Dogmate – Dual

In questo lavoro l’ hard rock alternativo ha preso le redini del sound del gruppo, mettendo leggermente più in ombra le sfumature stoner del primo album.

Avevamo incontrato i romani Dogmate in occasione del primo lavoro sulla lunga distanza, uscito tre anni fa dal titolo Hate, una mazzata pesantissima di hard groove stoner.

Li ritroviamo con il nuovo album, Dual, licenziato questa volta dalla Murdher Records e con un nuovo cantante, Michele ‘197’ Allori, che sostituisce Massimiliano Curto.
Le novità non si fermano qui, il sound infatti pur mantenendo un forte impatto groove risulta più alternativo rispetto all’atmosfera generale che si respirava sul precedente lavoro, che appariva molto più desertica e diretta.
I brani attuali sono più vari a livello ritmico e il gruppo non fa venire meno la sua carica, mantenendo un approccio non dissimile, ma è fuor di dubbio che in Dual l’ hard rock alternativo abbia preso le redini del sound del gruppo, mettendo leggermente più in ombra le sfumature stoner del primo lavoro.
Non manca il gran lavoro alla sei corde di Stefano Nuccetelli, sempre vicino allo stile di Zakk Wilde, mentre la sezione ritmica si ritaglia una performance da applausi per varietà e potenza (Ivan Perres alle pelli e Roberto Fasciani al basso).
Il nuovo arrivato dietro al microfono rende giustizia al lavoro ritmico così vario e dinamico con una prestazione che passa agevolmente da toni melodici a rabbiose e potenti frustate, ed il risultato non può che essere apprezzato.
Un salto nell’hard rock moderno e groovy del nuovo millennio, con una dose di rock alternative a legare il tutto, ed un lotto di canzoni potenti e perfette per spezzare colli in sede live: questo è Dual, sostenuto da brani come Mules Of Society, Who Knew e l’alternativa, con echi di System of A Down, Disembodied Understanding.
Era buona la prima e si continua su un buon livello con la seconda, confermando i Dogmate come ottima realtà da scoprire per gli amanti del genere.

TRACKLIST

1.Dual Mind
2.Mules Of Society
3.The Way It Is
4.Who Knew
5.The Only Thing I Failed
6.(Un)firm Act
7.Disembodied Understanding
8.Story Told
9.Stygian
10.Xàpwv

LINE-UP

Michele ‘197’ Allori – Vocals
Stefano ‘Sk’ Nuccetelli – Guitars
Ivan ‘Ivn’ Perres – Drums
Roberto ‘Jeff’ Fasciani – Bass

DOGMATE – Facebook

Vampire – With Primeval Force

Un altro lavoro incentrato sui suoni classici, una macchina del tempo che a ritroso supera i primi anni novanta e si ferma nella seconda metà del decennio precedente, quando i primi vagiti death erano accompagnati da sfuriate di rozzo ed ignorante thrash metal.

Se pure una label prestigiosa come la Century Media dà ampio spazio ai gruppi dal sound old school, allora è giunto il momento che i detrattori se ne facciano una ragione: il death metal classico è tornato e si porta dietro tutte le sue ispirazioni, con la propria bandiera che, portata da gruppi come i Vampire, sventola fiera sulla scena estrema.

Un altro lavoro incentrato sui suoni classici, una macchina del tempo che a ritroso supera i primi anni novanta e si ferma nella seconda metà del decennio precedente, quando i primi vagiti Death erano accompagnati da sfuriate di rozzo ed ignorante thrash metal.
Il gruppo svedese, di provenienza illustre (Göteborg) se si parla di metal estremo, aveva già esaltato i fans del genere con un primo album omonimo uscito tre anni fa, e porta nel 2017 i suoni marci, demoniaci e graffianti dei pionieri di un certo modo di suonare metallo estremo come Possessed e Celtic Frost, chiaramente lasciando che qualche spunto proveniente dai primi anni novanta contamini un sound che di fatto parla il linguaggio del decennio precedente.
In questo nuovo lavoro, che arriva dopo uno split ed un ep, i Vampire aggiustano quelle piccole screziature a livello di produzione ed arrangiamenti che avevano reso il debutto straordinariamente imperfetto e rinfrescano il loro devastante sound che rimane assolutamente old school.
Riff, chorus e cavalcate metalliche ripercorrono la storia delle musica estrema partendo dalle origini, quando gli Slayer erano l’incubo delle notti dei kids di tutto il mondo e i demoni si trastullavano con album dai quali With Primeval Force ha preso impatto ed attitudine.
Thrash/death metal quindi, primigenio e poco incline a sfumature che vanno oltre l’alba degli anni novanta, una cattiveria che sta tanto nello scream diabolico del singer Hand Of Doom, quanto nei riff taglienti di Black String e Sepulchral Condor, mentre la sezione ritmica accompagna questi nove inni al male con perizia da veterani (Command al basso e Abysmal Condor alle pelli).
Fatevi quindi travolgere dalla maligna atmosfera creata da brani veloci e cattivissimi che a tratti entusiasmano (Metamorfosis e Revenants rimangono indubbiamente le migliori), mentre la stanza si trasforma in quella che una volta era il vostro rifugio, ricompaiono i poster alle pareti ed il computer si trasforma nel giradischi con il mangiacassette che tanta musica metal ha consumato nel secolo scorso: buon ritorno al giorno d’oggi … se ci riuscite.

TRACKLIST
01. Knights Of The Burning Crypt
02. He Who Speaks
03. Metamorfosis
04. Skull Prayer
05. Midnight Trial
06. Revenants
07. Ghoul Wind
08. Initiation Rite
09. Scylla

LINE-UP
Hand of Doom – vocals
Black String – guitars
Sepulchral Condor – guitars
Command- bass
Abysmal Condor – drums

VAMPIRE – Facebook

Centripetal Force – Eidetic ep

Thrash metal tecnico e progressivo è quello che ci propone questo terzetto italo/inglese formato da due musicisti attivi dal 1993 nella scena metallica torinese, i quali che si avvalgono della prestazione dietro al microfono del cantante John Knight (in forza ai Synaptic).

Thrash metal tecnico e progressivo è quello che ci propone questo terzetto italo/inglese formato da due musicisti attivi dal 1993 nella scena metallica torinese (il batterista Andrea Carratta ed il chitarrista Stefano Saroglia), i quali si avvalgono della prestazione dietro al microfono del cantante John Knight in forza ai Synaptic.

