Ribbons Of Euphoria – Ribbons Of Euphoria

Ne esce un sound che nel suo essere stupendamente vintage mantiene un’originalità concettuale altissima

La Satanath Records, conosciuta come label che supporta principalmente sonorità estreme, stupisce tutti con l’esordio omonimo di questa band greca, un quintetto ateniese che propone un clamoroso progressive rock dalle mille sfumature, un involucro di suoni dai più svariati generi, un affresco di musica rock adulta, straordinariamente matura per una band all’esordio, pronta per diventare quantomeno oggetto di culto per gli appassionati del rock progressivo.

Ribbons Of Euphoria pesca dal meglio che le sonorità dei mostri sacri del genere ci hanno regalato, amalgamando in modo stupefacente progressive rock, hard rock, psichedelia e blues creando un’opera che risulta una sorpresa ad ogni nota, ogni passaggio, ogni cambio di atmosfera che la band usa a suo vantaggio per stupire l’ascoltatore.
Cinque brani per quaranta minuti abbondanti di musica a 360°, cinque clamorosi trip dove le allucinazioni sempre più reali non sono incubi, ma incontri ravvicinati con il rock che ha fatto storia.
Lasciate perdere disquisizioni tecniche che lasciano il tempo che trovano, le varie Incidence Of Truth, la suite prog/psichedelica A Jester And The Queen, la stoner/blues The Druids Are Rising (To The Forefront Once More), la purpleliana Smokin’ N’ Spittin’ e l’acida e liquida Mindful Of Dreams emanano profumo di erbe bruciate in un lento rituale psichedelico, dove il progressive di Yes e Gentle Giant, incontra l’hard rock dei Deep Purple, il rock blues dei Cream e l’era psichedelica dei fab four e li potenzia con cascate di groove e ritmiche sabbathiane.
Ne esce un sound che nel suo essere stupendamente vintage mantiene un’originalità concettuale altissima, una serie infinita di jam che si accavallano, una sopra l’altra una più clamorosa dell’altra in un rituale altamente acido, portando al genere una ventata di freschezza di cui ad oggi ha assolutamente bisogno per non risultare obsoleto.
Parlare di sound fresco dopo aver nominato le band di cui sopra può sembrare un’azzardo, beh cercatevi questo gioiellino, ascoltatelo e poi fatemi sapere … un album che è già un cult!

TRACKLIST
01. Incidence Of Truth
02. A Jester And The Queen
03. The Druids Are Rising (To The Forefront Once More)
04. Smokin’ N’ Spittin’
05. Mindful Of Dreams

LINE-UP
Stavros Zouliatis – vocals, percussion
Thanos Karakantas – bass, backing vocals
Nick Poulakis – guitars, backing vocals
Thanasis Strogilis – drums

RIBBONS OF EUPHORIA – Facebook

Lateral Blast – La Luna Nel Pozzo

Un ottimo esempio di musica ariosa e sognante, dove il tempo si ferma per darci modo di farci cullare dalle melodie che il gruppo riesce a creare

Accompagnato da un sontuoso digipack, in linea con i lavori progressivi degli anni settanta (opera del pittore bolognese Vito Giarrizzo), esce il secondo album del gruppo romano Lateral Blast, La Luna nel Pozzo.

L’’esordio I Am Free, datato 2014, ha riscosso molti commenti positivi tra gli addetti ai lavori, mentre il gruppo si è fatto notare per una buona attività live che li ha visti sul palco del Pistoia Blues nel 2014.
Elegante progressive rock cantato in lingua madre, La Luna Nel Pozzo è un’opera che riprende gli stilemi della tradizione settantiana, specialmente quella nazionale, aggiungendo bellissime ed affascinanti atmosfere folk , senza dimenticare gli inarrivabili maestri internazionali di uno dei generi più conservatori della storia del rock.
La band non si perde in suite estenuanti, i brani si susseguono mai troppo prolissi come da trend delle nuove leve del prog, e questo è un bene, perché l’album scorre piacevolmente anche per chi non è abituato al genere.
Si respira l’aria rarefatta di una mattina ai piedi di un castello e l’impronta folk è molto importante nel sound del gruppo: il flauto di Rosa Zumpano, molto brava anche al microfono con il suo tono ruvido ed emozionale, dona alle canzoni una magia senza tempo, richiamando non poco la musica di Angelo Branduardi, assistita dalla chitarra elettrica, raffinata e mai invadente, di Leonardo Angelucci e soprattutto dalle tastiere di Alessandro Ippoliti.
E’ un progressive rock d’autore quello suonato dai Lateral Blast, poetico, forse poco irruento per i canoni attuali, ma colmo di sfumature da assaporare con gli ascolti; vario nell’uso della doppia voce e perfetto nell’alternare strumenti acustici, momenti ritmici cangianti che sconfinano dalle linee guida del genere e magnifiche atmosfere rese sognanti dalla coppia flauto/tastiere.
Tra i brani spiccano il singolo Io Voglio Volare, l’energica Troubadour e Suite per Lei, riassunto compositivo del credo musicale della band romana.
Siamo nel progressive classico, ma con una forte influenza folk che aleggia su tutta l’opera: un ottimo esempio di musica ariosa e sognante, dove il tempo si ferma per darci modo di farci cullare dalle melodie che il gruppo riesce a creare, lasciandosi alle spalle inutili esibizioni tecniche e puntando tutto sulle emozioni.
Siamo vicini, a mio parere, al sound degli storici Il Castello Di Atlante, rispetto ai quali i Lateral Blast appaiono molto meno sinfonici ma perfettamente a loro agio nell’amalgamare sonorità progressive a reminiscenze prettamente folk.

TRACKLIST
01 Intro
02 L’Ululato
03 Come Nuvole
04 Troubadour
05 Le Urla Dei Bambini
06 Io Voglio Volare
07 Silenzio
08 Hellesylt
09 Il Morto Felice
10 Suite Per Lei
11 Scheletro feat. Daniele Coccia
12 La Luna Nel Pozzo

LINE-UP
Leonardo Angelucci – Voce, Chitarra Elettrica
Rosa Zumpano – Voce, Flauto Traverso
Antonello D’Angeli – Voce, Chitarra Acustica
Matteo Troiani – Basso
Tommaso Guerrieri – Batteria, Percussioni
Alessandro Ippoliti – Tastiere, Keytar

LATERAL BLAST – Facebook

Gandalf’s Owl – Winterfell

Decisamente apprezzabile questo esperimento, proprio perché Gandolfo Ferro, rivolgendosi ad una fascia di ascoltatori sostanzialmente diversa da quella degli Heimdall, si mette coraggiosamente a nudo rinunciando alle sue più riconosciute peculiarità,

In ambito metal, i musicisti provenienti dal power o dall’heavy metal più classico non sono certo noti per le loro propensioni sperimentali, che spesso si ritrovano maggiormente nei colleghi dediti ai generi più estremi.

