Wandering Vagrant – Get Lost

Gli Wandering Vagrant regalano tre quarti d’ora circa di musica davvero ricca di spunti destinati ad imprimersi nella memoria.

Gli Wandering Vagrant sono una band nata per volere del musicista umbro Alessandro Rizzuto, il cui intento dichiarato è quello di offrire agli ascoltatori una forma di progressive coinvolgente e sfrondato da tecnicismi.

Con questo album d’esordio intitolato Get Lost l’obiettivo sembrerebbe ampiamente raggiunto perché, pur non rinunciando alle caratteristiche tipiche di un sound che per sua natura è instabile e cangiante, gli Wandering Vagrant regalano tre quarti d’ora circa di musica davvero ricca di spunti destinati ad imprimersi nella memoria.
Intanto appare riuscito il connubio tra la voce maschile di Rizzuto e quella femminile fornita dalla tastierista Francesca Trampolini, le quali si completano naturalmente in diversi frangenti, mentre il lavoro strumentale è altrettanto efficace e ben focalizzato alla resa della forma canzone, anche nei momenti in cui la band lascia sfogare comunque le proprie capacità tecniche; è emblematico, in tal senso, un brano come l’opener Human Being As Me, nel quale la ruvidità e la ritmica incisiva del prog metal va di pari passo con brillanti intuizioni melodiche, andando ad anticipare temi e strutture che si ripeteranno con puntualità pari alla freschezza nel corso dell’intero lavoro.
Il successivo lungo brano, The Hourglass, alza ancor di più il tiro, mettendo sul piatto tutto il background musicale del leader, il cui frutto è un’esibizione di progressive dall’animo antico ma rivestito di modernità nella misura necessaria per non snaturarne l’identità: se ci deve essere un’influenza più evidente di altre, personalmente vi ritrovo quella dei migliori Porcupine Tree, ovvero, per quanto mi riguarda, quelli più vigorosi e meno stucchevoli di In Absentia, ma tale accenno non deve rivelarsi fuorviante perché, come detto, Get Lost possiede una sua identità, per quanto sia possibile esprimerla in un genere che tra miriadi di rivoli e variazioni sul tema entra nelle nostre case da oltre mezzo secolo.
Così il prog metal di matrice statunitense di Struggle non stona affatto a fianco della delicatezza acustica di Forgotten o del caleidoscopico ed inquieto incedere delle due parti della title track, per finire con il notevole crescendo screziato di elettronica del conclusivo strumentale Home.
Get Lost è una delle sempre più frequenti e gradite sorprese che ci riserva il panorama rock/metal undeground italiano e l’augurio agli Wandering Vagrant è quello di poter raccogliere consensi ed attenzioni che, alla luce del valore di questo loro esordio, appaiono quanti mai meritati.

Tracklist:
1.Human Being As Me
2.The Hourglass
3.Struggle
4.Forgotten
5.Get Lost, Pt. 1 (Fade Away)
6.Get Lost, Pt. 2 (The Hunger)
7.Home

Line up:
Alessandro Rizzuto – Vocals, Guitars
Christian Bastianoni – Guitars, Backing vocals
Francesca Trampolini – Keyboards, Backing vocals
Michele Carlini – Basso
Marco Severi – Batteria

WANDERING VAGRANT – Facebook

Rusty Bonez – Wrath

La devozione del gruppo per i Corrosion Of Conformity fa perdere qualcosa in termini di personalità, ma non inficia la riuscita di un album che presenta una manciata di brani a tratti trascinanti.

Il caldo opprimente che sprigiona Wrath, primo album dei Rusty Bonez sembra davvero arrivare da qualche posto sperduto del deserto americano, e invece siamo nell’altrettanto assolata Grecia, terra di paesaggi brulli e pietrosi a picco sul mare che hanno visto le gesta di dei e semidei.

In Wrath, però, di storie epiche e leggendarie non ce  n’è neanche l’ombra: il sound del gruppo proveniente da Atene rispecchia in toto l’hard rock stonerizzato di matrice statunitense, ovviamente potenziato da dosi massicce di heavy stoner.
Il quartetto ci fa aspettare quasi tre minuti, con l’intro Ball’n’Chains, prima che il vulcano erutti e la lava cominci a scendere impietosa giù dalla montagna a scaldare la pianura desertica dove i quattro intonano la title track, brano che ha nel riff sabbathiano e il refrain alla Corrosion Of Conformity i suoi punti di forza.
La band americana diventa protagonista assoluta tra le trame di Wrath, i Rusty Bonez la citano fregandosene altamente dell’originalità, a tratti stonerizzando ancora di più l’atmosfera con iniezioni psichedeliche di matrice Kyuss, mentre il southern metal prende per mano il doom e insieme ci regalano un gioiellino come Scream Of Souls, inizio di un trittico di brani dall’alto potenziale che comprende le trascinanti King Of The Road e il singolo Nameless Hero.
C’è tempo per un ulteriore impennata hard rock con Burn The Sun prima che il crescendo di Grub concluda questo buon esordio firmato Rusty Bonez.
Wrath è un album che farà innamorare gli amanti delle sonorità descritte, e se la devozione del gruppo per i Corrosion Of Conformity lascia qualcosa in termini di personalità, non inficia la riuscita di un album che presenta una manciata di brani a tratti trascinanti.

Tracklist
1.Ball’n Chians
2.Wrath
3.Broken Mold
4.Scream Of Souls
5.King Of The Road
6.Nameless Hero
7.Goldmann Shagged
8.Stoned Skin
9.Burn The Sun
10.Grub

Line-up
Nondas Emmanouil – Vocals
Kostas Karapetsas – Guitar
Jojos Silivridis – Bass
Alexandros Varsanis – Drums

RUSTY BONEZ – Facebook

To Find Solace – The Place

Le capacità di questo musicista sono notevoli, dato che fa tutto da solo, ed il risultato è buono, molto fresco e potente.

To Find Solace è una band formata da un unico componente di Prato, che propone un post emo rock, molto influenzato dal pop e dall’elettronica.

Questo disco piacerà molto alla parte di pubblico abituata alle sonorità più moderne del rock, quelle che si declinano sotto il nome post hardcore, ma che dell’hardcore non hanno nulla, questo è post pop con un tocco emo, soprattutto nella voce. Le capacità di questo musicista sono notevoli, dato che fa tutto da solo, ed il risultato è buono, molto fresco e potente; il ragazzo pratese è un prodotto di questi tempi, sfrutta molto bene le possibilità offerte dai mezzi moderni, e oltre al disco ha anche prodotto video validi. Il suo linguaggio è molto giovane, le melodie sono ben marcate e il tutto scorre bene. To Find Solace usa diversi registri musicali per ottenere un risultato che emoziona i suoi ascoltatori e che riesce ad andare sopra la media della maggior parte delle uscite. Il grande lavoro compiuto sta dando i suoi frutti, perché sulle piattaforme digitali il disco sta andando bene, e per questi tempi è quasi il massimo che si possa ottenere.  Questo musicista ha le idee molto chiare e potrebbe andare lontano, grazie anche ad un suono molto americano.

