Barús – Barús

Un sound costruito su di un alto tasso di groove dissonante e melodico, un vortice di suoni progressivi estremi che non mancano di stupire.

Debutto per i sorprendenti deathsters francesi Barús, con questo ep di quattro brani devastanti dal mood progressivo ed in linea con le produzioni targate Meshuggah.

Un sound costruito su un alto tasso di groove dissonante e melodico, un vortice di suoni progressivi estremi che non mancano di stupire.
Una piramide costruita su armonie mai banali e che alterna insane melodie a monolitiche parti estreme dove il death metal violenta con la sua forza distruttrice, un metal che si ispira al thrash moderno e dannatamente progressivo.
Cinque musicisti di cui si conoscono solo le iniziali, ma dalla tecnica e dal talento compositivo enorme al servizio di questa torre di musica estrema che si innalza verso il cielo.
Tarot, Disillusions, l’apocalittica Chalice e la sludge oriented Cherub compongono questa ventina di minuti abbondanti di metal fuori dagli schemi e sopra le righe.
Progressivo, debordante ed assolutamente imprevedibile nelle molte furiose accelerazioni, monolitico e disturbante, quando il sound frena e veniamo schiacciati sotto i piedi di un gigantesco moloch di pura elettricità.
Attiva dallo scorso anno e subito in pista con questo ep omonimo, la band di Grenoble alza la canna del suo bazooka e mira a distruggere il trono dei gruppi dediti al genere, il loro sound è una tempesta di suoni su cui un growl nervoso e personale sfoga tutta la sua rabbia nichilista.
Chitarre dai solos lancinanti, un mare di riff dissonanti e pesantissimi, ritmiche ingarbugliate ma perfettamente incastonate nel caos ragionato prodotto dal gruppo, fanno di Barús una chicca per gli amanti di Meshuggah e Mastodon.
Da non mancare l’appuntamento con la prova sulla lunga distanza

TRACKLIST
1. Tarot
2. Disillusions
3. Chalice
4. Cherub

LINE-UP
R – Bass
A – Drums
M – Guitars
J – Guitars
K – Vocals

BARUS – Facebook

Il Castello di Atlante – Arx Atlantis

Arx Atlantis è un bellissimo e quanto mai riuscito affresco di rock progressivo

Si torna a parlare di rock progressivo sulle pagine della nostra zine con l’ultima opera di Il Castello Di Atlante, storica band piemontese, attiva dal 1974 e con otto precedenti album usciti dall’inizio degli anni novanta in avanti.

L’esordio infatti è datato 1992 (Sono io il signore delle terre a nord), poi una serie di lavori che portano il gruppo fino a Cap. 8 Live di due anni fa.
Arx Atlantis è un bellissimo e quanto mai riuscito affresco di rock progressivo, che immortala la tradizione dello stivale nel genere, traghettata dal decennio settantiano fino ai nostri giorni da un numero di band dall’alto tasso qualitativo, con lavori che sono entrati di diritto nel gotha del rock progressivo internazionale.
Storie di altri tempi dai rimandi folk, stupende e ariose armonie tastieristiche, il violino che riempie l’atmosfera di melodie trasportate nel tempo, un viaggio tra racconti che donano una magica aura di immortalità, sono le prime impressioni suscitate dall’ascolto di canzoni sognanti come l’opener Non Ho Mai Imparato o Il Tempo del Grande Onore, rigorosamente cantate in italiano e suonate meravigliosamente dai sette musicisti, con l’aiuto dei tasti d’avorio di Tony Pagliuca delle ombre sulla splendida e medievale Ghino e L’Abate di Clignì.
Un genere il progressive che spesso si è chiuso in sé stesso, costruendosi un mondo a parte nel vasto panorama della musica rock, importantissimo per lo sviluppo della musica contemporanea, non solo quindi sfoggio di mera tecnica strumentale ( in abbondanza su questo lavoro) ma scrigno di emozioni senza tempo che Il Castello Di Atlante regala all’ascoltatore, come dei moderni cantastorie, menestrelli in questo mondo dove la realtà, specialmente quella più orrenda, supera la fantasia.
Ed allora salutate il mondo per una cinquantina di minuti e fatevi travolgere dalle melodie che escono sublimi dallo spartito di Arx Atalantis, opera che dalla prima all’ultima nota del capolavoro Il Tesoro Ritrovato (brano che chiude il cd), non risparmia travolgenti cambi d’ atmosfere, ritmi che si rincorrono, sinfonie progressive di rara bellezza in un crescendo
di emozioni senza fine.
Per chi ama il genere Arx Atlantis è l’ennesimo album imperdibile creato dal gruppo piemontese, l’anno di nascita ed il curriculum di cui la band si può vantare mi inducono a non parlare di influenze ma al limite di paragoni, che vanno dai Genesis ed E.L.P. ai nostri mostri sacri come Il Banco Del Mutuo Soccorso, Le Orme e PFM.

P.S. Un consiglio per i più giovani : ascoltate e riascoltate gruppi come Il Castello Di Atlante, fonte del lungo fiume di band che alimentano il mare del metallo progressivo contemporaneo.

