Science of Disorder – Private Hell

Con un lavoro che non manca di offrire spunti interessanti agli amanti del metal estremo, i Science Of Disorder si conquistano l’apprezzamento di MetalEyes che vi invita all’ascolto di questa raccolta di brani, specialmente se siete fans di Nevermore, Entombed e Gojira.

A sette anni di distanza dal primo lavoro tornano gli Science Of Disorder, band estrema proveniente dalla vicina Svizzera.

Il quintetto propone un death metal moderno, che si crogiola tra ispirazioni classiche e attitudine metalcore, sprigionando una carica ed una potenza invidiabile.
Il gruppo, oltre ad un impatto devastante, non risparmia tecnica da vendere ed un’attitudine progressiva che lo avvicina non poco al sound dei Nevermore, band che risulta la sua massima ispirazione (Kingdom Comes).
Riassumendo, gli Science Of Disorder si sfamano con abbondanti pietanze a base di death metal, metalcore e power/thrash statunitense, tragico e drammatico quanto basta per donare interpretazioni sentite ed evocative su muri di metallo, dove il singer Jérome T, si avvicina non poco al piglio dell’icona Warrel Dane, singer che ha fatto il vuoto per quanto riguarda il genere.
Ovviamente la band elvetica ha un suo approccio al metal personale e moderno quel tanto che basta per trovare una sua strada, risultando un ottimo ibrido tra sonorità tradizionali e modern metal.
Private Hell non risparmia momenti di metal estremo drammatico e a suo modo teatrale, con una serie di brani convincenti come Lava Girl, il death/hardcore di Choke (che ricorda gli Entombed di Wolverine Blues), il muro death di Half A Life e le mitragliate metalcore di Mine.
Con un lavoro che non manca di offrire spunti interessanti agli amanti del metal estremo, i Science Of Disorder si conquistano l’apprezzamento di MetalEyes che vi invita all’ascolto di questa raccolta di brani, specialmente se siete fans di Nevermore, Entombed e Gojira.

Tracklist
1.Carrions
2.Kingdom Comes
3.Lava Girl
4.Patient 18
5.Choke
6.Light Bearer
7.Half a Life
8.Sickness
9.Mine
10.Private Hell
11.Carrions (Piano version)

Line-up
Jérome T. – Vocals
Steph – Guitar
Lord Pelthor – Guitar
Terry Pinehard – Bass session
Baptiste Maier – Drums

SCIENCE OF DISORDER – Facebook

Burial In The Sky – Creatio et Hominus

Album sicuramente da annoverare tra quelli consigliati agli appassionati di settore, Creatio Et Hominus garantisce un posticino ai Burial In The Sky tra le più interessanti novità del technical progressive death metal, anche se il livello dei gruppi top è ancora lontano.

Terzetto proveniente dagli States, i Burial In the Sky licenziano il secondo full length intitolato Creatio Et Hominus, album che vede la band alle prese con il classico sound death dai rimandi progressivi e valorizzato dalle indubbie doti tecniche dei musicisti.

Un suono di un sax pinkfloydiano fa da intro alla cascata di note che vi travolgerà all’ascolto di Creatio Et Hominus, che si sviluppa in una mezz’ora abbondante di ghirigori tecnici, momenti di pacata atmosfera progressiva e sfuriate death metal.
Niente di nuovo, ovviamente, ma assolutamente consigliato a chi si nutre di metal estremo progressivo: l’album non lascia dubbi sulla bravura del terzetto americano composto da James Tomedi (chitarra, tastiere, mandolino e kalimba), Zach Strouse (basso e sax) e Sam Stewart (batteria, piano), più una serie di ospiti che lascia il suo contributo nelle tracce di questo buon lavoro.
La struttura di brani come Tesla, The Pivotal Flame o la title track non sono certo una novità per chi di questo genere è attento ascoltatore, ma i Burial In The Sky aggiungono al sound quel tocco inaspettato di psichedelia che ne personalizza l’approccio, senza uscire dai sicuri binari di una formula collaudata ormai da tempo.
Album sicuramente da annoverare tra quelli consigliati agli appassionati di settore, Creatio Et Hominus garantisce un posticino ai Burial In The Sky tra le più interessanti novità del technical progressive death metal, anche se il livello dei gruppi top è ancora lontano.

Tracklist
1. Nexus
2. Tesla *All vocals by ex-vocalist Jimmy Murphy
3. Nautilus’ Cage
4. The Pivotal Flame
5. Psalms Of The Deviant
6. 5 Years
7. Creatio et Hominus (Ft. a guest solo from Brody Uttley of Rivers Of Nihil)

Line-up
James Tomedi – Guitars, Slide, Keys, Mandolin, Kalimba
Zach Strouse – Bass Guitar, Sax (All Sax playing on the new Rivers Of Nihil)
Sam Stewart – Drums, Piano

Jorel Hart – Vocals
Jimmy Murphy – Vocals

BURIAL IN THE SKY – Facebook

Vomitor – Pestilent Death

Pestilent Death è un lavoro che sguazza nell’underground, legato alla tradizione del genere con tutti i suoi difetti e le sue virtù, quindi onesto ma certo non fondamentale.

I Vomitor non sono certo dei novellini: la loro storia, nata a cavallo dei due millenni li vede impegnati su più fronti discografici, dai quattro full length licenziati alla marea di lavori minori che hanno ammorbato come un virus la scena thrash/death.

Il gruppo australiano arriva appunto al traguardo del quarto lavoro sulla lunga distanza, sempre all’insegna di un sound senza compromessi, rivelandosi praticamente la versione death metal dei Sodom.
Un impatto notevole ed un’attitudine vecchia scuola, tutta alcool e satanismo fanno il resto , rendendo la proposta dei Vomitor la classica opera per soli fans affezionati.
Da dire ci sarebbe davvero poco, le influenze sono riconducibili ai soliti nomi, quindi tra le tracce che compongono Pestilent Death troverete schegge impazzite di Slayer e Venom, oltre ai già citati Sodom ed ovviamente Destruction.
Mezzora di frustate e schiaffoni, mentre siete legati al palo e torturati dai tre musicisti, che si presentano come altrettanti panzer indemoniati che, all’attacco dell’opener Tremolation, portano guerra ed orrori in nome di un demone alcolico.
Buone le parti dove il trio accelera per toccare velocità speed (Manic Oppression), meno la produzione, più in sintonia con i lavori usciti almeno trentacinque anni fa.
Pestilent Death risulta così un lavoro che sguazza nell’underground, legato alla tradizione del genere con tutti i suoi difetti e le sue virtù, quindi onesto ma certo non fondamentale.