Tracklist
1.Mental Tattoo
2.Heartsease
3.Hiraeth
4.Limerence
5.At Sixes & Sevens
6.The Place
7.Pure Love (feat. Armo of Under the Bed)8.Despondent
9.The Perfect Room
10.The Worst Room

TO FIND SOLACE – Facebook

Hungryheart – Hungryheart

La Tanzan Music ristampa una delle pietre miliari dell’hard rock melodico tricolore, il primo omonimo album degli Hungryheart, band capitanata dal duo Josh Zighetti (voce) e Mario Percudani (chitarra), uscito nel 2008, un anno fondamentale per lo sviluppo del genere nel nostro paese.

La Tanzan Music ristampa una delle pietre miliari dell’hard rock melodico tricolore, il primo omonimo album degli Hungryheart, band capitanata dal duo Josh Zighetti (voce) e Mario Percudani (chitarra), uscito nel 2008, un anno fondamentale per lo sviluppo del genere nel nostro paese.

Gli Hungryheart , attualmente al lavoro sul quarto album hanno, in questa decina d’anni, dato alle stampe altri due lavori: One Ticket to Paradise uscito nel 2010 e l’ultimo Dirty Italian Job licenziato tre anni fa, ma è indubbio che il valore artistico e temporale di Hungryheart sia rilevante nella scena melodica tricolore.
Per molti quella che diverrà la New Wave of Italian Melodic Rock ha i suoi natali proprio nel 2008 e tra le note di album come Hungryheart, uno straordinario quadro colorato di note melodiche, vivacizzato da una verve hard rock che prende ispirazione dalla scena statunitense degli anni ottanta.
La voce calda ed emozionale di Josh Zighetti e la chitarra che ricama note di raffinato rock a stelle strisce di Mario Percudani trovano la loro massima espressione in questa raccolta di brani che richiamano le atmosfere del rock duro racchiuse nel capolavori firmati Bon Jovi, Whitesnake e Danger Danger.
Inutile scrivere che Hungryheart punta dritto al cuore degli amanti del rock melodico, la band sforna una manciata di brani che vent’anni prima si sarebbero impossessati delle classifiche delle radio rock come Rock City, Stealing The Night e The Only One, con il singer, novello Jon Bon Jovi, a fare la differenza conquistando gli applausi degli appassionati.
L’album alterna brani di caldo rock melodico a frizzanti rock song losangeline (Innocent Tears), fino a toccare vette artistiche notevoli con l’hard rock tinto di blues di Hard Lovin’ Woman, brano tra Whitesnake e Led Zeppelin, sanguigno e letteralmente esplosivo.
Come scritto sopra la band italiana è al lavoro sul nuovo album, ma se vi siete persi questo bellissimo debutto, è ora di rimediare.

Tracklist
01. Rock City
02. Stealing The Night
03. River Of Soul
04. Hang On To Me
05. The Only One
06. Innocent Tears
07. Shadows
08. Hard Lovin’ Woman
09. Breath Away
10. It Takes Two
11. Gina
12. River Of Soul (2018 Revisited)
13.The Only One (2018 Acoustic Version)

Line-up
tracce #01 – #11
Josh Zighetti: voce / cori
Mario Percudani: chitarra / cori / voce su #04
Lele Meola: basso
Emilio Sobacchi: batteria tracce #12 / #13
Josh Zighetti: voce
Mario Percudani: chitarra / cori
Stefano Scola: basso Paolo Botteschi: batteria / percussioni

HUNGRYHEART – Facebook

Natas – Delmar

Delmar fu il primo lavoro degli argentini Natas, e per molti fu un disco epocale perché portava con sé la scoperta di un suono che stava nascendo in quel momento e che aveva le sue radici nel passato ma guardava in maniera diversa al futuro.

Delmar fu il primo lavoro degli argentini Natas, e per molti fu un disco epocale, perché portava con sé la scoperta di un suono che stava nascendo in quel momento e che aveva le sue radici nel passato ma guardava in maniera diversa al futuro.

La Argonauta Records di Genova ci propone la ristampa rimasterizzata dai nastri originali di questo grande disco, ai tempi per la Man’s Ruin Records. I Natas (leggete al contrario e troverete il marchio di fabbrica del più longevo manager della storia del rock), furono per lo stoner desert quello che i Sepultura furono per il death, ovvero mostrarono che anche in paesi diversi da quelli canonici si produceva un ottimo stoner, fatto in maniera innovativa e con una grande impronta personale. Dischi come questo sono stati possibili solo in quegli anni, che sono stati forse l’ultimo periodo veramente creativo della musica e non solo. In Delmar c’è tutto, dalle cose più Kyuss a passaggi fortemente grunge nella loro essenza. Questo disco è prima di tutto un viaggio, un’esperienza psichedelica con i Natas come sciamani che ci guidano in territori sconosciuti. Riascoltando Delmar possiamo ritrovare quel tocco magico, quella freschezza dell’onda marina che ti tocca sul bagnasciuga durante un rosso tramonto. I Natas sono un gruppo che evoca magia attraverso una musica che porta lontano, e forse questo album è stato il loro momento migliore, anche se i dischi successivi sono molto buoni, ma Delmar è un pilastro, un peyote da prendere quando si vuole, perché soddisferà sempre, ora ancora di più con i suoni ancora più nitidi. La capacità compositiva di questi argentini stupisce ancora adesso, e si capiscono ora la forze e l’influenza che hanno avuto su molti gruppi che li hanno seguiti. Dopo venti anni è ancora potentissimo e bellissimo.

Tracklist
1. Samurai
2. 1980
3. Trilogia
4. I Love You
5. Soma
6. Mux Cortoi
7. Delmar
8. Windblows
9. El Negro
10. Alberto Migré

Line-up
SERGIO CH. – GUITARRA Y VOCALS.
WALTER BROIDE – BATERIA.
GONZALO VILLAGRA – BASS.

NATAS – Facebook

Lost Reflection – Trapped In The Net

Ritorno con il terzo album di Fabrizio Fulco ed i suoi Lost Reflection, band hard & heavy tra tradizione britannica ed attitudine street rock.

Torna Fabrizio Fulco con i suoi Lost Reflection, band che prende il nome dalla famosa canzone dei leggendari Crimson Glory, con il terzo album licenziato dalla Hellbones Records.

