Sarcófago – Rotting Reissue

Se hanno un senso le ristampe per album di gruppi sconosciuti ai più, figuriamoci quelle di lavori estremamente importanti come la discografia di questa storica band brasiliana.

L’importanza dei deathsters brasiliani Sarcofago nello sviluppo della musica estrema di stampo death/tharsh è inequivocabile: nato nel 1985 per volere Wagner ”Antichrist” Lamounier, cantante dei primissimi Sepultura, il gruppo di Belo Horizonte è citato tra le influenze di molte band che poi fecero sfracelli negli anni novanta.

Idolatrati e rispettati da tutti, i Sarcofago furono uno dei primi gruppi ad usare in maniera continua e devastante i blast beat, in un delirio di violenza death/thrash e tematiche sataniste e anticristiane che fanno del gruppo uno dei primi esempi del sound devoto al maligno per eccellenza, il famigerato black metal.
La Greyhaze Records pubblica la riedizione dell’ep Rotting, licenziato dalla band nel lontano 1989 via Cogumelo Records su vinile, con l’aggiunta di un bonus dvd ed un nuovo artwork.
Il dvd è senz’altro la parte più interessante perché immortala il gruppo sul palco nel 1991 di supporto ai Morbid Angel, in tour per supportare quel capolavoro estremo dal titolo Altar Of Madness.
Cinque brani più intro, Rotting fece parte di una discografia colma di perle estreme, e ci scaraventa al tempo in cui la band era una dei gruppi più estremi in circolazione: il loro sound equivale ad un’apocalisse di death/thrash sulla scia dei Venom, un sound che da lì a poco troverà lustro e nuova vita nelle lande innevate della Scandinavia e del famigerato unholy black metal della scena norvegese, che all’epoca muoveva i primi passi in quello che, in seguito, diventerà un movimento importantissimo per le vicende musicali (ed extra musicali) del metal estremo.
Rotting confermava la vena distruttrice del trio già sulla bocca di tutti per una manciata di demo, ma soprattutto per il primo devastante lavoro I.N.R.I, uscito due anni prima.
Wagner Antichrist, Gerald Incubus e M. Joker vomitavano tutto l’odio contro la religione e la chiesa in particolare su di un sound primordiale, estremo in tutte le sue componenti, arrivando a toccare vette di violenza ancora oggi irraggiungibili per molti dei gruppi odierni; il loro furore si scagliava contro i cristiani in maniera inequivocabile, con testi blasfemi e un sound che era pura e violentissima guerra in musica.
Scream/growl cattivissimo, riff assassini e furiose accelerazioni ritmiche facevano di Alcoholic Coma, Tracy e la title track (su tutte) un’apoteosi di violenza, distruzione e luciferine urla inneggianti la totale distruzione del sistema religioso e la glorificazione del regno di Satana.
Precursori nell’amalgamare death/thrash e black metal in un unico massacro sonoro, i Sarcofago sono la classica band che ogni amante del metal estremo deve sfoggiare nella propria discografia; se hanno un senso le ristampe per album di gruppi sconosciuti ai più, figuriamoci quelle di lavori estremamente importanti come la discografia di questa storica band brasiliana.

TRACKLIST
01. The Lust
02. Alcoholic Coma
03. Tracy
04. Rotting
05. Sex, Drinks & Metal
06. Nightmare

LINE-UP
Wagner Antichrist – Vocals, guitars
Gerald Incubus – Bass, voclas, guitars
M. Joker – Drums, vocals

Violent Revolution – State of Unrest

L’urlo di protesta che parte con l’opener Resist e prosegue con la titletrack richiama la vecchia scuola americana

Capitanati dall’ex Agent Steel George Robb irrompono sul mercato, tramite Iron Shield, i thrashers statunitensi Violent Revolution.

Il gruppo proveniente dall’Arizona, attivo da appena due anni, solca le strade falciate dalla protesta politico sociale, gli scontri sono inevitabili nel grigiore del fumo provocato dai lacrimogeni e dalle bombe carta, il sangue che sgorga dalle teste spaccate dai manganelli sporca le vie e non serve vivere negli States per vedere scene di guerriglia urbana comuni in ogni parte del mondo, specialmente di questi tempi dove l’ingiustizia dilaga e salgono i moti di ribellione.
La colonna sonora per descrivere questo allucinante quadro non può che essere un violentissimo e velocissimo thrash metal, fortemente influenzato dal punk, old school nell’approccio, diretto ed assolutamente in your face.
L’urlo di protesta, che parte con l’opener Resist e prosegue con la titletrack, richiama la vecchia scuola americana, con ritmiche velocissime, una voce che grida disagio e lancinanti solos metallici che rincorrono l’urgenza ritmica dei brani.
Siamo a cavallo tra il decennio ottantiano e quello successivo, dove i gruppi metal della scena ambivano ad un crossover tra la forza metallica del thrash e l’irruenza sociale che il punk si portava dietro dagli ultimi sgoccioli del periodo settantiano: è forte, infatti, il richiamo hardcore nei brani dei Violent Revolution (il nome della band è una chiara dichiarazione d’intenti), ed in poco più di mezzora State Of Unrest spara le proprie cartucce, veloci, infallibili e senza compromessi.
Il gruppo è formato da musicisti di provata esperienza e sotto l’aspetto tecnico nulla da dire, anche se le sonorità lasciano un leggero senso di stantio.
Poco male, il genere è questo, prendere o lasciare, e State Of Unrest non mancherà di far proseliti tra gli amanti del crossover thrash/punk di fine anni ottanta, dunque se siete orientati verso sonorità più moderne probabilmente non fa per voi.

TRACKLIST
1. Resist
2. Violent Revolution
3. Damaged
4. State of Unrest
5. Final Vow
6. Wake Up
7. All Hail
8. Code of Conduct
9. Sudden Death
10. Trainwreck

LINE-UP
George Robb – Bass, Vocals (backing)
John Gilleland – Drums
Nate Garduno – Guitars
Don Funk – Guitars, Vocals (lead)

VIOLENT REVOLUTION – facebook

Underdamped System – Phantom Pain

Un gigante elettrico che travolge a colpi di groove metal e che farà fumare i vostri impianti stereo dal primo all’ultimo brano.

La Polonia nel mondo del metal non è solo terra foriera di sonorità death/black, come in tutti i paesi del mondo le varie scene pullulano di realtà dalle più svariate influenze.

A confermare ciò la Metal Scrap licenzia il debutto di questi Underdamped System, al debutto con questo devastante e monolitico Phantom Pain.
Groove metal, industrial, melodie psichedeliche e disturrbanti compongono il sound del gruppo di Częstochowa, nato nel 2008 ed arrivato solo ora al traguardo del primo full length.
Il quintetto si nutre di queste sonorità con un approccio senza compromessi li colloca perfettamente tra i Pantera ed il sound di Meshuggah e gruppi affini.
Una bella mazzata direte voi, ed infatti Phantom Pain urla la sua rabbia contro il decadimento del genere umano a colpi di metallo cadenzato, pura lava dal groove pesantissimo, un bombardamento di note rese ancora più estreme da destabilizzanti esplosioni di riff secchi, una vena industriale che nelle ritmiche si trasforma in rotolanti pezzi di granito psichedelici, continuando il suo incedere verso la distruzione totale di menti travolte e spogliate da ogni certezza.
Le urla belluine di stampo hardcore convincono, in questo lavoro ci si aggira tra le periferie grigie di una Polonia rabbiosa, povera e lasciata allo sbando, la rabbia viene convogliata ed amplificata da tremende esplosioni di metallo che scintilla sbattuto in faccia ad un sistema nemico dell’uomo comune, sempre più belva assetata di sangue, bestia che fagocita vite lasciate a marcire tra i casermoni e strade lacerate dal disfacimento.
Un pesantissimo monolite che si abbatterà sulle vostre teste, una raccolta di brani dove tutto viene amplificato da un sound dall’enorme mole, un gigante elettrico che travolge a colpi di groove metal e che farà fumare i vostri impianti stereo dal primo all’ultimo brano.
Potenzialmente siamo al cospetto di un gruppo che nel genere saprà farsi valere; le band storiche sono ancora lontane, ma gli Underdamped System accorceranno sicuramente il gap, va solo dato loro il tempo.