Tracklist
1.Tremolation
2.Roar of War
3.Abracadabra
4.Manic Oppression
5.Tremendous Insane
6.Pestilent Death
7.Hells Butcher

Line-up
Death Dealer – Vox’n’Tremolition
Anton Vomit – Basstardisation
Hellcunt – Drummolation

VOMITOR – Facebook

Torment Of Souls – Zombie Barbecue

Parti che si avvicinano al thrash metal si scontrano con altre death , le atmosfere ricordano le strade brulicanti di non morti dei film horror, la tensione è altissima ma la componente melodica, importantissima nella struttura dei brani, gioca un ruolo per nulla marginale rendendo l’ascolto vario e piacevole.

Gruppo attivo dalla prima metà degli anni novanta, i Torment Of Souls portano avanti il loro concept dalle tematiche horror a suon di death metal old school.

Quattro full length ed un paio di ep compongono la discografia completa del gruppo, con questo lavoro che risulta l’ultimo della serie, essendo uscito originariamente nel 2013.
L’apocalisse zombie incombe sulla terra e i Torment Of Souls la raccontano tramite le trame del loro metal estremo di scuola death, dal taglio melodico e progressivo, quindi niente devastazioni brutal/gore come potrebbe far pensare il titolo, ma un più ragionato death metal suonato con perizia ed un buon talento per le melodie.
Parti che si avvicinano al thrash metal si scontrano con altre death , le atmosfere ricordano le strade brulicanti di non morti dei film horror, la tensione è altissima ma la componente melodica, importantissima nella struttura dei brani, gioca un ruolo per nulla marginale rendendo l’ascolto vario e piacevole.
Blooddawn esplode dopo un lungo strumentale, il thrash metal oscuro e pesante di matrice americana è l’arma in più del combo tedesco, e fuso con il death metal crea un sound estremo pregno di malsana musica progressiva.
Brani come la title track o la devastante Die Hure 3 convincono, il banchetto per l’orda di famelici zombie è ormai pronta, il cielo grigio dal fumo degli incendi che illuminano le strade della città annuncia l’ennesimo massacro, con la bellissima Bone Stone Brain, un brano che ricorda non poco gli Iced Earth di The Dark Saga resi ancora più estremi dal growl e dalle scudisciate ritmiche.
The Walking Death conclude il lavoro con ritmiche marziali che si trasformano in una cavalcata metallica, il refrain si tinge di rosso sangue ed il chorus thrash è da cantare a squarciagola mentre ci si appresta al pasto cannibale.
Zombie Barbecue ha fondamentalmente nel solo titolo il suo punto debole, ovviamente si tratta di un appunto marginale all’interno di un giudizio più che positivo.

Tracklist
1.Blooddawn
2.Zombie barbecue
3.Schrei
4.Die Hure 3
5.Bone Stone Brain
6.Ex Geht Zu Ende
7.Sore Intestines
8.Galgenmann
9.The walking Dead

Line-up
Jochen Hamper – Vocals
Thomas Hotz – Guitar
Georg Sander – Guitar
Markus Reger – Guitar
Joachim Hotz – Drums
Daniel Hayward – Bass

TORMENT OF SOULS – Facebook

Heaving Earth – Diabolic Prophecies

Ottima iniziativa da parte della Eclectic Productions che ripropone Diabolic Prophecies, primo lavoro sulla lunga distanza dei deathsters cechi Heaving Earth.

Ottima iniziativa da parte della Eclectic Productions che ripropone Diabolic Prophecies, primo lavoro sulla lunga distanza dei deathsters Heaving Earth, gruppo nato in Repubblica Ceca una decina d’anni fa, e che oltre due demo ( il primo, Vision Of The Vultures è presente come bonus su questa nuova edizione), ha licenziato un secondo full length tre anni fa (Denounching The Holy Throne).

Nella tracklist fa bella mostra di sé la cover di Pain Divine, brano dei Morbid Angel tratto dal masterpiece Covenant, ad indicare perfettamente la strada compositiva presa dalla band, allora un quartetto composto da Michal Kusak al microfono, Tomas Halama e Patrik Snobl alla chitarra e al basso e Jiri Zajic alla batteria.
Il suono offerto è un death metal old school, nel solco della tradizione tra growl profondi e mid tempo efferati, valorizzato da una tecnica che permette al gruppo di sbizzarrirsi in ghirigori solistici, passaggi veloci e potentissimi rallentamenti.
Diabolic Prophecies risulta un album ben fatto, ovvio che il tipo di musica suonata permetta poche concessioni all’originalità, ma è un dettaglio, almeno per gli amanti dei suoni estremi di stampo death che troveranno tra le trame di brani dalla potenza estrema impressionante come The Shrine Of Desolation o Hideous Idiolatry Violation, buoni motivi per tornare ad occuparsi degli Heaving Earth e di questo loro primo lavoro.
Non sono solo i Morbid Angel, ma è tutto il death metal di matrice statunitense ad essere presente nel sound del gruppo ceco in tutte le sue migliori vesti, quindi approfittate di questa nuova riedizione di Diabolic Prophecies.

