Sacro Ordine Dei Cavalieri di Parsifal – Heavy Metal Thunderpicking

Heavy Metal Thunderpicking è un album pensato e suonato per gli amanti dell’heavy metal tradizionale, magari con qualche capello bianco sulla rada chioma ed il chiodo da anni ormai piegato nel baule in soffitta.

Arriva al debutto sulla lunga distanza tramite la Sliptrick la storica band goriziana Sacro Ordine Dei cavalieri di Parsifal, monicker che risveglia antiche leggende e l’istinto metallico degli appassionati meno giovani.

Attivo dall’alba del nuovo millennio per volere del cantante Paolo Fumis e del chitarrista Carlo Venuti, il gruppo dopo il primo demo licenziato nel 2005 ed un live uscito dieci anni dopo, a seguito di un lungo stop e vari cambi di line up, dà alle stampe questo buon lavoro di heavy metal old school, ispirato alla scena del decennio ottantiano ed in particolare alla New Wave Of British Heavy Metal: un heavy metal tradizionale, epico ed evocativo che riprende la tradizione britannica, senza dimenticare la lezione impartita dai Manowar, specialmente nei brani dove le atmosfere si fanno più epiche come in Tears Of Light.
Si torna indietro nel tempo con Heavy Metal Thunderpicking, le spade lucidate dagli scudieri brillano sul campo di battaglia prima di essere sporcate dal sangue di gloriosi cavalieri, e l’heavy metal trionfa, duro e puro come se tutti questi anni non fossero mai passato, in una bolla temporale dove primi Iron Maiden, Saxon, Manowar, Balck Sabbath e Dio, fossero ancora gli unici custodi del Sacro Graal della musica metal.
La produzione, che segue l’atmosfera retrò dell’opera, accentua l’attitudine old school dei vari brani che hanno in Ace Of Clubs, Fate’s Embrance e Stripes On The Sand sono le tracce più marcatamente sabbathiane dell’album, in un clima di scontri eroici ed evocative atmosfere epiche.
Heavy Metal Thunderpicking è un album pensato e suonato per gli amanti dell’heavy metal tradizionale, magari con qualche capello bianco sulla rada chioma ed il chiodo da anni ormai piegato nel baule in soffitta.

Tracklist
01. Intro
02. Ace Of Clubs
03. Fate’s Embrance
04. Earthshaker
05. Tears Of Light
06. Four Kings
07. Endless Worm
08. Stripes On The Sand
09. The Blood Of Your Roots

Line-up
Paolo Fumis – Vocals
Carlo Venuti – Guitar
Davide Olivieri – Guitar
Luca Komavli – Drums
Claudio Livera – Bass

SACRO ORDINE DEI CAVALIERI DI PARSIFAL – Facebook

Dimmu Borgir – Eonian

Se prendiamo Eonian come disco in sé si può tranquillamente affermare che sia un buon esempio di symphonic black death con forti intarsi di musica classica.

Decimo disco per gli amatissimi o odiatissimi norvegesi Dimmu Borgir, ed è un’opera che ha avuto una lunghissima gestazione, essendo uscito sette anni dopo Abrahadabra.

Tanto tempo è passato in mezzo a molti problemi, molti cambi di formazione, l’abbandono di Mustis e Ics Vortex, con tutte le polemiche e problematiche legati a questi avvenimenti. Come sempre però arriva la musica e tutto si sistema. Eonian è un album che non sposta di molto il discorso musicale portato avanti fin dal 1993 da questi norvegesi, ma amplifica la parte sinfonica e melodica non perdendo però in potenza. I Dimmu Borgir sono cambiati rispetto agli esordi, ora sono un po’ meno veloci e hanno acquisito maggiore solennità e anche una maggiore inquietudine di fondo, poiché il suono è diventato più da incubo. Se prendiamo Eonian come disco in sé si può tranquillamente affermare che sia un buon esempio di symphonic black death con forti intarsi di musica classica. Ovviamente essendo dei Dimmu Borgir dividerà sempre il pubblico fra chi li ama e chi li odia per gli eccessi sonori e la poca finezza .
Questo ultimo disco non dirà la parola definitiva sui Dimmu Borgir, ma li continuerà a far apprezzare ai loro fans e ne conquisterà di nuovi perché possiede un innovazione del loro suono, quasi un cercare di legare la loro visione musicale al metal moderno, senza però venirne snaturati. Ad esempio, un elemento molto importante di Eonian sono i cori, che aggiungono davvero una grande intensità, soprattutto quando si intersecano con le tastiere ed il resto del gruppo. Un disco dalla gestazione sofferta ma che ripaga l’attesa, e che soddisferà molti palati diversi. I mondi descritti da questo disco sono in qualche altra dimensione rispetto alla nostra, e gli antichi guardiani ci guardano. Per chi cerca qualcosa di diverso dai Dimmu Borgir questo non è il posto adatto. Mentre chi li ama o vuol sentire un symphonic black death di spessore, qui c’è tutto.

Tracklist
1. The Unveiling
2. Interdimensional Summit
3. ÆTheric
4. Council of Wolves and Snakes
5. The Empyrean Phoenix
6. Lightbringer
7. I Am Sovereign
8. Archaic Correspondence
9. Alpha Aeon Omega
10. Rite of Passage

Line-up
Shagrath – vocals
Silenoz – guitars
Galder – guitars

Current live line-up:
Daray – drums
Gerlioz (Brat) – keys

DIMMU BORGIR – Facebook

Ulfhednar – Mortaliter

La proposta degli Ulfhednar è per lo più aspra e diretta, ma non è affatto monotematica in quanto presenta più di un passaggio a suo modo ricercato, volto a spezzare la furia che sovente traspare dall’incedere di un sound che finisce per attingere anche dal death, dall’hardcore e dal doom.

