Throneum / Necrosadist / Empheris / Witchfuck – Night of Terror

La resa audio del live è terribilmente deficitaria e di sicuro questo non rende giustizia all’impegno delle band coinvolte, trattandosi di una registrazione men che amatoriale.

La Unpure Records pubblica questo split in formato cassetta che immortala dal vivo quattro band estreme della scena polacca, registrando parte dello show tenutosi durante il Night of Terror tenutosi a Chorzów lo scorso 21 ottobre.

Di per sé l’operazione non sarebbe affatto male, visto che in un colpo solo ci sarebbe la possibilità di ascoltare due brani ciascuno di gruppi dalla storia già abbastanza lunga come Throneum, Empheris e Necrosadist, o più recente come i Witchfuck, tutte comunque dedite ad un black/thrash piuttosto diretto e genuino.
Il grosso problema è che la resa audio del live è terribilmente deficitaria, nel senso che siamo al livello di un bootleg di scarsa qualità , anche se è possibile che il nastro restituisca un minimo di profondità in più rispetto al formato mp3 in mio possesso: di sicuro questo non rende giustizia all’impegno delle band coinvolte, trattandosi di una registrazione men che amatoriale.
Personalmente provo massima stima e rispetto per chi sta cercando di riportare in auge le musicassette e di chi se ne strafotte della perfezione sonora privilegiando l’impatto sonoro ed i contenuti, però in questo caso si scende al di sotto di un’ipotetica soglia di tollerabilità. In definitiva, ritengo che Night of Terror possa essere un prodotto appetibile solo per chi si trovava quel giorno al concerto, avendo così la possibilità di conservarne un ricordo “fisico”, mentre chi volesse approfondire la conoscenza di queste quattro band è meglio che si rivolga ad uscite più canoniche.

Tracklist:
Side A
1. Throneum – Exhibition of Abomination
2. Throneum – Godless Antihuman Evil
3. Empheris – Black Mirror of Unknown
4. Empheris – The Return of Derelict Gods Pt. IV
Side B
5. Necrosadist – Night of Sodomy
6. Necrosadist – Infernal Ritual
7. Witchfuck – Disgusting Rock’N”Roll
8. Witchfuck – Unholy Cunt

Line-up:
Throneum
Armagog – Bass
The Great Executor – Guitars, Vocals
Diabolizer – Drums

Necrosadist
Necroführer – Guitars, Vocals (backing)
Thot – Drums
Morbid G. – Bass, Vocals (backing)
Cuntreaper – Vocals

Empheris
Bonif – Bass
Adrian – Vocals
Tomasz Dobrzeniecki – Guitars
Giorgi Tchutchulashvli – Guitars
Szymon Żbikowski – Drums

Witchfuck
BeerTerror – Guitars
Hellscreamaross – Vocals, Lyrics
Count W. – Bass
M.D. – Drums

Khoy – Negativism

E’ davvero affascinante ascoltare un suono come questo, veloce ed espressivo, senza essere per nulla autoreferenziale, per un ep è davvero buono.

Ep di esordio in downlaod libero per i piemontesi Khoy, all’insegna dell’hardcore più moderno, veloce, caotico e tecnico.

Questo gruppo possiede una notevole potenza, usa lo strumento hardcore in molte delle sue accezioni, riuscendo a plasmare sempre la materia per produrre ottime canzoni. All’interno del loro suono si possono ritrovare molte influenze, dall’hardcore in quota Converge, a qualcosa di screamo passando per momenti emo molto intensi. Inoltre alcune canzoni richiamano molto la struttura delle canzoni mathcore, con un andamento frastagliato, con diversi cambi di ritmo, tenendo sempre alta l’attenzione dell’ascoltatore. Ci sono anche momenti più dilatati, ma sempre all’insegna del rumore e della potenza. Un ep che stupisce per varietà e suono complessivo, perché c’è un sentimento che impera dentro il disco, ed è una cosa grande. Grazie alla giovane età di questi ragazzi il suono è maggiormente rivolto verso la modernità piuttosto che verso la classicità dell’hardcore, ma è presente anche quella.E’ davvero affascinante ascoltare un suono come questo, veloce ed espressivo, senza essere per nulla autoreferenziale, per un ep è davvero buono. Il disco è frutto di una cospirazione diy, e lo potete trovare sia in forma fisica che in download libero; compratelo o scaricatelo, soprattutto ascoltatelo perché è un disco divertente e dal grande cuore.

Tracklist
1.My Love For You Is Like A Truck Berserker
2.Tapeworm
3.Misleading Existence For Fancy Thinkers
4.Whorehouse
5.That One Time I Got Drunk Before 2 p.m.

Line-up
Saibbo: Guitar
Gio: Drums
Alex (Turboburrasca): Bass/Vocals
Simo: Guitar/Vocals

KHOY – Facebook

Shadygrove – In The Heart Of Scarlet Wood

Una manciata di musicisti della scena folk/symphonic/gothic nostrana si unisce alla natura e alle leggende di un mondo antico per un viaggio nel mito celtico, creando una musica che profuma di pozioni e rituali, completamente acustica e dannatamente coinvolgente.

La scena metal tricolore non smette di stupire rivelandosi in questi ultimi anni una fucina di talenti e diventando una delle massime espressioni del genere, almeno nella vecchia Europa.