Tracklist
1.Serpents Domination
2.Beyond The Void
3.Seething Fragments
4.Atavistic Revelation
5.The Shrine Of Desolation
6.Humanity Exiled
7.Disciples Of Obscurity
8.Hideous Idiolatry Violation
9.Pain Divine
10.Fundamental Decomposition
11.Concepted Backwards
12.Vultured Vision

Line-up
Michal Kusak — Vocals
Tomas Halama — Guitars, Bass
Patrik Snobl — Guitars, Bass
Jiri Zajic — Drums

HEAVING EARTH – Facebook

Sinaya – Maze Of Madness

Dal Brasile arrivano ad aprire crani in un brutale massacro estremo le Sinaya, quartetto tutto al femminile che, se vi ruberà gli occhi a livello estetico, vi stordirà immediatamente quando la prima nota di Life Against penetrerà come un trapano nei vostri ormai distrutti padiglioni auricolari.

Chi ha detto che per suonare thrash/death metal devastante e dai rimandi old school bisogna essere degli ometti brutti sporchi e cattivi?

Dal Brasile arrivano ad aprire crani in un brutale massacro estremo le Sinaya, quartetto tutto al femminile che, se vi ruberà gli occhi a livello estetico, vi stordirà immediatamente quando la prima nota di Life Against penetrerà come un trapano nei vostri ormai distrutti padiglioni auricolari.
Voce cartavetrata ed in linea con i singer thrash/death metal di origine controllata, blast beat, sono gli elementi fondanti di accelerazioni speed metal e cavalcate heavy /death che sono pugni potenti e letali alla bocca dello stomaco.
Mentre sputerete sangue e i conati vi bloccheranno il respiro, le Sinaya vi prenderanno per le palle, con una serie di tracce che abbinano thrash old school dai rimandi ottantiani (primi Slayer) e death metal che ricorda i primi Sepultura (e non potrebbe essere altrimenti) specialmente per l’impatto con cui le quattro streghe estreme si abbattono sull’ascoltatore.
Deep In The Grace, Buried By Terror e via tutte le altre tracce formano un solido macigno metallico dal titolo Maze Of Madness: Mylena Monaco (voce, chitarra), Renata Petrelli (chitarra), Bruna Melo (basso) e Cynthia Tsai (batteria) non potevano debuttare meglio su lunga distanza, confermando la sempre buona salute dell’underground metallico brasiliano.

Tracklist
1. Life Against Fate
2. Abyss to Death
3. Always Pain
4. Bath of Memories
5. Crowd in Panic
6. Infernal Sight
7. Deep in the Grave
8. Buried by Terror

Line-up
Mylena Monaco – Vocals/Guitar
Renata Petrelli – Guitar
Bruna Melo – Bass
Cynthia Tsai – Drums

SINAYA – Facebook

Issuna – Ez dugu aske izateko zuen baimenik behar

Gli Issuna vengono dalla piccola cittadina di Ermua nei Paesi Baschi e fanno un’ottima ed esplosiva miscela di grindcore, crust e hardcore, il tutto cantato ovviamente in basco.

Gli Issuna vengono dalla piccola cittadina di Ermua nei Paesi Baschi e fanno un’ottima ed esplosiva miscela di grindcore, crust e hardcore, il tutto cantato ovviamente in basco.

Questo disco, uscito nel marzo 2017 e disponibile con la formula name your price sul loro bandcamp, è stato rimesso in circolo un anno dopo da un pool di piccole etichette. Il loro suono è un’aggressione sonora che nasce da molteplici ascolti e trova solide basi nella tradizione del grind core e del crust, e ha anche una fortissima ascendenza hardcore punk. Una delle cose che impressionano di più in questo gruppo è la capacità di partire per veloci e potenti cavalcate allo stesso modo in cui si disimpegna in mid tempo che creano la giusta tensione. Il cantato è spesso un urlato che non arriva mai al growl, rimanendo molto adatto al genere; inoltre i testi in basco non sono un ostacolo, ma se voleste tradurli conoscereste un po’ di più una delle lingue più misteriose ed affascinanti del mondo. Questa è la seconda prova su lunga distanza per gli Issuna, la precedente si può trovare sempre in download libero sul loro bandcamp, ed è un ulteriore innalzamento del loro livello: sicuramente sono uno dei migliori gruppi europei del genere, grazie alla loro intensità, alla loro potenza e al sapere andare oltre gli steccati, unendo musica e ribellione, sia interiore che esteriore. L’impasto sonoro che propongono è molto particolare e del tutto originale, e questo è uno dei più grossi complimenti che si possano rivolgere ad un gruppo, perché gli Issuna sono pienamente riconoscibili al primo ascolto. Un gran bel disco, aggressivo e suonato con cuore e passione.

Tracklist
1.Saminaren gidariak
2.Dena egiteke
3.Pasioa
4.Entsalada egunak
5.Sofistak I
6.Amaieraren hasiera
7.Julio Kageta
8.Pudorea
9.Nahiz eta heriotza
10.Ez duzulako irtenbiderik izango
11.HC Bizirik

ISSUNA – Facebook

Valyria – Into The Dying Of Time

Into The Dying Of Time risulta una buona partenza per la band canadese, arrivata sul mercato underground metallico con leggero ritardo rispetto all’inizio attività ma finalmente pronta a soddisfare le voglie musicali dei fans di Children Of Bodom, Stratovarius, Kalmah e Wintersun.

Nuova realtà dedita ai suoni power metal contaminato con il melodic death in arrivo dal Canada.

Loro sono i Valyria e debuttano con Into the Dying of Time, album che segue un ep ed un singolo anche se la band è attiva da quasi dieci anni.
Con riferimenti che vanno dai gruppi storici del power metal fino agli dei del metal estremo melodico, ovviamente di estrazione scandinava, la formula dei Valyria è semplice, abusata, ma sempre convincente, almeno per chi di queste sonorità si nutre.
Atmosfere classiche ed estreme danno vita ad un album potente, melodico ed epico, con synth e tastiere protagoniste (come nei brasiliani D.A.M.), anche se le progressioni sonore sono limitate a qualche cambio di tempo, con i Valyria che preferiscono correre verso la gloria metallica senza fermarsi.
Cori, voce pulita e growl, doppia cassa a manetta e solos dallo spirito neoclassico fanno il resto, con Of Sky And Sea a risultare il brano top di questo lavoro, seguito a ruota dalla splendida The Crossing.
Come scritto la formula è ben nota, ma i Valyria sanno intrattenere con un buon songwriting per una mezz’ora di metallo spumeggiante.
Into The Dying Of Time risulta quindi una buona partenza per la band canadese, arrivata sul mercato underground metallico con leggero ritardo rispetto all’inizio attività ma finalmente pronta a soddisfare le voglie musicali dei fans di Children Of Bodom, Stratovarius, Kalmah e Wintersun.

