Starsick System – Lies, Hope & Other Stories

Niente di più e niente di meno che belle canzoni di quel rock dato per morto troppe volte, ma assolutamente in buona salute ed in formissima è quello che troviamo tra i solchi di questo nuovo lavoro targato Starsick System.

Questo è il rock’n’roll del nuovo millennio, che si nutre del meglio che la musica alternative ha regalato in questi anni e l’accompagna con un buon bicchiere di hard rock, come un Chianti d’annata …

Questo scrivevo un paio d’anni fa, quando feci la conoscenza dei nostrani Starsick System in occasione dell’uscita del loro bellissimo debutto, Daydreamin’.
Sono passati due anni, nel frattempo il quartetto di Pordenone ha calcato instancabilmente i palchi di mezza nazione ,con la chicca di aprire per i Black Label Society di Zakk Wilde, facendo sbattere teste e natiche a colpi di rock’n’roll moderno, alternativo ma legato con un filo invisibile alla tradizione a stelle e strisce.
Lies, Hope & Other Stories conferma e valorizza gli sforzi di questa macchina da guerra rock tutta italiana e chi, incuriosito dal primo lavoro si avvicinerà a questa nuova raccolta di brani, troverà una band sul pezzo, matura, perfetta in ogni sua componente e soprattutto in grado di competere con act più famosi ma non per questo migliori dei quattro moschettieri dell’alternative rock tricolore.
Hard rock, post grunge e street metal, la ricetta è sempre la stessa per un piatto di leccornie musicali di cui abbuffarsi ancora una volta, con i quattro musicisti al loro posto (Sandron, Donati, Bidin, Battain) per una formazione vincente che non si cambia ma risulta ancora più legata e coesa.
Moderno rock’n’roll, niente di più e niente di meno che belle canzoni di quel rock dato per morto troppe volte, ma assolutamente in buona salute ed in formissima è quello che troviamo tra i solchi di questo nuovo lavoro targato Starsick System., con Sandron vocalist dall’appeal straordinario, una perturbazione rock che fa danni su una serie di brani irresistibili come I’m Hurricane, che dopo l’intro apre le danze a suon di hard rock dal riff sudista, mentre Bulletproof e Sinner completano il trittico iniziale, un temporale estivo, fulmineo e devastante che si abbatte sulle nostre teste.
Lampi e tuoni, ritmiche al limite del metal, chitarre torturate, melodie che entrano in testa al primo ascolto e chorus da cantare, saltando nelle pozzanghere lasciate dall’improvvisa tempesta, mentre Scars e Perfect Lies rompono l’atmosfera rilassata delle super ballatone post, southern grunge come Everything And More e Hope.
Questa estate guardatevi in giro, i quattro rockers non mancheranno di portare il loro nuovo lavoro in una dimensione live che risulta la vera casa per la band e per la sua musica … e ci sarà da divertirsi, parola di MetalEyes.

TRACKLIST
1.Nebulus
2.I’M the Hurricane
3.Bulletproof
4.Sinner
5.The Promise
6.Scars
7.Everything and More
8.Come one, Come All
9.Perfect Lie
10.Hope
11.You Know My Name

LINE-UP
Marco Sandron – Vocals, Guitars
David Donati – Guitars
Ivan Moni Bidin – Drums
Valeria Battain – Bass

STARSICK SYSTEM – Facebook

Dogmate – Dual

In questo lavoro l’ hard rock alternativo ha preso le redini del sound del gruppo, mettendo leggermente più in ombra le sfumature stoner del primo album.

Avevamo incontrato i romani Dogmate in occasione del primo lavoro sulla lunga distanza, uscito tre anni fa dal titolo Hate, una mazzata pesantissima di hard groove stoner.

Li ritroviamo con il nuovo album, Dual, licenziato questa volta dalla Murdher Records e con un nuovo cantante, Michele ‘197’ Allori, che sostituisce Massimiliano Curto.
Le novità non si fermano qui, il sound infatti pur mantenendo un forte impatto groove risulta più alternativo rispetto all’atmosfera generale che si respirava sul precedente lavoro, che appariva molto più desertica e diretta.
I brani attuali sono più vari a livello ritmico e il gruppo non fa venire meno la sua carica, mantenendo un approccio non dissimile, ma è fuor di dubbio che in Dual l’ hard rock alternativo abbia preso le redini del sound del gruppo, mettendo leggermente più in ombra le sfumature stoner del primo lavoro.
Non manca il gran lavoro alla sei corde di Stefano Nuccetelli, sempre vicino allo stile di Zakk Wilde, mentre la sezione ritmica si ritaglia una performance da applausi per varietà e potenza (Ivan Perres alle pelli e Roberto Fasciani al basso).
Il nuovo arrivato dietro al microfono rende giustizia al lavoro ritmico così vario e dinamico con una prestazione che passa agevolmente da toni melodici a rabbiose e potenti frustate, ed il risultato non può che essere apprezzato.
Un salto nell’hard rock moderno e groovy del nuovo millennio, con una dose di rock alternative a legare il tutto, ed un lotto di canzoni potenti e perfette per spezzare colli in sede live: questo è Dual, sostenuto da brani come Mules Of Society, Who Knew e l’alternativa, con echi di System of A Down, Disembodied Understanding.
Era buona la prima e si continua su un buon livello con la seconda, confermando i Dogmate come ottima realtà da scoprire per gli amanti del genere.

TRACKLIST

1.Dual Mind
2.Mules Of Society
3.The Way It Is
4.Who Knew
5.The Only Thing I Failed
6.(Un)firm Act
7.Disembodied Understanding
8.Story Told
9.Stygian
10.Xàpwv

LINE-UP

Michele ‘197’ Allori – Vocals
Stefano ‘Sk’ Nuccetelli – Guitars
Ivan ‘Ivn’ Perres – Drums
Roberto ‘Jeff’ Fasciani – Bass

DOGMATE – Facebook

Nitrogods – Roadkill BBQ

I musicisti sono di provata esperienza, quindi i brani viaggiano che è un piacere, la produzione è perfetta per rompere membrane di vecchie casse impolverate e il tutto suona rock’n’roll come padre Lemmy ha insegnato ai fedeli.

Lemmy ed i suoi Motorhead , oltre a lasciare un vuoto incolmabile tra gli amanti dell’ hard & heavy più grezzo e rock’n’roll, sono uno dei gruppi più venerati ed emulati che il mondo della nostra musica preferita possa vantare.