E per metal si intendono anche e soprattutto tutti i sottogeneri ispirati dalla voglia di mettersi in gioco e trovare spunti da tradizioni antiche e non solo dai molti spunti moderni.
E’ cosi che una manciata di musicisti della scena folk/symphonic/gothic nostrana (provenienti da band come Elvenking, Evenoire e Sound Storm) si unisce alla natura e alle leggende di un mondo antico per un viaggio nel mito celtico, creando una musica che profuma di pozioni e rituali, completamente acustica e dannatamente coinvolgente.
Gli Shadygrove vengono rapiti da un mondo di magia, in un viaggio emozionante alla ricerca di sfumature ed atmosfere ormai perse nel tempo, nascoste nell’anima di ognuno di noi e pronte a tornare protagoniste nella nostra vita lasciata in mano al mostro che ci divora tutti i giorni: la modernità.
Presi per mano dall’intensa e magica interpretazione di Lizy Stefanoni (anche al flauto), musa di questo bellissimo In The Heart Of Scarlet Wood, accompagnata dai delicati arpeggi folk/acustici dei musicisti che formano con la cantante questa incredibile realtà fuori dal tempo (Fabio Lethien Polo al violino, Matteo Comar alla chitarra, Davide Papa al basso, Elena Crolle alle prese con tastiere ed orchestrazioni e Simone Morettin alla batteria e percussioni), ci inoltriamo tra le foreste in un passato imprecisato dove la poesia musicale del gruppo si unisce al tempo e ai luoghi nei quali ci muoviamo affascinati da quanta naturale bellezza ci circonda.
Basterebbe la meravigliosa Cydonia per decretare la completa riuscita di questo lavoro, ma l’opera vive di nove sognanti perle acustiche, seguendo le strade tortuose che conducono chi sa ancora sognare verso i paesaggi rurali dei Blackmore’s Night.

Tracklist
01. Scarlet Wood
02. My Silver Seal
03. The Port Of Lisbon
04. Eve Of Love
05. This Is The Night
06. Cydonia
07. Northern Lights
08. Let The Candle Burn
09. Queen Of Amber

Line-up
Lisy Stefanoni – Vocals, Flute
Fabio “Lethien” Polo – Violin
Matteo Comar – Guitar
Elena Crolle – Keyboards
Davide Papa – Bass
Simone Morettin – Drums, Ethnic Percussions

SHADYGROVE – Facebook

Exumer – A Mortal in Black

Mitico gruppo del thrash teutonico, tra i top 20 del genere negli Eighties tedeschi, e primo passo in direzione di una carriera che, se è vero che non l’ha mai visti protagonisti assoluti, li ha in ogni caso indiscutibilmente immortalati come gli Slayer di Germania.

Provenienti da Nordenhamm, vicino a Francoforte, gli Exumer sorsero dalle ceneri dei Tartaros.

Nel 1985, la creatura del bassista-cantante Mem Von Stein e del chitarrista Ray Mensch – coadiuvati dal secondo chitarrista Bernie, e dal batterista Syke Bornetto – debuttò, con uno storico demo tape, dal titolo A Mortal in Black: otto brani velocissimi e oscuri, soffocanti e cupi, figli degli Slayer di Show No Mercy ed Hell Awaits, uscito in America proprio in quell’anno, per la Metal Blade. Gli Exumer, con questo nastro, misero subito in bella mostra il loro thrash-black primordiale e chiarirono quale – e di quale valore – fosse allora l’underground nella Germania occidentale, specie nell’ambito speed e thrash metal. La cassetta è stata riedita su CD, nel 2014, insieme a tutta la prima parte del catalogo degli Exumer, dalla benemerita HR Records e non occorre pertanto impazzire per reperirla. I brani, tra l’altro, sono quelli che – ma reincisi – sono andati poi in parte a costituire l’album Possessed by Fire, ancora oggi ritenuto, da tutti, il capolavoro dell’act di Mem Von Stein, da alcuni anni di nuovo in pista, con gli Exumer, come se il tempo non fosse passato. E questo, insieme all’orgoglio, solo la musica può darlo. Riascoltate per l’occasione la title-track, la malinconica Reign of Sadness, i vagiti spaziali (nel senso letterario e lovecraftiano) delle nichiliste Journey to Oblivion e Xiron Darkstar, o le più venomiane (oltre che slayeriane) Silent Death, Fallen Saint e Destructive Solution. Questa è, davvero, Storia. Specialmente per chi ama il thrash tedesco alla Assassin-Tankard-Deathrow-Holy Moses, nonché la scuola nordamericana (Nuclear Assault, Hirax, Exodus, Sacred Reich, Razor), gli Artillery e gli Onslaught.

Tracklist
1- Possessed by Fire
2- Journey to Oblivion
3- Reign of Sadness
4- Xiron Darkstar
5- Fallen Saint
6- Destructive Solution
7- A Mortal in Black
8- Silent Death

Line up
Mem Von Stein – Bass / Vocals
Bernie – Guitars
Syke Bornetto – Drums
Ray Mensch – Guitars

1985 – Autoprodotto

Tarasque – Innen Aussen

Per una mezzora veniamo travolti dalla forza dello sludge, mentre tramortiti e confusi arranchiamo aiutati da un lento incedere doom metal oscuro ed intimista, e da scudisciate violentissime che lasciano abrasioni sulla nostra pelle e sulla nostra anima.

Per una mezzora veniamo travolti dalla forza dello sludge, mentre tramortiti e confusi arranchiamo aiutati da un lento incedere doom metal oscuro ed intimista, e da scudisciate violentissime che lasciano abrasioni sulla nostra pelle e sulla nostra anima.