Eidetic è il loro primo lavoro, formato da tre brani che ci riportano tra le trame intricatissime del metal progressivo di natura estrema e di stampo thrash.
Non sono tracce facilissime da digerire se non si è amanti del tecnicismo, che raggiunge vette altissime per quanto riguarda la prestazione dei singoli musicisti, ma lasciando qualcosa a livello di fruibilità.
Certo è che i tre musicisti sono di un’altra categoria, costruendo una ragnatela di ritmiche, solos suonati alla velocità della luce ed una voce particolare che cresce col passare degli ascolti (a tratti sembra usata come strumento vero e proprio).
Dei tre brani, In Death Of A Marionette è quello più lineare e ad un primo ascolto è ovviamente quello che si ricorda più facilmente, ma dando il giusto tempo non mancano di convincere neppure Centripetal Force e Eidetic Memory le altre due tracce canzoni che completano l’ep.
Quello dei Centripetal Force è un sound che si avvale della perizia di questi tre ottimi musicisti e che, affondando le sue radici nelle opere di Coroner, Mekong Delta, Death e Cynic, verrà apprezzato dai fans di queste band.

TRACKLIST
1.Centripetal Force
2.Eidetic Memory
3.In Death Of A Marionette

LINE-UP
Andrea Carratta – beats
John Knight – screams
Stefano Saroglia – riffs

CENTRIPETAL FORCE – Facebook

Zombie Lake – The Dawn Of Horror

Un macigno strutturato su mid tempo potentissimi e devastanti pezzi di raw thrash metal, questo è The Dawn Of Horror

Grind, death , black metal, industrial, le vie delle musica estrema hanno molte strade su cui viaggiare per arrivare al traguardo, certo è che una delle più difficili (e solo facili all’apparenza) è quella del thrash metal, troppo spesso poi nascosto dalla potenza del death e per molti diventato death/thrash, tanto per semplificare il tutto.

Ci sta, rimane il fatto che proposte estreme come quella degli svedesi/statunitensi Zombie Lake risultano un devastante esempio di thrash metal, estremizzato da rimandi al death, all’horror metal e al black, così da diventare un’orgia di suoni estremi come un pasto, consumato da famelici zombie, a base di arti e cervella dall’umana origine.
Il gruppo licenzia il secondo lavoro per la Iron Shield, un pezzo di incudine thrash metal pesante e orrorifico, estremo come solo lo splatter sa essere, che non passerà inosservato: la furia estrema di questo album è puro odio distruttivo, un macigno strutturato su mid tempo potentissimi e devastanti pezzi di raw thrash metal.
Questo è The Dawn Of Horror e su queste coordinate sfilano i nove inni alla totale distruzione senza compromessi, ma se volete dei titoli allora ecco Werewolf Attack, l’accoppiata Dead Eyes/Motorcycle Hammers e la conclusiva The Final Outbreak of Aggression, gli apici di questa blasfemia senza fine.
Volete un album estremo nel vero senso del termine? Eccolo.

TRACKLIST
1.Bridge Over Bloodred Water
2.Killed a Thousand Times
3.Werewolf Attack
4.The Ceremony
5.Hoardering Skulls
6.Dead Eyes
7.Motorcycle Hammer
8.Almighty Sorcerer
9.The Final Outbreak of Aggression

LINE-UP
Martin “Golem” Missy – Vocals
Derek “Neglect” Schilling – Guitar & Bass
Antman – Drums
Bill Kelly – leadguitar
Ryan Lipynsky- leadguitar

ZOMBIE LAKE – Facebook

Divinity – Immortalist

Un ottima idea quella di unire le tre parti di Immortalist, così da formare un unico e devastante pezzo di granito metallico che, tra potenza estrema e melodie, soddisferà sicuramente la fame dei fans del metal estremo moderno di estrazione thrash.

I Divinity sono un gruppo dedito ad una forma che è una buona via di mezzo tra il thrash metal moderno ed il melodic death metal scandinavo.

Nata in Canada (Calgary) a cavallo dei due millenni, la band ha dato alle stampe due full lenght e tre ep, che formano un concept intitolato Immortalist, usciti tra il 2013 e quest’anno.
Ora le tre parti (Awestruck, Momentum e Conqueror) vengono unite dal gruppo in un’unica compilation intitolata appunto Immortalist, trasformandosi così in un monumentale album che trasuda metallo e che nei suoi settanta minuti di durata regala momenti di altissimo livello, come D.M.T., brano thrash metal progressivo e melodico che vede la partecipazione dietro al microfono di Björn “Speed” Strid, vocalist dei Soilwork. E proprio dalla band svedese il sound dei Divinity è ispirato nella sua parte europea, mentre il resto del lavoro lo fanno le influenze di marca statunitense, tra Testament, Strapping Young Load e Machine Head.
Sempre in bilico tra la potenza del thrash/groove metal in uso aldilà dell’ Atlantico e la velocità e la melodia death metal scandinavo dal piglio melodico, Immortalist, pur nella sua durata, ovviamente diventata notevole, non annoia.
Il songwriting dunque è sicuramente efficace, così come il livello tecnico dei musicisti coinvolti, in particolare una sezione ritmica modello carro armato.
Oltre alla già citata D.M.T., l‘ album nel suo insieme non mostra cali di tensione e si avvale della buona qualità di brani come The Dead Speak From Beyond, Lucid Creator e Conqueror.
Un ottima idea quella di unire le tre parti di Immortalist, così da formare un unico e devastante pezzo di granito metallico che, tra potenza estrema e melodie, soddisferà sicuramente la fame dei fans del metal estremo moderno di estrazione thrash.

TRACKLIST
1.Manhunt
2.Atlas
3.Hallowed Earth
4.D.M.T.
5.PsyWar
6.Distorted Mesh
7.The Dead Speak from Beyond
8.Lucid Creator
9.The Reckoning
10.All Seeing Eyes
11.Momentum
12.Conqueror

LINE-UP
Sean Jenkins – Vocals
Jeff Waite – Vocals
James Duncan – Guitars
Brett Duncan – Drums
Keith Branston – Bass

DIVINITY – Facebook

Death Of Kings – Kneel Before None

Kneel Before None è una bomba sonora, un concentrato di metallo old school violentissimo, suonato ad altissime velocità, atmosfericamente perfetto nel risvegliare streghe come in una notte in quel di Salem.