Tracklist
1.The Final Empire
2.Steel Inquisition
3.Tome of Shattered Vessels
4.Of Sky and Sea
5.The Crossing
6.Floating World
7.Into the Dying of Time

Line-up
Cam Dakus – Bass, Vocals
Mitchell Stykalo – Drums, Vocals
Andrew Traynor – Guitars, Vocals
Jeremy Puffer – Guitars, Vocals

VALYRIA – Facebook

Death Strike – Fuckin’Death

Ristampa da parte della Dark Descent Records del demo degli storici Death Strike una delle diverse band fondate dal bassista e cantante dei Master, Paul Speckmann.

I Death Strike sono uno dei numerosi progetti di Paul Speckmann, storico cantante e bassista di una decina di realtà estreme, tra cui i leggendari Master, uscito ultimamente sul mercato con il progetto Johansson & Speckmann in compagnia dell’altro stakanovista del metal estremo, lo svedese Rogga Johansson.

I Death Strike durarono lo spazio di un demo, questo Fuckin’ Death licenziato dal gruppo nel 1985.
In origine i brani erano solo quattro, poi nel 1991 la Nuclear Blast ristampò il lavoro con l’aggiunta di altre quattro canzoni inedite: quello che ora viene ripreso dalla Dark Descent è appunto la versione con le otto tracce.
Il clima infernale dell’album di matrice death/thrash primordiale porta ad evidenti similitudini con gli Hellhammer e gli Slayer, in un contesto ancora più oscuro.
Solos slayerani, doppia cassa a palla, mid tempo luciferini ed il vocione demoniaco ma di estrazione thrash di Speckmann, sono le caratteristiche di questo lavoro la cui data di uscita favorisce il sentore old school dei brani, che risultano un’orgia di metal estremo senza compromessi.
Una nuova ristampa per questo leggendario lavoro potrebbe far pensare ad un ritorno a sorpresa: vedremo, nel frattempo se siete fans del musicista statunitense e volete possedere ogni sua opera, i Death Strike sono davvero una chicca per intenditori.

Tracklist
1. The Truth
2. Mangled Dehumanization
3. Pay To Die
4. Re-Entry And Destruction
5. The Final Countdown
6. Man Killed America/Embryonic Misconceptions
7. Pervert
8. Remorseless Poison

Line-up
Paul Speckmann – Vocals, Bass
Kirk Miller – Guitars
John Leprich – Drums

DEATH STRIKE – Facebook

Engulf – Gold And Rust EP

Gold And Rust, sommato al primo album e di conseguenza alla terza e prossima prova, risulterebbe sicuramente un prodotto notevole: magari il musicista del New Jersey un giorno ci accontenterà riunendo in un solo cd la musica creata per questo concept; per ora accontentiamoci di questi tre brani.

Secondo capitolo della trilogia fantascientifica creata da Hal Microutsicos, compositore e polistrumentista della one man band Engulf:  Gold and Rust racconta il viaggio nell’universo del protagonista alla ricerca di potenti entità per dare vita ad un evento che verrà svelato sul prossimo lavoro.

Ancora un ep dunque, dopo il primo Subsumed Atrocities, uscito lo scorso anno, scelta che lascia perplessi soprattutto per la durata complessiva dell’opera, ma che sicuramente metterà d’accordo tutti gli amanti del death metal old school di scuola Death, Morbid Angel ed Hate Eternal.
Scritti nello stesso periodo dei primi due brani che componevano il precedente ep, Maul Master, Misshapen Abomination e Sovereign To The Seven Underworlds, non cambiano di una virgola l’atmosfera vecchia scuola del sound di Engulf, tra cambi di tempo ed atmosfere opprimenti, una ragnatela di solos intricati ed un growl assassino a raccontare le peripezie del protagonista perso nell’universo,
Con una produzione in linea con le opere uscite nei primi anni novanta, Gold And Rust, sommato al primo album e di conseguenza alla terza e prossima prova, risulterebbe sicuramente un prodotto notevole: magari il musicista del New Jersey un giorno ci accontenterà riunendo in un solo cd la musica creata per questo concept; per ora accontentiamoci di questi tre brani.

Tracklist
1.Maul Master
2.Misshapen Abomination
3.Sovereign To The Seven Underworlds

Line-up
Hal Microutsicos – Lyrics, instrumentation, drum programming and vocals

ENGULF – Facebook

Kormak – Faerenus

I Kormak sono una delle band italiane più interessanti uscite negli ultimi anni: epici, potenti, dolci o devastanti, a seconda della necessità.

Album di debutto per i baresi Kormak, che fanno un ottimo folk death metal, con intarsi gothic e la splendida voce della cantante Zaira De Candia, che è davvero un valore aggiunto.

I Kormak nascono nel 2015 e con calma e tanto lavoro sono arrivati ad un debutto che è un ottimo biglietto da visita Una delle loro caratteristiche più importanti è quella di saper cambiare registro musicale in un tempo brevissimo, passando da un leggiadro suon odi flauto ad un massacro con doppie casse e tanto sangue sparso, il tutto fatto sempre con una forte personalità. Il suono sa mutare, ma soprattutto sa sempre trovare il suo corso naturale dove poi sgorgare in maniera impetuosa e forte. Zaira è una moderna furia che si abbatte sull’ascoltatore, ma tutto il gruppo è molto ben affiatato. La cifra stilistica deve molto all’epicità, infatti il nome viene dalla saga islandese Kormaks risalente al tredicesimo secolo. Folk e viking metal, ma non solo, perché in alcune canzoni si rinviene un passo death notevole e assai incisivo. I Kormak sono un gruppo che ha grandi potenzialità che vengono esibite in questo disco, ma la sensazione è che abbiano ancora molto da mostrare. La produzione è buona e valorizza la potenza di questo gruppo riuscendo a non disperderla. In definitiva, i Kormak sono una delle band italiane più interessanti uscite negli ultimi anni: epici, potenti, dolci o devastanti, a seconda della necessità. Faerenus era il luogo della pazzia, nel quale le paure diventavano materiali e i Kormak solo la guida ideale per condurci in questo mondo sotterraneo.