I Nitrogods, trio tedesco arrivato al terzo album, sono una di quelle band che vivono nel mito del bassista inglese, eppure stiamo parlando di musicisti di spessore della scena metallica tedesca come il chitarrista Henny Wolter (Thunderhead, Primal Fear, Sinner) ed il batterista Klaus Sperling (Freedom Call, Primal Fear), qui al servizio del mastodontico bassista/cantante Claus “Oimel” Larcher.
Voce che sembra arrivare da qualche buco dell’inferno dove Lemmy, bottiglia di Jack nella mano destra e seno prosperoso di una groupie nell’altra, si sollazza con buona pace di Satanasso, e sound che fa sbattere natiche e teste al ritmo di un rock’n’roll ipervitaminizzato, senza soluzione di continuità, leggermente più melodico delle sfuriate hard & heavy a cui ci aveva abituato Mr.Kilmister.
Roadkill BBQ è un buon lavoro, che perpetua un rito hard rock ormai consolidato nei soliti ed abusati cliché, ma che sa come far divertire, specialmente se lo si ascolta correndo per le strade con la vostra quattroruote o in un fumoso ed alcoolico localino a tema.
I musicisti sono di provata esperienza, quindi i brani viaggiano che è un piacere, la produzione è perfetta per rompere membrane di vecchie casse impolverate e il tutto suona rock’n’roll come padre Lemmy ha insegnato ai fedeli.
Inutile e superfluo il solo nominarvi una traccia, l’album è da spararsi con le modalità dette sopra ed arriverete alla fine con la voglia di rischiacciare il tasto play e scolarvi un’altra birra 0 whiskey.
Nella versione deluxe troverete un bonus cd con le cover di Overkill, Bomber, Aces Of Spades e Iron Fist … vi devo dire chi le ha scritte?

TRACKLIST
1. Rancid Rock
2. Roadkill BBQ
3. My Love’s A Wirebrush
4. Boogeyman
5. Bad Place Wrong People
6. Wheelin´
7. A Los Muertos
8. The Price Of Liberty
9. Race To Ruin
10. I Hate
11. Father
12. Where Have The Years Gone
13. Russian Rocket (Bonus)
14. Did Jesus Turn Water Into Beer (Bonus)

LINE-UP
Henny Wolter – Guitars
Oimel Larcher – Bass, Vocals
Klaus Sperling – Drums

NITROGODS – Facebook

Adrenaline Mob – We The People

We The People è uno dei migliori prodotti dell’hard rock attuale, potente, melodico e coinvolgente, il tutto valorizzato da un’ottima produzione.

Torna la macchina da guerra hard rock chiamata Adrenaline Mob, con il nuovo disco We The People.

Negli ultimi tempi non ci sono stati momenti facili per il gruppo, specialmente dopo la morte per infarto del loro batterista Aj Pero mentre era in tour con i Drowning Pool. A quel punto i due fondatori Mike Orlando e Russell Allen hanno deciso di prendere tempo e hanno suonato in altri progetti. Gli Adrenaline Mob, dalla loro comparsa nel 2012, sono uno dei gruppi di maggior successo in ambito hard rock, e hanno conquistato grosse fette di pubblico grazie al loro vitaminico sound a stelle e strisce, debitore della migliore tradizione, ma anche capace di dare esprimere maggiore energia e nel contempo melodia al suono. Gli Adrenaline Mob confermano come l’hard rock di successo in America sia fatto da molti italo americani, forse sarà per il maggior senso della melodia dovuto alle radici mediterranee. Dopo questa pausa è bastato un messaggio tra Allen ed Orlando per riprendere come sempre al Sonic Stomp Studios, teatro di tutte le loro produzioni, facendone scaturire dopo sei mesi questo disco, We The People, che è la cosa migliore della loro già buona discografia. Il lavoro è molto potente e suonato a mille all’ora, con un notevole apporto fornito dal nuovo batterista di Long Island Jordan Cannata, davvero molto preciso e possente. We The People porta il marchio di fabbrica della band, ovvero un ottimo hard rock melodico che porta l’ascoltatore a godersi davvero tutte le tracce. Come si può notare dal titolo, il disco è anche figlio dell’attuale situazione politica americana, dove il popolo è spesso preso a calci nel culo (come in ogni altra parte del mondo) e logicamente la rabbia sale: qui non troverete prese di posizione politiche, ma solo giuste constatazioni di come stiano andando le cose.
We The People è uno dei migliori prodotti dell’hard rock attuale, potente, melodico e coinvolgente, il tutto valorizzato da un’ottima produzione.

TRACKLIST
01. King Of The Ring
02. We The People
03. The Killer’s Inside
04. Bleeding Hands
05. Chasing Dragons
06. Til The Head Explodes
07. What You’re Made Of
08. Raise ‘Em Up
09. Ignorance & Greed
10. Blind Leading The Blind
11. Violent State Of Mind
12. Lords Of Thunder
13. Rebel Yell

LINE-UP
Russell Allen – Lead Vocals
Mike Orlando – Guitar, Vocals
Jordan Cannata – Drums
David Z – Bass

ADRENALINE MOB – Facebook

Circus Nebula – Circus Nebula

Qui le barriere sono abbattute da un purosangue musicale che indomito cavalca verso la libertà, quella di esprimersi senza briglie, tra riff metallici, impatto street rock, irriverenza rock’n’roll e tanta di quella attitudine da farne dono ad una buona fetta di realtà che calcano la scena attuale.

Oggi è tutto più difficile, si cerca sempre di dividere e a catalogare tutto, ad incatenare creatività ed idee in compartimenti stagni che, nella musica, non sono altro che generi e sottogeneri sotto la stessa bandiera, quella del rock’n’roll.

Il rock e l’ hard rock , per chi lo ha vissuto negli anni settanta ed ottanta era soprattutto libertà di esprimersi o ascoltare fuori dai soliti schemi, diventati purtroppo obbligatori anche nella nostra musica preferita da almeno due decadi.
Ora, infatti, ascoltare e scrivere di rock o progressive e con disinvoltura e passione godere anche di un album estremo è cosa di pochi, ma tanti anni fa ascoltare Led Zeppelin, Iron Maiden ed i primi vagiti estremi di Slayer e Venom era la normalità, con magari nel mezzo dosi adrenaliniche di street rock dalla lussuriosa Los Angeles.
Nel 1988 la scena italiana, povera di mezzi e di seguito e tenuta in piedi da veri eroi delle sette note, vedeva nascere i Circus Nebula, gruppo che esordisce con il primo full length solo oggi, ma che calca i palchi in giro per lo stivale fin da allora, sempre in mano a Alex “The Juggler” Celli (chitarra), Mark “Ash” Bonavita (voce) e Bobby Joker (batteria).
Ora voi vi chiederete : cosa c’entrano i Black Sabbath con l’hard rock stradaiolo suonato nella città degli angeli?
Come può un gruppo southern rock prendere sottobraccio e farsi un giro con una band proveniente dalla new wave of british heavy metal?
E come hanno potuto i nostri eroi aprire i concerti di Death SS e Paul Chain, ma anche quelli dei Dog’s D’Amour?
La risposta sta tutta in queste dodici tracce, che formano un album di adrenalinico hard & heavy, colorato con una scatola di pennarelli che vanno dal nero del doom, al rosso del rock’n’roll, dal grigio del metal, al marrone del southern con un tocco di giallo psichedelico a formare un arcobaleno di musica straordinaria.
A completare la formazione troviamo Michele “Gavo” Gavelli alle tastiere (in comproprietà con la band Blastema) e Frank “Leo” Leone al basso, un contratto con l’Andromeda Relix ed il sogno del rock’n’roll continua anche dopo trent’anni, tanta esperienza con altre band ed una voglia di lasciare il segno che si evince da questo splendido lavoro omonimo.
Come si può intuire, qui le barriere sono abbattute da un purosangue musicale che indomito cavalca verso la libertà, quella di esprimersi senza briglie, tra riff metallici, impatto street rock, irriverenza rock’n’roll e tanta di quella attitudine da farne dono ad una buona fetta di realtà che calcano la scena attuale.
D’altronde quando una band conclude l’album con un brano rock’n’roll alla Chuck Berry (Mr. Penniwise), seguito subito dopo da un heavy doom alla Death SS (Spleen) le possibili chiavi di lettura sono la pazzia o la genialità: io propenderei per la seconda ipotesi, senza tralasciare del tutto la prima …