Se siete dei metallari convinti che la parola old school porti con sé solo sonorità pregne di nostalgica passione ma obsolete, molte volte non supportate da una registrazione almeno dignitosa, fate un passo indietro ed ascoltatevi questo pezzo di meteorite speed/thrash in arrivo dagli Stati Uniti.

Tornando indietro agli anni ottanta, tra heavy metal tripallico reso estremo da dosi fatali di thrash metal, il nuovo lavoro dei Death Of Kings scende dallo spazio a pazza velocità in rotta di collisione con la Terra, produce un buco nero spazio temporale,  e come un serial killer vi rincorre, vi scova e vi fa a pezzi a colpi di metal vecchia scuola.
Kneel Before None è l’esordio sulla lunga distanza, preceduto da un singolo (Hell Comes to Life) e licenziato dalla Boris Records: la band, attiva dal 2010, porta in dote una manciata di lavori minori, così come migliaia di altre realtà che si affacciano sul panorama metallico mondiale, solo che i Death Of Kings non sono una band normale.
L’album, infatti, è una bomba sonora, un concentrato di metallo old school violentissimo, suonato ad altissime velocità, atmosfericamente perfetto nel risvegliare streghe come in una notte in quel di Salem, valorizzato da un lotto di brani esaltanti, tra ritmiche infernali di scuola speed metal, solos graffianti ed al limite dell’umano e voci possedute da demoni evocati dall’ennesimo lungo sabba.
Shadow Of The Ripper, Regicidal e l’atomica Knifehammer sono solo alcune delle violente raffiche di vento atomico che spazzerà via tutto dopo l’impatto del meteorite, lasciando solo morte, distruzione e i servi del demonio a girare tra i cadaveri come iene affamate.
Bellissimo lavoro, consigliato agli amanti del genere, anche se un ascolto non farebbe male neppure a chi pensa che certe sonorità in uso negli anni ottanta non fossero abbastanza cattive.

TRACKLIST
1.Shadow Of The Reaper
2.Sojourn
3.Regicidal
4.Descent Into Madness
5.Hell Comes To Life
6.Knifehammer
7.Plague (Upon the World)
8.Too Fast For Blood
9.Revel In Blasphemy

LINE-UP
Matt Matson- lead vocals, guitar
Scott Price – bass, vocals
Matt Kilpatrick – guitar, vocals
Amos Rifkin – drums, vocals

DEATH OF KINGS – Facebook

Bullet-Proof – Forsaken One

Il sound racchiuso in Forsaken One è 100% thrash metal, legato alla tradizione statunitense ma senza disdegnare sfumature moderne

I Bullet Proof sono un gruppo italo/slovacco, nato a Bolzano tre anni fa ma, di fatto, band internazionale già sul mercato con l’esordio De-Generation, uscito due anni, ideale preludio a questo ottimo secondo lavoro.

Il sound racchiuso in Forsaken One, infatti, è 100% thrash metal legato alla tradizione statunitense ma senza disdegnare sfumature moderne (specialmente per quanto riguarda arrangiamenti e produzione) ed un gusto melodico nei solos di matrice heavy metal.
Il quartetto formato da Richard Hupka (chitarra e voce) e suo figlio Lukas (batteria), a cui si aggiungono Max Pinkle (chitarra) e Federico Fontanari (basso), ci consegna un lavoro roccioso, agguerrito, ma straordinariamente melodico, laddove le sfuriate thrash lasciano il posto a lunghe e spettacolari parti heavy, con le chitarre che si vestono di un metal elegante per poi trasformare il sound da una sorta di un rassicurante Dottor Jekyll ad un cattivo ed indomabile mister Hyde.
Così, una volta che il lato oscuro prende il sopravvento, la band alza l’asticella e Forsaken One vola, con la sezione ritmica che è un rullo compressore grazie ad un Lukas Hupka straordinario picchiatore, mentre le due asce sfornano riff e solos che sono vangelo per ogni thrasher che si rispetti.
L’opener Might Makes Right, la title track, la splendida e melodica No One Ever e le devastanti Abandon e Revolution ci consegnano un lavoro che non lascia scampo, perciò bando all’esterofilia (e anche se fosse qui parliamo di una band italiana soprattutto per sede operativa) e buttatevi in un headbanging sfrenato in compagnia dei Bullet Proof: gli eroi della Bay Area sono tutti lì ad applaudire.

TRACKLIST
01 – Might Makes Right
02 – Forsaken One
03 – Portrait Of The Faceless King
04 – No One Ever
05 – I Was Wrong
06 – Abandon
07 – Lust
08 – Revolution
09 – Little Boy

LINE-UP
Richard Hupka – Lead Vocals, Guitar
Max Pinkle – Guitars
Federico Fontanari – Bass Guitar
Lukas Hupka – Drums

BULLET PROOF – Facebook

Dirty Machine – Discord

Questi ragazzi americani hanno trovato la propria via per fare un genere fin troppo bistrattato e che invece riesce ancora a regalare buoni dischi come questo.

Fare nu metal è una missione difficile al giorno d’oggi, e farlo bene è sempre stato difficoltoso, ma i californiani Dirty Machine riescono a centrare il bersaglio al primo tentativo.

Questi ragazzi americani hanno trovato la propria via per fare un genere fin troppo bistrattato e che invece riesce ancora a regalare buoni dischi come questo. Il nu metal è un linguaggio che dovrebbe portare far buttare fuori il disagio, usando codici solo all’apparenza diversi fra loro, come il metal e qualcosa vicino al rap. Nel caso specifico dei Dirty Machine ci troviamo di fronte ad un disco molto ben prodotto, dove le chitarre graffiano belle ribassate, con molti riferimenti ai grandi classici attraverso rielaborazioni personali e ben riuscite. Discord non ha un incedere velocissimo, ma scava molto bene i suoi solchi sul terreno, alternando melodia e pezzi più pesanti. Le parti vocali sono incastonate tutte molto bene, con molte aperture melodiche che funzioneranno egregiamente nelle radio americane che magari le avessimo qui, avremmo una migliore cultura rock. Discord è la rumorosa testimonianza che un certo modo di fare nu metal non è ancora (o mai) morto, e se si prende la band giusta con dj annesso si riescono ancora a sentire cose egregie; certo ora che, ormai da anni e anni, è passata la grande marea bisogna avere idee chiare e capacità di produrre dischi più che buoni. Discord è tutto ciò, ed è soprattutto un disco molto divertente, che fa saltare e che garantisce molti ascolti senza morire dentro allo stereo, e alla fine questa è la cosa più importante, qualunque sia il genere.

