Arca Progjet – Arca Progjet

Come quella che migliaia d’anni fa galleggiò per lungo tempo sulle acque che ricoprirono la terra, la nuova e più moderna arca ci porterà verso la salvezza cullati dalla musica, un rock progressivo dall’alto tasso melodico, raffinato ed elegante, creato da una manciata di musicisti dall’esperienza invidiabile.

Chi ci salverà questa volta dalla distruzione prima di una nuova rinascita, se non un’arca spaziale?

E come quella che migliaia d’anni fa galleggiò per lungo tempo sulle acque che ricoprirono la terra, la nuova e più moderna arca ci porterà verso la salvezza cullati dalla musica, un rock progressivo dall’alto tasso melodico, raffinato ed elegante creato da una manciata di musicisti dall’esperienza invidiabile.
La band chiamata Arca Progjet nasce a Torino da un’idea di Alex Jorio ( Elektradrive) e Gregorio Verdun al basso e tastiere, a cui si aggiungono Sergio Toya alla voce, Carlo Maccaferri alla chitarra e Filippo Dagasso alle tastiere e programmazioni.
Con l’aiuto di ospiti d’eccezione come Mauro Pagani (PFM – Premiata Forneria Marconi), Gigi Venegoni e Arturo Vitale (Arti & Mestieri), il gruppo parte per un viaggio nello spazio nel quali si amalgamano il progressive tradizionale, ovviamente ispirato alla scena tricolore, e sonorità più moderne come quelle scritte da Arjen Anthony Lucassen per i lavori firmati Ayreon.
Da qui si parte per questa esplorazione alla ricerca di un mondo nuovo, con il suo carico di musica da tramandare a chi darà nuova linfa vitale per un futuro quanto mai incerto.
Ma l’atmosfera ariosa di brani progressivamente melodici come l’opener Arca o la splendida Metamorfosi riempiono di luminosa speranza questo nuova avventura con l’arca, che continua il suo viaggio tra spettacolari tappeti che i tasti d’avorio creano tra cambi di tempo e ricami progressivi dal taglio settantiano.
Modernità e tradizione sono il tesoro che ritroviamo in Sulla Verticale, traccia che sottolinea la tecnica invidiabile dei protagonisti senza che si perda un briciolo di fluidità nell’ascolto e lasciando che l’hard rock raffinato e melodico di Cielo Nero, la sontuosa Pozzanghere di Cielo e le armonie acustiche della conclusiva Aqua (bonus track della versione in cd), confermino questo riuscito connubio tra hard rock melodico e progressive.
Cantato interamente in italiano, Arca Progjet risulta un opera affascinante e spettacolare: speriamo che l’Arca in futuro continui il suo viaggio e che i cinque capitani al comando ci raccontino ancora delle sue avventure nello spazio.

Tracklist
01. Arca
02. Metà Morfosi
03. Requiend
04. Battito D’Ali
05. Sulla Verticale
06. Neanderthal
07. Cielo Nero
08. Delta Randevouz
09. Un. Inverso
10. Pozzanghere Di Cielo
11. Aqua (Cd Bonus Track)

Line-up
Sergio Toya – Vocals
Gregorio Verdun – Bass
Carlo Maccaferri – Guitar
Alex Jorio – Drums
Filippo Dagasso – Keys, Programmings

ARCA PROGJET – Facebook

TREES OF ETERNITY

Il lyric video di Hour Of THe Nightingale, dall’album omonimo del 2016 (Svart Records).

Il lyric video di Hour Of THe Nightingale, dall’album omonimo del 2016 (Svart Records).

Share the voice and the words of our dearly missed Queen of the Nightingales. We thank you all who shared these songs this week and carried the flame further. Thank you so much.

“Embrace this
As a nightingale in song
In the darkest hour of shadows she belongs
Her voice reflects the colours of dawn
It pierces like an arrow through a storm”.

– Aleah

Septic Tank – Rotting Civilisation

Non deve passare inosservato il ritorno a sonorità crude e selvagge di autentiche leggende della musica estrema come Lee Dorrian e Gaz Jennings. Regaliamoci quaranta minuti di storia della musica estrema.

Non deve passare inosservato il ritorno a sonorità crude e selvagge di autentiche leggende della musica estrema, Lee Dorrian e Gaz Jennings.