TRACKLIST
1. Hypnos (Intro)
2. Sex Garden
3. Ectoplasm
3. Here Came The Medecine Man
4. Rollin’ Thunder (Raw’n’Roll)
5. Vacuum dreamer
6. Welcome To The Circus Nebula
7. 2 Loud 4 The crowd
8. Electric Twilight
9. Head down
10. Mr. Pennywise
11. Spleen

LINE-UP
Mark Ash – Vocals
Aex “The Juggler” – Guitars
Bobby Joker – Drums
Michele “Gavo” Gavelli – Keyboards
Luca “Ago” Agostini – Bass

CIRCUS NEBULA – Facebook

Evil Cinderella – Dangerous Inside

La band ci presenta cinque brani di spumeggiante hard & heavy tedesco, con le chitarre a forgiare ritmi potenti e riff tosti come l’acciaio, una forma canzone già di buona fattura e chorus ottantiani di quell’hard rock melodico che nel loro paese è tradizione radicata come la birra.

Le nuove leve dell’hard & heavy mondiale fanno spallucce ai detrattori ed ai ricercatori dell’originalità a tutti i costi e tornano sulle strade impervie del genere, quello vero che negli anni ottanta fece innamorare un’intera generazione di ascoltatori, tanto da non lasciare mai le classifiche di settore.

Negli anni novanta il rock americano ha letteralmente spinto in un angolo il genere, ma nell’underground ed in certi paesi (come il Giappone) i gruppi sopravvissuti agli eccessi del decennio precedente e le nuove leve hanno trovato un rifugio sicuro.
Di questi tempi, per l’ennesima volta è cambiato tutto e l’hard & heavy sta tornando ad infiammare le autoradio degli amanti del genere, così non manca mai una nuova band di cui occuparsi per chi di questi suoni scrive e si nutre.
I giovani rockers tedeschi Evil Cinderella sono un quartetto attivo da una manciata d’anni e Dangerous Inside è il secondo ep, successore di Wanna Get Dirty uscito un paio di anni fa.
La band ci presenta cinque brani di spumeggiante hard & heavy tedesco, con le chitarre a forgiare ritmi potenti e riff tosti come l’acciaio, una forma canzone già di buona fattura e chorus ottantiani di quell’hard rock melodico che nel loro paese è tradizione radicata come la birra.
Krokus, Bonfire, Gotthard e più o meno tutte le band di rock duro, passano attraverso questa manciata di brani, interpretati con passione da questo gruppo di giovani musicisti che valorizzano gli insegnamenti dei maestri con la potenza e la melodia che si alternano su Eagle Eye, Day By Day e la title track.
Un ep che conferma la buona presa della musica del gruppo, pronto per un futuro full length che noi di MetalEyes cercheremo di non farci scappare.

TRACKLIST
1.Eagle Eye
2.Day by Day
3.Dangerous Inside
4.Without a Chance to Fight
5.Pretend You Died

LINE-UP
Henrik de Bakker – Vocals, Guitars
Paul Nakat – Guitars
Christian Lange – Bass
Jonas Christians – Drums

EVIL CINDERELLA – Facebook

The Dead Daisies – Live & Louder

Licenziato dalla Spitfire/SPV in vari formati, tra cui uno con un documentario ed interviste ai vari membri dei The Dead Daisies, Live & Louder fotografa perfettamente la dimensione live di una band che, ad oggi, può sicuramente esser considerato il super gruppo per eccellenza, almeno per quanto riguarda il genere suonato.

I ragazzi terribili sono tornati e dopo aver dato alle stampe un esordio omonimo, un secondo album dinamitardo come Revolución, ed un autentico capolavoro dal titolo Make Some Noise, mancava solo il classico live album (come si faceva una volta), che va ad immortalare una formazione ed una raccolta di canzoni che sono l’essenza stessa dell’hard rock.

La formazione è la stessa dell’ultimo lavoro (ricordo che i The Dead Daisies sono un progetto del chitarrista David Lowy , nel quale si sono dati il cambio musicisti che sono icone del genere) con un John Corabi straordinariamente in forma al microfono, la sezione ritmica composta dal batterista Brian Tichy e Marco Mendoza al basso, un signor chitarrista come Doug Aldrich e l’evento è servito.
Licenziato dalla Spitfire/SPV in vari formati, tra cui uno con un documentario ed interviste ai vari membri dei The Dead Daisies, Live & Louder fotografa perfettamente la dimensione live di una band che, ad oggi, può sicuramente esser considerato il super gruppo per eccellenza, almeno per quanto riguarda il genere suonato.
Ovviamente i brani suonati, pescati dai vari album, dal vivo assumono quel pizzico di verve in più che li rende delle autentiche perle, graffianti e spettacolari, ma anche bluesy, dove l’ elettricità lascia spazio alle atmosfere semiacustiche di Something I Said.
Long Way To Go e Mexico indicano una partenza che lascia senza fiato e sul posto almeno il 90% dei gruppi odierni, mentre il bolide The Dead Daisies sfreccia a tutta velocità verso un traguardo che prima vede passare la title track dell’ultimo album, il rock’n’roll di Fortunate Son, Join Together e With You And I stritolate da un serpente bianco, mentre Corabi elargisce lezioni da rockstar, Aldrich e Lowy strapazzano le loro sei corde e la coppia Tichy/Mendoza è una macchina da guerra hard rock.
In altri tempi i The Dead Daisies sarebbero osannati come stelle del rock alla pari dei gruppi storici, impressione che diventa consapevolezza all’ascolto di questo mastodontico live, mentre Helter Skelter, capolavoro heavy di quei quattro geni dei Fab Four, accompagna verso il gran finale gli astanti, presi a schiaffi da American Band, cover dei Grand Funk Railroad, e Midnight Moses dal bellissimo Revolución.
Per gli amanti dei live album, Live & Louder si rivela un album imperdibile, a rappresentare l’hard rock alla sua massima potenza.

TRACKLIST
1. Long Way To Go
2. Mexico
3. Make Some Noise
4. Song And A Prayer
5. Fortunate Son
6. We All Fall Down
7. Lock ‘ N’ Load
8. Something I Said
9. Last Time I Saw The Sun
10. Join Together
11. With You And I
12. Band Intros
13. Mainline
14. Helter Skelter
15. American Band
16. Midnight Moses

DVD content: total playing time: 85 min language: English video: NTSC / 16:9 audio: 2.0 Stereo Documentary “Live & Louder” (40min)
1. Intro
2. Looking back at 2016
3. Touring with the Daisies
4. Doug Aldrich
5. Show Preparation
6. Stage Fright
7. Song Favorites
8. Cover Songs
9. The Signing Sessions
10. Looking to the Future
Tour Recaps (25 min)
1. Recording
2. Musikmesse / Hessentag
3. Summer Tour
4. Freedom to Rock Tour
5. Arizona Cardinals
6. Japan / South Korea – U.S.O.
7. Kiss Kruise
8. Fall/Winter
Tour Bonus Content (20min)
1. Slideshow Best of 2016
2. Videoclip: Song and a Prayer
3. Videoclip: Join Together
4. Videoclip: Long Way to Go
5. Videoclip: Make Some Noise

LINE-UP
Brian Tichy – drums
David Lowy – guitars
John Corabi – vocals
Doug Aldrich – guitars
Marco Mendoza – bass

THE DEAD DAISIES – Facebook

Sunroad – Wing Seven

Un album onesto di musica dura come si faceva una volta, con un cantante in palla, buone trame chitarristiche ed almeno due o tre brani meritevoli d’attenzione.