Sorprende piacevolmente, quindi, ritrovare Gandolfo Ferro, vocalist degli Heimdall nel loro ultimo lavoro Eneid, alle prese con un ep di musica strumentale di matrice dark ambient.
Parafrasando il nome di battesimo del musicista siciliano, Gandalf’s Owl è un progetto che si mette in luce presentando un quarto d’ora di musica davvero interessante e per nulla tediosa; l’impressione è che Ferro, con questo primo assaggio, intenda esplorare varie sfaccettature della musica ambient, quasi a voler trovare una direzione ideale in occasione di un possibile lavoro su lunga distanza.
Così, ci imbattiamo nell’accattivante e ritmata The Wall, pervasa da pulsioni elettroniche che ritroviamo in maniera più soffusa anche in Winterfell, il brano a mio avviso meglio riuscito del trittico, in virtù anche del prezioso lavoro chitarristico offerto da Gaetano Fontanazza. Chiude questo quarto d’ora di pregevole fattura una White Arbour (…The North Remembers) che, tra passaggi recitati ed campionamenti a sfondo naturalistico, fa approdare l’ascoltatore in un più avvolgente e confortevole sound ambient dai tratti evocativi e paesaggistici.
Decisamente apprezzabile, in definitiva, questo esperimento, proprio perché Gandolfo Ferro, rivolgendosi ad una fascia di ascoltatori sostanzialmente diversa da quella degli Heimdall, si mette coraggiosamente a nudo rinunciando alle sue più riconosciute peculiarità, dimostrandosi raffinato compositore a 360 gradi. Restiamo quindi in curiosa attesa del prossimo volo del gufo di Gandalf …

Tracklist:
1. The Wall
2. Winterfell
3. White Arbour (…The North Remembers)

Line-up:
Gandolfo Ferro: all instruments

Guitar ambient on “Winterfell” by Gaetano Fontanazza

GANDALF’S OWL – Facebook

Teodasia – Reloaded

La musica dei Teodasia prende davvero il volo, lasciando sentieri già tracciati da una miriade di gruppi e cercando una propria strada fatta di rock/prog/metal sinfonico e squisitamente raffinato.

I Teodasia sono una band veneta in attività da una decina d’anni, con un full length (Upwards del 2012) ed un paio di ep alle spalle, ed il loro symphonic metal dai rimandi gotici vedeva nella singer Priscilla Fiazza uno dei suoi punti di forza.

Ora cambia tutto e dietro al microfono troviamo una dei talenti vocali dello stivale, Giacomo Voli, singer di cui Iyezine vi ha parlato in occasione del suo disco solista uscito lo scorso anno, ed un nuovo chitarrista nella persona di Al Melinato che rimpiazza il pur bravo Fabio Compagno.
Rivoluzione o ricambio naturale che sia, fatto sta che il gruppo, ora un quartetto completato dai superstiti Nicola Falsone al basso e Francesco Gozzo alle pelli, presenta i nuovi arrivati con questo nuovo lavoro, una raccolta di brani già editi e rifatti per l’occasione, più tre canzoni nuove di zecca.
Inutile raccontarvi della bravura del nuovo singer, un altro enorme talento nato nelle nostre bistrattate terre quando si parla di musica metal, specialmente dai fans sempre pronti a rincorrere le band straniere perdendosi gioiellini come questo Reloaded.
La musica del gruppo perde completamente la componente gotica per acquistare molta più energia hard & heavy, i vecchi brani, già belli nella stesura originale, ma rifatti su misura per il nuovo singer, si vestono di metal sontuoso, melodico, a tratti epico, elegante ed estremamente coinvolgente.
Voli regala emozioni a profusione, teatrale quando il sound lo richiede (spettacolare su Lost Words of Forgiveness), inarivabile quando la sua ugola spazia sulle scale sinfoniche prodotte dai suoi compari che non mancano di impreziosire la propria musica di tagli progressivi di altissima qualità.
La musica dei Teodasia prende davvero il volo, lasciando sentieri già tracciati da una miriade di gruppi e cercando una propria strada fatta di rock/prog/metal sinfonico e squisitamente raffinato.
Questo lavoro funge da anticipazione per il nuovo Metamorphosis, in uscita in autunno, drizzate le orecchie perché qualcosa mi dice che saranno meraviglie sonore.

TRACKLIST
1. Broken
2. Rise
3. Temptress
4. Hollow Earth
5. Revelations
6. Lost Words of Forgiveness
7. Ghosts
8. Land of Memories, pt. 1
9. Land of Memories, pt. 2
10. Reloaded

LINE-UP
Francesco Gozzo – Drums
Nicola Falsone – Bass
Alberto Melinato – Guitars
Giacomo Voli – Vocals

TEODASIA – Facebook

Bells Of Ramon – Jamie Lee

I Bells Of Ramon rialsciano un sette raffinato, ben suonato e ben prodotto che lascia ben sperare per il futuro disco.

Dopo un po’ di attesa e vari concerti positivi, ecco uscire il 7″ che precede il debutto dei Bells Of Ramon previsto per l’autunno del 2016.

I Bells Of Ramon sono un gruppo genovese che suona uno stoner molto influenzato dall’hard rock, ma anche viceversa va bene, ovvero hard rock influenzato dallo stoner. Il loro suono è composto molto attentamente e nulla viene lasciato al caso. Il primo pezzo, Jamie Lee, ha un incedere elegante e sinuoso, con un suono molto stelle e strisce, riuscendo ad essere originale e particolare anche in un ambito dove non è facile. Ascoltando questi due pezzi si può sentire anche un forte sapore di grunge, perché a noi di una certa età è rimasto in testa, e non c’è nulla da fare. I Bells Of Ramon rilasciano un sette raffinato, ben suonato e ben prodotto che lascia sperare il meglio per il futuro disco.

TRACKLIST
Side A – Jamie Lee
Side B – Smoke Stung

LINE-UP
Luca Baldini- Voice, Guitar
Fabio Leonelli – Guitar
Sandro Carraro – Bass
Martino Sarolli – Drums

BELLS OF RAMON – Facebook

Bioscrape – Psychologram

Se amate i suoni metallici moderni e le sonorità core non perdetevi questo lavoro, i Bioscrape hanno armi affilate per farvi male.