I Septic Tank hanno aspettato il momento giusto per farci esplodere in faccia diciotto proiettili di insano suono crust, punk, hardcore; il quartetto composto anche da Scott Carlson al basso (Cathedral, Church of Misery, Repulsion) e Jaime Gomez Arellano alla batteria (Mothlite) aveva visto la luce nel 1994 ed è stato ibernato fino al 2013 quando è uscito un omonimo ultralimitato ep. Ora i tempi sono maturi per riaprire la “fossa settica” (Septic Tank) e spargere nel mondo liquami velenosi e intossicanti su questa “rotting civilization”; quaranta minuti, brani brevi sparati a rotta di collo fino dalla title track, carica di ferocia e odio, con testi scritti da Dorrian e musica composta dalla band in toto; nessun manierismo ma voglia di gridare, senza remore, lo schifo di un mondo alla deriva. La musica colpisce in pieno volto, lascia sanguinanti al suolo nel ricordare i primi passi di Lee Dorrian con i Napalm Death, senza dimenticare tutto lo spirito hardcore di band come Siege, Discharge e tante altre; lo spirito sovversivo di Lemmy in Divide and Conk Out emerge prepotentemente e colpisce il cuore. Nessun momento di pausa, il mondo deve essere colpito, non deve pensare, deve essere abbattuto con tutta l’inutilità dei suoi attuali marci ideali. Riff distorti, vibranti, passionali sono la colonna sonora per riuscire in tutto questo, aiutati da ritmiche rutilanti e incessanti. Brani come Fucked e White Wash non hanno bisogno di alcuna spiegazione, si accendono in un attimo ma creano un fuoco interiore difficile da spegnere. Le cadenze di Death Vase sprigionano tensioni infinite implacabili. Qui non abbiamo musicisti alle prime armi, ma artisti, alla soglia dei cinquant’anni come Lee Dorrian che dopo una carriera veramente gloriosa hanno ancora voglia di sbattersi e dimostrare il loro valore incendiando gli animi e la sensibilità di gente che non ne può più; le chitarre di Gaz Jennings sfornano riff violenti, attingendo ispirazione dal meglio della scena hardcore e crust degli anni 80 e 90. Lavoro superbo, sperando che il tutto non rimanga episodio isolato; in ogni caso lasciatevi intossicare da questa miscela impossibile da spegnere.

Tracklist
1. Septic Tank
2. Who
3. Victimised
4. Social Media Whore
5. Divide and Conk Out
6. Treasurers of Disease
7. Fucked
8. Whitewash
9. Death Vase
10. You Want Some
11. Digging Your Own Grave
12. Danger Signs
13. Walking Asylum
14. Lost Humanity
15. Never Never Land
16. Self-Obsessed
17. Living Death
18. Rotten Empire

Line-up
Scott Carlson – Bass
Gaz Jennings – Guitars
Lee Dorrian – Vocals
Jaime Gomez Arellano – Drums

SEPTIC TANK – Facebook

Down Among the Dead Men – …and You Will Obey Me

Questo nuovo album della coppia Johansson/Ingram, con l’etichetta Down Among the Dead Men, risulta un perfetto sodalizio tra lo swedish death metal e le sonorità crust/punk, un violentissimo pugno in pieno volto su cui Ingram vomita tutta la sua ferocia con il suo inconfondibile growl.

Un nuovo periodo di super lavoro per il nostro Rogga Johansson, stakanovista della scena death metal mondiale e mente dietro ad un numero consistente di progetti in collaborazione con musicisti provenienti da ogni parte del mondo.

Nominare tutte le band con cui il buon Rogga si è impegnato è quasi impossibile e sicuramente ogni volta se ne dimentica qualcuna, quindi ci limiteremo a citare i Paganizer, i Ribspreader, i Megascavenger e i The Grotesquery , tornati in questo periodo con un nuovo album, così come il progetto Johansson & Speckmann.
Down Among The Dead Man è la band che vede il musicista svedese collaborare con lo storico vocalist Dave Ingram (Benediction, Bolt Thrower), aiutati dal chitarrista Dennis Blomberg (ex Paganizer) a formare un trio death/crust di notevole impatto.
Attiva dal 2013, la band arriva al terzo album dopo il debutto omonimo ed il secondo lavoro uscito tre anni fa (Exterminate! Annihilate! Destroy!); pubblicato dalla Transcending Obscurity l’album, intitolato …and You Will Obey Me continua a mietere vittime sotto i colpi di un death metal dall’attitudine crust/punk, quindi metal estremo scarno e diretto, spogliato dalle caratteristiche del genere classico e reso diretto e d’impatto dall’anima nichilista del punk più marcio.
Il bello è che Rogga non rinuncia alla tradizione del genere che lui conosce bene ed anche questo nuovo album risulta un perfetto sodalizio tra lo swedish death metal e le sonorità crust/punk di cui abbiamo parlato, un violentissimo pugno in pieno volto su cui Ingram vomita tutta al sua ferocia con il suo inconfondibile growl.
Rispetto al precedente album la band accantona le ispirazioni alla Bolt Thrower per un approccio più scandinavo a brani che risultano, nella loro globalità, un assalto senza compromessi di una mezzora in compagnia di queste tre vecchie volpi del metal estremo.
Inutile dire che l’album è da fagocitare d’un fiato, brutale, feroce e senza compromessi, rivelandosi una raccolta di dieci micidiali pugni diretti al viso.

