Beesus – Sgt. Beesus And The Lonely Ass Gangbang

Sgt. Beesus And The Lonely Ass Gangbang è un disco dalle mille sfaccettature, possiede un amplissimo respiro vitale, e riporterà indietro ai fasti degli anni novanta, quando questo noise bastardo ha sfornato opere molto particolari, con i Beesus che non avrebbero sfigurato nemmeno allora.

I Beesus sono un gruppo che suona un noise grunge con attitudine punk hardcore, ed il risultato è molto buono e vario, come si usava fare ai tempi dei dischi dei Primus o compagnia rumoreggiante.

Il bello di questo disco è il suo essere sinuoso, totalmente musicale ed immediato, anche se ha soluzioni sonore davvero originali e di altro livello. I Beesus non suonano solo per stupire con repentini cambi di genere o di tempo, ma fanno musica per generare sensazioni, e lo fanno in maniera zappiana, portando l’ascoltatore su di un livello lisergico e di piacere, dove la percezione cambia e si amplia. I riferimenti musicali sono moltissimi, da Zappa appunto ai Beastie Boys, ma il tutto è molto Beesus. Il gruppo ci porta in un territorio caleidoscopico, che cambia come in un viaggio psichedelico, ma non c’è tanto di questo ultimo genere, quanto una musicalità molto pronunciata che si espande ad ogni ascolto, tanto da far diventare davvero difficile eleggere un genere prevalente, e non sarebbe nemmeno giusto farlo. Il presente disco è stato scritto e prodotto soprattutto in tour, dopo l’uscita di Rise Of The Beesus, e quindi riporta molta della caoticità che viene introdotta anche dal titolo. L’uscita è stata possibile grazie alla campagna di raccolta fondi fatta su Pledgemusic, e bisogna dire che gli ascoltatori ci hanno visto molto bene, premiando gli sforzi di un grande gruppo. Sgt. Beesus And The Lonely Ass Gangbang è un disco dalle mille sfaccettature, possiede un amplissimo respiro vitale, e riporterà indietro ai fasti degli anni novanta, quando questo noise bastardo ha sfornato opere molto particolari, con i Beesus che non avrebbero sfigurato nemmeno allora.

Tracklist
1.Intro
2.El Dude
3.Dubblegum Boom Metla
4.Ñuña Y Freña
5.Reichl
6.I Don’t Wanna Be
7.Junk Around
8.Beaux
9.Outro

Line-up
Jaco – Vocals
Pootchie – Guitars/Vocals
Johnny – Bass
Mudd – Drums/Vocals

BEESUS – Facebook

Pryapisme – Epic Loon OST

Sono più pazzi i Pryapisme o quelli che, elaborando un nuovo video game da lanciare sul mercato, hanno pensato di affidare loro la composizione della soundtrack?

Sono più pazzi i Pryapisme o quelli che, elaborando un nuovo video game da lanciare sul mercato, hanno pensato di affidare loro la composizione della soundtrack?

Un quesito destinato a restare irrisolto, visto che anche chi ascolta periodicamente le bizzarre espressioni musicali della band francese non è che se la passi benissimo in quanto a sanità mentale: del resto in occasione del loro ultimo album, per così dire “normale”, mi ero trovato a citare tra le varie pulsioni che ne animavano il sound l’utilizzo di passaggi davvero molto simili a quelli dei primi giochi per Pc degli anni ’90, per cui nonostante l’elevato rischio di essere trascinati nel gorgo del fallimento preconizzato per sé stessi dai cinque disturbatori, quelli dei Macrales Studio sono voluti andare fino in fondo per vedere cosa sarebbe successo.
Quindi i nostri hanno elaborato una trentina di brani (dai titoli insensati quanto esilaranti) della durata oscillante tra i due ed i tre minuti, distribuendoli su due cd affidandone la diffusione alle sapienti mani di Jehan Fillat della Apathia Records.
Ovviamente, se già il contenuto dei precedenti lavori dei Pryapisme era un emblema di geniale schizofrenia musicale, figuriamoci cosa può essere scaturito da un occasione particolare come questa: del resto qui, se si vogliono fare le pulci ai nostri, non abbiamo neppure la scusa dell’inesistenza della forma canzone, dato che per forza di cose non viene neppure richiesta.
Nonostante (o forse grazie a) tali premesse, la follia dei Pryapisme trova quasi una sua sublimazione, anche se mi riesce difficile pensare a qualcuno che possa ascoltare un tale frullato di musica in maniera disgiunta dalle immagini del video game.
Il risultato è che, benché sia da qualche era geologica che non mi piazzo più davanti al computer per cimentarmi in un videogioco, mi sta venendo una voglia insopprimibile di comperare Epic Loon solo per potervi giocare accompagnato dalla musica dei Pryapisme, consapevole del fatto che smetterei solo quando l’essere dominante della casa, il gatto, salirà sulla tastiera interrompendo il gioco facendomi regredire al primo livello (a livello mentale la regressione a livello più basso è già avvenuta da tempo…).

Tracklist:
1.Epic Loon Theme
2.In space, no one can hear you make yourself a sandwich
3.Nostromo cryo system : fresh ice cream guaranteed !
4.An S.O.S from LV426 takes 6M years to reach Belgium
5.Acheron, the Calpamos moon, is also the name of our cat
6.Xenomorphs are just big chickens after all
7.For the smile of a child with a dolphin t-shirt
8.Evil nutshells with hay fever vs all people named Renee
9.Did prehistoric giraffes wear long ties ?
10.It’s way too hot to drink rustproof engine oil
11.The best vacuum cleaners were produced during the Cenozoic era
12.Tyrannosaure+Châlet/7=Taupiniere-(n/Saumon)²
13.Damned raptors !
14.Programming naughty pictograms in Python
15.Epic Boss Theme
16.Un quadrilobe à palmette fleurdelysé, ça a du chien
17.Even in the Carpathians, taking a train is still faster than riding a ghoul
18.What would Chester Copperpot have to say about this ?
19.A quantum mirror may generate self-petrified gorgons
20.Tidal energy through a rat’s perspective
21.Cette année, on anticipe les mites avec un inhibiteur de la pompe à proton
22.Fishermen’s villages usually hide ninjas
23.Luckily, reptiles use condoms. Phew ! No chlamydia this time…
24.Bubbles will be crapped in glue over Tokyo’s harbour
25.Muzzle, snout, fire, muzzle
26.Death by uranium hexafluoride
27.Mullet haircut Grand finale
28.Score Theme Extended (Bonus Track)
29.Epi the Clown (Bonus Track)

Line-up:
Nicolas Sénac: Guitars
Antony Miranda: Bass, Moog, Guitars
Ben Bardiaux: Keyboards
Aymeric Thomas: Drums, Percussions, Keyboards, Electronic
Nils Cheville: Guitars, Keyboards

PRYAPISME – Facebook

Arca Progjet – Arca Progjet

Come quella che migliaia d’anni fa galleggiò per lungo tempo sulle acque che ricoprirono la terra, la nuova e più moderna arca ci porterà verso la salvezza cullati dalla musica, un rock progressivo dall’alto tasso melodico, raffinato ed elegante, creato da una manciata di musicisti dall’esperienza invidiabile.