La band prende vita nel 1996, ma il primo album è targato 2011, anche perché Fulco nel 2005 si trasferisce negli States per prendere il posto come bassista nei Ben Jackson Group, progetto del chitarrista dei Crimson Glory.
Il ritono in Italia coincide con la ripresa delle attività con i Lost Reflection e vengono pubblicati due lavori: Florida (2011 SG Records) e Scarecrowd (2014 SG Records).
L’hard & heavy suonato dal gruppo è però lontano da quanto fatto dalla storica band statunitense e più orientato verso un buon mix tra la tradizione britannica ed attitudine street rock.
Trapped In The Net è composto da dieci brani che si muovono tra questi due generi, dando vita ad un metal scontato ma gradevole, dalle ritmiche hard rock e da cavalcate di stampo new wave of british heavy metal.
God Of Hate, opener dell’album è un brano tra Saxon e Motley Crue, mentre Together As One ricalca gli schemi del metal losangelino di metà anni ottanta.
Questa alternanza continuerà per tutto l’album, che risulta una discreta opera di metal old school sanguigno e potente, con qualche dettaglio da perfezionare (la voce a tratti leggermente forzata), ma con un buon lavoro strumentale.
Cavalcate metalliche e hard rock stradaiolo ed irriverente come One Night In Your Bed trovano libero sfogo tra lo spartito di Trapped In The Net che vede all’opera, oltre a Fulco ( chitarra, basso e voce), Max Sorrenti (chitarra) e Max Defender Moretti (batteria).
La cover del leggendario Derek Riggs valorizza Trapped In The Net, che risulta così un buon ritorno per il musicista nostrano e la sua band.

Tracklist
1.God of Hate
2.Together as 1
3.Into The Social Network
4.Brand New Love Brand New Life
5.One Night In Your Bed
6.My Promised Land
7.Hollywood Dream
8.Master of Your Soul
9.Homeless Boy
10.No More Blood

Line-up
Fabrizio Fulco – Vocals, Guitars, Bass
Piero Sorrenti – Guitars
Max Defender Moretti – Drums
PJ (live bassist)

line up attuale
Fabrizio Fulco – Vocals, Guitars
PJ – Bass
Max Defender Moretti – Drums

LOST REFLECTION – Facebook

Hypnos – The GBG Sessions

The GBG Sessions è un album che difficilmente troverà estimatori nei seguaci del rock odierno,  rimanendo legato strettamente al decennio settantiano e a quelle band che ne hanno decretato l’assoluta importanza nella storia del rock.

Band che non lascia trapelare molte informazioni, i rockers svedesi Hypnos tornano con un album sulla lunga distanza, questo discreto esempio di hard rock vintage intitolato The GBG Sessions.

Non avevamo più notizia del gruppo da quattro anni e dal singolo The Mountain, che troviamo pure su questo album composto da otto brani dove riff su riff si accavallano e costruiscono un muro sonoro, che va dai Black Sabbath ai Thin Lizzy, passando per i Kiss e a tratti per le band che del revival settantiano hanno decretato il successo (Spiritual Beggars).
Niente di nuovo dunque, specialmente se le operazioni nostalgiche vi lasciano indifferenti, anche perché gli Hypnos fanno di tutto per confondervi, ipnotizzandovi con piccole jam psichedeliche nel bel mezzo di brano hard rock come Hands Of Evil, facendovi credere di essere nel bel mezzo degli anni settanta con il vostro armadio colmo di jeans a zampa di elefante e giubbotti con le frange.
Il quintetto, dalla sua, ci fa partecipi di un sound diretto, suonato senza troppa attenzione ai diabolici particolari tecnici odierni, ma con uno spirito rock’n’roll che non lascia dubbi sull’attitudine dei musicisti coinvolti, rockers d’altri tempi, specialmente quando il blues di Nightmares alza di molto la temperatura sulla montagna dove la band continua a jammare con la sanguigna 1800.
The GBG Sessions è un album che difficilmente troverà estimatori nei seguaci del rock odierno,  rimanendo legato strettamente al decennio settantiano e a quelle band che ne hanno decretato l’assoluta importanza nella storia del rock.

Tracklist
1.Aint No Fool
2.Border Patrol
3.Hands Of Evil
4.Nightmares
5.Looking Out
6.1800
7.The Mountain
8.Gimme! Gimme! Gimme!

Line-up
Linus
Oskar
Pontus
Anton
Hampus

HYPNOS – Facebook

Red Morris – Time

Lavoro difficile da rinchiudere tra le pareti di un solo genere e per questo affascinante e ricco di sorprese, Time conferma la bontà del progetto Red Morris che ci regala un altro piccolo gioiello musicale.

Se cercate qualcosa in più del solito album di genere e vi piacciono le sfide, arriva il secondo album del chitarrista e compositore bresciano Maurizio Parisi, alias Red Morris, accompagnato da una manciata di ottimi musicisti tra cui suo figlio Alberto al basso, Beppe Premi alle tastiere, Mirco Parisi alla tromba, Marco Carli alla batteria e Marcello Spera alla voce.

Time segue di tre anni Lady Rose, primo lavoro interamente strumentale che fece parlare non poco di Red Morris e del suo progetto gli addetti ai lavori, i quali saranno sicuramente ancora più entusiasti quando premeranno il tasto play e si immergeranno all’ascolto di quest’opera che, se vede la novità del cantato (il primo album era interamente strumentale), conferma l’alta qualità della musica proposta dal chitarrista nostrano.
Time è un condensato di musica che supera barriere fino ad oggi invalicabili, accomunando nello stesso spartito mondi musicali lontani nel tempo; progressive, hard rock settantiano, arena rock e metal del decennio successivo, il tutto viene  splendidamente tenuto legato dalla chitarra di Parisi, concettualmente shred, ma perfettamente inserita nel sound che accompagna i vari brani, uno diverso dall’altro.
Varietà è la parola d’ordine e i Red Morris riescono nell’impresa di risultare una fonte inesauribile di idee, mantenendo un filo conduttore che attraversa l’album, dalle prime note di San Sebastian passando per le splendide New York, Blessed Imelda e la spettacolare Opera, un geniale incrocio tra ritmiche soul, tromba che segue un filo di notturno jazz ed epiche atmosfere orchestrali.
L’apporto di tromba e tastiere aiutano non poco l’album nel suo apparire uno scrigno di ispirazioni, spettacolari ed efficaci le seconde che passano dal classico tocco alla Deep Purple a quello più pomposo dell’hard & heavy radiofonico degli anni ottanta.
Lavoro difficile da rinchiudere tra le pareti di un solo genere e per questo affascinante e ricco di sorprese, Time conferma la bontà del progetto Red Morris che ci regala un altro piccolo gioiello musicale.