Tracklist
1.Destroy the Infinite
2.Axis of Insanity
3….and You Will Obey Me
4.The End of Time
5.Omega
6.House of Blue Fire
7.The Age of Steel
8.Eye of Harmony
9.Darkness of Glass
10.Panopticon

Line-up
Rogga Johansson – Guitars, Bass
Dave Ingram – Vocals

Dennis Blomberg – Guitars

DOWN AMONG THE DEAD MEN – Facebook

Cruachan – Nine Years Of Blood

La musica degli irlandesi è folk metal con elementi celtici, momenti vicini al power metal, sfuriate death ed un tocco di melodic black, ma l’ossatura è fortemente celtic folk.

E chi se non un gruppo irlandese poteva essere il padrino del celtic black folk metal? I Cruachan sono in giro dal 1992 e non accennano a lasciare il trono.

Con il loro ottavo album sulla lunga distanza chiudono la trilogia del sangue sulla guerra dei nove anni che si svolse dal 1593 al 1603, conclusasi con la definitiva sottomissione dei nobili irlandesi, e poi nel 1609 si darà vita alla colonizzazione vera e propria dell’Ulster, principale teatro di battaglia della guerra. I Cruachan ne hanno descritto le prime fasi nei due album precedenti della trilogia, Blood on the Black Robe su Candlelight Records, per poi passare sulla tedesca Trollzorn per Blood for the Blood God e il presente Nine Years Of Blood. La musica degli irlandesi è folk metal con elementi celtici, momenti vicini al power metal, sfuriate death ed un tocco di melodic black, ma l’ossatura è fortemente celtic folk. I Cruachan sono molto piacevoli e sono diventati più melodici e strutturati nelle composizioni. Nine Years Of Blood è un disco solido e con molte storie da raccontare con la ferma identità musicale e folclorica del gruppo. La storia narrata è amara, perché parla di una delle tante sconfitte irlandesi, forse la più brutta perché la vittoria era così vicina, ma è materia degli storici discutere sui motivi della sconfitta, ma soprattutto sulle davvero nefaste conseguenze, dato che la dominazione inglese dura ancora. I Cruachan dipingono un ottimo affresco musicale, una vivida lezione di storia e di pathos, e si perdona loro anche la poca inventiva di taluni passaggi musicali, perché qui quello che conta è l’effetto finale. Un’altra battaglia vittoriosa per il gruppo dell’isola verde.

Tracklist
01. I am Tuan
02. Hugh O’Neill – Earl of Tyrone
03. Blood and Victory
04. Queen of War
05. The Battle of the Yellow Ford
06. Cath na Brioscaí
07. The Harp, The Lion, The Dragon and The Sword
08. An Ale Before Battle
09. Nine Years of Blood
10. The Siege of Kinsale
11. Flight of the Earls
12. Back Home in Derry

Line-up
Keith Fay – Vocals, Electric Guitar, Acoustic Guitar
Keyboard, Tin-Whistle, Bouzouki, Mandolin, Bodhrán, Percussion
Kieran Ball – Electric Guitar, Acoustic Guitar
Eric Fletcher – Bass
John Ryan – Violin, Cello, Bowed Bass
Mauro Frison – Drums, Percussion

CRUACHAN – Facebook

SPOIL ENGINE – 26 Aprile Circolo Svolta

Ecco a voi le band d’apertura e gli orari per lo show dei Spoil Engine del 26 Aprile al Circolo Svolta!!

Apertura Porte: 19:45
– Ghost of Mary: 20:15 – 20:45
– Starbynary: 21:00 – 21:30
– Lostair: 21:45 – 22:30
– Spoil Engine: 22:45

Prezzo in cassa: 13
Apertura porte: 20.00

INGRESSO RISERVATO AI SOCI ACSI
Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/2009799362614688/

BlackHoleDream – The Brightside Vol. II

The Brightside Vol. II è un album piacevolmente solare ed elettrizzante, fatto di rock moderno e radiofonico nella sua forma migliore.

La Volcano Records fa il botto con i BlackHoleDream, band proveniente da Alessandria ed in possesso di un sound dal potenziale altissimo.

The Brightside Vol.II segue di due anni il primo capitolo, nonché debutto sulla lunga distanza, che ha portato il quintetto piemontese ad avere molti riscontri positivi oltre confine e alla possibilità di aprire per i Limp Bizkit al carroponte di Milano.
Di rock si tratta, moderno e radiofonico tanto basta per imprimersi nelle teste dei giovani rockers europei, pregno di refrain dall’appeal esagerato incastonato in belle canzoni, dal tasso melodico molto alto ma senza rinunciare ad una sana dose di grinta.
Non siamo davanti a chissà quale esempio di originalità, anzi l’album è perfetto nei suoi umori che portano alla mente decine di realtà che hanno ispirato i BlackHoleDream, ma il talento per creare bombe rock facilmente memorizzabili e piacevolmente ruffiane portano ad un giudizio positivo sull’operato dei cinque ragazzi piemontesi.
D’altronde, se dall’opener Better Off Dead, passando per l’irresistibile flavour alla Offspring di Bad Girl, l’irriverenza metal/rock di The Game e il refrain super melodico di All That You Want, l’album non scende di intensità e fluidità neanche per una nota, il plauso va tutto ai cinque ragazzi che con il monicker BlackHoleDream hanno dato vita ad un lavoro che non ha nulla da invidiare ai gruppi internazionali di passaggio sui canali satellitari o su Virgin Radio.
The Brightside Vol. II è un album piacevolmente solare ed elettrizzante, fatto di rock moderno e radiofonico nella sua forma migliore.

