VV.AA. – Imperative Music Compilation Vol.12

Un ottima occasione per fare un bel giretto per il mondo e conoscere nuovi adepti al sacro fuoco del metal, che sia classico o estremo non importa, le vie del metallo sono moltissime, provatele tutte.

Ottima e abbondante questa raccolta, giunta addirittura al dodicesimo volume, da parte della Imperative Music Agency, agenzia brasiliana a supporto di molte band metal/rock in giro per il mondo.

Incentrata su suoni che vanno dal thrash, al death ed ovviamente al metal più classico, la panoramica offerta spazia per il mondo alla caccia di talenti ed offre un quadro esaustivo sulla salute della nostra musica preferita, dal paese sudamericano, passando per gli Stati Uniti, il Giappone ed il vecchio continente, con una scappata nel nostro paese per conoscere i Wild Child ed il loro heavy metal epico.
Dicevamo, un’iniziativa lodevole e molto esauriente (anche per la buona qualità dei gruppi presenti) per tastare lo stato di salute della musica metal che ormai ha raggiunto tutti i paesi del mondo e regala sorprese ogni giorno, almeno per chi ne segue con interesse lo sviluppo nell’unico ambiente possibile, l’underground.
Varia la proposta, che passa dall’heavy metal classico dei nostri paladini Wild Child, alle sinfonie rock/metal degli olandesi Armed Cloud, dal thrash metal dei giapponesi Alice In Hell, all’hard rock dei brasiliani Basttardos e al death metal dei Nihilo, per tornare in Europa con il gothic robusto dei portoghesi Godvlad e volare in Canada per farci violentare dal death metal tecnico e colmo di groove dei devastanti Statue Of Demur.
Insomma, un ottima occasione per fare un bel giretto per il mondo e conoscere nuovi adepti al sacro fuoco del metal, che sia classico o estremo non importa, le vie del metallo sono moltissime, provatele tutte.

TRACKLIST
01 – Alice In Hell – Time To Die (Japan)
02 – Infact – Change My Name (Luxembourg)
03 – Cavera – Controlled By The Hands (Brazil)
04 – As Do They Fall – Burn (Brazil)
05 – Nihilo – On the Brink (Switzerland)
06 – Statue of Demur – Hot to Rot (Canada)
07 – Darcry – Cry of Despair (Japan)
08 – Death Chaos – Atrocity On Peaceful Fields (Brazil)
09 – The Holy Pariah – No Forever (USA)
10 – Tribal – Broken (Brazil)
11 – Hide Bound – Eden Kew (Japan)
12 – Phantasmal – Specter of Death (USA)
13 – Basttardos – Exilados (Brazil)
14 – Metanium – Resistiendo (USA)
15 – The Wild Child – You and The Snow (Italy)
16 – Armed Cloud – Jealousy With A Halo (The Netherlands)
17 – Eduardo Lira – The Edge (Brazil)
18 – Godvlad – Game of Shades (Portugal)

IMPERATIVE MUSIC – Facebook

Total Violence – Violence Is The Way

In definitiva, tutto già ascoltato infinite volte, ma la passione della band è tanta.

Affrontare l’analisi di un lavoro come Violence Is The Way può fortemente ridursi ad una considerazione ai minimi termini.

Vi esaltate ancora con i primi lavori di Metallica, Slayer, Megadeth, Sepultura, Kreator e compagnia riffeggiante? Se la risposta è affermativa, amerete i Total Violence. E la mia recensione potrebbe chiudersi qui. Ma ho la netta sensazione che il thrash old school di questi ragazzi tedeschi sia animato da reale coinvolgimento in quelle sonorità che tanto (in)sano headbaging ci ha donato. Tutto l’album si fa ascoltare bene, e riesce a riportarmi a quegli anni magici e musicalmente devastanti. Apre senza indugi l’irruenta Disease Disorder Death che impazza con riff taglienti e solos schizofrenici, senz’altro il miglior brano dell’album. La successiva Toxic Death è un lampante omaggio ai The Four Horsemen. Altra particolarità dei nostri è che si cimentano anche in brani di lunghezza superiore alla media, come la terremotante Trapped In The Moment Of Death, o la più articolata False Friends, o ancora Violence Is The Way Of Life e soprattutto Eat You Alive, dove esprimono tutta la gamma di atmosfere che i maestri del genere hanno inciso nell’acciaio. E così troviamo pure i brani più classici e diretti come Guess Who’s Next e Storm The Front o la galoppante Acid Rain. In definitiva, tutto già ascoltato infinite volte, ma la passione della band è tanta e ci sa fare sugli strumenti, questo è fuor di dubbio. Quando un riff spacca… l’heavy metal è la via!

TRACKLIST
1. Disease Disorder Death
2. Toxic Death
3. Trapped in the Moment of Death
4. Guess Who’s Next
5. False Friends
6. Storm the Front
7. Eat You Alive
8. Acid Rain
9. Violence Is the Way of Life

LINE-UP
Biff – Guitars, Vocals
Johnson – Bass
Mínì Mee – Guitars
Phil – Drums

http://www.facebook.com/pages/Total-Violence/125394207494120

Brujeria – Pocho Aztlan

Certamente, per mantenere un discreto livello qualitativo come in questo disco, il progetto non potrà durare all’infinito, ma finché le prove sono queste, que viva Brujeria.

E’ quantomeno curioso come a volte la musica superi la realtà.

I Brujeria sono nati scherzando, ma in breve, anche grazie ai fintamente sconosciuti componenti, sono diventati qualcosa che è andata ben la di là delle loro aspettative. Da ormai più di vent’anni rappresentano un unicum nel panorama mondiale del metal, portando alla ribalta il Messico e le sue sanguinose dinamiche. Se ne parla poco in Europa,a noi piacciono le spiagge di sabbia fine e lo sfruttamento buonista, ma il Messico è probabilmente il paese più violento del mondo. Nel paese chicano si può sparire o venire ammazzati per ogni motivo, e i cartelli che controllano il paese sono tra i più sanguinari al mondo. Ma Messico è anche zapatisti ed Ezln, che offre qualche speranza ai campesinos, insomma è un grande stato con grandissime contraddizioni. Tutto ciò si riflette in quello che sarebbe dovuto essere uno scherzo di breve durata per musicisti già impegnati con altri gruppi, ma che invece poi si è tramutato in qualcosa di vero e di potentissimo durante i concerti. Pocho Aztlan è il loro ultimo disco, e viaggia sull’onda dell’ottimo successo riscosso dal gruppo nel loro ultimo tour. Questo disco non aggiunge né toglie nulla a ciò che già sapevamo dei Brujeria, ma è come al solito una mazzata molto salutare, perché a volte prendere degli schiaffi fa bene, specialmente se a darli sono i Brujeria. Certamente, per mantenere un discreto livello qualitativo come in questo disco, il progetto non potrà durare all’infinito, ma finché le prove sono queste, que viva Brujeria. In Pocho Aztlan la violenza riservata ai cabrones è sempre molta, ma forse questo disco è quello maggiormente hardcore del gruppo, con una fortissima influenza dei Napalm Death, con cui i Brujeria sono solidamente gemellati. La loro musica non lascia mai tregua, con quei mid tempo e doppia cassa volante a cui non si può proprio resistere. Un disco di buon livello per un’entità che continuerà a tagliare teste, specialmente quella di Trump, che è poi la stessa faccia della medaglia di Hillary Clinton.