Chi ci salverà questa volta dalla distruzione prima di una nuova rinascita, se non un’arca spaziale?

E come quella che migliaia d’anni fa galleggiò per lungo tempo sulle acque che ricoprirono la terra, la nuova e più moderna arca ci porterà verso la salvezza cullati dalla musica, un rock progressivo dall’alto tasso melodico, raffinato ed elegante creato da una manciata di musicisti dall’esperienza invidiabile.
La band chiamata Arca Progjet nasce a Torino da un’idea di Alex Jorio ( Elektradrive) e Gregorio Verdun al basso e tastiere, a cui si aggiungono Sergio Toya alla voce, Carlo Maccaferri alla chitarra e Filippo Dagasso alle tastiere e programmazioni.
Con l’aiuto di ospiti d’eccezione come Mauro Pagani (PFM – Premiata Forneria Marconi), Gigi Venegoni e Arturo Vitale (Arti & Mestieri), il gruppo parte per un viaggio nello spazio nel quali si amalgamano il progressive tradizionale, ovviamente ispirato alla scena tricolore, e sonorità più moderne come quelle scritte da Arjen Anthony Lucassen per i lavori firmati Ayreon.
Da qui si parte per questa esplorazione alla ricerca di un mondo nuovo, con il suo carico di musica da tramandare a chi darà nuova linfa vitale per un futuro quanto mai incerto.
Ma l’atmosfera ariosa di brani progressivamente melodici come l’opener Arca o la splendida Metamorfosi riempiono di luminosa speranza questo nuova avventura con l’arca, che continua il suo viaggio tra spettacolari tappeti che i tasti d’avorio creano tra cambi di tempo e ricami progressivi dal taglio settantiano.
Modernità e tradizione sono il tesoro che ritroviamo in Sulla Verticale, traccia che sottolinea la tecnica invidiabile dei protagonisti senza che si perda un briciolo di fluidità nell’ascolto e lasciando che l’hard rock raffinato e melodico di Cielo Nero, la sontuosa Pozzanghere di Cielo e le armonie acustiche della conclusiva Aqua (bonus track della versione in cd), confermino questo riuscito connubio tra hard rock melodico e progressive.
Cantato interamente in italiano, Arca Progjet risulta un opera affascinante e spettacolare: speriamo che l’Arca in futuro continui il suo viaggio e che i cinque capitani al comando ci raccontino ancora delle sue avventure nello spazio.

Tracklist
01. Arca
02. Metà Morfosi
03. Requiend
04. Battito D’Ali
05. Sulla Verticale
06. Neanderthal
07. Cielo Nero
08. Delta Randevouz
09. Un. Inverso
10. Pozzanghere Di Cielo
11. Aqua (Cd Bonus Track)

Line-up
Sergio Toya – Vocals
Gregorio Verdun – Bass
Carlo Maccaferri – Guitar
Alex Jorio – Drums
Filippo Dagasso – Keys, Programmings

ARCA PROGJET – Facebook

BlackHoleDream – The Brightside Vol. II

The Brightside Vol. II è un album piacevolmente solare ed elettrizzante, fatto di rock moderno e radiofonico nella sua forma migliore.

La Volcano Records fa il botto con i BlackHoleDream, band proveniente da Alessandria ed in possesso di un sound dal potenziale altissimo.

The Brightside Vol.II segue di due anni il primo capitolo, nonché debutto sulla lunga distanza, che ha portato il quintetto piemontese ad avere molti riscontri positivi oltre confine e alla possibilità di aprire per i Limp Bizkit al carroponte di Milano.
Di rock si tratta, moderno e radiofonico tanto basta per imprimersi nelle teste dei giovani rockers europei, pregno di refrain dall’appeal esagerato incastonato in belle canzoni, dal tasso melodico molto alto ma senza rinunciare ad una sana dose di grinta.
Non siamo davanti a chissà quale esempio di originalità, anzi l’album è perfetto nei suoi umori che portano alla mente decine di realtà che hanno ispirato i BlackHoleDream, ma il talento per creare bombe rock facilmente memorizzabili e piacevolmente ruffiane portano ad un giudizio positivo sull’operato dei cinque ragazzi piemontesi.
D’altronde, se dall’opener Better Off Dead, passando per l’irresistibile flavour alla Offspring di Bad Girl, l’irriverenza metal/rock di The Game e il refrain super melodico di All That You Want, l’album non scende di intensità e fluidità neanche per una nota, il plauso va tutto ai cinque ragazzi che con il monicker BlackHoleDream hanno dato vita ad un lavoro che non ha nulla da invidiare ai gruppi internazionali di passaggio sui canali satellitari o su Virgin Radio.
The Brightside Vol. II è un album piacevolmente solare ed elettrizzante, fatto di rock moderno e radiofonico nella sua forma migliore.

Tracklist
1.Better off dead
2.Bad girl
3.Compromises
4.The game
5.Wrong direction
6.Black & blue
7.All that you want
8.21 Oceans
9.Before it’s too late
10.Aisaka

Line-up
Riccardo Saliceto – Guitar & Vocals
Biagio Totaro – Guitar & Vocals
Andrés Oliveros – Guitar
Edoardo Poggio – Bass
Mattia Caci – Drums

BLACK HOLE DREAM – Facebook

Methedrine – Built For Speed

Built For Speed è composto da quattro brani sparati in faccia tra attitudine hardcore e stile motorheadiano, per un sound che, se trova ovviamente le sue radici negli anni ottanta, non manca di dire la sua anche di questi tempi.

I Methedrine (monicker che ricorda una delle sostanze preferite da Lemmy e Johnny Cash) sono la nuova band di vecchie volpi della scena punk/hardcore tricolore (Lou e Bone, attivi dai primi anni ottanta con gli Upset Noise e Mark dei Tytus).