Tracklist
1.Better off dead
2.Bad girl
3.Compromises
4.The game
5.Wrong direction
6.Black & blue
7.All that you want
8.21 Oceans
9.Before it’s too late
10.Aisaka

Line-up
Riccardo Saliceto – Guitar & Vocals
Biagio Totaro – Guitar & Vocals
Andrés Oliveros – Guitar
Edoardo Poggio – Bass
Mattia Caci – Drums

BLACK HOLE DREAM – Facebook

Afterlife Symphony – Lympha

Gli Afterlife Symphony producono il massimo sforzo e con Lympha creano la loro opera migliore, diretta e dura come l’acciaio, specialmente nelle ritmiche che mantengono un approccio metallico possente.

A poco più di un anno di distanza dal bellissimo Moment Between Lives, secondo e precedente lavoro, tornano i veneti Afterlife Symphony con questo ennesimo tributo alle sonorità sinfoniche, bombastiche e metalliche.

Il gruppo ci delizia con un’altra ora scarsa di musica elegante e dall’anima gotica, più diretta rispetto ai precedenti lavori a cui si aggiunge al precedente album il debutto Symphony of Silence uscito nel 2013.
Aiutati in fase di produzione da Marco Pastorino (Temperance), uno che di queste sonorità se ne intende, gli Afterlife Symphony producono il massimo sforzo e con Lympha creano la loro opera migliore, appunto diretta e dura come l’acciaio, specialmente nelle ritmiche che mantengono un approccio metallico possente.
Gli arrangiamenti più moderni rispetto al passato e l’anima progressiva accantonata per un impatto che non trova ostacoli, sono le prime avvisaglie di un sound più maturo e personale e che risplende nelle prime quattro tracce, prima che Cremisi alleggerisca il peso di una partenza possente con l’opener Artemisia e la seguente Oroboro.
Rispetto al precedente lavoro non ci sono stati cambiamenti nella line up, con la vocalist Anna Giusto dietro al microfono e protagonista di una prova che conferma le ottime impressioni suscitate lo scorso anno, sostenuta dai quattro musicisti, compagni d’avventura e interpreti di un sound ancora più maestoso ed avvolgente.
Il finale è lasciato alla title track e ai suoi dieci minuti di sunto del credo musicale del gruppo, tra mid tempo orchestrali, strutturati su ritmiche possenti, e pacati movimenti classicamente gotici.
Prima di arrivare alla fine, però, ci siamo imbattuti nella splendida Era, in Obscura e nella metallica XXI, tre perle sinfoniche che alzano il livello qualitativo di questo lavoro, consigliato agli amanti dei suoni sinfonici e di realtà come Epica e Within Temptation, a cui aggiungerei i nostrani Temperance, anche per la presenza di Pastorino in consolle che ha portato un approccio più catchy alla musica del gruppo.

Tracklist
01 – Artemisia
02 – Oroboro
03 – Mantra
04 – Do
05 – Cremisi
06 – Era
07 – Creation
08 – Nebula
09 – Obscura
10 – XXI
11 – Enemy
12 – Lympha

Line-up
Anna Giusto – Vocals
Eddy Talpo – Rhythm and lead guitars
Stefano Tiso – keyboards and piano
Nicolas Menarbin – Bass
Antonio Gobbato – Drum and percussions

AFTERLIFE SYMPHONY – Facebook

Solstice – White Horse Hill

Un’atmosfera imponente per una band esperta. In White Horse Hill c’è tutto il necessario per un ascolto coinvolgente.

Il profumo della grandezza e della tradizione mitologica ha sempre accompagnato i Solstice nella loro carriera, e continua a farlo senza perdere un colpo nel nuovo White Horse Hill.