Un disco che trasuda groove ed una insana carica hardcore, una pesante incudine che ingloba nella propria musica sfumature industriali, metal moderno ed un impatto core oscuro e devastante.

Questo in sintesi è Psychologram, secondo lavoro sulla lunga distanza dei Bioscrape, band italiana che costruisce un muro sonoro assolutamente indistruttibile.
Il successore di Exp.01, debutto licenziato nel 2012, conferma l’assoluta caparbietà del gruppo nel confezionare un prodotto estremo che si mantiene su coordinate metalcore, ma non risparmia all’ascoltatore bordate metalliche colme di groove, sfuriate al limite del thrash moderno ed una chiara ispirazione hardcore, racchiuso in un concept che richiama un futuro di distruzione in clima sci-fi.
E’ un’aggressione senza soluzione di continuità, con il growl rabbioso che passa da tonalità profonde care al death, ad urla in hardcore style, le ritmiche sanguinano groove, le chitarre taglienti sono cavi elettrici che balzano tra pozzanghere sporche di acqua putrida, mentre il grigio è il colore del mondo in cui si muove Psychologram.
Tecnicamente ineccepibili e con l’aiuto di Wahoomi Corvi che ha prodotto e mixato l’album ai Realsound Studio di Parma, i Bioscrape creano un album maturo e bilanciato tra i vari generi di cui si nutre, i brani che si mantengono monolitici, hanno in loro varie sfumature che li rende unici e che va dal thrash (Primordial Judge), alle variazioni ritmiche di Aliena, al metallo moderno di Cyber Hope, per non mancare di farci ascoltare elementi riconducibili al progressive death con Echo Silent, piccolo gioiello che risulta il miglior brano del lotto.
L’elemento core è chiaramente quello più distinguibile, ma viene manipolato dal gruppo con ottima conoscenza della materia ed un impatto e compattezza che sono i punti forti dei Bioscrape ed in generale di tutte le band alle prese con il genere.
Psychologram non mancherà di soddisfare i fans del gruppo, ma se amate i suoni metallici moderni e le sonorità core non perdetevi questo lavoro, i Bioscrape hanno armi affilate per farvi male.

TRACKLIST
01 – Primordial Judge
02 – Mechanical Providence
03 – Aliena
04 – Bioscrape
05 – Killer Collision
06 – Cyber Hope
07 – Astro Noise
08 – Echo Silent
09 – Vega Cospiration
10 – Psychologram

LINE-UP
V. – drums
J. – vocals
S. – guitar
P. – bass

BIOSCRAPE – Facebook

Nerodia – Vanity Unfair

Il lavoro suona praticamente perfetto in tutti i suoi aspetti, un album estremo che potrebbe trovare ammiratori anche tra gli amanti del metal più classico per via di grandi intuizioni melodiche.

Tornano come una tromba d’aria che, vorticando, finisce il lavoro di distruzione sulle macerie lasciate al primo fatale passaggio, lasciando solo il caos prodotto dalla sua inesauribile furia.

Loro sono i Nerodia, quartetto romano che rilascia questo devastante secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo il primo full length Heretic Manifesto e Prelude To Misery, ep uscito tre anni fa e che avevamo già elogiato su queste pagine.
Vanity Unfair è stato affidato per il mix ed il mastering a Stefano Morabito in quel dei 16th Cellar Studio e vede come ospite Massimiliano Pagliuso dei Novembre, alle prese con un solo nella belligerante ed oltremodo scandinava The Black Line.
I nostri quattro thrash/blacksters, senza farci respirare, ci immergono nel loro mare di note estreme sempre in bilico tra il black metal scandinavo ed il thrash old school di matrice tedesca.
E’ un mare nero, dove vivono entità che nell’ombra, voraci, che attaccano senza pietà pregne di umori black’n roll ed insana attitudine evil con questo nuovo lavoro, ancora una volta valorizzato dalla tecnica sopraffina dei musicisti, tra cui spicca l’enorme piovra famelica che di nome fa David Folchitto.
I riff si susseguono, veloci e taglienti come zanne di squali tigre convincendo ancora una volta sulla perizia dei due axeman (Giulio Serpico Marini, Marco Montagna), mentre il basso di Ivan Contini segue lo tsunami di colpi inferti dal suo collega ritmico.
Brani che non scendono sotto l’atmosfera di esaltazione che dalle prime note della title track cala sull’ascoltatore, stordito dal mix letale di Darkthrone, Dissection, Kreator ed impulsi motorheadiani che brani come Pussywitch 666, Anti-Human Propaganda, Chains of Misery e No Crown For The Dead non fanno che confermare.
Siamo a livelli molto alti, la band romana non ha punti deboli, ed il lavoro suona praticamente perfetto in tutti i suoi aspetti, un album estremo che potrebbe trovare ammiratori anche tra gli amanti del metal più classico per via di intuizioni melodiche sopra le righe. Un acquisto obbligato.

TRACKLIST
01 Necromorphine Awakening
02 Vanity Unfair
03 The Black Line
04 Souldead
05 Pussywitch 666
06 No Crown for the Dead
07 Anti-Human Propaganda
08 Chains of Misery
09 Celebration of the Weak
10 Usque Ad Finem
11 Channeling the Dark Sound of Cosmos

LINE-UP
Giulio Serpico Marini – Vocals, Guitars
Marco Montagna – Guitars, B.Vocals
Ivan Contini – Bass
David Folchitto – Drums

NERODIA – Facebook

Earthset – In a State of Altered Unconsciousness

Un meraviglioso e inaspettato trattato della musica contemporanea, bolognese innanzi tutto e italiana infine.

Master Of Reality, dal primo istante non ci si confonde, soprattutto dal vero grigio che non solo dalla copertina trapela.