La tradizione metallica del Brasile si concretizza in tutti i generi e sotto generi dell’universo musicale che più ci piace, con il death metal ed i suoni hard’n’heavy che si giocano il ruolo di traino per tutto il movimento.

I Sunroad suonano hard & heavy da quando il secolo scorso ha lasciato il passo al nuovo millennio, un ventennio circa di suoni tradizionali ora marchiati a fuoco da un nuovo cantante (Andre Adonis), novità di non poco conto nell’economia del sound del gruppo.
Unico membro originale rimasto è il batterista Fred Mika, da sempre in sella al gruppo di Goiania che arriva, con questo Wing Seven, al sesto lavoro sulla lunga distanza di una carriera discografica che si completa con un ep ed una raccolta di brani dei primi tre album.
Hard ed heavy metal che si uniscono come nella migliore tradizione in un sound a tratti esplosivo, pescando tra Europa e Stati Uniti, rigorosamente in ambiti ottantiani: ne esce un buon album, forse appesantito da un che di già sentito, ma è comunque un ascolto rivolto agli amanti dei suoni che hanno fatto la storia dell’ hard & heavy mondiale.
Si passa così da brani chiaramente hard rock e che richiamano lo stile losangelino, a composizioni più in linea con l’heavy metal europeo, con le tastiere che prendono il comando delle operazioni ed i Rainbow che diventano principale fonte di ispirazione per la band brasiliana.
Un album onesto di musica dura come si faceva una volta, con un cantante in palla, buone trame chitarristiche ed almeno due o tre brani meritevoli d’attenzione (In The Sand, Day By Day e Brighty Breakdown): da ascoltare, visto che potrebbe piacere a più di un appassionato.

TRACKLIST
1.Destiny Shadows
2.White Eclipse
3.In the Sand
4.Misspent Youth
5.Tempo (What Is Ever)
6.Whatever
7.Skies Eyes
8.Day by Day
9.Craft of Whirlwinds
10.Drifting Ships
11.Brighty Breakdown
12.Pilot of Your Heart
13.Last Sunray in the Road

LINE-UP
Akasio Angels – Bass, Vocals
Netto Mello – Guitars, Backing Vocals
Fred Mika – Drums, Vocals
Andre Adonis – Vocals (lead)

SUNROAD – Facebook

Hot Cherry – Wrong Turn

Non così scontato come potrebbe sembrare ad un primo approccio, Wrong Turn si fa apprezzare per la sua energia e per quell’atmosfera sanguigna e vera che è alla base della riuscita di un album del genere.

Wrong Turn è il primo lavoro dei toscani Hot Cherry, uscito qualche mese fa autoprodotto ed arrivato a MetalEyes tramite l’etichetta napoletana Volcano Records, che si è aggiudicata le prestazioni del gruppo del cantante Jacopo Mascagni.

La band nasce nel 2009, ma purtroppo, dopo l’uscita del singolo Scar In The Brain, nel 2013 si scioglie, con il cantante che di fatto rimane l’unico componente e, non arrendendosi, comincia il reclutamento di nuovi componenti.
Nel corso degli anni gli sforzi per dare una nuova vita al gruppo vengono ripagati e con la formazione al completo vede la luce Wrong Turn, una mazzata di metal/rock, dal groove micidiale, potente e dall’anima thrash.
Jacopo Mascagni viene così raggiunto da Nik Capitini e Luca Ridolfi alle chitarre, Kenny Carbonetto al basso e Stefano Morandini alle pelli, e insieme danno vita a questa mezz’ora di muro sonoro che non lascia dubbi sull’impatto di questa nuova formazione e del suo sound, vario nel saper pescare da vari generi, senza mai abbandonare la strada del metal moderno ricco di groove e di un pizzico di pazzia rock ‘n’ roll.
Mascagni canta come se non ci fosse un domani, le frustrazioni passate vengono riversate su nove tracce che non lasciano respiro fin dall’opener Anonymous: una mazzata senza soluzione di continuità tra hard rock, groove, stoner rock, ed attitudine thrash ‘n’ roll che si evince dal singolo Scar In The Brain, dalla mastodontica Craven e dalla devastante Call To The Void.
Non così scontato come potrebbe sembrare ad un primo approccio, Wrong Turn si fa apprezzare per la sua energia e per quell’atmosfera sanguigna e vera che è alla base della riuscita di un album del genere.
Immaginatevi una jam tra i Pantera, gli Anthrax, i Corrosion Of Conformity e i Beautiful Creatures ed avrete un’idea della proposta degli Hot Cherry, non male davvero.

Tracklist:
1.Anonymous
2.8000 HP
3.Scar In The Brain
4.Narrow Escape
5.Craven
6.On Your Own
7.Call To The Void
8.Modern Vampire
9.Bloody Butterfly

Line-up:
Jacopo Mascagni – Vocals
Nik Capitini – R&L Guitars
Luca Ridolfi – R Guitars
Kenny Carbonetto – Bass
Stefano Morandini – Drums

HOT CHERRY – Facebook

Alex Cordo – Origami

Come molti dei suoi colleghi anche il chitarrista francese punta sulla musica e non sul mero tecnicismo, un bene per l’ascolto che risulta piacevole anche per chi non è amante delle opere strumentali.

Non sono pochi gli album di musica strumentale con i quali si cimentano nuovi virtuosi delle sei corde e MetalEyes non ha mai mancato all’appuntamento con i guitar hero del nuovo millennio che si aggirano tra l’underground, portandosi dietro il loro talento.

Con Alex Cordo si guarda aldilà delle Alpi in terra francese, il suo album si intitola Origami e risulta un buon esempio di hard rock/metal strumentale, molto ben strutturato, attento alla forma canzone e melodico, senza scadere troppo nella tecnica fine a se stessa.
Aiutato in questo lavoro dal bassista Ludo Chabert e dalle pelli di Mike Pastorelli, nella classica formazione a tre, Alex si cimenta in nove brani che alternano ed uniscono l’irruenza dell’hard rock classico con il metal dal taglio progressivo, in un arcobaleno di note metalliche eleganti ma, allo stesso tempo, pregne di attitudine metal, ed infatti dall’opener Straight si arriva al quinto brano prima che la tensione si allenti in una marcia sulla quale la sei corde lacrima sangue in un viavai emozionate.
Si riparte senza indugi con Sunny Day For An Opossum, si rallenta con Prism, in una seconda parte dove l’aggressività e le atmosfere più pacate si danno il cambio e rendono comunque l’ascolto vario e mai stancante.
Come molti dei suoi colleghi anche il chitarrista francese punta sulla musica e non sul mero tecnicismo, un bene per l’ascolto che risulta piacevole anche per chi non è amante delle opere strumentali, dunque Origami è promosso senza remore.