La band inglese ha ormai al suo attivo un grandissimo numero di lavori in ormai 27 anni di attività, ma non si lascia intaccare nel suo spirito, rispolverando con il proprio inconfondibile stile epico tra il doom e il power metal, gli splendori raggiunti in album come Halcyon (1996) e New Dark Age (1998), ma non solo.
In questo nuovo album i Solstice hanno messo tutti gli elementi che li caratterizzano e di cui si è parlato all’inizio. Lungo tutto il disco, la solennità e l’autorità delle chitarre regnano sovrane, insieme all’inconfondibile tocco della batteria di Rick Budby. White Horse Hill rende sicuramente giustizia al passato della band, la quale vuole forse dirci in questo modo che il presente merita altrettanto rispetto e interesse.
Vi sono pezzi molto evocativi quali To Sol a Thane, con la sua intro di chitarra che può essere definita al tempo stesso da pianto funebre e da celebrazione regale, o Behold, a Man of Straw, dalla breve durata e prettamente riflessiva, ma che non stona per nulla con l’attitudine dei Solstice.
Riguardo la (relativamente) breve durata del disco, gli stessi componenti della band hanno dichiarato di averlo fatto perché “preferiamo la qualità alla quantità, e la maggior parte delle band oggi rilasciano album che durano oltre 70 minuti per alimentare il mercato dei CD”. Un intento sicuramente nobile per una band mai scontata nella sua storia, e che non vuole certo iniziare oggi ad esserlo.

Tracklist
1. III
2. To Sol a Thane
3. Beheld, a Man of Straw
4. White Horse Hill
5. For All Days, and for None
6. Under Waves Lie Our Dead
7. Gallow Fen

Line-up
Richard M. Walker – Guitars
Rick Budby – Drums
Andy Whittaker – Guitars
Paul Kearns – Vocals
Ian Buxton – Bass

SOLSTICE – Facebook

Arkveid – Arkveid

Un’offerta decisamente valida nel suo esibire un umore oscuro distribuito tra i diversi generi che confluiscono nel sound, a partire dal doom metal, per arrivare al black passando per il folk.

Arkveid è il nome di questa band russa, della quale le poche notizie che si hanno raccontano di una storia iniziata a metà dello stesso decennio come duo, ma realizzatasi alla fine sotto forma di album di debutto con la configurazione di one man band.

Al di là di questo resta solo la musica, e non è poco, perché siamo in presenza di decisamente valida nel suo esibire un umore oscuro distribuito tra i diversi generi che confluiscono nel sound, a partire dal doom metal, per arrivare al black passando per il folk.
Questa descrizione ci potrebbe portare, a livello di indizi, nei pressi di un nome come gli Agalloch, citato in effetti nelle note di presentazione ma con il quale, di fatto, ci sono in comune solo gli ingredienti che vanno a confluire in ricette senz’altro diverse.
Inevitabilmente, l’interpretazione della materia da parte di musicisti russi non potrà mai essere simile a quella di una band nordamericana, perché troppo diversi appaiono il background musicale ed anche la sensibilità compositiva, da un lato più propensa a fornire al sound una patina di epica solennità, dall’altra invece più ripiegata verso un intimismo folk compensato da una matrice fondamentalmente black.
Detto questo, Arkveid è un buon album, strutturato su una sola lunga traccia di quasi quaranta minuti ma sufficientemente varia per non tediare l’ascoltatore; del resto, ad un lavoro di questo tipo si richiede quale caratteristica proprio quella di scorrere piacevolmente, con eccellenti intuizioni melodiche e mantenendo un costante equilibrio tra tutte le componenti che entrano a farne parte.

Tracklist:
1. I

ELDRITCH

Il video di ‘Reset’, dall’album ‘Cracksleep’.

Il video di ‘Reset’, dall’album ‘Cracksleep’.

I Progressive metallers Eldritch hanno pubblicato il video del nuovo singolo ‘Reset’, tratto dal nuovo, acclamato album della band ‘Cracksleep’, disponibile su Scarlet Records.

‘Cracksleep’ è un disco che mette insieme i primi Eldritch con le influenze che la band ha acquisito con gli ultimi lavori, intricate parti strumentali e atmosfere oscure, arricchito da arrangiamenti di grande spessore e un concept lirico incentrato sulle cause più comuni dell’insonnia. Il disco è stato prodotto da Eugene Simone, registrato fra ottobre e dicembre 2017 presso i Bigwave Studios di Rosignano Marittimo e mixato ai Domination Studios di San Marino da Simone Mularoni (DGM). L’artwork è invece opera di Federico Mondelli (Be The Wolf).

www.eldritchweb.com

Light The Torch – Revival

Revival non è il solito disco di metal moderno per ragazzini, ha profondità e solide radici e suona molto bene, per un ulteriore passo in avanti nella carriera di quello che è un supergruppo che però sa reinventarsi ogni volta senza vivere sugli allori.

I Light The Torch sono la dimostrazione vivente che si può fare buon metal moderno misto al rock, essere radiofonici ed al contempo credibili.