Ulfhednar è il monicker scelto da questi ragazzi romani per esprimere la loro interessante idea di black metal.

In realtà il gruppo aveva mosso i primi passi con il nome Delirium Tremens, ma opportunamente è sopraggiunta la scelta di optare per un qualcosa di più peculiare (visto la sovrabbondanza di band con la stessa denominazione) ed attinente con tematiche che si discostano dalle consuetudini del genere.
Il black degli Ulfhednar ha comunque connotazioni di chiara derivazione scandinava, ma al di là dell’aspetto prettamente musicale ciò non avviene tramite l’enunciazione di temi antireligiosi o satanisti, non di rado proposti maniera dozzinale, bensì attraverso l’espressione di un senso di caducità dell’esistenza che individua nella vita il vero e proprio nemico che, metaforicamente, viene combattuto dall’Ulfhednar, figura della mitologia norrena.
La proposta della band capitolina è per lo più aspra e diretta, ma non è affatto monotematica in quanto presenta più di un passaggio a suo modo ricercato, volto a spezzare la furia che sovente traspare dall’incedere di un sound che finisce per attingere anche dal death e dall’hardcore, quando le accelerazioni divengono parossistiche, ed al doom nei passaggi ovviamente più rallentati e riflessivi.
Degli Ulfhednar colpiscono favorevolmente la voglia di espandere il raggio d’azione senza smarrire la potenza dell’impatto, provando a variare anche a livello lirico con il ricorso a tre lingue differenti come l’italiano, il latino e l’inglese.
Una produzione ruspante, ma sufficientemente nitida, consente di ascoltare senza difficoltà Mortaliter e di godersi le peculiarità di una prova che trae forza dalla propria essenzialità ed urgenza espressiva: Fredda Pietra è il brano che maggiormente colpisce per un’intensità che si sposa al meglio con la ruvidezza del tessuto musicale, ma nel complesso tutto l’album si mantiene su un buon livello medio.
Chiaramente gli Ulfhednar hanno ancora diversi margini di miglioramento, perché ci sono tutte le potenzialità per ripulire un po’ il suono senza necessariamente snaturarlo, oltre che inserire con maggiore fluidità, all’interno delle sfuriate a tutta velocità, quei passaggi più ragionati che conferiscono al tutto un tocco di varietà e di peculiarità.
Mortaliter si rivela quindi una prova ben più che incoraggiante per i bravi Ulfhednar.

Tracklist:
1. Mortaliter
2. Aes Inferni
3. In Tenebra Noctis
4. Void
5. Fredda Pietra
6. In Nomine Cuius
7. Rulers of Darkness
8. Alea
9. Addicted to Tragedy

Line-up:
Eclipsis – Vocals
Hevn – Guitars, Lyrics, Songwriting
Dmitryus – Bass
Cerberus – Drums

Guests:
Heliogabalus – lyrics on “Mortaliter”
Dario La Montagna – keyboards

ULFHEDNAR – Facebook

THE BORING DEATH

Il video di Punk Love.

Il video di Punk Love.

https://www.youtube.com/watch?v=gPMvYmetKcY

The Boring Death – band torinese fondata nel 2011 e composta da Alessio (voce e chitarra), Andrea (batteria) e Laura (basso e cori) – sono felici di annunciare l’uscita del nuovo video “Punk Love”

I protagonisti del video, interamente girato con la tecnica dello stop motion, sono tre personaggi d’eccezione e, cioè, tre scheletri in miniatura con tanto di microfoni, amplificatori e strumenti (inclusa una batteria ricavata da parti di altri scheletri, cani scheletrici e tanto altro).

Il video è accompagnato dal pezzo “Punk Love” veloce, graffiante e cattivo, proprio come la storia letale a cui si riferisce ed è legato all’uscita dell’omonimo EP dove la band sperimenta diverse versioni (punk love, dance love, folk love, classic love).

The Boring Death – an italian band formed in 2011 and featuring Alessio (lead voice and guitar), Andrea (drums) and Laura (bass and vocals) – are glad to announce the new video “Punk Love”

This video is totally shot in stop motion technique and performed by three particular characters…three small skeletons equipped with microphones, amplifiers and instruments (included spectacular drums made of skeletons parts, skeleton dogs and so much more).

The song “Punk Love” is fast, biting and naughty as the evil story that inspired the lyrics and it matches with the band’s new EP of the same name, presenting different versions of the song (punk love, dance love, folk love, classic love).

Sodomized Cadaver – Verses Of Vorarephilia

I due ep uniti formano un gran bell’esempio di estremismo sonoro certamente ancorato alla tradizione, ma senza rinunciare ad una certa personalità.

Si entra nel fabbricato abbandonato dove il puzzo di morte e urina è forte quanto la sensazione di terrore profondo e glaciale ci paralizza gli arti inferiori al cospetto dello scempio di corpi di cui si sono resi protagonisti i Sodomized Cadaver, brutal death metal band proveniente dal Regno Unito.