TRACKLIST
1. Seeds
2. Discord
3. Self Made Hero
4. Social Recoil
5. Ecusa’s Nightmare
6. Built
7. C4
8. Wonka

LINE-UP
Dave Leach – Vocals
Darren Davis – Vocals/Guitar
Arnold Quezada – Guitar
NIGHTMARE – Drums
DJ Ecusa – Turntable
Youngblood – Bass

DIRTY MACHINE – Facebook

03 mag 2017 – Caricato da Zombie Shark Records

Opalized – Rising From The Ash

Questi ragazzi di Bordeaux hanno una marcia in più e lo si può sentire benissimo nel disco, perché la potenza ed il controllo che hanno molti gruppi se lo sognano.

Gli Opalized sono di Bordeaux e propongono un metalcore molto potente e vicino al thrash, con un forte background hardcore.

Gli Opalized si distinguono nel grande mare del metalcore per una notevole potenza di suono, anche grazie ad una puntuale produzione. Questi ragazzi di Bordeaux hanno una marcia in più e lo si può sentire benissimo nel disco, perché la potenza ed il controllo che hanno molti gruppi se lo sognano. Oggigiorno per fare un metalcore che possa risultare notevole bisogna essere ancora più bravi di anni fa, sia perché quando un genere comincia a mostrare segni di usura bisogna ricercare altre vie, sia perché non è per nulla facile distinguersi. Gli Opalized invece riescono molto bene a farsi sentire, con il loro timbro veloce e potente, e le loro parti melodiche mai ovvie e scontate, inserite sempre molto bene e con proprietà. Diventa davvero piacevole ascoltate dischi come questo di metal moderno, che lasciano anche grande speranza per il futuro del fare musica pesante in maniere intelligente: dalla Francia arrivano molti di questi esempi e gli Opalized sono fra i migliori.

TRACKLIST
01. The Fall
02. Gives It Back
03. End of Humain Reign
04. Unity
05. Black Flag
06. Near Death Experience
07. Rising from the Ashes

LINE-UP
Boris Kasnov – Vocals
Joachim Touron – Guitar, Clean Vocals
Seeklone – Guitar, Studio Drums
Rémy Pasques – Bass

OPALIZED – Facebook

Memoriam – For The Fallen

Il ricordo per l’amico caduto permea tutto il disco, ed in alcuni momenti diventa davvero struggente e ci fa tornare a quello che dovrebbe essere lo spirito del metal, potenza, cattiveria, valori ed amicizia e Karl Willetts incarna benissimo tutto ciò. La guerra continua.

Quando un compagno cade lo si piange, ma la guerra purtroppo non finisce mai, può terminare per noi quando chiudiamo gli occhi, ma per gli altri non finisce.

Arriva così, dopo una manciata di ep e singoli la nuova avventura di Karl Willetts e soci, reduce dalla grandiosità e dalla bellezza guerriera dei Bolt Thrower, la cui importanza non potrà mai essere sminuita. Essendo una persona con dei valori, e con lui i membri dei Bolt Thrower, dopo la morte a soli 38 anni del compagno Martin Kearns, ha deciso nel 2016 di mettere fine all’avventura e di cominciarne un’altra, ed ecco qui i Memoriam. Le canzoni sono state scritte in un breve lasso di tempo, e nel disco si può svariare su tutta l’asse della carriera musicale e delle influenze di Willetts. I Memoriam sono principalmente un gruppo death metal, ma Willetts non ha mai abbandonato le proprie radici musicali, quelle che una notte del 1986 in un pub di Coventry diedero ad uno dei più grandi gruppi metal della storia. Hardcore quindi, ma anche e soprattutto quel sentire molto vicino a gruppi come Discharge e quell’ondata inglese di aggressione musical politica che ha poi influenzato molti gruppi. I Memoriam spaziano in tutto questo, riuscendo a fare un disco granitico e potente, ben disgiunto dai Bolt Thrower, anche se ovviamente qualche riff e situazione li possono ampiamente ricordare. For The Fallen è un ottimo esempio di death metal inglese, che è un qualcosa di ben diverso dalle altre interpretazioni del genere. Molte cose possono essere sistemate o migliorate, ma essendo un disco di pancia è molto bello così. Il ricordo per l’amico caduto permea tutto il disco, ed in alcuni momenti diventa davvero struggente e ci fa tornare a quello che dovrebbe essere lo spirito del metal, potenza, cattiveria, valori ed amicizia e Karl Willetts incarna benissimo tutto ciò. La guerra continua.

TRACKLIST
1. Memoriam
2.War Rages On
3. Reduced to Zero
4. Corrupted System
5. Flatline
6. Surrounded By Death
7. Resistance
8. Last Words

LINE-UP
Karl Willets – Vocals
Frank Healy – Bass
Scott Fairfax – Guitar
Andy Whale -Drums

MEMORIAM – Facebook

Assaulter – Meat Grinder

Un album che sprizza metal devastante e tripallico da tutti i pori, un altro lavoro convincente dalla sempre meno provinciale scena italiana.

Un altro gradito ritorno sulla scena metallica nostrana è quello dei pugliesi Assaulter, thrashers di Taranto che avevano rotto non poche teste con il primo ep, Crushed by Raging Mosh, uscito ormai sei anni fa.