TRACKLIST
1. Phantom
2. Prophecy
3. Abyssus
4. Legacy
5. Coffin (Lid Encryption)
6. Device
7. Wrath
8. Exile
9. Pain

LINE-UP
David – drums
Jaca – guitar
Marcin – guitar
Radek – bass
Kamil – vocals

UNDERDAMPED SYSTEM – Facebook

Sodom – Decision Day

Decision Day non diventerà un classico, i bei tempi sono passati ormai, ma sicuramente non farà rimpiangere più di tanto i vecchi lavori del gruppo tedesco

Ne hanno fatte di battaglie i Sodom dai primi anni della decade ottantiana, anni che per i true metallers rimangono quelli d’oro per antonomasia del metal considerato classico (o per alcuni old school), dove le prime avvisaglie estremiste cominciavano a contaminare l’heavy metal, per trasformarsi in orde barbariche death e thrash.

Tom Angelripper, insieme a Mille Petrozza dei Kreator e Schmier dei Destruction, si possono considerare come il padre, il figlio e spirito santo della cosiddetta sacra triade di questo mostro chiamato thrash metal e che in terra tedesca trovò i suoi migliori interpreti, almeno per quanto riguarda la vecchia Europa.
Siamo nel 2016, sono passati quasi quarant’anni, eppure in pochi mesi ritroviamo più in forma che mai le due anime più legate al thrash tout court della triade, appunto Destruction (freschi di stampa con l’ultimo e bellissimo Under Attack) ed ora Sodom, con questo ritorno che a conti fatti risulta un ottimo lavoro.
Il quindicesimo album dell’infinita discografia del terzetto di Gelsenkirchen, che vede (oltre al buon Tom come sempre alle prese con basso e voce) anche Bernemann alla sei corde e Markus “Makka” Freiwald alle pelli, continua la tradizione guerresca del gruppo: oggi la band ci porta nel Giugno del 1944 e ai fatti che spinsero gli alleati a sbarcare, non senza dolorose e numerosissime perdite sulle coste della Normandia con la missione di liberare l’Europa dall’oppressione nazista.
Decision Day, titolo molto “americano” è stato prodotto da Cornelius ´Corny` Rambadt, batterista e tecnico del suono del progetto solista di Angelripper, ed illustrato da Joe Petagno, storico artista e grafico al lavoro con icone del metal e del rock come Led Zeppelin, Pink Floyd e Motorhead.
Il gruppo, messe in campo le sue armi migliori, parte alla conquista delle scogliere a nord della Francia con il suo sound spaccaossa, un bombardamento thrash metal che non lascia scampo già dall’opener In Retribution, sei minuti abbondanti di ritmiche infernali, scream al limite del black e solos terremotanti.
Il mood del disco si rifà in toto al primo brano e continua imperterrito la sua avanzata nel cuore del territorio europeo a suon di cannonate, intervallate da attimi di metallo classico ed oscuro, tragicamente melodico ma inesorabilmente potente.
Si respira tra i solchi delle varie Decision Day, Who is God?, il mid tempo estremo di Strange Lost World, il massacro sonoro Sacred Warpath, una fievole speranza di luce, una convinzione che, dall’abominevole sterminio ci sarà una rinascita, ancora una volta una chance data all’uomo che continua a non imparare dai propri errori ma che come un’araba fenice, quando tutto sembra perduto, rinasce per provare a costruire un mondo diverso.
Il trio trasforma queste sensazioni in musica perennemente in bilico tra il thrash metal più oltranzista e quello classico, il che aiuta non poco l’atmosfera oscura di Decision Day.
Batteria e basso liberi di far danni sono una macchina di morte metallica sopra le righe, la sei corde riempe di riff e ritmiche molte volte il limite del marziale il sound, mentre Angelripper conquista cuori metallici dal’alto del suo ruvido e malvagio tono vocale.
Una bellezza Refused To Die, cavalcata che ricorda una marcia delle truppe verso la morte, ora scalfita da venti metallici che da nord soffiano imperterriti sulle coste imbrattate dal sangue dei soldati caduti sotto i colpi dei nemici in un deliro brutale e senza freni.
Decision Day non diventerà un classico, i bei tempi sono passati ormai, ma sicuramente non farà rimpiangere più di tanto i vecchi lavori del gruppo tedesco; per i fans un gran bel regalo da parte di chi la storia del genere l’ha scritta sul serio.

TRACKLIST
1.In Retribution
2.Rolling Thunder
3.Decision Day
4.Caligula
5.Who Is God?
6.Strange Lost World
7.Vaginal Born Evil
8.Belligerence
9.Blood Lions
10.Sacred Warpath
11.Refused To Die
12.Predatory Instinct

LINE-UP
Tom Angelripper – Bass, Vocals
Bernemann – Guitars
Makka – Drums

SODOM – Facebook

Necrodeath / Cadaveria – Mondoscuro

Cosa può scaturire dall’unione di due realtà storiche del metal italiano come i Necrodeath e la strega Cadaveria se non grande musica estrema?

Cosa può scaturire dall’unione di due realtà storiche del metal italiano come i Necrodeath e la strega Cadaveria se non grande musica estrema?