Loro sono un trio tedesco, formato da ex componenti di Unrest, Forced to Decay e Horseman, uniti sotto il monicker Tarasque con cui licenziano questo inno sludge metal intitolato Innen Aussen, con i suoi cinque brani nei quali un sound ossessivo e rabbioso si alterna ad atmosferiche parti doom/stoner, per un approccio estremo notevole.
Un muro sonoro su cui passeggiano le nostre paranoie, mentre le chitarre urlano dolore alternandosi ai disperati vocalizzi e si respira aria di soffocante dramma, in un’atmosfera sempre in bilico tra rabbia e sconforto.
E’ bellissima Karoshi, a mio avviso il brano più riuscito di Innen Aussen, un crescendo estremo coinvolgente dove gli strumenti all’unisono creano un’atmosfera malsana e putrida, ma è tutto l’album che galleggia in una palude dove resti umani toccano le nostre membra stanche ed ormai pronte a lasciarsi andare alla morte, risucchiati nel fango letale di un sound oppressivo come in Trümmerfeld o nella conclusiva Staub und Zeit.
Lavoro difficile da apprezzare in poche battute, Innen Aussen riserva gradite sorprese agli amanti del genere che gli riserveranno un po’ del loro tempo.

Tracklist
1.Pluveophil
2.Trümmerfeld
3.AllesNichts
4.Karoshi
5.Staub und Zeit

Line-up
Gerrit – Vocals, Guitars
Martin – Bass
Hanno – Drums

TARASQUE – Facebook

Battlesoul – Sunward And Starward

La forza di questo nuovo album targato Battlesoul è quella di mantenere un approccio estremo, pur lasciando che le melodie e le armonie folk siano presenti, accompagnando il concept celtico/guerresco.

Come sempre nel meraviglioso mondo della musica underground è quando meno te lo aspetti che ti ritrovi al cospetto di un album che ti fa sussultare ed innamorare, magari travolto da tempeste estreme, oppure divertito dall’irriverenza del rock’n’roll o ancora cullato dal lento andamento di un blues.

In questo caso invece ci vestiamo di pellicce, ci armiamo di scuri e scendiamo verso il lago Ontario, al comando dei Battlesoul, quartetto canadese che arriva al terzo album in dieci anni di eroici scontri tra folk, death metal melodico e power/thrash.
Lay Down Thy Burdens, licenziato nel 2010, e Tir Na Nog, uscito ormai cinque anni fa, sono i precedenti lavori (oltre all’ep di debutto) dei Battlesoul prima che Sunward And Starward ci costringa a fuggire lungo le valli intorno al grande lago, inseguiti dai  guerrieri canadese.
Che scrivere di un album del genere se non che vi ritroverete nel bel mezzo di epiche atmosfere belliche, spazzati da tempeste estreme, inseguiti da cavalcate power/thrash devastanti, valorizzate da un gusto per le melodie di stampo classico da applausi, mentre nobili tastiere e sfumature folk esaltano un sound tellurico.
La band non fa sconti e l’album viaggia a velocità sostenuta per quasi l’intera durata, la forza bruta sprigionata dai Battlesoul è immane, e brani come Arrival, Break The Day, la mastodontica title track ed il mid tempo pesantissimo, epico e drammatico del capolavoro The Loss Of Sons, sfiorano le gesta delle icone nordiche del genere, in un deliro di sangue e fango, muscoli e gloria che non fa prigionieri.
La forza di questo nuovo album della band canadese è quella di mantenere un approccio estremo, pur lasciando che le melodie e le armonie folk siano presenti, accompagnando il concept celtico/guerresco: Amon Amarth, Moonsorrow, primi Blind Guardian ed In Flames, vengono digeriti e risputati sotto forma di un sound entusiasmante e 100% Battlesoul.
Imperdibile.

Tracklist
1.All I Understand
2.Arrival
3.Azure Skies
4.Bearing The Word
5.break The Day
6.So It Goes
7.Sunward And Starward
8.The Loss Of Sons
9.The watcher
10.Totem

Line-up
Thomas Ireland – Guitar, Programming
Jon Doyle – Vocals, Bass, Keyboard
Mike Grund – Guitar
Nich Ireland – Drums

BATTLESOUL – Facebook

Anguish – Magna Est Vis Siugnah

Un intenso e arcano profumo di doom impregnato di death si sprigiona fin dalle prime note di Magna Est Vis Siugnah degli svedesi Anguish, che ci presentano una terza opera vibrante, intensa e oscura.

Un intenso e arcano profumo di doom impregnato di death si sprigiona fin dalle prime note della terza opera completa degli svedesi Anguish, che dopo aver prodotto due full length (Through the archdeamon’s head del 2012 e Mountain del 2014) per Dark Descent, esordiscono per High Roller con un album intenso e vibrante.

Sei brani dall’alto minutaggio e dall’andamento solenne e dolente creano un bel disco che cresce con gli ascolti e ci dona momenti carichi di atmosfera; i musicisti sembra che ci vogliano far immergere in antichi rituali e basta dare un’occhiata alla bella cover per cogliere tale suggestione. La musica, che può ricordare in alcuni tratti i Candlemass, è ricca di belle parti chitarristiche, si nota una ricerca di suoni e momenti non scontati. La title track nel suo alternarsi di riff e accordi tratteggia parti tragiche e veementi, aiutata anche dal growl del vocalist J.Dee, carico ed espressivo; i toni più estremi di Of the Once Ravenous con l’incedere solenne e ipnotico mostrano un lato introspettivo molto intenso tipico di partiture death doom di alta classe. La band non ricerca strade facili, è molto concentrata e ispirata, crea atmosfere opprimenti e angoscianti in tutti i brani avvolgendoli in una coltre dark e plumbea dove non filtra nessun raggio di luce (Requiescat in Pace). Le note addolorate di Elysian Fields of Fire con il loro lento incedere marchiano nel fuoco il doom della band, così come il pesante suono di organo e il vibrante guitar sound di Our Daughters Banner suggellano un’opera solida da parte di questi artisti scandinavi.