Thrash metal dirompente, bilanciato tra tradizione americana ed europea, suonato e prodotto molto bene e, per questo, esplosivo il giusto per non fare prigionieri ma solo macerie.
Riff veloci e taglienti, tanta grinta che a tratti si trasforma in pura rabbia, ed una dose molto alta di adrenalina continuano ad essere le maggiori qualità del gruppo di Taranto, in guerra contro tutto e tutti con un approccio speed che ne rende appetibile il sound ai thrashers dai gusti classici ed old school.
Meat Grinder non lascia scampo, le tracce più veloci vengono rallentate e si trasformano in muri sonori, mentre il gruppo viene impossessato da uno spirito hardcore/punk nei quarantadue secondi della violentissima L.M.T., oppure quando il gioco al massacro è condotto dallo speed/thrash old school di Assaulter o Mind Control.
L’alternanza tra velocità e mid tempo risulta più marcato nelle tracce in cui il minutaggio si allunga, come in Terror World ed After The Countdown, anche se l’approccio al genere, per il gruppo è da guerra totale per tutta la durata dell’opera.
Meat Grinder è un album che i thrashers duri e puri troveranno perfetto, perché la band usa a suo piacimento tutti i cliché del genere con personalità e tecnica, affidandosi ad un suono esplosivo che trasporta l’ascoltatore, affascinato dal tagli di un lavoro curato nei minimi dettagli.
Un album che sprizza metal devastante e tripallico da tutti i pori, un altro lavoro convincente dalla sempre meno provinciale scena italiana.

TRACKLIST
1.Assaulter
2.Meat Grinder
3.Dead End Siding
4.Terror World
5.L.M.T.
6.Liesocracy
7.Mind Control
8.Pay to Play
9.After the Countdown
10.Bestial Vomit

LINE-UP
Paolo Iori – Guitars
Enzo – Vocals, Bass
Rodolfo – Drums
Gigi – Guitars

ASSAULTER – Facebook

Running Death – Dressage

Un sound che, se si può senz’altro considerare classico, risulta comunque fresco, potente e melodico, grazie ad un songwriting sopra la media, ad un tocco di speed power di tradizione europea e a tanto thrash metal statunitense.

Le buone impressioni suscitate dallo scorso full length (Overdrive, uscito un paio di anni fa) sono state confermate e i tedeschi Running Death, con il nuovo lavoro Dressage, faranno la gioia degli amanti del metal in generale.

Questo avviene grazie ad un sound che, se si può senz’altro considerare classico, risulta ugualmente fresco, potente e melodico, grazie ad un songwriting sopra la media, ad un tocco di speed power di tradizione europea e a tanto thrash metal statunitense, tra Testament e Forbidden.
Dressage si avvale di un gran lavoro melodico, punto di forza del sound del gruppo bavarese, con il bravissimo cantante Simon Bihlmayer che, oltre a suonare la sei corde, possiede una voce che ricorda il giovane Chuck Billy.
Non cede un attimo questo album, i brani si susseguono potenti, veloci e melodici, senza mai avvicinarsi al groove, tanto di moda di questi tempi, mantenendo un approccio heavy/power che con l’irruenza e l’impatto del thrash fa fuoco e fiamme su tracce ritmicamente colme di cambi di tempo e impreziosite da una tecnica notevole.
Velocità e mid tempo si danno il cambio tra i solchi di brani che a tratti entusiasmano, entrando a forza nella testa dell’ascoltatore.
Si decolla senza indugi con l’opener Courageous Minds e si punta dritti alla zona da bombardare con una serie di tracce notevoli (la title track, Duty Of Beauty, Beneath The Surface) thrash metal tecnico ed heavy power fanno la voce grossa e chiedono a gran voce lo scettro di sovrani dei generi metal classici, mentre Andrej Ramich al basso e
Jakob Weikmann alle pelli sorprendono con una prova gagliarda e Daniel Baar lavora la sua sei corde con perizia melodica sopra le righe.
Dressage è metal con la M maiuscola, ha tutto per fare breccia nei cuori non solo dei thrashers ma di chiunque ami il metal dal taglio classico.

TRACKLIST
01. Courageous Minds
02. Dressage
03. Delusive Silence
04. Heroes Of The Hour
05. Duty of Beauty
06. Numbers
07. Beneath the Surface
08. Anthem of Madness (instrumental)
09. Safety Second
10. Refuse to Kill

LINE-UP
Simon Bihlmayer – Vocals, Guitars
Daniel Baar – Guitars
Andrej Ramich – Bass
Jakob Weikmann – Drums

RUNNING DEATH – Facebook
URL YouTube, Soundcloud, Bandcamp

Malkavian – Annihilating the Shades

Le influenze sono riscontrabili nei gruppi estremi thrash/death metal statunitensi, ma i Malkavian ci mettono del loro, d’altronde l’ esperienza è secolare e la fame di sangue inesauribile…

Una bomba sonora questo ultimo lavoro dei vampiri di Nantes che, sotto il monicker Malkavian, ci aggrediscono con il loro thrash/groove metal assolutamente devastante.

Difficile trovare un gruppo che, con un nome e un concept vampiresco, distrugga tutto con la forza del thrash moderno, invece di ipnotizzarci con languide melodie gotiche, ma si sa, la cattiveria dei vampiri dipende dal ceppo e dagli anni in cui la loro stirpe comanda e il 2017 è l’anno dei Malkavian.
Annihilating the Shades è dunque un devastante e violentissimo esempio di metal moderno dai rimandi thrash e dal groove che sprizza come sangue dalle vene e dalle arterie: qui i vampiri sono quelli di Underworld e non del classico Dracula (tanto per intenderci), guerrieri della notte in lattice ed automatiche, un esercito di super uomini in una battaglia che dura dalla notte dei tempi e dalla colonna sonora estrema ed esaltante, pura follia omicida rappresentata da inni al male come Alter Of The Damned, Ruins, l’annichilente, oscura e maligna The Great Overset e il muro di creature della notte pronti a colpire al segnale di Encryption Process.
Romaric “Riko” Lamare è un non morto che sputa odio dal microfono, la sezione ritmica un massacro di innocenti (Florian Pesset al basso ed Alex Jadi alle pelli), le chitarre armi micidiali tra ventate di morte e melodie allucinate che, invece di smorzare la tensione, rendono ancora più terrificante e violento il sound (Nicolas Bell e Mathieu Deicke).
Le influenze sono riscontrabili nei gruppi estremi thrash/death metal statunitensi, ma i Malkavian ci mettono del loro, d’altronde l’ esperienza è secolare e la fame di sangue inesauribile…

TRACKLIST
1.Resurgence
2.Altar of the Damned
3.Spit Away
4.Ruins
5.Annihilating the Shades
6.The Great Overset
7.Encryption Process
8.Kba
9.Void of a Thousand Eyes

LINE-UP
Florian Pesset – Bass
Nicolas Bel – Guitars & Backing Vocals
Romaric Lamare – Vocals
Alex Jadi – Drums
Mathieu Deicke – Guitars

MALKAVIAN – Facebook

Critical Solution – Barbara The Witch

In Barbara The Witch si parla streghe, roghi ed inquisizione e il gruppo ci va a nozze, tra devastanti fughe thrash, atmosfere classicamente heavy e sfumature horror metal.