Built For Speed è il loro debutto,quattro brani sparati in faccia tra attitudine hardcore e stile motorheadiano, per un sound che, se trova ovviamente le sue radici negli anni ottanta, non manca di dire la sua anche di questi tempi.
Raggiunti da Trampax alla sei corde e Chainsaw al basso, la band ci travolge, diretta e maleducata come se il tempo si fosse fermato; carichi come sveglie attaccate a letali candelotti di dinamite, iMethedrine partono con la quinta inserita e non si fermano più, sconvolgenti nelle ritmiche indiavolate, urgenti e devastanti nelle ripartenze dal piglio che tanto sa di rock’n’roll di YouPorn Generation e War Machine.
Nove minuti, d’altronde il genere concede tanto in pochissimo tempo, di puro ed elettrizzante punk/hardcore/metal tripallico e distruttivo come un ordigno in un negozio di cristalli.

Tracklist
1.YouPorn Generation
2.Alpha Loser
3.Dirty Harry
4.War Machine

Line-up
Lou – Vocals
Trampax – Guitar
Mark – Guitar
Chainsaw – Bass
Bone – Drums

METHEDRINE – Facebook

JOHN MALKOVITCH! – The Irresistible New Cult of Selenium

Un ottimo post rock ambient di provincia, sembrerebbe facile ma non lo è affatto.

Gruppo di musica post rock e ambient di larghissimo respiro da Pontecane, frazione del comune umbro di Fratta Todino in provincia di Perugia, conferma vivente che la provincia è molto più creativa della città.

Questo è il loro disco di debutto, quattro tracce che arrivano direttamente dalle loro lunghe jam, e si sente chiaramente che questi ragazzi sono per davvero amanti della musica. La loro è un post rock ambient molto cinematografico, con tanti riverberi e una calma imperante che assume significati diversi a seconda della necessità e dell’umore compositivo. Si viaggia bene in questo disco, per chi ama un certo tipo di musica, totalmente alieno sia dal termine commerciale che da quello alternativo. La musica dei John Malkovitch! è un luogo mentale, un posto non tanto di comfort quanto di vita dei pensieri, qui nascono forme, si vedono luci e si sta bene. Questa musica aiuta il pensiero, è cerebralmente feconda e molto piacevole, invita alla calma e alla riflessione. La produzione è buona e mette in risalto le doti del gruppo; nei meandri delle loro canzoni ci si perde davvero, ed è bello condividere in questa maniera movimenti musicali da saletta. I pontecanesi non si inventano nulla, ma quello che suonano lo fanno bene e lasciano un buon sapore nelle nostre orecchie. Un ottimo post rock ambient di provincia, sembrerebbe facile ma non lo è affatto.

Tracklist
1.Darker Underneath The Surface
2.Twice In A Moment, Once In A Lifetime
3.Zenit
4.Nadir

JOHN MALKOVITCH! – Facebook

Tracy Grave – Sleazy Future

Con una vera e propria band alle spalle il rocker italiano trova nuove energie e dà alle stampe un album intenso, tra hard rock suonato sui marciapiedi bagnati dalla pioggia a graffianti esempi di street metal sbattuti sul viso degli astanti, dando sfogo a tutta l’attitudine di un mondo dato per morto migliaia di volte e sempre risorto, per la gioia di chi la gloriosa scena ottantiana l’ha vissuta sulla propria pelle.

Si torna a respirare aria di Sunset Boulevard con il nuovo album di Tracy Grave, cantante che dello street/sleazy rock è uno dei massimi esponenti nel nostro paese, affermazione che trova conferma dopo l’ascolto del nuovo album, Sleazy Future, licenziato dalla sempre più presente Volcano Records, ormai da considerare come una delle migliori label che lavorano sul nostro territorio in ambito rock/metal.

Da quasi vent’anni nella scena rock underground, prima come frontman di varie cover band, poi con la sua carriera solista iniziata nel 2015, Tracy torna con questo ottimo lavoro ed una band nuova di zecca, nata dal sodalizio con il chitarrista e compositore Mark Shovel e raggiunti dal basso di Nekro Viper, dalla chitarra ritmica di Enea Grave e dalla batteria di Hurricane John.
Con una vera e propria band alle spalle il rocker italiano trova nuove energie e dà alle stampe un album intenso, tra hard rock suonato sui marciapiedi bagnati dalla pioggia a graffianti esempi di street metal sbattuti sul viso degli astanti, dando sfogo a tutta l’attitudine di un mondo dato per morto migliaia di volte e sempre risorto, per la gioia di chi la gloriosa scena ottantiana l’ha vissuta sulla propria pelle.
E Sleazy Future è pregno di atmosfere che arrivano come flash da quegli anni, anche se come suggerisce il titolo la band lo porta verso il futuro, con la voce da ruvido rocker di Tracy, che alterna graffiante impatto street a sentite interpretazioni su power ballad che ricordano il suono gracchiante delle radio rock incollate al cruscotto di vecchie auto, impolverate dai chilometri consumati alla ricerca di un sogno chiamato rock’n’roll.
E fin dall’opener, nonché primo singolo estratto da Sleazy Future, Cemetery Sin, il mondo di Tracy Grave e le atmosfere stradaiole ci investono alternando graffianti brani tra L.A. Guns e Faster Pussycat a ballate che ricordano il migliore Jon Bon Jovi.
Ottima la prova dei musicisti, con uno Shovel che ci delizia con solos metallici che strappano cuori sotto ai giubbotti di pelle dei rockers, ed un motore ritmico che spara cartucce sleazy/street rock letali.
Una raccolta di brani che non trova imperfezioni nel genere con una manciata di hit come Dirty Rain, Dancing On The Sunset, la super ballata Make You Feel The Pain e Over The Top, terzo scatenato singolo che ci accompagna  presentandoci questo splendido album targato Tracy Grave.
Sleazy Future è sicuramente il lavoro migliore e la massima espressione del credo musicale del musicista nostrano fino ad oggi, ed è caldamente consigliato agli amanti di queste sonorità.

Tracklist
1.Cemetery Sin
2.Dirty Rain
3.Without Scars
4.Dancing On The Sunset
5.Freedom Without Rules
6.Make You Fell the Pain
7.My Last Goodbye
8.Over The Top
9.Pice Of Horizon
10.Return (Back In My Hands)

Line-up
Tracy Grave – Vocals
Mark Shovel – Guitars
Enea Grave – Guitars
Nekro Viper – Bass Guitars
Hurricane John – Drums

TRACY GRAVE – Facebook

Snei Ap – (In)sane Minds

I cinque brani presentati dalla band emiliana non possono che essere altrettante scariche di adrenalina, perfetti nei chorus facilmente memorizzabili come il genere impone, ma ai quali non manca una rabbiosa grinta di stampo street rock.

Cinque brani all’insegna del rock’n’roll, moderno potente e dal piglio hard rock.