Tracklist
1. Blessed Be the Beast
2. Magna est vis Siugnah
3. Of the Once Ravenous
4. Requiescat in Pace
5. Elysian Fields of Fire
6. Our Daughters Banner

Line-up
J.Dee – Vocals,bass
Rasmus – drums
David – guitar
LInus -guitar

ANGUISH – Facebook

The Negative Bias / Golden Dawn – Temple of Cruel Empathy / Lunar Serpent

Questo split album, che riunisce due entità austriache dedite al black metal, offre diversi motivi di interesse a chi abbia voglia di approfondire e riscoprire quella scena tutt’altro che marginale.

Questo split album, che riunisce due entità austriache dedite al black metal, offre diversi motivi di interesse a chi abbia voglia di approfondire e riscoprire quella scena, tutt’altro che marginale visto che ha fornito band dello spessore di Belphegor, Abigor e Summoning, tra le altre.

I The Negative Bias li conosciamo già in virtù del loro ottimo album rilasciato qualche mese fa, con il quale il duo formato da I.F.S. e S.T. esibiva per la prima volta su lunga distanza la propria interpretazione cosmica ed atmosferica del black metal, e confermano in pieno le ottime impressioni fornite in quell’occasione con un traccia valide come The Temple of Cruel Empathy. In questo split album lo stesso S.T. (al secolo Stefan Traunmüller) occupa la seconda metà con il suo progetto solista Golden Dawn, attivo dalla metà degli anni ’90, presentando invece il genere in una versione più melodica e a suo modo raffinata, con il ricorso soluzioni ritmiche inusuali ed un utilizzo piuttosto originale delle tastiere, il che rende Lunar Serpent un brano di grande spessore, testimonianza della competenza in materia di un musicista tra i più credibili in ambito black, non soltanto sul suolo austriaco.
In definitiva, per chi predilige questo tipo di formato il connubio tra The Negative Bias e Golden Dawn potrebbe rivelarsi molto appetibile.

Tracklist:
1. The Negative Bias – The Temple of Cruel Empathy
2. Golden Dawn – Lunar Serpent

Line-up:
Golden Dawn
Dreamlord – Vocals, Guitars, Bass, Keyboards

The Negative Bias
S.T. – Bass, Guitars, Drums
I.F.S. – Vocals

THE NEGATIVE BIAS – Facebook

URBAN STEAM

Il lyric video di Under Concrete, dall’album omonimo in uscita a maggio (Red Cat).

Il lyric video di Under Concrete, dall’album omonimo in uscita a maggio (Red Cat).

Gli URBAN STEAM, alternative rock band di Roma, affidano a Red Cat Records il loro primo full length “Under Concrete”, previsto per maggio 2018.

Gli Urban Steam suonano insieme dall’autunno del 2012. La formazione è rimasta la stessa dall’inizio.
Tutti i membri vengono da varie esperienze in altre band, sia di musica originale che di cover e tributi.
L’obiettivo è stato da subito lo stesso per tutti: scrivere brani rock senza troppi vincoli di genere, senza farsi prendere dalla smania di costruire un repertorio adatto a compiacere qualche tipo di pubblico o aderire ad uno specifico genere musicale, solo il gusto di scrivere e suonare.
I 4 si sono quindi chiusi nella loro sala prove e hanno iniziato a scrivere brani e registrarli.
I gusti musicali musicali girano intorno al rock ma sono tutt’altro che omogenei. Facendo qualche nome a caso: Rush, Extreme, Dave Matthews Band, Mr Big, Cosmosquad, Hot Head Show, Toto, Sepultura, Whitesnake, R.J. Dio, Porcupine Tree, Damien Rice, Bruce Springsteen…
I brani ovviamente arrivano dalla miscela di queste band e tante altre che fanno parte del loro background musicale.
Dopo un primo demo di 3 brani registrato nel 2015 nel 2018 esce il loro primo disco.

CONTATTI BAND:
Website: www.urbansteam.it
Facebook: www.facebook.com/UrbanSteamRoma/
Youtube: www.youtube.com/user/urbansteam

LABEL:
www.redcatpromotion.com

Escaping Amenti – Awakening

Industrial, death metal, orchestrazioni e cori declamatori formano la colonna sonora di un’apocalisse della quale l’uomo è il maggiore responsabile, odioso colpevole di questo totale disfacimento.

Il metalcore, quando decide di far male è un mostro musicale che senza pietà infligge mazzate di potentissimo metallo moderno, a tratti attraversato da un mood estremo industriale che ci catapulta in un futuro apocalittico e post atomico assolutamente inumano.

Gli svedesi Escaping Amenti hanno creato un sound che rappresenta tutto questo, composto per il proprio debutto, un salto nell’anno 2370 dove il mondo come lo conosciamo non esiste più, lasciato all’oscurità ed alla distruzione.
Industrial, death metal, orchestrazioni e cori declamatori formano la colonna sonora di un’apocalisse della quale l’uomo è il maggiore responsabile, odioso colpevole di questo totale disfacimento.
Awakening ha nella sua ora di duratal’unico difetto, un po’ troppo per sopportare colate di lava core che inibiscono i padiglioni auricolari e che lasciano qualcosa in termini di scorrevolezza dei brani, ma per il resto l’album dona dignità ad un genere usato ultimamente solo per raccogliere qualche dollaro tra i ragazzetti a stelle e strisce.
Guerra, odore di distruzione, una potenza estrema che si può toccare, sono le caratteristiche di brani nati per raccontare un mondo neanche troppo lontano da noi, in un lotto di tracce come The Gathering, Nuclear o This Will Never End.
A tratti, nella musica dei sette musicisti scandinavi, sono riconoscibili influenze industrial che vanno dai Fear Factory ai Ministry, racchiusi in questo mostruoso esempio di metalcore che si specchia nel deathcore e nel thrash moderno.
Awakening, come dettocon una quindicina di minuti in meno sarebbe stato un lavoro quasi perfetto per il genere, ma rimane comunque una bella mazzata da infilare a forza nelle orecchie dei fans di gruppetti pericolosi come un criceto nella gabbietta.