TRACKLIST
1. Non Ho Mai Imparato
2. Il Vecchio Giovane
3. Ghino e L’Abate di Clignì
4. Il Tempo del Grande Onore
5. Il Tesoro Ritrovato

LINE-UP
Aldo Bergamini – guitar, vocals
Andrea Bertino – violin
Davide Cristofoli – piano, keyboards, synths
Massimo Di Lauro – violin on track 4
Paolo Ferrarotti – vocals, keyboards, drums on track 5
Dino Fiore – bass
Mattia Garimanno – drums

Guest:
Tony Pagliuca – keyboards on track 3

IL CASTELLO DI ATLANTE – Facebook

Neid – Atomoxetine

Atomoxetine è un disco violento, ben prodotto e che centra il punto fin dalle prime note, non ci saranno prigionieri, lotta catartica contro questo sistema e questa vita.

Il grind è un testimone che si tramanda di generazione ed in generazione, perpetrando un crimine sonoro voluto e liberatorio.

Figlio di una felice unione fra hc e metal, il grind è l’erba cattiva che non muore mai, e che va avanti grazie a dischi come questo dei viterbesi Neid. Atomoxetine è un disco violento, ben prodotto e che centra il punto fin dalle prime note, non ci saranno prigionieri, lotta catartica contro questo sistema e questa vita. Rispetto al gruppo grindcore medio i Neid hanno un passo ed una potenza superiore, inoltre sono davvero molto hardcore che non può che fa felici noi malati di hc. Attivi dal 2007 i nostri hanno deciso di darsi per nostra somma fortuna al grind dal 2010, inanellando ottimi album uno dietro l’altro, girando l’Europa, sempre più ricettiva sul grind rispetto allo stivale.
Atomoxetine è il loro disco migliore, certamente non quello definitivo ma quello che li pone molto in alto. Gran bel disco, riffoni pesanti e veloci, la bestia non muore. In più la loro discografia pregressa è in free download sul loro bandcamp.

TRACKLIST
01. Continuous Use
02. Painting Death
03. The Failure
04.Virtual Shape
05. Saturated Child
06.Atomoxetine
07. New Threat
08. Voltures Of Incorporation
09. Pay Independently
10. I Hate Work (MDC cover)
11. Satisfy My Hunger
12. Restore The Judgement
13. Memory May Kill The Need
14. Breed To Breed (Wormrot cover) [Bonus track]

LINE-UP
GURU RENATO – Vox
CAPO’ – Drums
IL SOCIO – Bass
ANGIOLETTO – Guitar
GIACOMINO – Guitar

NEID – Facebook

Deluge – Æther

Prima uscita ufficiale per i francesi Deluge, come altre band trattate di recente appartenenti alla scuderia della Les Acteurs de l’Ombre Productions, anch’essi alle prese con un interessante interpretazione della materia estrema.

Pure in questo caso il sound gravita in territori dove il black metal viene abbondantemente contaminato da pulsioni posthardcore ma, rispetto ai gruppi connazionali recentemente descritti, i Deluge spingono ancor più sul lato drammatico del sound: un senso di tragedia imminente che si esplicita nell’incomunicabilità che non può essere risolta né dall’urlo disperato di Maxime Febvet, né dal parossismo strumentale dei suoi compagni.
Meglio, allora, provare ad evocare una pace effimera e solo apparente, ricorrendo a repentini stacchi in cui il sound pare quasi arrestarsi, facendosi liquido (non solo per il costante scrosciare della pioggia battente in sottofondo) e rarefatto.
Questo artificio, senz’altro funzionale agli standard del genere suonato, talvolta arriva ad interrompere bruscamente passaggi in cui l’intensità spasmodica appare l’ineluttabile atto di ribellione finale alla constatazione di un’umanità allo stremo, sommersa da questo “déluge” (diluvio) musicale.
Dei ragazzi francesi si apprezza comunque il mantenimento di un filo conduttore melodico anche quando lo strazio vocale, il riffing ed i blast beat erigono un muro sonoro di spaventosa compattezza.
Aether è forse anche un pizzico troppo lungo per un sound che, proprio per la sua urgenza, estenua lasciando senza fiato: dopo i dieci minuti magnifici dell’accoppiata Avalanche / Appât si può ragionevolmente pensare che non ci sia più molto da dire o da dare, mentre i nostri invece proseguono ancora a martellare imperterriti per tre quarti d’ora sicuramente notevoli, ma che necessitano di un certo impegno per non soccombere all’evocazione di calamità e stati d’animo ugualmente prostranti …
Nella breve Mélas | Khōlé fa capolino anche Neige ad impartire la propria benedizione al quintetto di Metz, ma l’ospitata è solo la ciliegina su una torta che di dolce ha ben poco, se non la finale attenuazione del diluvio che si trasforma in Bruine (pioggerellina), quando ormai il peggio si è compiuto.
I Deluge sorprendono e convincono in un settore dove magari non c’è più nulla da inventare, ma in cui si può ugualmente fare centro suonando come se non ci fosse davvero un domani: grazie a questo e a un senso melodico che, come detto, ne pervade quasi misteriosamente il suono, Æther si rivela un gran bel disco d’esordio.