Il nuovo ep delle Snei Ap, band di rocker emiliane partite nel 2011 come rock’n’roll band tutta al femminile, ed ora raggiunte da un maschietto (Damage) alla sei corde, parla la lingua del rock duro e lo fa senza timori reverenziali verso act più famosi ed internazionali.
Tre brani originali, più due ri-registrati per l’occasione, ci presentano un gruppo scatenato, intrigante e diretto, con un sound che deflagra dagli altoparlanti ed un tiro a tratti irresistibile.
Un primo ep viene seguito dal full length Sick Society, un tour da headliner nel Regno Unito e qualche assestamento in formazione che ha visto, oltre al cambio alla chitarra, l’arrivo della singer Angie The Lioness Prati, un’iradiddio dietro al microfono.
Con queste premesse, i cinque brani presentati dalla band emiliana non possono che essere altrettante scariche di adrenalina, perfetti nei chorus facilmente memorizzabili come il genere impone, ma ai quali non manca una rabbiosa grinta di stampo street rock, in un sound che mantiene il suo approccio ribelle e moderno.
Menti insane sono il segreto per suonare rock’n’roll irriverente, sfacciato e tripallico come nell’opener Bullet, nell’atmosfera lasciva di ObSEXion e nella super hit Monster Hill.
Snei Ap è una band di cui sentiremo ancora parlare, specialmente ora che ci ha messo lo zampino l’attivissima Volcano Records, label che  sempre più sinonimo di qualità nella scena hard rock e metal nazionale.

Tracklist
1.Bullet
2.ObSEXion
3.I Love You When I’m Drunk
4.Monster Hill
5.Lucifer

Line-up
Angie The Lioness Prati – voice
Adil Damage Bnouhania –  guitar
Valeria Goz Trevisan – bass
Sonia Wild Ghirelli – drums

SNEI AP – Facebook

BlindCat – Shockwave

I BlindCat sono stati per il sottoscritto un’autentica sorpresa, il loro sound è quanto di più irresistibile e sanguigno si possa trovare in giro nel genere, quindi non perdetevi questo gioiellino hard rock.

E’ attiva dal 2012 questa sensazionale band nostrana, originaria di Taranto e al secondo lavoro dopo il debutto intitolato Black Liquid, che tante soddisfazioni ha portato ai BlindCat in questi ultimi anni.

Un gatto magari non vedente ma che, quando ingrana la marcia e comincia a suonare, difficilmente lascia indifferenti; il gruppo è guidato dal cantante Gianbattista Recchia, più che un gatto una iena, comunque un vero animale rock che risulta una via di mezzo tra Layne Staley e Zakk Wylde.
Domenico Gallo (chitarra) macina riff su riff e la coppia Emanuele Rizzi (batteria) e Pietro Laneve (basso) forma una sezione ritmica portentosa e groovy quel tanto che basta per dare a Shockwave un tocco moderno, tale da non apparire  datato o, come va di moda oggigiorno affermare, vintage.
One Life mette subito le cose in chiaro, il peloso delinquente dalla poca vista ma dall’orecchio fino ne ha per tutti e graffia lasciandoci in balia di una serie di brani adrenalinici, potentissimi ed irresistibili come Laughin’ Devil e soprattutto Stars And Sunset, un crescendo di potenza hard rock seguito da una Until (The Light Of The Day Comes) che aggiusta di varia di poco le coordinate quel tanto che basta per liberare Alice dalle catene e coinvolgerla in un ballo sfrenato.
La band si concede una pausa solo alla settima traccia, un intermezzo acustico che porta alla title track, un altro crescendo di tensione che esplode in una serie di riff mastodontici e ci prepara al finale, con la più intimista What Is Hell e Son And Daughter, cover dei Queen ed esplosiva conclusione di questo bellissimo e roccioso lavoro.
I BlindCat sono stati per il sottoscritto un’autentica sorpresa, il loro sound è quanto di più irresistibile e sanguigno si possa trovare in giro nel genere, quindi non perdetevi questo gioiellino hard rock.

Tracklist
1 One Life
2 Laughin’ Devil
3 Stars And Sunset
4 Until (the Light Of The Day Comes)
5 The Black Knight
6 Nothing Is Forever
7 Rising Moon (instrumental)
8 Shockwave
9 What Is Hell
10 Son And Daughter

Line-up
Gianbattista Recchia – Vocals
Domenico Gallo – Guitars
Emanuele Rizzi – Drums
Pietro Laneve – Bass

BLIND CAT – Facebook

Aurora Borealis – Goodbye

Con il monicker Aurora Borealis, Déhà va ad esplorare territori ambient che confluiscono poi in un post rock delicato ed emozionante, quello che ogni appassionato vorrebbe sempre ascoltare.

Può un musicista muoversi incessantemente tra generi apparentemente antitetici tra loro offrendo sempre e comunque opere di livello superiore alla media ?

La risposta è si, specialmente se ci si chiama Déhà, un nome che ormai è sinonimo della capacità innata di unire un’irrequietezza ed un’iperattivita compositiva ad una qualità che stupisce ogni volta di più.
Con il monicker Aurora Borealis il musicista belga va ad esplorare territori ambient che confluiscono poi in un post rock delicato ed emozionante, quello che ogni appassionato vorrebbe sempre ascoltare ma che, stranamente, la maggior parte degli altri musicisti riesce a proporre con tale maestria solo a intermittenza.
In virtù di un talento pressoché infinito, Déhà propone poco meno di tre quarti d’ora di melodie splendide e di stupefacente profondità, nel senso che non ci si stufa mai di ascoltarle e soprattutto, non appaiono mai stucchevoli.
Nel prime due parti di Goodbye (racchiuse in un unico brano), che se non ho inteso male dovrebbero essere state composte qualche tempo prima rispetto al restante contenuto dell’album, salta subito all’orecchio quello che è l’influsso primario di chi si cimenta con musica che a che fare con l’ambient, quel Brian Eno del quale vengono evocate note pianistiche che ricordano un capolavoro come By This River, e un lampo di memoria mi fa ricordare che uno dei geni indiscussi della musica contemporanea, seppure di nazionalità inglese, è di madre belga, cosa che di fatto è ininfluente ma che mi piace ritenere non del tutto casuale.
Non so questo imprinting iniziale sia consapevole o meno, fatto sta che man mano che l’album procede le atmosfere più corpose ed atmosferiche del post rock divengono preponderanti rispetto alle rarefazioni dell’ambient, rispettando in qualche modo anche la progressione temporale delle composizioni che sembrano farsi via via più robuste arrivando alle più recenti e conclusive Sun Up e Sun Down, alle quali si giunge però per gradi, con le parti più recenti di Goodbye che, in precedenza, hanno reso un po’ meno sognante l’incedere di un album in  possesso un afflato melodico difficilmente riscontrabile altrove.
Un album solo strumentale corre seriamente il rischio di annoiare dopo una ventina di minuti, ma se ti chiami Déhà tutto ciò non può accadere, perché ovunque si muova il musicista belga le cose scontate e banali sono bandite, ed ogni ascoltatore, qualsiasi possa essere il genere che predilige, ad ogni sua uscita ne resterà sempre e comunque appagato. E questo non è da tutti …