TRACKLIST
1. Pocho Aztlan
2. No Aceptan Imitaciones
3. Profecia del Anticristo
4. Angel de la Frontera
5. Plata o Plomo
6. Satongo
7. Isla de la Fantasia
8. Bruja
9. Mexico Campeon
10. Culpan la Mujer
11. Codigos
12. Debilador

LINE-UP
Fantasma – Bass, Vocals (backing)
Hongo – Guitars
Pinche Peach – Samples, Vocals (backing)
Juan Brujo – Vocals, Lyrics
Pititis – Vocals (female), Guitars, Vocals (backing)
El Cynico – Bass, Vocal

BRUJERIA – Facebook

Desert Near The End – Theater Of War

Un ottimo lavoro che fa convivere in assoluta e devastante armonia il power metal epico dei Blind Guardian, la furia thrash dei Kreator ed il metal teatrale ed oscuro degli Iced Earth

Gran bella sorpresa questo Theater Of War dei power/thrash metallers greci Desert Near The End, un bombardamento sonoro notevole, drammaticamente oscuro e dall’elevato songwriting.

La band arriva al terzo lavoro, successore del debutto A Crimson Dawn del 2011 e di Hunt for the Sun licenziato un paio di anni fa, e il sound rilegge il power/thrash inserendo molti elementi europei e quell’oscurità tipica del metal statunitense con risultati molto positivi.
Theater Of War infatti risulta un album in cui le atmosfere tra il moderno e il classico si fondono alla perfezione con la musica estrema, una soffocante e palpabile oscurità avvolge i brani in una coltre di nero fumo, gli scontri all’ultimo sangue tra le due anime del sound si risolvono in una carneficina metallica di proporzioni bibliche e noi non possiamo che goderne, anche per l’ottima produzione, una forma canzone di alto livello e la buona tecnica dei musicisti.
Mixato e masterizzato da Tue Madsen (The Haunted, Heaven Shall Burn, Kataklysm) l’album è un apocalittico esempio di metal distruttivo, la guerra impera, l’umanità è alla fine e Ashes Descent, Point of No Return, la spaventosa title track e la devastante e melodica A Martyr’s Birth raccontano degli ultimi giorni della terra, ormai in preda ad un disfacimento totale, immersa nel buio della coltre di fumi che si alzano dagli incendi che avvolgono le città.
Un ottimo lavoro che fa convivere in assoluta e devastante armonia il power metal epico dei Blind Guardian, la furia thrash dei Kreator ed il metal teatrale ed oscuro degli Iced Earth, non perdetevelo per nessun motivo.

TRACKLIST
1. Ashes Descent
2. Faces in the Dark
3. Point of No Return
4. Under Blackened Skies
5. A Martyr’s Birth
6. Season of the Sun
7. Theater of War
8. At the Shores

LINE-UP
Alexandros Papandreou – Vocals
Akis Prasinikas – Bass
Thanos K – Guitars
Lithras – Drums (session)

DESERT NEAR THE END – Facebook

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Darkness – The Gasoline Solution

Mezzora abbondante di agguerrito thrash metal tedesco, niente di più e niente di meno, per i fans puro piacere, ma solo per loro.

Un’altra band storica torna a mietere vittime tra le fila dei metallari dai gusti old school, questa volta si parla di thrash metal, ed il gruppo in questione sono i tedeschi Darkness, band attiva addirittura dal 1984, con un buon numero di demo fino all’esordio sulla lunga distanza datato 1987 (Death Squad), ed altri due lavori che portano il gruppo ad un passo dagli anni novanta.

Un lungo stop di quindici anni ed arriviamo al 2005, quando un live album dà speranza di un ritorno che arriva però dieci anni dopo con l’ep XXIX, predecessore di questo The Gasoline Solution in uscita per High Roller Records.
Palla lunga e pedalare, thrash metal di scuola tedesca, ignorante, aggressivo e dallo spirito metal punk, una copertina in linea con l’atmosfera old school che si respira a pieni polmoni e tanta voglia di headbanging.
Queste sono le caratteristiche principali dell’album, senza compromessi dalla prima all’ultima nota, solo thrash d’assalto molto live nella forma, cattivo il giusto per strapparci un sorriso maligno quando la vicina di casa apre la porta e viene assalita dalla valanga di note che velocissime e violente la travolgono, mentre l’amplificatore del vostro stereo comincia a cedere come una diga in pieno collasso.
Uno, due, tre e via a correre come forsennati dietro a questa raccolta di speed songs, che non ne vogliono sapere di rallentare in preda a deliri adrenalinici, schizzate e dall’attitudine che sprizza come sangue da una giugulare tagliata.
Mezz’ora abbondante di agguerrito thrash metal tedesco, niente di più e niente di meno, per i fans puro piacere, ma solo per loro.

TRACKLIST
1. Tinkerbell Must Die
2. Another Reich
3. Freedom On Parole
4. Welcome To Pain
5. L.A.W.
6. Pay A Man
7. The Gasoline Solution
8. Dressed In Red
9. This Bullet’s For You

LINE-UP
Lee – Vocals
Arnd – Guitars
Meik – Guitars
Dirk – Bass
Lacky – Drums

DARKNESS – Facebook

Conqueror – War. Cult. Supremacy

La musica dei Conqueror è qualcosa che raramente si sente nella vita, ed è una vera a propria esperienza sonora, che non può lasciare indifferenti specialmente chi ama il metal underground.