Finalmente Mondoscuro, atteso lavoro dove le due band si sono ritrovate ad interagire in sala d’incisione, vede la luce in questa ultima parte d’estate 2016, creando un album atipico, che farà molto parlare di sé, sperando che non rimanga un caso unico come fu nel 1989 Mondocane, progetto che vedeva l’unione delle forze espresse da Necrodeath e Schizo e a cui il titolo fa chiaramente richiamo, oltre ai documentari degli anni ’60 diventati famosi per le loro scene cruente e chiamati Mondo Movie.
Dimenticatevi il classico split, Mondoscuro vede le anime dei due gruppi amoreggiare come serpenti infernali, lascivi e mortali per creare metal orrorifico, macabro e brutale, o rivedere a modo loro classici presi dalle loro discografie per arrivare a brani che vanno dalla gotica Christian Woman dei Type O Negative alla clamorosa versione di Helter Skelter di beatlesiana memoria.
Si parte alla grande con Cadaveria che dà nuovo lustro a Mater Tenebrarum, brano tratto da Into The Macabre, album che è diventato un classico della discografia dei Necrodeath. Il gruppo mantiene la struttura death/thrash della song, fornendole però quell’elemento dark gotico tipico del proprio sound e al minuto 4.46 spettacolarizza il tutto con l’organo di Ignis Forasdomine che riprende il tema dalla colonna sonora di Inferno, creata dal compianto Keith Emerson, ed i cori operistici con in testa la soprano Lindsay Schoolcraft dei Cradle Of Filth, aiutata da Tiziana Ravetti e dal tenore Cristiano Caldera, per un risultato entusiasmante.
Spell, da The Shadows Madame, opera nera creata da Cadaveria nel 2002 e lasciata in mano ai Necrodeath risulta una traccia che alterna atmosfere horror, con Flegias mai così teatrale, a sfuriate thrash addomesticate dai solos ultra melodici del mostruoso Pier Gonella e dal lavoro ritmico del buon Peso aiutato da GL.
Il cuore dell’album è lasciato ai due pezzi inediti: Dominion Of Pain, un brano scritto da Cadaveria e che vede la partecipazione di Flegias e di Gonellaesaltato da una prestazione sugli scudi della singer e valorizzato da chorus evocativi e dallo spiccato flavour gotico,  con una bellissima seconda parte dalle ritmiche quasi doom ed un solo che trancia l’atmosfera dark/gotica del brano; Rise Above, in mano ai death/thrashers liguri, è aperta da un recitato in lingua madre di Cadaveria che introduce una cavalcata metallica dove Gonella emoziona con la sua sei corde in un delirio metallico thrash/gothic.
Il vampiro newyorkese che tormentò le notti di dolci donzelle dagli inizi degli anni novanta ai primi anni del nuovo millennio, è omaggiato dai Cadaveria con la cover di Christian Woman, dal capolavoro gotico Bloody Kisses, resa molto simile all’originale non fosse per un’interpretazione sentita della singer nostrana, che usa tutti i toni della sua voce per rendere il più possibile teatrale e vario il brano cardine della discografia della band di Peter Steele.
Mondoscuro si conclude con la geniale cover di Helter Skelter dei fab four, probabilmente il primo brano heavy metal della storia, pescato dal White Album, aperto da un giro di basso ripreso da Come Together, altro masterpiece dei Beatles, reso devastante dalla furia estrema del combo ligure e con una genialata di Gonella che, a metà brano, riprende l’arpeggio di Ticket To Ride, terzo omaggio alla coppia Lennon/Mccartney.
In conclusione, Mondoscuro è un progetto assolutamente riuscito e, se avrà un futuro, magari con un album di inediti, potrebbe regalare grosse soddisfazioni ai protagonisti e grande musica estrema agli amanti del genere, non perdetevelo.

TRACKLIST
1. Cadaveria – Mater Tenebrarum (Necrodeath cover)
2. Necrodeath – Spell (Cadaveria cover)
3. Cadaveria – Dominion of Pain (feat. Flegias)
4. Necrodeath – Rise Above (feat. Cadaveria)
5. Cadaveria – Christian Woman (Type O Negative cover)
6. Necrodeath – Helter Skelter (The Beatles cover)

LINE-UP
Necrodeath:
Peso – Drums
Flegias – Vocals
Pier Gonella – Guitars
GL – Bass

Cadaveria:
Marçelo Santos – Drums
Cadaveria – Vocals
Dick Laurent – Guitars
Peter Dayton – Bass

NECRODEATH – Facebook

CADAVERIA – Facebook

Assailant / Ubiquitous Realities – Bringers of Delusion

Uno dei migliori split album usciti negli ultimi tempi in campo estremo

Symbol of Domination Prod. ci presenta, con questo split album, due gruppi provenienti dal Costarica, lembo di terra che divide il continente americano e che si affaccia sul mercato metallico con sempre più convinzione.

La prima band in questione sono i prog/thrashers Assailant, quartetto che arriva con Bringers Of Delusion alla seconda uscita sul mercato, che segue di ben quattro anni il primo demo, licenziato nel 2012.
Tanto tempo è passato, un peccato perché il gruppo merita oltremodo con il suo thrash metal ultra tecnico e progressivo che non lascia sicuramente indifferente chi ha modo di ascoltarne la proposta.
Amalgamando la vecchia scuola nata nella Bay Area con quella europea dai rimandi progressivi, i quattro musicisti centro americani stupiscono per l’alta qualità tecnica ed un’arguzia compositiva sopra le righe, lasciando un’ottima impressione e molta aspettativa (almeno nel sottoscritto).
I quattro brani presentati oltre ad esssre suonati molto bene, fanno rizzare le orecchie ai fans del thrash più evoluto, presentandosi come una perfetta amalgama tra Voivod, Death Angel ed i tedeschi Mekong Delta, peccando solo per una produzione che, con maggiore cura, avrebbe ancor più valorizzato le traccie proposte.
Una band da seguire, così come gli Ubiquitous Realities, duo che fa del technical death metal dai rimandi brutal il suo credo e che con lo split in questione da il via alla sua carriera nel mondo del metal estremo.
Prodotte meglio rispetto ai brani dei loro connazionali, le quattro canzoni presentate convincono presentandoci una band pronta per un eventuale full lenght, specialmente se manterrà le caratteristiche qui riscontrate: buona tecnica, ed un talento per miscelare a dovere metal estremo e sfumature progressive con maturità e freschezza compositiva.
Bringers Of Delusion risulta uno dei migliori split usciti negli ultimi tempi in campo estremo, poiché dà spazio a due realtà che, pur provenendo da un paese fuori dai circuiti abituali, hanno le carte in regola per crearsi il proprio spazio nel vasto mondo del metal underground.

TRACKLIST
1. Assailant – The Leading Spectre
2. Assailant – Hands of the Saints
3. Assailant – Suspension of Disbelief
4. Assailant – Delusions
5. Ubiquitous Realities – Bringers of Malevolence
6. Ubiquitous Realities – Biological Demise
7. Ubiquitous Realities – Alterated Perception I
8. Ubiquitous Realities – Alterated Perception II

LINE-UP
Assailant:
Daniel Murillo – Bass, Vocals (backing)
José Del Valle – Guitars, Vocals
Ricardo Arce – Guitars, Vocals (backing)
Andrés Guillén – Drums

Ubiquitous Realities :
Sebastian Sanchez – Drums
Hamid Rojas – Guitars, Vocals

 

UBIQUITOUS REALITIES – Facebook

Armory – World Peace… Cosmic War

Heavy metal suonato a velocità della luce, sostenuto da ritmiche indiavolate e ricamato da solos altrettanto veloci e melodici

In Svezia non si parla solo la lingua metallica estrema, ma sono di tradizione le sonorità classiche così come nel resto della penisola scandinava.

Ora non ricordo sinceramente un altro gruppo di origine svedese che suoni lo speed metal, ma mi vengono incontro gli Armory, giovane band di Goteborg con un amore incondizionato per il metal old school.
Attivo da cinque anni il gruppo arriva all’esordio con questo ottimo full length, accompagnato da una splendida copertina fuori dai soliti cliché del genere, ma che riprende il concept del disco incentrato sullo spazio ed i suoi misteri.
World Peace … Cosmic War, ovvero heavy metal suonato a velocità della luce, sostenuto da ritmiche indiavolate e ricamato da solos altrettanto veloci e melodici, con qualche raro momento dove la corsa si trasforma in cavalcata ed il cantato regala acuti in pieno ottanta style.
Il genere può anche essere considerato da alcuni obsoleto, magari conservatore nel ripetere i soliti stilemi, ma per suonarlo bisogna essere capaci ed i musicisti che compongono la line up sanno il fatto loro ed il risultato non può che essere un heavy metal album tripallico, devastante ed assolutamente in grado di offrire ai fans quaranta minuti su e giù per le montagne russe dello speed.
Qualche miglioramento nella produzione avrebbero reso i brani ancora più esplosivi e travolgenti, ma risulta un dettaglio, il disco funziona alla grande con una serie di canzoni che richiamano una serie di nomi storici da brividi come Agent Steel, Helstar, Exciter e qualche accenno alla vergine di ferro nelle perfette trame chitarristiche che i due axeman G.G. Sundin e Ingelman scaraventano senza pietà nel lavoro non dando tregua alcuna.
Chiaro che il lavoro della sezione ritmica risulta importantissimo e Space Ace alle pelli con la collaborazione di Anglegrinder al basso eseguono il loro compito alla grande così come il vocalist Konstapel P, dal tono grintoso e dagli acuti spacca specchi.
High Speed Death, la maideniana Hell’s Fast Blades, Artificial Slavery e Space Marauders, speed metal song da nove minuti di delirio metallico, sono i brani più convincenti di un esordio consigliato senza dubbio ai molti defenders ancora in giro per il mondo.