Tracklist:
1. Avalanche
2. Appât
3. Mélas | Khōlé
4. Naufrage
5. Houle
6. Klarträumer
7. Vide
8. Hypoxie
9. Bruine

Line-up:
Frédéric Franczak – Bass
Benjamin Marchal – Drums
François-Thibaut Hordé – Guitars
Richard de Mello – Guitars
Maxime Febvet – Vocals

DELUGE – Facebook

Life’s December – Colder

Un album che nel suo enorme mood estremo destabilizza e sorprende, un esempio di metal moderno che travolge tutte le aspiranti fighette col mascara che ci dobbiamo sorbire sui canali satellitari.

I giovanissimi Life’s December da San Gallo debuttano sotto l’ala della Dark Wings con questo impressionante esempio di deathcore malatissimo e distorto, con molte parti al limite del djent, per un esempio di metallo moderno che definire estremo è un eufemismo.

Il gruppo si distingue per un approccio violentissimo, schizoide e saturo di distorsioni, parti elettroniche ed atmosferiche da brividi, facendo di Colder un monolite pesantissimo di musica estrema.
Growl e scream malati, basso che pulsa tanto da spaccare le membrane dei vostri diffusori, in un clima di terrore che ha nell’inizio della terrificante Snow Falls Silently il suo apice.
Poco più di mezzora nel labirinto di terrificante violenza creato dalla band svizzera, bastano ed avanzano, il clima di tensione non cede un attimo e Colder senza alcun dubbio risulta un lavoro per palati forti.
Ritmiche marziali, chitarre che urlano dolore e voci, che sembrano provenire da una casa per malati mentali, il tutto ricamato a dovere per creare incubi, con atmosfere di raggelante elettronica e voci registrate in preda ad un delirio disturbante.
Gli attimi dove un pacato accordo sembra lasciare un po’ di respiro (My Existence) trovano subito sfogo in un’interpretazione drammatica e tragica del singer Rico Bamert, che si porta nella sue corde vocali tutti i mali ed i disagi del mondo.
La title track esplode come un vulcano in eruzione, talmente pesante la parte cadenzata che, quando la band lascia le redini e parte in quarta la violenza sonora stempera il calore della lava distorta.
Un album che nel suo enorme mood estremo destabilizza e sorprende, un esempio di metal moderno che travolge tutte le aspiranti fighette col mascara che ci dobbiamo sorbire sui canali satellitari.
Se avete un lungo pelo sullo stomaco avvicinatevi pure a questo lavoro, altrimenti usate molta cautela nel maneggiare la materia estrema racchiusa in Colder.

TRACKLIST
1. Final Speech
2. Lest I Forget
3. Memories
4. World Of Blame
5. Interludium
6. Snow Falls Silently
7. My Existence
8. Colder
9. Hero Missing

LINE-UP
Rico Bamert- Vocals
David Mühlethaler- Guitars
Valens Wullschleger- Guitars
Jérémie Gonzalez- Drums
Simon Mäder- Bass

LIFE’S DECEMBER – Facebook

Blakk Old Blood – Greed

In questo caso troviamo l’ortodossia fatta molto bene e con grande aderenza al vero spirito del black metal.

Gruppo svizzero formato da componenti di band come Asag, Daeathcult e Antiversum. con lo scopo di fare black metal ortodosso vecchia scuola.

Dopo la pubblicazione di due cassette, ecco il dodici pollice in vinile per l’italiana Clavis Secretorvm. I Blakk Old Blood fanno un black metal scandinavo classico e di grande impatto, andando dritti come un paletto in mezzo al cuore. Le tracce sono solo quattro, ma sono il presagio di qualcosa di ancora più diabolico che arriverà speriamo presto. Greed è la continuazione del loro progetto sui sette vizi capitali.
Il black metal è un genere che ha due sbocchi principali : innovazione o ortodossia, ed una non esclude assolutamente l’altra. In questo caso troviamo l’ortodossia fatta molto bene e con grande aderenza al vero spirito del black metal.

TRACKLIST
01 Misanthrope
02 Intermezzo
03 Thou are the Dragon
04 Seed of Greed

LINE-UP
Korvus Mentor
Goathammer
Deus Mortuus

BLAKK OLD BLOOD – Facebook

Salem – Dark Days

Dotato di un songwriting ispirato, Dark Days non manca di stupire per freschezza compositiva e brani che esplorano l’hard & heavy dei primi anni ottanta

Non può che far piacere il ritorno dei Salem con un nuovo album, specialmente se si cominciano ad avere abbastanza primavere per aver vissuto gli anni d’oro della new wave of british heavy metal.