Campo di battaglia. I corpi dei caduti sono accatastati in alte montagne, mentre si sene un solo rumore, quello di spade che continuano a scavare incessanti nella carne, uccidendo i vivi, mutilando i morti e gli avvoltoi.

Follia, sangue, massacro frenetico. Tutto ciò di cui sopra può dare una parziale idea di cosa sia la musica dei Conqueror, un gruppo metal senza compromessi di alcun tipo. La Nuclear War ! Now ristampa in cd e in doppio lp con dvd il disco del 1996 War. Cult. Supremacy, che penso sia la migliore sonorizzazione del concetto di guerra antica, quelle combattute prima dell’avvento della polvere da sparo. I Conqueror nacquero nel 1992 dall’unione blasfema della batteria di J.Read, già nei Cremation, Revenge, e Blasphemy, con la chitarra di R.Forster, Domini Inferi e Blasphemy anch’egli.
Da questo duo sono nati alcune delle pagine più puramente metal underground della storia. Questo disco è un massacro, ma non è confuso o inciso in lo fi, ma è forgiato con una furia senza tregua, suonando sempre a mille, con un’intensità sonora al di fuori del comune, e con soluzioni sonore notevoli.
Attaccare e fare male, questo potrebbe essere il motto dei Conqueror e ci riescono benissimo. La vita è un conflitto, e questa potrebbe essere la colonna sonora di quel conflitto. Nonostante siano un duo i Conqueror non difettano affatto in potenza ed intensità. Il duo riesce anche a trovare soluzioni ed invenzioni sonore assai notevoli, tenendo sempre l’ascoltatore inchiodato al suo pogo. La musica dei Conqueror è qualcosa che raramente si sente nella vita, ed è una vera a propria esperienza sonora, che non può lasciare indifferenti specialmente chi ama il metal più sotterraneo. Un disco fondamentale che ci porta forse al momento migliore del metal underground, poiché vi era un clima particolare che si respira e si sente in questo disco. Il dvd incluso nella ristampa è una ripresa effettuata da più angoli di un loro concerto, ed aumenta di molto il valore di questa ristampa.
War. Cult. Supremacy

TRACKLIST
01 Infinite Majesty
02 Chaos Domination
03 Age of Decimation
04 Kingdom against Kingdom
05 Bloodhammer
06 Hammer of Antichrist
07 The Curse
08 War Cult Supremacy
09 Domitor Invictus
10 Ross Bay Damnation – Chaos Domina
11 Hammer of Antichrist
12 The Curse
13 Domitor Invictus
14 Christ’s Death
15 Command for Triumph
16 Hammer of Supremacy

LINE-UP
J.Read – Drums, Voice
R.Forster – Guitar

NUCLEAR WAR NOW – Facebook

Peter Grusel und die Unheimlichen – Peter Grusel und die Unheimlichen

Un album che esalta, violento e rabbioso, puro metallo estremo moderno che, come una diga che cede, rovescia una devastante ondata di groove distruttivo e senza soluzione di continuità.

Certo che mi viene da ridere quando leggo di certi scienziati della carta stampata che non perdono l’occasione di attaccare l’underground, come se fosse un fastidioso effetto collaterale, sapendo benissimo che senza il sottobosco metallico i primi a fare le valigie e tornare dai propri cari (come si dice dalle mie parti) sarebbero proprio loro.

A darmi la carica in questo calda e drammatica fine estate 2016, tanto da partire al contrattacco, è questa fenomenale band tedesca, dal nome che riprende un famoso programma per bambini della tv tedesca, con tutti i componenti del gruppo che assumono il nome di Peter Grusel, così da evidenziare il mood sarcastico della band, ma che quando parte con l’opener Piss Christ è un attimo rendersi conto che non scherzano affatto.
Modern death metal irrobustito da bordate di groove, una produzione esplosiva e un’attitudine hardcore che si schianta a trecento orari contro un muro di brutal death, questo risulta il primo danno ai padiglioni auricolari che i Peter Grusel und die Unheimlichen arrecano con il primo ed omonimo album, un massacro di violenza estrema convogliata in un sound che udite, udite ha nell’appeal il suo strepitoso punto forte.
Infatti i brani che compongono l’album oltre ad essere una lezione di groove, hanno nell’assimilazione istantanea la loro maggiore dote: i cinque Peter Grusel con in testa una sezione ritmica da manicomio ed un vocalist stratosferico nel suo rabbioso growl, tengono sotto tiro l’ascoltatore con i cannoni, pronti a far fuoco dal primo all’ultimo secondo dell’album.
Immaginatevi i Soil di Scars in versione brutal, o i Pantera con la fissa per il death metal e più o meno avrete un’idea di che cosa vi aspetta all’ascolto delle varie e tonanti Crawling The Shitpipe, Abbatoir, Cast Away e Scumfuck.
Un album che esalta, violento e rabbioso, puro metallo estremo moderno che, come una diga che cede rovescia una devastante ondata di groove distruttivo e senza soluzione di continuità, bellissimo.

TRACKLIST
1. Piss Christ
2. Broke
3. Crawling The Shitpipe
4. Jeffrey
5. Cast Away
6. Abattoir
7. Waste Of Skin
8. Junkie
9. The Vulture
10. Scumfuck
11. Slaughtering Sheep
12. Abattoir (live)

LINE-UP
Peter Grusel – Vocals
Peter Grusel – Guitars
Peter Grusel – Guitars
Peter Grusel – Bass
Peter Grusel – Drums

PETER GRUSEL UND DIE UNHEIMLICHEN – Facebook

Haniwa – Helleven

C’è da divertirsi tra i meandri della musica degli Haniwa

Sotto l’etichetta di modern metal si nascondono molti modi di fare musica dura, le band che per semplicità vengono catalogate con questo appellativo molte volte hanno un bagaglio di influenze delle più disparate, che passano dal metal tout court, all’alternative, dall’industrial groove al prog, elaborando molte volte spartiti originali.