Tracklist
1. San Sebastian
2. My Father
3. Transylvania
4. New York
5. Time
6. Money Kills
7. Blessed Imelda
8. Opera

Line-up
Red Morris – chitarra
Alberto Parisi – basso
Marco Carli – batteria
Beppe Premi – tastiera
Mirco Parisi – tromba
Marcello Spera – voce

RED MORRIS – Facebook

El Rojo – 16 Inches Radial

I Kyuss hanno figliato moltissimo, lasciando un’eredità pressoché enorme, e questi calabresi partono dallo stesso deserto, ma ne creano uno tutto loro davvero magnifico per un debutto che lascia a bocca aperta.

Gruppo stoner desert dalla Calabria, un suono caldissimo ed avvolgente che vi darà grande piacere.

Gli El Rojo nascono a Morano Calabro nel 2016, sono un gruppo di amici molto legati fra loro e fanno uno stoner hard rock di alta qualità. Hanno il passo dei Kyuss, ovvero uno stoner rock molto desertico ma hanno anche una serie di soluzioni sonore da hard rock, senza disdegnare qualche passaggio maggiormente psichedelico. Non c’è una cosa in particolare che risalta subito, la loro peculiarità è dare una sensazione di musica di cui non puoi fare a meno, soprattutto per chi ama questo genere. Gli El Rojo arrivano perché è il loro momento, e ascoltandoli lo si percepisce chiaramente: 16 Inches Radial è un disco affascinante e dal suono che ti induce in tentazione. Il gruppo calabrese ti fa percepire una sensazione di appagante soddisfazione sonora e ti induce ad ascoltare il disco più volte, rientrando nella non grande casistica dei gruppi predestinati. Non si può sapere se questi ragazzi faranno carriera nella scena, certo è che far uscire un debutto così è assai notevole. Ci sono delle cose da mettere a posto, e vanno perfezionate certe piccolezze, nell’ottica del massimo miglioramento possibile, ma stiamo parlando di un gruppo che nell’ultima traccia del disco, Red Sand, assomiglia in certi passaggi ai Doors, tanto per capire dove stiamo andando a parare. I Kyuss hanno figliato moltissimo, lasciando un’eredità pressoché enorme, e questi calabresi partono dallo stesso deserto, ma ne creano uno tutto loro davvero magnifico. Un debutto che lascia a bocca aperta.

Tracklist
1.Pontiac
2.Trigger
3.BSS
4.El Rojo (Instrumental)
5.Psilocybe
6.Red Sand

Line-up
Evo Borruso – Vocals
Fabrizio Vuerre – Guitar
Luigi Grisolia – Guitar
Pasquale Carapella – Bass
Antonio Rimolo – Drums

EL ROJO – Facebook

Lillye – Evolve

Evolve cresce con gli ascolti, sorprende subito grazie alla vocalist, poi lascia che i brani trovino la loro strada per convincere gli amanti del hard rock moderno, ai quali va l’invito di non perdersi questa sorprendente ed affascinante sirena australiana.

Si affaccia sulla scena rock mondiale la cantante Virginia Lillye e la sua band, dall’Australia alla conquista delle classifiche radiofoniche, dagli States alla vecchia Europa.

La band, che gira intorno alla figura della cantante con un passato da protagonista in storici musical come Jesus Christ Superstar, Hair, Grease e Cats, vede all’opera il bassista Christian Lauria, il chitarrista Matt Ellis e il batterista Bennet Livingstons.
Attivi dal 2012,  dopo un paio d’anni i Lillye  hanno rilasciato l’omonimo ep, hanno girato in lungo ed in largo i palchi australiani prima di firmare lo scorso anno per Eclipse Records, che licenzia Evolve, esordio sulla lunga distanza destinato a portare alla band ottimi riscontri.
Evolve è un lavoro nervoso, melodico, graffiante e vario, un concentrato di hard rock moderno e pregno di groove, composto da una serie di canzoni che una per l’altra potrebbero fare il botto, anche per una prova sorprendente di questa nuova rock woman al microfono, una tigre dotata di una voce ed un talento interpretativo fuori dal comune.
Molto simile come approccio alla bravissima Skin degli Skunk Anansie, Virginia Lillye va oltre: meno istintiva e più studiata, la sua voce risulta il quinto strumento del gruppo e i brani pur nella loro struttura semplice, si ritrovano valorizzati da decine di ricami e sfumature.
Hard rock moderno, si diceva, e già dall’opener Run la band comincia a sciorinare refrain dall’appeal altissimo, le influenze sono quelle dei migliori act statunitensi, Halestorm su tutti, ma anche Sevendust, per una predisposizione all’alternative che ovviamente non manca certo nelle nuove leve dell’hard rock e che esce prepotentemente in episodi come Chained e Better Days.
Evolve cresce con gli ascolti, sorprende subito grazie alla vocalist, poi lascia che i brani (Fire, Grass Is Greener) trovino la loro strada per convincere gli amanti del hard rock moderno, ai quali va l’invito di non perdersi questa sorprendente ed affascinante sirena australiana.

Tracklist
1.Run
2.In The End
3.Chained
4.Brittle Glass
5.Better Days
6.Fire
7.It Is What It Was
8.Take On Me
9.Grass Is Greener
10.Surrender
11.Through My Soul

Line-up
Virginia Lillye – Vocals
Christian Lauria – Bass
Matt Ellis – Guitars
Bennet Livingstons – Drums

LILLYE – Facebook

Spock’s Beard – Noise Floor

Noise Floor è un album che non delude le attese di chi ricerca un progressive d’autore di qualità garantita, e pazienza se l’ispirazione non è esattamente quella di un tempo perché, come si suol dire, “chi si accontenta gode” …

Se una ventina d’anni fa gli Spock’s Beard erano tra gli esponenti emergenti di maggior spicco del new prog di marca statunitense, oggi ci avviciniamo al loro ultimo lavoro con la deferenza ma anche con il disincanto di chi si trova al cospetto di una band storica che nulla deve più dimostrare.