Operazione nostalgica? Non direi visto la qualità della musica di cui è composto Dark Days e poi non stiamo certo parlando
di un gruppo su cui una label possa contare economicamente, quindi ben vengano le band storiche dell’underground metallico, zoccolo duro di un mondo che a dispetto del passare degli anni è ben lungi da lasciare il passo, qualitativamente parlando.
Fondati nel lontano 1979, i britannici Salem diedero alle stampe una serie di demo, tra il 1981 ed il 1983, per poi perdersi nei meandri dell’underground, tornando sul mercato con la compilation In The beginning … datata 2010.
In questi ultimi sei anni il gruppo ha trovato nuovi stimoli ed una buona costanza discografica, licenziando due ep ed il primo full length, Forgotten Dreams uscito tre anni fa.
Per la label tedesca Pure Steel, una garanzia di qualità nei i suoni classici, esce questo nuovo album, molto bello e ben curato a partire dall’artwork e dall’ottima produzione, non troppo moderna ma neanche persa nel vintage a tutti i costi, così da risultare perfetta per il sound del gruppo inglese.
Capitanati dal singer Simon Saxby, vero animale al microfono con l’ugola che si avvicina a Biff, maestro sassone se si parla di heavy metal, il gruppo propone la sua personalissima rivisitazione del sound che fu il padre di tutti o quasi i generi di cui è composto il mondo metallico, ammantando di ritmiche hard rock il suo metallo pesante.
Dotato di un songwriting ispirato, Dark Days non manca di stupire per freschezza compositiva e brani che esplorano l’hard & heavy dei primi anni ottanata, alternando songs dall’impatto metallico, suggestivi crescendo maideniani e hard rock di chiara ispirazione Thin Lizzy.
La classe non manca, il sound chiaramente derivativo non intacca la performance dei nostri e brani come Nine Months, Complicated, l’esaltante titletrack e la bellissima semiballad Prodigal Son, hanno il compito di far rivivere le gesta di band storiche come Saxon, UFO ed Iron Maiden.
Un ritorno più riuscito non si poteva auspicare: certo, Dark Days rimane un lavoro adatto ai vecchi amanti del classic metal e difficilmente troverà estimatori nella nuova generazione di fans tutti blast beat e velocità a palla, ma noi vecchi marpioni del metallo pesante facciamo spallucce e ci godiamo questa bellissima raccolta di canzoni.

TRACKLIST
1. Not Guilty
2. Ninth Months
3. Complicated
4. Lost My Mind
5. Dark Days
6. Second Sight
7. Tormented
8. Fallen Angel
9. Toy Story
10. Prodigal Son
11. Tank

LINE-UP
Simon Saxby – vocals
Paul Macnamara – guitars
Paul Mendham – drums
Mark Allison – guitars
Adrian Jenkinson – bass

SALEM – Facebook

https://www.reverbnation.com/SalemUK

Howls of Ebb – Cursus Impasse: The Pendlomic Vows

Questo disco è stato composto da una legione di demoni che si sono impossessati di Zee-Luuuvft-Huund e Roteen’ Blisssss e ci raccontano cose infernali.

Pazzia in ogni nota, disordine e un bel vaffanculo alla forma canzone.

Questo disco è stato composto da una legione di demoni che si sono impossessati di Zee-Luuuvft-Huund e Roteen’ Blisssss e ci raccontano cose infernali. Non si può sapere cosa ci si possa aspettare da questo disco, che esplora i lati più nascosti del metal e va ben oltre. Tutto è nuovo, originale in questa forma. Gli Howls of Ebb fanno il perfetto disco metal underground, c’è talmente tanto qui dentro che forse a volte è addirittura troppo.
Troviamo sfuriate black metal, parti death, intermezzi free grind jazz, pezzi quasi ambient e narrati da una voce sempre infernale. Questi veterani dell’underground di Kansas City spalancano porte dimensionali da dove possono accedere al nostro mondo complicati demoni e larve astrali, ci raccontano di come tutto sia dominio assoluto del dio dell’assurdo, e di come le nostre faccende non abbiano significato. In tutto questo caos ragionato l’ordine prende le sembianze dell’accurata produzione che riesce a farci districare in questo caos.

TRACKLIST
01 The 6th Octopul’th Grin
02 Cabals of Molder
03 Maat Mons’ Fume
04 7 Ascetic Cinders, 8 Dowries of g
05 Gaunt Vertigo
06 Subliminal Lock_ A Precursor to V
07 The Apocryphalic Wick

LINE-UP
:zEEE-LuVft-huuND – Vibrations, Polysyllabic Mysticisms, Synthetic Magikx
RoTnn’BlisssS – Cadence of Limp & Duress, Bronze Aura & Frequency

HOWLS OF EBB – Facebook

Post-Mortem – God With Horns

Slayer, Cannibal Corpse e Behemoth sono i padrini malvagi del sound proposto dai Post-Mortem, dunque se siete amanti di questo tipo di metal estremo, God With The Horns vi offrirà molti spunti interessanti e piccole gioie morbose

Dopo vent’anni abbondanti di attività vede la luce l’abominevole primo full length dei transalpini Post-Mortem.

Il gruppo francese, infatti, fino ad ora aveva licenziato due ep, Mystic Delights uscito all’alba di questo millennio e Mankind Autopsy l’anno dopo (1991), poi più nulla e conseguentemente del quintetto se ne erano perse le tracce fino ad oggi, in corrispondenza dell’uscita di questo pezzo di pura blasfemia e violenza in musica che risulta God With Horns, una bella mazzata oscura, veloce, e dall’impatto tremebondo, nera come la pece, che si divide tra reminiscenze statunitensi ed europee in egual misura, non concedendo tregua per tutta la mezzora di durata.
Non mancano intermezzi orchestrali a creare un’atmosfera soffocante e solos melodici che a tratti smorzano una tensione da armageddon, mentre il growl animalesco del singer continua imperterrito a vomitare blasfemie.
Compatto e brutale, l’album ha in un paio di brani la sua massima espressione estrema, la devastante Rules Of Death e la thrash oriented Industrial Aborting Process, con una menzione particolare per la title track, violenta, oscura ed orchestrale.
Slayer, Cannibal Corpse e Behemoth sono i padrini malvagi del sound proposto dai Post-Mortem, dunque se siete amanti di questo tipo di metal estremo, God With The Horns vi offrirà molti spunti interessanti e piccole gioie morbose, approfittatene.