Tracklist:
1.Goodbye (1 & 2)
2.Goodbye (3)
3.Goodbye (4)
4.Goodbye (5)
5.Sun up – Lights
6.Sun down – Lights

Line-up:
Déhà

Déhà – Facebook

Out In Style – Broken Dreams

Una certa maniera di fare punk degli anni novanta non è passata inosservata dalle nuove generazioni, e si può ben affermare che un gruppo come gli Out In Style avrebbero fatto una gran figura anche negli anni d’oro del genere.

Pop punk di alta qualità, melodico e veloce come deve essere per questo gruppo internazionale, che è diviso fra Canada e Brasile, e hanno inciso in Italia al Titan’s Lab di Ferrara.

La qualità è molto alta, il gruppo brasiliano (chiamiamolo così per facilità ), sa benissimo dove andare e lo fa con decisione e stile riprendendo il loro nome. Le composizioni delle tracce sono in pieno stile pop punk anni novanta, per cui nessun accordo mollo o batteria quasi inesistente come usa nel pop punk moderno, qui la batteria è quasi sempre in doppia cassa, e le chitarre assieme al basso vanno a mille, e tutto il gruppo gira benissimo. Una certa maniera di fare punk degli anni novanta non è passata inosservata dalle nuove generazioni, e si può ben affermare che un gruppo come gli Out In Style avrebbero fatto una gran figura anche negli anni d’oro del genere. Broken Dreams è un disco molto bello e divertente anche quando parla di cose non piacevoli, e non sono poche in questo disco. La disillusione che porta a fare sbagli ancora maggiori, anche la bottiglia che può peggiorare il tutto, ma per gli Out In Style giustamente c’è ancora speranza. La rabbia e la voglia di divertirsi possono essere due sentimenti in contrasto che però guidano a fare cose buone. Il disco giusto per chi ama il pop punk fatto bene come lo fanno questi ragazzi da Curitiba in questo bel lavoro, che non fa gridare al miracolo ma fa cantare tutti i ritornelli e non è affatto poco.

Tracklist
1. Looking for you
2. Straight and fast
3. Dreaming
4. Ellie
5. Lucid Dream
6. Glass
7. Just before dawn
8. Dead end
9. Interlude
10. O’Brein
11. Your smile
12. Blindfolded
13. Drinking in hell
14. The great perhaps

Line-up
João Xavier : vocals/bass
Marlos Andrews : guitar
Ricardo Niemicz : drums

OUT IN STYLE – Facebook

Asino – Amore

Un sound che sposa l’attitudine punk con l’elettricità noise e i testi in italiano, per sette brani che formano un concentrato di suoni dissonanti, dall’approccio indie rock ma con la forza espressa che si avvicina al metal alternativo.

Amore è il terzo lavoro di questo duo toscano chiamato Asino e formato da Giacomo “Jah” Ferrari (voce, batteria) e Orsomaria Arrighi (voce, chitarra).

L’album chiude una trilogia iniziata nel 2012 con Crudo e proseguita con l’EP Muffa due anni dopo e che ha portato i due musicisti toscani in giro per il nostro paese ad incendiare palchi con il loro rock, molto originale, scarno ed essenziale.
Il sound sposa l’attitudine punk con l’elettricità noise e i testi in italiano, per sette brani che formano un concentrato di suoni dissonanti, dall’approccio indie rock ma con la forza espressa che si avvicina al metal alternativo: chitarra e batteria, voci che intonano testi irriverenti ed ironici, basi che si avvicinano a campionamenti industriali e rendono la proposta diretta come una serie di sette pugni allo stomaco, rock nella sua forma più grezza e sempre alla ricerca di uno spunto originale nelle atmosfere caotiche di tracce come Sentirsi Male, Offensivo o la conclusiva Trenita.
Difficile fare nomi per rendere più facile l’approccio ad Amore, forse le più indicative in tal senso sono proprio quelle delle note di presentazione dell’album: “pensate agli White Stripes senza il blues, pensate ai Tweak Bird senza lo stoner, pensate agli Zeus! senza il metal, pensate ai Lightning Bolt senza una maschera, pensate a Simon & Garfunkel senza una mano”.

Tracklist
1.Sentirsi Male
2.Enorme
3.Umberto Space Echo
4.Orsomariah Curry
5.Offensivo
6.Schiaphpho Dve
7.Trenita

Line-up
Orsomaria Arrighi – Vocals, Guitars
Giacomo Jah Ferrari – Drums

ASINO – Facebook

IN-SIDE – OUT-SIDE

OUT-SIDE è un lavoro che vorremmo non finisse mai più, un arcobaleno di note melodiche che lascia senza fiato e che si rivela imperdibile per i fans dell’aor, ai quali consiglio di lasciarsi rapire dall’opera di una band che ha talento da vendere.

Non capita spesso di questi tempi un lavoro italiano incentrato sull’ hard rock melodico di stampo ottantiano, forse perché il nostro paese non è l’America né la Scandinavia e neppure il Giappone, terre da sempre molto più ricettive per il genere.

L’Andromeda Relix imprime il suo marchio su questo bellissimo lavoro targato IN-SIDE, gruppo di Torino capitanato dal tastierista Saal Richmond e che vede dietro al microfono il singer Beppe Jago Careddu, vecchia conoscenza della nostra webzine (Madwork, Burning Rome) e cantante dalle mille risorse, che siano dark, estreme o, come in questo caso, melodiche.
La voce profonda e molto interpretativa del cantante (che a tratti ricorda un Brian Ferry in versione hard rock) accompagna sei brani più intro di una bellezza disarmante, pomposi, melodici, dal piglio statunitense e legati in modo indissolubile agli anni ottanta.
Mid tempo strutturati su tastiere che ci travolgono con cascate di note, mentre la chitarra ci strappa il cuore con solos eleganti, il tutto valorizzato da un talento per la melodia sorprendente, fanno di OUT-SIDE un gioiellino melodico imperdibile per i fans del genere, mentre si respira aria intrisa di profumi del litorale californiano in brani come The Signs Of Time o The Running Man.
Block 4 è un mid tempo di raffinato aor dal taglio ombroso, nel quale la voce raggiunge livelli interpretativi notevoli, così come in Break Down l’anima progressiva della band valorizza un brano bellissimo ed emozionante.
Lie To Me conclude un lavoro che vorremmo non finisse mai più, un arcobaleno di note melodiche che lascia senza fiato e che si rivela imperdibile per i fans dell’aor, ai quali consiglio di lasciarsi rapire dall’opera di una band che ha talento da vendere.