Nel bene e nel male, questo è l’approccio naturale ad un disco come Noise Floor, al quale non si chiede certo di entrare nel novero delle opere imprescindibili del 2018, bensì di consolidare lo status di suoi autori ed offrire musica di qualità inattaccabile ai sempre numerosi estimatori del genere.
Per chi approdasse a queste righe da un diverso pianeta musicale è bene ribadire che, come per molte altre band in ambito prog (e non solo), c’è stato un momento per gli Spock’s Beard che ha rappresentato il classico spartiacque, corrispondente in questo caso alla fuoriuscita del fondatore e principale compositore Neal Morse; appare quindi naturale scindere la disocgrafia fino a Snow da tutto ciò che ne è venuto in seguito.
Il ricorso ad una soluzione interna, promuovendo al ruolo di vocalist il batterista Nick D’Virgilio ci ricorda senz’altro ciò che avvenne con i Genesis, quando Gabriel lasciò la band e venne rimpiazzato da Collins (tra l’altro anche il quel caso dopo aver pubblicato un doppio album di grande successo). La differenza sostanziale sta nel fatto che Neal Morse, come detto, si faceva carico di gran parte dell’aspetto compositivo, per cui ciò ha comportato anche un cambio di registro, che ha dato vita subito dopo ad album dalla struttura leggermente più robusta ma privi sostanzialmente di quelle intuizioni melodiche che ne caratterizzavano la precedente produzione.
Nel nuovo decennio la band statunitense ha visto un nuovo cambio dietro al microfono, con la sostituzione del defezionario D’Virgilio da parte di Ted Leonard, vocalist dei magnifici Enchant e dalla timbrica ancor più differente da quella del fondatore; Noise Floor ci riporta piacevolmente ad atmosfere più datate, offrendo una serie di brani invero molto belli, con menzione per quelli che rinverdiscono i fasti del passato come Have We All Gone Crazy Yet su tutti, senza tralasciare un singolo efficace e di immediata presa come l’opener To Breathe Another Day o l’evocativa Beginnings, degna chiusura di un lavoro certo non trascurabile.
Il ritorno di D’Virgilio alla batteria conferisce una marcia in più ad un tessuto sonoro dalla qualità esecutiva ovviamente ineccepibile, grazie alla maestria di musicisti formidabili come i vari Alan Morse, Dave Meros e Ryo Okumoto (il cui funambolico contributo si può apprezzare in Armageddon Nervous, una delle quattro tracce facenti parte del bonus Ep Cutting Room Floor, inserito in coda all’album).
Anche se, naturalmente, la voce di Leonard porta ad un’“enchantizzazione” dell’insieme, Noise Floor è un album che non delude le attese di chi ricerca un progressive d’autore di qualità garantita, e pazienza se l’ispirazione non è esattamente quella di un tempo perché, come si suol dire, “chi si accontenta gode” …

Tracklist:
Noise Floor
1 To Breathe Another Day
2 What Becomes Of Me
3 Somebody’s Home
4 Have We All Gone Crazy Yet
5 So This Is Life
6 One So Wise
7 Box Of Spiders
8 Beginnings

Cutting Room Floor EP
1 Days We’ll Remember
2 Bulletproof
3 Vault
4 Armageddon Nervous

Line up:
Alan Morse – Guitar, Vocals
Dave Meros – Bass Guitar, Vocals
Ryo Okumoto – Keyboards
Nick D’Virgilio – Drums, Vocals
Ted Leonard – Vocals, Guitar

SPOCK’S BEARD – Facebook

Desounder – Desounder

I Desounder sono una band a cui non mancano tecnica, una cantante che fa la differenza ed un sound che non si accontenta di seguire i soliti binari per cercare nuove strade ma senza paura di guardarsi indietro.

Che l’Andromeda Relix sia sinonimo di qualità non è certo una novità, infatti la label nostrana riesce sempre a sorprenderci con uscite varie e di alto livello, passando di genere in genere con la naturalezza di chi la materia la conosce molto bene.

Ecco che l’ultimo gioiellino marchiato dal logo dell’etichetta arriva puntuale a MetalEyes, presentandoci così i Desounder (ex Rider’s Bone), quartetto di Verona nato nel 2013 e al debutto con questo bellissimo album omonimo composto da undici brani davvero brillanti.
Il lavoro contiene hard rock aperto a non poche contaminazioni, tra spunti moderni e tradizionali, con il blues ed il soul a fare il bello e cattivo tempo e la voce splendidamente “nera” della singer Eleonora Nory Mantovani a svegliarci dal torpore e ad accompagnarci tra le trame del disco.
Basterebbe Dear John, terza traccia dell’album per mettere d’accordo chi nel rock cerca qualcosa in più, come le sfumature jazz/soul con quei fiati che duettano con la splendida voce della cantante, spettacolare anche su Pain, altro brano fuori dai soliti schemi obbligati dell’hard rock moderno.
Il bello di Desounder è la varietà di stili con la quale il gruppo ci tiene incollati alle cuffie e così si passa dalla semi ballad grunge I Take My Time, che ricorda gli Stone Temple Pilots di Core, all’alternative metal di Prisoner, al riff southern della letale King Of Nothing.
Un’ottima produzione fa il resto e questo primo lavoro ci consegna un gruppo notevole, a cui non mancano tecnica, una cantante che fa la differenza ed un sound che non si accontenta di seguire i soliti binari per cercare nuove strade ma senza paura di guardarsi indietro.

Tracklist
1. Reverse (intro)
2. Man From The Moon
3. Dear John
4. Pain
5. I Take My Time
6. Prisoner
7. The King’s Entrance
8. King Of Nothing
9. The Void Of Absence
10. Save Our Souls
11. You Fall Again

Line-up
Eleonora Nory Mantovani – Vocals
Nicolò La Torre – Guitars
Matteo Valle – Bass
Martino Pighi – Drums

DESOUNDER – Facebook

Pharaoh Overlord – Zero

Stranianti, magnifici e possenti come un dio che svanisce quando scende la droga sciamanica, sciamani di un’altra dimensione in cui si sta davvero bene, o più prosaicamente uno dei migliori gruppi di psichedelia pesante del mondo.

I Pharaoh Overlord sono una bellissima anomalia, una di quelle cose che nascono in mezzo a strane frequenze, e che sono assolutamente e fortunatamente fuori dalla norma.

Innanzitutto sono un supergruppo della psichedelia e del krautrock, dato che sono formati da Jussi Lehtisalo, Janne Westerlund Tomi Leppänen, membri dei notevolissimi Circle, e poi da altri compagni di acide scorribande. La loro attività psicoattiva è cominciata nel 2000 e ha avuto numerose puntate e tutte notevoli, ma questo Zero è una delle più belle e complete. Descrivere il mondo dei finlandesi è arduo, perché bisognerebbe scrivere un altro Alice Nel Paese Delle Meraviglie, ci sono tantissime cose. Si potrebbe dire che questo è un viaggio che a volte tocca i territori della psichedelia e del kraut in quota kosmik, con una voce che è growl, e che è la parte cattiva e sudata del viaggio. Strumentalmente questi signori hanno tecnica e sapienza da vendere, e soprattutto offrono un suono unico che non è rintracciabile da nessuna altra parte, come un venditore di sogni che solo voi conoscete. Qui urge mettersi le cuffie, consumare qualche sostanza ed andare. Il disco è bellissimo, ha mille rivoli, risvolti e chicche da offrire all’ascoltatore, ed è un’esperienza unica come lo è tutto con i Pharaoh Overlord. Il nome richiama, e giustamente, la visione psichedelica della vita di Sun Ra, ovvero non siamo di questo pianeta e vogliamo andarcene, ma già che l’astronave non passa, mettiamoci a fare musica del nostro mondo. Stranianti, magnifici e possenti come un dio che svanisce quando scende la droga sciamanica, sciamani di un’altra dimensione in cui si sta davvero bene, o più prosaicamente uno dei migliori gruppi di psichedelia pesante del mondo.