Tracklist
1 – Amon
2 – March of Demise
3 – Sacra Nox
4 – The Goddess’ Song
5 – The Hermit
6 – Faerenus
7 – Patient N° X
8 – July 5th
9 – Eterea El

Line-up
Zaira de Candia – Vocals/Whistle Flutes
Alessandro Dionisio – Guitar
Alessio Intini – Guitar
Francesco Loconte – Bass
Dario Stella – Drums

KORMAK – Facebook

Æpoch – Awakening Inception

Awakening Inception è un album che unisce tecnica sopraffina ad un buon songwriting, cosa non da poco per un gruppo al primo lavoro sulla lunga distanza.

Dall’Ontario arriva un tumultuoso death metal tecnicissimo che non conosce ostacoli suonato dagli Æpoch band nata sei anni fa e al debutto sulla lunga distanza con Awakening Inception, album composto da dieci brani molto vari e splendidamente progressivi.

Il quartetto canadese ha dato vita ad un’opera intensa ed assolutamente estrema: il growl si alterna ad un furioso scream, le ritmiche a tratti vicine al black o al thrash fanno da tappeto ad inserti di musica che vanno oltre il metal, per abbracciare soluzioni jazz e fusion.
Niente di nuovo, perché soluzioni di questo genere sono già state usate in passato, ma c’è da dire che gli Æpoch non si fanno pregare in quanto a rabbioso estremismo sonoro, in un contesto tecnico fuori dal comune.
I quattro musicisti (Brett Macintosch, Greg Carvalho, Kyle Edissi e Taylor Wroblewski) risultano dei veri maestri del proprio strumento, virtù che valorizza un songwriting efficace e che non perde di vista, tra ghirigori strumentali e tele progressive, la forma canzone.
I brani che compongono Awakening Inception hanno caratteristiche che si alternano tra loro rendendo l’ascolto vario, così da passare dal technical death metal, al black furioso e progressivo, da parti strumentali fuori contesto metallico a solos di estrazione classica o thrash.
Delirium Of Negation, Tabula Rasa, le intricate sfumature death della notevole Serenity Of Non-Existence e la devastante title track vi porteranno alla mente più di un gruppo ispiratore del sound di questo lavoro: dai Cynic, ai Morbid Angel, dai Death agli Between The Buried And Me, passando per Behemoth e Testament.
In conclusione, Awakening Inception è un album che unisce tecnica sopraffina ad un buon songwriting, cosa non da poco per un gruppo al primo lavoro sulla lunga distanza.

Tracklist
1.Time-Perspective (Ouroborus Reborn)
2.Delirium Of Negation
3.The Expiration
4.Tabula Rasa
5.Mentally Raped By Christ
6.Burn Them At The Stakes
7.Serenity Of Non-Existence
8.Awakening Inception
9.Karmasphyxation
10.M.D.M.A (Methodical Doctor Murderous Acts)

Line-up
Brett Macintosch – Bass, Vocals
Greg Carvalho – Drums
Kyle Edissi – Guitras, B.Vocals
Taylor Wroblewski – Guitars

AEPOCH – Facebook

Into Eternity – The Sirens

The Sirens si rivela un lavoro ispirato, emozionante ed oscuro, tragico e potentissimo come da tradizione del gruppo canadese, che si muove a piacimento con la tecnica eccelsa dei suoi protagonisti, mantenendo ugualmente intatta la forma canzone ed un livello emozionale altissimo.

Questa bellissima opera progressiva ed estrema dal titolo The Sirens, accompagnata da una copertina altrettanto splendida, non è altro che il sesto lavoro dei progressive/deathsters canadesi Into Eternity, attivi da oltre un ventennio sulla scena progressiva mondiale.

Apprezzato tanto in ambito prog che in quello del death metal più tecnico, il quintetto, che vede impegnata dietro al microfono la cantante Amanda Kiernan, subentrata allo storico vocalist Stu Block, torna sul mercato dieci anni dopo The Incurable Tragedy, full length licenziato nel lontano 2008.
Dieci anni non sono passati invano e The Sirens si rivela un lavoro ispirato, emozionante ed oscuro, tragico e potentissimo come da tradizione del gruppo canadese, che si muove a piacimento con la tecnica eccelsa dei suoi protagonisti, mantenendo ugualmente intatta la forma canzone ed un livello emozionale altissimo.
L’album offre un’ora di evoluzioni progressive a velocità proibitive, tra death metal melodico, thrash, ed heavy metal, chorus evocativi, growl, clean vocals ed atmosfere epiche, in un quadro musicale progressivo entusiasmante.
The Sirens riesce a mantenere altissima l’attenzione dell’ascoltatore, lasciandolo a bocca aperta al cospetto di una band in evidente stato di grazia, tanto che diventa difficile nominare un brano rispetto ad un altro, anche se, per chi scrive, This Frozen Hell risulta l’apice di questo monumentale lavoro.
I cinque si scatenano in una tempesta di note, devastanti quando il ciclone infuria e la mareggiata si abbatte sulla costa (Sirens Of The Sea), splendidamente oscuri, drammatici e progressivi là dove la calma apparente ci fa tirare il fiato prima che il vento porti ancora umori tempestosi (Nowhere Near).
Gli Into Eternity, unendo in un solo sound dalla parola d’ordine progressive Iced Earth, Arch Enemy, Opeth e Symphony X, alimentano una serie di devastanti trombe marine: si salvi chi può.