Tracklist
1.The Gate
2.The Signs OF Time
3.The Running Man
4.Block 4
5.I’m Not A Machine
6.Break Down
7.Lie To Me

Line-up
Jago – Vocals
Saal Richmond – Keyboards / Synthesizers / Programming / Vocals
Dave Grandieri – Keyboards / Synthesizers / Programming / Backing Vocals
Simone “Mono” Bertagnoli – Guitars
Abramo De Cillis – Guitars / Backing Vocals
PJ Philip – Bass / Backing Vocals
Marzio Francone – Sound Engineering / Drums

IN-SIDE – Facebook

Paolo Carraro Band – Newborn

Assolutamente priva di inutili diavolerie tecniche fine a se stesse, la musica contenuta in Newborn non stanca ed è consigliata anche a chi non stravede per i lavori strumentali e per i maestri delle sei corde, proprio per la sua notevole fluidità e per la cura alla forma canzone che il gruppo non perde mai di vista.

Inizia con il pianto di un neonato questo viaggio musicale nel mondo di Paolo Carraro e la sua band, una strada da percorerre con la mente libera facendo proprie tutte le influenze che il sound di questi cinque brani ci consegnano.

Un rock strumentale attraversato da una vena heavy prog è quello che ci presenta questo quintetto capitanato da chi gli dà il nome, chitarrista vicentino con un percorso che negli anni lo ha portato a confrontarsi in vari concorsi nazionali, a dare vita un primo ep (You’d Better Run) e tornare con la Paolo Carraro Band con questo ottimo lavoro intitolato Newborn e con l’Atomic Stuff ad occuparsi della promozione.
I cinque brani proposti coprono almeno una quarantina d’anni di musica rock, partendo dal progressive e dall’hard rock anni classico di ispirazione settantiana, al più diretto heavy metal per sfiorare accenni blues e metal prog.
Assolutamente priva di inutili diavolerie tecniche fine a se stesse, la musica contenuta in Newborn non stanca ed è consigliata anche a chi non stravede per i lavori strumentali e per i maestri delle sei corde, proprio per la sua notevole fluidità e per la cura alla forma canzone che il gruppo non perde mai di vista.
La band si diverte e fa divertire seguendo uno spartito colorato di note progressive, ma che non dimentica il rock nella sua forma più pura e bluesy, come nella spettacolare ed hendrixiana Expetions o nella divertente Prog’n’roll, un brano tirato e sfacciatamente rock’n’roll , ma con una verve progressiva che scatena il gruppo, in una ipotetica jam tra Chuck Berry e John Petrucci.
Ancora grande musica blues con Blue Jay River e la più hard & heavy Beck In Town, brano che chiude l’album in un crescendo di scale ipertecniche, su un tappeto di ritmiche groove rock da trattenere il fiato.
Una gradita sorpresa, quindi,  questa band che con Newborn ci consegna uno dei lavori strumentali più belli sentiti ultimamente.

Tracklist
01. Introduction 1257
02. Exeptions
03. Prog’n’Roll
04. Blue Jay River
05. Beck in Town

Line-up
Paolo Carraro – Guitar
Daniele Asnicar – Guitar
Federico Saggin – Bass
Federico Kim Marino – Drums

PAOLO CARRARO – Facebook

AA.VV. – Prigionieri 1988/2018

In download e streaming gratuito sui canali del Ghigo Renzulli Fan Collaborative, questa sorta di compilation celebrativa, oltre ad essere un tributo alla storica band è un modo riuscito ed originale per tornare a respirare le atmosfere di uno dei lavori più rappresentativi del rock italiano, consigliato non solo ai fans dei Litfiba, ma soprattutto ai giovani ascoltatori che del gruppo ignorano le produzioni ottantiane.

Sono passati trent’anni da Litfiba 3 e il Ghigo Renzulli Fan Collaborative, come già per Desaparecido (30 Desaparecido) ed il capolavoro 17Re (trent’anni di 17Re), dedica una compilation tributo al terzo album della trilogia del potere che i Litfiba scrissero tra 1l 1985 ed il 1988, anno di uscita del bellissimo ed ultimo capitolo.

Con la formazione storica ancora intatta (oltre a Ghigo Renzulli e Piero Pelù, Antonio Aiazzi alle tastiere, Gianni Maroccolo al basso e Ringo De Palma alle pelli) ma con la strada musicale del gruppo che sta per arrivare al crocicchio dove lascerà le ombrose atmosfere dark/wave degli esordi per un approccio molto più rock e commerciale, Litfiba3 risulta un album vario che alterna rock graffiante a bellissime e liquide composizioni legate alla new wave, ancora nelle corde dei fans del rock anni ottanta, ma da li a pochi anni scavalcata dalle sonorità del decennio successivo a cui anche i nostri si dedicheranno.
Prigionieri (che in origine doveva essere il titolo dell’album, poi accantonato per Litfiba3) è prodotto da Davide Forgetta con la collaborazione di Roberto Bruno in qualità di direttore artistico, vede al mastering il prezioso lavoro di Fabrizio Simoncioni e l’artwork realizzato da Claudio Serra, co-fondatore del Ghigo Renzulli Fan Collaborative.
Un album molto esplicito e dai temi socio/politici importanti come Litfiba 3 viene reinterpretato dagli artisti che si danno il cambio sui brani che hanno fatto la storia del rock italiano con ottima personalità, quindi non ci si devono aspettare mere cover copia incolla, ma una matura rivisitazione che soggioga a proprio piacimento il sound di cui si componeva l’opera.
L’opener Santiago, affidata ai Capitolo 21 perde le sfumature da “barricate” per un’attitudine più elettronica, mentre i Junkie Dildoz imprimono una notevole carica metal al rock’n’roll di Amigo.
La splendida Lousiana è valorizzata dall’interpretazione di Daniele Tarchiani in una rivisitazione che tanto sa di U2, mentre Ci Sei Solo Tu è lasciata agli Estetica Noir.
Altro brano clou di Litifba 3 (la “parigina” Paname) trova nuova vita nelle note elettro/dance dei Lip’s Aroma e i Røsenkreütz se la vedono con l’atmosfera intimista e dark di Cuore Di Vetro, mentre la diretta Tex, in mano ai Cani Bagnati, rimane un pugno rock in pieno volto.
Peste degli Elysa Jeph, in versione trip rock, lascia agli ultimi due brani (Corri, cantata da Alteria, e Bambino nella versione dei MnemoS) il compito di chiudere questa nuova versione dell’album che all’epoca chiuse definitivamente la prima fase della carriera del Litfiba i quali, da li a poco erano destinati a diventare il gruppo rock italiano più famoso del decennio successivo.
In download e streaming gratuito sui canali del Ghigo Renzulli Fan Collaborative, questa sorta di compilation celebrativa, oltre ad essere un tributo alla storica band è un modo riuscito ed originale per tornare a respirare le atmosfere di uno dei lavori più rappresentativi del rock italiano, consigliato non solo ai fans dei Litfiba, ma soprattutto ai giovani ascoltatori che del gruppo ignorano le produzioni ottantiane.