Certo, per i fans duri e puri o semplicemente poco inclini alle novità che in questi anni hanno fortunatamente rinfrescato il genere, l’imbastardimento delle sonorità classiche è visto come tradimento ad una formula che, sia chiaro, funziona ancora, ma che spesso ha bisogno di qualche scossone per non risultare piatta ed alla lunga noiosa.
Per gli amanti della musica dura, ma con i padiglioni auricolari sempre attenti alle nuove proposte, non mancano invece le proposte che dissetano la loro voglia di uscire dagli schemi.
Chiaro che i riferimenti vanno tutti aldilà dell’oceano e negli ultimi trent’anni di metal/rock, anche per questo trio fiorentino al debutto tramite la Qua’Rock con questo ottimo esempio di metallo pregno di sonorità moderne, amalgamate ad un tiro thrash metal, con riverberi progressivi ed un approccio alternativo.
Loro sono gli Haniwa e appunto questo Helleven è il primo lavoro sulla lunga distanza, dopo un primo ep che è servito per forgiare il sound, ora al massimo della sua potenzialità su questi undici brani.
David Degl’Innocenti, basso e voce, Angelo Colletti chitarre, Mr.Crini batteria, confezionano un lavoro molto interessante, partendo da una base thrash di stampo statunitense (Metallica) ma rivitalizzandolo con dosi massicce di moderno alternative rock, ed una vena progressiva e matura che avvicina il sound alle geniali schermaglie di Devin Townsend.
Un’attenzione particolare alle melodie, un cantato che alterna pura aggressione thrash e grinta rock e qualche passaggio estremo, sono le credenziali di Helleven, che non smette di tenerci incollati alle cuffie fino ai titoli di coda.
C’è da divertirsi tra i meandri della musica degli Haniwa: ritmi incalzanti, esplosive canzoni ricalcalcanti il mood moderno che ha infettato positivamente il thrash  e note destabilizzanti che passano con disinvoltura tra estremismo e voglie alternative.
Una bella bordata che ha nella title track, Volcano e Tides Of Time i suoi picchi, nonché esempi fulgidi del credo musicale del trio toscano, una realtà da seguire con attenzione.

TRACKLIST
01.No More
02.@daggers Drawn
03.Tomorrow
04.Think This
05.Volcano
06.Tides Of Time
07.Haniwa
08.Fire Eyes
09.Return To Obscurity
10.Suffer
11.Helleven

LINE-UP
Angelo Colletti -Guitars
David Degl’Innocenti -Bass and Vocals
Mr. Crini-Drums

HANIWA – Facebook

Abomination – Tragedy Strikes

Tragedy Strikes è la fotografia di un gruppo fondamentale del thrash mondiale nel suo momento migliore, con una prova maiuscola ristampata per la prima volta in 25 anni in vinile dalla Doomentia Records.

Secondo disco per gli Abomination di Chicago, precisazione quanto mai utile, poiché il nome è assai usato nel metal.

Dopo l’omonima opera del 1990, nel 1991 i nostri pubblicano questo disco,un manifesto del thrash metal con fortissime influenze hardcore. Questo disco è la produzione più arrabbiata e politica degli Abomination, cosa che poi il leader Paul Speckmann ripeterà con il suo gruppo successivo, i Master. Il thrash di suo è già un genere abbastanza politicizzato, anche a causa delle sue origini tra hardcore e metal venne usato per protestare. Questo disco in particolare è contro la politica estera del governo Usa. Erano i tempi della guerra nel golfo, ovvero una delle tante bugie raccontate dagli Usa al mondo per fare i propri interessi. Dopo quella guerra il nemico numero uno Saddam Hussein rimarrà tranquillamente al suo posto, ed il resto è storia nota e continua anche ai giorni nostri. Il secondo disco degli Abomination è un thrash hardcore più maturo e meglio prodotto rispetto al precedente, certamente più cupo e potente. Si sente che il gruppo è migliorato e più compatto, maggiormente convinto dei propri mezzi. Tragedy Strikes è la fotografia di un gruppo fondamentale del thrash mondiale nel suo momento migliore, con una prova maiuscola ristampata per la prima volta in 25 anni in vinile dalla Doomentia Records. Spicca anche l’acume politico dei testi di Speckmann, che non sapeva ancora però che il futuro sarebbe stato persino peggiore.

TRACKLIST
1. Blood for Oil
2. They’re Dead
3. Pull the Plug
4. Will They Bleed
5. Industrial Sickness
6. Soldier
7. Kill or Be Killed
8. Oppression

ABOMINATION

Morbo / Bunker 66 – Into The Morbo Bunker

Uno split che dura poco, ma che in dodici minuti esprime più cose che alcuni dischi doppi, con un fantastico thrash cupo.

Split programmatico di cosa potete aspettarvi dalla Doomentia Records: thrash metal fuori moda e come se piovesse.

In questo split uniscono le forze gli italiani Morbo e Bunker 66, per dodici minuti di thrash a centomila all’ora, fuori moda e potentissimo. Queste band sono due grandissimi gruppi underground che fanno musica per chi vuole sentirla senza voler piacere a nessuno. I Morbo propongono un thrash più orientato verso il death,di notevole effetto con una produzione che lascia il giusto spazio al suono vintage. Ascoltandoli sembra di tornare a quei dischi di gruppi americani anni novanta a cavallo tra thrash e death, ma i Morbo da Roma sono anche meglio. Le scelte all’interno delle loro canzoni sono tutte azzeccate, e vanno come dei treni.
La seconda parte dei questa associazione a delinquere sono i siciliani Bunker 66, che saranno già sicuramente noti a chi ama un metal grezzo totalmente anni ottanta. I Bunker 66 hanno visto il ritorno del loro cantante originale Schizo, e questa è la loro prima registrazione assieme dopo il ritorno. Il loro suono in questi due pezzi si avvicina ancora di più all’hardcore e al thrashcore anni ottanta e novanta. Il loro suono è sempre assai notevole, e a mio modesto avviso sono uno dei gruppi migliori nel settore. Uno split che dura poco, ma che in dodici minuti esprime più cose che alcuni dischi doppi, con un fantastico thrash cupo. Musica grezza, metallica e incredibilmente bella, per metalliche teste malate.

TRACKLIST
1. Morbo – Per Legem Mortuorum
2. Morbo – Cross Tormentor
3. Bunker 66 – The Merciless March
4. Bunker 66 – The Force

LINE-UP
Bunker 66
Damien Thorne – Bass, Vocals
Desekrator of the Altar – Drums
Bone Incinerator – Guitar

Morbo
Mirko – Vocals
Andrea – Guitars

DOOMENTIA – Facebook

Torrefy – The Infinity Complex

Continua così il viaggio del gruppo tra thrash, death, black e metal classico, una conferma ed un gradito ritorno

A distanza di due anni dal primo lavoro (Thrash And Burn), recensito dal sottoscritto sulle pagine di iyezine, tornano più spietati che mai i canadesi Torrefy, thrash band di Victoria.