Tracklist
Side A:
1. Revolution
2. Maailmanlopun ateriana
3. Meanwhile

Side B:
1. Lalibela Cannot Spell Zero
2. Satavuotiaiden Salaisuus
3. I Drove All Night by My Solar Stomp

Line-up
Jussi Lehtisalo
Janne Westerlund
Tomi Leppänen

PHARAOH OVERLORD – Facebook

Roadskills – Mind’s Collision

Mind’s Collision è un ascolto consigliato, al massimo del volume e con il piede a tavoletta sul pedale dell’acceleratore, l’unico rischio è l’autovelox che non manca di certo sulle nostre strade, stay rock!

La Volcano Records estende la sua lava per tutto il territorio nazionale e non sfuggono alla presa infuocata neppure i Roadskills, quartetto di rockers torinesi al debutto con questa mezz’oretta di hard & heavy dal titolo Mind’s Collision.

Come abitudine di molte delle giovani band dedite ai suoni hard rock, anche la band piemontese amalgama ispirazioni old school a più potenti influenze moderne, così da non risultare solo un’onesta band dai suoni vintage, ma provando a portare il rock duro dai rimandi settantiani nel nuovo millennio.
Con al microfono la grintosa cantante Sophia, Francesco alla chitarra, Alessio alla batteria ed Alex al basso, i Roadskills con Mind’s Collision propongono il loro personale credo in fatto di rock duro, graffiante e dal groove che potenzia il tutto, con accenni a colori psichedelici e iniezioni di blues nascoste da un muro di watt che non si placa, neppure quando le atmosfere si dilatano nelle trame di Paranoid, un crescendo di intenso metal/rock oscuro e rituale, brano che risulta il cuore dell’album, posto tra le travolgenti That’s Not Alice e la veloce ed irruente Solitary Wolf.
Una partenza convincente per i Roadskills, bravi nel saper coniugare le due anime del proprio sound senza perdere la bussola e mantenendo un approccio tradizionale ma neppure troppo nostalgico, soprattutto agli occhi dei giovani rockers.
Mind’s Collision è un ascolto consigliato, al massimo del volume e con il piede a tavoletta sul pedale dell’acceleratore, l’unico rischio è l’autovelox che non manca di certo sulle nostre strade, stay rock!

Tracklist
1.Devil Makes Details
2.Tell Me Witch
3.4th November
4.That’s Not Alice
5.Paranoid
6.Solitary Wolf
7.Look Like a Beast
8.Why Don’t You Answer?
9.Hard to Understand

Line-up
Sophia – Vocals
Francesco – Lead Guitar
Alessio – Drum
Alex – Bass

ROADSKILLS – Facebook

Strana Officina – Non Finirà Mai / The Faith

Per i collezionisti e amanti della Strana Officina, la Jolly Roger ha in serbo per questa uscita diversi formati tra cui un vinile grigio limitato alle prime cento copie, vinile classico, cd e digitale: quindi non avete scuse, la storia vi aspetta.

La Jolly Roger Records, in attesa del nuovo lavoro di inediti, pubblica due raccolte marchiate Strana Officina, probabilmente la band italiana più rispettata ed amata dai fans dell’hard & heavy duro e puro.

La leggendaria e tragica storia del gruppo la conosciamo un po’ tutti: la storia della Strana Officina inizia nel 1983 con l’esordio omonimo cantato in italiano, seguito da due lavori dal taglio più internazionale dato dall’idioma inglese nel cantato: The Ritual e Rock ‘n’ Roll Prisoners.
La carriera della “Strana” però si ferma tragicamente nel 1993, quando un incidente stradale si porta via l’anima del gruppo, Fabio e Roberto Cappanera, rispettivamente il chitarrista e il batterista, nonché fondatori del gruppo con l’aiuto del bassista Enzo Mascolo.Difatto la Strana Officina non esiste più, almeno fino al 2006, anno in cui Rolando e Dario Cappanera, tornano sul palco con il monicker originale, accompagnati da Enzo Mascolo e dal singer Bud Ancillotti.
Non Finirà Mai è una raccolta di brani scritti da Rolando e Dario nel 1995, contiene le versioni demo di quattro brani cantati in italiano, più le versioni riarrangiate e risuonate nel 2017.
E’ palese l’atmosfera pesante ed oscura che aleggia sui brani, ma anche la voglia di non mollare e con orgoglio portare avanti il sogno della famiglia Cappanera, il tutto riassunto nella canzone manifesto Non Finirà Mai, che dà il titolo all’album.
I brani sono tutti cantati in italiano, perfetti esempi della tradizione hard & heavy che il gruppo ha portato sui palchi e sulla quale ha costruito la sua reputazione.
The Faith è una raccolta uscita originariamente nel 2006, contiene quasi tutti i brani che andavano a comporre i primi tre lavori del gruppo, rivalutati dal sapiente lavoro in studio di Antonello Saviozzi.
Una compilation completa che racchiude tutti i classici della Strana, dalle graffianti Metal Brigade e The Kiss Of Death, alla cadenzata e potente The Ritual, dalla suggestiva Black Moon, brano dal taglio epico che ricorda i Black Sabbath era Tony Martin , alla bellissima ballad Autostrada Dei Sogni, fino alle mai incise all’epoca dell’uscita, ma proposte abitualmente dal vivo, Profumo Di Puttana ed Officina.
Per i collezionisti e amanti della Strana Officina, la Jolly Roger ha in serbo per questa uscita diversi formati tra cui un vinile grigio limitato alle prime cento copie, vinile classico, cd e digitale: quindi non avete scuse, la storia vi aspetta.

Tracklist
Non Finirà Mai :
Non finirà mai (2017)
Bimbo (2017)
Ricordo Di Lei (2017)
Vittima (2017)
Non Finirà mai (1995)
Bimbo (1995)
Amore e Fuoco (1995)
Vittima (1995)

The Faith :
1.King Troll
2.Metal Brigade
3.The Ritual
4.Rock N Roll Prisoners
5.Falling Star
6.Gamblin’ Man
7.Black Moon
8.War Games
9.Don’t Cry
10.The Kiss of Death
11.Burning Wings
12.Unknown Soldier
13.Profumo di Puttana
14.Autostrada dei Sogni
15.Officina

Line-up
Fabio Cappanera – Guitars
Roberto Cappaner – Drums
Daniele”Bud”Ancillotti – Vox
Enzo Mascolo – Bass
Marcello Masi – Guitars
Rolando Cappanera – Drums
Dario Cappanera – Guitars

STRANA OFFICINA – Facebook

https://youtu.be/EceEiWTBNSc

Cochise – Swans And Lions

Grunge e hard rock oscuro, attraversato da una demoniaca anima blues, questo troverete tra le trame di Swans And Lions e delle sue dodici tracce, che hanno bisogno di qualche attenzione in più rispetto al rock moderno e groove di moda oggi, ma che regalano buoni spunti, specialmente quando il sound si sposta deciso sul versante gotico/alternativo dei Danzig.