Tracklist
1.Awakening
2.The Gathering
3.Our World
4.Nuclear
5.Riptide
6.This Will Never End
7.Voice of Mankind
8.First Blood
9.Diary, Pt. 1 (Seth vs Horus)
10.Memories
11.The Depths of Amenti
12.Echoes of the Void
13.The Secrets of the Past

Line-up
Strife – Vocals
Umbra – Vocals
A̸҉͢n̛͞im͏͜u͝s̡͜͡ – Bass, Keys
Ranzal – Guitar
Shemseth – Guitar
Anaktïsi – Guitar
Mangler – Drums

ESCAPING AMENTIA – Facebook

Antlers – Beneath.Below.Behold

Gli Antlers spaziano con disinvoltura tra pulsioni epiche ad aperture atmosferiche, addolcendo il tutto con delicati intermezzi pianistici e queste caratteristiche, fatte coesistere al meglio, rendono Beneath.Below.Behold un lavoro degno di ritagliarsi uno spazio di rilievo all’interno di una scena ricca come quella tedesca.

Ancora dalla fertile Germania, questa volta nei suoi contrafforti che furono orientali Lipsia giunge il secondo full length degli ottimi Antlers, autori di un black metal caratterizzato da un grande equilibrio nonché buon gusto compositivo.

Gli Antlers spaziano con disinvoltura tra pulsioni epiche ad aperture atmosferiche, addolcendo il tutto con delicati intermezzi pianistici e queste caratteristiche, fatte coesistere al meglio, rendono Beneath.Below.Behold un lavoro degno di ritagliarsi uno spazio di rilievo all’interno di una scena ricca come quella tedesca.
L’album arriva tre anni dopo il full length l’esordio e ripropone un sound ancor meglio focalizzato, diretto senza essere scontato, malinconico ed evocativo senza eccessi melodici, con il solo vezzo di presentare tre intermezzi acustici decisamente di buon gusto e tutt’altro che fuori luogo.
Fulcro ideale dell’album è l’accoppiata centrale formata da Beyond The Golden Light e Metempsychosis, solenne ed avvolgente la prima, impetuosa nel suo incedere la seconda, salvo un breve break centrale.
Ottime anche l’opener Theom ed una più “scandinava” Off With Their Tongues, con la chitarra che si fa spazio tra una muraglia sonora tessendo magnifiche linee metodiche, ma in generale è tutto il lavoro che si rivela privo di pecche, lasciando trasparire potenzialità di prim’ordine da parte degli Antlers, i quali avevano bisogno di un album di questo spessore per ricavarsi un minimo in più di spazio ed entrare a far parte del novero delle band da tenere sotto stretta osservazione fin da oggi.

Tracklist:
1. Theom
2. Heal
3. Nengures
4. Beyond The Golden Light
5. Metempsychosis
6. Drowned In A Well
7. Off With Their Tongues
8. The Tide
9. Lug´s Waters

Line-up:
Pablo C. Ursusson – Guitar, Classical Guitar, Zanfona
Ntx – Guitar, Keyboards, Vocals
M – Drums, Percussion
Mts – Bass, Vocals

ANTLERS – Facebook

Viboras – Eleven

I Viboras sono ancora, e forse anche più di prima, un ottimo gruppo punk rock.

Reunion per il gruppo italiano punk rock dei Viboras, che tornano dopo l’interruzione delle attività voluta nel 2010.

Nati nel 2003, mentre l’onda lunga del punk rock italiano si era trasformata in risacca, i Viboras, che hanno sempre avuto un approccio particolare alla materia, hanno prodotto fin dall’inizio un punk rock veloce e fisico, molto melodico, con punte di hardcore, il tutto assai apprezzabile. Nel 2015 tornano in pista con con un disco, e da quel momento la storia continua fino ai giorni nostri. Rispetto ai giorni gloriosi nei quali i Viboras erano sull’epica Ammonia Records molta acqua è passata sotto i ponti e tantissime cose sono mutate, specialmente nel mercato discografico. A quei tempi la cantante del gruppo Irene faceva video con J Ax e il genere era sulla bocca di tutti, mentre ora gli adepti sono sensibilmente calati, ma l’ottima notizia è che i Viboras fanno ancora ottimo punk rock. Le canzoni sono veloci, con ottime melodie, ben composte e ben prodotte, la carica ed il talento ci sono sempre e ne viene fuori un album entusiasmante, che non lascia spazio a dubbi o ripensamenti: la reunion di qualche anno fa è molto positiva e sta dando buoni frutti. Per i Viboras è inoltre molto importante la dimensione dal vivo, che completa e supera l’esperienza fonografica. Irene è in splendida forma, e con lei tutto il gruppo è oliato molto bene, anche grazie ai numerosi live che stanno facendo in giro per la penisola. I Viboras sono ancora, e forse anche più di prima, un ottimo gruppo punk rock.

Tracklist
1. Pray
2. I don’t care
3. Where were you
4. Run away
5. Leave this place
6. Drives me insane
7. Can’t breathe
8. No more
9. Jaime
10. Away from here
11. Raise

Line-up
Irene Viboras
Giò Poison
Beppe Best
Sal Viboras

VIBORAS – Facebook

Power From Hell – Blood’n’Spikes

Metal da battaglia, ignorante, veloce e senza compromessi, ma interpretato con un’attitudine che fa del gruppo una realtà convincente nel panorama underground legato a questo genere di suoni.

Un’altra band molto attiva in patria (Brasile), e che si è costruita una solida reputazione a colpi di black/thrash metal old school, sono i Power From Hell, trio attivo dal 2004 ed arrivato al traguardo del quinto album più una serie di lavori minori che vanno a formare una nutrita discografia.