TRACKLIST
1. World Peace (Intro)
2. Cosmic War
3. High Speed Death
4. Hell’s Fast Blades
5. Spinning Towards Doom
6. Without Days, Without Years
7. Artificial Slavery
8. Phantom Warrior
9. Final Breath
10. Space Marauders

LINE-UP
Konstapel P – Vocals
G.Sundin – Guitars
Ingelman – Guitars
Anglegrinder – Bass
Ace – Drums

ARMORY – Facebook

Hellbringer – Awakened from the Abyss

Questo album è il classico esempio di metal old school, ben suonato e prodotto in maniera efficace

Dalla terra dei canguri arrivano questi tre cavalieri armati di chitarra, basso e batteria a difendere l’onore del thrash metal, ovviamente old school e di chiara impronta centroeuropea.

Loro sono gli Hellbringer, australiani di Canberra e sono attivi dal 2007 con il monicker Forgery, poi sostituito dall’attuale tre anni dopo, e la loro discografia si completa con un ep ed il primo full length, il devastante Dominion of Darkness, licenziato nel 2012.
Tornano tramite High Roller Records con questo ottimo esempio di thrash vecchia scuola dal titolo Awakened from the Abyss, trascinante quel tanto che basta per arrivare in fondo e premere nuovamente il tasto play.
Veniamo infatti travolti dalla carica guerresca del combo, tra velocità ritmica e solos che scaricano una valanga di riff metallici; non ci si muove dal classico metal estremo di Sodom e Destruction, sconfinando a tratti nel sound slayerano, ma gli Hellbringer il loro mestere lo sanno fare e le varie Coven of Darkness, Iron Gates e Dark Overseer non deludono, specialmente se siete amanti di queste sonorità.
Il massacro che i servitori di Lucifero hanno in serbo per le povere anime dannate, come ben raffigurato dalla copertina, continua tra ritmiche in your face e solos ficcanti, la voce cartavetrata ed in puro thrash style, accompagna e descrive gli eventi con la giusta dose di cattiveria ed il tutto funziona più che bene.
Questo album è il classico esempio di metal old school, ben suonato e prodotto in maniera efficace, il che aumenta l’appeal di Awakened from the Abyss, che non lascia il tempo di respirare nella sua mezz’ora (perfetta per il genere) di durata.
Un armageddon sonoro si abbatterà su di voi, dichiaratamente ed orgogliosamente old school, così da rinverdire i fasti del genere del periodo ottantiano, buon ascolto.

TRACKLIST
1. Fall Of The Cross
2. Coven Of Darkness
3. Realm Of The Heretic
4. Iron Gates
5. Spectre Of Rebirth
6. Awakened From The Abyss
7. Dark Overseer

LINE-UP
Luke Bennett – Bass/Lead Vocals
James Lewis – Guitar/Backing Vocals
Josh Bennett – Drums

http://www.facebook.com/Hellbringeraus

Grizzlyman – Grizzlyman

Le peculiarità dei Grizzlyman sono potenza, precisione e la fusione di un ottimo groove sonoro, con la capacità di bilanciare momenti più pesanti ad altri più melodici

Debutto per un gruppo svedese che gioca già ad un livello superiore, anche per la varietà del passato musicale dei componenti.

Questi ultimi provengono da gruppi underground svedesi come 12 Gauge Dead, Prowess e il gruppo hardcore Damage. Uniti questi gusti diversi il risultato è un ottimo ep di esordio di stoner, un tocco di sludge e tanta carica, con molte idee diverse dentro, da momenti che possono ricordare gli Earthtone9 a cose più simili a sfoghi stoner. Questi tre pezzi sono un’ottima introduzione ad una carriera che sembra molto promettente. Le peculiarità dei Grizzlyman sono potenza, precisione e la fusione di un ottimo groove sonoro, con la capacità di bilanciare momenti più pesanti ad altri più melodici, con belle melodie e fughe notevoli. Il gruppo inglese si cimenta in sinfonie di musica pesante, con grande gusto e capacità, avendo il passo dei fuoriclasse. La produzione è ottima, e mette in risalto al meglio le capacità di un grande gruppo. L’ep è una delle prime tre uscite della Third I Rex, nuova etichetta di Watford, da seguire assolutamente anche nelle prossime occasioni, che saranno assai interessanti. Un grande inizio, per scoprire il nostro lato animale.

TRACKLIST
1.Adrift
2.Last King
3.Beneath/Rebirth

LINE-UP
Joel Ekman – Bass/Vocals
Christopher Davis – Guitar/Vocals
Emanuel Enbäre – Drums

GRIZZLYMAN – Facebook

Whipstriker – Seven Inches Of Hell

Poca classe , tanta attitudine ed impatto sconquassante, voce sguaiata e solos veloci come il lampo, al limite del più famigerato speed anni ottanta.

La Folter Records stampa, rigorosamente in vinile, la compilation Seven Inches Of Hell degli Whipstriker, gruppo brasiliano attivo dal 2008 ma con una discografia che abbonda di split ed ep e si completa con un tris di full length che vanno dall’esordio Crude Rock ‘n’ Roll del 2010, passa dal secondo Troopers of Mayhem uscito nel 2013 fino ad arrivare all’ultimo Only Filth Will Prevail licenziato quest’anno.

La raccolta di ben ventisei brani pesca da una serie di ep e split usciti tra il 2010 ed il 2014, un lasso temporale che ha visto il gruppo di Rio de Janeiro in piena overdose di uscite discografiche.
Il sound del gruppo è più di quanto old school potete immaginare, ma anche molto vario, si passa infatti dal rock’n’roll in pieno stile motorheadiano ad accenni thrash/speed tra Venom, Hellhammer e primissimi Slayer.
Palla lunga e pedalare, si direbbe nel gergo calcistico tanto caro al popolo carioca, poca classe, tanta attitudine ed impatto sconquassante, one two three e via di ritmiche thrash & roll, voce sguaiata e solos veloci come il lampo, al limite del più famigerato speed anni ottanta.
Qualche brano raggiunge i quattro minuti, per il resto ci si destreggia tra canzoni sparate e dirette, così come nella tradizione del genere, mitragliate di dirty rock’n’roll o thrash’n’ roll come più vi piace chiamarlo.
Resta il fatto che questa raccolta ci presenta una band in tutto e per tutto votata all’old school, sia nella musica prodotta, con una manciata di brani in grado di farvi saltare come grilli (Cops Victim, Sweet Torment, Viver e Morrer no Subterraneo e Worshippers Of Death), sia nella produzione.
E qui sta il difetto della compilation: ora, non me ne vogliano i puristi, ma una riedizione che mantiene un suono obsoleto, anche se per volere del gruppo, lascia con un pizzico di amaro in bocca; infatti, molti dei brani proposti, con una ripulita in consolle avrebbero mantenuto la promessa di un’esplosività che rimane solo a livello di inenti.
Gli amanti dell’old school a tutti i costi lo apprezzeranno, ma Seven Inches Of Hell con queste premesse rimane appunto un lavoro rivolto solo ai fans più incalliti.