TRACKLIST
1. Intro (Beyond the Void)
2. Spinetrophy
3. Rules of Death
4. Eat the Cadaver
5. Industrial Aborting Process
6. God with Horns
7. Void Millenium Genesis
8. Outro (Coming War) 01:21
9. Umbilical Strangulation

LINE-UP
Gaëtan Floesser – Guitars
Laurent Greder – Drums
Samuel Clauss – Guitars
Pierre Mohn – Bass
Xavier – Vocals

POST-MORTEM – Facebook

Barbarian – Cult Of The Empty Grave

Il loro metal è fortemente debitore di oscuri dischi anni ottanta, ma anche di echi dei grandi come Venom, Running Wild o Manowar, a seconda della canzone.

Metal barbarico ed assoluto per questo gruppo italiano in attività dal 2009, che nel 2014 ha dato alle tenebre il bellissimo Faith Extinguisher per Doomentia.

In questo nuovo disco per Hells Headbangers, i nostri fanno il loro Absolute Metal, come giustamente recita una loro canzone ivi contenuta. I Barbarian sono una macchina da guerra potente e che non fa prigionieri. Il loro metal è fortemente debitore di oscuri dischi anni ottanta, ma anche di echi dei grandi come Venom, Running Wild o Manowar, a seconda della canzone, con il risultato di fare un suono davvero accattivante e quasi commovente per gli amanti del metal, perché è questo il vero metal. Tutte le canzoni divertono, hanno un bel tiro e il suono è vintage il giusto, senza esagerare, e si può ascoltare la grande passione che hanno questi ragazzi per il genere. Absolute Metal !!!!

TRACKLIST
1.Bridgeburner
2.Whores of Redemption
3.Cult of the Empty Grave
4.Absolute Metal
5.Supreme Gift
6.Bone Knife
7.Remoreless Fury

LINE-UP
BORYS CROSSBURN – Necroharmonic guitarmageddon and invocations of baltic storms and polish metal albums
D.D. PROWLER – Bass-tard mock of human morals, eruptions of evil from the cracked earth
LORE STEAMROLLER- Fuck off bombardment

BARBARIAN – Facebook

Santa Sangre – Ali d’Amianto

Ali d’Amianto è un lavoro riuscito ed assolutamente consigliato per i fans del metal più diretto e senza fronzoli, e la carica distruttiva di cui è colmo non può certo passare inosservata.

La Qua’Rock ci presenta il nuovo lavoro dei Santa Sangre, trio toscano che propone un massiccio metal estremo tra thrash metal e hardcore, rigorosamente cantato in lingua madre.

Il gruppo nasce a Grosseto sei anni fa dalle ceneri dei Nerovena ed ha all’attivo hanno due demo ed un ep datato 2013 intitolato La Tua Ora.
Dopo la firma con la label corregionale, la band entra in studio per registrare l’ennesimo massacro sonoro, dal titolo Ali d’Amianto, una bella mazzata in pieno volto, senza compromessi e con l’obiettivo di far male, molto male.
Un sound molto vario contraddistingue un album in cui i brani passano dal thrash tout court, al grezzo hardcore, con ritmiche che si drogano di groove, veloci e schizoidi episodi di metallo, che amoreggia con attitudine punk ed impatto travolgente.
Le loro passate esperienze live, con nomi storici dell’hardcore statunitense come i Biohazard e ottime realtà groove metal nostrane come i Rebeldevil, sono servite non poco per definire le coordinate del nuovo lavoro.
Al gruppo non manca certo l’impatto, fondamentale nel genere, le variazioni ritmiche sempre potenti e veloci rendono l’album una monolitica incudine lasciata cadere da un grattacielo, gli strumenti creano un muro sonoro invalicabile ed il cantato in italiano non inficia la resa dei brani, grazie alle tonalità di stampo hardcore ed i testi intelligenti e al passo con la musica proposta.
Una proposta senza compromessi, che ha nell’ottima title track, nella seguente Schegge e soprattutto nella stonerizzata Visione Esoterica i brani cardine dell’album.
Ali d’Amianto è un lavoro riuscito ed assolutamente consigliato per i fans del metal più diretto e senza fronzoli, e la carica distruttiva di cui è colmo non può certo passare inosservata.

TRACKLIST
1.Ali D’amianto
2.Schegge
3.Al Guinzaglio
4.Manifesto
5.Passi Di Piombo
6.Visione Esoterica
7.La Gente Che Conviene
8.Samsara
9.Serpente Di cenere

LINE-UP
Antonio Viggiani – Drums
Alessandro Parrini – Guitars, vocals
Paolo Bencivenga – Bass

SANTA SANGRE – Facebook

Abyssic – A Winter’s Tale

Questo disco è la perfetta marcia funebre per la nostra società e per il nostro mondo, sarebbe un gran modo per uscire di scena e lasciarsi dietro qualcosa di valoroso e poetico.