E’ una risolvibile equazione algebrica che spiega per lo più come affrontare un periodo dimesso, in cui nessuno più ha apparente interesse. Ottimo mixaggio, suoni curati e melodie coinvolgenti e non banali, che tra un onda e l’altra ricordano agli appassionati del genere post(-post) grunge i My Vitriol e i Biffy Cliro: The Absence Theory ne è un esempio, uno su 11, numero perfetto per concentrarsi sul singolo ascolto di ogni traccia. Le ballate Epiphany e Ouverture si traducono in veri e propri viaggi sonori che Valeria Ferro di Onda Rock riesce perfettamente a definire : (…)un disco lineare e flessibile, capace di scorrere fino al suo epilogo come un vertiginoso continuum.. Siamo infatti alla sincope iniziale di So What che dà quindi una spinta a rimbalzarci tra le pareti dei nostri stessi pensieri. E funziona!: chitarre sguainate si aprono e l’aria si rende anche più densa ed esotica con la seguente Skizofonia, ovvero 6 minuti circa di strumentali, con giusti tempi tra crescendo e spamnung . Gone ne è l’eco che si trasmuta in un ‘altra forma (e colore ) ancora; siamo tutti presi e contenti di vedere come anche questo grigiore sappia creare i suoi spazi di euforia pura!!
Astray è ancora un gioiellino che non perde il suo carattere (modalità vagamente Pearl Jam) visto che per un primo ascolto, ad un certo punto, le ultime tracce potrebbero diventare di difficile assimilazione. La tenerezza della dissonanza allo stato puro crea le necessarie vertigini e le chitarre ancora una volta ci suggeriscono la fatica . E’ una discesa/ascesa che fa felici tutti, fanatici o meno del genere, e il taglio o accento buckleyano forse rende tutto più dolce, almeno dall’aspetto con cui Circle Sea chiude un meraviglioso e inaspettato trattato della musica contemporanea, bolognese innanzi tutto e italiana infine. In attesa del prossimo Ep, già in lavorazione, intanto gustiamoci questo, impreziosito dall’artwork di Mauro Belfiore.

TRACKLIST
1.Ouverture
2.Drop
3.The Absence Theory
4.rEvolution of the Species
5.Epiphany
6.So What?!
7.Skizofonìa
8.Gone
9.A.S.T.R.A.Y.
10.Lovecraft
11.Circle Sea

LINE-UP
Luigi Varanese: basso, coro
Costantino Mazzoccoli : chitarra, coro
Emanuele Orsini: batteria
Ezio Romano: chitarra, voce

EARTHSET – Facebook

A Silent Noise – ZeitMaschine / The Wake

Nuovo singolo, che funge da apripista per il prossimo album, per i A Silent Noise, realtà nostrana che fonde con eleganza new wave ottantiana, musica elettronica di ispirazione tedesca e colonne sonore sci-fi.

La band nasce per volere del tastierista e cantante Libero Volpe, ideata come solo project, poi trasformata in una band a tutti gli effetti con l’entrata in pianta stabile di Lorenzo Ceccarelli al basso e Stefano Esposito alla chitarra.
Il primo lavoro del gruppo, intitolato Kaleidoscope, esce nel 2014 e permette alla band di iniziare un’intensa attività live, mentre a marzo di quest’anno è il video di ZeitMaschine, girato come un cortometraggio, che irrompe sui canali di competenza, con la musica del gruppo diventa la suggestiva colonna sonora per le immagini che scorrono sul video.
La firma con Agoge porta la band al singolo in questione, formato dal brano che dà il titolo al video con in più la bellissima The Wake.
Musica onirica che richiama la new wave più matura, basi elettroniche di suggestivo kraut rock in una struttura di liquido incedere dalle reminiscenze sci-fi, la proposta del terzetto si muove misteriosa e dark su queste coordinate, lasciando intravedere una maturità artistica sorprendente.
La moltitudine di ispirazioni dalle quali la band attinge lascia spazio al talento compositivo che in questi due brani viene espresso galleggiando mellifluo tra i generi di cui si compone il sound, tra una ZeitMaschine, che ricorda un trip alla Odissea nello Spazio ed una The Wake, semplicemente straordinaria nel richiamare diverse realtà oscure del periodo ottantiano (Ultravox, Joy Division e Tangerine Dream).
In sintesi, due brani che esprimono appieno il valore artistico degli A Silent Noise, andando a creare una certa aspettativa per il prossimo album.

TRACKLIST
Side A: ZeitMaschine
Side B: The Wake

LINE-UP
Libero Volpe – voice, synthesizers, bass/baritone guitar
Lorenzo Ceccarelli – Bass guitar
Stefano Esposito – Guitars

A SILENT NOISE – Facebook

Game Zero – Rise

Potenza e melodia, una miscela esplosiva che non difetta in questa prima prova dei Game Zero

Con qualche mese di ritardo sull’uscita vi presentiamo l’esordio di questa ottima band nostrana, i Game Zero, frutto dell’incontro tra il chitarrista/cantante Mark Wright e Alexincubus, ex ascia dei Theatres Des Vampires, in seguito raggiunti da Dave J alle pelli (ex Dragonhammer) e Domino al basso.

Le prime cinque canzoni create vanno a comporre un demo con cui il gruppo guadagna l’interesse di Gianmarco Bellumori e della sua label Agoge records, con cui registrano Rise, un ottimo lavoro costruito su riff granitici ed una miscela a dir poco esplosiva di hard rock ed heavy metal.
Potenza e melodia, una miscela esplosiva che non difetta in questa prima prova del quartetto, bravo nel costruire su una base fortemente metallica un sound dall’ottimo appeal senza rinunciare a graffiare il giusto per piacere un po a tutti.
Chorus di scuola hard rock si alternano ad un bombardamento heavy, ritmiche che non disdegnano groove di scuola moderna vanno a braccetto con sfumature metal classiche, così da mettere d’accordo tanto gli amanti dei suoni moderni, tanto quelli più orientati alle atmosfere classiche.
L’apertura del disco è col botto, il riff potente ed irresistibile dell’opener The City With No Ends ci dà il benvenuto nel mondo metal rock dei Game Zero, sissata da It’s Over e da Now, irresistibile brano di hard rock moderno devastato da ritmiche che sanguinano groove.
Si viaggia spediti in Rise, i brani si succedono uno più sfrontato dell’altro con una cura maniacale per i ritornelli, perfettamente incastonati nelle trame dei brani e punto di forza dell’album.
Tra i solchi si respira aria di hard rock moderno, poi il respiro si fa più pesante quando la sei corde spara solos metallici o qualche accenno allo street metal tramuta il sound in pura adrenalina rock.
Don’t Follow Me e Unbreakable alzano una temperatura che si fa insopportabile sotto il bombardamento a tappeto a cui veniamo sottoposti, e si giunge alla conclusione con la voglia matta di schiacciare ancora il tasto play e farsi travolgere dalla musica dei Game Zero.
Che dire, se non scusate per il ritardo e complimenti al gruppo e all’etichetta per l’ottimo lavoroe.