Sodomic (chitarra e voce), Tormentor (basso) e Death (batteria) raccolgono tutti i demoni sparsi in Sudamerica e li nutrono a sague e black/thrash metal, quello nato negli anni ottanta, rigorosamente ispirato ai Venom, ai Possessed e compagnia di adoratori del diavolo: un metal da battaglia, ignorante, veloce e senza compromessi, ma interpretato con un’attitudine che fa del gruppo una realtà convincente nel panorama underground legato a questo genere di suoni.
Blood’n’Spikes è un ep formato da sei brani di metallo estremo vecchia scuola: le anime dannate dei gruppi classici del genere sono racchiuse in questi venti minuti di roboante sound fortemente anticristiano e maligno.
Ritmiche thrash, scream profondo e abissale, chitarre black, rallentamenti e ripartenze sono i soliti cliché che la band usa e abusa a suo piacimento, mentre l’odore di zolfo aumenta di brano in brano e sul muro della stanza si forma come d’incanto il malefico ghigno del malvagio caprone.
Nulla che non sia ad esclusiva dei fans del genere, ma una citazione particolare la merita la cover dei Judas Priest Freewheel Burning, suonata in Motorhead style e via verso l’inferno, accompagnati dai Power From Hell.

Tracklist
1.Hell’s Gang Bang
2. Swallowed By Darkness
3. Obscure Creation
4. Altars of the Black Rites
5. Into the Void of Death
6. Freewheel Burning (Judas Priest – Cover)

Line-up
Sodomic – Vocals, Guitars
Tormentor – Bass
Death – Drums

POWER FROM HELL – Facebook

Venus Mountain – Black Snake

I Venus Mountain sono ripartiti alla conquista del pianeta Terra: il lancio senza sosta di bombe con la scritta Black Snake porterà distruzione a colpi di rock’n’roll ed allearsi con i venusiani sarà l’unico modo possibile per sopravvivere.

Preparatevi ad un terremoto causato dall’esplosione di questi dieci brani più cover e conseguente tsunami, una catastrofe con i colpevoli provenienti dal pianeta Venere, extraterrestri che come transformers si scompongono per diventare delle irresistibili macchine da guerra rock’n’roll.

I Venus Mountain sono atterrati nel nostro paese, hanno costruito la loro base vicino a Brescia, sulle colline di Franciacorta,  da lì girano in lungo ed in largo per i palchi di mezzo mondo dal 2009 e sono al terzo lavoro licenziato dalla Volcano Records.
Il loro è un sound esplosivo, pura adrenalina hard rock sparata dai dischi volanti venusiani, ancora più devastanti delle solite armi nucleari e che, dalle bocche di fuoco delle navicelle spaziali, distruggono le città a suon di rock’n’roll tra hard & heavy e street rock di chiara matrice losangelina (e al Whisky A Go Go loro ci hanno suonato per davvero, laggiù nella città degli angeli dove negli anni ottanta si faceva la storia tra capelli cotonati e spandex colorati).
L’opener Rock City vi avverte che la detonazione sarà devastante, un brano alla Crue che letteralmente deflagra, graffiante ed irresistibile come la seguente We Are Coming From The Mountains of Venus e la title track, a formare un trittico che lascia senza fiato.
Il riff che tanto sa di Ac/Dc di Down To The Rainbow dà inizio al saliscendi tra i due generi basilari per la band, con ispirazioni che vanno dai Motorhead agli Whitesnake rifatti del periodo statunitense, dagli Zep ai Motley Crue e Cinderella, in un’orgia di suoni rock da un altro pianeta.
Impossibile resistere a RnR Burning, brano che risveglia immagini di show pirotecnici firmati Lee/Sixx , alla motorheadiana Hammer ed al classico Venus, una delle canzoni più coverizzate della storia.
I Venus Mountain sono ripartiti alla conquista del pianeta Terra: il lancio senza sosta di bombe con la scritta Black Snake porterà distruzione a colpi di rock’n’roll ed allearsi con i venusiani sarà l’unico modo possibile per sopravvivere.

Tracklist
1. Rock city
2. We are coming from the mountains of Venus
3. Black Snake
4. Down to the rainbow
5. You make me feel
6. RnR burning
7. Hammer
8. JJ the cowboy
9. Wake up call
10. Walk in the way
11. Venus

Line-up
Frax – Voice & Guitar
Mick – Guitar
Sexx Doxx – Bass
Morris – Drums

VENUS MOUNTAINS – Facebook

Thy Feeble Saviour – And Darkness Fell

Il black offerto dal duo statunitense è crudo ed essenziale, con sconfinamenti nel grind testimoniati anche dalla brevità dei quattordici brani inseriti nella tracklist il cui fatturato in termini di durata supera di poco la mezz’ora.

Dopo una storia iniziata quasi quindici anni fa, i Thy Feeble Saviour approdano al full length d’esordio, dopo gli accenni mostrati a metà dello scorso decennio nella configurazione di progetto solista di Francisco Pulido ed una ripresa dell’attività nel 2015 con l’ingresso in formazione del drummer Matt Hefner.