Anche The Infinity Complex, come già il primo album, risulta una cascata di note estreme che se dal thrash di scuola europea prende molte caratteristiche ha in sé un’anima evil che, estremizza il sound quel tanto che basta per avvicinarlo a tratti al death melodico.
Un ibrido non male, ancora più accentuato in questo lavoro, una lunga discesa (più di un’ora) nei meandri del thrash metal old school, accompagnata dalla voce estrema del buon John Ferguson, cattivissima ed indemoniata.
Rispetto alla prima produzione il sound si è ancora più estremizzato, raggiungendo picchi estremi notevoli, il gruppo sembra aver trovato definitivamente la sua strada, per arrivare alle porte dell’inferno.
Quelle che una volta erano parti ritmiche potenti, ma col freno a mono leggermente tirato, ora si sono trasformate in furiose e velocissime cavalcate thrash, arrembanti e senza compromessi.
Molto migliorati sotto l’aspetto puramente tecnico, i Torrefy non si limitano a distruggere, ma inanellano una serie di brani dal massacro assicurato e chirurgici, specialmente nel lavoro delle due asce con riff e solos che non lasciano tregua.
Unico difetto, se mi si concede, è una prolissità di fondo che nel genere rischia di far faticare troppo gli ascoltatori distratti, le pause non mancano, ma il minutaggio dai brani che mantiene una media sui sei/sette minuti, per il genere si può considerare una scelta coraggiosa ma pericolosa.
Un peccato, perché a ben sentire sono le tracce più lunghe quelle che esprimono tutta la qualità del gruppo canadese: Hypochongea, Blinding the Beholder e Celestial Warfare dal mood che rasenta il black metal, sono il cuore e l’anima malvagia di The Infinity Complex.
Continua così il viaggio del gruppo tra thrash, death, black e metal classico, una conferma ed un gradito ritorno, se non avrete fretta e vi farete coinvolgere dal sound della band canadese, The Infinity Complex sarà senza dubbio un ottimo ascolto.

TRACKLIST
1. Planck Epoch
2. The Singularity
3. Hypochongea
4. Blinding the Beholder
5. Thrashist Dictator
6. Killed to Death
7. Infinity Complex
8. Celestial Warfare
9. Trial by Stone

LINE-UP
Simon Smith – Bass
Daniel Laughy – Drums
Adam Henry – Guitars (lead)
Ben Gerencser – Guitars (rhythm)
John Ferguson – Vocals

TORREFY – Facebook

Slikk Wikked – Savage

Una bella mazzata heavy thrash classicamente old school, ma con tutte le carte in regola per piacere agli amanti del genere.

Suonare thrash metal e provenire da Tampa (Florida) è un po’ come giocare a calcio e sul passaporto avere il timbro brasiliano, una garanzia molte volte supportata dai fatti.

Gli Slikk Wikked confermano questa regola e danno alle stampe il loro primo lavoro autoprodotto, una bella mazzata heavy thrash classicamente old school, ma con tutte le carte in regola per piacere agli amanti del genere.
Un gruppo relativamente giovane, i quattro leoni statunitensi, a costituire un branco di felini famelici da solo cinque anni e con un ep alle spalle dello scorso anno, quanto basta per tornare in pista con Savage e cominciare la caccia grossa ai thrashers sparsi per il mondo, con questa dimostrazione di forza che, dalla title track in poi non trova ostacoli.
Le canzoni infatti non lasciano spazio all’immaginazione, sono pugni in pieno volto fatti di accelerazioni, mid tempo, un’attitudine thrash made in Bay Area che colpisce al bersaglio grosso e regala ottima musica metal come si faceva a cavallo tra il decennio ottantiano e quello successivo.
Piazzo lì tre nomi : Metallica, Exodus e Testament: alla band piace vincere facile, così che le sonorità espresse in brani devastanti come Death Never Rests, In My Blood, Like In Addiction (con quel basso che pompa sangue metallico) e On The Rocks non potranno che fare proseliti tra i fans dei gruppi in questione.
Prodotto adeguatamente per valorizzare il lavoro dei musicisti, Savage risulta un gran bel debutto, forte di una raccolta di brani che non cede di un passo, d’altronde la scuola frequentata dagli Slikk Wikked è la migliore in circolazione e, come un centravanti arrivato nella vostra squadra del cuore, saprà esaltarvi a dovere.

TRACKLIST
1. Equinox
2. Savage
3. Death Never Rests
4. In My Blood
5. Smokin’ with El Diablo
6. Ascent to Madness
7. Dead in My Eyes
8. Use Your Head
9. On the Rocks
10. Until the End
11. Don’t Push Your Luck
12. Like an Addiction
13. When Angels Cry
14. Solstice

LINE-UP
Zakk Thrash – Vocals, Guitars
Nasty Pat – Bass, Vocals
Handsome Kris – Drums
Kyle Fuckin Smith – Guitars

SLIKK WIKKED – Facebook

Crimson Slaughter – Cycle of Decay

Se il thrash metal è ancora il vostro genere più amato, cercate Cycle Of Decay, non vi deluderà.

La nostra webzine, sempre attenta alle proposte che giungono da ogni angolo del globo in materia estrema, in questi anni non si è certo dimenticata del vecchio thrash e ha continuato a presentarvi nuove band o vecchie glorie tornate per ridurre in cenere i padiglioni auricolari degli appassionati.

Un altro giovane gruppo dedito al thrash old school si affaccia nel mondo dell’underground metallico; i Crimson Slaughter sono spagnoli, sono composti da ex membri di varie band gravitanti nella scena di Madrid e Cycle Of Decay è il loro debutto rigorosamente autoprodotto.
Il quartetto risulta una macchina thrash/speed devastante, il loro sound si arricchisce di elementi presi dalla scuola americana e li elabora all’europea: perciò buona tecnica e velocità supersonica estremizzate da una voce rude e ripartenze travolgenti.
Cycle Of Decay non lascia il tempo di prendere il respiro, l’attacco frontale conserva un’impatto devastante dall’opener Endless War fino alla conclusiva Punisher, le chitarre si scambiano la leadership nei solos taglienti e velocissimi, le ritmiche non lasciano tregua ed il sound porta con se quel tocco punk classico dei gruppi thrash più oltranzisti.
Quaranta minuti d’assalto frontale da spararsi senza preoccuparsi delle conseguenze sulle vostre povere ossa, martoriate dal furioso headbanging a cui verrete costretti dal sound dei Crimson Slaughter.
Detto che i ragazzi ci sanno davvero fare con gli strumenti, l’album mantiene per tutta la sua durata un approccio senza compromessi e, se il thrash è ancora il vostro genere più amato, cercate Cycle Of Decay, non vi deluderà.