TRACKLIST
1.The city with no ends
2.It’s over
3.Now
4.Fallen
5.Don’t follow me
6.Time is broken (rise)
7.Lions and lambs
8.Purple
9.In your shoes
10.Unbreakable
11.Look at you
12.Escape

LINE-UP
Mark Wright – Vocals, Rhythm Guitars
AlexIncubus – Lead Guitars
Domino – Bass Guitars
Dave J – Drums

GAME ZERO – Facebook

Nulla+ – Stornelli Distopici

Disco ben sopra la media del genere, cantato in un italiano crudo, per un’ottima prova.

Furia grind hardcore minimalista per questo duo di Perugia.

A bene sentire la loro musica è solo ad un primo esame minimale, poiché sotto linee essenziali vi sono molte cose. Il titolo è quanto ami appropriato, poiché si tratta di moderni stornelli che trattano di un futuro che il Nulla+ chiamano distopico mentre noi lo chiamiamo presente. Non troverete messaggi consolatori o momenti edificanti, ma solo la fredda cronaca, e già questa basta. Il grindcore è uno dei migliori linguaggi musicali e non per raccontare il disagio, la rabbia e l’assoluta bassezza della vita umana, ed in questo i Nulla+ sono molto bravi e potenti. Questo è il suono delle nostre vite, la dissonanza di dover avanzare in questi nulla personali ripieni di tecnologia e falsi piaceri. I Nulla+ bilanciano molto bene le parti violente con quel maggiormente melodiche, momenti strumentali e cascata di parole su suoni taglienti. Il duo perugino ci consegna un debutto molto buono, velocemente feroce, con grande inventiva e momenti di vero grind, inteso come critica nichilistica dell’impotenza umana. Come detto sopra, non c’è consolazione ma una sana esortazione ad una presa di coscienza che è utile per tutti. Disco ben sopra la media del genere, cantato in un italiano crudo, per un’ottima prova.

TRACKLIST
1. Antidolorifico
2. L’unica certezza della vita
3. Negli Occhi
4. Mammona
5. Da Nuvola a Nuvola
6. Il vostro senso di inferiorità non è sinonimo di disparità
7. Loro ti possono uccidere
8. Un Uomo
9. Una Donna
10. Capire e Valutare
11. In ospedale per l’eternità

LINE-UP
Paolo L.
Riccardo M.

NULLA+ – Facebook

Acheronte – Ancient Furies

In ossequio al titolo, molta furia che meriterebbe d’essere un po’ meglio canalizzata visto che, quando rallentano leggermente il passo, gli Acheronte mostrano un volto migliore rispetto a quando si esibiscono in sfuriate parossistiche.

Dopo una serie di uscite dal minutaggio, ridotto i blacksters marchigiani Acheronte arrivano al full length d’esordio.

Il monicker scelto e le tematiche connesse al lavoro , che vede ciascun brano dedicato a storici e sanguinari condottieri quali, tra gli altri, Alessandro Magno, Vlad Tepes ed Attila, istintivamente farebbero pensare ad una band dedita al lato più epico del genere.
In realtà tale aspetto nel black degli Acheronte è presente in maniera piuttosto sfumata, a favore di un approccio canonico ma privo di elementi peculiari, mettendo in luce più l’attitudine e la convinzione con cui la materia viene trattata che non la presenza di spunti capaci di rendere appetibile il lavoro rispetto ad un’affollata concorrenza.
Ancient Furies mette in mostra un’interpretazione onesta e sincera, devota in tutto e per tutto ai dettami primordiali del genere ma, a tratti, piuttosto ripetitiva e, a mio avviso, a forte rischio di accantonamento a meno che, chi si avvicina all’ascolto, non sia un accanito sostenitore a prescindere di tutto il black metal prodotto sul suolo nazionale.
In ossequio al titolo, quindi, molta furia che meriterebbe d’essere un po’ meglio canalizzata visto che, quando rallentano leggermente il passo, gli Acheronte mostrano un volto migliore rispetto a quando si esibiscono in sfuriate parossistiche poco valorizzate, peraltro, da una resa sonora un po’ caotica.
Ne consegue che, alla prima prova su lunga distanza, gli Acheronte si guadagnano senz’altro la sufficienza ma, oltre ad auspicarne l’ approdo ad una maggiore varietà compositiva, mi piacerebbe che in futuro privilegiassero di più quelle parvenze melodiche capaci di rendere, per esempio, Destroyer for the Glory (Alexander the Great), un brano di buona levatura ed un’ottima base da cui ripartire.

Tracklist:
1. Addicted to War (Assurnasirpal II)
2. Destroyer for the Glory (Alexander the Great)
3. Ancient Persecutor of Christianity (Diocletian)
4. Flagellum Dei (Atilla)
5. The Lame One (Timur Barlas)
6. The Lord Impaler (Vlad III)
7. Bloods for the Gods (Ahuitzotl)

Line-up:
Phobos – Guitars, Vocals (backinng)
Lord Baal – Vocals
A. T. La Morte – Bass
Bestia – Drums

ACHERONTE – Facebook

Virgo – Virgo

Travolti dalla musica dei Virgo veniamo trasportati dal loro personale modo di intendere lo stoner rock, che non lascia punti di riferimento ed è valorizzato dall’estro compositivo e dalla maturità artistica dei suoi componenti.

I Virgo son un quintetto di musicisti vicentini alle prese con un rock di matrice stoner cantato in italiano, dal forte impatto ed assolutamente oltre ai suoni desertici del genere come va di moda in questo periodo.

Il gruppo formato nel 2012 è al secondo lavoro, traguardo raggiunto dopo il primo album autoprodotto (L’appuntamento) ed un’intensa attività live, esperienze che ha trasformato il gruppo in un compatto monolite di suoni rock pesanti ed oscuri, valorizzati da testi introspettivi e mai banali ed una propensione per un mood progressivo che appunto allontana il sound da facili accostamenti con le solite band di genere.
Sfuriate elettriche ed atmosfere di tragica drammaticità interiore si alternano nel sound di cui sono composti questo dodici brani, rabbiosi e complessi che hanno bisogno di più ascolti per essere assimilati, ma che non nascondono un’ indubbia capacità della band di strutture musicali ed armoniche mai banali.
E’ la benedizione/maledizione dei gruppi nostrani, maestri nel coniugare al rock di respiro internazionale testi maturi ed un’ottima propensione per linee melodiche mai banali, qui valorizzate dall’ottima performance del cantante Daniele Perrino, ma quantomeno difficili da assimilare per i frettolosi ascoltatori odierni.
Come detto viene davvero difficile fare paragoni con altre realtà, magari più conosciute, proprio perché i Virgo interpretano il genere con una personalità unica, creando vortici di rock pesante e stonerizzato sottolineato da una serie di canzoni travolgenti come l’opener Danza Di Corteggiamento, Selene, Visione Intima e Trasparenze.
Travolti dalla musica dei Virgo veniamo trasportati dal loro personale modo di intendere lo stoner rock, che non lascia punti di riferimento ed è valorizzato dall’estro compositivo e dalla maturità artistica dei suoi componenti.