Verses Of Vorarephilia non è un nuovo album, ma una compilation che racchiude i due mini cd fin qui registrati (Vorarephilia del 2014 e Verses Of Putridity licenziato due anni dopo) dal gruppo e che nella nuova veste formano un brutale esempio di death metal suonato molto bene e dalle ottime idee.
I Sodomizer Cadaver passano dal death metal old school al brutal, inglobando nella loro musica sprazzi tastieristici, outro di cori gregoriani e tanta tecnica mai fine a se stessa.
Ovvio che il genere è quello e blast beat, furia cieca, growl che farebbero scappare un killer seriale, sono il pane con cui la band accompagna il pasto cannibale, mentre i tempi medi offrono un accenno di respiro alla travolgente furia con cui i Sodomizer Cadaver si accaniscono sulle loro vittime.
Questa è una band interessante, che ha diviso i palchi con molti nomi altisonanti della scena brutal/grind/death metal come Brutal Truth, Cattle Decapitation, Exhumed,Cryptopsy e Malevolent Creation, e che oggi si prepara a tornare con il primo vero full length.
Se vi siete incuriositi cercatevi questa raccolta, potrebbere diventare il miglior modo per aspettare buone nuove dalla band.

Tracklist
1. Sodomized Intro
2. Cannibal Butcher
3. Torture
4. Tribunal Savagery
5. Visceral Shredder
6. Weapons of Mass Decomposition
7. Sodomized Outro
8. Skull Fracture Massacre
9. Half Dead Burial
10. Martyrdom
11. Vile Intercourse
12. Vampire of Düsseldorf
13. Rapid Guttural Disfigurement
14. Raped by Ebola

Line-up
Gavin Davies – Drums
Charlie Rogers – Bass
Ollie Jones – Vocals
Ryan Howes – Guitar

SODOMIZED CADAVER – Facebook

Dogmathica – Start Becoming Nothing

Il genere suonato porta inevitabilmente a paragoni con i nomi di punta (Meshuggah, Pantera), ma in Start Becoming Nothing c’è la personalità necessaria per concentrarsi solo su quello che ascolta dopo aver premuto il tasto play.

Le scene rock/metal underground sviluppatesi nelle nostre isole maggiori sono fucine di realtà che non mancano di regalare soddisfazioni, almeno per chi si lascia affascinare dai suoni del sottobosco tricolore.

Lo scorso anno, per esempio, vi avevamo parlato del bellissimo The Day We Shut Down The Sun del combo sardo chiamato The Blacktones, dal quale provengono Sergio Boi e Gianni Farci, rispettivamente chitarra e basso pure nei Dogmathica, band che ha una storia iniziata nel lontano 2006 ma che affonda le sue radici anni prima, nelle vicende musicali dei L’Ego.
Dopo molte vicissitudini legate principalmente alla line up, la band con Alessandro castellano alle pelli (Acts of Tragedy), Stefano Pilloni al microfono e Matteo Spiga alla chitarra, trova quella stabilità necessaria per rimettersi al lavoro e terminare questo muro di groove/thrash metal chiamato Start Becoming Nothing.
Otto cannonate claustrofobiche e dissonanti esasperano il concetto di groove metal, otto colpi inferti senza pietà, rabbiosi e monolitici, valorizzati da un lavoro ritmico enorme e da un’attitudine senza compromessi, portano al compimento di un’opera a suo modo estrema, dove tutto funziona chirurgicamente.
La band, con un impatto invidiabile, porta a compimento la sua missione conferendo una ai brani quella rabbiosa violenza che è pane del genere, tenendo per le briglie il sound, imprigionato e fatto sfogare con devastanti uragani thrash metal.
Chanel N°0, la title track, Screaming In The Darkness, Hatred, mettono in mostra una band che all’impatto aggiunge quell’esperienza necessaria per usare le proprie capacità tecniche senza finire negli intricati labirinti del genere, mantenendo un tasso di violenza ed impatto altissimo.
Il genere suonato porta inevitabilmente a paragoni con i nomi di punta (Meshuggah, Pantera), ma in Start Becoming Nothing c’è la personalità necessaria per concentrarsi solo su quello che ascolta dopo aver premuto il tasto play.

Tracklist
1.Praghma
2.Chanel N° 0
3.Decadancers
4.Start Becoming Nothing
5.Rise Up
6.Screaming In The Darkness
7.Hatred
8.Burnum

Line-up
Stefano Pilloni – Voice
Sergio Boi – Guitar
Matteo Spiga – Guitar
Gianni Farci – Bass
Alessandro Castellano – Drums

DOGMATHICA – Facebook

Pennywise – Never Gonna Die

I Pennywise sono uno dei gruppi migliori del punk rock, o hardcore melodico qual dir si voglia, e come altre band di una certa età regalano una prova impeccabile e molto ben bilanciata, sicuramente una delle grandi uscite di questi ultimi tempi nel genere.

Venticinquesimo disco nella lunga carriera dei californiani Pennywise e non si vede ancora la fine per questa band, ormai leggendaria.

Never Gonna Die è una chiara dichiarazione di intenti fin dal titolo, ed è un disco potente e che contiene tutto il talento ed il mestiere del gruppo, che riporta sempre sui solchi la carica e la cattiveria che ha dal vivo. Il disco mostra anche lati musicali dei Pennywise che sono meno noti, come una maggiore complessità delle canzoni, e la capacità di cambiare registro musicale più volte all’interno della stessa canzone. Il suono è quello classico dei Pennywise, ma testimonia la loro bravura e soprattutto la loro capacità di fare dischi diversi al contrario di come dicono molti. I Pennywise sono uno dei gruppi migliori del punk rock, o hardcore melodico qual dir si voglia, e come altre band di una certa età regalano una prova impeccabile e molto ben bilanciata, sicuramente una delle grandi uscite di questi ultimi tempi nel genere. Never Gonna Die è pieno di ottime canzoni, possiede uno grande spirito e ha dentro ancora tantissima rabbia. Oltre al desiderio di suonare e di girare per il mondo i Pennywise hanno ancora tantissima rabbia dentro, che è il loro motore primo e lo si può sentire molto bene: le canzoni sono rabbiose anche perché più passano gli anni e più il livello della merda sale. Il gruppo della sud California rappresenta una bella porzione di americani incazzati, che non ci stanno a subire le cose che stanno succedendo, perché l’America non è soltanto la Bible Belt o New York. Molte sono le citazioni dai dischi precedenti dei Pennywise sulla bella copertina. Un viaggio che si preannuncia ancora molto lungo e seminatore di rabbia.