Tracklist
1.Santiago – Capitolo 21
2.Amigo – Junkie Dildoz
3.Louisiana – Daniele Tarchiani
4.Ci Sei Solo Tu – Estetica Noir
5. Paname – Lip’s Aroma
6. Cuore Di Vetro – Røsenkreütz
7. Tex – Cani Bagnati
8. Peste – Elyza Jepth
9. Corri – Alteria
10. Bambino – MnemoS

GHIGO RENZULLI FAN COLLABORATIVE – Facebook

 

Thelema – Thelema

Il sound dei genovesi Thelema è un hard rock che alterna parti più dirette e metalliche ad altre ispirate alla tradizione progressiva tricolore, risultando un buon ibrido tra rock e metal classico.

Di questi tempi, con il mondo del web diventato nostro malgrado un’appendice importante della nostra vita, la comunicazione diventa essenziale per far conoscere il proprio prodotto (di qualsiasi natura esso sia); nella musica poi, con le centinaia di band che ogni giorno si presentano sul mercato, il presentarsi in modo completo risulta fondamentale.

I Thelema per esempio lasciano a poche righe la presentazione del loro omonimo debutto, di loro sappiamo che girano intorno al chitarrista/compositore Simone Filippo Canepa e alla voce della cantante Beatrice Fioravanti.
Il sound dei genovesi è un hard rock che alterna parti più dirette e metalliche ad altre ispirate alla tradizione progressiva tricolore, risultando un buon ibrido tra rock e metal classico.
La Fioravanti è una singer dai toni che ispirano immagini dark, la chitarra di Canepa firma l’album con le sue ritmiche hard rock ed i suoi solos tra classic metal e progressive, composto da otto brani piacevoli.
Ottime le atmosfere dark di The Crow, l’inno It’s Only Rock, la ballad progressiva Claire e la danza sabbatica ispirata di My Memory Of Banshee, mentre The End chiude l’album e risulta l’unico brano cantato dal chitarrista ligure.
Con una produzione più pulita le tracce avrebbero convinto ancora di più, ma rimane un dettaglio su cui si potrà lavorare già dal prossimo lavoro, per ora i Thelema passano l’esame del debutto con un esordio più che sufficiente.

Tracklist
1.Season Of Love
2.The Crow
3.Lethal Assault
4.Eirenomis
5.It’s Only Rock
6.Claire
7.My Memory Of Banshee
8.The End

Line-up
Simone Filippo Canepa – Guitars, Vocals
Beatrice Fioravanti- Vocals

THELEMA – Facebook

Arya – Dreamwars

Una musica che è interpretazione e drammatica teatralità, con i brani che formano una suite alienante ma suo modo originale, soprattutto in un genere come quello del rock progressivo moderno dove ormai diventa difficilissimo trovare strade musicali non ancora battute.

Album coraggioso e di difficile catalogazione, Dreamwars è il secondo lavoro degli Arya, band riminese al debutto nel 2015 con In Distant Oceans e tornata dunque dopo tre anni con un’opera intrigante, ma a cui ci si deve dedicare molto tempo prima che i suoni che inglobano nello stesso sound post rock e progressive riescano a fare breccia nell’ascoltatore.

Ritmiche marziali, marcette, la teatralità innata nel canto particolare della singer Virginia Bertozzi (uscita poi dalla band e sostituita da Clara J. Pagliero), una tecnica sopraffina che esce timida dalle nebbie di una musica intimista ed a suo modo dark, fanno di questo Dreamwars una complessa narrazione delle difficoltà dell’uomo, tra solitudine, incomunicabilità e suicidio, conseguenze della competitività in atto nella società contemporanea.
Quello degli Arya è un rock moderno, attraversato da una vena progressiva, un fiume di ritmiche e dissonanze strumentali su cui la cantante interpreta i vari stadi che l’uomo attraversa in questo inferno reale che è la vita.
Una musica che è interpretazione e drammatica teatralità, con i brani che formano una suite alienante ma suo modo originale, soprattutto in un genere come quello del rock progressivo moderno dove ormai diventa difficilissimo trovare strade musicali non ancora battute.
Gli Arya ci sono riusciti, anche se il loro album rimane un’opera di difficile assimilazione e per questo molto affascinante, adatto a chi non si spaventa al cospetto di brani intricati più per la loro atmosfera di altissima tensione emotiva che per la mera tecnica strumentale.
Non esistono singoli e brani che possano spiegare in modo soddisfacente quello che troverete in Dreamwars, un album da ascoltare per intero più volte per trovare la chiave che vi aprirà la porta per entrare nel concept degli Arya.

Tracklist
01. Sirens
02. Irriverence
03. NAND you
04. Commuters
05. Faith
06. Transistors
07. Arjuna
08. Rhinos
09. Eyes in eyes
10. Dreamwars
11. Gandharva

Line-up
Virginia Bertozzi – Vocals
Simone Succi – Guitars
Luca Pasini – Guitars
Namig Musayev – Bass
Alessandro Crociati – Drums
*Nicola Renzi – Vocals on NAND You

ARYA – Facebook

Pino Scotto – Eye For An Eye

Eye For An Eye è un lavoro arcigno e graffiante, fatto di hard’n’heavy duro e puro, con Pino che torna all’idioma inglese e si circonda di vecchi amici con Dario Bucca al basso e Marco Di Salvia alle pelli e il grande Steve Angarthal che, oltre a suonare la chitarra, riveste il ruolo di coautore ed arrangiatore dei brani presenti sull’album.

Pino Scotto torna in questa primavera 2018 e lo fa come se il tempo e tutte le avventure e le collaborazioni che lo hanno visto protagonista nell’ ultimo ventennio fossero state spazzate via da una tempesta magnetica che fa scorrere il tempo a ritroso fino ai gloriosi anni ottanta, quando l’hard & heavy classico e dalle reminiscenze blues era al suo massimo splendore.