TRACKLIST
1. Combat Formations
2. Endless War
3. Buried Beneath the State
4. Dead Walk Again
5. Bred to Obey
6. Wretch God
7. Battlefields
8. Kill of Be Killed
9. My Fist, Your Face
10. Punisher

LINE-UP
Víctor Sánchez – Bass, Vocals
Jorge “Joe” Homobono – Drums
Fran J. Rodríguez – Guitars
Daniel Zolyniak – Guitars

CRIMSON SLAUGHTER – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=NJlsSOjn4Gs

Excuse – Goddess Injustice

Goddess injustice è un ep rivolto a chi ama lo speed metal classico, ma sarà apprezzato dai thrashers.

Puro e furioso speed metal finlandese come avrebbero voluto farlo tanti gruppi negli anni ottanta, senza esito positivo perché non avevano la classe e la carogna di questi ragazzi.

Secondo episodio su supporto fonografico per questo gruppo che ha esordito nel 2013, e si è subito fatto breccia nel cuore di tanti metallari. Gli Excuse in realtà scuse non ne fanno e vanno velocissimi, con un impianto sonoro che ricorda sì come detto sopra lo speed metal anni ottanta, ma varia per alcuni elementi originali che ci sono, diciamo simili, ma molto meglio, rispetto a gruppi thrash recenti come i Municipal Waste. Dischi come questo fanno la gioia dei veri metallari e di tutti coloro che vogliono sentire un disco che diverte, anche grazie ad una grande potenza, perizia e velocità. Questi finlandesi sanno come far pogare la gente e con questo ep dovrebbero conquistare una più ampia fetta di pubblico, anche perché il loro genere di riferimento non è così inflazionato, ma soprattutto manca di gruppi validi come loro. Infatti per pubblicarli si sono unite due etichette come la Shadow King e la Hellsheadbangers che di metal vero ne sanno molto. Goddess Injustice è un ep rivolto a chi ama lo speed metal classico, ma sarà apprezzato dai thrashers.

TRACKLIST
1.Obsessed… With The Collapse Of Civilization
2.Breaking News (We Told You So!)
3.Invitation From Beyond
4.Baphomet

Blackgate – Ronin

Ronin è un buon lavoro che sicuramente non cambierà la storia della nostra musica preferita ma sprigiona molta energia e, sopratutto, risulta un sincero tributo all’heavy metal.

I Ronin, nella cultura del Sol Levante, sono una particolare frangia dei più famosi Samurai, quelli che hanno perso il legame con il proprio signore per la morte di quest’ultimo o per la perdita di fiducia nei loro confronti, diventando guerrieri erranti.

Sulla copertina del primo lavoro dei power thrashers americani Blackgate campeggia proprio uno di questi bellicosi guerrieri giapponesi, ai quali il titolo è dedicato, mentre sullo sfondo un paese è in preda ad un furioso incendio.
Fuoco e fiamme metalliche, che si alimentano con il power metal del quintetto del Michigan, potenziato da potenti ritmiche thrashy e solos di chiara ispirazione heavy.
Un album old school, per dirla come va di moda in questi anni, composto da quattordici brani che comprendono anche quelli del primo ep uscito un paio di anni fa, un po’ prolisso per l’ora abbondante di durata, che nel genere è veramente tanta, ma probabilmente il gruppo ha cercato di presentarsi all’appuntamento con il primo full length con tutta la musica a disposizione.
Power metal, speed e thrash si alleano per formare il sound di Ronin, le tracce mantengono un approccio metallico molto ottantiano, diretto quel tanto che basta per avvicinarsi al mood del thrash metal, senza dimenticare la lezione dei gruppi classici, più europei che americani a dire il vero, ma questo è un dettaglio.
Ronin incalza e i primi sette brani sono saette metalliche che squarciano il cielo notturno, mentre il paese brucia; alla velocità della luce le varie BPS, la titletrack, l’ottima The Soldier sparano mitragliate ritmiche, che si trasformano in cavalcate chitarristiche di buona fattura e supportate da una produzione sufficientemente in linea con i prodotti odierni.
La seconda parte del disco regala i brani migliori: le lunghe The Veil e Last Son guardano all’heavy metal dei classici Maiden e Priest, velocizzati e tributati dai riff e solos in uscita dalle due asce, mentre Iron Legion torna a solcare territori thrash, questa volta con il basso in grande evidenza.
Ronin è un buon lavoro che sicuramente non cambierà la storia della nostra musica preferita ma sprigiona molta energia e, sopratutto, risulta un sincero tributo all’heavy metal.

TRACKLIST
1. Bps
2. Ronin
3. Dying Age
4. Horizon’s Fall
5. Caesar
6. The Soldier
7. You Better Run
8. Beneath
9. The Veil
10. Last Son
11. I Am the Night
12. Iron Legion
13. Hollow Men
14. Bps (Reprise)

LINE-UP
Ryan Lunsford – Drums
Jeff Kollnot – Guitars
Matt Cremeans – Guitars
David Cuffman – Vocals
Zach Flora – Bass

BLACKGATE – Facebook

MINDWARS – Sworn To Secrecy

Se amate i pionieri dello Speed-Thrash anni ’80 e quindi gli stilemi del genere non vi disturbano, il disco fa per voi.

Il nome della band evoca subito i grandissimi Holy Terror e, guarda caso, nella band italo-americana milita Mike Alvord, proprio un ex della band californiana fautrice dei capolavori “Terror and Submission” e, appunto, “Mind Wars”.