Tracklist
1. Never Gonna Die
2. American Lies
3. Keep Moving On
4. Live While You Can
5. We Set Fire
6. She Said
7. Can’t Be Ignored
8. Goodbye Bad Times
9. Can I Get A Little Hope
10. Won_t Give Up the Fight
11. Can_t Save You Now
12. All The Ways U Can Die
13. Listen
14. Something New

Line-up
Jim Lindberg – vocals
Fletcher Dragge – guitars
Randy Bradbury – bass
Byron McMackin – drums

PENNYWISE – Facebook

Stillborn – Crave For Killing

Crave For Killing è un buon ep per ingannare l’attesa per il prossimo full length, mantenendo intatta la reputazione degli Stillborn come autentica macchina da guerra death/black.

Si torna a parlare dei polacchi Stillborn, demoni di Mielec di cui ci eravamo occupati lo scorso anno in occasione della ristampa da parte dell’attivissima Godz Ov War productions dei primi due demo, usciti a cavallo del nuovo millennio (Mirrormaze & Die in Torment 666).

Gli Stillborn tornano quindi con un ep di cinque brani, questa volta supportati da una produzione più in linea con i tempi e buona per esaltare questa piccola raccolta di inni al male racchiusa sotto il titolo di Crave For Killing.
Come da tradizione il trio luciferino abbatte su di noi tutta la sua malvagità, i brani sono devastanti esempi di death/black metal old school blasfemo e fortemente anti religioso, un abominio estremo supportato da un impatto pesantissimo.
Behemoth in primis, poi tanto black metal old school reso ancora più devastante da iniezioni thrash, fanno di It’s A Sinner e To Be delle vere bombe nere, mentre la conclusiva Staroświeckość we mnie jest, rallenta i ritmi inizialmente creando l’atmosfera giusta per esplodere in un uragano infernale.
Crave For Killing è un buon ep per ingannare l’attesa per il prossimo full length, mantenendo intatta la reputazione degli Stillborn come autentica macchina da guerra death/black.

Tracklist
1.It’s a Sinner
2.To Be
3.Crave for Killing
4.Korowód
5.Staroświeckość we mnie jest

Line-up
Hunger – Bass
Killer – Guitars, Vocals
August – Drums

STILLBORN – Facebook

Collapse Of Light – Each Failing Step

Each Failing Step è un album magnifico, proprio perché si sviluppa in una maniera meno scontata di quanto potrebbe far presagire il connubio tra la voce maschile quella femminile all’interno del doom metal

I Collapse Of Light sono un nuovo riuscito esempio di coalizione tra musicisti provenienti da diverse esperienze e  nazioni, volto a dar vita ad un soggetto autonomo capace di offrire ben più della semplice somma degli addendi.

Se il motore del gruppo è portoghese, una componente peculiarmente nordica viene offerta dalla presenza di Natalie Koskinen, vocalist ben nota all’interno della scena doom in virtù della sua storica militanza negli Shape Of Despair e poi, recentemente, per le sue collaborazioni con i Clouds di Daniel Neagoe.
Da tutto questo ne scaturisce un doom atmosferico che racchiude l’approccio malinconico all’esistenza di due popolazioni molto lontane tra loro per clima e morfologia, ma vicine per quel diffuso sentore malinconico che nei finlandesi si esprime musicalmente con tratti più oscuri e veementi, mentre nei lusitani acquisisce tratti più intimisti che, se vogliamo, sono una diretta emanazione della massima espressione della loro musica popolare che è il fado, parola che come doom equivale all’italiano “destino”(da sentire in tal senso la stupenda The Remains of the Day)
La voce di Natalie è come sempre più suadente che non volta a ricercare virtuosismi, e si completa alla perfezione con il growl di Carlos D’Agua, che fu vocalist in quel bellissimo e sottovalutato lavoro intitolato …One Day Less dei Before The Rain, band nella quale hanno militato, sia pure in tempi diversi, anche gli altri due componenti ufficiali della band, Gonçalo Brito e Carlos Monteiro.
Each Failing Step è un album magnifico, proprio perché si sviluppa in una maniera meno scontata di quanto potrebbe far presagire il connubio tra la voce maschile quella femminile all’interno del doom metal: come detto, il sound presenta tratti per lo più intimisti e solo di rado assume in toto sembianze robuste; quando ciò avviene però, il senso di malinconia si trasforma in qualcosa di tangibilmente doloroso.
A Place to Die apre l’album e ne rappresenta il manifesto, andando toccare lungo i suoi diciassette minuti tutte le sfumature sonore che i Collapse Of Light immettono in una scrittura di rara sensibilità, avvolgendo l’ascoltatore e trasmettendogli le emozioni in maniera più dilatata ma non meno efficace.
I Will Not Return è relativamente più breve e ruvida rispetto allìopener e prelude alla pausa cristallina della già citata The Remains of the Day, prima che il brano di chiusura Leaving the Light Behind, anch’esso non lontano dal quarto dora di durata, spinga il sound su territori moto vicino ai Clouds, esibendo un death doom atmosferico, melodico e davvero toccante.
Voci ottime e un lavoro chitarristico di grande qualità sono elementi che, da soli, non sarebbero sufficienti ad elevare un disco alla soglia dell’eccellenza se non ci fossero capacità di scrittura come quelle esibite dai Collapse Of Light, un progetto che ha avuto una gestazione piuttosto lunga ma che, alla fine, ha portato ad un risultato che ripaga di tutta questa attesa sia i musicisti coinvolti che gli stessi appassionati di doom.