TRACKLIST
Side A
1. Her Fire of Hell
2. Cruel Savage
3. Black Rose
4. Viver e Morrer no Subterraneo
5. Queen Of The Iron Whip
Side B
6. Denied Messiah
7. Seeds of Torment
8. Born Spread The Mayhemic Loudness
9. Start The Warcollapse
10. Stand Up And Be Counted
Side C
11. Burned Alive
12. Worshippers Of Death
13. Bombstorm
14. Outlaw Rules
15. The Excess
16. Loudman
17. Dead On Arriva
Side D
18. Cop´s Victim
19. No Surrender, No Surrender
20. Dead Future
21. Fast Rape Before The War
22. Skill To Destroy
23. Never leave This War
24. Ripping Corpses In The Way
25. Sweet Torment
26. Anguish Of War

LINE-UP
Whipstriker – Bass, Vocals
Skullkrusher – Drums
Witchcaptor – Guitar
Rodrigo Giolito – Guitars

WHIPSTRIKER – Facebook

Spit The Blood – Spit The Blood

La band crea un muro di thrash rabbioso e annichilente, ma se la velocità e l’attitudine vecchia scuola fanno la differenza, la parte moderna non riesce a convincere del tutto.

Amalgamare il sound tradizionale con il groove sembra diventata un’abitudine per le nuove leve del thrash metal che si affacciano sul mercato underground metallico.

Un sound che diventa un pugno nello stomaco veloce e potentissimo, mazzate metalliche che alternano la furia del thrash alla marzialità del groove metal, davvero impressionate l’impatto che ne scaturisce quando le due anime si uniscono per sparare bordate di musica devastante.
Non tutte però ci riescono perfettamente così che nei lavori creati è forte la differenza tra le canzoni di chiara ispirazione tradizionale e quelle più moderne.
E quello che succede per esempio in questo debutto omonimo degli Spit The Blood, gruppo proveniente da Atene, un terzetto di thrashers dal sound potentissimo, assolutamente devastante, ma che riesce ad essere incisivo solo nei brani in cui le sonorità old school prendono il sopravvento sulle monolitiche ritmiche colme di groove.
Spit The Blood così funziona a metà, la band crea un muro di thrash rabbioso e annichilente, ma se la velocità e l’attitudine vecchia scuola fanno la differenza, la parte moderna non riesce a convincere del tutto.
Sono fatti per suonare musica veloce i tre musicisti greci, la sezione ritmica quando parte sgommando è da infarto e la chitarra spara riff cattivi e taglienti, ed infatti brani come Mindless, Society e la title track funzionano benissimo, pregne di quel thrash metal vecchia scuola dai rimandi Bay Area style.
Funzionano meno le tracce in cui il gruppo rallenta e la velocità si tramuta in potenza cadenzata, perfetta per i gusti dei fans odierni ma poco incisiva tra le mani del trio.
Spit The Blood nella sua interezza è un disco sufficientemente adatto per spaccare teste in furiosi headbanging in sede live, e se siete fans accaniti del genere dategli un ascolto, altrimenti passate oltre.

TRACKLIST
1. Escape
2. Reason to Kill
3. Mindless
4. Society
5. Track 5
6. The Face
7. Degradation
8. Spit the Blood
9. Predators

LINE-UP
Spyros – Bass
John – Drums
Nick – Guitars, Vocals

SIT THE BLOOD – Facebook

Harvest – Omnivorous

Il gruppo riesce a coinvolgere per mezzo di una carica esplosiva dal buon impatto, anche se si può certamente migliorare, visto le buone potenzialità ed i piccoli difetti riscontrabili di norma in un’opera prima.

Nel nostro girovagare tra le scene metalliche mondiali giungiamo a Panama e, nella capitale, incontriamo i deathsters Harvest.

Omnivorous è un ep di sei brani più intro, che segue la tradizione estrema aggiungendo tonnellate di groove ed un’urgenza hardcore, specialmente nel growl ed in qualche riff.
La principale influenza del gruppo centroamericano sono i primi Sepultura, ma la band si muove con sufficente disinvoltura tra varie correnti senza perdere un grammo nell’impatto pesantissimo che le chitarre sature di groove imprimono al sound.
Un sound che implode, mai troppo veloce ma sofferto e cadenzato , una rabbia che si muove tra le sonorità estreme del death metal classico e la travolgente monolicità dei suoni estremi moderni, colpendo al volto con forza micidiale.
Non varia di molto l’atmosfera delle tracce, tutte pesantissime mentre scorrono nel vostro lettore una più roboante dell’altra con Hellraiser e la title track (la prima dal mood apocalittico, la seconda più varia e sostenuta dagli interventi di una clean vocal) che risultano quelle più interessanti dell’intera raccolta.
Non male come inizio, il gruppo sa tenere alta la tensione e la rabbia sprigionata avvolge Omnivorous in un’aura di drammaticità congeniata a dovere per descrivere il caos che ci circonda in questo nuovo millennio.
Il gruppo riesce a coinvolgere per mezzo di una carica esplosiva dal buon impatto, anche se si può certamente migliorare, visto le buone potenzialità ed i piccoli difetti riscontrabili di norma in un’opera prima.
La band per il futuro potrebbe riservare qualche sorpresa, magari con una sterzata decisa verso sonorità moderne che potrebbe essere opportuna, vista la buona riuscita dei brani che più si avvicinano al sound proposto dalle groove metal band odierne.

TRACKLIST
1. Intro (Wicked Beauty)
2. Lavinia
3. Medusoide
4. King of Nothing
5. Hellraiser
6. Omnivorous
7. Letchworth Hell

LINE-UP
Jocelyn Amado – Drums
Jaime “Ricky” Moreno – Guitars
Ernesto Gómez – Vocals

HARVEST – Facebook

Shatter Messiah – Orphans of Chaos

Drammatico, potente, tragicamente metallico, oscuro, furioso ed a tratti elegante nella sua continua ricerca della melodia vincente, Orphans Of Chaos non cade dal gradino dell’eccellenza per tutta la sua lunga durata

La label greca Sleaszy Rider, in evidenza nel mondo del metal underground di questi ultimi anni con l’uscita di lavori che pescano da svariati generi che compongono l’immenso mosaico che risulta la nostra musica preferita, questa volta centra il colpo grosso e licenzia questo ottimo lavoro, il quarto del super gruppo Shatter Messiah.