TRACKLIST
1. Danza di corteggiamento
2. Vergine livrea
3. Selene
4. Coco
5. Aspirare
6. E’ uno di quei giorni
7. Nel fondo della segreta ossessione
8. Pensieri infetti
9. L’astinenza
10. Bianca ombra
11. Visione intima (tutto di lei)
12. Trasparenze

LINE-UP
Daniele Perrino-Voce
Michele Prontera-Chitarra
Luca Del Lago-Chitarra
Luca Bastianello-Chitarra
Carlo Bucci-Chitarra

VIRG – Facebook

Element Of Chaos – A New Dawn

Gli Element Of Chaos meritano l’attenzione di chi non ha paura di attraversare i confini tracciati nella vasta cartina del metal moderno

Fortunatamente il mondo del metal è più vario e colmo di sorprese di quello che molti sostengono, gli amanti della musica dura possono contare per i loro ascolti di una moltitudine di generi e sottogeneri, molte volte ben delineati tra loro, ma spesso come in questo caso amalgamati per formare un quadro di musica fresca e sorprendentemente matura.

Ovviamente anche i romani Element Of Chaos non inventano nulla che non sia già stato scritto a suo tempo, semplicemente con sagacia rielaborano in un unico spartito spunti provenienti da mondi diversi di intendere il metal.
Armati di un’ottima tecnica la band romana scarica dodici bordate di moderno metal dagli spunti progressivi, irrobustendolo con ritmiche dal micidiale groove, una forte base elettronica e l’immancabile impronta deathcore, data non solo dalle ritmiche a tratti marziali, ma dall’uso delle due voci, un robusto growl ed ottime cleans.
Nato ormai quasi dieci anni fa, il sestetto laziale esordì con il primo album autoprodotto tre anni fa dal titolo Utopia; la firma per la label Agoge records e l’aiuto del produttore Gianmarco Bellumori, hanno portato la band a questo A New Dawn, un album che al primo passaggio nel vostro lettore vi sembrerà un labirinto di suoni metallici in cui perdersi, ma pian piano la chiave del sound nascosta tra le fughe di synth, i passaggi atmosferici, la furia del deathcore ed il forte mood progressivo, aprirà la porta che vi condurrà nel mondo degli Element Of Chaos.
La melodia si scontra con l’aggressività, in tutti i vari capitoli che compongono il lavoro, la quiete di questa tempesta di suoni viene rivestita di passaggi progressivi che dimostrano la maturità artistica del combo romano, mentre veniamo travolti dal mood apocalittico di songs come l’opener The Second Dawn Of Hiroshima, Nothing But Death, e la splendida conclusione affidata al tragico intimismo di Sons Of The Atom.
Difficile trovare delle similitudini con altre realtà, la spiegazione più logica rimane confinata ai generi più che ad una band in particolare, anche se la genialità di Devin Townsend per esempio fa capolino più concettualmente che musicalmente.
Gli Element Of Chaos meritano l’attenzione di chi non ha paura di attraversare i confini tracciati nella vasta cartina del metal moderno: difficile fare previsione sulla strada che prenderà il sound del gruppo, per accontentiamoci dall’ottimo lavoro svolto su questo A New Dawn.

TRACKLIST
01. The Second Dawn Of Hiroshima
02. Idiots Lose Control
03. Just A Ride
04. Nothing But Death
05. Mutant Circus Manifesto
06. Coming Home
07. The Harmony Concept
08. Epiphany
09. A New Dawn
10. Sons Of The Atom
11. Epiphany (Paternoise Remix)
12. The Butterfly Effect (Remastered

LINE-UP
Andrea Audino (Dandy) – voce
Danele Spigola (Echo) – chitarra
Bruno Colucci (Vice) – chitarra)
Luca Prata (Ulga) – basso
Daniel Mastrovito (Shag) – tastiere
Claudio Finelli (Wonder Boy) – batteria

ELEMENT OF CHAOS – Facebook

Slowmother – Chemical Blues

Un album rock maturo che convince, anche se i brani in cui è il blues a dominare li ho trovati superiori

Vive di più anime la musica dei milanesi Slowmother, al primo full length dopo l’ep di debutto uscito lo scorso anno e recensito su queste pagine.

Le quattro canzioni che andavano a comporre il debutto omonimo sono inserite anche in questo nuovo lavoro, che conferma l’originalità della musica del trio, un rock blues che non disdegna puntate nella new wave e nel post punk di matrice ottantiana.
Generi così diversi, eppure sapientemente assemblati nel sound del gruppo lombardo in questo Chemical Blues, con un sound impostato su chitarre a tratti ruvide e vicino all’alternative, ritmiche ed atmosfere che ricordano non poco le note plumbee della darkwave, lasciando che l’influenza sporca del blues rock riempa di suoni roots gran parte del disco.
Il terzetto milanese, composto da Alessio Slowmother (voce, chitarra), Grace alle pelli e Pietro The Butcher al basso, ed aiutato dai suoni tastieristici e dal lavoro in fase di produzione di Larsen Premoli, costruisce un album di musica blues e rock’n’roll per le anime della notte che si muovono tra una Londra grigia, in un’altalena di suoni che travolgono e ci confondono raggiungendo l’apice in quei pochi ma devastanti salti nella psichedelia.
Puntano al sodo e ci regalano musica rock in your face gli Slowmother, da Liar alla title track mettono sul piatto il loro sound caratteristico, per poi concedere qualche piccola jam nei brani dove i loro strumenti liberano sfumature blues psichedeliche.
Chemical Blues è un album a cui l’appellativo alternativo calza a pennello, non concedendo all’ascoltatore una facile via da seguire svoltando ad ogni crocicchio per prendere sempre strade diverse e mai convenzionali, tra tutte le atmosfere descritte e nel mezzo di una raccolta di brani che non conosce cedimenti qualitativi o forzata ripetitività.
Un album rock maturo che convince, anche se i brani in cui è il blues a dominare li ho trovati superiori (su tutti, 20 Years): un dettaglio, rimane la sensazione di essere al cospetto di un gruppo con tante cose da dire e dalle ottime potenzialità.