Tracklist:
1. A Place to Die
2. I Will Not Return
3. The Remains of the Day
4. Leaving the Light Behind

Line-up:
Carlos D’Agua – vocals
Natalie Koskinen – vocals
Gonçalo Brito – Guitars
Carlo Monteiro – Guitars

COLLAPSE OF LIGHT – Facebook

5Rand / Enemynside – 5/5 Circus – Scandicci (FI)

Per la prima volta suoneranno sullo stesso palco 5Rand ed Enemynside! Le due band capitoline si esibiranno con le loro performance il prossimo 5 Maggio al Circus di Scandicci (FI)

I 5Rand sono una band che propone un mix di metal con elementi thrash e industrial, con voce growl e clean proposta in entrambe le versioni dalla voce femminile di Julia Elenoir. Hanno pubblicato nel 2017 il loro album di debutto “Sacred/Scared”.

Gli Enemynside sono una band che propongono del thrash old school, a Gennaio 2018 pubblicano il nuovo attesissimo EP “Dead Nation Army” che al momento stanno promuovendo.

Coltsblood – Ascending Into Shimmering Darkness

Chi ama sia il doom, sia il sempreverde formato in vinile, non dovrebbe farsi sfuggire l’occasione di fare propria l’ultima opera di una band magari finora poco conosciuta ma davvero di notevole spessore, oltre che composta da musicisti dotati di grande sensibilità.

Ascending Into Shimmering Darkness è il secondo full length degli inglesi Coltsblood: l’album è stato pubblicato dalla Candlelight circa un anno fa, ma la riedizione in vinile in uscita in questi giorni a cura della Black Bow ci fornisce l’occasione di rinfrescare la memoria degli appassionati di doom.

Il trio di Liverpool offre uno sludge strettamente imparentato con il funeral che restituisce al meglio il sentimento di vuoto e di sgomento insito nel genere: cinquanta minuti per cinque brani sono la tariffa consueta che le band operanti in questo ambito spesso applicano, quasi sempre con ottimi risultati come accade in questo caso.
Ascending Into Shimmering Darkness è uno splendido lavoro, che ha per di più il pregio di procedere con un crescendo emotivo che vede una partenza più incline allo sludge con la title track (brano peraltro già edito nello split con Horse Latitudes e Ommadon del 2014), per poi giungere alla conclusiva The Final Winter, nella quale a predominare nettamente è una componente funeral esibita con grande intensità.
Il tutto avviene passando per tracce più aspre come Mortal Wound e The Legend of Abhartach e la relativamente più melodica Ever Decreasing Circles, specialmente per l’ottimo lavoro della chitarrista Jem; dal canto suo, il marito John affligge gli ascoltatori con il suo growl, componendo con con il batterista Jay una base ritmica che spicca maggiormente per dinamismo, come detto, nella prima parte del lavoro.
Vale davvero la pena, quindi, di compiere questa “ascesa verso una scintillante oscurità”, e chi ama sia il doom, sia il sempreverde formato in vinile, non dovrebbe farsi sfuggire l’occasione di fare propria l’ultima opera di una band magari finora poco conosciuta ma davvero di notevole spessore, oltre che composta da musicisti dotati di grande sensibilità.

Tracklist:
1. Ascending into Shimmering Darkness
2. Mortal Wound
3. The Legend of Abhartach
4. Ever Decreasing Circles
5. The Final Winter

Line-up:
John – Vocals, Bass
Jem – Guitars
Jay – Drums

COLTSBLOOD – Facebook

Tribunale Obhal – Rumore In Aula

Rumore In Aula è buon esempio di hard rock moderno, ispirato dalla scena a stelle e strisce di fine millennio.

La Volcano Records si sta sempre più imponendo come etichetta attivissima e dal rooster di alta qualità, senza sbagliare un colpo da quando, poco tempo fa è entrata prepotentemente sul mercato nazionale.

Rock metal e sonorità moderne sono diventati gli abituali generi dai qual la label campana attinge, scoprendo nuove realtà come i marchigiani Tribunale Obhal, quartetto fuori lo scorso anno con l’ep omonimo e ora lanciato nella scena hard rock nazionale con il full length d’esordio intitolato Rumore In Aula, buon esempio di hard rock moderno, ispirato dalla scena a stelle e strisce di fine millennio: groove a manetta, potenza e impatto rock ‘n’roll rendono i brani dei devastanti diretti al corpo, la chitarra soffre e sanguina e la sezione ritmica imprime la giusta forza.  Non lascio fare a te (opener dell’album), i ritmi sincopati di Lei che esplodono in un irresistibile refrain, Quello Che Senti, il singolo Taipaa non lasciano dubbi sulla forza espressiva insita in ogni brano.
Rivolto agli amanti dell’hard rock statunitense nato tra le nebbie di Seattle ed arrivato nel nuovo millennio imponendosi come influenza primaria per i gruppi di rock duro odierni, l’album non faticherà ad imporsi, ricco com’è di impulsi crossover che lo avvicinano ad un buon ibrido tra Alice In Chains e System Of A Down, anche se a mio avviso la lingua inglese avrebbe reso più appetibili i brani e accompagnato meglio il piglio internazionale del sound, ma è solo un dettaglio.