Il black offerto dal duo statunitense è crudo ed essenziale, con sconfinamenti nel grind testimoniati anche dalla brevità
dei quattordici brani inseriti nella tracklist il cui fatturato in termini di durata supera di poco la mezz’ora.
Pulido, in spregio al suo cognome, esprime la sua idea di metal estremo con sonorità ruvide e tutt’altro che limpide, vomitando le proprie blasfemie con un growl animalesco che riesce comunque a sovrastare l’apocalisse strumentale che viene riversata nella quasi totalità di And Darkness Fell.
L’album non è ovviamente roba per palati fini, e tutto sommato lo ritengo più adatto a chi ascolta grind piuttosto che black, pur essendo quest’ultima di base la matrice sonora, proprio per l’urgenza e la sintesi espressiva che sono tratto comune dell’intero lavoro, fatto salvo qualche morboso quanto efficace rallentamento (a tratti in Obscenity of the Cross e nella title track).
Ad emblema dell’album proviamo ad estrapolare Procession to Calvary, leggermente meno parossistica nel suo incedere ma ugualmente devastante, con il tentacolare Hefner che mette costantemente a rischio l’integrità del suo strumento.
Un lavoro come questo, intriso di un sound quanto mai primitivo e diretto, difficilmente porterà in auge il nome dei Thy Feeble Saviour, ma il solo sapere che ci sono ancora in giro figuri come questi mi provoca uno strano senso di benessere …

Tracklist:
1. Corpse of the Crucified
2. Engulfed in Abhorrence
3. Torture Stake
4. And Darkness Fell
5. Provoked Crucifixion
6. Procession to Calvary
7. Destruction of the Holy Sepulchre
8. Scourge Him
9. Obscenity of the Cross
10. Carrion for Beasts
11. Disgrace the Throne
12. Darkest Path to Death
13. Crurifracture (The End)
14. Mocked and Despised

Line-up:
Francisco Pulido – Guitars, Bass, Vocals
Matt Heffner – Drums

THY FEEBLE SAVIOUR – Facebook

Stark Denial – Covenant of Black

Gli indiani Stark Denial sono protagonisti di una prova convincente su tutta la linea, per quanto derivativa, perché qui il black metal di matrice scandinava viene esibito come meglio non si potrebbe.

Una delle cose particolari del black metal è il fatto che, più di altri generi, è possibile riscontrare una connotazione geografica abbastanza definita nella maggior parte dei lavori sottoposti alla nostra attenzione.

Questo significa che, a seconda della provenienza delle singole band, si palesa un tratto musicale che è sovente comune a ciascuna scena, anche se ovviamente questo non può mai valere in senso assoluto; di sicuro però, non è semplice riuscire ad identificare come tale un gruppo nato nell’estremo oriente (a meno che non vi siano pesanti influssi etnici quali elementi peculiari) visto che trattandosi di un movimento sviluppatosi in tempi relativamente più recenti, i musicisti che ne fanno parte attingono dalle più svariate sfumature stilistiche, inglobando diversi elementi e risputandoli fuori con un urgenza che compensa abbondantemente la somiglianza, talvolta evidente, alle band di rifermento.
Gli indiani Stark Denial, per esempio, sono protagonisti di una prova convincente su tutta la linea, per quanto evidentemente derivativa, proprio perché qui il black metal di matrice scandinava (più svedese che norvegese, in effetti) viene esibito come meglio non si potrebbe: la band di Mumbai erige una muraglia sonora che cinge un sound che ora abbraccia in toto l’ortodossia del genere (vedi la traccia autointitolata), ora invece lascia sfogare pulsioni slayerane (Dormant I Lie), per poi aprire uno spiraglio alla melodia con la title track Covenant of Black.
Questa band giunge così all’esordio su lunga distanza dopo una gavetta abbastanza lunga, attendendo probabilmente il momento più propizio per affacciarsi sul mercato e sembra proprio che tutte le mosse siano state effettuate senza lasciare nulla al caso: un gruppo di musicisti ancora giovani ma già esperti, un’etichetta come la Transcending Obscurity, che è una garanzia di qualità in ambito estremo, ed una scena musicale indiana in costante espansione sono tre indizi che fanno una prova.

Tracklist:
1. Intro
2. Stark Denial
3. As Life Descends
4. Dormant I Lie
5. Unknown World
6. Carnage Angel
7. Blackened
8. Covenant of Black
9. Hyllest Til Kulten (Bonus Track)

Line-up:
Kunal Gonsalves – Vocals
Ruark D’Souza – Guitars
Paresh Garude – Bass
Vineet Nair – Drums

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Spiritual Front – Amour Braque

Amour Braque è il sesto episodio di una carriera discografica costellata di luci: la poetica del gruppo romano è pressoché unica, una commistione fra neo folk, rock per arrivare ad una formula davvero originale.

Torna uno dei migliori gruppi italiani, gli Spiritual Front da Roma.

Questo gruppo è molto apprezzato all’estero più che in Italia, ma potete rimediare ascoltando questa ultima prova. Il percorso musicale degli Spiritual Front è qualcosa in unico in Italia e non solo, una continua ricerca di tradurre in musica la potenza e la decadenza dei sentimenti umani. Ci si era lasciati cinque anni fa con la raccolta Open Wounds, che era una cesura nei confronti di quanto fatto fino a quel momento. Amour Braque è il sesto episodio di una carriera discografica costellata di luci, cosa notevole per un gruppo che ama il buio e le tenebre. Tutto cominciò nel 1999 per mano di Simone H. Salvatori, deus ex machina del gruppo e una delle figure più complete e singolari del panorama underground. Il gruppo suona in maniera splendide ballate per una gioventù nichilista, con un disco traboccante di sentimenti e di letti sfatti, sguardi assassini e coltelli che volano verso petti offesi dall’amore. La poetica del gruppo romano è pressoché unica, una commistione fra neo folk, rock per arrivare ad una formula davvero originale. Gli Spiritual Front tracciano percorsi gotici, luci ed ombre in narrazioni sempre interessanti, con un passato che è solo di chi lo ha vissuto, donne e amori che nono finiscono bene. Come in una notte romana troviamo violenza, sesso, amore, malinconia e soprattutto tanta vita, perché la vita è dolore, e dobbiamo combattere sul fronte dello spirito. Simone conduce amabilmente le danze, in un abbraccio sadomaso davanti ad una villa di vampiri, con dolcezza e forza come sempre. Stilisticamente il disco non si discosta dai precedenti, è forse più melodico e senza certe asperità di inizio carriera, sinceramente è difficile essere parziali con un gruppo che o si ama o si odia, ogni suo disco è comunque un’esperienza particolare e speciale, uno scendere all’inferno con Hellvis, ed è bellissimo. Da segnalare la presenza di grandi ospiti del calibro di King Dude e Matt Howden, fra gli altri.