Dalla piovosa Seattle a Białystok in Polonia la strada è lunga: si attraversano oceani e catene montuose, pianure e laghi prima che il freddo opprimente dell’est europeo ci entri nelle ossa e l’unico rimedio sia la cascata di vodka e grappa che aggroviglia le budella dando un po’ di tepore alle nostre povere membra.

Eppure anche verso est si suona hard rock di ispirazione statunitense, magari fuori dai soliti circuiti ma perfettamente in grado di soddisfare gli amanti dei rock anni novanta.
I Cochise, monicker che più americano di così non si può, in verità è dal 2004 che suonano rock duro, e nel 2010 hanno dato alle stampe il primo album, Still Alive ed una cover di Danzig apparsa sulla compilation Tribute to Danzig: The Dark Side Of The Blues.
Arriviamo al 2018 attraverso altri tre lavori prima che Swans And Lions, licenziato dalla MetalMind Productions, si imponga come un ottimo lavoro di rock americano, tra grunge ed influenze alternative.
Il quartetto di rocker polacchi dimostra che l’esperienza nel circuito underground è tanta e fa la differenza, i brani mantengono un approccio pesante, il groove è presente ma non così fondamentale come nelle molte realtà odierne.
Il singer Paweł Małaszyński risulta una convincente via di mezzo tra Glenn Danzig e Layne Staley e, di conseguenza, il sound si specchia in quello dei due gruppi di appartenenza dei due singer citati.
Grunge e hard rock oscuro, attraversato da una demoniaca anima blues, questo troverete tra le trame di Swans And Lions e delle sue dodici tracce, che hanno bisogno di qualche attenzione in più rispetto al rock moderno e groove di moda oggi, ma che regalano buoni spunti, specialmente quando il sound si sposta deciso sul versante gotico/alternativo dei Danzig.
Cori pellerossa (Beautiful Destroyers, …And Lions), atmosfere che imprigionano Alice in catene (Crystal), rock che si specchia nelle pozze formatesi con la pioggia di Seattle ( Tick Tack Toe, Storn) formano un buon esempio di rock duro ispirato all’ultimo decennio del secolo scorso e confermano i Cochise come una buona alternativa alle realtà provenienti dai soliti circuiti musicali.

Tracklist
1.16
2.Crystal
3.Newerland
4.Tick Tack Toe
5.Beautiful Destroyers
6.Pain Of God
7.Winter
8.Control
9.Storn
10.Swans…
11. …And Lions
12. Secrets

Line-up
Paweł Małaszyński – vocal
Wojtek Napora – guitar
Radek Jasiński – bass guitar
Adam Galewski – drums

COCHISE – Facebook

Charlotte In Cage – Times Of Anger

L’album coinvolge con la sua altalena tra i generi e le ispirazioni che hanno portato le Charlotte In Cage alla realizzazione di questa raccolta di brani, sicuramente consigliati agli amanti dei suoni alternativi ma che potrebbero risultare soddisfacenti anche a chi è abituato a musica più estrema.

Non è poi così semplice convogliare in un unico sound alternative metal, atmosfere gothic e reminiscenze post grunge, perché la sfida potrebbe risultare più difficile del previsto ed il flop è dietro l’angolo.

Le Charlotte In Cage, gruppo nostrano tutto al femminile, in arrivo con il debutto Times of Anger su Sliptrick Records, ci sono riuscite creando un proprio suono che accoglie tra le sue trame di tutto un po’ da questi generi, con puntate nel metal estremo dettate dal growl che appare come un’anima nera quando la tensione sale alta e rabbiosa.
La band, nata a Salerno tre anni fa, ha già avuto diversi avvicendamenti nella line up che ad oggi vede Marianna Forino (chitarra), Susanna Angelino (basso e responsabile del growl) e Annalisa Barra alla batteria.
L’album parte alla grande con due brani che affondano le radici nel metal/rock degli anni novanta: Liar e I Hate Myself sono la perfetta sintesi di quello che le Charlotte In Cage suonano, accomunando sotto lo stesso tetto stilistico Hole, Nymphs, Kittie e Sentenced.
Times of Anger vive in questo labile equilibrio di stili con tutta l’attitudine da riot girl delle musiciste campane, cantrici delle problematiche delle donne con una raccolta di brani che non lasciano trasparire cali di tensione, anche quando i suoni si fanno più pacati e vicini all’alternative gothic rock (Dionysus).
Con la sua intensa mezz’ora scarsa di durata, l’album coinvolge con la sua altalena tra i generi e le ispirazioni che hanno portato le Charlotte In Cage alla realizzazione di questa raccolta di brani, sicuramente consigliati agli amanti dei suoni alternativi ma che potrebbero risultare soddisfacenti anche a chi è abituato a musica più estrema.

Tracklist
01. Liar
02. I Hate Myself
03. Yours Faithfully
04. Dionysus
05. 13 Years Old
06. Times Of Anger
07. Monster I Became
08. The Plastic Beast

Line-up
Marianna Forino – guitar
Susanna Angelino – bass/back vocals
Annalisa Barra – drums
Antonella Della Monica – Vocals

CHARLOTTE IN CAGE – Facebook

Stone Broken – Ain’t Always Easy

Il sound del gruppo inglese è quanto di più radiofonico e melodico si possa trovare in giro nel genere, come se si fosse al cospetto di Nickelback che sappiano ancora graffiare, con il groove ad accompagnare song dall’impatto melodico esagerato e dall’enorme potenziale.

Gli inglesi Stone Broken sono un quartetto in arrivo da Walsall, attivo dal 2013 e con un primo album autoprodotto uscito tre anni dopo ed intitolato All In Time.