La band, in attività da una dozzina d’anni, schiera tra le sue fila una manciata di musicisti che hanno militato in gruppi fondamentali per lo sviluppo del genere, autori di capolavori epocali come Annihilator (Robert Falzano), Nevermore (Curran Murphy), Monstrosity, Death e Vital Remains (Kelly Conlon).
Batteria, chitarra e basso, formazione praticamente fatta, ma al gruppo si aggiungono gli altrettanto importanti Pat Gibson alla sei corde e quell’animale metallico di Michael Duncan dietro al microfono, una iena che valorizza tutto il lavoro strumentale dei suoi colleghi con una prova mostruosa.
Quarto album dunque, quarto pezzo di indistruttibile acciaio metallico, arrivato a metà dell’anno in corso dopo aver dato alle stampe il primo vagito dieci anni fa (Never to Play the Servant) per poi proseguire nella creazione di un devastante power/thrash con God Burns Like Flesh (2007) e Hail the New Cross, uscito tre anni fa.
Orphans Of Chaos riprende a triturare padiglioni auricolari dove l’ultimo lavoro si era interrotto, il sound del gruppo che si rifà, senza copiarlo pedissequamente, a quello dei Nevermore e dei gruppi che al thrash metal aggiungono dose letali di power metal statunitense e sfumature progressive, risulta una mazzata tecnicamente ineccepibile, curatissima nella produzione e dal songwriting straordinario.
Inutile girarci intorno, stiamo parlando di un gruppo composto da musicisti che sono top players del proprio strumento, con esperienze di alto livello alle spalle e la cosa esce allo scoperto in ogni passaggio, su ogni nota esplosa dalle casse del vostro impianto messo a dura prova dalla potenza sprigionata dal combo americano.
Ritmiche che alternano groove, accelerazioni e cambi di ritmo vorticosi, chitarre che squarciano il cielo con solos folgoranti, cambi di atmosfera che rimanendo nei canoni oscuri dell’U.S. Metal si impregnano di umori progressivi e vocalizzi che passano da grintosi toni thrash ad aperture melodiche e teatrali tra Warrel Dane e Russell Allen.
Drammatico, potente, tragicamente metallico, oscuro, furioso ed a tratti elegante nella sua continua ricerca della melodia vincente, Orphans Of Chaos non cade dal gradino dell’eccellenza per tutta la sua lunga durata, regalando un prezioso diamante nero ai fans del genere.
In uscita nelle versioni cd, lp e digipack, troviamo come bonus track l’ep Full Moon Blood, altre tre mazzate thrash metal di dimensioni apocalittiche, motivo in più se non bastasse per farlo vostro e goderne in questi caldi giorni estivi.

TRACKLIST
1. Fixx For Demise
2. Shallow
3. Slave
4. Forget Forgiveness
5. Nothing Friend
6. The Mad Man Lies
7. Doom
8. Disruption
9. Thoughtless Timeless
10. Cold And Alone
11. Free
FULL BLOOD MOON:
12. Full Blood Moon
13. Dead Eye Liar
14. Disallussion Of My Misery

LINE-UP
Michael Duncan – vocals
Curran Murphy – guitars
Kelly Conlon – bass
Pat Gibson – guitars
Robert Falzano – drums

SHATTER MESSIAH – Facebook

Carnage Inc – Fury Incarnate

Fury Incarnate è un ottimo compromesso tra il thrash metal old school ed il sound più modernista e marziale delle nuove generazioni.

Thrash metal senza compromessi ci propongono gli indiani Carnage Inc, giovane band di Mumbai che va ad infoltire la scena estrema sempre più pressante sul mercato europeo grazie alla Trascending Obscurity, label che negli ultimi anni ha avuto il merito di portare a conoscenza degli appassionati molte delle realtà presenti in quel lontano e per noi ancora misterioso paese.

Il debutto del gruppo si riassume in questi cinque brani che vanno a comporre Fury Incarnate, ep dall’alto tasso adrenalinico e buon esempio di thrash metal tra tradizione e soluzioni moderne.
Un pugno nello stomaco ben calibrato ed orchestrato con ottima padronanza di mezzi dal quartetto, un’alternanza di atmosfere che riprendono in toto il genere suonato nella storica Bay Area e lo imbastardiscono, a tratti con ritmiche colme di groove ed un approccio moderno che lascia aperte al gruppo più soluzioni nel prossimo futuro.
Storceranno il naso i puristi ma per suonare thrash metal la tecnica è più importante di quello che si possa pensare, ed il gruppo indiano non difetta certo in qualità, sia nella sezione ritmica che nel lavoro delle due asce che non risparmiano solos taglienti e riff veloci e nelle parti moderne massicci e saturi il giusto.
Ne escono cinque brani carichi a palla, due davvero ben fatti (il singolo Defiled e Day Of Delirium), la prima chiaramente ispirata agli eroi del thrash americano, la seconda strutturata su di un riff orientaleggiante e da rallentamenti atmosferici di drammatica tensione.
Fury Incarnate è un ottimo compromesso tra il thrash metal old school (primi Metallica, Anthrax) ed il sound più modernista e marziale delle nuove generazioni (Lamb Of God, Shadows Fall), perciò in grado di accontentare più palati abituati a succulenti piatti metallici. Consigliato.

TRACKLIST
1.Dawn
2.Defiled
3.Fury Incarnate
4.Day Of Delirium
5.Ungod

LINE-UP
Varun Panchal – Rhythm Guitar/Vocals
Navin Mudaliyar – Lead Guitar
Jason Dias – Bass/Backing vocals
Moinuddin Farooqui – Drums

CARNAGE INC. – Facebook

J.T.Ripper – Depraved Echoes and Terrifying Horrors

Depraved Echoes and Terrifying Horrors si può certamente considerare un esordio positivo, appetibile in particolare per i fans più accaniti dello speed/thrash vecchia scuola.

Nell’underground metallico è forte una tendenza old school che negli ultimi anni si è amplificata in tutti i generi e prevalentemente in quelli estremi.

Death metal, thrash e raw black metal vivono grazie a questo sottobosco musicale, ancora ancorato alle sonorità storiche, molte volte con buoni risultate, altre sinceramente un po meno.
I tedeschi J.T. Ripper si piazzano esattamente nel mezzo con questo primo lavoro sulla lunga distanza, composto da nove brani di speed/thrash metal old school arricchiti da un’attitudine evil di chiara matrice black.
Ne esce Deapraved Echoes and Terrifying Horrors, lavoro che che si colloca tra Slayer, Venom e la sacra triade tedesca Sodom/Kreator/Destruction, influenze nobili per il trio di Chemnitz, anche se la strada da percorrere per raggiungere le loro ispirazioni è ancora molto lunga.
L’album si guadagna la piena sufficienza e qualcosa di più per l’alto impatto e l’attitudine, ma perde qualcosa in songwriting e produzione; il primo leggermente monocorde, la seconda molto old school, forse troppo.
Poco più di mezz’ora a mille allora, un forte sentore di putrida blasfemia ma anche di già sentito, portano il trio di thrashers composto da S (basso e voce), D (chitarra) e C (battteria), nei meandri infernali creati dai gruppi che misero a ferro e fuoco il decennio ottantiano, la passione nel riportare tali sonorità è commovente ed il gruppo ce la mette tutta per risultare più aggressivi possibile, ed in effetti ci riesce alla grande, specialmente nei brani più elaborati come Darkest Minds e la punkizzata Repulse Desire.
Se siete amanti di tutto quello che è vintage nel metal estremo, Depraved Echoes and Terrifying Horrors si può certamente considerare un esordio positivo, appetibile in particolare per i fans più accaniti dello speed/thrash vecchia scuola.