Cosa non difficile visti i membri che compongono il gruppo ed i loro curriculum passati, a partire dal cantante Howard Jones già nei Killswitch Engage e nei Blood Has Been Shed, che con la sua particolare voce è uno dei punti di forza del gruppo. Non tutto è facile però, poiché la band ha dovuto attraversare un difficile momento sia personale di diversi componenti del gruppo, come lo stesso Jones che nel 2016 ha perso suo fratello, sia a livello di gruppo per diversi contrasti al loro interno, come è per certi versi normale. Revival, il titolo del nuovo disco, rispecchia precisamente il suo significato, nel senso di reale rinascita per il gruppo, che dopo aver passato la tempesta è più vivo che mai. In molti parlano di metalcore per descrivere il genere di questa band, ma c’è qualcosa in più e di differente, per cui sarebbe forse meglio parlare di metal rock, anche per la grande quantità di melodia presente. I losangelini hanno lavorato per più di un anno al disco e i miglioramenti sono tangibili, soprattutto nella fusione di melodia e potenza, dando un buon risultato. Le canzoni sono strutturate in maniera più solida e si snodano con vigore, riuscendo ad avvicinare un pubblico maggiore rispetto al mero metalcore. Tutte le canzoni sono potenziali singoli radiofonici, specialmente per il circuito radio metal delle università americane. Revival non è il solito disco di metal moderno per ragazzini, ha profondità e solide radici e suona molto bene, per un ulteriore passo in avanti nella carriera di quello che è un supergruppo che però sa reinventarsi ogni volta senza vivere sugli allori.

Tracklist
1. Die Alone
2. The God I Deserve
3. Calm Before The Storm
4. Raise The Dead
5. The Safety Of Disbelief
6. Virus
7. The Great Divide
8. The Bitter End
9. Lost In The Fire
10. The Sound Of Violence
11. Pull My Heart Out
12. Judas Convention

Line-up
Howard Jones – Vocals
Francesco Artusato – Guitar
Ryan Wombacher – Bass
Mike “Scuzz” Sciulara – Drums

LIGHT THE TORCH – Facebook

KENOS

Il video di “Sons Of Martyrdom”, dall’album “Pest” in uscxita a maggio (My Kingdom Music).

Il video di “Sons Of Martyrdom”, dall’album “Pest” in uscxita a maggio (My Kingdom Music).

Eight years since their last album “X-Torsion”, KENOS are ready to come back on the scene with a new album titled “Pest” and it’s more violent, intransigent and aggressive than ever recorded by the band.
The first track published as official video directed by Brace Beltempo is “Sons Of Martyrdom”.

KENOS’ upcoming album consists of eight tracks, will be released on May 18th and the final result is a blow in the face indeed! It is Death Metal music as it was supposed to be… so violent, heavy and technical.

The cover is realised by Mhadi artwork, while “Pest” track listing is: 1. Sons Of Martyrdom – 2. B.D.C. (Black Death Curse) – 3. Buried And Forgotten – 4. Immortal Breath – 5. Leave Me Now – 6. My Wooden Frame – 7. Shooting At The Moon – 8. The Sweeper Of Remains

Official sites:
– PRE-ORDER CD: http://smarturl.it/KENOS-CD
– MY KINGDOM MUSIC: www.mykingdommusic.net *
www.facebook.com/mykingdommusic.label
– KENOS: www.facebook.com/kenosband

Nirnaeth – The Extinction Generation

Con una manciata di bonus track a completare un’opera che fotografa perfettamente il credo musicale dei Nirnaeth, The Extinction Generation è un lavoro imperdibile per gli amanti del thrash più evoluto e progressivo, fatto di suggestioni punk, psichedeliche e hard rock su un ottovolante metallico senza freni.

I lombardi Nirnaeth sono un gruppo storico del metal tricolore: la loro storia inizia nell’underground dello stivale nel 1990, ma subisce uno stop di una dozzina d’anni dopo l’uscita di quel gioiellino thrash progressivo che è il primo album intitolato The Psychedheavyceltale in 8 Movements, uscito nel 1997.

The Return, ep del 2009, sembra finalmente dare una nuova carica al gruppo del cantante e batterista Marco Lippe, ma il nuovo album The Extinction Generation viene bloccato da una serie interminabile di problemi nella line up.
In collaborazione con la GDC Rock Promotion l’album torna oggi sul mercato per rilanciare un gruppo meritevole della giusta attenzione da parte dei fans del thrash più progressivo.
The Extinction Generation, infatti è un notevole esempio di thrash metal statunitense valorizzato da ottime idee progressive ed un songwriting che lascia aperte tutte le porte possibili sul mondo musicale.
Tra cover dei Ramones, stupendi brani metallici ispirati al migliore power/thrash americano e geniali parti progressive di reminiscenze voivodiane, l’album esalta e tiene incollati alle cuffie aspettando che da un momento all’altro la band ci delizi e ci sorprenda, grazie ad un songwriting di altissimo livello ed una serie di tracce una più bella dell’altra.
A collaborare con la band troviamo al microfono la bravissima cantante dei Feronia, Elena Lippe, sorella del leader e da poco sul mercato con lo splendido debutto della sua band intitolato Anima Era.
Con una manciata di bonus track a completare un’opera che fotografa perfettamente il credo musicale dei Nirnaeth, The Extinction Generation è un lavoro imperdibile per gli amanti del thrash più evoluto e progressivo, ricco di suggestioni punk, psichedeliche e hard rock su un ottovolante metallico senza freni.