TRACKLIST
1.Straight
2.Above To Clouds
3.Memories
4.Hands Up
5.Himalaya
6.Sunny Day For An Opossum
7.Prism
8.The Crash Test
9.Time For Redemption

LINE-UP
Alex Cordo – Guitars
Ludo Chabert – Bass
Mike Pastorelli – Drums

ALEX CORDO – Facebook

Uforia – Fight Or Flight

Fight Or Flight alterna spunti settantiani all’alternative rock nato negli anni novanta, mantenendo un approccio molto melodico dato dalla voce del singer Michael Ursini e irrobustito da chitarre grintose, forgiate nella piovosa Seattle.

Chi segue con più attenzione lo sviluppo dell’hard rock in questi primi anni del nuovo millennio, avrà sicuramente notato come le nuove band che si affacciano sul mercato tendono ad amalgamare con ottimi risultati tradizione e moderno rock alternativo.

La ricetta è più semplice di quanto si creda, all’ hard rock dei Led Zeppelin (per esempio) si aggiunge un po’ di grunge o del rock alternativo ed il gioco è fatto, più difficile ormai è risultare personali e scrivere belle canzoni.
I canadesi Uforia ci provano con Fight Or Flight, terzo lavoro in formato ep, cinque brani che vanno a formare un buon esempio di questo trend, magari non ufficializzato dal music biz, ma che sta prendendo campo in ogni parte del mondo, almeno per un certo modo di intendere il rock duro.
Fight Or Flight alterna così spunti settantiani all’alternative rock nato negli anni novanta, mantenendo un approccio molto melodico dato dalla voce del singer Michael Ursini e irrobustito da chitarre grintose, forgiate nella piovosa Seattle.
Niente di nuovo quindi, ma se amate il rock moderno ed un po’ freak di questi anni, brani come la title track o Radiation non potranno che sedurvi in balli al calar della notte ,su spiagge di quell’America di jeans strappati e voli sulle onde in piedi su una tavola, raccontata dal rock da ormai trent’anni.
Manca un full length per provare ad alzare l’asticella che rimane, per il gruppo, ad un altezza sufficiente per continuare il proprio sogno.

TRACKLIST
1.Fight or Flight
2.Radiation
3.Wake Me
4.Overthrow
5.Is Anybody Living?

LINE-UP
Michael Ursini – Vocals, guitars
Adam Brik – Guitars
Daniel Salij – Bass
Dylan Piercey – Drums

UFORIA – Facebook

Witchwood – Handful Of Stars

Siamo al cospetto di un gruppo straordinario che mette in fila tante realtà molto più blasonate

Con un po’ di ritardo rispetto all’uscita, torniamo a parlare degli Witchwood, i rockers nostrani, nati dalle ceneri dei Buttered Bacon Biscuits, che ci avevano entusiasmato con il loro primo full length, quel Litanies From The Woods che risultava una bellissima jam tra hard rock, folk, psichedelia e progressive, il tutto a formare un arcobaleno di suoni vintage d’alta scuola.

Handful Of Stars è la seconda uscita ufficiale in pochi mesi, un ep della durata di quarantacinque minuti, e la band anche qui non fa sconti con un songwriting che rimane di altissimo livello grazie a cinque perle rock retrò quanto si vuole, ma affascinanti ed attraversate da attimi di pura magia.
Il gruppo vede un primo cambio nella line up, il nuovo chitarrista Antonio Stella, e Handful Of Stars ci offre, oltre alle cinque nuove canzoni, due cover d’autore: Flaming Telepaths dei Blue Oyster Cult e Rainbow Demon degli Uriah Heep.
Gli Witchwood si confermano uno dei gruppi più convincenti nel saper ricreare le atmosfere in voga negli anni settanta, maestri nel saper coniugare una vena hard rock classica ricca di sfumature e suoni che, come strisce di colori nel cielo, formano un arcobaleno musicale ispirato ai gruppi storici ma sapientemente amalgamato in un sound unico.
Ed allora lasciatevi rapire dall’opener strumentale Presentation: Under The Willow, che tanto sa di Jethro Tull, o dall’hard rock classico, sempre velato di un’aura magica, delle bellissime Like A Giant In a Cage e A Grave Is The River, dalle atmosfere folk progressive della stupenda Mother, dalle ottime e personali interpretazioni delle due cover, per finire con la versione alternativa di Handful Of Stars, con le tastiere che, per qualche minuto, ricordano i Goblin, per tornare a jammare tra Pink Floyd e Jethro Tull in un sontuoso e organico fiume progressivo.
Siamo al cospetto di un gruppo straordinario che mette in fila tante realtà molto più blasonate: in questi anni in cui il il ritorno a certe sonorità riscuote grande interesse, specialmente nel nord Europa, l’acquisto di questo lavoro è dunque consigliato e va a comporre, con il primo lavoro, un inizio di carriera qualitativamente folgorante.

TRACKLIST
1.Presentation: Under The Willow
2.Like A Giant In A Cage
3.A Grave Is The River
4.Mother
5.Flaming Telepaths
6.Rainbow Demon
7.Handful Of Stars (New Version)

LINE-UP
Riccardo “Ricky” Dal Pane – Vocals, Guitars, percussion
Antonino Stella – Guitars
Stefano “Steve” Olivi (Hammond, Piano, Synth, Mood
Samuele “Sam” Tesori – Flute
Luca “Celo” Celotti – Bass
Andrea “Andy” Palli – Drums

WITCHWOOD – Facebook

The Obsessed – Sacred

“Signori” si nasce! Wino può ancora insegnare l’arte di fare grande musica.

Quando ho letto la notizia che Scott “Wino” Weinrich, attivo sin dagli anni ’80, aveva riattivato la sua prima storica band The Obsessed dopo 20 anni di silenzio, devo dire che il sangue ha iniziato a ribollire