Mike e Roby Vitari (batterista già con i Jester Beast) nel 2013 decisero di ritornare a proporre questo tipo di sonorità (si erano conosciuti nel 1989 quando gli HOLY TERROR erano in tour in Europa) insieme al bassista Danny “Z” Pizzi. Dopo il trascurabile debutto “The Enemy Within” del 2014, ci propongono quello che un mio caro amico ha definito giocosamente “Vetust-Metal”. Putroppo in Sworn To Secrecy non c’è neanche l’ombra del “Sacro Terrore” che fu (sic!). L’album si apre con la title track e immediatamente ci troviamo catapultati in pieno Speed-Thrash ottantiano senza infamia né lode, riff diretti, ma che abbiamo ascoltato migliaia di volte. Cradle To Grave non cambia di molto, però il rallentamento e il sofferto assolo nel finale, prendono allo stomaco. Il concetto stilistico è ribadito in Lies e tutte le composizioni non escono quasi mai dai solchi di parti alternate tra tempi più veloci e altri maggiormente cadenzati. Il “tiro” non manca e, altro fattore che non aiuta a far decollare Sworn To Secrecy è la voce di Alvord, che si esprime senz’altro meglio sugli episodi meno concitati come in Prophecy. Unico a dare davvero una spinta decisiva per proseguire l’ascolto dell’album è il drumming preciso, energico e ben inserito nelle composizioni. L’album gode di suoni nitidi, l’energia non manca, anche se mi sfugge un po’ il senso di tale proposta nel nuovo millennio. Comprendo la voglia di suonare un genere al quale si è particolarmente affezionati, ma se si mette sul mercato un prodotto si deve possedere la capacità di coinvolgere l’ascoltatore dando il meglio di sé e provando a inserire qualcosa di “nuovo” (qui le virgolette sono d’obbligo). Se amate i pionieri del genere e quindi “il già sentito” non vi disturba, il disco fa per voi, anche perché, senza particolari guizzi, il disco si fa ascoltare. Inoltre il ricorso ad un vocalist più dotato potrebbe portare molti benefici alla band . Li attendiamo comunque fiduciosi alla prossima release.

TRACKLIST
1. Sworn to Secrecy
2. Cradle to Grave
3. Lies
4. Twisted
5. Helpless
6. Scalp Bounty
7. Rest Now (for Tomorrow Comes)
8. No Voice
9. Prophecy
10. Release Me
11. Transporting

LINE-UP
Danny “Z” Pizzi – Bass
Roby Vitari – Drums
Mike Alvord – Guitars, Vocals

MINDWARS – Facebook

Solar Mass – Pseudomorphosis

Gran bel debutto, con un metal ottantiano ossessivo e potente.

Death speed metal primitivo e molto vicino allo spirito hardcore.

Questi neozelandesi pubblicano il loro debutto prima in cassetta, in seguito uscirà il mini lp e per ultimo il cd. Tutto per la Iron Bonehead Productions, che ha molto fiuto nello scovare gruppi metal brutali, lineari e fedeli alla linea. Il loro suono è un concentrato di metal, dallo speed al death, passando per cose più vicine allo spirito thrash hardcore, senza disdegnare passaggi più lenti, il tutto in pieno spirito anni ottanta, che sta tornando prepotentemente. Gli anni ottanta stanno tornando in molti ambiti, dalla musica ai costumi, ed il metal in quegli anni ha fatto cose straordinarie, che sono di fondamentale importanza ancora oggi. E proprio da un disco come questo si possono capire le ramificazioni, i sedimenti sonori che passano da un’epoca ad un’altra, proprio perché non sono legati al momento, ma fanno parte di un genere codificato. Il metal di quella decade, e anche questo Pseudomorphosis, risentiva fortemente della paura del nucleare, dell’apocalisse che avrebbe potuto cancellare il mondo come lo conosciamo, e quindi le ambientazioni musicali erano distopiche ma non troppo. I Solar Mass sarebbero uno dei gruppi preferiti dei discepoli di Mad Max, ascoltati nelle poche cuffie rimaste, per la loro capacità di descrivere molto bene con la loro musica un più che probabile inverno nucleare.
Gran bel debutto, con un metal ottantiano ossessivo e potente.

TRACKLIST
1. Arc Furnace
2. Emergence
3. (Sgr A*)Exegesis
4. Weaponised
5. Heat Death

SOLAR MASS – Facebook

Thermit – Saints

Un album che vale la pena cercare come l’arca perduta

Mi chiedo spesso il motivo per cui delle ottime band licenzino album autoprodotti, risultando comunque ben fatti sotto ogni punto di vista, mentre altre hanno la fortuna di accasarsi con label importanti (a livello underground) per poi deludere con lavori approssimativi, specialmente per quanto riguarda produzione e master.

Saints è l’esempio lampante di come dietro ad album con i crismi dall’autoproduzione si nasconda spesso un piccolo gioiellino metallico, supportato da un buon songwriting e da un ottimo lavoro in sala.
Loro sono i Thermit, gruppo heavy/thrash polacco attivo dal 2009 e con un paio di lavori minori alle spalle (un demo ed un ep), arrivano quest’anno al traguardo del debutto con Saints, album suonato alla grande, prodotto quel tanto che basta per valorizzare il gran lavoro strumentale dei cinque musicisti di Poznam che, con piglio e sfrontatezza, affrontano la materia metallica mettendo in campo grinta, freschezza ed un’ottima preparazione strumentale.
Saints si avvale di una sezione ritmica varia e martellante (Przydep alle pelli e Fabian al basso) che non disdegna repentini cambi di tempo e un approccio che, a tratti, non è eresia chiamare progressivo.
Le chitarre seguono con solos e riff le intricate partiture, mentre un cantante tripallico spettacolarizza il tutto con una prova grintosa, melodica e personale, cambiando registro su ogni brano e mettendo l’ombrellino sul cocktail metallico preparato dal gruppo.
I santi sono tutti sotto il palco a fare headbanging, esaltati da questa raccolta di brani che non lascia scampo, la storia del metal fa capolino tra lo spartito dell’album non facendo mancare il supporto in termini di ispirazione, sia delle storiche thrash bad della Bay Area che l’heavy classico di estrazione europea.
Un lavoro ritmico sontuoso elargito da quel mostro di bravura che di nome fa Fabian, ultimo arrivato in casa Thermit, con il suo basso fa la differenza come Lewandowski al centro dell’area di rigore, e contribuisce a rendere Saints un debutto coi fiocchi, con Zombie Lover, la splendida Smoke & Soot, dove la band regala spunti hard blues e di fatto suonando il primo brano thrash blues della storia, il ruvido mid tempo Fairyland, con le due asce (Jendras e Modly) sugli scudi; ancora,  l’esaltante Louise, dove Trzeszcz fulmina il microfono con una prova sopra le righe e, quando i Thermit decidono di suonare heavy metal, la titletrack prende i Judas Priest per il colletto e Painkiller al confronto sembra una sigla di cartoni animati per bambini.
Un album che vale la pena cercare come l’arca perduta, spettacolare nel saper amalgamare, con spunti a tratti geniali, heavy metal, thrash, hard rock. prog e blues; ascoltatelo e ditemi quante marce in più hanno questi ragazzi: con band molto più famose il confronto diventa imbarazzante. Una bellissima scoperta.