D’altronde, il carismatico cantante è senza ombra di dubbio l’unica vera icona del rock tricolore, e quei temi li ha vissuti in prima persona, in principio con i Pulsar e poi con gli ormai leggendari Vanadium, ancora oggi probabilmente la band più conosciuta fuori dai confini nazionali, parlando di heavy metal e hard rock (e non me ne vogliano le molte e bravissime realtà odierne).
Un nuovo album targato Pino Scotto è quindi da considerare un evento in una scena che, aldilà dell’ottima qualità di cui si può fregiare negli ultimi anni, fatica a trovare un minimo di considerazione in un paese sempre più lontano dalla cultura rock e metal e in tempi nei quali anche la musica è ormai considerata una mera cornice alle nefandezze che riempiono il web.
Eye For An Eye è un lavoro arcigno e graffiante, fatto di hard’n’heavy duro e puro, con Pino che torna all’idioma inglese e si circonda di vecchi amici con Dario Bucca al basso e Marco Di Salvia alle pelli e il grande Steve Angarthal che, oltre a suonare la chitarra, riveste il ruolo di coautore ed arrangiatore dei brani presenti sull’album.
Con la partecipazione come ospite del bluesman Fabio Treves all’armonica, Eye For An Eye è stato registrato all’Asgardh Music Studio di Milano da Steve Angarthal, e mixato e masterizzato da Tommy Talamanca (Sadist) ai Nadir Music Studios di Genova per un risultato a dir poco straordinario, ovvero un album dal taglio internazionale che esalta con il ritorno al sound che ha reso famoso Pino Scotto.
Quasi un’ora di grande hard’n’heavy, quindi, animato da una vena blues marchio di fabbrica del rocker, una prestazione all’altezza dei musicisti coinvolti, con un Angarthal che dimostra ancora una volta il suo talento facendo piangere la sua sei corde, tra solos heavy metal che alzano la temperatura e sanguigni passaggi nei quali la mera grinta lascia spazio all’emozione provocata da un sound forgiato sul delta del grande fiume americano.
La title track, One Against The Other, la diretta Two Guns, le ballate heavy/blues Angel Of Mercy e Wise Man Tale, il rock blues di One Way Out che odora di palude limacciose, alternano classic metal, hard rock e blues in un uno scontro tra tradizione britannica e statunitense, ma con la bandiera tricolore che sventola fiera, almeno questa volta, sullo spartito di queste undici canzoni …. ancora una volta merito di Pino Scotto, e non è una novità.

Tracklist
1.Eye for an Eye
2.The One
3.One Against the Other
4.Two Guns
5.Cage of Mind
6.Crashing Tonight
7.Angel of Mercy
8.Looking for the Way
9.Wise Man Tale
10.There’s Only One Way to Rock
11.One Way Out

Line-up
Pino Scotto – Vocals
Steve Angarthal – Guitars
Marco Di Salvia – Drums
Dario Bucca – Bass

PINO SCOTTO – Facebook

Crone – Godspeed

Godspeed è un buonissimo disco, tutto da godersi anche per la sua orecchiabilità, a patto di non farsi condizionare dal fatto che vi è coinvolto l’autore di Sun; fatta questa necessaria operazione, l’ascolto fluirà più naturale e soddisfacente.

Ritrovare Phil Jonas “sG”, leader dei Secrets of the Moon, alle prese con un progetto progressive avrebbe potuto sorprendere diversi anni fa, ma di sicuro ciò non accade oggi, alla luce dell’evoluzione che nell’ultimo decennio ha visto la sua band principale evolvere da un black metal già di suo inquieto fino ad una forma che, almeno a livello di intenzioni, non e poi così lontana da quanto offerto con i Crone, a cui nome del resto era già uscito un primi album nel 2014.

In ogni caso, non avendo idea di quali siano le mosse previste per il prossimo lavoro dei Secrets of the Moon, credo che comunque il musicista tedesco abbia fatto bene fin da subito a riversare in un differente contenitore pulsioni che comunque non hanno alcun richiamo al metal.
L’operazione riesce in virtù del talento innato del nostro e della sua spalla musicale in tale frangente, Markus Renzenbrink (Embedded), anche se le brillanti intuizioni che hanno reso Sun uno dei dischi migliori degli ultimi anni qui vengono edulcorate, lasciando spazio ad un rock che alterna passaggi più malinconici e soffusi in quota Katatonia e affini ad altri più nervosi che costituiscono un ideale trait d’union tra i Secrets of the Moon ed i Crone.
Tra questi ultimi spicca senz’altro una traccia come Leviathan’s Lifework, dotata non solo di un buon tiro ma anche di ottimi passaggi chitarristici e nel complesso di linee melodiche più decisamente memorizzabili, mentre le più morbide e melodiche The Ptilonist, Mother Crone (un hard rock radiofonico con un testo splendido) e la conclusiva e lunga title track scorrono via leggere ma lasciando sensazioni oltremodo gradevoli.
Va detto che l’album, benché non sia un concept vero e proprio, a livello lirico tratta di argomenti tutt’altro che divertenti raccontando ogni volta di morti avvenute in circostanze particolari, alcune drammatiche (vedi il suicidio di un padre con la sua bambina in Mother Crone o il ben noto ritrovamento del piccolo profugo siriano sulla spiaggia turca di Bodrum in The Perfect Army),  altre a modo loro grottesche (l’esplosione accidentale di chi stava evidentemente preparando una attentato, in Leviathan’s Lifework, o quella del pioniere del paracadutismo Franz Reichelt avvenuta lanciandosi dalla Torre Eiffel, in The Ptilonist), il tutto però ammantato da sonorità tutt’altro che drammatiche ma semmai appena velate di malinconia.
Godspeed è un buonissimo disco, tutto da godersi anche per la sua orecchiabilità, a patto di non farsi condizionare dal fatto che vi è coinvolto l’autore di Sun; fatta questa necessaria operazione, l’ascolto fluirà più naturale e soddisfacente.

Tracklist:
1. Lucider Valentine
2. The Ptilonist
3. Mother Crone
4. The Perfect Army
5. Leviathan’s Lifework
6. H
7. Demmin
8. Godspeed

Line-up:
Pascal Heemann – Guitars / Vocals
Markus Renzenbrink – Drums / Guitars / Vocals
Phil “s G” Jonas – Vocals / Guitars
Daniel Meier – Bass Guitars / Vocals
Guest:
Job “Phenex” Bos – Keyboards / Organs

CRONE – Facebook