Il ritorno della band che, con lavori come Lunar Womb e The Church Within, aveva tracciato una strada maestra per le generazioni figlie dei Sabbath con il suo suono doom ricco di antica atmosfera, non poteva che emozionarmi; non è che Wino in questi anni sia rimasto fermo, anzi è sempre stato immerso in diversi progetti, dai seminali Saint Vitus agli Spirit Caravan, alla super band Shrinebuilder e altri, in cui ha elaborato la materia doom contaminandola con stoner, psichedelia e altre belle cose. Ora per la Relapse Records il ritorno definitivo! Sempre in trio, chitarra (Wino), basso (Dave Sherman) e batteria (Brian Costantino), Sacred dimostra una volta di più la dedizione, la convinzione di un grande musicista che ama il suo lavoro e vuole rendere, con la sua musica, questo mondo un posto migliore.
L’opera è varia e non si nutre di solo doom ma incorpora e amalgama hard rock di classe, aromi punk, fragranze stoner e gocce acide a formare una dimensione spirituale difficilmente riscontrabile nelle nuove generazioni; la calda, vissuta voce di Wino non può non emozionare chi si alimenta da anni con queste sonorità.
Si parte alla grande con Sudden Jackal, che miscela hard rock e doom come solo i maestri sanno fare e dimostra la classe infinita di chi si è sempre dedicato anima e cuore a questo suono, di chi lo vive quotidianamente infischiandosene del passare del tempo; il secondo brano Punk Crusher mette in riga tutti quelli che si cimentano in questa arte, con il carisma, la classe di chi sa di aver osato oltrepassare le barriere del tempo e di non voler darsi per vinto: un sound perfetto dal vivo, con Wino invincibile a declamare ….star, lord, father give us strength to prevail… da suonare e risuonare in un loop infinito.
La title track e Perseverance of Futility spiegano una volta di più l’arte del riff che ti rimane in testa ipnotizzandoti; l’ inizio screziato di blues di Stranger Things conferma la grande conoscenza musicale di Wino, che riprende anche un vecchio brano del 1974 dei Thin Lizzy (It’s Only Money da Night Life), mentre Razor Wire e Haywire sono brevi assaggi punk da parte di chi ha una visione universale dell’arte musicale.
In definitiva, un bel ritorno, vario, suonato e cantato con passione e onestà, sperando di poter vedere presto i The Obsessed dal vivo anche nelle nostre terre.

TRACKLIST
1. Sodden Jackal
2. Punk Crusher
3. Sacred
4. Haywire
5. Perseverance of Futility
6. It’s Only Money (Thin Lizzy cover)
7. Cold Blood
8. Stranger Things
9. Razor Wire
10. My Daughter My Sons
11. Be the Night
12. Interlude

LINE-UP
Brian Costantino – Drums, Vocals
Dave Sherman – Bass
Scott “Wino” Weinrich – Guitars, Vocals

THE OBSESSED – Facebook

VV.AA. – Metal Pulse: A Tribute To Dale Huffman

Bellissimo e sentito tributo della scena metal cristiana a Dale Huffman, proprietario di Metal Pulse Radio.

E’ da sempre luogo comune associare il metal con influenze sataniche ed aberrazioni di ogni sorta, specialmente se della cultura che sta dietro alla nostra musica preferita non si è informati e ci si convince degli stereotipi creati dall’ignoranza mediatica, mentre il movimento invece, in tutte le sue forme è sempre pronto a sostenere o commemorare chi, per essa, ci ha speso una vita intera.

La scena metal underground statunitense di matrice cristiana, per esempio, si è attivata per questo tributo ad un suo membro e fratello, Dale Huffman, proprietario di Metal Pulse Radio, deceduto nel febbraio di quest’anno dopo aver combattuto contro il cancro per due anni.
Rottweiler Records e Roxx Records, due delle maggiori etichette che si occupano di metal cristiano, hanno chiamato a rapporto una buona fetta dei gruppi del genere dando vita a questo tributo che non è solo un modo per ricordare la memoria di un personaggio importante in quell’almbito, ma anche un’occasione per far conoscere al mondo metallico una serie di ottimi gruppi che dell’heavy metal ne fanno una missione.
Di tutte le band che hanno risposto all’ appello, una buona parte sono finite su questo cd il cui il ricavato andrà alla famiglia di Huffman, mentre chi farà sua questa compilation avrà una panoramica esauriente su una scena cristiana che, aldilà dell’oceano, è molto sentita.
La raccolta parla chiaro, il metal cristiano è vivo e vegeto, perciò non solo Stryper (il gruppo più famoso), ma ottime realtà come i BioGenesis, ed il loro metal orchestrale rappresentato dalla monumentale Tears Of God, i Grave Robber con Fill The Place With Blood e la loro passione per Ronnie James Dio ed i power thrashers Join The Dead, devastanti ed aggressivi con la dirompente Walking In Darkness.
Una raccolta di brani selezionati con cura lascia un’ottima sensazione sul valore di questa scena che spazia dal thrash metal, all’heavy, dall’hard rock dei Messenger, al mid tempo tastieristico alla Savatage dei notevoli Promise Land.
Sarebbero da menzionare tutti i gruppi raccolti in questo tributo, però vi ricordo ancora gli heavy metallers Saint e la bellissima ballad The Chosen Few dei Worldview, ciliegine sulla torta musicale di questa grande iniziativa.
Se amate il metal classico la raccolta di brani e delle band è di altissima qualità, la voglia di conoscere realtà nuove delle scene in giro per il mondo è tanta, ed onorare un uomo che tanto ha fatto per il metal è il minimo.
R.I.P Dale.

TRACKLIST
1. Metal Pulse Radio Intro / Ultimatum ‘Heart of Metal’
2. Dynasty ‘Metal Pulse’ (Previously Unreleased)
3. Promise Land ‘Christ In Us (CIU)’
4. Join The Dead ‘Waiting In Darkness’ (Previously Unreleased)
5. Rainforce ‘Shine A Light’ (Previously Unreleased)
6. BioGenesis ‘Tears Of God’ (Previously Unreleased)
7. Sunroad ‘In The Sand’ (Previously Unreleased)
8. Messenger ‘Christian Rocker’
9. Worldview ‘The Chosen Few’
10. Grave Robber ‘Fill This Place With Blood’
11. Sweet Crystal ‘Even Now’
12. Stairway ‘Across The Moon’
13. Shining Force ‘Holy of Holies’
14. The World Will Burn ‘Brand New Song’
15. Titanic ‘Freak Show’
16. Saint ‘In The Night’

ROXX RECORDS – Facebook

Mexican Chili Funeral Party – Mexican Warriors’ Revenge

Con i Mexican Chili Funeral Party si parte per un viaggio lisergico in compagnia di Led Zeppelin, Doors, Kyuss e Queen Of The Stone Age, con un pizzico di grunge e accenni funk rock.

Chissà se, fra qualche decennio, questi primi anni del nuovo millennio verranno ricordati come il ritorno dei suoni vintage ed old school.

Certo è che nel metal, così come nel rock, un’alta qualità che fa il pari con le molte uscite, stanno portando la nostra musica preferita ad una nuova sfida.
Chi avrà ragione? Quelli che sostengono che non esiste futuro per il rock ma solo un presente da vivere giorno dopo giorno, anno dopo anno, o quelli che hanno già partecipato alla cremazione del malato, da anni terminale e morto tra le nebbie di Seattle o i deserti della Sky Valley?
Come sempre la verità sta nel mezzo e così, a fronte di una crisi dei consumi che tocca inevitabilmente anche la musica, si continua a parlare di rock, magari old school, stonato o drogato dal blues ma pur sempre musica del diavolo che, in quanto tale, è viva e vegeta e brucia nel petto degli appassionati di tutte le età.
Ok, mi sono dilungato, forse troppo, ma una precisazione andava fatta, anche perché qui mi ritrovo con l’ennesimo top album, questo selvaggio e bellissimo Mexican Warriors’ Revenge, nuovo lavoro dei nostri Mexican Chili Funeral Party.
I cinque rockers brianzoli sono attivi più o meno dal 2009, almeno da quando hanno trasformato il loro territorio in un caldissimo e arido deserto, modello Sky Valley appunto, e da qui sono partiti per un trip chi li ha fatti viaggiare attraverso il rock del ventesimo secolo, prima con l’ep La Ballata del Korkovihor uscito nel 2010, poi con il primo full length omonimo licenziato tre anni fa, ed ora con questo bellissima seconda prova sulla lunga distanza in uscita per Sliptrick Records.
Hard rock, stoner e psichedelia, il tutto unito da uno spirito vintage che li porta ad avvicinarsi ai mostri sacri, ma con una personalità debordante, tanto che la band non ha paura di far incontrare i dinosauri settantiani con i grandi gruppi rock nati in uno dei decenni più prolifici della musica contemporanea (per chi scrive il più prolifico in assoluto), gli anni novanta.
Con i Mexican Chili Funeral Party si parte per un viaggio lisergico in compagnia di Led Zeppelin, Doors (bellissima la cover del classico Waiting For The Sun), Kyuss e Queen Of The Stone Age, con un pizzico di grunge e accenni funk rock che danno un senso musicale alla parola “chili” che fa bella mostra di sé nel monicker.
La prima parte si concentra sull’hard rock stonato con una serie di brani che fanno pensare a quello che accadrà in seguito (Vespucci, Power Of Love), ma dalla cover di Waiting For The Sun in poi è puro trip stoner psichedelico da infarto, con il sabba Lu Curt agitato da una chitarra zeppeliniana in overdose.
Un album bellissimo, intenso, selvaggio e primordiale: questo è rock, il resto sono solo chiacchiere.