Tracklist
1.The Sirens
2.Fringes of Psychosis
3.Sandstorm
4.This Frozen Hell
5.Nowhere Near
6.Devoured by Sarcopenia
7.Fukushima
8.The Scattering of Ashes

Line-up
Tim Roth – Guitar, Vocals
Matt Cuthbertson – Guitar
Troy Bleich – Bass, Vocals
Bryan Newbury – Drums
Amanda Kiernan – Vocals

INTO ETERNITY – Facebook

Crawl – Rituals

I Crawl hanno dato alla luce un mostro sonoro che trasuda death metal old school: l’album ovviamente non dà tregua e per mezz’ora scarsa vi terrà incollati al muro con i piedi ad un palmo dal pavimento ed una mano scarnificata a stringervi il collo.

Quello dei Crawl è uno swedish death metal putrescente, di origine controllata, che farà non poche vittime tra i cultori del metal estremo old school.

Rituals è il primo lavoro sulla lunga distanza del gruppo di Stoccolma, dedito appunto al genere nella sua forma più pura, un concentrato di violenza sonora che prende ispirazione dalla scena death metal scandinava di primi anni novanta.
La Transcending Obscurity non se li è fatta scappare, dopo le prime avvisaglie di quello che avrebbero potuto combinare lasciate nel demo I: Serpents e nell’ep Worship Death, licenziati nel 2015.
Rituals porta con sé tutto quanto serve per descrivere un album di swedish death, con riff lasciati a imputridire in qualche cimitero dimenticato nel tempo, con stop and go e ripartenze micidiali: un’atmosfera catacombale aleggia sui brani, mentre a tratti rallentamenti pesantissimi imprimono ancora più potenza al sound.
I Crawl hanno dato alla luce un mostro sonoro che trasuda death metal old school: l’album ovviamente non dà tregua e per mezz’ora scarsa vi terrà incollati al muro con i piedi ad un palmo dal pavimento ed una mano scarnificata a stringervi il collo.
Rituals si rivela un’opera esemplare in grado di rendere i Crawl un gruppo da tenere in grade considerazione da parte degli amanti del più puro swedish death.

Tracklist
1.Reject The Cross
2.Breathing Violence
3.The Stench
4.Black Ritual
5.Trail of Traitors
6.Sentenced To Rot
7.Cowards
8.Suffer
9.Coven of Servants

Line-up
Martin Sjögren – Guitars
Joachim Lyngfelt – Vocals
Ämir Batar – Drums
Ragnar Hedtjärn Ullenius – Bass

CRAWL – Facebook

Sathanas – Necrohymns

I Sathanas sparano mezz’ora di musica che attenta pesantemente all’integrità della nostra cervicale, e pazienza se non c’è alcun profumo di novità: tutto sommato ci sono molti che a tali fragranze, spesso effimere, preferiscono l’alone di sudore lasciato da chi si lancia con un’integrità ed una competenza fuori discussione nella riproposizione di questo sound.

Una band chiamata Sathanas potrebbe risultare fin da subito invisa a qualche metallaro dall’indole intellettualoide e che ritiene tutti i riferimenti al maligno un giochino trito e ritrito, incapace di spaventare ancora qualcuno.

Nel caso del trio della Pennsylvania diciamo che l’utilizzo di tale monicker appare quanto mai legittimo, visto che parliamo di musicisti che si sbattono all’interno della scena estrema della East Coast da circa trent’anni, peraltro agendo in una cerchia stilistica e temporale vicina a quella degli Acheron di Vincent Crowley (dai quali proviene il batterista James Strauss ), per cui, almeno da questo punto di vista, le chiacchiere stanno a zero.
Per quanto riguarda l’aspetto musicale, Necrohymns rappresenta il decimo feroce rituale su lunga distanza per la band fondata nel 1988 dal chitarrista e vocalist Paul Tucker, affiancato qualche anno dopo dal bassista Bill Davidson e nel 2005 dal già citato Strauss; viste le premesse, a questi figuri si richiede essenzialmente di suonare un black/death/thrash diretto, sporco, blasfemo e carico di groove, e tutto ciò puntualmente avviene ma con una freschezza ancora sorprendente, alla luce della lunga carriera dei nostri.
I Sathanas sparano mezz’ora di musica che attenta pesantemente all’integrità della nostra cervicale, e pazienza se non c’è alcun profumo di novità: tutto sommato ci sono molti che a tali fragranze, spesso effimere, preferiscono l’alone di sudore lasciato da chi si lancia con un’integrità ed una competenza fuori discussione nella riproposizione di un sound che conosciamo a memoria ma che, quando viene offerto con tale convinzione, non risulta mai né superfluo nè tantomeno sgradito.
Fin dalle prime note di At the Left Hand of Satan i Sathanas buttano senza tregua il pallone nella metà campo avversaria, e da lì in poi sarà un piacevole rincorrersi, tra calci, sputi, gomitate e colpi di testa; come detto, chi ricerca novità si tenga alla larga da Necrohymns (e soprattutto non ne parli impropriamente, il nostro amico cornuto è molto permaloso), per tutti gli altri, invece, un ascolto regolare e mirato dell’ultimo album targato Sathanas potrebbe avere effetti molto positivi sull’umore, vale la pena provarci.

Tracklist:
1. At the Left Hand of Satan
2. Of Wrath and Hellfire
3. Throne of Satan
4. Harbinger of Death
5. Raise the Flag of Hell
6. Upon the Wings of Desecration
7. Sacramentum
8. Witchcult

Line-up:
Paul Tucker – Guitar, Vocals
Bill Davidson – Bass
James Strauss – Drums

SATHANAS – Facebook

Internal Suffering – Choronzonic Force Domination

Choronzonic Force Domination risulta un lavoro consigliato ai fans di Incantation, Morbid Angel, Decide e Immolation, nel caso se lo fossero perso al momento della sua prima uscita quattordici anni fa.

Giunge il momento della ristampa anche per i colombiani Internal Suffering e non poteva che riguardare il loro album migliore, quel Choronzonic Force Domination uscito nel 2004 per Displaced Records e prodotto nientemeno che da Erik Rutan (Morbid Angel, Hate Eternal, Ripping Corpse ed Alas).