TRACKLIST
1. Liar
2. Chemical Blues
3. Drugs
4. Mr. Whoo Hoo Yeah
5. Lipstick
6. The City Of Taste
7. Queen
8. Outlaw
9. My Grave
10. 20 Years
11. Too Late Jesus

LINE-UP
Alessio Slowmother – guitar, voice
Grace- drums
Pietro The Butcher – bass

Larsen Premoli-hammond and moog on tracks 2, 5, 6, 9, 11

SLOWMOTHER – Facebook

Derdian – Revolution Era

Il power metal sinfonico dei Derdian viene valorizzato al massimo dall’enorme dispiego di talenti che ci mettono del loro per rendere irrinunciabile quest’opera

Ivan Giannini, vocalist che aveva fatto faville sul precedente Human Reset non è più in forza ai Derdian, una perdita non da poco per una delle migliori realtà del power metal nazionale e non solo; la band, però, a sorpresa licenzia questo monumentale lavoro, una raccolta di brani pescati dai primi tre album che andavano a formare una sontuosa trilogia: New Era PT. 1 (2005), New Era PT. 2- War of the Gods (2007) e New Era Pt. 3 – The Apocalypse (2010).

Ma le novità non finiscono qui e i Derdian chiamano alla loro corte un manipolo di vocalist della scena nazionale ed internazionale per dare il loro contributo a questi bellissimi tredici brani, ri-registrati per l’occasione, che formano un suggestivo riassunto della saga, più un brano inedito a creare questo gioiellino di power metal dai tratti sinfonici.
La band ha fatto davvero le cose in grande, così che al microfono si dà il cambio il meglio o quasi che il genere può vantare tra i propri frontman, sicché diventa assolutamente un dovere elencarli cercando di non dimenticarne alcuno: Ralf Scheepers (Primal Fear), D.C. Cooper (Royal Hunt), Fabio Lione (Rhapsody of Fire, Angra, Vision Divine), Apollo Papathanasio (ex-Firewind, Evil Masquerade), Henning Basse (Metalium, Firewind), GL Perotti (Extrema, Rebel Devil), Davide Damna Moras (Elvenking), Mark Basile (DGM), Elisa C. Martin (ex-Dark Moor, Hamka), Terence Holler (Eldritch), Roberto Ramon Messina (Ex Secret Sphere, Physical Noise, Andrea Bicego (4th Dimension), Leo Figaro (Minstrelix), Elisa Stefanoni (Evenoire) e Joe Caggianelli (Starbynary, ex-Derdian)
Il power metal sinfonico dei Derdian viene valorizzato al massimo dall’enorme dispiego di talenti che ci mettono del loro per rendere irrinunciabile quest’opera, non solo per chi già conosce il gruppo ma per tutti gli amanti dei suoni power metal dal taglio sinfonico.
Epicità, magniloquenza, splendida musica metallica che diventa regale nelle bellissime Beyond The Gate, I Don’t Wanna Die (con l’immenso D.C. Cooper), l’inedito rhapsodyano Lord Of War su cui spicca la prova (non a caso) di Fabio Lione, l’emozionale Forevermore e via via tutte le altre canzoni in un’apoteosi di suoni metallici prodotti alla grande e che confermano l’altissimo potenziale dei Derdian.
Nel frattempo le audizioni per un nuovo cantate sono in pieno svolgimento, non rimane che augurare alla band di trovare presto un vocalist all’altezza della splendida musica prodotta e di riascoltarne al più presto un nuovo album di inediti.

TRACKLIST
1. Overture
2. Burn
3. Beyond The Gate
4. Battleplan
5. I Don’t Wanna Die
6. Screams Of Agony
7. Lord Of War
8. Forevermore
9. Eternal Light
10. The Hunter
11. Black Rose
12. Incitement
13. New Era
14. Cage Of Light

LINE-UP
Enrico “Henry” Pistolese – Guitars, Vocals
Salvatore Giordano – Drums
Marco “Gary” Garau – Keyboards
Dario Radaelli – Guitars
Marco Banfi – Bass

Vocals:
Ralf Scheepers
D.C. Cooper
Fabio Lione
Apollo Papathanasio
Henning Basse
GL Perotti
Davide Damna Moras
Mark Basile
Elisa C. Martin
Terence Holler
Roberto Ramon Messina
Andrea Bicego
Leo Figaro
Elisa Stefanoni
Joe Caggianelli

DERDIAN – Facebook

Delirant Chaotic Sound – The Ride Of Thanatos Ep

Interessante debutto su ep per questo gruppo milanese, dopo il demo Madness Under Skin.

Ad un primo distratto ascolto la loro proposta potrebbe sembrare metalcore, mentre invece andando avanti nell’ascolto ed eventualmente ripetendolo, si sentono molte cose dentro questo ep che stimola non poco la curiosità. La struttura delle canzoni dei Delirant Chaotic Sound è complessa e presenta vari livelli e diverse interpretazioni. Giova molto a questi ragazzi il fatto di aver trovato una valida voce femminile che risponde al nome di Margherita Andreolli, che ha spiccate doti, e forse in questo disco si contiene ancora un po’, mentre dovrebbe straripare. In gran forma è anche Marco Boccotti, voce maschile, che non fa da contrasto a Margherita, poiché ogni voce vive di vita propria e contribuisce a creare linee sinuose. Il gruppo crea ampie melodie e pezzi più serrati, lasciando un’ottima impressione, facendo capire quanta cura e preparazione vi sia dietro questi pezzi molto curati. Un debutto notevole, che lascia a questi ragazzi molte vie aperte, dato che nulla a livello compositivo è loro precluso, anche se sono un band metal e lo rimarranno sempre. Grande curiosità e voglia di mettersi in gioco per un gruppo che ha ottime potenzialità, ma soprattutto ha voglia di sperimentare e di spiazzare.

LINE-UP
Marco Boccotti – Voice
Margherita Andreolli – Voice
Daniel Tanzer – Guitar
Stefano D’Ambra – Guitar
Federico Medana – Bass
Davide Silva – Drums

DELIRANT CHAOTIC SOUND – Facebook

Tracy Grave – In The Mirror Of Soul

L’album è un viaggio emozionale nell’hard rock melodico, formato dai cinque brani riarrangiati del precedente ep più altri cinque nuovi di zecca

E’ lunga la storia che ha portato il musicista e poeta nostrano Tracy Grave a questo primo lavoro sulla lunga distanza della band che da lui prende il nome.