Tracklist
1. Non lascio fare a te
2. Hey Juda
3. Lei
4. Nell’ombra
5. Nuova realtà
6. Quello che senti
7. Seven
8. Taipaa
9. What you gonna take?
10. Tutta la voce che ho

Line-up
Mattia “Labo” Bellocchi – Voce
Francesco Boschini – Basso
Lorenzo D’Addesa – Batteria
Tommaso Golaschi – Chitarra

TRIBUNALE OBHAL – Facebook

https://youtu.be/iHaLbIQ6Fag

2018 Hard Rock 7.40

Urban Steam – Under Concrete

Colori che sfumano o che luccicano intensi, tra progressive metal e rock, soul, blues e hard rock moderno in un’alternanza senza soluzione di continuità, valorizzata da un’ottima tecnica e da un songwriting ispiratissimo.

Un’altra ottima realtà nata nella capitale e presentata da Red Cat sono gli Urban Steam, quartetto attivo dal 2012 e protagonista di un metal/rock alternativo dai molti spunti progressivi.

I musicisti si sono ritrovati sotto il monicker Urban Steam dopo varie esperienze in altre band, e Under Concrete risulta il riassunto della loro avventura musicale, un quadro dove ogni dettaglio è perfettamente disegnato su una tela progressiva, con colori che sfumano o luccicano di intenso spessore, tra progressive metal e rock, soul, blues e hard rock moderno in una alternanza senza soluzione di continuità, valorizzata da un’ottima tecnica ed un songwriting ispiratissimo.
Si parte con l’opener Storm e lentamente il motore comincia a carburare, con brani che sono piccoli gioielli di musica senza barriere, moderni nel suono ma attenti alla tradizione, vari nel tenere per il colletto l’ascoltatore con la tensione sprigionata da funamboliche parti progressive, o lasciare che l’emozione prenda il sopravvento, quando il blues ed il soul si insinuano tra i solchi del capolavoro Soul.
La title track è un brano tra Deep Purple e Rush, hard rock che la parte progressiva rende raffinato, mentre Cross The Line e City Lights tornano a far parlare la parte più sanguigna del sound degli Urban Steam, in cui la durezza del blues viene raffinata da un tocco soul per un risultato molto intrigante.
Davvero bravo ed interpretativo il singer Paolo Delle Donne, ma è il gruppo tutto che si presenta al pubblico offrendo una prestazione da manuale, aiutata da una raccolta di brani sopra la media.
Wake Up e la progressivamente metallica Years concludono Under Concrete, album che non lascia dubbi sulle doti di questa ottima band meritevole dell’attenzione di chi alla musica chiede emozioni e qualità, aldilà del genere proposto.

Tracklist
1.Storm
2.They Live
3.Soul
4.Under Concrete
5.Cross The Line
6.City Lights
7.Wake Up
8.Years

Line-up
Paolo Delle Donne – Vocals
Diego Bertocci – Drums
Federico Raimondi – Guitars
Fabrizio Sclano – Bass

URBAN STEAM – Facebook

HAUNTED

Il lyric video di “Waterdawn”, dall’album “Dayburner” in uscita a giugno (Twin Earth Records).

Il lyric video di “Waterdawn”, dall’album “Dayburner” in uscita a giugno (Twin Earth Records).

Dopo aver recentemente annunciato i dettagli del nuovo attesissimo album intitolato “Dayburner” in uscita su Twin Earth Records l’8 giugno 2018, le promesse del doom internazionale HAUNTED presentano oggi il lyric video di “Waterdawn”.

Acquista “Waterdawn” in digitale qui: https://hauntedband.bandcamp.com/track/waterdawn

Il bassista Frank Tudisco commenta: “Credo che WATERDAWN riassuma alla perfezione l’atmosfera predominante che si respira durante l’ascolto dell’intero album. Inoltre è un brano diretto, che giunge al punto senza troppi fronzoli nonostante la sua durata non rispecchi i canoni del singolone da radio. Ogni brano di DAYBURNER rappresenta un momento di un particolare giorno, che brucia e si consuma come un cero, e i cui raggi solari faticano a risplendere. WATERDAWN è l’alba di questo giorno. Il termine in sé non esiste, ma è la paronomasia della parola inglese ‘water down’ che significa ‘diluire’ o ‘il ridurre la forza o l’efficacia di qualcosa’. Noi abbiamo cambiato ‘down’ con ‘dawn’: alba, per l’appunto”.

“Abbiamo affidato la direzione del lyric video a Sandro Di Girolamo (Elevators To The Grateful Sky, Cavernicular), con il quale collaboriamo dall’inizio del nostro progetto”, commenta la cantante Cristina Chimirri. “Anche in questa occasione ci siamo totalmente affidati al suo sentire artistico. Il risultato è un monotono fluire di meduse danzanti tra angoscianti evoluzioni nere d’inchiostro e vegetazione marina, che si prestano straordinariamente alle metafore insite nel brano”.