TRACKLIST
1.01
2.Vespucci
3.Power of Love
4.La Ballata Del Korkovihor, Pt. II
5.Ranger
6.Waiting for the Sun
7.1605
8.Lu Curt
9.Tomahawk
10.11
11.Seul B

LINE-UP
Alessio Capatti – Voice and guitar
Andrea Bressa – Guitar
Andrea Rastelli – Drums
Carlo Perego – Bass
Mr. Diniz – Keyboards and guitar

MEXICAN CHILI FUNERAL PARTY – Facebook

Vermilion Whiskey – Spirit Of Tradition

Spirit Of Tradition è quanto di più vero troverete ascoltando southern metal, d’altronde i Vermilion Whiskey provengono dalla Louisiana, terra di coccodrilli, whiskey e southern blues.

Prendete cinque metallari della Louisiana, precisamente da Lafayette, date loro da bere e fateli accomodare su un piccolo palco di qualche locale del Sud degli Stases.

Il blues , come d’incanto, sarà il demone che, posseduta l’anima dei musicisti farà suonare loro metal demonizzato dal sound del Mississippi, un southern rock che vi entra dentro come un serpente se avete la pessima idea di entrare nelle acque melmose del fiume, in prossimità dello stato dove i Vermillion Wiskey hanno registrato l’album, con una capatina in Texas tanto per non farci mancare quel tocco di atmosfera desertica tanto di moda in questi anni.
Mezz’ora, sei brani e Spirit Of Tradition è bell’e pronto, inattaccabile se parliamo di questo genere, suonato con sangue, sudore e gli attributi al proprio posto: d’altronde questa è gente dura, abituata a tanti fatti e poche parole, o al massimo tante sbronze, mentre riff pesanti come macigni (Monolith) si danno il cambio con sfumature bluesy e southern d’annata (l’opener Road King) mentre le esalazioni dell’whiskey si fanno insistenti.
Thaddeus Riordan e compagni ci sanno fare, perciò i fans del southern rock metal si cerchino questo spaccato di vita del sud, non se ne pentiranno.

TRACKLIST
1.Road King
2.The Past Is Dead
3.Come Find Me
4.Monolith
5.One Night
6.Loaded Up

LINE-UP
Thaddeus Riordan – Vocals
Ross Brown – Guitar
Carl Stevens – Guitar
Jeremy Foret – Bass
Buck Andrus – Drums

VERMILION WHISKEY – Facebook

Ancara – Garden Of Chains

Un album dalle buone potenzialità, vedremo se è ancora tempo per la musica degli Ancara, ma se vi piace il rock melodico con sfumature moderne, Garden Of Chains può sicuramente diventare uno dei vostri ascolti.

Attiva dalla seconda metà degli anni novanta, ma sotto altri monicker già in pista nel decennio precedente, la band finlandese degli Ancara torna con un nuovo album, il quarto della sua carriera a otto anni dal precedente Chasing Shadows.

Il gruppo può sicuramente vantare un’esperienza importante ed un sound dall’appeal enorme, melodico e ruffiano quanto basta per girare a dovere nelle radio nord europee ed incontrare i favori dei kids più giovani.
Infatti il quintetto di Helsinki abbina con sapienza e talento l’hard rock alternativo, in uso negli anni novanta e di provenienza statunitense, con quello melodico e dagli spunti vicini all’AOR di tradizione nord europea, ed il tutto funziona, almeno per chi non può stare senza melodia, con la grinta tenuta a bada da canzoni radiofoniche e ballatone da sciogliersi come neve al sole, in riva ad uno dei famosi mille laghi di cui la loro terra d’origine è famosa.
Qualche brano accenna sfumature elettroniche (Wake Up e Child Of The Sun), altre puntano a far saltare i fans a ritmo del rock in arene non più attraversate dal glam ottantiano ma dall’alternative del nuovo millennio (Feeding The Fire e la title track), altre si rivestono di un velo scuro e quasi dark con atmosfere che ricordano i The 69 Eyes degli ultimi lavori (Perfect Enemy).
Ne esce un album vario e, come detto, molto melodico: il gruppo ha nel cantante Sammy Salminen il suo angelo, un po’ Gabriele, un po’ Lucifero, perfetto con la sua timbrica nel saper lavorare le melodie tra alternative, AOR ed innocente dark rock.
Un album dalle buone potenzialità , vedremo se è ancora tempo per la musica degli Ancara, ma se vi piace il rock melodico con sfumature moderne, Garden Of Chains può sicuramente diventare uno dei vostri ascolti.

TRACKLIST
1.The End (Easier Than Love)
2.Wake Up
3.Feeding the Fire
4.Changes Come
5.Ending Mode
6.Child of the Sun
7.Perfect Enemy
8.Incomplete
9.The Warmth
10.Garden of Chains
11.Better Man

LINE-UP
Sammy Salminen – Vocals
Juha “Juice” Wahlsten – Guitars, vocals
Toni Laroma – Guitars
Toni Hintikka – Bass
Rale Tiiainen – Drums

ANCARA – Facebook

HoneyBombs – Wet Girls and Other Funny Tales

Siamo nel mondo dello sleaze hard rock, dunque via tutte le inibizioni, al diavolo i tabù e peccate alla grande con Wet Girls and Other Funny Tales, lassù qualcuno vi perdonerà!

Il ritorno delle sonorità sleaze hard rock, almeno per quanto riguarda la scena underground, si può senz’altro considerare ormai un dato di fatto, con il nostro stivale che, dalle Alpi fino al profondo Sud, regala nuove band ed ottimi album.