Ex Hollywood Pornostar, band con un ep ed un full length alle spalle e con una buona attività live in compagnia di Adam Bomb e Pretty Boy Floyd, il musicista sardo ha collaborato in questi anni con molte realtà della scena metal e non solo, condividendo importanti esperienze live di supporto a molti gruppi storici del panorama hard rock internazionale come Alice Cooper, Faster Pussycat, Paul Dianno, L.A Guns e Backyard Babies.
Nel 2015 Grave da inizio alla sua carriera solista con un ep acustico di cinque brani dal titolo Faith, gira alcuni video ed inizia a registrare In The Mirror Of Soul presso i DGM Studios in compagnia di Federico Fresi alle chitarre e del fido Gabriele Oggiano.
L’album è un viaggio emozionale nell’hard rock melodico, formato dai cinque brani riarrangiati del precedente ep più altri cinque nuovi di zecca, che vanno a comporre un’opera molto matura dove le semi ballad la fanno da padrone, senza però risultare un’opera mielosa, in quanto non mancano elettrizzanti canzoni hard rock ed il livello del songwriting rimane per tutta la durata ad un livello alto, colmo di atmosfere intimiste e dall’ottimo input emozionale.
Il sound richiama l’hard rock americano con in testa i Bon Jovi, da sempre influenza primaria di Grave, che riesce nella non facile impresa di donare un tocco personale e maturo alla fonte musicale da cui la sua musica si disseta rendendola elegante e raffinata.
Dotato di una voce passionale come la sua musica, Grave ci invita all’ascolto di questo lavoro con Welcome To My Madness, brano perfetto per entrare nel mondo di questo lavoro, grintosa ma con un tocco melodico che risulta la carta vincente del sound proposto, mentre le semiballad prendono in mano l’album già dal bellissimo trittico When The Candle Is Burning, Faith e Melancholy.
Attracted by The Anger ci riporta al rock statunitense di matrice ottantiana, con un ottimo refrain da cantare sotto il palco, così come la metallica Reflection Of The Vampire, mentre Fragile Heart e l’acustica Tears Of Flames lasciano che l’atmosfera malinconica e cantautorale di cui è pervaso l’album ritorni a far braccia nei nostri duri cuori da rockers.
Tracy Grave, nel frattempo, si è contornato di una manciata di musicisti formando una band a tutti gli effetti: lo aspettiamo on stage per assaporare dal vivo tutte le sfumature e le calde emozioni che la sua musica sa offrire e che lui ha chiamato Grave Rock.

TRACKLIST
1.Welcome To My Madness
2.When The Candle Is Burning
3.Faith
4.Melancholy
5.Rise Again
6.I Will Be There
7.Attracted By The Anger
8.Fragile Heart
9.Reflection Of A Vampire
10.Tears Of Flames

LINE-UP
Tracy Grave – Singer, Soulwriter
Sham – Guitar
Emy Mad – Drums
Joe Tuveri – Bass
Mr. Zed – Guitar

TRACY GRAVE – Facebook

Yarast – Tunguska 1908

Tunguska 1908 è un lavoro pienamente riuscito, all’altezza della migliore tradizione scandinava

Questa band romana attiva dal 2011 non poteva trovare monicker migliore, infatti Yarast in russo significa furia, una furia death metal che si scatenerà appena schiaccerete il tasto play del vostro lettore.

Tunguska 1908 si avvale di un originale concept fanta politico ambientato all’epoca della guerra fredda, con la Russia come assoluta dominatrice del mondo.
L’album è composto da otto brani, prodotti magistralmente da Stefano Morabito ai 16th Cellar Studios (Hour of Penance, Fleshgod Apocalypse), di death metal che rimanda alla scena scandinava, potenti furiosi e marcatamente melodici specialmente nei solos, così da essere una perfetta via di mezzo tra l’approccio classico e quello melodico del genere, a cui la penisola scandinava ha dato i natali.
L’ottima tecnica dei musicisti coinvolti fa il resto e l’album non manca di deliziare i deathsters con una serie di brani oscuri, dal taglio brutale ed epico ed attraversate da un’atmosfera di tensione dannatamente coinvolgente.
Un album che nella sua interezza appare compatto come granito, sferragliante e rabbioso, freddo come il clima delle lande sovietiche, agguerrito nelle ritmiche che alternano mid tempo a sfuriate debordanti e tagliato dalle sei corde, che come lame infieriscono con taglienti e melodici solos.
Il growl imponente del singer Matteo Boccardi accompagna il sound carico di adrenalina, con una tensione altissima, che quasi la si può toccare, e la titletrack apre le ostilità, devastante e rabbiosa, lasciando alle sfuriate ritmiche (Fabrizio Chionni al basso e Nicola Petricca alle pelli, bravissimi nei cambi di tempo della successiva Doomsky Fills Your Eyes) il compito di introdurci al sound del gruppo romano,.
Non c’è un attimo di respiro e Tabula Rasa è un massacro sonoro che rasenta il brutal, mentre su Распyтица (Rasputiza) sono le due asce le protagoniste indiscusse (David Ceccarelli e Daniele Foderaro).
Mentre Nuclear Winter è un’altra mazzata devastante, Blood Path si apre con un accordo acustico che sfocia in una tempesta di suoni estremi dal taglio leggermente progressivo, sempre splendidamente ancorato al metal scandinavo.
Deserter e Retaliation chiudono l’album all’insegna del death metal tecnico e, specialmente nel brano conclusivo, con una serie di ripartenze e solos clamorosi.
Tunguska 1908 è un lavoro pienamente riuscito, all’altezza della migliore tradizione scandinava e, se siete fans degli Hypocrisy, band a mio avviso più vicina al sound prodotto dai nostri, non potete permettervi di perdervelo.

TRACKLIST
01 – Tunguska 1908
02 – Doomsky Fills Your Eyes
03 – Tabula Rasa
04 – Распyтица (Rasputiza)
05 – Nuclear Winter
06 – Blood Path
07 – Deserter
08 – Retaliation

LINE-UP
Matteo Boccardi – Vocals
David Ceccarelli – Guitars
Daniele Foderaro – Guitars
Fabrizio Chionni- Bass
Nicola Petricca – Drums

YARAST – Facebook