Tracklist
1.We Forget to Think
2.Moby Dick
3.The Extinction Generation
4.Blind Hate
5.Blitzkrieg Bop (Ramones cover)
6.The Fatal Blame
7.A Better Revolution
8.Mors Tua Vita Mea
9.The Human Bankrupt
10.The Root of Evil

Bonus Tracks:
11.Ten Years After
12.The Fatl Blame
13.The Root Of evil
14.Epitaph

Line-up
Marco Lippe – Vocals, Drums
Danny Nicoli – Guitars
Luca Algeri – Bass
Elena Lippe – Vocals

NIRNAETH – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL – CARMONA RETUSA

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.
Questa volta tocca ai torinesi Carmona Retusa, band dedita ad un interessante post hardcore/noise.

MC I Carmona Retusa sono una band di recente formazione, ci parli dei vostri inizi?

Io (Benito, basso) e Fabio (voce) ci siamo conosciuti lavorando in un call center mentre Lorenzo (chitarra) e Luca (batteria) erano amici di vecchia data, avevano avuto anche una band diversi anni fa. Proprio loro due mi proposero un po’ per scherzo di andare in sala prove e così nacque questo progetto, che nel giro di pochi mesi cambiò nome, forma e cantanti sino ad arrivare all’attuale formazione. Io decisi di occuparmi dei testi e così incastrai Fabio costringendolo a venire a provare con noi con la scusa di non precisati problemi di metrica, da quel momento è diventato il nostro insostituibile cantante!

MC La Carmona Retusa, se non mi sbaglio, è la pianta del tè. Mi spieghi l’origine di questo nome così insolito per una band?

All’uscita da un concerto degli Zu a Torino ci interrogavamo su quale nome dare alla band, non cercavamo il solito nome altisonante così cercando parole a caso su google è venuto fuori quello di questo bonsai “carmona retusa”, l’ho ripetuto ad alta voce e ci suonava talmente male che ci è piaciuto subito.

MC Come definiresti il vostro genere musicale? Ci sono band da cui avete tratto ispirazione?

La questione “genere musicale” è veramente annosa! Penso che anche solo definire correttamente cosa rientri o no in un genere sia uno sforzo impossibile e non so quanto utile. In ogni caso ognuno di noi viene da “scuole” musicali differenti. Luca ha avuto una band screamo, Lorenzo ha suonato dieci anni thrash metal mentre Fabio tutt’ora è chitarra e voce in un power-duo blues-stoner (Bettie Blue). Forse ero io l’unico con un certo tipo di ascolti: dai Drive Like Jehu ai Jesus Lizard, fino ai nostrani The Death of Anna Karina e Massimo Volume. Detto questo è stata la “magia” della sala prove a decidere per noi.

MC Solo Un Po’ Di Terra E Un Albero Sopra, questo è il titolo del vostro debut album pubblicato a febbraio di quest’anno. Ci parli di questo disco?

Il filo rosso che collega tutte le tracce dell’album è il concetto di “accettazione”. La prima canzone è una sorta di lettera aperta ai genitori, ripresa da una vignetta di Andrea Pazienza, in cui un figlio ammette i propri errori e tra sogni e ricordi spera di tornare bambino. Nella traccia successiva, questa volta ispirata da un dialogo di Bojack Horseman, la madre ricorda al figlio che non c’è cura per il fatto di essere se stessi ed avere un passato e un marchio anche genetico. Penso che questo botta-risposta racchiuda un po’ le sensazioni, anche e soprattutto musicali, di durezza e amarezza che nei 25 minuti di album abbiamo cercato di esprimere.

MC Sono previsti dei live per promuovere il nuovo album?

Il 13 di questo mese suoneremo al Joe Koala di Bergamo, poi il 21 all’Arci Dallò di Mantova e il 27 a Pistoia per la rassegna le notti della Cachara, nei mesi successivi ne seguiranno ancora.

MC Dove i nostri ascoltatori possono seguirvi?

Abbiamo la pagina facebook (https://www.facebook.com/carmonaretusaband/) dove sono presenti anche tutti gli aggiornamenti in merito all’attività live!

Shrine Of The Serpent – Entropic Disillusion

Nel caso degli Shrine Of The Serpent, piuttosto che della nascita di una nuova stella, è meglio parlare dell’apparizione di un nuovo buco nero musicale, la cui densità del sound tende inevitabilmente all’infinito.

Avevamo incontrato gli Shrine Of The Serpent in occasione dello split album con i Black Urn, ricevendone impressioni più che positive.