Il trend è quello di amalgamare la tradizione con sonorità più moderne e cool, ma fortunatamente c’è chi non ha dimenticato il glam rock suonato sul Sunset Boulevard negli anni ottanta e lo potenzia e modernizza con l’hard & roll della scena scandinava, di questi tempi leggermente in affanno dopo il periodo di vacche grasse all’inizio di questo millennio.
A Roma c’è chi questo sound lo suona davvero bene ed arriva al debutto per la Sliptrick con Wet Girls and Other Funny Tales, undici adrenaliniche tracce che riprendono la tradizione losangelina e la sparano nel 2017, rinforzandola con lo sfrontato rock’n’roll suonato dai gruppi scandinavi (Hardcore Superstar e Backyard Babies in testa).
Loro sono gli HoneyBombs, suonano insieme da cinque anni e con l’aiuto di Riccardo Studer e Alessio Cattaneo, che ai Time Collapse Studio di Roma hanno prodotto, masterizzato e registrato l’album, sono pronti a conquistare i cuori degli amanti dell’hard rock stradaiolo.
Niente di nuovo nelle notti di una Roma che si rifugia nei locali del Lungotevere, trasformato nelle vie luccicanti dell’America ottantiana dal rock del gruppo, mentre il freddo che scende dalla penisola scandinava viene trasformato in energia rock’n’roll dagli HoneyBombs, bravissimi a mantenere sempre ben bilanciata la componente tradizionale con dosi massicce di Bad Sneakers and a Piña Colada.
Energie a palate, tensione sempre tenuta alta da brani grintosi e nessun indugio fanno dell’album una fiala di nitroglicerina rock’n’roll, una miscela esplosiva che non concede passi falsi sotto le esplosioni causate dall’ opener Radical Shit, Fat Girl Are Goin’ Mad e We Are Gonna Kick Your Ass.
Siamo nel mondo dello sleaze hard rock, dunque via tutte le inibizioni, al diavolo i tabù e peccate alla grande con Wet Girls and Other Funny Tales, lassù qualcuno vi perdonerà!

TRACKLIST
1. Radical Shit
2. Brazzersdotcom
3. Fat Girls Are Goin’ Mad
4. G.R.A.B. (Ghetto Ratchet Ass Bitch)
5. Don’t Wanna Be Like Johnny
6. Till The Night Is Over
7. We Are Gonna Kick Your Ass
8. Oh My God!
9. Sweet Little Dummy
10. Six Pack On Your Back
11. Maniac (Bonus Track)

LINE-UP
Andrew “The Eagle” Skid – Lead Vocals
Alex Rotten – Guitars & Screamin’ Vocals
Helias Marson – Lead Guitars & Backing Vocals
SteelBlade – Bass Guitar & Backing Vocals
Fabulous Fab – Drums

HONEY BOMBS – Facebook

Andrea Salini – Lampo Gamma

Terzo album per il chitarrista romano Andrea Salini, il cui Lampo Gamma risulta un lavoro curato e dal buon tiro rock.

Terzo album per il chitarrista romano Andrea Salini, rocker che regala un lavoro intenso, con la sei corde in evidenza ed una voce che lascia trasparire passione e attitudine: un musicista e compositore completo che non affida solo alla sua sei corde il compito di descrivere il proprio mondo musicale, ma attribuisce la dovuta importanza alla forma canzone.

Una voce alla Mark Knopfler ci accompagna lungo questo ottimo lavoro che sa tanto di rock settantiano, mentre la chitarra di Salini ci racconta di musica ribelle e di una passione per Jimi Hendrix che sfocia nella funky rock Hendrix Funk (The Comet), mentre l’opener Strange Days ci aveva già dato il benvenuto con il suo hard rock lineare e dal buon refrain.
Bad Moon Rising è la bellissima cover del classico dei Creedence Clearwater Revival, ma il piccolo capolavoro Salini lo compone con The Moon, una semi ballad rock, introspettiva e dal retrogusto pinkfloydiano, che ci prende per mano e ci porta al cospetto dei ritmi hard rock della conclusiva The Martian, strumentale che accompagna i titoli di coda di un lavoro ben fatto e molto curato.
Poche informazioni su chi ha abbia fornito il suo contributo alla riuscita del disco del chitarrista capitolino, non inficiano un giudizio più che positivo per un lavoro che merita sicuramente un ascolto.

TRACKLIST
1.Strange Days
2.Distant Planets
3.Hendrix Funk (The Comet)
4.Space anthem
5.Bad Moon Rising
6.The Moon
7.The martian

LINE-UP
Andrea Salini – Guitars Vocals

ANDREA SALINI – Facebook

Jesters Of Destiny – The Sorrows That Refuse to Drown

I Jester Of Destiny hanno preso un contenitore e lo hanno riempito della musica rock a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, agitandolo per bene e creando un mix delle scene musicali che sono diventate storia.

Se si parla di rock vintage penso che un album come The Sorrows That Refuse to Drown sia un manifesto più che esauriente del ritorno dei suoni old school, anche se in questo lavoro non si può certamente parlare di hard rock o heavy metal, ma appunto rock come si faceva tra gli anni sessanta e settanta.

I Jesters Of Destiny sono un gruppo nato a Los Angeles nella prima metà degli anni ottanta, anche se dell’air metal suonato nel Sunset Boulevard nella loro musica non se ne trova neanche un po’.
Il loro sound si è sviluppato (purtroppo) in soli due lavori; il primo album uscito nel 1986, intitolato Fun At The Funeral e l’ep dell’anno dopo, In A Nostalgic Mood, poi un silenzio lungo trent’anni, ed il ritorno assolutamente inaspettato, tramite Ektro Records, con The Sorrows That Refuse to Drown, ovvero un album di rock psichedelico, glam, punk e progressive nato sul finire degli anni sessanta ed uscito nel 2017.
Ovviamente la loro proposta non mancherà di far storcere il naso a più di un purista, vista l’alternanza di atmosfere e sfumature che vanno dal glam patinato dei T.Rex e David Bowie a quello proto punk di Iggy Pop, dagli MC5 alla psichedelia dei Beatles, dal blues sporco e drogato degli Stones ad accenni progressivi dove un sax allucinato porta il sound verso corti dove regnano i King Crimson, mentre un sentore di Rocky Horror Picture Show si fa spazio tra lo spartito dell’opera.
Tra i brani, Sunset Boulevard, dedicata alla famosa strada del rock’ n’ roll, inaspettatamente risulta un brano elettro glam, mentre si continua a viaggiare nel tempo, salti anche rischiosi tra un genere e l’altro che potrebbero portare molte critiche alla proposta del gruppo, specialmente se non si ha dimestichezza con la musica rock di qualche decennio fa.
I Jesters Of Destiny hanno preso un contenitore e lo hanno riempito della musica rock a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, agitandolo per bene e creando un mix delle scene musicali che sono diventate storia, così che l’album risulta un oldies but goldies, ed ogni brano è una sorpresa.

TRACKLIST
1.Fire in the Six Foot Hole
2.The Flesh Parade
3.Ladies of Runyon Canyon
4.My Card, Sir
5.Chalk Outline
6.The Misunderstood
7.’Til the Following Night
8.Sunset Boulevard
9.Peace, Blood and Charlie Cocaine
10.Another Fire Six Feet Deep
11.Happy Ending

LINE-UP
Bruce Duff ~ Bass, Vocals
Dave Kuzma ~ Drums
Michael Montano ~ Guitars
Ray Violet ~ Guitars, Keyboards

JESTERS OF DESTINY – Facebook