I thrashers norvegesi Critical Solution fecero innamorare il sottoscritto un paio d’anni fa, in occasione dell’uscita del bellissimo Sleepwalker.

Tornano oggi con Barbara The Witch, un concept album tratto da un’opera di Arthur Brown (The God Of Hellfire) e ci troviamo ancora una volta davanti ad un album esaltante, che mescola thrash metal e tematiche horror metal.
Per chi non conoscesse ancora i quattro stregoni norvegesi ricordo che la band è attiva da una dozzina d’anni, arriva con questo album al traguardo del terzo full length dopo aver dato alle stampe un paio di ep, il debutto sulla lunga distanza Evil Never Dies del 2013 ed il precedente Sleepwalker.
Dunque si parla di streghe, roghi ed inquisizione e il gruppo ci va a nozze, tra devastanti fughe thrash metal di ispirazione statunitense (Metallica, Testament), atmosfere classicamente heavy (Rainbow, Black Sabbath) e le sfumature horror metal prese in prestito dal King Diamond e valorizzate da un songwriting sopra la media.
Non ci si annoia con la musica dei Critical Solution, le loro ispirazioni danno vita ad un saliscendi di emozioni metalliche, tra ritmiche che corrono all’impazzata, arpeggi melodici che creano atmosfere oscure, chitarre come le fiamme che ricoprono i corpi delle streghe e segnano la pelle con frustate solistiche.
La splendida thrash horror metal The Burning Pyre risulta il cuore dell’album, un crescendo drammatico che parte con un recitato, mentre la furia prende il sopravvento per poi lasciare spazio ad una marcetta tragica, mentre il cielo si oscura, le fiamme toccano i nuvoloni grigi e la strega grida ai carnefici la sua maledizione: in due parole, brano fantastico.
Chiaramente Barbara The Witch non si ferma certo qui, regalando ancora almeno un paio di tracce spettacolari come The Village, Red Hooded Devils e The Headless Horsemen brano che i Metallica non scrivono da una vita.
Quando tutto sembra finito, il bonus cd incluso nell’album ci dona una manciata di cover di classici dell’hard & heavy suonati alla maniera dei Critical Solution, ed allora preparatevi alle esaltanti nuove versioni di Let It Die (Ozzy Osbourne) e, tra le altre, Speed King dei Deep Purple, e la straordinaria versione dell’indimenticabile Gypsy degli Uriah Heep.
Come scritto in occasione del precedente lavoro, siamo al cospetto di una grande band, imperdibile per gli amanti dell’horror metal e soprattutto del thrash old school.

TRACKLIST
1. Natas Fo Live
2. The Village
3. Barbara the Witch
4. Red Hooded Devils
5. Peter Crow
6. The Burning Pyre
7. End of the Beginning
8. The Headless Horsemen
9. Officer Green
10. A Lady in White
11. Return of the Witch
12. Into the Abyss

CD 2 – “Covers From Hell”
1. Locked up in Snow (King Diamond’s Black Rose cover)
2. Let it Die (Ozzy Osbourne cover)
3. Killed by Death (Motörhead cover feat. Whitfield Crane/LaRocque)
4. Iron Man (Black Sabbath cover)
5. Speed King (Deep Purple cover)
6. Gypsy (Uriah Heep cover feat. Snowy Shaw)

LINE-UP
Christer Slettebø – Vocals/Lead Guitar
Egil Mydland – Drums
Eimund Grøsfjell – Bass
Guitar Bjørnar Grøsfjell – Guitar

http://www.facebook.com/CriticalSolution

Condor – Unstoppable Power

Un sound che rimane confinato nei meandri dell’underground, a sola esclusiva dei fans legati al thrash metal più rozzo, ignorante ed accecato dalla furia malefica del black metal.

Secondo album per i norvegesi Condor, attivi dal 2009, con il loro sound che esprime l’irruenza del thrash unita alla morbosa devastazione del black metal, tutto rigorosamente old school e sporcato da una cattiveria notevole.

Un sound che rimane confinato nei meandri dell’underground, a sola esclusiva dei fans legati al thrash metal più rozzo, ignorante ed accecato dalla furia malefica del black metal.
Unstoppable Power è tutto qui, un po’ poco per uscire dagli ascolti dei fanatici del genere, con il caos, che regna su brani senza compromessi come l’opener Embrace By Evil o Chained Victims, a ripetersi per tutti i trentasei minuti di durata, tra esplosioni ritmiche di scuola thrash metal, attitudine black e velocità fine a sé stessa.
Chris Sacrifice declama con rabbioso tono le malefatte delle truppe infernali, mentre davanti a noi passano i primi Slayer, i Venom ed i Darkthrone in un mulinello di suoni estremi che ci trascinano sotto e ci lasciano annegare nel sangue delle vittime, massacrati in una battaglia senza fine.
In 83 Days Of Radiation, spunti black’n’roll portano il sound dei Condor davanti all’anima di Lemmy, che arriccia il naso e boccia il gruppo norvegese, impegnato ad essere oltremodo cattivo ma poco incisivo e ripetitivo nelle soluzioni adottate per questo Unstoppable Power.
Sinceramente, qui non ho trovato che una serie di idee abusate fino allo sfinimento dai gruppi che bazzicano nell’underground da un po’ di anni, rendendo questo album perlomeno trascurabile: qualche spunto classico nei solos alza il livello dell’album fino ad una sufficienza risicata.

TRACKLIST
1. Embraced By Evil
2. Riders Of Violence
3. Chained Victims
4. You Can’t Escape The Fire
5. Unstoppable Power
6. 83 Days Of Radiation
7. Malevolent Curse
8. Horrifier

LINE-UP
Chris Sacrifice – vocals, bass, guitars
Maggressor – guitars
Obskurvind – drums

CONDOR – Facebook

Distillator – Summoning The Malicious

Secondo album per i thrashers olandesi Distillator, una delle band di spicco della scena underground del proprio paese, tornata con questo buon esempio di speed/thrash old school intitolato Summoning The Malicious.

Presentati come una delle band di maggior spicco della scena thrash metal olandese, i Distillator sono un trio dedito ad uno speed/thrash di matrice old school.