Ovvio che, allora, la presenza di un protagonista così importante della scena estrema mondiale portasse un certo interesse nei confronti del gruppo da parte degli amanti del death metal più violento e brutale.
Interesse ben riposto visto il muro sonoro con cui gli Internal Suffering assaltano l’ascoltatore, un muro altissimo e spesso, invalicabile per chiunque non abbia confidenza con i suoni estremi.
Curato dalla Satanath Records, il ritorno sul mercato di Choronzonic Force Domination dimostra le capacità del gruppo colombiano, realtà di una scena conosciuta solo agli intenditori e messa in secondo piano dal sempre presente Brasile, quando si parla di metal sudamericano.
Si diceva del muro, altissimo ed invalicabile che i quattro brutali distruttori alzarono con questo lavoro che unisce una violenza sonora devastante ed un buona tecnica esecutiva, senza cedere di un passo in quanto ad impatto.
E qui emerge l’unico difetto riscontrato in Choronzonic Force Domination, essendo composto da tredici aggressioni sonore senza soluzione di continuità ma pure senza una minima variazione sul tema che possa dare quel tocco più vario e meno uniforme al lavoro.
Un dettaglio, per molti magari più che un semplice difetto, fatto sta che Choronzonic Force Domination risulta un lavoro consigliato ai fans di Incantation, Morbid Angel, Decide e Immolation, nel caso se lo fossero perso al momento della sua prima uscita quattordici anni fa.

Tracklist
1.Choronzonic Force Domination (I Am the Power 333 of the Tenth Aethyr!)
2.Summon the Gods of Chaos (Projected into the Abyss)
3.Across the Tenth Aethyr (Transcending into the Outerworlds)
4.Baphomet Invocation (Ancient Gods Return)
5.Legion (We, as One… Dominate!)
6.Dagon’s Rising (Macrocosmic Guardian of the Threshold)
7.Dispersion & Darkness (In the Outermost Abyss It Dwells)
8.Orbiting Chaosphere (Primal Chaos Manifestation)
9.Enter the Gate of Death (…into the Darkly Shinning World)
10.Internal Suffering – Enter The Gate Of Death (Original 1999 Version) [bonus track]
11.Internal Suffering – Choronzonic Force Domination (Rough Mix) [bonus track]
12.Internal Suffering – Summon The Gods Of Chaos (Rough Mix) [bonus track]
13.Internal Suffering – Thelemic Conqueror (Promo 2005) [bonus track]

Line-up
Fabio Marin – Vocals
Andres Garcia – Bass
Alex del Rey + Diego Alonso – Guitars
Wilson “Chata” Henao – Drums

INTERNAL SUFFERING – Facebook

Perpetual Night – Anâtman

Anâtman ha tutto per essere apprezzato dai fans del melodic death metal: cavalcate oscure, solos che guardano da vicino il metal più classico, atmosferiche voci femminili e growl perfetto per il sound proposto dal gruppo.

Il melodic death metal di matrice scandinava continua ad ispirare gruppi in tutto il globo, eredi di quelle band che fecero innamorare schiere di appassionati dai gusti leggermente più melodici rispetto al death metal classico.

Ricordare In Flames, Dark Tranquillity ed At The Gates e poi tutte le band che hanno contribuito a rendere il genere uno dei più importanti e seguiti degli ultimi decenni è quanto meno doveroso, ma può risultare ovvio, quindi meglio passare oltre e presentare gli spagnoli Perpetual Night, in arrivo dalla grande famiglia Wormholedeath per conquistare i cuori degli amanti del suono nord europeo per antonomasia.
Nata sei anni fa in quel di Granada, la band arriva al traguardo del debutto sulla lunga distanza dopo due ep ed una compilation, con l’ausilio di una label  sempre attenta a proporre lavori sopra la media e di riflesso gruppi interessanti.
Anâtman ha tutto per essere apprezzato dai fans del melodic death metal: cavalcate oscure, solos che guardano da vicino il metal più classico, atmosferiche voci femminili e growl perfetto per il sound proposto dal gruppo.
Partiamo da The Howling, terza traccia e spettacoloso brano dove le melodie chitarristiche accompagnano le cleans ed il growl in un contesto evocativo struggente, torniamo alla title track, che funge da opener e ci presenta il sound dei Perpetual Night, tra ripartenze, crescendo e cavalcate metalliche valorizzate da camei di tastiere notturne, mentre i riff melodici di Nothing Remains ricordano gli Amorphis.
C’è tanto metallo classico nei solos della progressiva Raindrops, altro gioiellino di casa Perpetual Night racchiuso in questo ottimo lavoro, che cresce inesorabilmente con gli ascolti, mentre tutto finisce nella notte e nelle note della conclusiva Absence of Reality.
Un lavoro incentrato su un genere che sembra rinascere tutte lo volte che i suoi detrattori ne celebrano il funerale artistico, anche grazie a realtà come i Perpetual Night.

Tracklist
1.Anâtman
2.Wild
3.The Howling
4.Nothing Remains
5.His Darkness
6.Raindrops
7.Unpronounced Words
8.Absence of Reality

Line-up
Raúl Ríos
César Ramírez
Carlos Garrido

PERPETUAL NIGHT – Facebook

Verano’s Dogs – Summoning The Hounds

Grind/death devastante e senza compromessi, old school nell’approccio e potentissimo nell’impatto che ricorda le grandi band del passato, dalle quali i Verano’s Dogs attingono a piene mani per il loro progetto estremo.

La scena romana è da qualche anno un punto di riferimento per gli amanti del metal estremo di stampo death, brutal e grind core, un nido di creature mostruose che abitano sulle rive del Tevere, a due passi dal Vaticano.