TRACKLIST
1. Lady Flame
2. Zombie Lover
3. Perfect Plan
4. Smoke & Soot
5. The Story About Bird & Snake
6. Fairyland
7. The Last Meal of the King
8. Louise
9. Mr. Two-Face
10. Saints

LINE-UP
Przydep – Drums
Jendras – Guitars
Młody – Guitars
Trzeszcz – Vocals
Fabian – Bass

THERMIT – Facebook

Rotör – Musta Käsi

Heavy metal melodico e piacevolissimo, che scorre benissimo, fatto con molto entusiasmo, cantato in finlandese.

Quanto di voi hanno suonato il metal nella propria cameretta ? I più fortunati e bravi lo avranno fatto con uno strumento, ma tutti di voi avranno suonato migliaia di concerti immaginari nella vostra camera, davanti ad una folla che nemmeno a Wacken o Clisson.

I Rotör sono quelli che dalla cameretta sono usciti, ora suonano ma lo fanno ancora come se fossero nell’età della pubertà. Metal NWOBHM a velocità smodata e davvero tantissimo divertimento. Negli ultimi tempi escono tantissimi dischi metal, molto sono assai validi, ben suonati e ben composti, ma a volte davvero poco divertenti. Qui invece, come in un Stranger Things del metal, siamo riportati indietro negli anni ottanta, e i Rotör in quegli anni avrebbero spiccato su molti gruppi di quell’epoca. Questo disco è un piccolo miracolo, una di quelle cose che ancora a volte succedono in un mondo dove si aspetta l’uscita dell’ultima cavolata techno. Heavy metal melodico e piacevolissimo, che scorre benissimo, fatto con molto entusiasmo, cantato in finlandese, che calza a pennello, poiché ha una metrica talmente impossibile che col metal si accompagna benissimo. Prendete la NWOBHM e velocizzatela un po’, con un tocco quasi punk hardcore nella voce, e vi avvicinerete abbastanza anche se non molto a quello che ascolterete. Questo disco è entusiasmante, coinvolgente, proprio come quei dischi che sentivate in cameretta ondeggiando la testa, e dando spallate sui muri, e qui tornerete a fare quello, perché vi è mancato, ma non tutto è ancora perduto. Su questo gruppo finlandese non si conosce molto, ma non serve granché, visto la musica che fanno.

TRACKLIST
1. Avattu Hauta
2. Porttokirkko
3. Silmä
4. Uuden Maailman Asukas
5. Roottoripää
6. Valittu
7. Portti Helvettiin
8. Käärme
9. Loputon

SVART RECOTDS – Facebook

Scarlet Anger – Freak Show

Freak Show è un album pregno di atmosfere dark, chiaramente sviluppate su un sound che è puro thrash metal.

Sono sincero, quando bussano all’uscio della mia casetta album del genere, il sottoscritto va in brodo di giuggiole; come non apprezzare un lavoro così ben fatto sotto tutti gli aspetti e dal sound altamente metallico, perfettamente inserito nel nuovo millennio, pur richiamando senza mezzi termini le proprie ispirazioni ed influenze.

Che Freak Show sia un lavoro su cui i lussembughesi Scarlet Anger abbiano puntato tanto si evince da una produzione perfetta, un booklet che accompagna il prodotto molto professionale e che richiama il mondo del fumetto fantasy/horror, ed un songwriting creato nello spazio di quattro anni dall’ultimo lavoro (Dark Reign, full length del 2012), un lasso di tempo medio lungo che ha dato modo al gruppo di curare il disco sotto ogni aspetto.
Prodotto ai Fascination Street Studios da Jens Bogren (Opeth, Kreator, Paradise Lost, Amon Amarth e molti altri) l’album risulta un buon esempio di thrash metal oscuro, che punta lo sguardo sulla scena statunitense della Freak Show è un album pregno di atmosfere dark, chiaramente sviluppate su un oscuro e puro thrash metal che punta lo sguardo sulla scena statunitense della Bay Area, senza tralasciare richiami al metal made in USA e all’heavy di ispirazione Iced Earth, maestri in questo tipo di sonorità e probabilmente la maggiore ispirazione del quintetto capitanato dal vocalist Joe Block.
Questo disco è un punto d’arrivo notevole per un gruppo che si muove nel circuito underground, con poche possibilità di andare oltre all’apprezzamento incondizionato degli appassionati, ma che con Freak Show dimostra tutta la sua bravura tecnica e compositiva.
L’ album è pregno di atmosfere dark, chiaramente sviluppate su un sound che è puro thrash metal, si respirano trame orrorifiche e melodie drammatiche, Block con la sua voce ruvida si impegna a dare al sound un tocco teatrale e tragico, cosa che avvicina la band, come detto, agli Iced Earth dell’era Barlow, mentre ritmiche e sfuriate metalliche sono classicamente Exodus/Testament di origine controllata.
Ottimo il lavoro ritmico ma, concedetemelo, l’arma in più, almeno su questo lavoro, sono le due sei corde (Jeff Buchette, Fred Molitor) a tratti davvero entusiasmanti nel grondare lacrime e sangue su un lotto di brani dove le nebbie notturne avvolgono lo spartito del gruppo lussemburghese.
Segnalarvi un brano piuttosto che un altro è superfluo, Freak Show bisogna spararselo in cuffia come se non ci fosse un domani, ma Attack Of The Insidious Invader, On The Road To Salvation e Deadly Red Riding Hood, valgono da sole il prezzo del biglietto, per lo spettacolo offerto dai Scarlet Anger.
Bellissimo album metal con gli attributi al posto giusto, ottime melodie e tanta voglia di far male, non perdetevi lo show, sarebbe un peccato.

TRACKLIST
1. Awakening Of The Elder God
2. Attack Of The Insidious Invader
3. The Haunted Place – House Of Lost Souls
4. Welcome To The Freak Show
5. The Abominable Master Gruesome
6. Through The Eyes Of The Sufferer
7. The Thing Without A Name
8. On The Road To Salvation
9. An Unbelievable Story Of A Stupid Boy
10. Deadly Red Riding Hood

LINE-UP
Vincent Niclou – Bass
Alain Flammang – Drums
Jeff Buchette – Guitars
Fred Molitor – Guitars
Joe Block – Vocals

SCARLET ANGER – Facebook