di un ascolto che rimane interessante per tutta l’ora di durata dell’album.
Musica che va comunque assimilata, dandole il tempo necessario per rendere affascinante l’ascolto di brani come Far Away, Childhood e soprattutto la splendida Now (l’unica traccia che porta con sé note progressive tradizionali) e  facendosi spazio in chi si lascerà ipnotizzare dai saliscendi umorali della musica degli Unmask.
Ottimo il singolo Memento, mentre la conclusiva Frammenti, unico brano cantato in italiano, chiude il lavoro e mette la parola fine su un album sentito, emozionale e ben suonato, vario negli umori e nelle sensazioni e con quel tocco passionale tutto Made in Italy.

Tracklist
1.Flowing
2.Far Away
3.Midnight Date
4.Childhood
5. Wanted
6. Now
7. Margot
8. Memento
9. Ancièn Regime
10. Frammenti

Line-up
Ignazio Iuppa – Voicals, Piano and Synth
Claudio Virgini – Guitars
Daniele Scarpaleggia – Bass guitar
Dario Santini – Drums

UNMASK – Facebook