Tracklist
1.Intro/Love’s Vision
2.Tenderness Through Violence
3.Disaffection
4.The Abyss Of Heaven
5.Children Of The Black Light
6.Pain Is Love
7.Beauty Of Decay
8.Devoted To You
9.This Past Was Only Mine
10.Battuage
11.An End Named Hope
12.The Man I’ve Become
13.Vladimir Central

Line-up
Simone “Hellvis” Salvatori: Vocals and acoustic Guitar
Andrea Freda: Drums
Riccardo Galati: Guitars

SPIRITUAL FRONT – Facebook

Ildra – Eðelland

 Eðelland è sicuramente un album che va recuperato e, anche se non dovesse avere più alcun seguito, rimane senza dubbio uno degli esempi più efficaci di pagan black offerti nel decennio in corso.

Cominciamo subito col dire che questo album dei britannici Ildra è la ristampa dell’unico full length finora pubblicato, Eðelland, risalente al 2011.

Se molto spesso la riproposizione di lavori vecchi di diversi anni la si può ritenere un’operazione superflua, di sicuro questo non vale per un album di tale spessore: il black metal dalla cospicua componente pagan folk contenuto in questi tre quarti d’ora di musica è quanto di meglio si possa ascoltare in quest’ambito stilistico, e sarebbe stato delittuoso quindi lasciare che Eðelland continuasse a languire in una sorta di oblio.
Bene ha fatto perciò la Heidens Hart Records, etichetta olandese specializzata in black metal, a riportare alla luce questo spaccato di sonorità epiche che, ovviamente, non contengono alcun elemento di novità ma sono semmai l’esaltante perpetrarsi di una tradizione che parte dai seminali Bathory ed arriva ai giorni nostri con band della caratura dei Primordial, con tutti gli altri nomi di peso compresi in questo perimetro (Falkenbach, Moosorrow, ecc.) .
Del valore degli Ildra,  dei quali non si è mai saputa la composizione oltre che le attuali sorti (se si va sulla loro pagina Facebook, questa appare desolatamente vuota) la misura ce la offrono due tracce in particolare, Rice Æfter Oðrum e Swa Cwæð se Eardstapa, veri e propri concentrati di solenne epicità, con un magnifico lavoro chitarristico capace di delineare melodie evocative (specialmente il crescendo finale del secondo dei due brani).
Eðelland è sicuramente un album che va recuperato e, anche se non dovesse avere più alcun seguito, rimane senza dubbio uno degli esempi più efficaci di pagan black offerti nel decennio in corso.

Tracklist:
1. Sweorda Ecgum
2. Rice Æfter Oðrum
3. Hrefnesholt Dæl I
4. Esa Blæd
5. Ofer Hwælweg We Comon
6. Nu is se Dæg Cumen
7. Earendel
8. Swa Cwæð se Eardstapa
9. On Þas Hwilnan Tid

Maidavale – Madness Is Too Pure

Le Maidavale si confermano realtà a sé stante nel panorama dell’hard rock vintage, con un’altra opera fuori dai soliti schemi dai suoni affascinanti, ipnotici e a loro modo pericolosissimi.

Tornano dopo pochi mesi dal loro ottimo esordio le quattro sacerdotesse di Fårösund, che sotto il monicker Maidavale ci invitano al secondo sabba sotto il cielo svedese.

Tales Of The Wicked West aveva trovato buoni riscontri, confermati da questo Madness Is Too Pure, viaggio a ritroso nel rock psichedelico e nell’hard rock di settantiana memoria.
Le Maidavale suonano musica vintage, retro rock con una forte ispirazione psichedelica, ma a differenza delle band di maggior successo il loro approccio è meno ruffiano e molto più underground.
Madness Is Too Pure non è un album di facile ascolto, l’atmosfera da jam viene distorta da sfumature psichedeliche e i balli intorno al fuoco sono dettati da una forte connotazione lisergica, lasciando l’approccio blues rock del precedente lavoro e puntando tutto su sfumature stregate dalla magia della psichedelia.
Una lunga jam che si divide in nove capitoli mentre ci contorciamo, rapiti dalla musica e storditi da sostanze preparate dalle quattro streghe svedesi, che non ne vogliono sapere di scrivere un riff di facile presa e ci bombardano con il loro rock che rapisce, stordisce e confonde.
Tra le note dell’opener e singolo Deadlock, e delle altre litanie che compongono l’album, si respira vecchie atmosfere psichedeliche degli anni sessanta, ancora più accentuate rispetto al con l’ipnotica Dark Clouds e la magica Trance a dettare gli incantesimi per ammaliare ascoltatori in ogni parte del mondo.
Le Maidavale si confermano realtà a sé stante nel panorama dell’hard rock vintage, con un’altra opera fuori dai soliti schemi dai suoni affascinanti, ipnotici e a loro modo pericolosissimi.

Tracklist
1.Deadlock
2.Oh Hysteria!
3.Gold Mind
4.Walk In Silence
5.Späktrum
6.Dark Clouds
7.Trance
8.She Is Gone
9.Another Dimension

Line-up
Matilda Roth – Vocals
Johanna Hansson – Drums
Linn Johanesson – Bass
Sofia Ström – Guitar

URL Facebook
https://www.facebook.com/maidavaleswe/

Contenuto musicale (link youtube – codice bandcamp – codice soundcloud)

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