Il passaggio dalle due tracce proposte l’anno scorso (per quanto lunghe) ad un full length di quasi un’ora di durata nasconde più di un insidia, ma il trio di Portland non ha certo fatto calcoli e ci regala uno sludge/death doom che non fa sconti e non lascia dubbi o incertezze sui biechi intenti che animano i nostri.
Entropic Disillusion si dipana seguendo pulsioni che riportano ai primissimi Cathedral, come detto anche in occasione dello split (dal quale viene recuperata la mortifera Desecrated Tomb), con variazioni sul tema che non sono previste da alcun copione, il che significa l’ascolto di un riffing sordo e martellante a sostenere il growl del chitarrista e fondatore della band Todd Janeczek.
Tutto questo piace e non poco, visto che gli Shrine Of The Serpent triturano note senza soluzione di continuità, concedendo solo alcuni sprazzi pseudo melodici di chitarra, compressi tra il limaccioso incedere di un sound che è linfa per l’appassionato e veleno puro per chi ama già poco di suo il doom, figuriamoci in queste vesti.
L’ambient drone di Returning è la pausa attiva che introduce alla rara pesantezza dei riff di Epoch of Annihilation, alla quale segue, quasi ne fosse l’ideale prosecuzione, la conclusiva Rending the Psychic Void.
Cathedral di Forest Of Equlibroium (scremati da ogni tentazione psichedelica, però), certo, ma anche Winter, Evoken o gli stessi più recenti Bell Witch, confluiscono in un monolite che non lascia scampo sotto ogni aspetto, inclusa la splendida copertina.
Nel caso degli Shrine Of The Serpent, piuttosto che della nascita di una nuova stella, è meglio parlare dell’apparizione di un nuovo buco nero musicale, la cui densità del sound tende inevitabilmente all’infinito.

Tracklist:
1. Descend into Dusk
2. Hailing the Enshrined
3. Hope’s Aspersion
4. Desecrated Tomb
5. Returning
6. Epoch of Annihilation
7. Rending the Psychic Void
Line-up:
Todd Janeczek Guitars, Vocals (2014-present)
See also: Aldebaran, Roanoke, ex-Anger Management, ex-Authority Fights Majority, ex-Tenspeed Warlock
Chuck Watkins Drums (2015-present)
See also: Anon Remora, Ephemeros, ex-Uzala, Bird Costumes, Litter Bearer, ex-Graves at Sea, ex-SubArachnoid Space
Adam DePrez Guitars, Bass (2015-present)
See also: Eosphoros, ex-Lung Molde, ex-Triumvir Foul, ex-Sod Hauler

Silver Linings – Our Bright Future Ahead

Il sound dei Silver Linings pesca dalla tradizione prog metal ma sa essere allo stesso modo abbastanza originale per non perdersi nel vasto mondo dei cloni: a questo punto aspettiamo la prova sulla lunga distanza, per la quale i ragazzi sembrano essere pronti.

I Silver Linings sono un quintetto proveniente da Rimini e Our Bright Future Ahead è il loro secondo lavoro, un ep di cinque brani che potete scaricare gratuitamente dalla pagina bandcamp della band, che arriva dopo l’ep Stone Eyes Look Again Seaward del 2014.

Il sound dei Silver Linings è un metal progressivo nel quale sono evidenti le influenze dei Dream Theater, in un contesto a suo modo originale, che ingloba elementi dal rock progressivo settantiano ed elettronica.
Ed è proprio la parte moderna del sound che risulta il pezzo forte della musica composta per Our Bright Future Ahead, elemento che come una tempesta magnetica di origine sconosciuta risulta disturbante all’interno di brani molto interessanti, lasciando sempre una via aperta alla sperimentazione ed alla sorpresa compositiva.
Static Breathing apre l’album con i suoi tre minuti abbondanti di piacevole musica strumentale, ma è da Confessions Of an Earthling in poi che l’anima moderna dei Silver Linings comincia a fare il bello e cattivo tempo in un sound che non dimentica la sua natura progressiva mostrando  ritmiche intricate ma non cervellotiche, mentre il cantato ricorda non poco quello del buon James La Brie.
Intro elettronica ma grinta da vendere nella graffiante The Experiment, mentre la title track si avvicina al metal prog classico per poi sfumare nelle atmosfere sci-fi della conclusiva ….Or Not!?.
Il sound dei Silver Linings pesca dalla tradizione prog metal ma sa essere allo stesso modo abbastanza originale per non perdersi nel vasto mondo dei cloni: l’ep si rivela un ottimo lavoro che fa ben sperare per una prossima prova sulla lunga distanza, per la quale i ragazzi sembrano essere pronti.

Tracklist
1.Static Breathing
2.Confessions Of An Earthling
3.The Experiment
4.Our Bright Future Ahead
5…..Our Not!?

Line-up
Stefano Minotti – Vocals, Synth
Ivan Maioli – Guitars
Francesco Minotti – Bass
Beppe “JJ” Gravina – Drums
Ugo Gorini – Keyboards

SILVER LININGS – Facebook

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