Il gruppo, con Summoning The Malicious, taglia il traguardo del secondo full length, successore del debutto sulla lunga distanza Revolutionary Cells, uscito un paio di anni fa, e dell’ep omonimo del 2013.
La band, senza compromessi e con una venerazione per i suoni tradizionali, si cimenta nel classico thrash metal ottantiano, più statunitense che europeo in verità, dunque aspettatevi l’alternanza tra selvagge ripartenze a velocità illegale, voce aggressiva ma pulita e tempi medi che variano il mood di un lavoro devastante sotto ogni aspetto.
Si torna davvero negli anni d’oro del metal, con i Distillator e la loro mezz’ora abbondante di fughe senza freni lungo lo spartito, buone parti strumentali che fanno onore all’heavy metal suonato a cento all’ora e che ha fatto la storia.
Mechanized Existence, Enter The Void, l’oscura ed atmosfericamente lontana dai soliti cliché del thrash The King Of Kings, che si avvicina, a tratti, al metal classico più epico, sono i brani che alzano la qualità di Summoning The Malicious e ne fanno un album dedicato agli amanti dello speed/thrash tradizionale: mentre le band storiche stanno tornando ai fasti dei tempi che furono, la voglia di headbanging si fa sempre più marcata nei thrashers sparsi per il mondo.

TRACKLIST
1. Blinded By Chauvinism
2. Mechanized Existence
3. Estates Of The Realm
4. Summoning The Malicious
5. Enter The Void
6. Algorithmic Citizenship
7. Stature Of Liberty
8. The King Of Kings
9. Megalomania

LINE-UP
Laurens H. – Vocals, Lead Guitars
Frank R. – Bass / Backing Vocals
Marco P. – Drums

DISTILLATOR – Facebook

Slaughter – Nocturnal Hell, Surrender Or Die

Siamo in un contesto sonoro acerbo, poi sviluppato nei lavori successivi, ma che odora di storia del genere, quindi una ristampa che per alcuni potrà sembrare ormai obsoleta, ma non per i cultori del metal estremo, che troveranno di che godere tra i vari riferimenti a Slayer, Possessed ed Hellhammer.

Quanto mai opportuna ristampa da parte della Vic Records, almeno per gli amanti del death e del thrash, curiosi delle loro origini.

I canadesi Slaughter, infatti, sono una delle band dalla travagliata storia che, con una manciata di demo e due full length, hanno lasciato il loro nome sulla nascita e lo sviluppo del death metal.
Un quartetto thrash metal nato a metà degli anni ottanta, con un sound che accompagnava le scorribande metalliche di Slayer e Possessed, ma che non mancava di inserire growl e rallentamenti che in seguiti sarebbero diventati prerogativa del death metal.
Solo due full length per il gruppo del chitarrista Dave Hewson, uno come Strappado nel 1987, diventato oggetto di culto tra i fans del genere e uno uscito nel 2004 (Fuck Of Death); nella band canadese per un breve periodo militò anche Chuck Schuldiner , mastermind non solo della sua band ma di tutto un genere.
Nocturnal Hell, Surrender Or Die, rimasterizzato e licenziato dalla Vic Records, ormai assurta a ruolo di memoria storica del genere con le sue ristampe di culto, presenta un gruppo minimale che gioca con l’allora genere più estremo in circolazione, passando da velocissimi e furiosi strappi ad atmosfere macabre e mid tempo catacombali.
La produzione grezza ed il suono in alcuni casi ovattato fanno il resto, così da avere tra le mani uno dei primi esempi di thrash/death.
Siamo in un contesto sonoro acerbo, poi sviluppato nei lavori successivi. ma che odora di storia del genere, quindi una ristampa che per alcuni potrà sembrare ormai obsoleta, ma non per i cultori del metal estremo, che troveranno di che godere tra i vari riferimenti a Slayer, Possessed ed Hellhammer.

TRACKLIST
1.Nocturnal Hell
2.One Foot in the Grave
3.Tortured Souls
4.Disintegrator
5.Incinerator
6.Maim to Please
7.Tyrant of Hell
8.Shadow of Death
9.Death Dealer
10.One Foot in the Grave
11.Surrender or Die
12.Eve of Darkness
13.Massacra (Hellhammer cover)
14.Strappado
15.Tales of the Macabre
16.Cult of the Dead (Instro-Mental)

LINE-UP
Dave Hewson – Vocals, Guitars
Terry Sadler – Bass, Vocals
Ron Sumners – Drums

SLAUGHTER – Facebook

Next Bullet – Zero

Tre musicisti provenienti da altre esperienze musicali (Overblood e Awake The Secrets) e dieci bombe thrash/punk/hardcore da sparare come una mitragliatrice impazzita in appena ventitré minuti di battaglia, sanguinaria, violentissima e senza compromessi.

Ecco un album che scaraventa al muro a suon di pugni e calci una gran parte del metal estremo con parola finale core.

Se vi siete abituati un po’ troppo ai suoni puliti, la rabbia troppe volte finta e gli atteggiamenti cool delle band metalcore, sostituite metal con thrash ed avrete trovato la miscela esplosiva che fa deflagrare i dieci brani racchiusi in Zero, primo album di questo trio proveniente dal nord est e che di nome fa Next Bullet.
Tre musicisti provenienti da altre esperienze musicali (Overblood e Awake The Secrets) e dieci bombe thrash/punk/hardcore da sparare come una mitragliatrice impazzita in appena ventitré minuti di battaglia, sanguinaria, violentissima e senza compromessi.
Non riesco ad immaginare la distruzione sonora che brani di una potenza gigantesca, pregni di un groove che non lascia scampo, accompagnato ad un sound dirompente, possano innescare dal vivo dove questo tipo di musica vive e trova la sua dimensione, lasciando ad altri produzioni patinate, coretti strappalacrime ed una disperazione più finta che il seno prosperoso e sodo di una sessantenne con più silicone che sangue in corpo.
Marc1 (voce), Paske (chitarra e basso) e Tom KT (batteria) sono una macchina da guerra, una crudele mietitrice che falcia tutto e tutti sotto cannonate metalliche come l’opener Next Bullet, le granitiche e devastanti All I Have Earned e Not Allow Them, il muro sonoro alzato da Born On The Wrong Side e l’urgenza punk rock della conclusiva Remember!.
Davvero notevoli, convincenti e dall’attitudine che sprizza dalle casse dello stereo come sangue da una ferita aperta da un pugno in pieno volto, i Next Bullet sono da supportare senza se e senza ma.