Supergruppo norvegese che fa un super disco di doom sinfonico e funeral.

Incedere maestoso e lento per questo gruppo che è nato nel 1997 con il nome Abyssic Dreams, poi lasciato dormiente per gli impegni del fondatore Memnock con i Susperia, gruppo da lui fondato con Tjodalv dei Dimmu Borgir ed il chitarrista Elvorn. Nel 2012 Memnock decide di scongelare il progetto in seguito all’incontro con il chitarrista Andre Aaslie, che aveva appena finito di incidere un disco con i Gromth. Alla batteria viene ingaggiato Asgeir Mickelson già con Borkanagar ed Ihsahn. Da qui la decisione di fare un gruppo doom, e che doom. In A Winter’s Tale gli Abyssic interpretano il genere in maniera eccellente, molto orchestrato e con un forte timbro funeral, le canzoni sono lunghissime e fantastiche, la voce in growl si lega benissimo anche con effetti più elettronici e psych. Questo disco è la perfetta marcia funebre per la nostra società e per il nostro mondo, sarebbe un gran modo per uscire di scena e lasciarsi dietro qualcosa di valoroso e poetico.
Ci sono anche impetuose accelerazioni e il tutto appare perfettamente bilanciato. Registrato al Toproom Studio ha una produzione pressoché perfetta che rende molto bene la maestosità del suono. Splendido monolite nero.

TRACKLIST
1. Funeral Elegy
2. A Winter’s Tale
3. Sombre Dreams
4. The Silent Shrine

LINE-UP
Memnock – Vocals, Guitar, Bass, Contrabass
André Aaslie – Keys & Orchestration, Bass, Vocals
Asgeir Mickelson – Drums, Guitar
Elvorn – Guitar

ABYSSIC – facebook

Braindamage – The Downfall

Un post thrash, irruente, futurista, freddo ed industriale, ma comunque capace di incollare l’ascoltatore alle cuffie, cercando di seguire il mare di note che il terzetto senza sosta scaraventa, con forza disarmante, nello spartito.

Tornano dopo sette anni dal loro ultimo album gli storici Braindamage, nome di punta del metal estremo nazionale, dal 1988 impegnati a diffondere il verbo del thrash metal, progressivo e dissonante.

Ne è passata di acqua sotto i ponti dal debutto Signal de Revolta, album che portava il gruppo torinese all’attenzione delle cronache metalliche, non solo per l’ottima qualità del metal proposto, ma pure per il lavoro dietro alla console di Steve Albini, guru dell’alternative e del metal internazionale, impegnato con nomi altisonanti come Nirvana, Neurosis, Sonic Youth ed una buona fetta dei gruppi più importanti di quel periodo.
Un concept lirico che richiama il romanzo Kahlenberg, la Regina in Rosso ed Altri Racconti, scritto da Andrea Signorelli, bassista, cantate e membro storico della band, ed un’ottima vena compositiva, fanno di The Downfall un lavoro riuscito ed ispirato: il thrash metal moderno e progressivo di cui il gruppo è portabandiera non manca di creare mulinelli di musica che nell’originalità e nella non facile lettura costruisce il suo massimo punto di forza.
Un post thrash, irruente, futurista, freddo ed industriale, ma comunque capace di incollare l’ascoltatore alle cuffie, cercando di seguire il mare di note che il terzetto senza sosta scaraventa, con forza disarmante, nello spartito.
L’opener Substituting Forgiveness with Mass Destruction introduce a questo lavoro con l’impeto di un’esplosione nucleare metendo in evidenza la roboante, marziale e fantasiosa sezione ritmica (Andrea Signorelli e l’ottimo drummer Cosimo De Nola) e i solos chirurgici della coppia Alex Mischinger e Gigi Giugno.
She Can Smell The Blood Of A Surrendering Race, futurista e travolgente, dall’impatto di un disco volante in caduta libera sulla terra, annichilisce così come le altre songs, che hanno nella seguente I Owe You A Billion Years Of Terror un esempio di terrificante thrash metal industriale, con i Killing Joke, una delle influenze primarie del gruppo, a poggiare la loro ala distruttiva sul sound.
Non esiste tregua nell’assalto cyber thrash dei Braindamage, bellissima e coinvolgente Subhuman’s Towns Merciless Obliteration, con un Signorelli leggermente più melodico rispetto al tono rabbioso che contraddistingue la sua prova, mentre Queen Acadienne’s Floating Mirrors And Tarots è una marcia siderale verso l’annientamento dei padiglioni auricolari.
I sette minuti di The Downfall Is Here To Stay, I Shall Fight Until The End concludono alla grande questo nuovo lavoro, un ritorno assolutamente da non perdere per i fans del gruppo e per tutti gli amanti del genere.
I Braindamage si confermano uno dei nomi più titolati nel portare avanti il suono creato dai maestri Voivod, accompagnati da un’esperienza ed una personalità da grande band. Bentornati.