TRACKLIST
1. Black Death
2. Seven Comandments
3. Human Coffin
4. Darkest Minds
5. Bloody Salvation
6. Route 666
7. Fallout (Over France)
8. Repulsive Desire
9. Buried Alive

LINE-UP
Chris – Drums
Daniel – Guitars
Steffen – Vocals, Bass

J.T.RIPPER – Facebook

Nerodia – Vanity Unfair

Il lavoro suona praticamente perfetto in tutti i suoi aspetti, un album estremo che potrebbe trovare ammiratori anche tra gli amanti del metal più classico per via di grandi intuizioni melodiche.

Tornano come una tromba d’aria che, vorticando, finisce il lavoro di distruzione sulle macerie lasciate al primo fatale passaggio, lasciando solo il caos prodotto dalla sua inesauribile furia.

Loro sono i Nerodia, quartetto romano che rilascia questo devastante secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo il primo full length Heretic Manifesto e Prelude To Misery, ep uscito tre anni fa e che avevamo già elogiato su queste pagine.
Vanity Unfair è stato affidato per il mix ed il mastering a Stefano Morabito in quel dei 16th Cellar Studio e vede come ospite Massimiliano Pagliuso dei Novembre, alle prese con un solo nella belligerante ed oltremodo scandinava The Black Line.
I nostri quattro thrash/blacksters, senza farci respirare, ci immergono nel loro mare di note estreme sempre in bilico tra il black metal scandinavo ed il thrash old school di matrice tedesca.
E’ un mare nero, dove vivono entità che nell’ombra, voraci, che attaccano senza pietà pregne di umori black’n roll ed insana attitudine evil con questo nuovo lavoro, ancora una volta valorizzato dalla tecnica sopraffina dei musicisti, tra cui spicca l’enorme piovra famelica che di nome fa David Folchitto.
I riff si susseguono, veloci e taglienti come zanne di squali tigre convincendo ancora una volta sulla perizia dei due axeman (Giulio Serpico Marini, Marco Montagna), mentre il basso di Ivan Contini segue lo tsunami di colpi inferti dal suo collega ritmico.
Brani che non scendono sotto l’atmosfera di esaltazione che dalle prime note della title track cala sull’ascoltatore, stordito dal mix letale di Darkthrone, Dissection, Kreator ed impulsi motorheadiani che brani come Pussywitch 666, Anti-Human Propaganda, Chains of Misery e No Crown For The Dead non fanno che confermare.
Siamo a livelli molto alti, la band romana non ha punti deboli, ed il lavoro suona praticamente perfetto in tutti i suoi aspetti, un album estremo che potrebbe trovare ammiratori anche tra gli amanti del metal più classico per via di intuizioni melodiche sopra le righe. Un acquisto obbligato.

TRACKLIST
01 Necromorphine Awakening
02 Vanity Unfair
03 The Black Line
04 Souldead
05 Pussywitch 666
06 No Crown for the Dead
07 Anti-Human Propaganda
08 Chains of Misery
09 Celebration of the Weak
10 Usque Ad Finem
11 Channeling the Dark Sound of Cosmos

LINE-UP
Giulio Serpico Marini – Vocals, Guitars
Marco Montagna – Guitars, B.Vocals
Ivan Contini – Bass
David Folchitto – Drums

NERODIA – Facebook

Harm – October Fire

Una bomba estrema, questo risulta October Fire, nuovo lavoro dei norvegesi Harm, un trio diabolico che al thrash aggiunge una potenza death/black metal per un risultato da tregenda musicale.

Il gruppo nasce addirittura nel 1997, ma la prima uscita risale al 2004 con il debutto in versione demo, seguito da due full length, Devil del 2006 e Demonic Alliance del 2011.
Una furia distruttrice che parte da una base thrash ed incorpora elementi death e black, i generi estremi di cui il loro paese è da sempre tra i massimi esponenti; il risultato non può che essere devastante come un ciclone biblico.
Vocals che rasentano lo scream di estrazione black, ritmiche inumane, solos spaccaossa , tanta furia distruttrice e se non bastasse rallentamenti al limite del doom/death, fanno di October Fire un lavoro estremo violentissimo ed assolutamente affascinante.
Il songwriting parossistico fa di questa raccolta di brani violenti e demoniaci una chicca per gli amanti del metal estremo, una band che nel suo estremismo sonoro mette d’accordo un po’ tutti gli affezionati al male in musica.
Non un attimo di tregua, fin dall’opener Devastator gli Harm danno inizio alla carneficina e non c’è modo di fermarli, crudeli e senza pietà infieriscono sull’ascoltatore con un approccio che fa passare una qualsiasi black metal band per dei bimbetti ai primi canti imparati a scuola.
La title track, Kill The King, l’infernale Bad Omen letteralmente uccidono, riconcorrono le vittime per finirle con una violenza inumana, le trombe d’aria metalliche non lasciano che macerie al loro passaggio e l’esercito di demoni con il fuoco di Ottobre purifica la terra dalle ultime avvisaglie di umanità.
Steffan Schulze (voce e basso), Nicolay Jørni Johnsen (chitarra), Kevin Kvåle (batteria), confezionano uno dei più malvagi e terremotanti lavori in ambito estremo di questa prima metà dell’anno, non perdetelo o il fuoco vi brucerà.

TRACKLIST
1. Devastator
2. Executioner
3. Trying To Grow Wings
4. October Fire
5. Kill The King
6. Shadow And The Slave
7. Red Stone Souls
8. In These Moments
9. Bad Omen

LINE-UP
Steffan Schulze – Bass/vocals
Nicolay Jørni Johnsen – Guitars
Kevin Kvåle – Drums

HARM – Facebook

VV.AA. – Thirteeen: An Ethereal Sound Works Compilation

Thirteen è la compilation che celebra i tredici anni di attività della label portoghese Ethereal Sound Works, nel cui roster sono comprese band lusitane dedite ai generi più disparati, ma tutte accomunate da una notevole qualità di fondo e da altrettanta verve creativa.

Thirteen è la compilation che celebra i tredici anni di attività della label portoghese Ethereal Sound Works, nel cui roster sono comprese band lusitane dedite ai generi più disparati, ma tutte accomunate da una notevole qualità di fondo e da altrettanta verve creativa.

Sono ben 19 i brani contenuti in questa raccolta piuttosto esaustiva con la quale il buon Gonçalo esibisce i suoi gioielli, anche quelli più preziosi ma, purtroppo, non più attivi come i Vertigo Steps.
Così, in questo caleidoscopio di suoni ed umori, troviamo il metal con il death dei Rotem e il power/thrash degli Hourswill, il rock alternativo di Secret Symmetry, Painted Black, Dream Circus e Artic Fire, il punk di The Levities, Chapa Zero e Punk Sinatra, il dark di And The We Fall, Rainy Days Factory e My Deception, l’indie dei The Melancholic Youth Of Jesus, il folk dei Xicara , la sperimentazione pura dei Fadomorse e l’ ambient degli Under The Pipe e dei Soundscapism Inc., quest’ultimo fresco progetto di Bruno A., successivo allo split dei Vertigo Steps, qui rappresentati dalla splendida Silentground.
L’eclettismo è il vero marchio di fabbrica della ESW, grazie alla quale abbiamo la possibilità di constatare come in Portogallo si produca tanta musica di qualità, in più di un caso oggetto delle nostre recensioni (che possono essere lette nella sezione sottostante denominata articoli correlati).
Non ci sono solo i Moospell o il fado, quindi, a rappresentare il fatturato musicale lusitano, e questa compilation offre una ghiotta possibilità di farsi un’idea più precisa di quel movimento, portando alla luce diverse realtà oltremodo stimolanti.