TRACKLIST
01. Next Bullet
02. All I Have Earned
03. Not Allow Them
04. Antiparasitic
05. Unrelenting Will
06. 2015: Mission Accomplished
07. Born On The Wrong Side
08. The New Hashtag
09. Kill The Maniac Pedophile
10.Remember!

LINE-UP
Marc1 – Vocals
Paske – Guitar, bass
Tom KT – Drums

NEXT BULLET – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Lucifera – Preludio Del Mal

Le canzoni che compongono questa lunga discesa nell’abisso dei Lucifera sono ricche di un’attitudine old school sia per quanto riguarda la parte black, sia quando il gruppo nobilita la propria musica con cavalcate heavy/thrash.

Ecco il classico album che cresce con gli ascolti e mostra, per la gioia dei blacksters dai gusti morbosi ed invasati per occultismo e testi macabri, una band convincente.

Loro sono i Lucifera, provengono dalla Colombia, e sono attivi da una decina d’anni con una discografia piuttosto prolifica: non sono pochi infatti, di questi tempi, sette uscite discografiche tra full length, ep, split, demo e live.
La proposta del gruppo è un black metal d’impatto sorretto da ritmiche thrash e chitarre che, a tratti, si possono tranquillamente definire maideniane per un connubio vincente.
L’album è cantato in lingua madre, ma è sulla musica che va concentrata l’attenzione: il gruppo ha davvero una marcia in più ed un songwriting che ne valorizza le energie, riuscendo nell’impresa di rendere piacevole un lavoro estremo che supera i sessanta minuti.
Bastano un paio di ascolti o magari i primi tre brani di questo Preludio Del Mal per entrare nel mondo oscuro dei Lucifera, dove la strega Alejandra Blasfemia ci accompagna con il suo scream maligno e posseduto in questa realtà fatta di occultismo, diaboliche possessioni e male.
Come accennato, le canzoni che compongono questa lunga discesa nell’abisso dei Lucifera sono pregne di un’attitudine old school sia per quanto riguarda la parte black, sia quando il gruppo nobilita la propria musica con cavalcate heavy/thrash che, a tratti, entusiasmano.
L’opener Esclavos de Dios, Tormentas de Sangre e la conclusiva Blasfemias (undici minuti di raggelante black doom) sono i brani che più colpiscono, ma questo lavoro merita la giusta attenzione nel suo insieme e i Lucifera un applauso per il lavoro svolto.
Se vogliamo trovare un difetto a Preludio Del Mal è forse nella produzione, un dettaglio per un’opera da non perdere assolutamente da parte di un altro gruppo che MetalEyes è felice di proporre ai suoi lettori.

TRACKLIST
1.Esclavos de Dios
2.Los Demonios de Loudun
3.Tiempos Siniestros
4.Alianzas de Acero y Metal
5.Tormentas de Sangre
6.Culto Ancestral
7.A Través de la Muerte
8.Preludio del Mal
9.Leyendas Mortuorias
10.El Señor de las Moscas
11.Letanías Infernales
12.Blasfemias

LINE-UP
David HellRazor – Owner, Guitarist, All Music & Compositions)
Alejandra Blasfemia – Manager, Bass, All Lyrics & Vocals
Acid Witch – Guitar
C. Commander – Drums

LUCIFERA – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=pQZc1psXa5w

Dark Phantom – Nation of Dogs

Pensate al sound di Slayer e Testament più death oriented, ricamati dalla musica popolare che dà al tutto un tocco progressivo, ed avrete in mano la musica degli iracheni Dark Phantom.

Oltre alla soddisfazione nel trattare le opere di gruppi che nell’ambiente metallico sono delle icone, il bello di operare all’interno di una webzine è l’incontro con entità provenienti da paesi, in teoria, al di fuori della consueta scena musicale, soprattutto se parliamo di Iraq e l’abbiniamo al metal.

Così, solo come ascoltatore non avrei mai potuto conoscere i Dark Phantom, ed invece eccomi a raccontare a voi il primo full length di questo gruppo proveniente da Kirkuk, non proprio il luogo ideale per dei ragazzi con la passione del metal, il talento per suonarlo e il sicuro potenziale per imporsi.
Nella loro carriera troviamo un primo ep nel 2013 (Beta) e il debutto sulla lunga distanza dopo tre anni, ben spesi direi, visto la qualità di Nation Of Dogs, un album di thrash metal con atmosfere a tratti prese in prestito dalla musica popolare della loro terra per un risultato molto interessante.
Mezz’ora basta e avanza per il gruppo, che convince su tutta la linea dal thrash che si alimenta di death metal nel growl profondo del singer Mir, mentre le soluzioni arabeggianti più marcate nella title track e nella splendida Judgement Call, non fanno che lasciare una sensazione di maturità e personalità elevatissima da parte del combo.
Pensate al sound di Slayer e Testament più death oriented, ricamati dalla musica popolare che dà al tutto un tocco progressivo, ed avrete in mano la musica degli iracheni Dark Phantom: la band poi ci inserisce cavalcate di thrash metal old school e ne escono dieci brani che hanno il pregio di non risultare prolissi, sempre impostati come terribili fendenti, vari nella struttura, sorprendenti per la già ottima amalgama tra le influenze, e non così facile da proporre con una tale intensità.
Nation Of Dogs non vive del riflesso dei due brani menzionati ma risulta un ottimo lavoro nel suo insieme, con almeno altre due tracce che centrano il bersaglio, le devastanti O!Holocaust, una marcia metallica dal coro in clean arabeggiante e la conclusiva State Of War.
Solo complimenti per il gruppo iracheno e, anche se si può sempre far di meglio, il loro debutto si può già definire un album di culto, in bocca al lupo da MetalEyes.

TRACKLIST
1.Dark Ages
2.New Gospel
3.Nation of Dogs
4.Judgment Call
5.Unholy Alliance
6.O! Holocaust
7.Atomosphere
8.Confess
9.On the Brink of Terror
10.State of War

LINE-UP
MIR – vocalas
MURAD – Guitar
REBEEN – Guitar
MAHMOOD – Drums
SERMET – Bass

DARK PHANTOM – Facebook