“Dayburner” sarà disponibile in diversi formati (CD via Twin Earth Records, musicassetta via Graven Earth Records, VINYL/2LP in edizione limitata via DHU Records in autunno). I pre-ordini sono ora attivi:

CD – https://haunteditaly.bandcamp.com/album/dayburner

DIGITALE – https://hauntedband.bandcamp.com/album/dayburner-2018

MUSICASSETTA – http://www.gravenearthrecords.com/product/haunted-dayburner-cassette-preorder

Pre-ordina “Dayburner” e riceverai subito il singolo “Waterdawn”.

Il nuovo capitolo, “Dayburner”, è stato registrato da Carlo Longo al NuevArte Studio di Catania. Il master è stato affidato al celebre Brad Boatright (Sleep, COC, Yob, Obituary e altri) all’Audiosiege Engineering di Portland, Oregon.

Tracklist:
Mourning Sun
Waterdawn
Dayburner
Communion
Orphic
Vespertine
No Connection With Dust
Lunar Grave

Gli HAUNTED portano alta la bandiera del doom con all’attivo l’omonimo album di debutto uscito nel 2016 che ha ricevuto feedback positivi della critica mondiale, consentendo alla band di dividere il palco con artisti quali Goblin di Claudio Simonetti, Candlemass e Hooded Menace oltre che partecipare a importanti festival come l’Into The Void e l’Eindhoven Metal Meeting 2017.

Haunted line-up:
Francesco Bauso – Chitarra
Dario Casabona – Batteria
Cristina Chimirri – Voce
Francesco Orlando – Chitarra
Frank Tudisco – Basso

Maggiori info:
facebook.com/hauntedband666/
hauntedband.bandcamp.com

Kosmogyr – Eviternity

Un buon disco, che nella sua attinenza all’antico corso del black metal guarda decisamente in avanti.

Un disco scritto fra due continenti, prodotto viaggiando attraverso i bytes delle connessioni internet, ma dal cuore antico e totalmente black metal.

I componenti del gruppo sono l’americano Ivan Belcic alla voce e alla batteria elettronica e il cinese Xander Cheng alla chitarra ed al basso. I due si sono incontrati a Shangai e hanno deciso di fare un disco assieme, anche se poi Belcic ha lasciato la Cina alla volta della Repubblica Ceca. Ciò non ha impedito ai due di continuare ad elaborare il disco scrivendosi per posta elettronica, usando i vari software di produzione per mandarsi le parti sonore e continuare a progredire con il lavoro. Ne è sicuramente valsa la pena, poiché è un buon disco di black metal che guarda al passato, agli anni novanta del genere, ma ha moltissime contaminazioni, dal prog all’atmospheric, passando per momenti anche quasi ambient. La coppia a distanza funziona, le canzoni sono composte molto bene, hanno una forte componente di malinconia e lasciano un ottimo retrogusto. Forse il rapporto a distanza di questi due musicisti ha permesso alla materia di decantare il giusto tempo necessario per capire e sentire cosa fosse meglio fare. Il cuore dell’opera sono le connessioni che il black metal ha con le profondità del nostro essere, dove i muscoli ed il cuore si fondono con il nero metallo e ne nasce qualcosa di molto vicino alla vita reale. Un buon disco, che nella sua attinenza all’antico corso del black metal guarda decisamente in avanti.

Tracklist
1.Sui Generis
2.The Wane
3.Quiescent
4.Eviternity
5.Frailty
6.Refulgence
7.Iridescent
8.Vision
9.Thalassic Lunacy

Line-up
Xander Cheng
Ivan Belcic

KOSMOGYR – Facebook

Depravity – Evil Upheaval

Un album come Evil Upheaval non lascia spazio a indugi o ripensamenti, volto com’è a spezzare catene e certezze all’insegna di un death corrosivo, brutale e nel contempo molto tecnico.

I gusti cambiano e non sempre si ammorbidiscono con il trascorrere del tempo e dell’età. Quando ero più giovane del death metal mi piacevano molto di più le forme più progressive o, comunque, ricche di soluzioni melodiche, ma al contrario oggi riesco ad ascoltarne solo le espressioni più violente ed asfissianti, in stile Immolation per intenderci.

Chi la pensa più o meno alla stessa maniera troverà in questo full length dei Depravity ciò che cerca:
la band australiana, benché sia al primo passo su lunga distanza, è composta da musicisti dal buon curriculum all’interno di una scena sempre foriera di ottima musica: il risultato è un album come Evil Upheaval che non lascia spazio a indugi o ripensamenti, volto com’è a spezzare catene e certezze all’insegna di un death corrosivo, brutale e nel contempo molto tecnico.
Nessuna pulsione innovativa va ad incrinare la compattezza di un monolite sonoro che, ovviamente, necessità d’essere ascoltato da buoni conoscitori del genere, in grado di difendersi dalla gragnuola di colpi inferti dalla band di Perth.
Ma non è solo violenza quella che troviamo all’interno di Evil Upheaval: ognuno dei componenti della band mette in mostra doti tecniche eccellenti, andando a comporre un lavoro d’insieme che eleva i Depravity tra i migliori interpreti attuali del genere già al primo tentativo.
L’album è una cavalcata perigliosa ed inarrestabile, con tracce esemplari per bellezza ed esecuzione come Insanity Reality, ma è una scelta dettata dall’obbligo di pescare dal mazzo un momento che colpisca più di altri, perché ciò che resta da fare è elogiare la grande competenza della band ed una capacità di scrittura che travalica la brutalità fine a sé stessa, per regalare momenti di vera esaltazione del genere (altro esempio è la conclusiva Vile Defloration).
In un mondo in cui sempre più, ogni giorno, la speranza in un’umanità migliore sembra affogare in un liquido maleodorante di colore marrone, i Depravity non ci danno risposte ma sicuramente uno strumento capace di mantenere vive ed in guardia coscienze a forte rischio di assopimento ed assuefazione.