I Verano’s Dogs sono un trio nato tre anni fa e composto da musicisti già attivi in altre band della scena capitolina, come Taste the Floor, NIS e Injury Broadcast; Summoning The Hounds è il loro primo album, registrato presso gli Hombrelobo Studios di Roma e licenziato dalla Metal Age Productions.
I cani del Verano (noto cimitero della capitale), gli animali che in alcune culture accompagnano i morti nel trapasso, debuttano dunque con questo massacro grind/death, dalla copertina fortemente ispirata all’old school death metal e con un sound che inserisce elementi hardcore in una carneficina sonora di tutto rispetto.
I cani difendono il loro territorio, attaccano e sbranano senza pietà nella title track che apre l’album: le unghie sporche di terra putrida con cui sono ricoperte da centinaia di anni le bare ormai marcite, si conficcano nelle carni mentre il trio composto da Pompeo (chitarra), Ulderico (voce e basso) e Pablo (batteria) intona la  colonna sonora estrema di questo quadro macabro, un grind/death devastante e senza compromessi, old school nell’approccio e potentissimo nell’impatto che ricorda le grandi band del passato da dove i Verano’s Dogs attingono a piene mani per il loro progetto estremo.
Il cane rimane la figura animale a cui è dedicato il mondo dei Verano’s Dogs e i brani, ispirati musicalmente da Repulsion, Terrorizer e Napalm Death, affrontano tematiche legate al suo immaginario, dalla mitologia alla letteratura: un album sicuramente consigliato.

Tracklist
1- Summoning the Hounds
2- Keeper of Hades
3- Bark at the Grave (ft.: Alex Gore from The Juliet Massacre)
4- Mind Necropolis
5- Cannibalism and Agriculture
6- Holiday in Baskerville
7- Rabid Moments
8- The Hound (A Lovecraft’s tale)
9- Deadly Whispher
10- The Rising of the Necrotic Hound (ft.: Demian from Airlines of Terror)

Line-up
Pompeo – Guitars
Ulderico – Vocals, Bass
Pablo – Drums

VERANO’S DOGS – Facebook

Wombbath – The Great Desolation

Nove brani compongono questa colonna sonora di morte violenta e trucida, tra riff che sono asce affilate che spaccano teste e staccano arti, con solos di lancinante sofferenza e un growl abissale che comanda le operazioni.

Death metal old school, oscuro, macabro e violentissimo, un abisso in musica di scuola svedese, puro come il sangue di vergini torturate in nome di una diabolica ferocia.

The Great Desolation segna il ritorno dei Wombbath, band estrema scandinava attiva dai primi anni novanta, in pieno sviluppo e successo del genere ma con soli tre album pubblicati più un buon numero di lavori minori, conseguenza di dieci anni di inattività.
The Great Desolation torna dunque sul mercato estremo dopo tre anni dal precedente Downfall Rising, addirittura ventidue anni dopo il debutto Internal Caustic Torments, licenziato dal gruppo nel lontano 1993.
Pochi ma buoni i lavori sulla lunga distanza di questo combo che in tutta onestà suona death metal vecchia scuola, di chiara ispirazione a primi Entombed e Dismember, senza compromessi, potente ed oscuro quanto basta per soddisfare i palati dei deathsters orfani degli storici Left Hand Path, Clandestine e Like An Everflowing Stream.
Niente di nuovo, anzi: l’odore di muffa è quello che usciva dai suoni più oscuri degli anni novanta, e l’album risulta così un macigno estremo che, se lascia qualcosa in personalità, non può che soddisfare gli amanti dello swedish death metal.
Nove brani compongono questa colonna sonora di morte violenta e trucida, tra riff che sono asce affilate che spaccano teste e staccano arti, con solos di lancinante sofferenza e un growl abissale che comanda le operazioni.
Embrace Death, Born Of Filth e Hail Of The Obscene, varia nelle sue intuizioni melodiche e brano top dell’opera sono i momenti migliori: l’impatto c’è, l’esperienza trentennale dei protagonisti pure.

Tracklist
1. Embrace Death
2. The Great Desolation
3. Footsteps Of Armageddon
4. Born Of Filth
5. Punisher Of Broken Oaths
6. The Weakest Flesh
7. Cold Steel Salvation
8. Hail The Obscene
9. Harvester Of Sin

Line-up
Håkan Stuvemark – Guitar
Jonny Pettersson – Vocals
Al Riglin – Guitar
Henrik Åberg – Drums
Johan Momqvist – Bass

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Mortify The Flesh – Caverns of the Unwanted

I Mortify The Flesh liberano tutti gli istinti repressi in questo primo episodio di una carriera partita bene e che, speriamo, regali ancora violente scariche death metal dai rimandi brutal di matrice americana.

Arrivano all’esordio discografico i tedeschi Mortify The Flesh, band che ha mosso i primi passi addirittura nel 2006.

I molti cambi di line up che hanno portato alla formazione attuale, sono i colpevoli del ritardo di ben dodici anni sulla pubblicazione di un loro lavoro, ora finalmente sul mercato a confermare le ottime potenzialità del gruppo originario di Einbeck.
Caverns of the Unwanted è composto da cinque brutali episodi estremi, un violento e rabbioso impatto che deflagra per una ventina di minuti, tra velocità proibitive, solos urlanti dolore, blast beat e growl che si avvicinano al grind.
L’opener Unleash The Apoclypse e la title track sono i due brani trainati dell’ep e fulgido esempio della proposta del gruppo, che risulta un devastante terremoto sonoro, nel quale le ritmiche tecnicamente sopra la media sono la gettata di cemento armato su cui è posato un sound dall’impatto sicuramente dei più brutali, tenuto su livelli portentosi fino alla fine.
Il quartetto, ora composto da Yasin Yilmaz alle pelli, Torsten Müller alla chitarra, Sascha Mordtmann al basso e Michael Vössing a ringhiare come un orco malvagio al microfono, libera tutti gli istinti repressi in questo primo episodio di una carriera partita bene e che, speriamo, regali ancora violente scariche death metal dai rimandi brutal di matrice americana.

Tracklist
1.Unleash the Apocalypse
2.Impaled Human’s Labyrinth
3.Thoughts of Killing
4.Caverns of the Unwanted
5.Demo Track

Line-up
Yasin Yilmaz – Drums
Torsten Müller – Guitars
Michael Vössing – Vocals
Sascha Mordtmann – Bass

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