Negli ultimi tempi Chris Davis, Rich Moss, Robyn Haycock e Kieron Conroy hanno firmato un contratto con Spinefarm/Universal Music e licenziano il nuovo album, Ain’t Always Easy, composto da undici brani anticipati dal singolo Worth Fighting For, brano che parla del delicato tema degli abusi domestici.
Il sound del gruppo inglese è quanto di più radiofonico e melodico si possa trovare in giro nel genere, come se si fosse al cospetto di Nickelback che sappiano ancora graffiare, con il groove ad accompagnare song dall’impatto melodico esagerato e dall’enorme potenziale.
Il primo singolo e video apre l’album, esplosivo e grintoso risulta perfetto per rompere il ghiaccio ed entrare con una spallata nel mondo di Ain’t Always Easy, seguito da Let Me See It All, dal groove micidiale dall’irresistibile refrain.
Da qui in poi i ritmi perdono leggermente potenza e l’album prende una strada melodica non del tutto inaspettata, con Follow Me e Otherside Of Me che riprendono qualche riff più duro delle prime tracce senza però far male.
Un album che una volta sarebbe stato venduto come post grunge, termine che non va più di moda ma che descrive il sound proposto dagli Stone Broken, risposta inglese alla band che di Chad Kroeger.

Tracklist
1.Worth Fighting For
2.Let Me See It All
3.Heartbeat Away
4.Home
5.Follow Me
6.I Believe
7.Doesn’t Matter
8.Anyone
9.Just a Memory
10.Other Side of Me
11.The Only Thing I Need

Line-up
Rich Moss – Vocals, Guitar
Chris Davis – Guitar, Vocals
Kieron Conroy – Bass
Robyn Haycock – Drums, Vocals

STONE BROKEN – Facebook

Solaris – L’ Orizzonte Degli Eventi

Ristampa del primo lavoro dei romagnoli Solaris che fanno uno stoner rock desertico in italiano, votato all’occulto e alla metafisica.

Ristampa del primo lavoro dei romagnoli Solaris che fanno uno stoner rock desertico in italiano, votato all’occulto e alla metafisica.

Il suono che ci propongono i ragazzi romagnoli è un qualcosa che nasce nello stoner ma soprattutto nell’innovativa tradizione di gruppi italiani come i Timoria ed i Ritmo Tribale, anche se il tutto è profondamente frutto del gruppo. I Solaris sono anche un’ottima sintesi di quanto di meglio ci sia stato negli ultimi venti anni in un certo sottobosco musicale italiano. Questo ep è stato appunto ristampato in un’edizione limitata di 200 copie, grazie al buon successo avuto nella prima edizione. L’ascolto infatti è molto piacevole, il suono è ipnotico ed incalzante, come se fosse un trip lisergico in mezzo ad una terra molto calda, e il cantato in italiano valorizza enormemente il tutto. I testi parlano di storie viste attraverso un velo mitico, ma anche una lontananza molto vicina, e hanno bisogno della loro musica per essere capiti. A livello compositivo il lavoro è notevole, e e lo si sente in ogni frangente, e la musica si sposa benissimo con le parole. I Solaris non sono affatto un gruppo comune, questo ep lo grida ed è un’altra prova che a cercarlo abbiamo un underground unico in Italia, solo che a volte è più facile cercare altri prodotti in giro di minore qualità. Dentro questo ep c’è anche tanto sentimento, tanta voglia di vedere il leviatano per capire fino in fondo, senza fermarsi ad apparenze digitali. C’è un gusto di antico in questo disco, di pagano e di forte come l’odore dei boschi. Ascoltateli e fatevi un’idea, non vi stancherete di questo ep.

Tracklist
1.Luna
2.Nottetempo
3.Erode
4.Leviatano
5.Specchio

Line-up
Alberto Casadei
Paride Placuzzi
Lorenzo Bartoli
Alan Casali

SOLARIS – Facebook

Hangarvain – Roots And Returns

Roots And Returns segna un cambio di direzione, lasciando le strade dell’alternative rock del bellissimo Freaks e riavvicinandosi in qualche modo al magnifico Best Ride Horse, continuando a recuperare suoni, ispirazioni ed atmosfere del rock americano classico ed inglobando nel sound elementi riconducibili al southern rock, al blues e soprattutto al rhythm and blues.

Alessandro Liccardo e Sergio Toledo Mosca hanno alzato la saracinesca dietro la quale la loro cinquecento riposava da un paio d’anni, hanno ricaricato la batteria, gonfiato le gomme, lubrificato per bene il motore e sono pronti per tornare a viaggiare in lungo ed in largo per lo stivale e non solo, accompagnati da Francesco Sacco e Mirkko De Maio, fida sezione ritmica di quella macchina rock’n’roll chiamata Hangarvain.

I musicisti napoletani nel frattempo hanno riversato le loro energie in progetti importanti come la Volcano Records & Promotions, label che in poco tempo è diventata un punto di riferimento per il rock underground tricolore e per la quale esce questo nuovo lavoro di sei brani (cinque inediti più la cover di I Heard It Through The Grapevine di Marvin Gaye) che rappresenta una sorta di nuovo inizio per una delle realtà più importanti nate nella nostra penisola per quanto riguarda il genere.
Roots And Returns segna un cambio di direzione, lasciando le strade dell’alternative rock del bellissimo Freaks e riavvicinandosi in qualche modo al magnifico Best Ride Horse, ma a pochi metri la cinquecento scala marcia e passa oltre, andando a recuperare suoni, ispirazioni ed atmosfere del rock americano classico ed inglobando nel sound elementi riconducibili al southern rock, al blues e soprattutto al rhythm and blues.
Il riff che funge da miccia al candelotto rock’n’roll che farà esplodere la title track è quanto di più southern troverete in giro, richiamando i Lynyrd Skynyrd di God & Guns: un inizio che sorprende ed esalta, a cui fa seguito il mid tempo Apple Body, con l’anima blues che si impossessa delle dita di un Liccardo in forma smagliante alla sei corde.
Si può sicuramente considerare un lavoro di transizione questo Roots And Returns, ma è indubbio che l’approccio più classico alle composizioni renda ulteriormente personale il sound dei “nuovi” Hangarvain, splendidi interpreti del rock americano con l’irresistibile refrain di Love Is Calling Out e Give Me An Answer.
The River travolge con un ritmo hard blues forsennato, il chorus in sede live farà più vittime dell’influenza e gli Hangarvain in questa sede tornano per un attimo all’appeal del precedente lavoro.
La già citata cover chiude questo album con un groove micidiale e la piccola automobile è ormai sulla strada, tornata libera di portare i quattro musicisti nostrani ovunque si faccia del rock sanguigno, irriverente e maledettamente sporcato di rhythm and blues: bentornati Hangarvain.

Tracklist
1. Roots And Returns
2. Apple Body
3. Love Is Calling Out
4. Give Me An Answer
5. The River
6. I Head It Through The Grapevine

Line-up
Sergio Toledo Mosca – Lead Vocals
Alessandro Liccardo – Guitars, Backing Vocals
Francesco Sacco – Bass
Mirkko De Maio – Drums

HANGARVAIN – Facebook