TRACKLIST
01. Substituting Forgiveness With Mass Destruction
02. god Granted Your Prayers Through Nuclear Warheads
03. She Can Smell The Blood Of A Surrendering Race
04. I Owe You A Billion Years Of Terror
05. Subhuman’s Towns Merciless Obliteration
06. Queen Acadienne’s Floating Mirrors And Tarots
07. Last Of The Kings, First Of The Slaves
08. The Shadow That I Cast Is Yours, Not Mine
09. You Nailed My Soul I Burned Your Flesh
10. The Downfall Is Here To Stay, I Shall Fight Until The End

LINE-UP
Gigi Giugno- Guitars
Andrea Signorelli- Bass, vocals
Alex Mischinger- Guitars
Cosimo De Nola – Drums

BRAINDAMAGE – Facebook

Lightsucker – Zammal

Per chi vuole sentire vero stoner e ottimo sludge questo è il disco giusto.

Stoner suonato senza tregua, ed in maniera che fa emergere questa band finlandese sopra le altre di questo genere ora molto inflazionato.

Ascoltando i Lightsucker si può godere della loro ricchezza stilistica, poiché possiedono un modo notevole di fare stoner e sludge, molto diretto e potente, colate laviche messe in musica, movimenti sinuosi di un serpente nel deserto. Attivi dal 2013 nella cittadina di Lahti, i Lightsucker avevano al loro attivo solo un demo , Carved In Cockstone del 2014, e poi questo disco che è un rimarchevole esordio. Ci sono elementi che li rendono diversi, quali la potenza ed il tiro, molto superiori alla media. Chi vuole sentire vero stoner e ottimo sludge questo è il disco giusto.

TRACKLIST
1. 1 %
2. Solitary Confinement
3. Control Zone
4. Doomsday Artillery
5. Written While Stoned
6. All Out Reset
7. Sulfur & Jimson Weed
8. Aesthetics of Emptiness
9. Continental Landmass Dictator

LINE-UP
Tomi – Vocals.
Jussi – Bass.
Matti – Drums.
Atte – Guitar.

LIGHTSUCKER – Facebook

Constraint – Enlightened By Darkness

Atmosfere folk, potenza metallica, dolci ed intimiste ballate e stupende aperture sinfoniche, fanno di Enlightened By Darkness un debutto imperdibile per gli amanti del genere

Mi rendo perfettamente conto che una webzine come la nostra, la cui missione primaria è supportare la scena underground, non solo metallica e non solo nazionale, possa essere tacciata di buonismo verso le giovani band che si affacciano sul mercato ma, partendo dal presupposto che Iyezine non è legata ad alcun vincolo con label italiane o straniere, quello che esce dagli articoli dei collaboratori, come in questo caso, è assolutamente frutto di un giudizio libero ed incondizionato.

Una premessa doverosa, perché anche quest’album, come molti ultimamente targati Italia, è un disco davvero bello e ben fatto e, in un genere come il symphonic metal dove sembra che tutto sia già stato detto e scritto, trovare una band al debutto con un lavoro di così ottima fattura non può che far estremo piacere.
La band si chiama Constraint, proviene da Modena e dal 2011 suona il genere interpretando i brani dei gruppi più famosi come Nightwish, Epica ed Evanescence.
Una gavetta obbligatoria per chiunque muova i primi passi nel mondo musicale, ma la voglia di suonare la propria musica, specialmente se si è musicisti di talento, prima o poi prende il sopravvento, ed allora i Constraint nel 2012 iniziano a mettere insieme idee e note e dopo quattro lunghi anni Enlightened By Darkness può finalmente fare la gioia di tutti gli amanti del symphonic metal.
Il lavoro, autoprodotto, ha trovato nell’Atomic Stuff un buon trampolino di lancio e le note sinfonicamente eleganti di Behind The Scenes, opener dell’album, possono riempire di metallo orchestrale ed operistico una mezz’ora abbondante della nostra stressante vita, per sognare insieme all’incantevole voce della bravissima Beatrice Bini, singer in linea con le interpreti del genere.
Sotto l’aspetto puramente musicale Enlightened By Darkness, non fatica a convincere, l’appeal dei brani è altissimo ed il gruppo, intelligentemente, alterna brani dal mood quasi radiofonico, ad altri dove squisite atmosfere folk alzano notevolmente la qualità del disco, come in un viaggio a spasso nel tempo tra le strade chiuse dai grattacieli, passeggiando nelle notti gotiche, per ritrovarsi in un attimo ai piedi di un castello medievale, illuminato dalle torce appese alle torri fortificate.
Prodotto perfettamente agli Art Distillery Studios da Claudio Mulas, l’album non manca di potenza metallica, equilibrata, raffinata ma pur sempre forgiata nell’acciaio, la sei corde e la sezione ritmica non mancano di spingere quando l’aria si fa pressante (The Birth), mentre i tasti d’avorio ricamano tele sinfoniche su cui la singer si destreggia da par suo, lasciando a tratti i toni operistici per un approccio più moderno.
Atmosfere folk, potenza metallica, dolci ed intimiste ballate e stupende aperture sinfoniche, fanno di Enlightened By Darkness un debutto imperdibile per gli amanti del genere e dei Constraint l’ennesima band da supportare senza se e senza ma.