Tracklist:
1. Manic Onslaught
2. Insanity Reality
3. Repugnant
4. Despondency
5. The Great Divide
6. Victimizer
7. Tormented
8. Evil Upheaval
9. Vile Defloration

Line-up:
Louis Rando – Drums
Lynton Cessford – Guitar
Jamie Kay – Vocals
Ainsley Watkins – Bass
Jarrod Curly – Guitar

Me Vs I – Never Drunk Enough

Never Drunk Enough si pone come un lavoro che rilascia delle belle endorfine, e piacerà a chi ascolta hardcore punk ed ha un po’ di apertura mentale, perché se si dà una possibilità a questo disco ne verrete ricompensati.

Trio padovano che fa un hardcore che strizza l’occhio allo stoner e ai Raging Speedhorn.

Per i Me Vs I questo è l’ep di debutto ed è un gran bell’inizio. Nei primi minuti dell’ascolto il disco non impressiona più di tanto, ma progredendo nell’ascolto le sensazioni positive aumentano, e con esse la potenza ed il fascino del disco. I Me Vs I fanno un hardcore che non è un hardcore punk puro, ma è molto spurio, essendo contaminato dallo stoner e da un metal moderno che spunta in alcuni momenti. Il risultato è un ep di sette pezzi che ci porta dentro ad una musica veloce e sinuosa, con la peculiarità di essere suonata senza il basso: sinceramente non si sente la mancanza di un simile strumento, anzi forse snaturerebbe il loro suono che va benissimo così. I Me Vs I portano se non qualcosa di nuovo, una sfumatura di un suono che troppe volte è ortodosso e con poche cose da dire, con gruppi che si differenziano poco uno dall’altra. I Me Vs I possono piacere o no, ma fanno qualcosa di molto interessante e diverso, e molto piacevole da sentire. L’hardcore ha tante declinazioni e questa, in Italia e non solo, non si era ancora sentita. Never Drunk Enough si pone come un lavoro che rilascia delle belle endorfine, e piacerà a chi ascolta hardcore punk ed ha un po’ di apertura mentale, perché se si dà una possibilità a questo disco ne verrete ricompensati.

Tracklist
01. MadNess
02. Me Vs. I
03. Places
04. Keep Off The Grass
05. Empty
06. De-Vices
07. Up & Down

Line-up
Matteo Brunoro: Voce
Alberto Baldo: Chitarra
Francesco Baldo: Batteria

ME VS. I – Facebook

Dreamfire – Atlantean Symphony

Opere come queste si possono sicuramente considerare fuori dal tempo, avvicinatevi con cautela se non avete ben in mente di cosa vi troverete di fronte, e crogiolatevi nelle atmosfere e sfumature di Atlantean Symphony se questo tipo di musica è un vostro ascolto abituale.

Questa misteriosa band di cui si conosce pochissimo è un entità strumentale attiva dalla fine del secolo scorso, oltre a questo album ha negli anni riproposto brani con l’aiuto del supporto di video tratti da Star Wars e Games Of Throne, ma ad oggi Atlantean Symphony rimane l’unico album, licenziato in varie versioni dal 2012.

Quest’anno tocca alla Minotauro Records che, dopo la firma con Dreamfire , ristampa l’album rimasterizzandolo completamente, con l’aggiunta di un paio di bonus tracks (una nuova versione di An Epitaph Engraved In Water e una propria versione di  The Rains Of Castamere di Ramin Djawadi) ed una nuova copertina: musica ambient, colonna sonora per epici film dove lunghi viaggi in terre inesplorate o nei misteri dell’universo fungono da immagine per questi quattordici magici brani, difficili da digerire se non si è in confidenza con questo tipo di suoni.
Consigliato dunque a chi maneggia con cura musica ambient, Atlantean Symphony regala visioni mistiche ed epiche, con il suono di tastiere e synth che creano atmosfere epiche e magniloquenti in un contesto fuori da ogni tipo di reminiscenza metal.
Un’ora immersi in un mondo parallelo dove all’orizzonte si intravedono i fuochi della battaglia appena conclusa dominati da un cielo grigio di fuliggine e dal mare che lambisce le rive rosse dal sangue dei guerrieri caduti.
Un modo per vivere una storia solo con la forza della musica che, magicamente, apre il cinematografo della vostra mente e vi trasporta nel mondo di brani come Embraced By The Light Of The Final Dawn o A Reflection Of Rebirth Through The Eye Of Forlorn.
Opere come queste si possono sicuramente considerare fuori dal tempo, avvicinatevi con cautela se non avete ben in mente di cosa vi troverete di fronte, e crogiolatevi nelle atmosfere e sfumature di Atlantean Symphony se questo tipo di musica è un vostro ascolto abituale.

Tracklist
1 – Across The Ageless Ocean
2 – Approaching Atlantean Monoliths
3 – Embraced By The Light Of The Final Dawn
4 – The Opening Of Eternity
5 – A Reflection Of Rebirth Through The Eyes Of The Forlorn
6 – Into The Temple Of The Elements
7 – (Immersion Into) The Azure Mirror Of Infinity
8 – Tears Of The Enlightened
9 – Of Grandeur And Fragility
10 – A Timeless Lamentation Carried Upon The Storm
11 – Through Fire Into Legend
12 – An Epitaph Engraved In Water
13 – The Rains Of Castamere
14 – An Epitaph Engraved In Water MMXVIII

DREAMFIRE – Facebook

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