Tracklist:
1.Secret Symmetry – Disarray And Silver Skies
2.Vertigo Steps – Silentground
3.Painted Black – Quarto Vazio
4.Hourswill – Atrocity Throne
5.My Deception – Daylight Deception
6.Dream Circus – Ticking
7.Rotem – The Pain
8.The Levities – Split Lip
9.Chapa Zero – Vai Lá Vai
10.Punk Sinatra – Nunca Há Paciência
11.Under The Pipe – No Need Words
12.Artic Fire – Running
13.The Melancholic Youth Of Jesus – Insensivity
14.And Then We Fall – Ancient Ruins
15.Rainy Days Factory – Deep Dive
16.Fadomorse – Deicídio
17.Xícara – Cantiga (Deixa-te Estar na Minha Vida)
18.Dark Wings Syndrome – In My Crystal Cage (2015)
19.Soundscapism Inc. – Planetary Dirt

ETHEREAL SOUND WORKS – Facebook

Critical Solution – Sleepwalker

Grande band e album fantastico in cui nel brano di chiusura troviamo come special guest Michael Denner e Hank Shermann dei Mercyful Fate … e se si sono scomodati loro qualcosa vorrà pur dire.

I Critical Solution provengono dalla Norvegia, non suonano black o death metal ma una riuscita commistione tra il thrash metal americano e l’heavy metal dalle tinte horror, caro a band come Mercyful Fate e ovviamente King Diamond.

Sleepwalker è il secondo lavoro sulla lunga distanza di una discografia iniziata con l’ep “Evidence of Things Unseen” del 2011, proseguita con il primo full length “Evil Never Dies” del 2013 e con l’ulteriore ep “The Death Lament”, dello scorso anno.
Il quartetto scandinavo rilascia il nuovo lavoro, rigorosamente autoprodotto, stupendo per maturità compositiva, impatto ed ottima tecnica, e confezionando uno dei thrash album old school più belli degli ultimi tempi.
Velocità, impatto, melodie metalliche a iosa ed un songwriting davvero notevole, fanno di Sleepwalker un album che, nel genere, rasenta la perfezione.
Testament, primi Metallica e tanto heavy europeo per una decina di brani dalle tinte oscure, bilanciati con sagacia tra la tradizione statunitense e quella del vecchio continente, colma di ritmiche veloci, bellissime parti armoniche, crescendo entusiasmanti e solos incastonati in brani che spaccano.
Signori, questo è il thrash old school nella sua più splendente forma, suonato e cantato alla grande, drammatico, orrorifico, ma sempre ultra melodico.
Non c’è un brano che non entri in testa al primo ascolto, non un riff o un’accelerazione che non sia al posto giusto, sempre perfettamente strutturato su una voce che nasce per il genere e non potrebbe cantare altro, tanto è perfetta.
Christer Slettebø, voce e colpevole dei solos che per tutto l’album impazzano e vi terranno per le palle, Egil Mydland alle pelli, che in compagnia di Eimund Grøsfjell al basso formano una sezione ritmica da infarto, aiutati dalla sei corde della seconda chitarra tra le mani di Bjørnar Grøsfjell, questi sono i musicisti che compongono questo fenomenale combo, di cui non vi dimenticherete tanto facilmente.
La title track e Welcome To Your Nightmare incendiano i padiglioni auricolari; l’album parte a mille con due brani velocissimi e potenti, ma dalla terza song Blood Stained Hands il thrash lascia spazio ad una songs heavy, in un crescendo di emozioni metalliche da pelle d’oca; Sleepwalker inizia ad esaltare regalando atmosfere di drammatico horror metal, tra semiacustiche parti atmosferiche, cavalcate di puro metallo nobile e parti strumentali da brividi, tutti compressi nella stupenda Dear Mother, brano capolavoro di questo stupefacente lavoro.
Album fantastico e grande band che, non contenta, ci regala ancora brividi con Back from The Grave, posta in chiusura, dove troviamo come special guest Michael Denner e Hank Shermann dei Mercyful Fate … e se si sono scomodati loro qualcosa vorrà pur dire.

Tracklist:
1.The Curse
2.Sleepwalker
3.Welcome To Your Nightmare
4.Blood Stained Hands
5.Murder In The Night
6.Evidence Of Things Unseen
7.LT. Elliot” (featuring Mika Lagreen)
8.Dear Mother
9.The Death Lament
10.Back From The Grave (featuring Michael Denner and Hank Shermann)

Line-up:
Christer Slettebø – Vocals/Lead Guitar
Egil Mydland – Drums
Eimund Grøsfjell – bass Guitar
Bjørnar Grøsfjell – Guitars

CRITICAL SOLUTION – Facebook

Reanimator – Horns Up

I canadesi Reanimator tornano con un nuovo massacro thrash metal: per gli amanti del genere un album da ascoltare senza riserve.

Un toro borchiato di tutto punto, armato di corna che sputano lingue di fuoco vi travolgerà e non ci sarà scampo …

Cattiveria pura, un caterpillar inferocito che, a colpi di thrash metal, vi inchioderà al muro, devastandovi sotto mazzate di una forza animalesca irrefrenabile: questo è Horns Up, nuovo lavoro dei canadesi Reanimator, metallo che mostra i muscoli e senza pietà, spacca ossa e orecchie sospinto dall’impatto distruttivo della band del Quebec, con già una decina d’anni di attività alle spalle.
Thrash’n’roll si definiscono loro, semplicemente old school thrash metal direi io: lo speed a rendere il tutto più veloce e travolgente e qualche accenno hardcore nei cori sono le qualità maggiori di questo massacro senza soluzione di continuità, suonato come il genere insegna in virtù della buona tecnica e dell’esperienza fatta dal gruppo in questi anni, accompagnando sul palco nomi storici del metal estremo come Exodus, Aggressor, Brutal Truth, Macabre e Cryptopsy, tanto per nominare i più noti e sottolineare la varietà di stili con cui i Reanimator si sono confrontati senza timore in sede live.
Chitarre che tranciano in due come seghe elettriche (Ludovic Bastien e Joel Racine ), sezione ritmica che picchia come il bestione in copertina (Francis Labelle alle pelli e Fred Bizier al basso), ed un cantante indemoniato e rabbioso (Patrick Martin) sono gli ingredienti di questo macello sonoro che inizia alla grande con Electric Circle Pit e non smette di picchiare, continuando anzi a colpire duramente con Tempted by Deviance, Thieves of Society e via di diritti e ganci, senza sosta ne pietà.
Con ritmiche che mozzano il fiato, un’aggressività che conquista e cori azzeccati, i Reanimator si dimostrano una perfetta macchina da guerra che in sede live immagino ancor più devastanti; questo ottimo lavoro ha proprio tutto per essere portato sui palchi, facendo vittime, travolte dalla carica di brani come Still Sick e Mock a Mockingbird, traccia conclusiva del lavoro dove viene a galla la furia rock’n’roll del combo di Montréal.
Per gli amanti del genere un album da ascoltare senza riserve.

Tracklist:
1.Electric Circle Pit
2.Rush For The Mosh
3.Tempted By Deviance
4.Thieves Of Society
5.The Abominautor
6.The Mosh Master
7.Still Sick
8.Off With Their Heads
9.Mock A Mockingbird

Line-up:
Patrick Martin – Vocals
Ludovic Bastien – Guitar
Francis Labelle – Drums
Fred Bizier – Bass
Joel Racine – Guitar

REANIMATOR – Facebook