TRACKLIST
1. Behind The Scenes
2. Talking Dumbs
3. The Ending Of Time
4. Illusion Of A Dream
5. The Birth
6. Breathing Infinity
7. Enlightened By Darkness
8. Autumn Hymn
9. Oniria

LINE-UP
Beatrice Bini – Vocals
Alessio Molinari – Guitars
Simone Ferraresi – Keyboards
Federico Paglia – Bass
Alessandro Lodesani – Drums

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Primeval Mass – To Empyrean Thrones

To Empyrean Thrones è un disco interessante ma non convince del tutto per la scelta dei suoni e per il suo apparire talvolta un po’ convulso

Primeval Mass è il nome di una band greca attiva da oltre un decennio e che si ripresenta oggi con il proprio terzo full length intitolato To Empyrean Thrones.

Nonostante ne sia stato il fulcro fin dalla sua nascita, il gruppo è oggi anche formalmente un progetto solista di Orth, che in quest’occasione si occupa di tutti gli strumenti e della voce.
Il black metal offerto non si rifà alla comunque rinomata scuola ellenica, ma volge maggiormente lo guardo verso le lande scandinave che al genere hanno dato i natali: To Empyrean Thrones si snoda quindi all’insegna di un’interpretazione piuttosto ortodossa nella quale non mancano, comunque, né spunti melodici né pulsioni sperimentali.
In effetti, il lavoro non è avaro di momenti interessanti che, per assurdo, corrispondono alle sfuriate più dirette (For Astral Triumphs, With the Emblem of the Blackwinged), anche se un brano anomalo nell’economia dell’album come la doomeggiante Behind the Watching Shadows esercita un suo indubbio fascino, e lo stesso accade per la lunghissima The Mansions of Night, che chiude i giochi unendo di fatto queste due anime apparentemente contrapposte.
To Empyrean Thrones è un disco interessante ma non convince del tutto per la scelta dei suoni e per il suo apparire talvolta un po’ convulso; viene da pensare, alla fine, che il detto “chi fa da sé fa per tre” per Orth non valga del tutto: resta da vedere se la soluzione adottata in quest’occasione verrà riproposta oppure sarà oggetto di una rivisitazione.

Tracklist:
1.In Fiery Ascent
2.For Astral Triumphs
3.Their Eyes of the Abyss
4.Behind the Watching Shadows
5.With the Emblem of the Blackwinged
6.The Grand Ordeal
7.Hour of the Stellarnaut
8.The Mansions of Night

Line-up:
Orth – All Instruments, Vocals

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Rampart – Codex Metalum

I Rampart con questo nuovo lavoro confermano la bontà della propria proposta, adatta agli appassionati ancorati al metal tradizionale, i quali troveranno pane per i loro denti tra le trame di Codex Metalum.

Fiero heavy metal old school dalla capitale bulgara Sofia in compagnia dei Rampart, band attiva dai primi anni del nuovo millennio e con una nutrita discografia alle spalle.

La band della cantante Maria “Diese” Doychinova, molto conosciuta in patria , taglia il traguardo del quarto lavoro sulla lunga distanza; Codex Metalum segue di tre anni l’ultimo lavoro e conferma la buona costanza del gruppo che non ha mai fatto passare periodi più lunghi da una release all’altra.
L’album è stato masterizzato da Arne Lakenmacher ( Gamma Ray, Doro, Stormwarrior) ai High Gain Studios di Amburgo, capitale del power metal tedesco e vanta nove brani, inclusa la cover della storica Majesty del guardiano cieco.
La band alterna speed metal e new wave of british heavy metal ed i brani sono caratterizzati da mid tempo e crescendo sufficientemente suggestivi per far innamorare i fans di Iron Maiden, Saxon , Bind Guardian e Doro Pesch.
La singer, senza strafare, è protagonista di una buona prova, le canzoni regalano chorus epici, tutti acciaio, fuoco e gloria immortale, i solos nascono dalla covata metallica ottantiana e le accelerazioni power/speed arrivano a noi dalla storia del metallo teutonico.
Una buona raccolta di brani che vivono dei cliché del genere, con un paio di questi che alzano la qualità dell’opera come la lunga The Metal Code e la speed Into the Rocks, il resto si mantiene a galla grazie ai vari cambi di ritmo e l’abbondanza di chorus dall’elevato tasso epico.
Band che, con coerenza e passione, porta avanti il verbo delle sonorità classiche, i Rampart con questo nuovo lavoro confermano la bontà della propria proposta, adatta agli appassionati ancorati al metal tradizionale, i quali troveranno pane per i loro denti tra le trame di Codex Metalum.

TRACKLIST
1 Apocalypse Or Theater
2 Diamond Ark
3 The Metal Code
4 Of Nightfall
5 Sacred Anger
6 Into The Rocks
7 Colors Of The Twilight
8 Crown Land
9 Majesty – Blind Guardian Cover

LINE-UP
Maria “Diese” Doychinova- vocals
Victor Georgiev- Guitars, B.vocals
Sebastian Agini- Guitars, B.vocals
Yavor Despotov- Live guitars, B.vocals
Alexandar Spiridonov- Bass
Jivodar Dimitrov- Drums

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